AICQ_cover_mar_apr2012_Cover AICQ 19/03/12 09:46 Pagina 2 Numero 2/2012 Marzo/Aprile PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE IL CAF EXTERNAL FEEDBACK Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano - Contiene I.P. ESPERIENZE: UNIVERSITÀ, GIUSTIZIA, SCUOLA SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO ACCORDO STATO – REGIONI VERIFICHE AMBIENTI PARTICOLARI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ ACCREDIA NEL SETTORE COGENTE LA NORMA ISO 17021 AICQ_cover_mar_apr2012_Cover AICQ 19/03/12 09:46 Pagina 3 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 1 Associazione Italiana Cultura Qualità FEDERAZIONE NAZIONALE SETTORI TECNOLOGICI 20124 Milano - via Cornalia, 19 tel. 02 66712484 - fax 02 66712510 [email protected] - http://www.aicq.it Presidente: Vincenzo Mazzaro Vicepresidente: Marco Gentilini Assemblea: Giovanni Romano; Federica Galleano; Santo Paternò; Antonio Lanzotti; Ettore La Volpe; Franco Drusiani; Marco Gentilini; Alberto Bobbo Giunta esecutiva: Giovanni Romano; Alessandro Manzoni; Marco Gentilini; Walter Piacentini; Claudio Rosso; Santo Paternò; Ettore La Volpe; Alberto Bobbo Segretario Generale: Ettore La Volpe Segreteria Nazionale: Annalisa Rossi Settore Alimentare c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Claudio Mariani Settore Autoveicoli c/o Associazione Piemontese Presidente: Federico Rivolo Settore Costruzioni Civili c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Antonino Santonocito Settore Elettronico ed Elettrotecnico c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Giovanni Mattana Settore Servizi per i Trasporti c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Sergio Bini Settore Turismo c/o Associazione Piemontese Presidente: Caterina Fioritti Settore Trasporto su Rotaia c/o AICQ Nazionale Presidente: Gianfranco Saccione Settore Scuola c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Paolo Senni Guidotti Magnani ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA FEDERAZIONE AICQ - Associazione Italia Centronord 20124 Milano - via M. Macchi, 42 - tel. 02 67382158 fax 02 67382177 - [email protected] Presidente: Giovanni Romano AICQ - Associazione Piemontese 10128 Torino - via Genovesi, 19 - tel.011 5183220 fax 011 537964 - [email protected] Presidente: Federica Galleano AICQ - Associazione Tosco Ligure c/o CIPAT Via dei Pilastri n°1/3 50121 Firenze Tel. e fax 055 481524 Presidente: Ettore La Volpe AICQ - Associazione Triveneta 30174 Mestre (VE) - Galleria Giacomuzzi, 6 tel. 041 951795 fax 041 940648 - [email protected] Presidente: Alberto Bobbo AICQ - Associazione Emilia Romagna 40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11 tel. 3355745309 - fax 051 0544854 - [email protected] Presidente: Andrea Minarini AICQ - Associazione Centro Insulare 00185 Roma - via di San Vito, 17 - tel. 06 4464132 fax 06 4464145 - [email protected] Presidente: Marco Gentilini AICQ - Associazione Meridionale 80125 Napoli - via Giulio Cesare, 101 - tel. 081 2396503 fax 081 6174615 - [email protected] Presidente: Antonio Lanzotti AICQ - Associazione Sicilia 90139 Palermo - via F. Crispi 120, c/o Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo cell. 334. 95 49 274 - fax 091 9889355 [email protected] Presidente: Santo Paternò COMITATI TECNICI Comitato Ambiente c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Antonio Scipioni Comitato Salute e Sicurezza c/o Associazione Nazionale Coordinatore: Diego Cerra Comitato Metodi Statistici c/o Associazione Nazionale Presidente: Egidio Cascini Comitato Metodologie di Assicurazione della Qualità c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Francesco Carrozzini Comitato Normativa e Certificazione dei Sistemi Gestione Qualità c/o Associazione Nazionale Presidente: Cecilia de Palma Comitato Qualità del Software e dei servizi IT c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Mario Cislaghi Comitato Risorse Umane e Qualità del Lavoro c/o Associazione Triveneta Presidente: Piero Dettin Comitato Aziende Benchmarking/TQM AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 2 2 sommario Tema 2 Salute e Sicurezza sul lavoro Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi 21 Francesco Taurasi, Diego Cerra Accordo Stato-Regioni per percorsi formativi conformi 25 Umberto Gelati, Alessandro Cafiero In via eccezionale la rubrica corsi comparirà sul nostro sito http://aicqna.com/redazione/qualita/ sezione “segnalazione articoli” Formazione dei lavoratori e accordo stato-regioni 28 Diego Cerra Editoriale Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati Bisogno di qualità. Anche ‘segnali’ di qualità? 3 Francesco Taurasi, Diego Cerra 34 Giovanni Mattana Tema 1 Pubblica Amministrazione Misurare la performance delle organizzazioni 4 Aziende a rischio di incidente rilevante Giovanni Mattana Tema 3 Valutazione della conformità La procedura europea CAF external feedback 10 Settore cogente: il ruolo di Accredia Claudia Migliore Filippo Trifiletti Il CAF per l’Università 13 Emanuela Stefani 38 Francesco Taurasi La revisione della norma ISO 17021 44 48 Giovanni Mattana Il modello CAF nella giustizia 15 Rubrica Eventi Dalla Regola Benedettina alla Qualità Totale 52 Raffaele Mea. Salvatore Quercia Performance e sistema formativo e giudiziario 18 F. De Cillis, P. Senni Guidotti Magnani, S. La Rosa, V. Catania Rubrica Qualità dal Mondo 56 a cura della Redazione Ringraziamo tutti i collaboratori ed in particolare Il Comitato Salute e Sicurezza ed il suo coordinatore Ing. Diego Cerra n. 2 marzo/aprile 2012 Edizione Nazionale AICQ Autorizzazione del Trib. di Torino n. 783 del Registro del 28/11/52 ISSN 2037-4186 Direttore responsabile Giovanni Mattana Redazione Annalisa Rossi Comitato editoriale e di supporto Composto da: Giovanni Mattana (coordinatore), Presidente AICQ, Sergio Bini, Claudio Rosso, Pietro Fedele, Egidio Cascini, Mario Cislaghi, Cecilia de Palma, Piero Dettin, Italo Benedini. Editore Mediavalue srl Via Domenichino, 19 - 20149 Milano tel. +39 0289459724 - fax +39 0289459753 www.mediavalue.it - [email protected] Redazione, grafica, impaginazione [email protected] Abbonamenti [email protected] Segreteria di redazione AICQ - via Cornalia, 19 20124 Milano Tel. 02 66712484 Fax 02 66712510 [email protected] Pubblicità [email protected] Stampa Italgrafica - Novara Gli articoli di questo numero, pur ritenuti validi dagli editori per il loro contenuto, vengono pubblicati sotto la responsabilità degli Autori. In conformità a quanto previsto dal D.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e fatti salvi i diritti dell’interessato ex art. 7 del suddetto decreto, l’invio di Qualità autorizza AICQ stessa al trattamento dei dati personali ai fini della spedizione di questa pubblicazione. Diritti riservati - Pubblicità inferiore 50% Distribuzione: La rivista - bimestrale - è stampata in 8.000 copie a numero e ha distribuzione nazionale. Viene inviata a tutti i Soci AICQ in abbonamento postale, e ai responsabili qualità delle aziende. Spedizione in abbonamento postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Milano. Prezzi di vendita per l’Italia: una copia € 5,00, copia arretrata € 5,00, abbonamento annuo (6 numeri) € 55,00. Per l’estero: una copia € 10,00. Il pagamento può essere effettuato tramite bonifico sul c/c bancario: IBAN IT33N0569634070000002372X67 intestato a Mediavalue srl AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 3 3 >> Giovanni Mattana Nel momento in cui scrivo, in Italia, siamo (quasi) tutti (un po') più fiduciosi. Perché? perché è stata definita una strategia più consapevole e integrata, perché c’è maggiore chiarezza sugli impegni e nelle relazioni, perché stiamo attuando decisioni adeguate , perché siamo più credibili, perché c’è maggior coinvolgimento degli stakeholder, perché è stato ridotto il rischio di reputazione? Probabilmente sì, un po’ di tutto questo. Ma tutto ciò non è forse Qualità? Non sono prassi adatte a tutti i contesti e supportate da strumentazioni ben note? Vi ricordate quando qualcuno sosteneva che la strategia non serviva più perché era stata sostituita dal mercato? Ora abbiamo occhi che ci fanno cogliere molto più distintamente i grossi disastri dovuti alla non-qualità. Ricordiamo il messaggio di Joseph Juran secondo cui la società di oggi vive dietro le dighe della qualità (si riferiva ai territori che gli olandesi hanno strappato al mare); se ci sono brecce nelle dighe della qualità i possibili danni sono incalcolabili (si tratti della difesa del territorio, della prevenzione in tutti i campi, di cadute di reputazione che distruggono le economie, di rispetto delle regole di rotta...). Cosa intendiamo per diffusione della Qualità? Siamo soliti utilizzare la definizione di qualità adottata per i sistemi di gestione, il grado in cui un insieme di caratteristiche soddisfa ai requisiti; ma diffusione della qualità ha un significato più ampio: è il grado in cui i valori e i metodi della disciplina della qualità contribuiscono alla soluzione dei problemi e allo sviluppo della società e delle organizzazioni. Un indicatore di ampia generalità e di immediata comprensibilità. Il clima ritrovato di una maggiore fiducia include allora varie componenti della qualità? Anche qualche segnale di suo rilancio? Mi piace mettere assieme alcuni segnali (certo ancora ‘deboli’) di possibile ripresa della qualità, dei quali parliamo in questo numero della Rivista. • Mi sembra molto importante che si stia diffondendo il concetto del ciclo della performance, il quale rende tutti più consapevoli della necessità di definire bene gli obiettivi, misurarli, ottenerli, migliorarli; la misurazione della performance ne è una componente essenziale e costituisce una innovazione nella pubblica amministrazione (e non solo), e nella cultura oltre che nelle prassi organizzative ed operative. • Il Miglioramento delle performance nella Giustizia ne è componente importante. • E così pure Il ciclo di gestione della performance negli Enti Locali con Esperienze e Leading Practices. • La recente uscita delle norme sull’Audit (ISO 19011) e sull'accreditamento degli organismi di certificazione e delle loro prassi (ISO 17021), costituisce un'occasione importante per rilanciare la competenza che deve essere definita per tutti i livelli; e non solo per migliorare la credibilità complessiva del sistema di gestione, ma anche per costituire occasione di maggior efficacia; e naturalmente tali competenze devono essere definite, misurate con gli strumenti proposti, dimostrate e soggette a miglioramento continuo; un'occasione da non perdere: per alcuni anni non passerà un'altra occasione pari a questa sul fronte della competenza in ambito di valutazione della conformità. • Anche per la Sicurezza sul posto di lavoro una recente legge estende l’impegno obbligatorio nella formazione ai vari livelli. Questo insieme di segnali deboli può essere sufficiente per vedervi un cambio di tendenza? Ma certo almeno mostra una crescita nella diffusione della qualità, come sopra definita. www.aicq.it marzo/aprile 2012 ed i to r i a l e Bisogno di qualità. Anche ‘segnali’ di qualità? AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 4 te m a 4 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ >> Giovanni Mattana Una sfida epocale Misurare la performance delle organizzazioni Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi M. Proust Introduzione Negli ultimi 20-30 anni quasi tutti i Paesi si sono dovuti misurare con la necessità di una trasformazione radicale della propria PA: quella di passare da una logica degli adempimenti ad una logica dell’efficacia, congiunta ad una logica di priorità delle risorse (divenute, nel contempo sempre più limitate e controllate). D. Osborne e T. Gaebler ‘Reinventing Government’, 1992, danno questi titoli ad alcuni capitoli ✎ Se non si misurano i risultati, non è possibile distinguere i successi dai fallimenti; ✎ Se non si distinguono i successi, non è possibile premiarli; ✎ Se non si premiano i successi, si finisce quasi sempre per premiare gli insuccessi; ✎ Se non si distinguono i successi, non si può apprendere dai successi; ✎ Se non è possibile riconoscere gli insuccessi, non è possibile correggerli; ✎ Se si possono dimostrare i risultati, si può guadagnare il supporto dell'opinione pubblica. marzo/aprile 2012 Per un cenno alla panoramica di varie Nazioni e un richiamo alla situazione italiana si veda nota1. Anche in Italia il dl. 150/09 (attuazione legge n. 15/2009) ’Ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico ed efficienza e trasparenza delle PA’ impone ✎ “Ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti” (art. 3, comma 2). ✎ Il modello su cui si basa la valutazione viene definito Sistema di misurazione e valutazione della performance. ✎ Tale Sistema deve essere stabilito da ciascuna amministrazione in accordo alle linee guida fornite dalla CIVIT. ✎ In sede di prima attuazione spetta agli OIV, Organismi Indipendenti di Valutazione di ciascuna amministrazione pubblica definire il Sistema di misurazione e valutazione della performance (art. 30). Che cos’è la CiVIT -Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche. È stata istituita per guidare, controllare e valutare l’attuazione delle leggi citate. Ha emesso finora, nei suoi due anni e mezzo di attività 160 delibere, ha tradotto la legge in prescrizioni operative e di indirizzo, ha approvato singolarmente tutte le composizioni degli OIV (organismi indipendenti di valutazione), ha via via monitorato gli avanzamenti e valutato quanto ricevuto secondo specifiche griglie. Fin da subito la Civit ha fissato le scadenze per i primi urgenti adempimenti di attuazione del ciclo di gestione della performance: ✎ Entro dicembre 2010 gli Organi devono individuare le linee strategiche ed operative; ✎ entro gennaio 2011 gli Organi devono presentare alla CIVIT il “Piano della performance 2011-2013”, ✎ a cascata gli Organi devono assegnare gli obiettivi strategici a ciascuna struttura, corredati dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori (individuali e organizzativi); ✎ durante l’anno gli Organi di indirizzo, con il supporto dei dirigenti, devono monitorare l’andamento della performance rispetto agli obiettivi programmati. CiVIT- Delibera 88/2010- ‘Linee Guida per la definizione degli Standard di Qualità’ Devono essere definiti ed adottati da ogni Amministrazione: A. il “Piano della Performance”: è l’am- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 5 ❙ Misurare la performance delle organizzazioni ❙ Il “Piano della Performance” La Delibera CIVIT n. 112/2010 (D.L.vo 150/09, art. 10) ne stabilisce i contenuti. Il Piano, che deve essere prodotto dall’organo di indirizzo politico-amministrativo, definisce indirizzi ed obiettivi strategici ed operativi e, con riferimento agli obiettivi finali ed intermedi ed alle risorse, individua gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell’amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori. Contenuti necessari: 1. Presentazione del Piano e indice 2. Sintesi delle informazioni di interesse per i cittadini e gli stakeholder esterni 2.1 Chi siamo 2.2 Cosa facciamo 2.3 Come operiamo 3. Identità 3.1 L’amministrazione “in cifre” www.aicq.it 3.2 Mandato istituzionale e Missione 3.3 Albero della performance 4. Analisi del contesto 4.1 Analisi del contesto esterno 4.2 Analisi del contesto interno 5. Obiettivi strategici 6. Dagli obiettivi strategici agli obiettivi operativi 6.1 Obiettivi assegnati al personale dirigenziale 7. Il processo seguito e le azioni di miglioramento del Ciclo di gestione delle performance 7.1 Fasi, soggetti e tempi del processo di redazione del Piano 7.2 Coerenza con la programmazione economico-finanziaria e di bilancio 7.3 Azioni per il miglioramento del Ciclo di gestione delle performance 8. Allegati tecnici L’arco temporale di riferimento del Piano è il triennio, con scomposizione in obiettivi annuali, secondo una logica di scorrimento. La struttura del documento deve permettere il confronto negli anni dello stesso con la Relazione sulla performance. Nella definizione del Piano occorre, inoltre, tenere conto di due elementi. ✎ 1. Il collegamento ed integrazione con il processo ed i documenti di programmazione economico-finanziaria e di bilancio ✎ 2. La gradualità nell’adeguamento ai principi e il miglioramento continuo Il “Sistema di Misurazione e valutazione della Performance” Ha lo scopo di ‘valutare se l'organizzazione è capace di raggiungere le performance stabilite’. Il Sistema deve essere strutturato in modo tale da consentire, fra l’altro, la misurazione, la valutazione e, quindi, la rappresentazione in modo integrato ed esaustivo, con riferimento a tutti gli ambiti indicati dagli articoli 8 e 9 del decreto, del livello di performance atteso (che l'amministrazione si impegna a conseguire) e realizzato, con evidenziazione degli eventuali scostamenti; Ricordiamo i requisiti minimi del Sistema- Contenuti indispensabili (delibere CIVIT n. 88, 89 e 104 del 2010): ✎ Descrizione del Sistema - Descrizione delle caratteristiche distintive dell’organizzazione - Metodologia adottata per la misurazione e la valutazione della performance complessiva - Metodologia adottata per la misurazione e valutazione della performance individuale - Modalità con cui verrà garantita la trasparenza totale del Sistema e della sua applicazione - Modalità con cui si intendono realizzare indagini sul personale dipendente (benessere organizzativo, grado di condivisione del Sistema e valutazione del proprio superiore) - Modalità con cui l’amministrazione intende promuovere progressivamente il miglioramento del Sistema. ✎ Processo La definizione del processo dovrà con tenere: - Fasi (da inquadrare nel ciclo di gestione della performance indicato dall’art. 4 del d.lgs. 150/09) - Tempi (la programmazione delle tempistiche dovrà garantire il rispetto delle scadenze imposte per legge e l’ottimizzazione dei tempi interni) - Modalità di attuazione del processo (con particolare importanza alla integrazione delle risorse umane e strumentali) ✎ Soggetti e responsabilità: soggetti chiamati a svolgere la funzione e soggetti consultati come stakeholder esterni ed interni. Un Sistema di misurazione della performance si compone di tre elementi fondamentali: 1. indicatori 2. target 3. infrastruttura di supporto e processi. Un indicatore di performance è lo strumento che rende possibile l’attività di acquisizione di informazioni. Un target è il risultato che un soggetto si prefigge di ottenere, ovvero il valore desiderato in corrispondenza di un’attività marzo/aprile 2012 te m a bito in cui le amministrazioni pubbliche esplicitano gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e, quindi, i relativi indicatori e valori programmati per la misurazione e la valutazione dei risultati da conseguire. B. il “Sistema di misurazione e valutazione della performance”: è il documento dove le amministrazioni pubbliche esplicitano le caratteristiche del modello complessivo di funzionamento alla base dei sistemi di misurazione e valutazione; C. la “Relazione sulla performance”, in cui le amministrazioni pubbliche evidenziano i risultati organizzativi ed individuali raggiunti rispetto ai target attesi, definiti ed esplicitati nel Piano della Performance. D. le misure in materia di “Trasparenza e Rendicontazione della Performance”, ossia l’attivazione di tutte quelle azioni e strumenti che consentono ai cittadini di accedere agevolmente alle informazioni circa il funzionamento dell’ente e i risultati raggiunti. Nel seguito vengono illustrati i contenuti dei primi tre documenti. 5 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 6 6 te m a ❙ Pubblica Amministrazione ❙ > Fig 1- Quadro di riferimento dell’azione delle amministrazioni o processo. Il terzo elemento di un Sistema di misurazione è rappresentato dall’infrastruttura di supporto e dai soggetti responsabili dei processi di acquisizione, confronto, selezione, analisi, interpretazione e diffusione dei dati, garantendone la tracciabilità. Sviluppo di indicatori e target Affinché il processo di misurazione sia rilevante, gli indicatori devono essere collegati ad obiettivi e devono puntare a generare risultati adeguati a questi obiettivi e non valori ‘ideali’ o a valori ‘veri’. Vengono precisati i requisiti a cui gli indicatori debbono soddisfare. Fasi di maturità dei Sistemi di misurazione FASE 1 -I requisiti minimi previsti dalla Commissione Civit corrispondono essenzialmente alle condizioni necessarie per l’esistenza di un Sistema di misurazione FASE 2 - Sistema di misurazione strutturato attorno a tutti gli obiettivi strategici e di outcome previsti, specificata una traiettoria di miglioramento per ogni obiettivo, la mappatura di processi e attività chiarisce come gli input e i processi di trasformazione contribuiscano al raggiungimento di output e outcome strutturato attorno a tutti gli obiettivi strategici e di outcome previsti. FASE 3 - l’utilizzo di una mappa strategica a livello di vertice intorno ai fattori di successo e ai modi di raggiungere gli obiettivi, responsabilità associate a target e indicatori report periodici di facile fruizione. marzo/aprile 2012 L’organo di indirizzo politico-amministrativo coinvolto nella valutazione della performance, e nell'adeguamento periodico del Sistema di misurazione. Esempi di modelli di misurazione esistenti La finalità di questa sezione non è suggerire l’implementazione di uno specifico modello di misurazione ma, attraverso un confronto tra alcuni di essi, indirizzare verso una scelta che rifletta le esigenze specifiche di ogni organizzazione. Si tratta di modelli multidimensionali che hanno trovato sovente applicazione nel settore pubblico anche in Italia. I modelli più diffusi sono: 1 - Balanced Scorecard (BSC) – probabilmente più noto, caratterizzato da un forte legame sia tra risultati, processi e risorse, nonché tra obiettivi, indicatori ed azioni [15]; 2 - Common Assessment Framework (CAF) - utilizzato anche in alcune pubbliche amministrazioni italiane (principalmente negli enti locali) e ispirato ai sistemi di qualità (EFQM, European Foundation for Quality Management), si fonda sull’autovalutazione e utilizza una larga gamma di indicatori (nell’articolo citato in nota 1 è riportato un confronto tra le caratteristiche dei due modelli proposti). Relazione della Performance Nella Relazione l’OIV deve riferire sul funzionamento complessivo del sistema di valutazione, trasparenza e integrità dei controlli interni, mettendo in luce gli aspetti positivi e negativi nell’attuazione del ciclo di gestione della performance. Lo scopo è quello di evidenziare i rischi e le opportunità di questo sistema al fine di presentare proposte per svilupparlo e integrarlo ulteriormente (cfr. sezione 8). La Commissione richiede, altresì, che alla Relazione venga allegata l’Attestazione dell’OIV. La Relazione si articola nelle seguenti sezioni, paragrafi e sottoparagrafi: 1 PRESENTAZIONE E INDICE 2 FUNZIONAMENTO COMPLESSIVO DEL SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE 2.1 Performance organizzativa 2.1.1 Definizione di obiettivi, indicatori e target 2.1.2 Misurazione e valutazione della performance organizzativa 2.1.3 Metodologia per la misurazione e valutazione della performance organizzativa 2.2 Performance individuale 2.2.1 Definizione ed assegnazione degli obiettivi, indicatori e target 2.2.2 Misurazione e valutazione della performance individuale 2.2.3 Metodologia per la misurazione e valutazione della performance individuale 2.3 Processo (fasi, tempi e soggetti coinvolti) 2.4 Infrastruttura di supporto 2.5 Utilizzo effettivo dei risultati del sistema di misurazione e valutazione 3 INTEGRAZIONE CON IL CICLO DI BILANCIO E I SISTEMI DI CONTROLLI INTERNI 3.1 Integrazione con il ciclo di bilancio 3.2 Integrazione con gli altri sistemi di controllo 4 IL PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L’INTEGRITÀ E IL RISPETTO DEGLI OBBLIGHI DI PUBBLICAZIONE 5 DEFINIZIONE E GESTIONE DI STANDARD DI QUALITÀ 6 COINVOLGIMENTO STAKEHOLDER 7 DESCRIZIONE DELLE MODALITÀ DI www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 7 ❙ Misurare la performance delle organizzazioni ❙ 7 te m a > Fig 2 - Quadro complessivo dei documenti richiesti MONITORAGGIO DELL’OIV 8 PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO DEL CICLO DI GESTIONE DELLA PERFORMANCE 9 ALLEGATI Ciclo di gestione della Performance E’ il quadro di riferimento dell’azione delle amministrazioni Il sistema si inserisce nell’ambito del ciclo di gestione della performance articolato, secondo l’articolo 4, comma 2, del decreto, nelle seguenti fasi: a) definizione e assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; b) collegamento tra gli obiettivi e l’allocazione delle risorse; c) monitoraggio in corso di esercizio e www.aicq.it attivazione di eventuali interventi correttivi; d) misurazione e valutazione della performance, organizzativa e individuale; e) utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; f) rendicontazione dei risultati agli organi di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi. In fig 2 è riportato un quadro complessivo dei documenti richiesti e in fig3 un quadro di connessioni tra le varie competenti. I ruoli La delibera 1.2012 stabilisce ruoli sia per il Piano che per il Sistema di valutazione: Definizione/aggiornamento del Sistema: Dirigenza, in particolare di vertice Adozione del Sistema: Organo di indirizzo politico-amministrativo Attuazione del Sistema: Organo di indirizzo politico-amministrativo-Dirigenza-Personale-OIV (Struttura Tecnica Permanente) Monitoraggio e audit del Sistema: OIV (Struttura Tecnica Permanente)-Personale, dirigenziale e non Scopi del Sistema di misurazione Questo Sistema di misurazione renderà le organizzazioni capaci di: ✎ acquisire informazioni relative agli obiettivi e monitorare i progressi ottenuti rispetto ai target individuati; ✎ legare le fasi di pianificazione, formulazione e implementazione della strategia allo svolgimento dei piani d’azione; ✎ comunicare obiettivi e risultati all’in- marzo/aprile 2012 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 8 te m a 8 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ terno e all’esterno dell’organizzazione, nonché confrontare la propria performance in un’ottica di benchmarking nel caso in cui alcuni indicatori siano comuni a più organizzazioni; ✎ influenzare i comportamenti organizzativi; ✎ generare cicli di apprendimento L’applicazione e valutazione nella realtà operativa - una griglia di analisi dei sistemi di misurazione e valutazione della performance finalità Le finalità dell’analisi dei Sistemi di misurazione e valutazione della performance possono essere riassunte nei seguenti punti: 1) L’individuazione del livello di “maturità” del Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa 2) L’individuazione delle principali criticità e, quindi, delle aree di miglioramento a maggiore priorità, 3) La promozione delle buone prassi. In tab 1 è riportata la griglia di valutazione per i sistemi di misurazione della performance. Naturalmente il collegamento fra Piano e Sistema di misurazione e valutazione dovrebbe essere il più immediato fra quelli previsti fra i vari elementi del ciclo di gestione della performance. Quale è stato il grado di applicazione? Oltre l’80% dei ministeri e oltre il 65% degli altri Ente hanno trasmesso alla Civit quanto richiesto. Tutti questi dati sono stati tempestivamente analizzati e valutati in accordo alle griglie sopra descritte. > Fig 3 - Connessioni tra le varie competenti mensione qualità è significativamente più basso rispetto al punteggio medio relativo alla dimensione “compliance”, ✎ le Amministrazioni, in sede di prima adozione del Sistema hanno prestato maggiore attenzione al rispetto delle prescrizioni normative e alle delibere CiVIT, e hanno rinviato il potenziamento della qualità dei Sistemi adottati ad un momento successivo, ✎ per alcune Amministrazioni, tale processo di potenziamento appare attentamente pianificato, mentre in altri casi non è possibile rilevare una chiara pianificazione in tal senso, ✎ alcune Amministrazioni che non hanno inviato il Sistema alla CiVIT e si sono sottratte alle opportunità offerte dal sistema di monitoraggio (la pagella dei ..cattivi!). Vengono segnalate alcune criticità, relative in particolare a: ✎ la metodologia di misurazione della performance organizzativa; ✎ la metodologia di definizione e revisione di indicatori e target associati agli obiettivi; I primi risultati complessivi In fig 4 è riportato un esempio delle valutazioni pubblicate nella griglia Compliance vs. qualità. Macro-criticità emerse ✎ il punteggio medio ottenuto nella di- marzo/aprile 2012 > Tab 1 - Alcuni criteri della Griglia di misurazione www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 9 ❙ Misurare la performance delle organizzazioni ❙ ✎ il coinvolgimento degli stakeholder; ✎ la definizione degli outcome; ✎ le procedure di conciliazione; ✎ il collegamento con i sistemi pre- mianti; ✎ i piani di miglioramento individuali; ✎ il dizionario delle competenze. Azioni migliorative La Commissione, per superare tali criticità sta seguendo una metodologia di accompagnamento, in maniera da consentire a ciascuna Amministrazione di migliorare progressivamente il livello di maturità dei Sistemi di misurazione e valutazione della performance. Va infine sottolineato, ancora una volta, come la fase della misurazione, alla luce dell’analisi illustrata, rischia di costituire l’anello debole dell’intero ciclo di gestione della performance. Per le Amministrazioni che hanno già realizzato passi in avanti in materia di sistemi di misurazione si rende necessario continuare tenacemente su questa strada; per tutte le altre viene richiesto un impegno maggiore. Le scadenze per 2012 ✎ Per le Amministrazioni e OIV: 31.1.2012 per il Piano della Perfor- www.aicq.it mance 2012; 31.3 per la relazione degli OIV sul funzionamento complessivo del Sistema e’Relazione sulla performance’ delle singole Amm.ni; 30.04.2012 – Validazione da parte degli OIV della “Relazione sulla performance “ delle singole amministrazioni (art. 14, comma 4, lett. c) d.lgs. 150/2009) ✎ Per la CIVIT: - 31.01.2012 - Relazione al Ministro per l’attuazione del programma di governo (art. 13. ,comma 9 d.lgs. 150/2009) - 30.06.2012 – Presentazione al Parlamento e adozione di altre forme di diffusione della Relazione annuale sulla performance delle amministrazioni centrali. Alcune considerazioni conclusive ✎ Sfida epocale La capacità di padroneggiare la misurazione delle prestazioni costituisce una sfida epocale che sarà determinante sul successo e sul benessere delle nazioni oltre che delle organizzazioni. ✎ Validità generale: stimolo e confronto per tutti i tipi di organizzazioni Possono essere scelti approcci differen- (Sul sito Civit www.civit.it sono consultabili tutte le delibere e le pubblicazioni prodotte). ■ NOTE 1 G. Mattana, Qualità, 1-2011, QUALITA' NELLA PA marzo/aprile 2012 te m a > Fig 4 - Diagramma generale Compliance - qualità sistemi di misurazione e valutazione della performance ti (con rispettivi vantaggi e svantaggi); quello descritto costituisce un approccio certamente molto dirigistico e prescrittivo, motivato dalla necessità di coinvolgere i vertici e di fissare scadenze molto ravvicinate. Istituisce un forte ed essenziale collegamento tra il Piano delle Performance, il Sistema di valutazione e la relazione sulla performance ottenuta. Suo limite (peraltro riconosciuto) è quello di non prevedere un coinvolgimento e una formazione diffusa. Anche le aziende che avevano scelto approcci molto più graduali sono oggi sollecitate a un ripensamento della propria velocità di marcia e sulla priorità ai fondamentali. ✎ Una fotografia della PA dell'Italia sulla Qualità Ne emerge una prima fotografia nuova e trasversale, non molto lusinghiera, ma contenente un progetto monitorato e trasparente di miglioramento e di emulazione. ✎ Un percorso accompagnato di miglioramento e crescita, ma una insufficiente partecipazione e formazione Le valutazioni di Civit costituiscono uno stimolo permanente per il confronto e la riduzione delle aree da migliorare. Dalla analisi delle aree bisognose di miglioramento da segnalare quelle della comunicazione, del coinvolgimento sia dei cittadini che del personale delle organizzazioni e la formazione. ✎ Ruolo e attività della Civit L’attività della Civit rappresenta un esempio assolutamente virtuoso sia di gestione degli obiettivi di medio-lungo periodo sia di rigorosa puntuale e motivata verifica di quanto stabilito; tutto ciò in una prospettiva di crescita e accompagnamento e di assoluta trasparenza. 9 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 10 te m a 10 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ >> Claudia Migliore Centro Risorse CAF La procedura europea CAF external feedback Un’opportunità per le amministrazioni pubbliche che intraprendono la strada del miglioramento continuo D alla fine degli anni ‘90, la gestione della qualità è diventata un obiettivo importante per le amministrazioni pubbliche. Ma oggi ancor più di allora l’efficienza del sistema pubblico (ed in particolare di alcuni settori della pubblica amministrazione) è diventata una priorità a livello nazionale e a livello europeo dove si sottolinea l’assoluta necessità di rivedere l’amministrazione pubblica e di utilizzare sistematicamente indicatori di performance allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa (cfr. indicazioni della BCE). In questo contesto, a cui la Legge 15, il Dl.vo 150 e le successive delibere Civit hanno aperto la strada, assume più che mai valore il lavoro che da anni i Ministri dell’UE responsabili della pubblica amministrazione e i Direttori Generali competenti stanno promuovendo e realizzando in tema di gestione della qualità. Organizzati in un network (l’EUPAN – European Public Administration Network) ed articolati in gruppi di lavoro i referenti dei diversi paesi membri dell’UE hanno lavorato alla definizione di strumenti, metodologie e modelli per le pubbliche amministrazioni europee con marzo/aprile 2012 l’obiettivo di diffondere una cultura comune e condividere esperienze e prassi innovative. L’ultimo prodotto in ordine di tempo del CAF Working Group (gruppo che opera all’interno dell’IPSG - Innovative Service Group – per la diffusione del modello Common Assessment Framewirk) – è la procedura europea CAF External Feedback (CEF). La CAF External Feedback È una procedura di valutazione esterna che valuta le modalità con cui le amministrazioni pubbliche utilizzano il modello CAF – modello europeo nato nel 1999 dal lavoro congiunto delle funzioni pubbliche europee - realizzando processi di autovalutazione e di miglioramento delle proprie performance ed intraprendendo il percorso verso l’eccellenza che tutti i modelli di qualità totale (primo tra tutti l’EFQM) promuovono. Dopo oltre 10 anni di utilizzo del modello e oltre 2000 organizzazioni utilizzatrici la procedura è nata per dare un contributo allo sviluppo delle competenze sul tema dell’autovalutazione e della pianificazione del miglioramento La procedura persegue alcuni obiettivi: 1. Sostenere la qualità dell’autovalutazione CAF ed il suo impatto sull’organizzazione. 2. Verificare se l’organizzazione sta facendo propri i principi del TQM. 3. Rinnovare l’entusiasmo e l’impegno del personale per il miglioramento continuo. 4. Premiare le amministrazioni che hanno avviato in modo efficace il cammino verso il miglioramento continuo e l’eccellenza. 5. Promuovere la valutazione tra pari (peer review) ed il benchlearning. 6. Facilitare la partecipazione degli utenti CAF ai percorsi EFQM. Caratteristica distintiva ed essenziale della procedura, che la differenzia da altri percorsi di valutazione esterna (quali i livelli di riconoscimento EFQM e, a livello nazionale, il premio Qualità PPAA) è che essa si rivolge ad uno specifico target di amministrazioni: quelle che ad un anno al massimo dalla conclusione di un percorso di autovalutazione (e quindi dalla stesura di un rapporto di autovalutazione) si trovino nella fase di attuazione di un piano di miglioramento (probabilmente, anche se non necessariamente, ancora in corso). Attraverso la valutazione esterna e il feedback di valutatori esperti provenienti dal mondo pubblico (peer review) le amministrazioni che aderiscono alla procedu- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 11 ❙ La procedura europea caf external feedback Come si partecipa alla procedura La procedura prevede che l’amministrazione che ha condotto un’autovalutazione con il modello CAF fornisca ai valutatori la documentazione già prodotta in relazione all’utilizzo del modello (rapporto di autovalutazione e piano di miglioramento), unitamente ad informazioni raccolte avvalendosi di appositi questionari. Sulla base di tale documentazione i valutatori effettuano una visita per verificare in loco la presenza dei requisiti dichiarati e raccogliere tutti gli elementi necessari ad esprimere una valutazione accurata relativamente a: ✎ il modo in cui è stata condotta l’autovalutazione; ✎ il processo di definizione e avvio del piano di miglioramento ✎ il livello di maturità organizzativa raggiunto in relazione agli otto principi di eccellenza, sia in generale che in particolare, con un esame più approfondito su due di essi scelti dall’amministrazione. A valle della visita ciascuna amministrazione riceve un rapporto di valutazione con indicazioni su come migliorare even- www.aicq.it tuali punti di debolezza. Le amministrazioni che raggiungono il livello richiesto dalla procedura ottengono l’attestato europeo di “Effective CAF User” (amministrazione che utilizza in modo efficace il modello CAF). Entro il 15 febbraio di ogni anno vengono resi noti i periodi in cui è possibile candidarsi prima e iscriversi poi alla procedura. In tal modo anche le amministrazioni che non abbiano ancora avviato un processo di autovalutazione possono programmarne il periodo in funzione della partecipazione alla procedura. Il Centro risorse nazionale CAF, coordinato dal Dipartimento della Funzione Pubblica e gestito da FormezPA, gestisce la procedura, dalla promozione, all’acquisizione delle candidature, alla verifica della documentazione, al supporto alle amministrazioni partecipanti, fino alla formazione dei valutatori (gli external feedback actor) e all’abbinamento tra valutatori e amministrazioni. Il Dipartimento della Funzione Pubblica è il soggetto che a livello nazionale individua, sulla base delle istruttorie tecniche derivanti dalle visite, quali amministrazioni possono ottenere l’attestazione europea. La procedura nel contesto nazionale ed europeo L’Italia è tra gli Stati Membri che più attivamente ha contribuito alla definizione della procedura CAF External Feedback. L’implementazione della procedura è stata avviata nel 2009 con la messa a punto di tutti i materiali di supporto e didattici (per la formazione dei valutatori) e la realizzazione di una sperimentazione che in Italia ha riguardato due amministrazioni: l’INPS de L’Aquila e l’Università di Bologna. I risultati sono stati condivisi a livello europeo nell’ambito degli incontri del “CEF Pilot Group” e hanno contribuito alla definitiva messa appunto della procedura. Anche a livello nazionale nella definizione del piano annuale di diffusione del CAF e nelle strategie di diffusione dei concetti del TQM e più in generale dei temi della pianificazione, misurazione e valuta- zione della performance, la procedura ha assunto un ruolo di primo piano come stimolo e sviluppo culturale. Dal 2010, anno in cui è stata realizzata la prima fase applicativa, alla fine del 2011 sono state realizzate 24 visite on site e rilasciate 8 attestazioni europee di “Effective CAF User)” a: ✎ l’Istituto d’Istruzione superiore F. Bottazzi di Casarano (LE) ✎ la Regione Campania – settore studio, organizzazione e metodo, formazione ✎ il Comune di Trento, il 3° circolo San Giovanni Bosco di Massafra (LE) ✎ V Circolo di Pistoia ✎ Istituto Fermi di Pontedera (PI) ✎ Istituto Marconi di Pontedera (PI) ✎ Università di Pisa (PI) Sono stati inoltre formati 52 valutatori (External Feedback Actor) provenienti dagli elenchi di valutatori CAF e formati attraverso tre edizioni del corso di due giorni sviluppato a livello europeo. A livello europeo, si segnalano esperienze di realizzazione della procedura in Belgio, Slovenia, Austria e Danimarca dove un’amministrazione ha ricevuto la label. In Austria è stato anche realizzato un corso per External Feedback Actor. Negli altri Stati Membri invece la formazione degli External Feedback Actor è avvenuta prevalentemente attraverso l’apposito corso realizzato all’Eipa. Nell’ambito del prossimo evento CAF che si svolgerà a settembre prossimo a Oslo, verrà presentato ufficialmente lo stato dell’arte rispetto all’implementazione della procedura in Europa. Gli attori e i vantaggi della procedura Attori principali della procedura CAF External Feedback sono le pubbliche amministrazioni. Quelle che decidono di intraprendere percorsi di miglioramento continuo e di ricevere supporto per realizzarli al meglio e quelle che da tempo sono impegnate in tali percorsi e mettono a disposizione i propri funzionari, opportunamente formati, per fornire tale supporto. Sono questi gli EFA (External Feedback Ac- marzo/aprile 2012 11 te m a ra possono capire se stanno procedendo sulla strada giusta, indipendentemente dall’aver già raggiunto e misurato tutti gli effetti delle loro azioni di miglioramento. Indipendentemente, quindi, dai risultati raggiunti. La procedura CAF External Feedback è il frutto del lavoro congiunto di un gruppo di Stati Membri, particolarmente attivi nell’attuare politiche a supporto della diffusione del CAF a livello nazionale, Belgio, Danimarca, Italia, Slovenia ,in collaborazione con il Centro Risorse CAF Europeo, gestito dall’Eipa (European Institute for Public Administration). I principi generali della procedura sono stati approvati dai Direttori Generali dell’EUPAN durante la Presidenza Slovena dell’UE nel maggio 2008. L’attività di definizione si è conclusa a settembre 2009. A dicembre 2009 la procedura PEF è stata approvata dai Direttori Generali delle funzioni pubbliche dell’UE. ❙ AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 12 te m a 12 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ tor) personale proveniente da diverse tipologie di amministrazione e diversi territori che dopo aver fatto l’esperienza di valutazione esterna nell’ambito del Premio Qualità PPAA viene coinvolto nella valutazione dei processi di autovalutazione e miglioramento delle amministrazioni partecipanti alla procedura, attraverso l’analisi della documentazione fornita e attraverso la visita on site che approfondisce e verifica quanto illustrato dalle amministrazioni partecipanti nei documenti presentati. In occasione delle visite on site le amministrazioni partecipanti e gli EFA si confrontano apertamente, in una logica di valutazione fra pari, sulle difficoltà di applicazione del modello CAF, analizzando nel dettaglio il processo di autovalutazione e pianificazione del miglioramento realizzato e i cambiamenti intervenuti e in corso nella cultura organizzativa per verificare il progressivo installarsi di alcuni principi dell’eccellenza. Questo scambio rappresenta il primo va- lore aggiunto della procedura perché genera conoscenza in entrambi gli attori coinvolti attraverso la condivisione di esperienze diverse e diversi punti di vista. L’altro valore aggiunto è rappresentato dal feedback report rilasciato a valle del processo di valutazione. Evidenziando criticità e punti di forza dell’autovalutazione condotta diviene uno strumento utile per mettere a punto e rivedere il percorso intrapreso. Il feedback report è però anche un indicatore importante per il Centro risorse nazionale CAF dal momento che consente di approfondire, attraverso la lettura di debolezze e punti di forza comuni, di orientare al meglio le iniziative e le politiche di diffusione del modello. La procedura nel 2012 In questi giorni sta partendo la promozione della procedura per il 2012. Le amministrazioni interessate sono invitate a candidarsi on line (http://www. qua- Un nuovo rapporto sulla gestione delle performance nei comuni “Il ciclo di gestione della performance negli Enti Locali - Esperienze e Leading Practices” è il titolo del Rapporto, disponibile sul portale “Per un'amministrazione di qualità” (www.qualitapa.gov.it) del Dipartimento della Funzione Pubblica, che presenta i risultati di un percorso di analisi compiuto su sei amministrazioni pilota (cinque Comuni e una Unione di Comuni) con l'obiettivo di mettere in evidenza le leading practice emerse nella loro esperienza di attuazione delle misure di performance management introdotte dal Decreto Legislativo 27 ottobre 2009 n.150. Il Rapporto nasce nell'ambito del Progetto “Valutazione delle performance” del Dipartimento della Funzione Pubblica, realizzato con la collaborazione di Formez PA e finanziato con il PON Governance Azioni di Sistema 20072013. Obiettivo del Progetto è sostenere i Comuni con popolazione tra 20.000 e 250.000 delle Regioni Obiettivo Convergenza nell'introduzione di sistemi di pianificazione, misurazione e valutazione dei risultati, coerenti con le prescrizioni del D.lgs 150/2009 sul Ciclo di gestione della performance. Il Progetto, avviato da oltre un anno, ha coinvolto 110 comuni, ed al suo attivo ha più di 300 incontri di lavoro effettuati con le amministrazioni e 90 Piani della performance e Sistemi di misurazione e valutazione in corso di definizione. marzo/aprile 2012 litapa.gov.it/services/candidatura/) entro il 29 febbraio prossimo, indicando il periodo di visita prescelto (giugno/luglio o ottobre/novembre). Nel mese di maggio o settembre, a seconda del periodo programmato, le amministrazioni candidate saranno contattate dal Centro Risorse CAF per la conferma dell’iscrizione e del possesso dei requisiti richiesti. E’ indispensabile prima di candidarsi prendere visione di tutta la strumentazione necessaria alla partecipazione e delle due guide a disposizione nelle pagine web del Centro risorse CAF (la guida alla partecipazione e la guida alla procedura). Per maggiori approfondimenti, per informazioni e assistenza si rimanda: - alla pagina del Centro http://www.qualitapa.gov.it/common-assessmentframework/centro-risorse-caf/iniziative/ procedura-europea-caf/ - ai riferimenti telefonici e email: 06/69921398 (il martedì e il giovedì dalle 10.00 alle 13.00), [email protected] Le attività sinora realizzate hanno consentito di produrre know how e strumenti per il Ciclo di gestione della performance utilizzabili anche da altre amministrazioni. Si segnalano in particolare: ✎ il Reference book “Il Ciclo di Gestione delle Performance nei comuni - Definizione del sistema di misurazione e valutazione della Performance organizzativa: Principi e criteri” che presenta il quadro dei principali elementi sui quali è opportuno che ogni amministrazione rifletta per rafforzare la propria capacità di misurazione e valutazione delle performance. ✎ la Cheek list utilizzabile dai comuni più avanzati come strumento per compiere un'autoanalisi delle caratteristiche e del- funzionamento del sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa. ✎ la Check list semplificata utilizzabile dai comuni che non abbiano ancora definito un sistema di misurazione e valutazione utile a comprendere le fasi e gli strumenti per avviarne la definizione. ✎ i Rapporti sulle Review realizzate nelle sei amministrazioni pilota. Per conoscere meglio i contenuti del Progetto “Valutazione delle performance”, le amministrazioni coinvolte e gli strumenti sviluppati si rimanda al portale PAQ - sezione “PON Valutazione della performance” da Redazione FORUM PA 08/02/2012 www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 13 13 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ direttore CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane Opportunità o nuovo “esercizio”? Il CAF per l’Università Valutazione della qualità: una storia italiana L’Università, al contrario di ciò che l’immaginario comune è solito pensare, non è estranea alla valutazione della qualità. Tutt’altro. Essa rappresenta oggi l’unico comparto della pubblica amministrazione ad aver non solo elaborato, ma autonomamente promosso, migliorato e adottato forme di misurazione delle performance da quasi un ventennio. Ben prima, dunque, delle attuali prescrizioni normative. Un cammino lungo ed elaborato che, senza pretese di esaustività, mi piacerebbe brevemente ripercorrere prima di affrontarne il capitolo più recente, ovvero il D.lgs.150/2009. La cosiddetta Legge Brunetta stabilisce, infatti, nuovi parametri e processi per la valutazione delle performance organizzative degli Atenei. La storia della valutazione in ambito accademico inizia nel ’93 con la Legge 537 che istituisce i Nuclei di Valutazione. Organismi interni all’università che dovranno “verificare, mediante analisi comparative dei costi e dei rendimenti, la corretta gestione delle risorse pubbliche, la produttività della ricerca e della didattica, nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa”. Nel ’99 la Legge 370 ribadisce il concetto con termini quasi analoghi, istituendo inoltre il Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario. Per un decennio il CNVSU avrà il compito di fissare crite- www.aicq.it ri generali, promuovere la sperimentazione, l'applicazione e la diffusione di metodologie e pratiche di valutazione, predisporre un programma annuale di valutazioni esterne e una relazione sui risultati attività svolte. Inoltre la Legge 370 prevedeva che dall’anno 2000 il Ministero avrebbe dovuto prevedere un'ulteriore quota del fondo per il finanziamento ordinario delle università per l'attribuzione agli atenei di appositi incentivi, sulla base di obiettivi predeterminati ed in relazione agli esiti dell'attività di valutazione. In sostanza fin dagli anni ’90 l’Università si è dotata di un sistema di valutazione delle performance della didattica, della ricerca e della gestione amministrativa. A presidio del quale sono stati posti precisi organismi nazionali e locali. I risultati della valutazione di tutte le attività degli Atenei sono stati poi correlati alla ripartizione delle risorse ministeriali. Oggi, dopo 18 anni, tanto le Università quanto il MIUR possono contare su banche dati di discreta affidabilità e la valutazione è entrata nella prassi quotidiana. A riprova di ciò, quando nel 2004 si affrontò la Valutazione Triennale della Ricerca (VTR), ad opera del CIVR, nessun Ateneo si sottrasse. Gli esiti della misurazione furono in seguito inseriti nell’algoritmo che attribuisce alle Università l’FFO. Ad osservare ora questi eventi il fatto di aver collegato la valutazione ai meccanismi di finanziamento ha sicuramente contribuito a estendere la “cultura” della valutazione e a derivare da quest’ultima l’orientamento ai processi di miglioramento. Un capitolo importante, sul quale tuttavia in questa sede non mi dilungherò, è quello relativo alla valutazione didattica. Settore in cui la CRUI, con spirito pionieristico promosse fina dalla metà degli anni ’90 il proprio modello CAMPUS e l’approccio al Total Quality Management (TQM), utilizzando a questo scopo anche l’incentivazione del Fondo Sociale Europeo (FSE). Ciò ha contribuito a saldare l’orientamento all’efficacia, all’efficienza e all’economicità, imposto dalla legge e “controllato” da Nuclei e CNVSU con l’esigenza di assicurare la qualità della formazione. In quest’ottica la valutazione è diventata un’attività trasversale rispetto alle missioni accademiche che contribuisce a garantirne oggi unità e affidabilità. La fase più recente di questa storia conferma il paradosso italiano: più dettagliata diventa la normativa e più aumenta il fabbisogno di organi e strumenti di valutazione deputati a vigilare sull’osservanza di forma e di sostanza di leggi, decreti, delibere e note ministeriali. Ciò, a sua volta, rende sempre più complicato il raccordo e l’allineamento fra i vari soggetti. A questo proposito, fra il 2006 e oggi almeno tre eventi hanno ribadito questo paradosso. In primo luogo la sostituzione del CNVSU da parte dell’ANVUR. Secondo marzo/aprile 2012 te m a >> Emanuela Stefani AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 14 te m a 14 ❙ Il CAF per l’Università ❙ il Dpr 64/2008 che ne norma il funzionamento L’Agenzia nazionale ha il compito di sovrintendere al sistema pubblico nazionale di valutazione della qualità. Verificando anche “efficienza, efficacia, ed economicità dei programmi volti al finanziamento e all'incentivazione delle attività' di ricerca e di innovazione di esclusiva competenza del Ministero”. Essa inoltre propone al Ministro criteri per la ripartizione di una quota non consolidabile di finanziamento ordinario in base alla qualità dei risultati delle attività svolte. Il secondo “evento” dell’ultima fase è rappresentato dal varo della Legge 240 e dei relativi decreti applicativi. Provvedimenti che prevedono il passaggio di tutte le università a un sistema di contabilità economico patrimoniale che possa rendere conto costantemente dei risultati ottenuti in termini di gestione delle risorse. Il D.lgs.150/2009, oggetto del prossimo paragrafo, rappresenta il terzo evento normativo del recente passato. La ‘Brunetta’ e il CAF Con il D.lgs.150 si prevede, dunque, l’introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità, nonché la “definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici”. Si tratta di un salto culturale considerevole, soprattutto per gli Atenei, in quanto per la prima volta l’oggetto della valutazione non è la struttura ma il singolo lavoratore, che viene considerato responsabile. Ciò comporta che debbano essere obbligatoriamente individuati, in via preventiva, “gli obiettivi che l’amministrazione si pone per ciascun anno”. In sostanza, ciò che viene imposto per legge è il Management by Objectives. Quindi non più accertamenti che riguardano la corrispondenza dei comportamenti a norme e procedure, ma controllo di gestione, basato sulla capacità dei sistemi di correggere la rotta in itinere, riposizionando obiettivi e azioni, al fine di garantire alle strutture efficacia ed efficienza nell’attività decisionale. marzo/aprile 2012 All’emanazione della norma ha fatto immediatamente seguito la nomina dell’organo di controllo nazionale cioè la “Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche” (CIVIT) che ha il compito di emanare “delibere” che indicano i percorsi applicativi del D.lgs. A questo proposito, la Delibera CIVIT 89/2010 suggerisce tre modelli per la misurazione della performance: la Balanced Scorecard, molto utile per sollecitare l’implementazione delle strategie, il Performance Prism che sottolinea le relazioni con gli stakeholder e il Common Assessment Framework (CAF) ispirato ai sistemi di qualità. Secondo la CIVIT il CAF è “facile da usare come profilo di partenza, utile per avviare e promuovere il miglioramento continuo, non richiede software sofisticato né risorse consistenti” al contrario degli altri due modelli. Principi questi che hanno guidato la scelta di indirizzare gli Atenei verso l’impiego del Common Assessment Framework. Inoltre, il CAF è l’unico dei tre modelli che bilancia l’approccio alla qualità con l’applicazione dei sistemi di pianificazione, programmazione e controllo di gestione. Ciò è fondamentale, soprattutto in presenza di un decreto ministeriale che indirizza la programmazione delle Università per il triennio 2010-2012 e che scende in contenuti prescrittivi e nella individuazione di obiettivi riguardanti l’attività didattica, lo sviluppo della ricerca scientifica, i servizi agli studenti, l’internazionalizzazione e il reclutamento dei docenti. Questo esempio di sovrapposizione normativa non è il solo in ambito accademico. Rappresenta però un buon esempio per comprendere come, in generale, l’unico modo che le Università hanno per gestire l’applicazione delle leggi sia l’adozione di un modello che, secondo un approccio olistico, crei relazioni fra le diverse attività e le attribuisca, secondo un preciso piano di responsabilizzazione, alle strutture e alle persone chiamate a realizzarle. E ciò è proprio quanto previsto dall’applicazione del CAF. Scendendo più nel particolare il modello CAF stabilisce utili legami fra i fattori abilitanti e i risultati secondo un logica di causa-effetto per poi farne discendere, andando a ritroso attraverso i processi, lo sviluppo di innovazione e apprendimento negli Atenei. Inoltre, l’analisi dei fattori abilitanti, che non possono che essere caratteristici e specifici di ciascun Ateneo segna un cambiamento rispetto ai precedenti approcci valutativi che sono stati applicati alle Università in modo indifferenziato, come se queste ultime costituissero organizzazioni uniformi in quanto caratterizzate dalla stessa finalità sociale. Un Gruppo di Lavoro per l’applicazione del CAF alle Università Al fine di trasformare la teoria in prassi, nelle settimane successive all’emanazione della legge presso la CRUI è stato istituito un Gruppo di lavoro per sperimentare l’applicazione del modello CAF coordinato dal Dipartimento della Funzione Pubblica e del Centro nazionale risorse CAF. Al Gruppo, che ha ricevuto il supporto del MiUR, hanno partecipato 38 Atenei e rappresentanti di CIVIT e CONVUI. Il lavoro svolto si è rivelato proficuo e utile per gli Atenei anche ai fini della predisposizione del Piano della performance. 18 di tali Piani erano infatti allineati al modello CAF. In sostanza, il CAF rappresenta per le Università una doppia opportunità. Da una parte consente loro di adempiere “economicamente” ed efficacemente alla normativa. Dall’altra permette una riflessione dettagliata orientata al miglioramento continuo delle performance. Esiste però una conditio sine qua non. In assenza di una assunzione di responsabilità da parte dell’organo di indirizzo politico-amministrativo in ordine alla definizione di un sistema di obiettivi da perseguire, che parta da quelli strategici arrivando a quelli strettamente operativi, e che coinvolga tutti i livelli e i relativi componenti della struttura organizzativa, la valutazione delle performance diventa un vuoto esercizio di misurazione quantitacontinua a pagina 27 www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 15 15 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ Direttore Amministrativo Tribunale per i Minorenni di Salerno Salvatore Quercia Funzionario giudiziario presso la Corte d’Appello di Milano. Applicazione e prospettive Il modello CAF nella Giustizia I l modello di autovalutazione CAF, voluto dai ministri della funzione pubblica europei ed ispirato ai principi di T.Q.M., ha mosso i primi passi in ambito giudiziario grazie al premio Qualità PP.AA. ed. 2005 ed alla relativa applicazione avvenuta nel Tribunale per i Minorenni di Salerno. A seguito di tale prima attuazione e dietro la spinta propulsiva del Capo Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria Claudio Castelli e del Direttore Generale della Funzione Pubblica Pia Marconi, fu istituito il tavolo tecnico per la personalizzazione del modello alla Giustizia. I lavori del “Tavolo”, coordinati dalla Funzione Pubblica, con la partecipazione autorevole di esperti di chiara fama come Tito Conti, Giancarlo Vecchi e Giovanni Xilo, a cui hanno preso parte altri tre uffici giudiziari italiani oltre al Tribunale per i Minorenni di Salerno, sono terminati nel novembre 2008, con la produzione di una versione sperimentale del modello. Il percorso innovativo della Procura di Bolzano, già noto per aver ottenuto il finanziamento del Fondo Sociale Europeo ed aver attuato un notevole intervento migliorativo, ha registrato, a medio termine, un importante risultato rappresentato dal conseguimento del Premio Qualità PP.AA. ed. 2007-2008, grazie all’applicazione del CAF all’organizzazione www.aicq.it dell’Ufficio. Nell’anno 2009 Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha attivato il Laboratorio Nazionale CAF Giustizia, a cui hanno partecipato inizialmente dodici uffici giudiziari. Otto sono stati gli uffici che hanno concretamente terminato il percorso, producendo un documento di autovalutazione ed un piano di miglioramento. Il predetto percorso ha avuto il suo epilogo nel novembre 2009 in occasione di un convegno presso la Suprema Corte di Cassazione nel corso del quale sono stati presentati i risultati del Laboratorio e definitivamente licenziato il modello CAF personalizzato alla Giustizia. Particolarmente rilevante, in tale contesto, per il numero di uffici coinvolti e per i propositi decisamente ambiziosi, si è rivelato il Progetto Transnazionale di diffusione di Best Practice negli uffici giudiziari italiani. Il progetto, grazie al finanziamento del Fondo Sociale Europeo e tramite le Regioni quali autorità di gestione, ha previsto quale prima, tra le linee di azione, la fase di analisi delle situazioni organizzative. A tale riguardo, alcuni dei bandi pubblicati e volti all’individuazione delle società di consulenza a cui conferire il compito di attuare i contenuti progettuali, hanno previsto l’adozione del modello CAF quale strumento di analisi e autovalutazione. Sulla stessa linea si pone il PON Governance 2007-2013 grazie al quale il Dipartimento della Funzione Pubblica ha avviato il progetto “Il Miglioramento della performance nella Giustizia per supportare le regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia nella realizzazione del piano nazionale di "Diffusione delle Buone Pratiche negli Uffici Giudiziari”. Il progetto dovrà supportare le amministrazioni regionali nelle attività di monitoraggio e di valutazione dei risultati del predetto piano nazionale, con il concreto supporto alla diffusione della metodologia di autovalutazione C.A.F. già adattata da alcuni anni dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Ministero della Giustizia con la citata personalizzazione del modello, per le specifiche realtà degli uffici giudiziari. Le successive applicazioni del modello sono state sporadiche e legate fondamentalmente ad iniziative premiali, quali le successive edizioni del Premio Qualità PP.AA., o le candidature per l’ottenimento della certificazione europea di Effective Caf User, tramite la procedura C.E.F. (CAF External Feedback). Dalle applicazioni finora registrate, l’attuazione della mission affidata allo strumento sembra essere meno ambiziosa, sostanziandosi in un mezzo per diffondere la terminologia, le tematiche e le metodiche del Total Quality Management. In definitiva, si ha la netta impressione marzo/aprile 2012 te m a >> Raffaele Mea AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 16 te m a 16 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ che non sia stata compresa appieno la forza dirompente del modello e le sue potenzialità dal punto di vista strategico. Il CAF può rappresentare, infatti, la vera svolta dal punto di vista organizzativo essendo uno strumento di conoscenza e di approfondimento, assolutamente indispensabile per fornire ai decisori istituzionali gli elementi per agire. Le metodologie di approccio e valutazione elaborate ed affinate dal Formez e dalla Funzione Pubblica offrono il più valido supporto in tal senso. La stessa logica che conduce all’individuazione dei punti di forza, delle aree di miglioramento ed all’applicazione della matrice RADAR si muove nell’ottica di una corretta definizione degli interventi da attuare. Anche la struttura del modello testimonia un’innegabile vocazione a suggerire un percorso ideale che conduce ad un circolo virtuoso ed al miglioramento continuo. L’esperienza dell’applicazione del modello in ambito giudiziario sottolinea ancor di più l’importanza dello strumento in un settore in cui l’aspetto strategico ed organizzativo non sempre appare opportunamente curato. Ciò vale in tutti gli ambiti, ma in particolare per le “unità di base”, vale a dire per gli uffici giudiziari, nei quali agli aspetti programmatici non sembrano dedicate risorse sufficienti. Proprio la struttura del modello ed i suoi contenuti profondamente democratici, permettono anche all’interno degli uffici di valutare le specifiche esigenze dei settori. La stessa enfasi riservata alla gestione per processi e lo sviluppo degli esempi contenuti nel C.A.F. favoriscono non solo la corretta visione organizzativa, ma anche il relativo costante monitoraggio dei servizi. Ciò consentirebbe potenzialmente di superare anche quanto ripetutamente sottolineato, da ultimo anche in occasione della recente inaugurazione dell’anno giudiziario, a proposito delle diverse velocità del processo: “al piano terra si trattano gli arresti in flagranza, i “reati di strada”, droga rapine, violazione della marzo/aprile 2012 legge Bossi-Fini; gli imputati sono poveri e spesso non possono permettersi un avvocato di fiducia; il processo è rapido e ogni giorno vengono comminati svariati anni di galera; la prescrizione non esiste. Al terzo piano si trattano i reati di aggiotaggio, corruzione, falso in bilancio, per i quali non c’è l’arresto in flagranza … gli anni di galera comminati sono di gran lunga inferiori e molti reati vanno in prescrizione ….” (tratto da “Il Sole 24 ore” ed. del 29/01/2012 art. di D. Stasio). Il punto nodale sembra, in tale contesto, la corretta analisi di tutti i processi organizzativi e la necessità di fornire a tutti gli uffici, ma soprattutto ai decisori istituzionali, uno strumento universalmente valido, un unico metro di valutazione, che possa considerare le eccellenze e le inefficienze, agendo di conseguenza. I risultati raggiunti, proprio grazie alle azioni intraprese, negli uffici che hanno opportunamente investito nell’applicazione del modello, appaiono assolutamente confortanti. La sensibilità nei confronti delle tematiche di Total Quality Management e la conseguente apertura verso il cambiamento organizzativo appare, in tali casi, in deciso aumento. E’ comunque auspicabile una diffusione capillare del modello, in quanto i benefici ad essa connessi consentiranno, a legislazione invariata, di avvicinare la Giustizia italiana agli standard internazionali. L’esperienza alla corte d’appello di Milano Salvatore Quercia, Funzionario giudiziario presso la Corte d’Appello di Milano La Corte d’Appello di Milano è il collegio di secondo grado che giudica su tutte le decisioni dei giudici dei Tribunali del Distretto di Milano, oltre alle funzioni giurisdizionali esercita funzioni di coordinamento degli Uffici Giudiziari che fanno capo al distretto, tranne per le Procure per le quali la competenza è della Procura Generale. In Lombardia oltre a Milano c’è la Corte d’Appello di Brescia. Il Distretto di Milano è costituito da 11 Circondari di Tribunale, 39 Uffici Giudiziari, 1 Procura Generale, 11 Tribunali ordinari (+ 11 sezioni distaccate), 11 Procure della Repubblica, 3 Trib. Sorveglianza, 1 Tribunale, 1 Procura per i Minorenni; esercita le proprie attività su 911 Comuni, 6,7 milioni di residenti, 623 mila stranieri, 558 mila imprese che costituisce ben il 10% delle imprese italiane. L’organizzazione è costituita da: ✎ I vertici: Presidente della Corte per i magistrati e Dirigente amministrativo per il personale amministrativo. ✎ Due macro-aree: civile e penale - Articolazione in sezioni (prevista la “doppia presidenza” per ciascuna sezione): 6 civili, 6 penali - 1 centrale civile e una penale: - 1 coordinatore per area ✎ 18 uffici amministrativi a supporto dell’attività giudiziaria e dell’organizzazione dell’Ente (ufficio personale magistrati e amministrativi, ragioneria, economato ed altro) L’esperienza CAF Il CAF è uno dei progetti previsti dall’iniziativa Best Practice, finanziata dal Fondo Sociale Europeo. Il progetto di Milano è Innovagiustizia; la Fondazione Politecnico è capofila di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese ; coinvolge anche gli Uffici Giudiziari di Varese, Monza, Brescia, Crema e Cremona. La Corte d’Appello è stato il primo Ufficio Giudiziario del Distretto a completare un percorso di autovalutazione avviato a Marzo 2010. Una prima autovalutazione è stata completata a febbraio 2011 ed è in via di conclusione per fine anno. Le difficoltà del percorso In primo luogo, la Corte non dispone di strumenti rodati di programmazione e controllo interno se si eccettuano: - la relazione annuale di apertura dell’anno giudiziario del Presidente della Corte, che considera l’andamento dell’Amministrazione della Giustizia nel- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 17 ❙ Il modello CAF www.aicq.it cora più significativo il termine processi: è chiaro che nel nostro ambito i processi sono principalmente i processi civili o penali; i reclami sono quelli delle opposizioni avverso alcuni provvedimenti del Giudice che vengono depositate dalle parti, nel processo civile, per chiedere un intervento sulla sospensione di un concesso sequestro conservativo, o sull’importo di una liquidazione di una parcella di un CTU Consulente Tecnico d’Ufficio. Come abbiamo affrontato le difficoltà Alla luce di questi elementi di contesto, il progetto CAF è stato affrontato con un approccio graduale. Il primo periodo di lavoro è stato interamente condotto entro un gruppo ristretto di magistrati e cancellieri della Corte, selezionati in base all’appartenenza a diversi settori e ad una conoscenza sufficientemente ampia delle modalità di funzionamento della Corte. L’analisi è stata condotta prevalentemente con una modalità “focus group”, da una parte per condividere il metodo e la terminologia CAF, e dall’altra per massimizzare il contributo di prospettive diverse all’analisi del funzionamento della Corte. La discussione ha preso le mosse dalla condivisione dei risultati chiave per la valutazione della performance dell’organizzazione, due sottogruppi si sono concentrati sull’analisi, rispettivamente, delle principali misure di efficacia esterna (cosa gli utenti, cittadini, portatori d’interesse dicono di noi – coinvolgimento e partecipazione di utenti, ordini professionali) ed interna all’organizzazione (rimostranze degli utenti – tempi di attesa per accedere ai servizi – tempi di erogazione dei servizi), per risalire poi all’indietro all’analisi degli altri criteri e sotto-criteri CAF. Le riunioni sono state preparate predisponendo alcuni dati ed informazioni utili ad orientare la discussione (ad es. dati statistici interni, giudizi di alcuni portatori d’interesse (stakeholders), posizioni entro graduatorie nazionali, ecc). Il rapporto di autovalutazione che ne è conseguito ha restituito una fotografia 17 ❙ complessiva, anche se non sempre omogenea, del funzionamento della Corte e delle principali criticità. Questo rapporto ha costituito un’utile guida e fonte di informazione per diversi altri progetti di miglioramento in corso, quali ad esempio il bilancio sociale, la guida ai servizi e specifici interventi di riorganizzazione delle cancellerie. A conclusione dei lavori sono stati proposti e selezionati alcuni interventi prioritari derivanti dalle analisi effettuate; tra questi si è ritenuto opportuno rafforzare ed estendere le conclusioni raggiunte includendo nell’analisi le opinioni e le percezioni di tutto il personale della Corte. L’indagine tramite questionario ha avuto lo scopo di analizzare lo stato della qualità dell’organizzazione e del clima interno della Corte evidenziandone i punti critici in modo da poter stabilire alcune iniziative strategiche focalizzate alla risoluzione dei problemi emersi. È da evidenziare, tra l’altro, la sentita e massiccia partecipazione dei dipendenti: su 182 questionari distribuiti ne sono stati restituiti compilati 115, con una coinvolgimento del 63%, segno inequivocabile che il personale pensa di poter dare un contributo effettivo al miglioramento dell’organizzazione dell’Ente. A tal fine alla domanda “Sei orgoglioso di lavorare in questa organizzazione?” ben 80 % del personale ha risposto positivamente. L’indagine rivolta al personale ha evidenziato significative differenze di percezioni/giudizi tra personale assegnato ad aree diverse, esemplificative di criticità che non erano sufficientemente emerse dall’autovalutazione condotta entro il gruppo ristretto. Un aggiornamento dell’autovalutazione (prevista per fine anno) potrà beneficiare dell’intenso lavoro fin qui svolto e sarà utilizzata per realizzare un bilancio complessivo del programma Best Practices che nel frattempo sta volgendo a conclusione. Oltre a questo aggiornamento, l’ipotesi è quella di pianificare l’utilizzo del metodo CAF in concomitanza con la predisposizione del Piano triennale della Corte d’Appello. marzo/aprile 2012 te m a l’intero distretto; la relazione presenta i fatti salienti relativi all’anno precedente sintetizza le criticità maggiori da affrontare e alcuni obbiettivi strategici da perseguire; - il programma triennale: si tratta di un documento in cui vengono rilevate le criticità delle varie sezioni e vengono proposte soluzioni organizzative al fine di risolvere le problematiche individuate; costituisce il principale documento contenete le priorità dell’organizzazione limitatamente ai magistrati, - le statistiche periodiche che l’Ufficio Giudiziario invia al Ministero della Giustizia. L’Organizzazione interna è strutturata per settori tendenzialmente autonomi ( ad esempio tra i settori civile e penale, e tra sezioni all’interno di questi settori), cui si aggiunge il problema della doppia dirigenza a capo del comparto del personale e di quello dei magistrati. Basti pensare che l’organizzazione che ogni presidente di sezione dà al lavoro dei suoi colleghi incide in maniera sostanziale nell’ attività della sezione, la quale, sempre rispettando le norme del codice di procedura penale, può adottare un comportamento diverso da quello della cancelleria accanto; ciò favorisce la parcellizzazione delle misure d’intervento a fronte delle criticità: un intervento o un sistema di lavoro che va bene per una sezione può non andare bene per un’ altra. Questa situazione è risultata aggravata dal fatto che la Corte ha vissuto un lungo periodo , circa 1 anno, di assenza del Presidente, ed attualmente, da più di un anno, è vacante il posto di dirigente amministrativo, ricoperto part time da un dirigente reggente. Altro motivo di difficoltà è dovuto al fatto che non sono presenti professionalità interne dotate di competenze in tema di valutazione , cui si aggiunge il fatto che il linguaggio del CAF presenta vari ambiti di sovrapposizione con la terminologia giudiziaria, o comunque termini inusuali a questo tipo di amministrazione, quali politiche, leadership, stakeholder . An- nella giustizia AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 18 te m a 18 ❙ Pubblica Amministrazione ❙ >> Federico De Cillis, Consigliere Settore Education Aicq Paolo Senni Guidotti Magnani Presidente Settore Education Aicq Salvatore La Rosa Prof. Ordinario di Statistica Aziendale e Controllo della Qualità Univ. Palermo Viviana Catania Dottore di Ricerca in Psicologia Clinica, Univ. Lecce Primi approcci Per formanc e e sistema formativo e giudiziar io Q uesto articolo contiene due contributi. Il primo, di Federico De Cillis e Paolo Senni Guidotti Magnani, segnala la complessità, per quanto riguarda il settore della Formazione, dell’intreccio fra due universi normativi che reclamano entrambi misurazioni e valutazioni: quello delle competenze e degli apprendimenti e quello della performance individuale e organizzativa – Il secondo contributo, di Salvatore La Rosa1 e Viviana Catania2, presenta, tramite questionari di gradimento, un iniziale esercizio di misurazione della Qualità dei servizi offerti da una Corte di Appello, offrendo in ciò elementi innovativi utilizzabili nel settore giudiziario. Formazione scuola: premessa metodologica per integrare valutazione degli apprendimenti e della performance e miglioramento continuo3. Qualità nella formazione e nella scuola Una definizione per la qualità del servizio nel settore della formazione potrebbe essere la seguente (che risulta essere una sintesi di concetti espressi nella UNI EN ISO 9000/2005 (3.1.), 9004/2009 (4.2,4.3,4.4) e del concetto di “sistema-sottosistemaelemento”4): “Il grado di qualità di un sistema formativo, o di un suo elemento, dipende dal livello di soddisfazione, che rie- marzo/aprile 2012 sce a mantenere/migliorare nel tempo5, delle esigenze ed aspettative delle parti interessate del suo ambiente transnazionale6”. Tale definizione, necessita di essere precisata in riferimento al sotto-sistema scuola, qui preso in esame, riferito al Sistema Formativo Europeo e Nazionale, a sua volta composto da sotto-sistemi regionali e locali fino alla singola Istituzione Scolastica (d’ora in avanti IS): elemento del sistema in quanto unità operativa dotata di personalità giuridica e di un definito grado di autonomia “funzionale”. Per precisione sono stati citati sistemi e sotto-sistemi formativi diversi, ma in realtà dopo i documenti europei di Lisbona sulla formazione e l’interscambiabilità delle competenze fra gli stati membri, è gioco forza, anche per lo stato membro Italia fare riferimento agli obiettivi comuni e unitari di sviluppo socioeconomico della UE, definiti per far fronte alla sfide del XXI secolo in un contesto di mercato globalizzato ed ipercompetitivo che attraversa una fase di crisi a livello ultra-continentale. Qualità, Valutazione, Miglioramento Il perseguimento degli standard concordati in sede di UE per gli obiettivi formativi e di competenza implica l’applicazione di modelli di gestione e di miglioramento nonché di modelli di valutazione sostenuti da metodi di misurazione oggettivi (il più possibile). In riferimento al sistema formativo e scolastico nazionale in particolare, il proble- ma della valutazione viene affrontato con due dimensioni diverse, ugualmente normate in appositi apparati legislativi: 1. la prima dimensione risulta regolamentata essenzialmente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca secondo una visione Europea ma specifica del settore Educativo e afferisce soprattutto al miglioramento dell’efficacia dell’apprendimento e del possesso delle competenze. Le caratteristiche principali sono: a. la definizione di specifici obiettivi strategici a livello di sistema formativo europeo, da cui derivano a cascata obiettivi chiave per i sottosistemi fino alla singola Istituzione Scolastica; b. l’attenzione ai risultati preponderante per l’efficacia rispetto all’ efficienza; c. la necessità di modelli di misurazione/valutazione condivisi dal macrosistema e quindi utilizzati da tutte le sue componenti (singole IS); d. centralità degli operatori del settore (delle risorse umane), la cui valutazione è vista soprattutto in funzione di valorizzazione e crescita di professionalità. 2. la seconda dimensione, di competenza del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione7 (Dipartimento Funzione Pubblica) è regolata da un complesso di norme conclusosi al momento col Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e le cui caratteristiche www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 19 ❙ Performance e sistema formativo e giudiziario ❙ www.aicq.it valutazione e misurazione della performance allignano i problemi endemici delle diverse pubbliche amministrazioni. Senza entrare in una discussione applicativa, questo breve contributo si limita ad additare la fondamentale questione metodologica per il settore della formazione dell’incrocio fra i due ambiti normativi, quello della valutazione degli apprendimenti ai fine della individuazione del plusvalore e dell’efficacia e quello della misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale. Si propone nonostante ciò un breve elenco diviso in nodi da sciogliere e risorse e anticipazioni riferiti al sistema scolastico. Nodi da sciogliere ✎ disambiguare le valenze di “ciclo del- la performance” e di “anno scolastico”. In entrambi i casi è utile ricorrere ad Sistema di Gestione per la Qualità che adotti piani di miglioramenti annuali secondo il principio del ciclo PDCA. Per la pubblica amministrazione il ciclo corrisponderà all’anno solare (gestione amministrativo-contabile) mentre per la scuola all’Anno Scolastico, in entrambi i casi in una visione di pianificazioni pluriennale; ✎ raccordare le questioni della valutazione e misurazione della performance ai fini delle differenziazioni retributive con le buone pratiche esistenti di buon funzionamento organizzativo nelle IS. Risorse e anticipazioni Sperimentazione del CAF nelle scuole del Veneto e della Toscana8. Diffusione del Marchio S.A.P.E.R.I. per le Istituzioni Scolastiche nazionali ad opera dell’Ufficio Scolastico Regionale Piemonte e della rete SIRQ (Scuole in rete per la Qualità)9. Diffusione della prassi dell’accreditamento con concessione di punteggi cospicui alle IS certificate ISO (Lombardia e Marche). Innovazioni normative in fatto di definizione delle specifiche e certificazione di apprendimento e di competenze nella scuola primaria, secondaria di primo e di secondo grado. Diffusione triennale dei dati comparati di apprendimento nelle scuole italiane OCSE PISA – INVALSI10. Diffusione di buone pratiche nei POF11 costruiti sugli investimenti di bilancio. Nomina degli incarichi strategici nelle IS quali collaboratori del Dirigente Scolastico, Funzioni Strumentali12 e altro previa presentazione di candidatura con lista di obiettivi da perseguire e riconoscimento economico a seguito di verifica. La qualità dei servizi offerti dalla corte di appello vista dall’utente Introduzione La cattedra di Gestione della Qualità dell'università degli studi di Palermo, nell'ambito di un progetto di valutazione e miglioramento delle prestazioni erogate all'utenza, ha aderito ad un'indagine presso la Corte di Appello del capoluogo siciliano con l'obiettivo di rilevare e di misurare la qualità percepita del servizio reso dal personale delle cancellerie e degli uffici amministrativi al fine di individuare possibili aree di miglioramento ed eventuali azioni correttive Obiettivi Analizzare la discrepanza tra il livello di qualità dei servizi attesa e la qualità percepita, al fine di offrire un servizio sempre più qualificato ed attento alle esigenze degli utenti. Target Un questionario costruito ad hoc è stato lo strumento utilizzato per intervistare gli utenti, costituito da tre parti: la prima raccoglie i dati personali degli utenti (sesso, età, professione, etc.), la seconda analizza la soddisfazione della qualità dei servizi e l’ultima parte valuta il livello di chiarezza della segnaletica all’interno degli uffici della Corte di Appello, la qualità delle informazioni ricevute presso le cancellerie con i relativi tempi d’attesa per poterle ottenere ed inoltre il grado di competenza del personale addetto ed i tempi complessivi per l’espletamento del servizio. Duecento sono stati i questionari compilati: di questi 72 sono stati auto compilati e imbucati nelle postazioni messe a disposizione all’interno degli uffici amministrativi e della cancelleria, 70 a mezzo in- marzo/aprile 2012 te m a principali sono : a. la visione nazionale avente per oggetto l’intera Pubblica Amministrazione con la comune finalità di elevare la qualità dei servizi erogati ai cittadini; b. l’attenzione alla qualità dei risultati sia in termini di efficacia che di efficienza; c. il costante intreccio fra performance organizzativa e individuale; d. la prescrittività di una valutazione della performance del personale come condizione necessaria per l’erogazione di salario accessorio. Entrambe le dimensioni e relativi approcci implicano la necessità di agire secondo il principio del miglioramento continuo e quindi, secondo l’opinione di chi scrive, con la conseguente ricerca ed adattamento di modelli di TQM. Per il sistema formativo italiano e in particolare per la scuola, in quanto settore della Pubblica Amministrazione, si pone quindi il problema di perseguire obiettivi specifici derivanti dall’universo normativo della prima dimensione (con i sopra-ricordati riferimenti al sistema formativo europeo, che intendono l’efficacia misurata come possesso di competenze e con un linguaggio più tradizionale come acquisizione di formazione e di apprendimento), soddisfacendo però anche gli obiettivi ed i vincoli derivanti dal secondo universo normativo delineato nel decreto legislativo 150 e il ciclo della performance, che aggancia la qualità e la produttività alla differenziazione salariale e alla meritocrazia. Conclusioni: nodi e risorse Chi scrive, pur consapevole delle carattere strategico della valutazione e della misurazione della performance ai fini retributivi e migliorativi dei pubblici servizi e in particolare di quello formativo e scolastico, non si nasconde che la sfida che si trova davanti il sistema formativo nazionale, come qualsiasi altra pubblica amministrazione, non è poca cosa e, soprattutto, che proprio perché chi scrive cerca di ragionare secondo i principi e la metodologia del TQM, quindi in ottica sistemica, non si nasconde altresì che dietro la 19 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 te m a 20 Pagina 20 ❙ Performance e sistema formativo e giudiziario ❙ Aspetti Positivi Vuoto Disponibilità 77 29 Cortesia 27 Nessuno 16 Professionalità 13 Competenza 12 Elementi di insoddisfazione Vuoto Nessuno Tempi di espletamento servizi e tempi di attesa Lamentele sul personale Problemi legati alla ricerca e ordine dei fascicoli Poca disponibilità 103 28 27 20 11 109 20 18 Giudizi positivi generali: Il servizio è buono/discreto/ottimo/continuare così Nessuno 7 6 4 3 6 7 6 7 6 Scortesia Aspetti riguardanti i locali e la logistica Orari e organizzazione udienze Poco personale Riduzione della tempistica nell’espletamento dei servizi e dei tempi di attesa Migliorare la segnaletica Occorre maggiore vigilanza del personale 5 4 Giudizi negativi generali: Scarso/ Migliorare l’organizzazione e gli orari nelle udienze 2 2 4 3 Incompetenza Mancanza di climatizzazione 3 2 Mancanza di aria condizionata Il personale è disponibile 2 1 3 2 1 File in alcuni servizi Molti Altro 2 1 Migliorare l’ordine nelle cancellerie Occorre un sistema preminate per il personale Altro 1 1 Gentilezza Efficienza 9 7 Preparazione Tempi di espletamento servizi e tempi di attesa Cordialità Capacità di risolvere i problemi Servizi telematici Corridoi puliti Tutto Altro tervista e 58 compilati on line. Analisi dei dati Dall’analisi dei dati emerge un buon grado di soddisfazione generale: infatti il 35% degli utenti si ritiene “molto soddisfatto” ed il 27% “abbastanza soddisfatto” della qualità dei servizi offerti; a fronte del dato di coloro i quali (12,5%) esprimono un giudizio neutro, “né soddisfatti né insoddisfatti” e del restante 25% degli intervistati che ha espresso giudizi negativi (poco o per niente soddisfatto). In particolar modo il 70% degli intervistati premia la cortesia e la disponibilità del personale degli uffici contro un 25% che lo giudica poco efficiente. Il grado di soddisfazione degli utenti, emerso dallo studio, risulta soddisfacente. Tra gli aspetti positivi maggiormente messi in evidenza, oltre quelli scritti precedentemente, emerge la capacità di risoluzione dei problemi da parte del personale, che si scontra invece con gli aspetti negativi, quali l’esiguità numerica, l’organizzazione delle udienze con tempi lunghi di attesa. marzo/aprile 2012 10 Commento in generale Vuoto Maggiore informatizzazione e maggiore utilizzo dei servizi on-line Aumento personale I risultati esposti sono solo i primi dati emersi dalla ricerca e costuiscono solo un primo passo verso un percorso di miglioramento continuo al quale bisogna tendere, per riuscire ad individuare successivamente i punti di forza da potenziare e i punti di debolezza sui quali intervenire. ramento, di cui il presente contributo è uno sviluppo metodologico. 4 Per elemento intendiamo il sotto-sistema più elementare di un sistema. Una ulteriore sua scomposizione gli farebbe perderebbe le caratteristiche di sistema. Nel caso del Sistema Formativo gli “elementi” sono costituiti dalle singole Istituzioni Scolastiche ■ NOTE 5 “durevole”, come da ISO 9004 1 Savatore La Rosa - Prof. Ordinario di Statisti- 6 O “contesto”, come da ISO 9004 ca Aziendale e Controllo della Qualità nel- 7 Il governo Monti in carica ha mutato la de- 2 l'Università di Palermo - Vicepresidente nominazione del Ministero nel Modo se- AICQ-Sicilia - [email protected] guente: Ministero per la pubblica ammini- Viviana Catania - Dottore di Ricerca in Psicologia Clinica, Università di Lecce - Mem- 3 strazione e semplificazione 8 Sul sito ReQuS la rete per la Qualità nella bro del Consiglio Direttivo Aicq-Sicilia con Scuola è disponibile la versione del CAF riferimento al settore Education - vivianaca- (Common Assessment Framework) adattato [email protected] alla Scuola. Notizie su esperienze della sua Per un aggiornamento sullo stato dell’arte applicazione in istituti scolastici si trovano della Qualità negli istituti scolastici vedi l’in- nei due seguenti contributi: Caterina Pasqua- serto nel numero 3/2011 delle “Rivista dell’i- lin, Roberto Chiaretto, Non solo ISO: autova- struzione – Scuola e autonomie locali” cura- lutazione e CAF e Alfio Pelli, Qualità e certi- to da P. Senni Guidotti Magnani, La qualità ficazione: il modello Toscano, entrambi in per l’Education. Oltre agli articoli citati nelle “Rivista dell’Istruzione Scuola e autonomie note seguenti vi è compreso anche l’articolo di F. De Cillis, Incentivi, performance, miglio- continua a pagina 27 www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 21 21 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ te m a >> Francesco Taurasi di cui all’art. 71 del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro Tecnologo INAIL area ex ISPESL Diego Cerra Presidente Comitato Salute e Sicurezza Aicq Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi È stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 24/1/12 il decreto interministeriale del 20 gennaio 2012 concernente il differimento - dal 24/1/2012 di ulteriori 120 giorni - dell’entrata in vigore del decreto 11 aprile 2011: in seguito a questo ulteriore rinvio il dm entrerà in vigore il 23 maggio 2012. Comunque, si ricorda che ai sensi dell'art. 71, comma 11, del d.lgs 81/2008 (testo unico), il datore di lavoro è obbligato a sottoporre le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato vii a verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nell’allegato. titolare della prima verifica, è l'inail (che ha assorbito le funzioni dell’ex ispesl), mentre ricade in capo alle asl la titolarità delle verifiche periodiche successive. Premessa La legislazione nazionale per l’esercizio, sia di macchine e impianti per operazioni di sollevamento materiali e persone, che per apparecchi a pressione ha sempre previsto l’obbligo di controlli e verifiche periodiche e straordinarie, in considerazione delle potenziali conseguenze in caso di malfunzionamento o collasso delle stesse. L’art. 71 del D.Lgs 81/08 e smi prevede che le attrezzature di lavoro siano installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso e oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei www.aicq.it requisiti di sicurezza. Oltre alle operazioni di controllo e manutenzione previsti dal costruttore, il comma 11 del D.Lgs 81/08, prevede che il datore di lavoro sottoponga le attrezzature di lavoro riportate in "ALLEGATO VII" a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Il D.M. 11 aprile 2011 si compone di 6 articoli e 4 allegati, dà attuazione al comma 13 per l'effettuazione delle verifiche periodiche di cui al comma 11 dell’articolo 71 del D.Lgs 81/08 e disciplina: ✎ le procedure di denuncia e le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche cui sono sottoposte le attrezzature di lavoro definite all'allegato VII del D.Lgs 81/2008; ✎ i criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati che possono coadiuvare gli organismi pubblici INAIL (che ha assorbito le funzioni dell’ex ISPESL) ed ASL nell’esecuzione di tali verifiche. Il nuovo termine per l’entrata in vigore del citato D.M. 11/04/2011 è differito al 23/05/2012 ad eccezione dell’Allegato III, concernente le modalità per l’abilitazione, il controllo ed il monitoraggio dei soggetti pubblici e privati incaricati delle verifiche, già in vigore dal 30/04/2011. Salvo ulteriori proroghe, da tale date sarà attivo il nuovo sistema «pubblico/privato» delle verifiche iniziali e periodiche delle attrezzature di lavoro. Modalità per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati I soggetti abilitati, pubblici o privati, devono essere in possesso dei requisiti riportati nell'allegato I. Le modalità per l'abilitazione, il controllo e il monitoraggio dei soggetti di cui all'allegato I sono definite nell'allegato III al decreto in esame, il quale definisce: ✎ le modalità di presentazione della domanda al Ministero del Lavoro, suoi contenuti e documenti richiesti ✎ la procedura di abilitazione ✎ le condizioni e validità dell’autorizzazione ✎ le relative verifiche. Per chiarire alcuni aspetti relativi alle istanze di iscrizione, con riferimento al punto 1.1. dell’allegato III, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato la Circolare n. 21/2011 dell’8 agosto 2011. Va, inoltre, sottolineato che i soggetti pubblici o privati abilitati dovranno tenere un registro informatizzato che contenga sia copia dei verbali delle verifiche effettuate sia ulteriori dati, la data della successiva verifica periodica, il tipo di attrezzatura, marzo/aprile 2012 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 22 te m a 22 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ etc. Il registro dovrà essere trasmesso trimestralmente per via telematica all’INAIL o alla ASL, per consentire la rispettiva attività di controllo e monitoraggio. All’articolo 6 sono riportati alcuni decreti che continuano a rimanere in vigore: a) Decreto ministeriale 29 febbraio 1988; b) Decreto ministeriale 23 settembre 2004; c) Decreto ministeriale 17 gennaio 2005; d) Decreto ministeriale 1° dicembre 2004, n. 329. Viene anche stabilito che i regimi già adottati dalle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano sono ancora validi. Il comma 12 dell’articolo 71 del D.Lgs 81/2008, prevede che INAIL e ASL per l’effettuazione delle rispettive verifiche nei tempi imposti dal decreto, possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati che acquisiscono la qualifica di “incaricati di pubblico servizio” e che rispondono alla struttura pubblica titolare della funzione. Il D.M. 11 aprile 2011, precisa che titolare della prima verifica, da effettuarsi nel termine di 60 giorni dalla richiesta, è l'INAIL, mentre ricade in capo alle ASL la titolarità delle verifiche periodiche successive, da effettuarsi nel termine di 30 giorni dalla richiesta da parte del datore di lavoro. Poiché la capacità organizzativa degli enti preposti è disomogenea sul territorio è previsto che l'INAIL e le ASL, possono provvedere alle verifiche anche mediante accordi tra di loro o con le Direzioni Provinciali del Ministero del Lavoro (DPL) oppure avvalersi di soggetti terzi abilitati. A tal proposito il comma 4 dell’articolo 2 del DM stabilisce che presso l’INAIL e presso le ASL è istituito un elenco di soggetti abilitati, pubblici o privati, di cui i titolari della funzione si possono avvalere. La scelta del soggetto pubblico e privato viene fatta dal datore di lavoro all'atto della richiesta di verifica. Procedure di denuncia prevista dal D.M. 11 aprile 2011 Messa in servizio Il datore di lavoro che mette in servizio un’attrezzatura di lavoro fra quelle riportate nell'allegato VII del D.Lgs 81/2008, ne dà immediata comunicazione all'INAIL per consentire la gestione della relativa ban- marzo/aprile 2012 > Fig 1 - Sequenza Verifiche Periodiche ca dati. L’INAIL assegna all'attrezzatura un numero di matricola e lo comunica al datore di lavoro. La prima delle verifiche periodiche va richiesta all’INAIL, almeno 60 giorni prima della data di scadenza del termine per l'esecuzione della prima verifica periodica, come stabilito nell’allegato VII del DLgs 81/08, indicando il luogo presso il quale è disponibile l'attrezzatura, e anche il nominativo del soggetto abilitato, pubblico o privato, presente nell’elenco INAIL, di cui intende avvalersi qualora l’ente non possa effettuare la verifica direttamente. Entro 60 giorni dalla richiesta, l’INAIL può effettuare direttamente la verifica (anche mediante accordi con le ASL o con le DPL) o avvalersi del soggetto segnalato dal datore di lavoro. Trascorsi i 60 giorni senza che l’INAIL abbia proceduto alla verifica, il datore di lavoro può far effettuare la verifica da qualsiasi soggetto abilitato presente nell’elenco Ministeriale comunicando all’INAIL stesso il nominativo del verificatore. Per le verifiche periodiche successive alla prima, il datore di lavoro richiede la verifica alla ASL di competenza, comunicando, anche in questo caso, il luogo presso il quale è disponibile l’attrezzatura, almeno 30 giorni prima della scadenza del termine per l’esecuzione della verifica, ed il nominativo del soggetto abilitato, pubblico o privato (presente nell’elenco ASL) di cui intende avvalersi qualora l’ente non possa effettuare la verifica direttamente. L’ASL può, quindi, entro 30 giorni effettuare direttamente la verifica (anche me- diante accordi con l’INAIL o con la DPL) o avvalersi del soggetto segnalato dal datore di lavoro. Trascorsi i 30 giorni, senza che l’ASL abbia proceduto alla verifica il datore di lavoro può far effettuare la verifica da qualsiasi soggetto abilitato, presente nell’elenco Ministeriale, comunicando all’ente stesso il nominativo del verificatore. Di seguito, in Fig. 1, è riportato uno schema riepilogativo del flusso delle verifiche periodiche. Ricordiamo che le violazioni dell’art. 71, comma 11, del D.Lgs 81/08 sono sanzionate in via amministrativa (art. 87). Evidenziamo, inoltre, che l’allegato II del D.M. 11/04/2011 prevede che eventuali violazioni riferite sia alla prima verifica che a quelle periodiche, siano comunicate all’organo di vigilanza presente sul territorio. Definizione di verifica periodica La verifica periodica è finalizzata a: ✎ identificare l’attrezzatura di lavoro, ✎ accertare la conformità alle modalità di installazione previste dal fabbricante nelle istruzioni d'uso - che la configurazione dell’attrezzatura di lavoro sia tra quelle previste nelle istruzioni d’uso redatte dal fabbricante, verificare la regolare tenuta del registro di controllo, ove previsto dai decreti di recepimento delle direttive comunitarie pertinenti o negli altri casi, dalle registrazioni di cui all’articolo 71, comma 9 del D.Lgs 81/08, ✎ controllare lo stato di manutenzione e conservazione, www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 23 ❙ Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi ❙ ✎ effettuare le prove di funzionamento Modalità di effettuazione delle verifiche periodiche Le verifiche sono onerose e le spese per l`effettuazione sono a carico del datore di lavoro. Le modalità per effettuare le verifiche periodiche sono definite nell’allegato II del D.M. 11 aprile 2011. L’allegato individua, in primo luogo, il proprio campo di applicazione. A questo fine, le attrezzature di lavoro di cui all’all. VII del DLgs 81/08 vengono suddivise nei gruppi SC, SP e GVR. APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO MATERIALI E PERSONE (Gruppo SC e SP) Gruppo SC - Apparecchi di sollevamento materiali non azionati a mano ed idroestrattori a forza centrifuga a) Apparecchi mobili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg b) Apparecchi trasferibili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg c) Apparecchi fissi di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg d) Carrelli semoventi a braccio telescopico e) ldroestrattori a forza centrifuga Gruppo SP - Sollevamento persone a) Scale aree ad inclinazione variabile b) Ponti mobili sviluppabili su carro ad azionamento motorizzato c) Ponti mobili sviluppabili su carro a sviluppo verticale azionati a mano d) Ponti sospesi e relativi argani e) Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne www.aicq.it f) Ascensori e montacarichi da cantiere Il decreto D.Lgs 106/2009, correttivo del D.Lgs 81/08, ha introdotto l’obbligo di verifica anche per i carrelli semoventi a braccio telescopico, le piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne, gli ascensori e montacarichi di cantiere con cabina/piattaforma guidata verticalmente e gli idroestrattori a forza centrifuga. In particolare per i suddetti apparecchi se già messi in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, la richiesta di prima verifica costituisce adempimento obbligatorio di comunicazione all’INAIL. Il D.M. 11.4.2011 ha reso obbligatoria per le attrezzature di lavoro, in particolare per le gru mobili, le gru trasferibili e i ponti sviluppabili su carro ad azionamento motorizzato, che superano i 20 anni di età l'indagine supplementare, cioè una verifica strutturale finalizzata ad individuare eventuali vizi, difetti o anomalie, nonché a stabilire la vita residua in cui la macchina potrà ancora operare in condizioni di sicurezza con le eventuali relative nuove portate nominali (ALLEGATO II - punto 3.2.3. - indagini supplementari di cui al punto 2, lettera c). La novità è che tale indagine supplementare dovrà essere esibita dal datore di lavoro al funzionario addetto alla verifica periodica, e non prescritta da quest'ultimo. IMPIANTI A PRESSIONE (Gruppo GVR) a) Attrezzature a pressione: 1. Recipienti contenenti fluidi con pressione maggiore di 0,5 bar; 2. Generatori di vapor d'acqua; 3. Generatori di acqua surriscaldata; 4. Tubazioni contenenti gas, vapori e liquidi; 5. Generatori di calore alimentati da combustibile solido, liquido o gassoso per impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calcia sotto pressione con temperatura dell’acqua non superiore alla temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica, aventi potenzialità globale dei focolai superiori a 116 kW (D.M. 1-12-75 e specifica tecnica applicativa raccolta R - verifica con frequenza quinquennale); 6. Forni per le industrie chimiche e affi- ni; b) Insiemi: assemblaggi di attrezzature da parte di un costruttore certificati CE come insiemi secondo il decreto legislativo n. 93 del 25 febbraio 2000. La Direttiva 97/23/CE (denominata PED e recepita con il D.Lgs 93 del 2000) riguarda solo la costruzione e non l’esercizio delle apparecchiature a pressione, che resta di competenza dei Paesi membri; per quanto attiene all’installazione, utilizzo e manutenzione delle stesse si fa riferimento ai disposti normativi disciplinati dal D.Lgs. 93/2000, dal D.M. 329/2004 e dal D.Lgs. 81/08. Gli artt. 4 e 6 del D.M. 329/2004 disciplinano la verifica di primo impianto (o di controllo della messa in servizio) e gli obblighi della messa in servizio con la relativa dichiarazione. Eseguita la verifica di primo/nuovo impianto, di cui all’art. 4 del D.M. 329/2004, l’utilizzatore è tenuto, all’atto della messa in esercizio dell’attrezzatura/insieme, ad inviare una dichiarazione di messa in servizio, all’INAIL area ex ISPESL ed all’ASL, competenti territorialmente, corredata da una serie di documenti tecnici citati all’art. 6 del D.M. 329/2004, fra cui il verbale di verifica di primo impianto (ove previsto), una relazione tecnica, con lo schema dell’impianto recante le condizioni d’installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate. Il D.M. 329/2004 individua inoltre: ✎ gli apparecchi esclusi dalla applica- zione del Decreto (art. 2) ✎ le categorie di attrezzature ed insiemi che non necessitano di verifiche obbligatorie di primo impianto (art. 5); ✎ gli intervalli di tempo delle verifiche di riqualificazione periodica delle attrezzature; ✎ le esenzioni dalla riqualificazione periodica (art. 11). Tra le attrezzature ed insiemi a pressione per i quali non si deve dichiarare la messa in servizio figurano: ✎ i recipienti a pressione aventi capacità fino a 25 litri e, se con pressione minore o uguale a 12 bar, aventi capacità fino a 50 litri; ✎ le attrezzature a pressione di cui all’articolo 3 comma 3 del D. Lgs. marzo/aprile 2012 te m a dell’attrezzatura di lavoro e di efficienza dei dispositivi di sicurezza e di controllo. La prima verifica periodica è la prima delle verifiche periodiche e prevede, oltre agli adempimenti descritti, la compilazione della scheda tecnica di identificazione dell'attrezzatura di lavoro al fine di assicurare un riferimento per le verifiche periodiche successive che costituirà parte integrante dell’attrezzatura di lavoro, secondo la modulistica riportata in allegato IV de D.M. 11/04/2011. Le verifiche periodiche successive alla prima, sono effettuate con le stesse modalità della prima verifica e con la periodicità indicata nell’allegato VII del D.Lgs. 81/08. 23 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 24 9:29 Pagina 24 ❙ Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi ❙ te m a 93/2000; ✎ le attrezzature a pressione standard di cui all’articolo 1 comma 3 lettera a) del D.Lgs. 93/2000; ✎ le tubazioni con DN minore o uguale a 80. Gli accessori di sicurezza sono esclusi dalla dichiarazione di messa in servizio di primo impianto, in quanto vengono acquisiti nel corso della verifica dell'attrezzatura a pressione cui sono destinati o con cui sono collegati e seguono la stessa periodicità. L'installazione di valvole di intercettazione sull'entrata e sull'uscita dei condotti delle valvole di sicurezza è consentita qualora non in contrasto con quanto indicato nelle istruzioni per l'uso, su motivata richiesta del datore di lavoro in particolare nel caso di fluidi infiammabili, tossici, corrosivi o comunque nocivi. Le valvole di intercettazione devono essere piombate in posizione di apertura a cura dell'INAIL o delle ASL ai quali vanno segnalate tempestivamente le manovre che abbiano comportato manomissioni del sigillo. Classificazione attrezzature a pressione Il D.M. 329/2004 prevede che le attrezzature a pressione, rientranti nel campo di applicazione del decreto, debbano essere classificate in relazione alle categorie, da I a IV, definite nell’Allegato II del D.Lgs 93/2000. Tale classificazione è effettuata dall’utilizzatore anche per le attrezzature in uso prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 93/2000, tenendo conto della tipologia di attrezzatura, del valore della pressione massima ammissibile, dell'entità delle dimensioni V (Volume del recipente) o DN (tubazioni), inoltre ai fini della classificazione i fluidi sono suddivisi nei seguenti due gruppi: a. Gruppo 1: comprendente fluidi pericolosi (cioè sostanze o preparati definiti dall’art. 2 comma 2 del D.Lgs. 52/97 e smi come “esplosivi”, estremamente infiammabili, facilmente infiammabili, infiammabili, altamente tossici, tossici, comburenti. b. Gruppo 2: comprendente tutti gli altri fluidi non elencati alla lettera a). Per verifiche di riqualificazione periodica, secondo il DM 329/04, sono da intendersi sia le verifiche periodiche di funziona- marzo/aprile 2012 mento, che le verifiche di integrità decennale. Inoltre, è possibile effettuare ispezioni alternative e con periodicità differenti da quelle elencate nelle tabelle di cui agli allegati A e B, ma tali da garantire un livello di sicurezza equivalente, secondo le prescrizioni indicate al comma 5 dell’art. 10 del DM 329/04. La frequenze delle verifiche periodiche dei recipienti a pressione viene stabilita in base alla classificazione attribuita in fase di verifica di primo impianto o dal costruttore; la cadenza è regolamentata dalle tabelle allegate al D.M. 329/04 ed inserite anche nell’allegato VII del D. Lgs 81/08. Verifica di integrità decennale È comunque prevista per tutti i recipienti la verifica decennale di integrità strutturale che, consiste nell’accertamento dello stato di conservazione delle varie membrature mediante esame visivo delle parti interne ed esterne accessibili ed ispezionabili, nell’esame spessimetrico ed altre eventuali prove, eseguite da personale adeguatamente qualificato incaricato dal datore di lavoro. Quando l'attrezzatura presa in esame ha caratteristiche tali da non consentire adeguate condizioni di accessibilità all'interno o risulta comunque non ispezionabile esaustivamente, l'ispezione è integrata, limitatamente alle camere non ispezionabili, con una prova di pressione a 1,125 volte la pressione massima ammissibile, che può essere effettuata utilizzando un fluido allo stato liquido. Per le tubazioni la verifica di integrità non comporta obbligatoriamente né la prova idraulica né l’esame visivo interno, ma opportuni controlli non distruttivi per l’accertamento della integrità. Per i serbatoi criogenici con intercapedine isolante sottovuoto non soggetti ad azione interna di corrosione o di abrasione o di erosione, la verifica d’integrità consiste in una prova pneumatica, di norma mediante lo stesso gas contenuto, alla pressione di 1.1 volte la «pressione massima ammissibile» ed in una prova di ermeticità al vuoto. Se su un’attrezzatura/insieme/impianto sono presenti tubazioni che per loro caratteristiche rientrano nel campo di applicazione del DM. 329 e/o recipienti per liquidi e mai assoggettati ad omologazioni o controlli di legge, deve essere assolto l’obbligo di denuncia all’INAIL, come previsto dell’art. 16 del DM. 329/04. I generatori di vapore ed acqua surriscaldata, fatta eccezione di quelli esclusi e quelli esonerati parzialmente o totalmente (D.M. 21/5/74), dovranno essere condotti in maniera continua da personale qualificato, ovvero in possesso di patentino di abilitazione (D.M.1/3/1974), in funzione della producibilità e della superficie di scambio del generatore. La sorveglianza senza assistenza continua si applica a tutti i generatori che sono stati concepiti per un esercizio senza assistenza continua di persona addetta. Il “manuale d’uso e manutenzione” deve esplicitamente indicare che il generatore è stato progettato ed accessoriato per operare con questa modalità. Le caratteristiche dell'acqua di alimentazione e dell’acqua di caldaia devono soddisfare le caratteristiche definite nel “manuale d’uso e manutenzione” oppure in mancanza dalle norme tecniche applicabili. Per le attrezzature che lavorano in condizioni di regime tali per cui possono esserci significativi fenomeni di scorrimento viscoso o di fatica oligociclica, si osservano le prescrizioni tecniche vigenti in materia. Le autorizzazioni all’ulteriore esercizio vengono rilasciate dall’INAIL sulla base della valutazione effettuata dal datore di lavoro. E’ facoltà dell’utilizzatore prevedere frequenze di verifica più cautelative anche per una più omogenea organizzazione aziendale. Conclusioni Nel merito il decreto definisce in modo dettagliato le modalità di effettuazione della prima verifica e di quelle periodiche, anche nelle ipotesi in cui INAIL ed ASL non ritengano di poterle effettuare direttamente. Riferimenti bibliografici 1. DLgs 9 aprile 2008 , n. 81 e s.m.i. 2. Decreto 11 aprile 2011. G.U. n. 98 del 29 aprile 2011. 3. Francesco Taurasi. Verifiche Periodiche. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro. Gennaio 2012. www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 25 25 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ Coordinatore Gruppo di Lavoro” Formazione” del Comitato Salute e Sicurezza Alessandro Cafiero Responsabile Settore Nazionale AIF Formazione e Sicurezza Accordo Stato-Regioni per percorsi formativi conformi Quale formazione per i lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro ma anche requisiti più chiari per il formatore L’accordo Il 21 dicembre 2011 la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome ha approvato l’accordo sulla formazione che, al di là di eventuali criticità che saranno evidenziate in seguito, fanno ben sperare in un più chiaro futuro per la qualità e l’efficienza della formazione per la sicurezza in Italia, oltre che ad una più elevata consapevolezza dell’importanza della formazione per la prevenzione. L’Accordo riguarda le attività formative per: ✎ il datore di lavoro per lo svolgimento diretto dei compiti di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi (RSPP), ai sensi dell'art. 34 (commi 2- 3) del D.Lgs n. 81/2008, regolando contenuti, articolazioni, modalità di compimento del percorso formativo e l’aggiornamento da svolgere, nei casi previsti dal decreto stesso, per i compiti propri del servizio; ✎ i lavoratori e lavoratrici, ai sensi dell'art. 37 (comma 2) del D.Lgs n. 81/2008, definendo durata, contenuti www.aicq.it minimi, modalità della formazione e aggiornamento come definiti all’art. 2 (comma 1 lettera a) dei preposti e dei dirigenti, nonché la formazione facoltativa dei soggetti di cui all’art. 21 (comma 1) del medesimo decreto. Queste nuove regole completano il quadro avviato con l’Accordo Stato-Re- gioni del gennaio 2006 e non vanno considerate solo come adempimento sostanziale degli art. 34 e 37 del D. Lgs. n. 81, ma un punto di partenza per intendere nuove modalità della formazione nella sicurezza sul lavoro. In effetti l’accordo: ✎ pone attenzione ai fattori più critici (nuove assunzioni, variazione di mansione, cambiamento dei processi produttivi) e alla specificità di ogni settore, in modo che la formazione di ciascun soggetto sia coerente con i fattori di rischio a cui è realmente esposto; ✎ colma un vuoto che, nella formazio- > Fonte AIFOS marzo/aprile 2012 te m a >> Umberto Gelati AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 26 26 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ te m a frequentare le attività (costi della formazione e costi di mancata produttività). Ma, in relazione a infortuni e morti sul lavoro, è doveroso riscontrare il positivo rapporto costi/benefici al cospetto di una migliore formazione che, per le imprese, determina meno incidenti e sgrava i costi della scarsa sicurezza. La formazione dei datori di lavoro > Fonte AIFOS > Fonte AIFOS ne dei lavoratori, fino ad oggi ha generato molta confusione con differenti interpretazioni e attuazioni (più o meno serie) e dando origine ad attività formative con contenuti, durata e metodologie le più differenti e, senz'altro, fra loro disomogenee. L’Accordo riporta in allegato la suddivisione delle imprese (in base al Macrosettore Ateco) con 3 livelli di rischio (basso, medio, alto). Se aumenta il livello di rischio, la richiesta dell’impegno formativo cresce e vale per tutti l’obbligo di aggiornare, nel quinquennio, le proprie competenze. Inoltre, nella loro lettura si nota immediatamente un presupposto fondamentale che consiste in una chiara e precisa avvertenza negli approcci: non va assolutamente mescolata l’attività di informazione con quella di formazione e addestramento. Viene chiarito che l’informazione è regolata dall’art. 36 del D. Lgs. n. 81/2008 e non va confusa con la forma- marzo/aprile 2012 zione i cui percorsi sono definiti dagli stessi Accordi. Inoltre, viene precisato che si tratta della formazione di cui all’art. 37 del D. Lgs. 81/2008, ovvero quella prevista dal Titolo I del decreto, mentre, qualora il lavoratore svolga lavorazioni e utilizzi attrezzature di cui agli altri Titoli del decreto, vanno previsti ulteriori e disgiunti percorsi formativi. Pertanto, anche l’addestramento va praticato in seguito e non è conglobabile con la formazione. Certamente ciò non è un sofisma e dimostra per la formazione agìta un approccio responsabile e consapevole che non si rapporta solo al mero e formale conseguimento di un attestato ma, se integralmente attuato dall’impresa, costituisce un modello innovativo di grande rilievo e valore. Questo nuovo modello formativo comporta, sicuramente, un maggior n. di ore e di corsi da realizzare e una prima critica da parte delle imprese riguarderà, senz’altro, i costi da affrontare per Le nuove modalità formative per lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro stabiliscono un rapporto più equo nei confronti del ruolo e delle funzioni svolte dal “RSPP-lavoratore”. Infatti, era difficile giustificare come un RSPP-lavoratore per lo svolgimento di tale incarico dovesse realizzare, giustamente, un percorso formativo (Modulo A, B, C) di complessive 112 ore, mentre al datore di lavoro per svolgere le medesime funzioni ne bastavano 16. Vengono fissati, in base alla suddivisione dei rischi aziendali, diversi livelli formativi, articolando i corsi nei 3 diversi ambiti di rischio (basso, medio, alto). Inoltre, i contenuti dei 4 moduli del percorso formativo (pur differenti nelle ore di formazione a seconda del livello di rischio) sono uguali per tutti, a significare la necessità, da parte del datore di lavoro, di non omettere o sopprimere nessuno di questi contenuti. La formazione di lavoratori, preposti e dirigenti L’Accordo prevede per tutti i Lavoratori un percorso formativo articolato in 2 sequenze: ✎ formazione generale, uguale e obbligatoria per tutti i lavoratori di tutti i settori di attività economica; ✎ formazione specifica, successiva alla precedente e articolata in corsi con un numero di ore definite sulla base della classe di rischio (basso, medio, alto) dell’impresa interessata. Per quanto concerne la formazione del Preposto, questa è una logica e addizionale conseguenza della formazione www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 27 ❙ Accordo Stato-Regioni per percorsi formativi conformi ❙ Individuazione e valutazione dei rischi; Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori. L’Accordo, che costituisce certamente un positivo passo in avanti, segnala due delicate questioni: quella connessa all’impatto con l’impresa e quella relativa alla qualificazione della figura del formatore. Per quanto riguarda la prima si può ipotizzare: ✎ un’opposizione sul complessivo maggior peso delle ore di formazione da svolgere, innanzitutto in questa situazione congiunturale, in relazione agli aspetti organizzativi ed economici che la vincolano; ✎ un avvilimento da parte dei datori di lavoro-RSPP nell’impegno formativo, continua da pagina 14 possono scaturire azioni correttive tali da consentire il raggiungimento di miglioramenti significativi. Ed è solamente questo confronto che può legittimare la valutazione della performance e la conseguente assegnazione di incentivi premiali. Inoltre, lo sviluppo di tale circuito virtuoso alimenterebbe la motivazione di ogni individuo che, in quanto parte di una squadra, sentirebbe di aver contribuito positivamente al raggiungimento degli obiettivi. > Fonte AIFOS tiva di risultati senza alcun effetto di miglioramento dell’attività gestionale. D’altra parte, è solo dal costante confronto in itinere tra obiettivi e risultati che Alcune riflessioni continua da pagina 20 continuo: Vito Infante, Qualità e scuola: sul- 11 locali”, Maggioli Editore Rimini, n. 3 - 2011 9 l’Istruzione Scuola e autonomie locali”, S - servizi, A – apprendimenti, P – pari op- Piano Offerta Formativa, obbligatorio in ogni Istituzione Scolastica le strade del miglioramento, in “Rivista del12 Insegnanti che si candidano e vengono elet- Maggioli Editore Rimini, n. 3 - 2011 ti a particolare funzioni non di insegnamen- OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e to curriculare (es. Handicap, Qualità, POF, mento, sperimentazione, I – integrazione lo Sviluppo Economico) – PISA (Programme ecc.). In genere coordinano delle Commis- con le scuole, con il territorio e con l’Euro- for International Student Assessment), INVAL- sioni specifiche e vengono brevemente indi- pa. Il seguente articolo ne fornisce filosofia SI Istituto nazionale per la valutazione del si- cate come FS. In ogni IS c’è un budget fisso ispiratrice nell’ambito del miglioramento stema educativo di istruzione e di formazione da spalmare sulle FS prescelte. portunità, E – etica, R – ricerca, aggiorna- www.aicq.it 10 marzo/aprile 2012 te m a dei lavoratori. Infatti il preposto, in quanto lavoratore, dovrà svolgere la formazione generale e in seguito la formazione specifica. Successivamente, dovrà acquisire la particolare formazione aggiuntiva prevista per tutti coloro che svolgono tale ruolo. Infine, la spinosa e articolata questione della formazione dei Dirigenti. Tale ambito di attività rientra senz’altro nell’Accordo in quanto il D. Lgs. 106/2009 ha perfezionato l’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 (comma 7) inserendo la figura del Dirigente tra i soggetti ai quali il datore di lavoro deve far svolgere la formazione. Il programma, che avvicenda quello previsto per i lavoratori, è uguale per tutti e si articola in 4 moduli: Giuridico - normativo; Gestione e organizzazione della sicurezza; con la probabile ricerca di tale figura all’esterno “anestetizzando” l’attenzione interna sui temi della sicurezza. Per quanto riguarda la seconda ci si può attendere: ✎ il manifestarsi, con sempre meno garanzie, di formatori e strutture formative che si proporranno su ciò che viene considerato un “business” (compresa la vendita di pacchetti formativi on-line); ✎ l’elaborazione (in tempi brevi) dei criteri di qualificazione del formatore per la salute e la sicurezza sul lavoro da parte della Commissione Consultiva (compito previsto dall’art. 6 del D. Lgs. 81/2008). In effetti, forse, questa era già una buona occasione per emanare tale provvedimento, tenendo anche conto che non è necessario il passaggio in Conferenza Stato Regioni. Inoltre, per maggiore chiarezza sarebbe auspicabile un intervento della Commissione per elaborare delle Linee Guida sulla composizione dei pacchetti formativi in funzione dei rischi differenziati. Esistono, infatti, molte realtà nelle quali si possono rilevare aree a Rischio Basso (ad esempio uffici) e altre aree a Rischio Medio o Alto come magazzini, officine, ecc. Queste linee guida contribuirebbero a focalizzare le reali necessità e rendere, senz’altro, la formazione più efficace. 27 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 28 te m a 28 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ >> Diego Cerra Presidente del Comitato Salute e Sicurezza AICQ Formazione dei lavoratori e accordo Stato-Regioni Premessa L’Accordo Stato Regioni del 21.12.2011 di cui alla G.U. n. 8 del 11.01.2012 ha finalmente colmato una lacuna storica in termini di formazione “adeguata e sufficiente” per tutti gli attori della sicurezza portatori di posizioni di garanzia, ad eccezione del datore di lavoro, che potremmo già anticipare rimane l’unico ad avere il diritto all’ignoranza, pur avendo le responsabilità e gli oneri maggiori in termini di salute e sicurezza dei lavoratori. Pur avendo un’articolazione assolutamente contorta, l’accordo indica il percorso da seguire per ottemperare agli obblighi di formazione di cui all’art. 37 del D.Lgs 81/2008, almeno per quanto riguarda: ✎ la formazione generale dei lavoratori ✎ la formazione specifica in relazione al settore di appartenenza ✎ la formazione particolare dei preposti ✎ la formazione dei dirigenti Nel presente lavoro non si accennerà all’altro documento relativo all’Accordo Stato Regioni sempre della stessa data che tratta la formazione per i Datori di Lavoro che intendono svolgere direttamente il ruolo di RSPP di cui all’art. 34 del D.Lgs 81/2008. Il presente lavoro vuole solo condividere con gli associati alcune riflessioni e qualche schema esemplificativo. marzo/aprile 2012 Formazione dei lavoratori Il D.Lgs 81/2008 in realtà già distingue in modo chiaro e netto: ✎ l’informazione ✎ la formazione ✎ l’addestramento in relazione alla necessità di rendere competenti e consapevoli i lavoratori. E’ vero anche che l’informazione (art. 36 D.Lgs 81/2008) è un compito specifico del RSPP ed è ben definito nel T.U. cosa debba trattare; non è indicato come debba essere erogata lasciando quindi al datore di lavoro il ricorso a riunioni formative, distribuzione di opuscoli D. Lgs 81/2008 Articolo 36 - Informazione ai lavoratori 1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro; c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente. 2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. 3. <<omissis>> 4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo. www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 29 ❙ Formazione dei lavoratori e accordo stato regioni ❙ D. Lgs 81/2008 Articolo 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti 1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. D. Lgs 81/2008 Articolo 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti 3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente Decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’Accordo di cui al comma 2. informativi, newsletter aziendali, ecc.. Per quanto concerne la formazione, invece, è vero che l’art. 37 del D.Lgs 81/2008 precisa chiaramente che la formazione deve essere fornita dal datore di lavoro e precisa anche quali debbano essere gli argomenti; in particolare al comma 1 dell’art. 37 si parla prima di concetto di rischio e di diritti e doveri dei vari soggetti aziendali (lettera a) e poi di rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni, alle misure di prevenzione e protezione tipici del settore dell’azienda. In realtà non si parla ancora dell’entità del rischio per i lavoratori esposti, ma solo delle situazioni tipiche, caratteristiche. Alla lettera 2 del comma 1 dell’art. 37 viene indicato che la durata, i contenuti minimi e le modalità di erogazione saranno definiti da un Accordo in sede di www.aicq.it gennaio/febbraio 2012 Conferenza Stato Regioni entro dodici mesi dall’entrata in vigore del TU, ovvero entro il 2009; ecco quindi la pubblicazione degli accordi con due anni e mezzo di ritardo. Al comma 3 dell’art. 37 viene inoltre indicato che il datore di lavoro deve assicurare anche la formazione “sufficiente ed adeguata” in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del T.U.. E anche qui viene richiamato l’Accorso in oggetto per fissare l’entità del “adeguato” e “sufficiente”; quanto poi questa formazione possa essere ritenuta “sufficiente” di fronte ad un evento colposo è tutto da vedere. Ma in ogni caso adesso c’è un punto fermo, che indica cosa si può intendere per adeguato e sufficiente. L’accordo precisa tutti i criteri per organizzare la formazione precisando nei vari casi come procedere; l’accordo preci- sa altresì i programmi dei corsi e la durata. Viene precisato che la formazione deve essere suddivisa in: ✎ Formazione generale con rif. art. 37, comma 1, lettera a) ✎ Formazione specifica con rif. Art. 37, comma 1, lettera b), comma 3, comma 4 lettere a), b) e c): La formazione generale, della durata di 4 ore deve coprire i seguenti argomenti: ✎ Introduzione al concetto di rischio, danno: definizioni di cui al D.Lgs 81/2008 ✎ La valutazione del rischio: il concetto di rischio residuo o rischio accettabile. ✎ Differenza tra misure di prevenzione e misure di protezione ✎ Organizzazione della prevenzione aziendale: art. 15, misure generali di tutela ✎ Diritti, doveri e sanzioni per i vari soggetti aziendali: artt. 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26 del D.Lgs 81/2008 ✎ Organi di vigilanza, controllo e assistenza: ruolo dell'ASL, dell'INAIL, del Ministero del lavoro delle politiche sociali Mentre la formazione specifica, della durata variabile (4 ore -livello di rischio BASSO, 8 ore -livello di rischio MEDIO, 12 ore - livello di rischio ALTO) deve coprire i seguenti argomenti: ✎ Rischi infortunistici: meccanici generali, elettrici generali, macchine, attrezzature, cadute dall'alto, rischi da esplosione ✎ Rischi per la salute: rischi chimici, Nebbie - Oli -Fumi - Vapori - Polveri, Etichettatura, Rischi cancerogeni, rischi biologici, videoterminali, ✎ Rischi per la salute: rischi fisici, rumore, vibrazioni, radiazioni, microclima e illuminazione, Stress lavoro correlato, movimentazione manuale dei carichi, DPI ✎ Organizzazione del lavoro, Ambienti di lavoro ✎ Movimentazione merci (apparecchi di sollevamento, mezzi di trasporto) ✎ Segnaletica ✎ La gestione delle Emergenze: proce- marzo/aprile 2012 te m a D. Lgs 81/2008 Articolo 33 - Compiti del servizio di prevenzione e protezione 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) <<omissis>> b) <<omissis>> c) <<omissis>> d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) <<omissis>>; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36. 29 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 30 te m a 30 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ dure di esodo, antincendio, di primo soccorso ✎ Le procedure di sicurezza con riferimento al profilo di rischio specifico ✎ Incidenti e infortuni mancati ✎ Altri rischi Aspetto fondamentale è la costruzione del programma in relazione al settore in cui opera l’azienda, settori indicati secondo la classificazione ATECO del 2002 e del 2007. Da qui è stata costruita dal normatore una classificazione in termini “spannometrici” di categorie di rischio: si parla di azienda indicate con livello di rischio BASSO (es. Alberghi, Ristoranti), MEDIO (es. Trasporti, Istruzione), ALTO (es. Costruzioni, Lavorazioni Metalli). Viene anche detto che se un lavoratore non accede, anche solo sporadicamente, ai reparti produttivi, questi può seguire un percorso formativo da livello BASSO qualsiasi sia il settore dell’azienda. Formazione dei preposti Atteso che il datore di lavoro ha la facoltà di organizzare come crede la sua azienda, il TU identifica in questa figura fondamentale il garante della vigilanza sulle regole definite; va da se che in assenza di regole (leggi sistema di gestione) non c’è preposto. In ogni caso l’accordo precisa che l’applicazione dello stesso per la formazione dei preposti costituisce un modo corretto di interpretare il dettame legislativo di cui al comma 7 art. 37 D.Lgs 81/2008. Viene indicato di fornire ai preposti una formazione aggiuntiva, detta “particolare”, rispetta a quella per i lavoratori della durata di 8 ore e secondo un programma didattico che riprende quella dei lavoratori ed approfondisce alcuni argomenti degni di nota, quali ad esempio la gestione degli “infortuni mancati”, “le tecniche di comunicazione”, “modalità di esercizio della funzione di controllo….”. Formazione dei dirigenti Anche per i dirigenti (ricordiamo “dirigenti, intesi come coloro che organizzano il lavoro, ecc…- cfr art. 2 D.Lgs marzo/aprile 2012 D. Lgs 81/2008 Articolo 2 - Definizioni ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla Legge o dai Contratti collettivi di riferimento. D. Lgs 276/2003 Articolo 2 - Definizioni h) “enti bilaterali”: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità, l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento. 81/2008) viene sottolineata la facoltà del datore di lavoro di procedere anche con soluzioni alternative. Viene indicato un programma didattico comunque basato su 4 moduli formativi per 16 ore complessive, che tratta si: ✎ Aspetti giuridici ✎ Aspetti gestionali ed organizzativi ✎ Individuazione e valutazione dei rischi ✎ Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori Ruolo degli enti bilaterali Un altro fattore importante dell’accordo è la definizione delle modalità di attuzione del comma 12 dell’art. 37, che già precisava la opportunità di collaborazione con gli organismi paritetici. Viene indicata come obbligatoria la collaborazione con gli enti bilaterali e degli organismi paritetici. Viene precisato che il datore di lavoro “deve” organizzare i corsi di formazione per i lavoratori richiedendo la collaborazione preventivamente agli enti bilaterali o agli organismi pari- tetici, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale opera l’azienda. Ove la richiesta riceva riscontro occorre tener conto delle indicazioni ircevute; se invece alla richiesta non c’è seguito entro quindici giorni dall’invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione ed alla realizzazione delle attività di formazione. Ma come si fa a sapere se nel territorio esiste un ente bilaterale o un organismo paritetico per il settore dell’azienda? In realtà anche i fondi interprofessionali sono considerati enti bilateriali, anche se in realtà si tratta di soggetti privati a tutti gli effetti. In realtà ne esistono in tutti settori e sono trasversali alle attività. Questi enti sono sostenuti da contributi versati dalle aziende che pertanto dovrebbero sapere in anticipo quale organismo paritetico o ente bilaterale è competente nel suo settore/territorio. Per la creazione di un ente bilaterale o un organismo paritetico l’iter non è complesso; in attesa delle normative regionali, è necessario comunicare il possesso dei re- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 31 ❙ Formazione dei lavoratori e accordo stato regioni ❙ effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione da assumere oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; programmare l’aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del corso ha fatto già formazione secondo le previsioni normative preposto già assunto la formazione è antecedente al 10/1/2007 effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro il 10 gennaio 2013 la formazione è successiva al 10/1/2007 effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro 5 anni dalla formazione fatta immediatamente non ha fatto formazione secondo le previsioni normative il datore di lavoro ha chiuso un accordo con un soggetto erogatore abilitato ed i corsi sono stati formalmente e documentalmente approvati al 10/1/2012 chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018 Formazione generale con rif.art. 37, comma 1, lettera a): durata 4 ore Formazione specifica con rif. Art. 37, comma 1, lettera b), comma 3, comma 4 lettere a), b) e c): durata 4 ore (livello di rischio BASSO), 8 ore (livello MEDIO), 12 ore (livello ALTO) effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione da assumere oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; programmare l’aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del corso ha fatto già formazione secondo le previsioni normative lavoratore già assunto la formazione è antecedente al 10/1/2007 effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro il 10 gennaio 2013 la formazione è successiva al 10/1/2007 effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro 5 anni dalla formazione fatta il datore di lavoro ha chiuso un accordo con un soggetto erogatore abilitato ed i corsi sono stati formalmente e documentalmente approvati al 10/1/2012 quisiti previsti dalla legge al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, verificata la regolarità della comunica- www.aicq.it immediatamente non ha fatto formazione secondo le previsioni normative chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018 zione, entro 60 giorni iscrive tali soggetti nell'apposita sezione dell'albo delle agenzie per il lavoro Requisiti dei docenti Le caratteristiche dei docenti sono genericamente indicate come “docenti che marzo/aprile 2012 te m a Formazione base come lavoratori: durata 8 ore (livello di rischio BASSO), 12 ore (livello MEDIO), 16 ore (livello ALTO) Formazione particolare con rif. Art. 37, comma 7: durata 8 ore 31 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:29 Pagina 32 te m a 32 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ Formazione con rif. Art. 37, comma 7: durata 16 ore da assumere effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del corso non ha fatto alcun corso per dirigenti dirigente già assunto nulla è stato pianficato prima del 11/01/2012 avviare un corso subito da concludere entro il 10 luglio 2013; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018 il datore di lavoro ha chiuso un accordo con un soggetto erogatore abilitato ed i corsi sono stati formalmente e documentalmente approvati alla data del 11 gennaio 2012 chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018 il dirigente ha seguito un corso dopo il 14 agosto 2003 ed entro la data del 11 gennaio 2012 con contenuti conformi all'art. 3 del DM 16/01/97 (corso di 16 ore per datori di lavoro) programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data di effettuazione del corso il dirigente ha seguito un corso di formazione in accordo con il modulo A per RSPP e ASPP di cui all'accorso stato regioni del 26.01.2006 pubblicato il 14.02.02006 programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data di effettuazione del corso possono dimostrare di possedere esperienza almeno triennale di insegnamento o professionale in materia di salute e sicurezza del lavoro. L’esperienza professionale può consistere anche nello svolgimento per un triennio dei compiti del RSPP”. Criteri troppo generici? Sicuramente non appaiono dei criteri di qualifica. ✎ Parte della formazione per preposti Disposizioni transitorie formazione pregressa Sono presenti una serie di clausole che consento di riconoscere valida la formazione già fatta, o prevedere delle equivalenze tra percorsi formativi. Negli schemi seguenti sono riportati i casi possibili Metodologia di insegnamento/ apprendimento Cosa resta da fare E’ degno di nota il battesimo formale dell’e-learning che viene indicato come strumento per: ✎ La formazione generale dei lavoratori ✎ La formazione dei dirigenti ✎ I corsi di aggiornamento per i lavoratori, preposti e dirigenti La formazione indicata dall’Accordo Stato Regioni in realtà non copre l’addestramento, né la formazione specifica a valle della valutazioni dei rischi, di cui ai Titoli successivi al primo. Resta da fare la formazione e addestramento di cui a: Art. 45: formazione e addestramento marzo/aprile 2012 squadra primo soccorso DM 388/03 Art. 46: formazione e addestramento squadra antincendio DM 10.03.98 E per i lavoratori esposti Art. 73: l’uso di DPI e delle attrezzature (DPI III cat.) Art. 174: segnaletica Art. 169: Movimentazione Manuale dei Carichi Art. 177: Videoterminali Art. 184: agenti fisici Art. 195: rumore Art. 227: agenti chimici Art. 239: agenti cancerogeni Art. 257: amianto Art. 278: agenti biologici Art. 294-bis: atmosfere esplosive E comunque fornire la formazione “adeguata e sufficiente” che emerge come misura preventiva dall’esito della valutazione dei rischi. www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 33 RECAPITARE AUTOMATICAMENTE VIA E-MAIL STATISTICHE E INDICATORI (DELLA QUALITÀ MA NON SOLO) ci si deve presentare con le informazioni già pronte, non si ha ovviamente la certezza che gli utenti eseguano le opportune interrogazioni, e che quindi utilizzino la conoscenza che deriva dall’elaborazione delle informazioni. In altre parole, non si può essere sicuri che l’utente prema, al momento giusto, il pulsante che produce la statistica che gli è stata messa a disposizione (spesso impiegando una quantità consistente di tempo) e gli è stato chiesto di esaminare periodicamente. L’omissione di questo tipo di azione, per mancanza di tempo, mancanza di adeguate conoscenze, o semplicemente perché non se ne condivide l’utilità, è una situazione purtroppo molto frequente nelle aziende. Il risultato è che la grande quantità di informazioni di cui si parlava all’inizio risulta ampiamente inutilizzata. O, meglio, è utilizzata solo per quanto riguarda il lavoro di routine e non per il miglioramento dell’organizzazione. Questo nonostante il miglioramento e la valutazione di indicatori siano un requisito delle normative ISO 9000 e di altre dalla struttura analoga. La soluzione per ovviare alla “pigrizia” degli utenti è molto semplice: recapitare l’informazione “a domicilio” nella posta elettronica, che può essere consultata in qualsiasi momento da qualsiasi dispositivo (PC, telefono, tablet, ecc.). Per fare questo, QualiWare offre uno strumento molto potente e con ampie possibilità di configurazione: QualiWare Server Daemon, un servizio che consente la definizione di politiche di mailing per recapitare agli utenti, interni ed esterni, promemoria, statistiche e documenti. Le regole di generazione degli e-mail sono definibili in modo estremamente flessibile grazie alla possibilità di creare query su qualunque database (non solo quello di QualiWare ma anche altri disponibili in azienda, come ad esempio quello dell’E.R.P.) che specificano i destinatari, il soggetto e il testo del messaggio. E’ inoltre possibile allegare l’output di statistiche e grafici in formato PDF, nonché documenti presenti all’interno del sistema documentale. La tempistica di invio è totalmente configurabile, e può essere determinata anche dalla valutazione di specifiche condizioni (ad esempio situazioni di criticità come la presenza di non conformità non risolte). Per concludere, dividendo in 3 fasi il processo di gestione delle informazioni (in particolare dei Sistemi di Gestione come quelli per Qualità, Sicurezza e Ambiente): •Input → raccolta dati capillare, possibilmente effettuata laddove i dati nascono •Output → statistiche e report necessari per estrarre la conoscenza dalle informazioni •Delivery → recapito agli utenti al momento giusto secondo una politica predefinita, possiamo dire che QualiWare, grazie alla sua versatilità e completezza funzionale, rappresenta la soluzione ideale per implementare con efficacia ed efficienza tutte e 3 queste fasi. Ulteriori informazioni sono disponibili su www.qualiware.it. da l m o nd o d e l l e i m p r es e La grandissima quantità di informazioni disponibili nei database aziendali pone un problema importante legato alla rintracciabilità e alla fruibilità delle informazioni stesse. Dando per scontato che esse siano gestite in modo strutturato (e non è sempre così, basti pensare alle grandi quantità di documenti Word ed Excel presenti sui server aziendali nella maggior parte delle organizzazioni), l’utente dovrebbe avere a disposizione apposite interrogazioni (query o reports) per estrarre dal database dati aggregati di consuntivo che consentano di evidenziare le criticità e di conseguenza prendere le opportune decisioni volte ad un miglioramento del sistema. E dando pure per scontato che anche il lavoro di definizione di tali interrogazioni sia stato fatto (e non è sempre così dal momento che si tratta di un lavoro non semplice che richiede da un lato competenze informatiche e dall’altro un’ottima conoscenza dei processi aziendali), questo non è ancora sufficiente, perché, anche avendo a disposizione le interrogazioni, resta sempre il problema di quando farle. Un conto è se esse sono necessarie per il lavoro quotidiano, un altro è se si tratta di consuntivare attività mensili o trimestrali, per ottenerne indicatori di performance o eventuali segnali di allarme rispetto ad attività che non stanno procedendo come previsto o a processi che non stanno avendo l’efficienza e l’efficacia programmate. In questo caso, soprattutto se il monitoraggio avviene fuori dal contesto di apposite riunioni interfunzionali alle quali AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 34 te m a 34 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ >> Francesco Taurasi Tecnologo INAIL area ex ISPESL Diego Cerra Presidente Comitato Nazionale AICQ Salute e Sicurezza Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati Dal 23 novembre 2011 è in vigore il DPR 177/2011 a norma dell’articolo 6 e 27 del DLgs 81/2008, disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e lavoratori autonomi che operano in spazi confinati ovvero luoghi di lavoro nei quali vi siano rischi di sviluppo di sostanze altamente nocive o di gas (silos, cisterne, pozzi, ecc.). Il decreto pone particolare attenzione sia alle tematiche della formazione degli addetti, sia che le attività eseguite in regime di appalto vengano affidati solo a soggetti di comprovata esperienza e competenza. Premessa Per spazi o ambienti confinati si intende un qualsiasi ambiente di lavoro circoscritto, in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di sostanze o condizioni di pericolo. Gli spazi confinati sono facilmente identificabili proprio per la presenza di aperture di dimensioni ridotte, limitate aperture di accesso e ventilazione naturale sfavorevole, all’interno dei quali non è possibile escludere la formazione di sostanze nocive o di gas, quali silos, cisterne, pozzi e simili e in cui potrebbe verificarsi un evento incidentale tale da causare un infortunio grave. In alcune parti il D.Lgs 81/08 ha riportato alcune indicazioni per quanto concerne le marzo/aprile 2012 attività in ambienti confinati e sospetti di inquinamento, quali: ✎ Luoghi di lavoro: Pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale ambienti e recipienti, condutture e caldaie e simili dove sia possibile il rilascio di gas deleteri - art. 66. ✎ Cantieri: Pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere con presenza negli scavi di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, e in generale situazioni dove sia possibile un’infiltrazione di sostanze pericolose - art. 121. ✎ Requisiti dei luoghi di lavoro: Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos in cui i lavoratori debbano entrare - Allegato IV punto 3. Non è possibile fornire una lista completa di tutti gli spazi confinati. Alcuni ambienti, infatti, possono comportarsi da spazi confinati durante lo svolgimento delle attività lavorative cui sono adibiti o durante la loro costruzione, successiva modifica o riparazione. Nella fattispecie, sono i luoghi che sono abbastanza ampi da permettere ad una persona di entrarci dentro per eseguire dei lavori, ma non sono stati previsti perché ci si lavori al- l’interno e hanno aperture di accesso e di uscita limitate e ristrette. A fronte di un trend crescente di infortuni mortali tragicamente accaduti in ambienti confinati: Molfetta - maggio 2008, Mineo - luglio 2008, Sarroch - maggio 2009 e Capua settembre 2010, è stato chiesto l’innalzamento delle misure di prevenzione, controllo e tutela dei lavoratori. A seguito di ciò è stato Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 260 dell'8 novembre 2011 il D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011 che introduce misure di maggiore tutela della salute e sicurezza dei lavoratori operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Il provvedimento adottato in attuazione degli articoli 6 e 27 del D.Lgs 81/08 e s.m.i., è in vigore dal 23 novembre 2011, introduce misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e la completa conoscenza dei rischi delle lavorazioni a tutte le imprese e i lavoratori autonomi che possano svolgere attività lavorative in ambienti sospetti di www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 35 ❙ Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati ❙ Pericoli legati agli spazi confinati Le statistiche dei dati relativi agli infortuni mostrano che un considerevole numero di morti e infortuni gravi è associato alla presenza di sostanze tossiche, asfissianti o infiammabili, con un’incidenza maggiore nelle attività svolte in spazi confinati, all’interno dei quali possono venirsi a creare condizioni atmosferiche e ambientali tali da favorire il verificarsi dell’evento incidentale. Le diverse situazioni pericolose che possono verificarsi, spesso sono riconducibile a: ✎ Mancanza di ossigeno; ✎ Gas, fumi, o vapori tossici; ✎ Sostanze liquide e solide che, se perturbate, possono improvvisamente riempire l'ambiente o rilasciare gas; ✎ Incendi ed esplosioni; ✎ Residui all’interno di cisterne, serbatoi o depositi su superfici interne, che possono emettere gas, fumi o vapori; ✎ Elevate concentrazioni di polveri, ad esempio nei silos per la farina; ✎ Temperature elevate possono portare ad un pericoloso aumento della temperatura dei corpi. I possibili rischi e le relative conseguenze per le persone sono: ✎ l’asfissia; ✎ i danni alla salute per inalazione di vapori; ✎ l’elettrocuzione; ✎ l’esplosione; ✎ l’incendio. Qualificazione nel settore La principale causa di infortuni, in caso di accesso in “ambienti confinati”, è la www.aicq.it scarsa consapevolezza, da parte degli operatori, del rischio di formazione di atmosfere pericolose (asfissianti, tossiche, infiammabili o esplosive). Si intuisce il ruolo fondamentale della “formazione del personale” sui fenomeni che contribuiscono a generare un’atmosfera pericolosa in un ambiente confinato, sulle misure di protezione da adottare in caso di accesso e sulle procedure da attivare in caso di emergenza. La tendenza a sottovalutare il fenomeno infortunistico relativo all’accesso in “ambienti confinati” si riscontra soprattutto in aziende che effettuano detto accesso in maniera occasionale ovvero di tipo non ripetitivo: in questi casi si tende spesso a non pianificare adeguatamente il processo lavorativo che, troppo spesso viene lasciato all’improvvisazione delle squadre operative, non sempre sufficientemente formate ed informate dei rischi cui si trovano ad essere esposte. Mentre si ribadisce la necessità di effettuare la valutazione dei rischi, ponendo specifica attenzione alle attività che espongono i lavoratori a fattori di rischio per la sicurezza e la salute a causa della presenza di sostanze tossiche, asfissianti o infiammabili. L'articolo 1 del DPR 177/2011, adottato in attesa della complessiva definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi previsto dall'articolo 6, comma 8, lettera g) e dell'art. 27 del DLgs 81/2008, impone criteri e procedure di qualificazione a chiunque intenda svolgere lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, definiti al comma 2 come luoghi in cui si rinvengano le condizioni di rischio di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del DLgs 81/2008. L’articolo 1, comma 3 puntualizza che il provvedimento si applica in talune sue parti a tutti i datori di lavoro, compresi quelli che svolgono "in proprio" (vale a dire con propri lavoratori che operino nel proprio ciclo produttivo), i lavori in parola e in altre sue parti unicamente nelle ipotesi che i lavori vengano svolti da una impresa appaltatrice o lavoratori autonomi. In tal modo, da un lato - tramite le misure di portata "generale" - si impone a tutte le realtà produttive nelle quali si svolgano lavori del tipo preso in esame il rispetto di livelli di formazione, addestramento, ecc., superiori a quelli oggi imposti, determinando un innalzamento dei livelli di tutela, e dall'altro, si identificano procedure di particolare rigore nel caso di affidamento dei lavori ad una impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi. L'articolo 2 del DPR 177/2011, esprime il principio che “Qualsiasi attività lavorativa, in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso di determinati requisiti”, i quali, pertanto, hanno valenza obbligatoria per qualsiasi operatore, sia datore di lavoro committente che appaltatore, che lavoratore autonomo. I requisiti richiesti per svolgere tale tipo di attività sono i seguenti: 1. richiama la necessità della integrale applicazione dei vigenti obblighi in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria, misure di gestione delle emergenze; 2. impone alle imprese familiari e ai lavoratori autonomi l'obbligo di sottoporsi a sorveglianza sanitaria e di partecipare a corsi di formazione specifici, integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell'articolo 21 del DLgs 81/2008; 3. impone a ciascuna impresa di avere personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività "in ambienti sospetti di inquinamento o confinati", assunto con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in questo secondo caso, necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del DLgs 276/2003). Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto; 4. impone alle imprese e ai lavoratori autonomi che svolgano attività negli ambienti confinati, ivi compreso il datore di lavoro (ove svolga tale attività), l'obbligo di procedere a specifica attività di informazione e formazione (i cui contenuti verranno identificati con ac- marzo/aprile 2012 te m a inquinamento o confinati, disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare nel settore. I provvedimenti introdotti riguardano la preparazione, la formazione, i DPI, le competenze professionali dei lavoratori e delle imprese che saranno le uniche a potere operare in ambienti confinati, la conoscenza delle misure di sicurezza e l’addestramento complementare alla valutazione di tutti i rischi. 35 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 36 te m a 36 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ DPR 177/2011 - Art. 1 Finalita' e ambito di applicazione 1. <<omississ>>. 2. Il presente regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo. 3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, e 3, commi 1 e 2, operano unicamente in caso di affidamento da parte del datore di lavoro di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica, a norma dell'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo. 4. Restano altresì' applicabili, limitatamente alle fattispecie di cui al comma 3, fino alla data di entrata in vigore della complessiva disciplina del sistema di qualificazione delle imprese di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e fermi restando i requisiti generali di qualificazione e le procedure di sicurezza di cui agli articoli 2 e 3, i criteri di verifica della idoneità tecnico-professionale prescritti dall'articolo 26, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo. cordo in Conferenza Stato-Regioni), oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. Finalizzate a consentire a tutte le maestranze la piena conoscenza di tutti i rischi che sono propri dei lavori in ambienti confinati; 5. obbliga i datori di lavoro e i lavoratori autonomi a possedere dispositivi di protezione individuale (maschere protettive, imbracature di sicurezza, ecc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (rilevatori di gasi, respiratori, ecc .) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e ad aver effettuato attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del DLgs 81/2008; 6. richiede la effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato, sempre ivi compreso il datore di lavoro, relativamente ai rischi che sono propri degli "ambienti confinati" e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti debbono applicarsi; 7. richiama il rispetto integrale degli obblighi in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC); 8. richiama il rispetto integrale degli obblighi relativi alla parte economica e normativa della contrattazione di settore, compreso il versamento dell'eventuale contributo all'ente bilaterale di riferimento. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi DPR 177/2011 Art. 2 Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati 2. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non e' ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate. marzo/aprile 2012 delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltati, evidenziando la assoluta inderogabilità del principio per cui le attività di riferimento possano essere svolte solo da imprese e/o lavoratori autonomi adeguatamente qualificati, secondo i livelli imposti dal regolamento. Procedure di sicurezza Dall’esito della valutazione del rischio vengono definite le misure di prevenzione e protezione specifiche che vengono indicate nelle procedure di lavoro. Tali procedure di lavoro devono essere scritte, precise e dettagliate per ogni fase lavorativa indicando le criticità e i corretti modi di operare (individuazione delle persone e delle competenze, identificazione dei rischi in ogni fase lavorativa, e le modalità di lavoro nonché i dispositivi collettivi di prevenzione e protezione, i DPI, la segnaletica, compresa quella per la delimitazione dell’area, le procedure per gestire l’emergenza). Le modalità operative messe in atto e adottate durante le attività, devono mettere in pratica gli accorgimenti necessari a eliminare potenziali fonti di rischio e ottenere condizioni di lavoro tali da tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori. L'articolo 3 del DPR 177/2011, ai commi 1 e 2 identifica le procedure di sicurezza da applicare ove i lavori vengono dal datore di lavoro appaltati o affidati a lavoratori autonomi. Tali procedure si vanno a sommare agli obblighi dei datori di lavoro già previsti dall’art. 26 del D.Lgs 81/08. Si tratta di procedure che, tenendo conto delle modalità di accadimento degli infortuni negli ambienti confinati, impongono una reale ed efficace trasmissione a chiunque debba entrare in una area di lavoro che possa avere i severissimi rischi di riferimento (esalazioni letali, esplosioni e quant'altro), di conoscere tutte le caratteristiche dei luoghi, cosa vi è stato contenuto, che tipo di reazioni possano svilupparsi in caso di lavorazioni improprie e, infine, quali siano le procedure di emergenza da applicare in caso di incidente sul lavoro. Il comma 1, in particolare, specifica che prima del- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 37 ❙ Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati ❙ Analisi operativa del rischio Il datore di lavoro deve valutare preliminarmente il rischio in ambienti confinati e l’accesso ai luoghi di lavoro deve av- www.aicq.it DPR 177/2011 Art. 3 Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati 2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbia comunque svolto le attivita' di informazione, formazione e addestramento di cui all'articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attivita' lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attivita' svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente. venire soltanto dopo aver adottato le necessarie misure di prevenzione e protezione collettive ed individuali. Il principio generale di tutela a cui attenersi è quello di operare dall’esterno dell’ambiente pericoloso (attrezzature manovrate a distanza per l’ispezione, la bonifica e il controllo dello spazio confinato). Soltanto quando è dimostrabile che non vi è una modalità di operare dall’esterno è possibile accedere all’area pericolosa attuando tutte le misure specifiche e generali di prevenzione e protezione per i lavoratori e per gli addetti al soccorso e al salvataggio. Il DLgs 81/2008 fornisce informazioni utili alla valutazione del rischio, e precisamente: ✎ art. 66 “Lavori in ambienti sospetti di inquinamento”; ✎ art. 121 "Presenza di gas negli scavi" ; ✎ allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro” - Capo 3 “Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos”. Alcuni luoghi sono immediatamente riconducibili a uno spazio confinato per le loro dimensioni ridotte, per le condizioni di ventilazione sfavorevole e per la probabile presenza di agenti chimici pericolosi. Altri luoghi non sono immediatamente riconducibili a uno spazio confinato: le vasche degli impianti di depurazione, per esempio, non hanno dimensioni anguste, ma l’accumulo di sostanze tossiche sul fondo di tali vasche e il conseguente sviluppo di gas nocivi durante le operazioni di pulizia possono trasformarle in ambienti in cui è molto alto il rischio di avvelenamento. Ai fini di una corretta valutazione dei rischi, occorre fare alcune considerazioni preliminari. Innanzitutto, occorre sottolineare che i rischi possono essere già presenti nello spazio confinato o manifestarsi durante le operazioni che al suo interno vengono eseguite, quali ad esempio saldature, utilizzo di solventi come prodotti per la pulizia e impiego di apparecchiature elettriche. Questa considerazione evidenzia il fatto che uno “spazio confinato” è un ambiente che cambia in modo repentino. In altri termini, potrebbe essere un errore limitare la valutazione dei rischi alle condizioni di vivibilità presenti nello “spazio confinato” nel momento in cui l’operatore vi effettua il proprio accesso. È buona norma tenere in considerazione le condizioni di vivibilità che si determinano all’interno dello “spazio confinato” in conseguenza delle lavorazioni che al suo interno vengono eseguite per tutto il periodo di permanenza dell’operatore. In caso di incidente, gli addetti ai lavori potrebbero essere esposti ad un serio ed immediato pericolo. Risulta quindi di fondamentale importanza stabilire misure efficaci per la segnalazione dell'emergenza e per lo svolgimento delle operazioni di soccorso. Le misure da adottare dipenderanno dalla natura dello spazio confinato, dal tipo di rischio individuato e quindi dalla possibile natura del soccorso da prestare. Conclusioni Le situazioni più critiche sono rappresentate dalle attività occasionali, ovvero di tipo non ripetitivo, in questi casi si tencontinua a pagina 46 marzo/aprile 2012 te m a l'accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori che verranno impiegati nelle attività (compreso, eventualmente, il datore di lavoro) siano puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro che appalta o affida i lavori di tutti i rischi che possano essere presenti nell'area di lavoro (compresi quelli legati ai precedenti utilizzi). E' puntualizzato che tale attività debba essere svolta per un periodo sufficiente e adeguato allo scopo della medesima e, comunque, non inferiore ad un giorno. Il comma 2 chiede al datore di lavoro committente di individuare un proprio rappresentante, adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell'ambiente in cui debba svolgersi l'attività dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi, che vigili sulle attività che in tali contesti si realizzino. Questo al fine di coordinare le attività che nel contesto lavorativo si svolgano e, comunque, per limitare il "rischio da interferenza" delle lavorazioni. Il comma 3 richiama l'obbligo di adottare, durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ed efficacemente attuare una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri di tali attività. Viene puntualizzato che tali procedure potranno anche essere "buone prassi", quali definite dall'articolo 2, comma 1, lettera v), del DLgs 81/2008. Il comma 4 ribadisce espressamente, sempre in ragione dell'obiettivo, di raggiungere un notevole innalzamento dei livelli di qualificazione, con riferimento alla salute e sicurezza sul lavoro, di qualunque operatore, impresa o lavoratore autonomo, che intenda svolgere attività in "ambienti confinati". Il mancato rispetto delle previsioni del provvedimento determina il venir meno della qualificazione necessaria per operare, direttamente o indirettamente, negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. 37 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 38 te m a 38 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ >> Francesco Taurasi tecnologo inail area ex ispesl Aziende a rischio di incidente rilevante Integrazione dei requisiti e sistema OIMS della Exxonmobil I l rischio di incidente rilevante di un azienda è caratterizzato “da una probabilità di accadimento molto bassa ma danni potenziali gravissimi con conseguenze anche fuori dal perimetro dello stabilimento”. Tale concetto di rischio è contenuto nella Direttiva 96/82/CE così come modificata ed integrata dalla Direttiva 2003/105/CE – ed è strettamente connesso alla presenza in azienda di sostanze pericolose. Queste direttive sono state chiamate “Direttive Seveso” in relazione al tristemente noto incidente del 1976, sono state recepite dal D.Lgs. 334/99 e dal D.Lgs. 238/05. L’esigenza di adottare sistemi di gestione si sta presentando per un numero sempre più elevato di aziende. Nasce pertanto l’esigenza di razionalizzare il complesso degli adempimenti necessari per aderire a tali sistemi che spesso risultano coincidenti. Tale razionalizzazione può avvenire attraverso la fusione dei diversi Sistemi in un unico “sistema integrato” che risponda ai requisiti di tutte le norme di riferimento per l’ambiente, la qualità e la sicurezza. Premessa L’inserimento nell’elenco delle aziende classificate a rischio di incidente rilevante marzo/aprile 2012 indica che quell’impianto dovrà essere sottoposto a severi adempimenti e controlli, affinché attui tutte le misure necessarie di prevenzione e sicurezza. Il DLgs n. 334 del 17 agosto 1999 modificato dal D.Lgs 238 del 21 settembre 2005, si applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell´allegato I (art. 5 comma 2 DLgs 334/99 e s.m.i.). Il D.Lgs 334/99 stabilisce un criterio qualitativo, in base alla classificazione delle sostanza pericolose, ed uno quantitativo, stabilendo due valori soglia, per le sostanze chimiche maggiormente diffuse. Il superamento del primo limite comporta l’obbligo di notifica da parte del gestore dello stabilimento al Ministero dell’Ambiente, alla Regione, alla Provincia, al Prefetto, al Comitato Tecnico Regionale gestito dalla Direzione Regionale dei VVF, come da art. 6, mentre il superamento del secondo limite implica, oltre la notifica ai suddetti soggetti, anche la redazione del RDS, in applicazione dell’art. 8 del citato decreto. È quindi necessario condurre, sempre da parte del gestore dell’impianto, un’analisi di sicurezza, che può essere praticamente suddivisa in analisi preliminare ed analisi delle probabilità e conseguenze. L'art. 7 comma 3 del D.Lgs 334/99 e il D.M. 9 agosto 2000, prevedono l’obbligo per le aziende a rischio di incidente rilevante, che si dotino di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS), e precisa i contenuti minimi che deve avere. La documentazione necessaria per il funzionamento di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS) è essenzialmente costituita da procedure, manuali operativi, istruzioni, rapporti di sicurezza, documenti di pianificazione e di registrazione, ecc. La gestione del rischio, art. 7 del D.M. 09/08/2000, prevede l’identificazione dei pericoli, la valutazione dei rischi di incidente rilevante e l’adozione delle misure per la riduzione del rischio. L’analisi del rischio è oggetto di diverse metodologie, ciascuna con vantaggi, svantaggi, limitazioni, non esistono metodologie consolidate anche se negli ultimi anni l’affermarsi di società specializzate in questo tipo di studi ha portato ad una certa uniformità e omogeneizzazione almeno nel modo di procedere. E’ quindi necessario condurre, sempre da parte del gestore www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 39 39 ❙ Aziende a rischio di incidente rilevante ❙ Il sistema SGS e l’integrazione con altri sistemi Il sistema SGS può integrarsi ad altre tipologie di “sistema di gestione” già adottate dalle imprese, garantendone al contempo l’integrazione con i preesistenti sistemi (quali quello per la qualità, per la protezione dell’ambiente, per la sicurezza e l’igiene dei luoghi di lavoro, ecc.), (ISO 9000, ISO 14000, Reg. (CE) n. 1221/2009 (EMAS), OHSAS 18001). Il DLgs 17 agosto 1999 n. 334 e il DM 9 agosto 2000 lasciano la libertà di individuare gli standard internazionali più rispondenti alle specifiche esigenze. Infatti, il DM 9 agosto 2000 "Linee guida per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza" all’art. 4, c. 3, definisce la struttura del sistema di gestione della sicurezza (SGS): “così come definito al comma 2, deve rispondere allo stato dell'arte in materia. In particolare, i requisiti stabiliti dalla norma UNI 10617 ovvero, per gli aspetti attinenti alla prevenzione degli incidenti rilevanti, dalle norme della serie ISO 9000 o da quelle della serie ISO 14000 o dal Regolamento EMAS, si intendono corrispondere al detto stato dell'arte “. La norma UNI 10617:2009 fornisce i principi e i requisiti di base per predisporre un efficace sistema di gestione della sicurezza nell’ambito degli impianti di processo, essa nasce dalla trasposizione alle aziende a rischio di incidente rilevante dei principi e requisiti specificati nelle norme UNI EN ISO 90001 e UNI EN ISO 9004. La UNI 10617 ha una struttura perfettamente rispondente al ciclo PDCA (pianificare, attuare, verificare, agire) ed in evidenza sono i punti dedicati alla “Pianificazione”, all’”Attuazione e Funzionamento” del sistema di gestione della sicurezza in relazione alla "Prevenzione Incendi Rilevanti", ma anche ai momenti di “Verifica” in prospettiva di un miglioramento continuo del sistema. Il tutto mantenendo, tutta- www.aicq.it via, “la specificità di contenuti richiesti dal particolare comparto produttivo (ad es. la gestione delle modifiche agli impianti, gli aspetti specifici relativi al controllo operativo e alla gestione delle emergenze)”. Per quanto attiene alla gestione della sicurezza, nella progettazione e nell’esercizio dell’impianto, gli elementi fondamentali sono specificati in altre due norme rispettivamente nelle norme UNI 10672 (Procedure di garanzia della sicurezza nella progettazione) e UNI 10616 (Gestione della sicurezza nell'esercizio. Criteri fondamentali di attuazione). Il campo di applicazione della norma copre tutte le fasi che vanno dalla progettazione (includendo le attività di ricerca per lo sviluppo del processo, gli studi di fattibilità dell’impianto, ecc.), esecuzione, attivazione, manutenzione e disattivazione dell’impianto. Un’altra norma di interesse è la UNI/TS 11226:2007 “Sistemi di gestione della sicurezza - Procedure e requisiti per gli audit” che stabilisce i “criteri fondamentali per eseguire un audit. Essa fornisce i criteri per verificare il sistema di gestione della sicurezza e la qualificazione degli auditor”, specificando altresì i contenuti di tale audit e i principi per la qualificazione del valutatore. La UNI/TS 11226 è quindi il riferimento per accertare la conformità della UNI 10617 attraverso la verifica dei contenuti tecnici specificati dalla UNI 10616. Altre norme utili a cui fare riferimento nell’impostazione generale del SGS (previsto dal DLgs 334/99) sono l’OHSAS 18001 (definisce i requisiti di un Sistema di Gestione della Sicurezza e Salute dei Lavoratori), che è compatibile con altre norme relative ai sistemi di gestione, quali ISO 9001 (qualità) e le norme ambientale ISO 14001 e l’EMAS. I vantaggi dell'integrazione del sistema qualità, ambiente e sicurezza sono i seguenti: 1. maggiore efficienza dei sistemi grazie alla razionalizzazione delle risorse utilizzate; 2. razionalizzazione del sistema documentale; 3. omogeneità delle metodologie di gestione aziendale; 4. uniforme politica e cultura aziendale con minimi o assenti conflitti di interessi tra le differenti funzioni aziendali; 5. riduzione dei costi. Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti Per definire la Politica della prevenzione dei rischi di incidente rilevante, occorre preparare un documento sintetico, sottoscritto dal gestore dell’impianto, cioè da colui che detiene la massima responsabilità ed il potere decisionale ed economico di intervento. La politica deve fornire uno schema di riferimento per l’attività, e per la definizione degli obiettivi specifici nel campo della sicurezza, deve essere diffusa a tutto il personale per poter essere attuata nelle attività gestionali ed operative di ogni giorno. Inoltre deve essere sottoposta a riesame periodico da parte del gestore stesso, allo scopo di verificarne l’efficacia. Il Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti è redatto dal Gestore ed emesso previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori. In esso sono riportati: ✎ Gli obiettivi che intende perseguire nel campo della prevenzione e del controllo degli incidenti rilevanti, per la salvaguardia dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente, e che costituiscono, nel loro insieme, la politica del gestore in materia. ✎ I principi generali su cui intende basare la politica, indicando, tra l'altro, eventuali adesioni volontarie a normative tecniche, regolamenti, accordi e iniziative, non richiesti da norme cogenti. ✎ Il proprio impegno a realizzare, adottare e mantenere un sistema di gestione della sicurezza, in attuazione a quanto richiesto dall'art. 7 del decreto legislativo n. 334, del 17 agosto 1999, e in attuazione della politica stessa. ✎ L’articolazione del sistema di gestione della sicurezza che intende adottare, con l'indicazione dei principi e marzo/aprile 2012 te m a dell’impianto, un’analisi di sicurezza, che può essere praticamente suddivisa in analisi preliminare, analisi delle probabilità e conseguenze. AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 40 te m a 40 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ dei criteri a cui intende riferirsi nella sua attuazione. ✎ Il programma di attuazione dello stesso ed i relativi tempi. La politica di prevenzione, viene diffusa sia al personale interno che alle ditte terze. Inoltre durante riunioni di Sicurezza, il documento di Politica costituisce argomento di formazione. Il sistema di gestione OIMS Il Sistema Integrato di Gestione della Sicurezza della ExxonMobil e denominato “OIMS” (Operations Integrity Management System = Sistema di gestione per l’integrità delle operazioni) è un sistema integrato di gestione, basato su un approccio sistematico e strutturato per la gestione della sicurezza, dell’igiene, dell’ambiente e delle problematiche operative. È stato introdotto dalla società ExxonMobil ed in vigore dal 1992, esso è orientato al miglioramento continuo ed è simile alla ISO 14001 e alla OHSAS 18001. OIMS è parte integrante del processo di lavoro giornaliero e stabilisce un modello comune, è un modello di gestione progettato per identificare i pericoli e gestire i rischi associati, ha integrato un processo per cui continua a migliorare arricchendosi sia delle esperienze locali sia di quelle di altre raffinerie e/o depositi. Lloyd’s register quality assurance, ha attestato, in seguito ad una valutazione che si ripete ogni tre anni, che OIMS soddisfa i requisiti dello standard ISO 14001 per la gestione ambientale, e che soddisfa anche i requisiti OHSAS 18001. Il sistema OIMS è come un ombrello che copre tutti gli aspetti delle operazioni: ✎ Impianti produttivi ✎ Centri di Tecnologia ✎ Centri di distribuzione e logistica ✎ Uffici ✎ Terzi L'approccio OIMS è caratterizzato da 11 elementi, ognuno con delle procedure ad esso associate ed in tutto sono 60. Gli elementi del sistema OIMS sono: 1. Leadership, Impegno e Responsabilità del Management 2. Gestione & Valutazione dei Rischi 3. Progetto & Costruzione degli Impianti 4. Processo di Informazione e Documentazione 5. Personale e Formazione 6. Operazioni & Manutenzione 7. Gestione dei Cambiamenti 8. Servizi di terzi (Contrattori) SGS - All. III del d.lgs. 334/99 e s.m.i e D.M. 9.8.00 1. ORGANIZZAZIONE E PERSONALE 2. IDENTIFICAZIONE E VALUTAZIONE DEI PERICOLI RILEVANTI 3. CONTROLLO OPERATIVO 4. GESTIONE DELLE MODIFICHE 5. PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA 6. CONTROLLO DELLE PRESTAZIONI 7. CONTROLLO E REVISIONE 9. Indagine e Analisi degli Incidente 10. Rapporti con la Comunità circostante e Preparazione alle Emergenze 11. Valutazione e Miglioramento dell’Integrità delle Operazioni Il sistema di gestione integrato Per la realizzazione del sistema documentale integrato si può partire integrando prima le procedure e poi il manuale, in maniera tale da armonizzare il più possibile i contenuti. Le nuove procedure vanno realizzate tenendo conto delle prescrizioni delle norme, dei documenti esistenti di ogni sistema (qualità, ambiente e sicurezza), del contenuto che deve essere descrittivo, ma non troppo per evitare la realizzazione di un manuale eccessivamente sintetico. Il manuale contiene gli elementi fondamentali del Sistema di Gestione della Sicurezza per la prevenzione degli incidenti rilevanti, che sono quelli descritti nell’Allegato III del D.Lgs 334/99 e s.m.i e nel Decreto 9 Agosto 2000: 1. Organizzazione e personale 2. Identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti 3. Controllo operativo 4. Gestione delle modifiche SISTEMI OIMS 1 Ruolo guida, Impegno e responsabilità del Management 5A Addestramento del Personale 8A Servizi di terzi - Contrattori & Altri 2 Valutazione del Rischio 5B Sicurezza e Salute del Personale 3 Progettazione e Costruzione 6A Operazioni 6B Ispezioni e Manutenzione 6C Pratiche di Lavoro Sicuro e Permessi di Lavoro 6D Apparecchiature Critiche di Sicurezza 4A Informazione & Documentazione 8A Servizi di terzi - Contrattori & Altri 7 Gestione dei Cambiamenti 3 Progettazione e Costruzione 10 Pubblica Informazione & Preparazione della Emergenza 9 Indagine ed Analisi degli Incidenti 11 Valutazione dell'Integrità delle Operazioni e continuo miglioramento > Tab. 1: Correlazione tra il sistema di gestione della sicurezza (D.Lgs. 334/99 e D.M . 9 agosto 2000) ed il sistema OIMS per un deposito di prodotti petroliferi marzo/aprile 2012 www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 41 ❙ Aziende a rischio di incidente rilevante ❙ tazioni deve riflettere la complessità delle operazioni, il livello del rischio e la performance storica. ✎ Le valutazioni devono esser condotte da teams multidisciplinari, includendo possibilmente anche specialisti esterni. ✎ Le azioni raccomandate nel corso delle valutazioni devono essere eseguite e documentate. ✎ L'efficacia del processo di valutazione deve essere rivisto periodicamente e le raccomandazioni utilizzate per traguardare il miglioramento. Organizzazione e personale per la prevenzione degli incidenti rilevanti L’organizzazione del sistema di gestione della sicurezza, espressione della cultura di sicurezza, è fondata sull’impegno ed il ruolo guida della Direzione, sull’allocazione delle risorse necessarie ed assegnazione di chiare responsabilità a tutti i livelli e sulla partecipazione del personale. Tale organizzazione può essere articolata secondo i seguenti elementi chiave: ✎ Emissione del Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti redatto dal Gestore ed emesso previa consultazione del Rappresentante dei lavoratori. ✎ Adozione di politiche in materia di: - sicurezza; - salute del personale; - alcool e droga; - protezione dell'ambiente. ✎ Assegnazione e comunicazione del- le responsabilità e delle mansioni in materia di sicurezza, salute ed ambiente. Le responsabilità sono indicate nei mansionari del personale e illustrati al personale da parte del loro supervisore. ✎ Assegnazione e comunicazione delle responsabilità e delle mansioni in caso di emergenza indicate nel Piano di Emergenza Interno. ✎ Istituzione di una posizione di Coordinatore per la Security, Sicurezza, Igiene ed Ambiente, che si occupa in maniera specifica di fornire supporto e coordinamento in materia di security, sicurezza, salute, ambiente e prevenzione degli incidenti rilevanti, assicurando la costante acquisizione delle informazioni sull’evoluzione normativa anche mediante utilizzo di professionisti esterni qualificati. ✎ Ruolo guida ed impegno visibile della Direzione attuato mediante: - emissione di linee guida aggiornate; - visite programmate per verificare la realizzazione dei programmi; - riunioni di Direzione e partecipazione alle riunioni in materia di sicurezza, salute, ambiente. ✎ Coinvolgimento del personale attraverso sistemi strutturati di comunicazione a due vie tra Direzione, personale e terzi appaltatori. ✎ Definizione di obiettivi realistici in materia di security, sicurezza, salute, ambiente e controllo periodico dei risultati da parte della direzione. > Tab. 2: Elementi che costituiscono i regolamenti in vigore in USA e nella UE www.aicq.it marzo/aprile 2012 te m a 5. Pianificazione di emergenza 6. Controllo delle prestazioni 7. Controllo e revisione Nella tabella 1 si fornisce una indicazione della correlazione tra il sistema di gestione della sicurezza, SGS, ed il più generale sistema di gestione dell’integrità delle operazioni OIMS, della ExxonMobil. Il manuale è realizzato coerentemente con le “Linee guida per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza” relative agli impianti di processo a rischio di incidente rilevante e fa riferimento al più generale sistema generale di gestione adottato dall'azienda per assicurare l’integrità delle operazioni e la prevenzione di incidenti relativi a security, sicurezza, salute, ambiente. L’emissione del manuale è effettuata dopo l’informazione e consultazione del Rappresentante dei Lavoratori. E’ prevista una verifica di congruenza ed il riesame del SGS in occasione di ogni aggiornamento del Rapporto di Sicurezza e in occasione di ogni modifica che lo richieda e comunque entro 2 anni. Con periodicità è prevista una verifica delle aspettative del sistema mediante l’esame degli specifici indicatori di prestazione. La valutazione dell'efficacia del Sistema Integrato costituisce elemento essenziale che permette di realizzare il continuo miglioramento: ✎ Le operazioni devono essere valutate secondo una frequenza predeterminata in maniera tale da stabilire la conformità con le aspettative. ✎ La frequenza e l'oggetto delle valu- 41 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 42 te m a 42 ❙ Salute e Sicurezza sul lavoro ❙ Regolamentazione nell’Unione Europea e negli USA Il principale riferimento normativo per la sicurezza e la salute nel settore degli impianti di processo con rischi rilevanti, al di fuori dell’Unione Europea è quello degli Stati Uniti, nei quali la produzione legislativa, con riferimento alle attività di progettazione, montaggio ed esercizio degli impianti con rischio rilevante si sviluppa, analogamente al processo Europeo e con analogo criterio di priorità, a livello federale, di Stato e locale. Analogamente all’UE, anche negli USA è previsto l’obbligo, da parte dei responsabili degli impianti, di adottare sistemi di gestione della sicurezza allo scopo di prevenire, contenere e gestire i rischi di incidenti rilevanti all’interno e all’esterno dei siti produttivi. Il Regolamento PSM OSHA è entrato in vigore nel 1992, mentre il Programma EPA RMP è entrato in vigore nel 1996. Anche se i requisiti di prevenzione del Regolamento PSM OSHA e del Programma EPA RMP sono simili, quest'ultimo contiene una serie di requisiti aggiuntivi che vanno oltre lo standard PSM. Il Programma EPA RMP prevede tre livelli, per ciascun di esso la norma definisce i requisiti che riflettono il livello di rischio. La tabella 2 mostra gli elementi dei diversi regolamenti. Conclusioni Nelle aziende a rischio di incedente rilevante è immediato pensare ad un vantaggio nell’integrazione dei requisiti del- le norme cogenti con i requisiti delle norme volontarie di riferimento, l’approccio integrato sintetizza elementi comuni alle diverse norme in un’unica soluzione, visione complessiva dell’organizzazione e trae le sue origini dall’esigenza di snellire l’insieme di procedure e dei loro sistemi attraverso l’accorpamento degli elementi comuni. Bibliografia [1]ing. Alberto Ricchiuti, ing. Giorgio Macchi. Principi Guida dell’OCSE per la prevenzione, la preparazione e l’intervento nei casi di incidente. [online]. [consultato luglio 2011] [2]Taurasi F., Cerra D. I modelli di organizzazione e di gestione: l’interazione tra normative cogenti e volontarie. ISPESL - Supplemento della rivista Prevenzione Oggi numero 3/4, 2009 . [3]Taurasi F., Approccio integrato alla gestione della sicurezza nelle azien- de a rischio di incidente rilevante. 28° Congresso Nazionale AIDII” pagg. 46-50 [4]Torretta Vincenzo. Sicurezza e analisi di rischio di incidenti rilevanti, Sistemi Editoriali, 2006. [5]Salomone R, Franco G.. Dalla “qualità totale” alla “qualità integrata”. L’integrazione dei sistemi di gestione qualità, ambiente, sicurezza ed etica per il vantaggio competitivo. Franco Angeli, 2006. [6]Italia. Decreto Ministeriale 9 agosto 2000. Linee guida per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2000, n. 195. [7]Taurasi F., I sistemi di gestione nelle aziende a rischio di incidente rilevante e gli standard tecnici internazionali. VI Convegno scientifico nazionale "sicurezza nei sistemi complessi" - Politecnico di Bari - C.R.I.S.M.A. - Ottobre 2011 In via eccezionale la rubrica corsi comparirà sul nostro sito http://aicqna.com/redazione/qualita/ sezione “segnalazione articoli” EVENTI AICQ 2012 Evento Luogo DALL’ACCREDITAMENTO ALL’ECCELLENZA IN SANITA’ MESTRE - Ospedale dell’Angelo SALUTE e SICUREZZA BOLOGNA EDUCATION FIRENZE TURISMO TORINO TRASPORTI FIRENZE CONVEGNO-PREMIO AICQ FEDERMANAGER in definizione SETTIMANA EUROPEA QUALITA’ MILANO e altre sedi marzo/aprile 2012 Data 11 maggio 2012 14 giugno 2012 8 ottobre 1 novembre 2012 1 settembre 2012 in definizione 5-11 novembre 2012 www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 43 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 44 te m a 44 ❙ Valutazione della conformità ❙ >> Filippo Trifiletti Direttore Generale ACCREDIA Settore cogente: il ruolo di Accredia L’accreditamento degli organismi di certificazione ai fini della notifica Il mandato Il cambiamento strutturale del sistema nazionale di valutazione della conformità ha una data storica: il 1° gennaio 2010, quando è entrato in vigore in tutti i Paesi dell’Unione Europea il regolamento 765/2008/CE in materia di accreditamento e vigilanza del mercato. Il regolamento fa parte di un “pacchetto” normativo, che comprende la decisione 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti e il regolamento 764/2008/CE che stabilisce procedure relative all’applicazione di determinate regole tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro. I tre provvedimenti hanno dato forma al nuovo quadro legislativo comunitario, elaborato in sede di revisione del “Nuovo Approccio” – così definito in funzione del cosiddetto “Vecchio Approccio” dei primi anni Settanta – per garantire e favorire la libera circolazione dei prodotti nell’UE attraverso un rafforzamento del mutuo riconoscimento delle norme tecniche nazionali e della vigilanza del mercato. Il “Nuovo Approccio”, che dagli anni Ottanta ha portato all’emanazione di un’articolata serie di direttive (oltre 20), ha in- marzo/aprile 2012 trodotto alcuni principi fondamentali: ✎ la conformità a determinati requisiti ritenuti essenziali (salute, sicurezza, ambiente), con rinvio alle norme tecniche “armonizzate” per la definizione degli specifici requisiti tecnici applicabili; ✎ la presunzione di conformità ai requisiti essenziali di un prodotto se sussiste la conformità ai requisiti della norma armonizzata applicabile; ✎ la prassi di fornire al mercato evidenza chiara e visibile della conformità con l’apposizione della marcatura CE sul prodotto coperto da direttiva. L’esperienza ha però evidenziato alcuni problemi, sostanzialmente riconducibili alla mancanza di omogeneità nell’applicazione delle regole tecniche comunitarie (direttive e regolamenti) da parte degli Stati membri. A tali “difficoltà” si è inteso ovviare con la revisione del “Nuovo Approccio”. In particolare, con il regolamento 765/2008 si è fornito il riconoscimento giuridico e la definizione strutturale dell’istituto dell’accreditamento, già operativo in Europa da circa 20 anni, stabilendo, in particolare, che l’attività possa essere svolta anche da organismi non pubblici. Significativi sono gli impegni che gli Sta- ti membri sono chiamati ad assolvere dal reg. 765/2008. Devono infatti designare le Autorità nazionali responsabili per le notifiche (in Italia, i Ministeri responsabili dell’attuazione delle varie direttive) e notificare alla Commissione e agli Stati membri gli organismi di parte terza autorizzati a condurre valutazioni di conformità ai sensi della legislazione comunitaria. In questi termini, il 22 dicembre 2009 ACCREDIA è stata riconosciuta dal Governo come Ente unico nazionale di accreditamento, ai sensi del DM 22 dicembre 2009 "Designazione di ACCREDIA quale unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità al regolamento (CE) n. 765/2008, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99". Oggi, l’Ente, attraverso i suoi quattro Dipartimenti, accredita: ✎ gli organismi di certificazione e ispezione, ✎ i laboratori di prova, ✎ i laboratori di prova per la sicurezza degli alimenti e ✎ i laboratori di taratura; le corrispondenti attestazioni di conformità sono riconosciute a livello internazionale in virtù dell’adesione di ACCREDIA agli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento EA, IAF e ILAC MLA/MRA, per tutti gli schemi coperti (qualità, ambiente, prodotto, personale, ispezione, www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 45 45 ❙ Settore cogente: il ruolo di Accredia ❙ L’attuazione del mandato Nel 2011, ACCREDIA ha avviato un rigoroso e sistematico programma anche per gestire le attività di verifica in settori obbligatori (in conformità a direttive e regolamenti) di competenza di altre Pubbliche Amministrazioni (Ministeri dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e trasporti, dell’Ambiente). Fatta salva l’autorità dei Ministeri pertinenti – per la relativa autorizzazione e la sorveglianza del mercato – spetta oggi ad ACCREDIA svolgere la funzione dell’accreditamento, istituzionalmente attribuitole, anche nell’attuazione delle direttive di Nuovo Approccio. Ciò in forza di una serie di collaborazioni, formalizzate da protocolli e convenzioni ad hoc, con i Ministeri competenti per le proprie attività di notifica, così da rispondere alle esigenze di accreditamento degli organismi italiani. Il primo di questi atti di attribuzione è del 13 giugno e riguarda la convenzione stipulata con il Ministero dello Sviluppo economico con cui si affida all’Ente uni- www.aicq.it co l'accreditamento degli organismi di valutazione che operano in conformità a sei direttive del nuovo approccio, sicurezza dei giocattoli (2009/48/CE); MID - strumenti di misura (2004/22/CE); caldaie ad acqua calda (1992/42/CE); PED - Attrezzature a pressione (1997/23/CE); ATEX - apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (1994/09/CE); compatibilità elettromagnetica (2004/108/CE). Successivamente, ACCREDIA ha siglato il protocollo d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti sul servizio europeo di telepedaggio (SET), e la convenzione tripartita con Ministero del Lavoro, salute e politiche sociali e Sviluppo economico per la marcatura di ascensori (1995/16/CE); macchine (2006/42/CE), bassa tensione (2006/95/CE) e dispositivi di protezione individuale (1989/686/CEE). In applicazione della direttiva 2010/35/CE, e coerentemente con quanto indicato in apposita circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti - DG Motorizzazione, ACCREDIA ha avviato anche l'attività di accreditamento degli organismi notificati per le attrezzature a pressione trasportabili. Da ultimo, a fine 2011, è stata attivata una nuova ed importante collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, che ha ampliato sensibilmente l’attività dell’Ente in materia ambientale, già consolidata nel settore volontario, con l’accreditamento delle certificazioni di sistemi di gestione ambientale (ISO 14001) e per l’energia (ISO 50001) nonché per le dichiarazioni ambientali di prodotto (14025). Le norme europee coperte dall’accordo con il MATTM sono le direttive: 2000/14/CE - riguardante l’emissione acustica delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto; 2003/87/CE - che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità Europea; 2009/28/CE - sulla promozione dell'uso dell’energia da fonti rinnovabili; 2009/30/CE - sul controllo e riduzione dei gas serra; e i regolamenti CE 1221/2009 - sull’adesione volontaria del- le organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), e 842/2006 - sull’emissione di taluni gas fluorurati ad effetto serra. In particolare, si segnala l’importanza delle attività di accreditamento ai sensi del regolamento EMAS, del regolamento su taluni gas fluorurati a effetto serra e della direttiva “Emission trading”. Emas è lo schema di eco-gestione e audit (Eco-Management Audit Scheme, alla III formulazione con il reg. CE/1221/2009), che prevede l'adesione volontaria delle organizzazioni ad un sistema di registrazione gestito dalla Comunità Europea. L'adesione al sistema prevede una verifica delle organizzazioni da parte di soggetti accreditati. L'organizzazione che intende registrarsi deve dimostrare di mantenere attivo un sistema di gestione ambientale conforme alla ISO 14001, con alcune aggiunte e precisazioni. La verifica è volta a validare la dichiarazione ambientale dell'organizzazione. La registrazione Emas viene concessa dagli organismi competenti nominati dagli Stati membri (in Italia il Comitato per l'Ecolabel e l'Ecoaudit), secondo una procedura che, oltre ad esaminare nuovamente l'adeguatezza complessiva della dichiarazione ambientale validata dal verificatore accreditato, prevede la richiesta di parere alle autorità ambientali locali (in Italia ARPA e APPA). In ambito cogente si inserisce l’accreditamento ai sensi del reg. 842/2006, che riguarda il contenimento, l'uso, il recupero e la distruzione di taluni gas fluorurati ad effetto serra. Il MATTM ha emesso un decreto attuativo che prevede la certificazione dei soggetti che effettuano l’installazione, manutenzione e ricarica dalle apparecchiature e impianti contenenti gas fluorurati (impianti di refrigerazione, condizionamento d’aria, antincendio ecc). ACCREDIA, in accordo con il Ministero, procederà alla definizione dei requisiti di accreditamento per gli schemi certificazione del personale; del prodotto/servizio delle imprese che erogano servizi di installazione, manutenzione e riparazione; e del servizio di erogazione di corsi pro- marzo/aprile 2012 te m a prova, taratura). Il regolamento ha affidato la vigilanza del mercato, di competenza degli Stati membri, alle strutture pubbliche deputate, ma ha previsto che l’attività di accreditamento copra tutte le attività di valutazione della conformità, sia nel volontario che nel cogente. ACCREDIA si è prodigata insieme alle Autorità competenti in Italia per la corretta attuazione delle norme europee e in ottemperanza al principio della sussidiarietà pubblico-privato, che ha sempre ispirato la sua attività, si è messa a disposizione, facendosi parte diligente per supportare il Ministero dello Sviluppo economico nell’adeguamento al quadro legislativo comunitario. L’Ente è attivo da tempo nel settore regolamentato delle produzioni biologiche e delle certificazioni di prodotto a marchio di qualità agroalimentare, in virtù della proficua e consolidata relazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 46 te m a 46 ❙ Valutazione della conformità ❙ fessionali per il personale addetto agli impianti di condizionamento d’aria in determinati veicoli a motore contenenti taluni gas fluorurati ad effetto serra. Per quanto riguarda la direttiva 2003/87/CE, in applicazione del Protocollo di Kyoto la UE ha realizzato uno schema per rendicontare e ridurre nel tempo le emissioni di gas serra (GHG) di impianti relativi a specifici settori produttivi ed al di sopra di definite soglie di produzione. Lo schema EU ETS - Emission Trading, ha delle evidenti ricadute di natura economica, obbligando le realtà meno virtuose all’acquisto nel “mercato della CO2” dei crediti corrispondenti agli eccessi delle proprie emissioni. In questo ambito cogente si inserisce l’accreditamento dei verificatori deputati al controllo delle emissioni delle organizzazioni. L’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra sarà perseguito anche quando nei prossimi mesi partirà il sistema di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti, a cui si dovranno sottoporre tutti i soggetti della filiera: da chi produce la materia prima, per arrivare a chi fornirà il prodotto finale. Il sistema di valutazione della conformità, come previsto nel regolamento 765/2008, è stato applicato per la prima volta sulla direttiva 2009/48/CE sicurezza dei giocattoli, attuata in Italia con il D.Lgs. n. 54 dell'11 aprile 2011 e in vigore dal 12 maggio. Questo recante il primo atto normativo di applicazione del reg. 765/2008, in virtù del quale ACCREDIA è incaricata dell'attività di valutazione degli organismi che operano nell'ambito delle attività propedeutiche alla marcatura CE dei giocattoli da parte dei produttori. Con il decreto 54 - 11 e in virtù delle intese sottoscritte, l’accreditamento è diventato formalmente pre-requisito per l’autorizzazione ministeriale e successiva notifica alla Comunità Europea da parte del Ministero dello Sviluppo Economico o degli altri Ministeri interessati. continua da pagina 37 razioni da porre in essere. L'autorizzazione ai lavori assicura che siano stati eseguiti tutti i controlli formali per garantire la conformità ai requisiti di sicurezza dello spazio confinato prima dell'inizio dei lavori. Un'autorizzazione ai lavori deve prevedere obbligatoriamente: ✎ l’individuazione dei soggetti autorizzati a predisporre l’esecuzione di attività pericolose e dei responsabili alla selezione delle misure di sicurezza; ✎ le disposizioni per le ditte appaltatrici; ✎ la formazione ed istruzione in mate- de spesso a non pianificare adeguatamente il processo lavorativo, e troppo spesso i lavoratori addetti alle operazioni non sono sufficientemente formati ed informati dei rischi cui si trovano ad essere esposti. Bisogna eseguire un’approfondita e corretta valutazione dei rischi, un addestramento efficace, prevedere l’impiego di attrezzature idonee e pianificare sia le attività ordinarie sia gli scenari di emergenza, codificando le ope- marzo/aprile 2012 Gli organismi notificati e la banca dati NANDO L’attività in ambito cogente (o obbligatorio) prevede infatti a carico degli uffici ministeriali l’adempimento dell’inserimento degli organismi di valutazione della conformità nella banca dati comunitaria Nando. Per gli organismi, la pubblicazione sul sito Nando, garantisce la riconoscibilità e la validità sui mercati internazionali dell’autorizzazione rilasciata dallo Stato membro. Le convenzioni interessano settori portanti dell’economia, in cui operano centinaia di migliaia di aziende in tutto il territorio italiano e la collaborazione tra ACCREDIA e i Ministeri consente di organizzare e razionalizzare le attività di accreditamento nei diversi comparti in coerenza con i principi della qualità, della sicurezza, della salute, della tutela ambientale e della protezione dei consumatori. L'intervento di ACCREDIA è volto ad accrescere la certezza per gli utenti dei prodotti a marcatura CE (siano essi consumatori finali, come nel caso dei giocattoli, o partner nelle relazioni BtoB), perché possano fare affidamento sui risultati delle valutazioni effettuate dagli organismi di certificazione che solo in virtù dell'accreditamento sono poi autorizzati dal MSE e notificati alla Commissione per l'iscrizione nella banca dati Nando. Il sistema della notifica è essenziale, sia per gli organismi di certificazione autorizzati sia, di riflesso, per le aziende per apporre la marcatura CE sui loro prodotti. L’inclusione degli organismi notificati nell’elenco, infatti, rende l’autorizzazione ministeriale valida non solo a livello nazionale ma nell’intero territorio comunitario. La gestione delle notifiche è risultata per un periodo difficoltosa e molti organismi per qualche tempo si sono trovati esclusi dalla banca dati comunitaria. Per le aziende, l’iscrizione nella banca dati degli organismi responsabili, significa sbloccare una situazione che nel tempo avrebbe potuto compromettere la libera circolazione dei loro prodotti sul mercato comunitario. Per gli organismi, l'accreditamento ACCREDIA rappresenta un valore aggiunto nei termini dei vantaggi operativi che derivano dall'iscrizione al registro Nando e dalla garanzia di valutazioni imparziali e indipendenti assicurate da un corpus ispettivo di professionisti impegnato ogni anno sul campo per oltre 10.000 giornate uomo di verifica, senza costi aggiuntivi rilevanti. ACCREDIA applica infatti il proprio tariffario, nel rispetto delle determinazioni della Commissione di sorveglianza interministeriale, costituita con Decreto dell’MSE del 27 luglio 2011. ria di autorizzazioni; ✎ il monitoraggio e il controllo teso a garantire che le procedure vengano applicate come previsto. Bibliografia [1]Fucile Antonio: “Lavori in spazi confinati”, Ambiente, Lavoro e Sicurezza, EPC Periodici, via dell’Acqua Traversa 187/189, Roma, Italy, ottobre 2010. [2]D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011. [3]www.ispesl.it/documenti_catalogo/ambienticonfinati.pdf www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 47 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 48 te m a 48 ❙ Valutazione della conformità ❙ >> Giovanni Mattana La revisione della norma ISO 17021 Valutazione della conformità: Requisiti per gli organismi che forniscono audit e certificazione di sistemi di gestione Q uesta nuova norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021, 2011, contiene i principi ed i requisiti per la competenza, la coerenza e l’imparzialità dell’audit e della certificazione dei sistemi di gestione di tutti i tipi (per esempio sistemi di gestione per la qualità o sistemi di gestione ambientale) e per gli organismi che forniscono queste attività. Importanza della Norma La norma conserva il ruolo di documento essenziale, anche contrattuale, per l’accreditamento degli organismi di certificazione. Ma assume anche un valore, enormemente accresciuto rispetto all’edizione precedente, in quanto diventa il riferimento ✎ per il processo di audit per la certificazione di parte terza, sostituendo in tale ruolo la Iso 19011 ✎ per i requisiti di competenza attinenti al processo di certificazione. Diventa cioè un documento essenziale anche per le organizzazioni e per i valutatori, non solo per gli organismi di certificazione. marzo/aprile 2012 Peculiarità della Norma La presente norma sostituisce la UNI CEI EN ISO/IEC 17021:2006, conservando il titolo precedente ma allargando lo scopo e l’ambito. Principali motivazioni per la revisione dell’edizione del 2006 sono state le seguenti: ✎ includere tutti i requisiti per gli audit di parte terza e quindi togliere dalla Norma ogni riferimento alla ISO 19011 (che continua a trattare anche gli Audit di Parte seconda e Prima); ✎ estenderne la validità a tutti i Sistemi di Gestione (non più ai soli sistemi di gestione per la qualità e l’ambiente, come in precedenza); ✎ incrementare il ruolo della competenza in tutte le fasi del processo e per tutte le funzioni implicate nella certificazione; indicando anche i modi per specificare la competenza, valutarla, mantenerla aggiornata; ✎ incorporare indicazioni recepite dalle Guide IAF; ✎ rimpiazzare le Guide ISO-IEC 62 e 66; ✎ prevedere che in futuro ci siano dei completamenti specifici per la competenza per ogni tipo di Sistema di gestione, come mostrato nella seguente figura; in altre parole, questa norma non entra nello specifico dei sistemi di gestione per la qualità o per l’ambiente, demandando questi a future pubblicazioni specifiche (da notare che per la Qualità e per l’Ambiente tali lavori sono già iniziati). I capitoli che hanno visto modifiche sostanziali rispetto all’edizione precedente sono il 3, il 7, il 9, quest’ultimo derivato, in precedenza, dalla ISO 19011. La norma contiene anche 6 Allegati (1 normativo e 5 informativi). La Norma UNI EN ISO contiene anche il testo inglese. L’Introduzione della Norma La presente norma internazionale specifica i requisiti per gli organismi di certificazione. L’osservanza di tali requisiti ha lo scopo di garantire che gli organismi di certificazione realizzino la certificazione del sistema di gestione in modo competente, congruente ed imparziale, facilitando così il riconoscimento di tali organismi e l’accettazione delle loro certificazioni su base nazionale ed internazionale. La certificazione di un sistema di gestione fornisce una dimostrazione indipendente che il sistema di gestione del- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 49 49 ❙ La revisione della norma ISO 17021 ❙ Indice della Norma 1 SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE 2 RIFERIMENTI NORMATIVI 3 TERMINI E DEFINIZIONI 4 PRINCIPI 4.1 Generalità 4.2 Imparzialità. 4.3 Competenza 4.4 Responsabilità 4.5 Trasparenza 4.6 Riservatezza 4.7 Rapida ed efficace risposta ai reclami 5 REQUISITI GENERALI 5.1 Aspetti legali e contrattuali 5.2 Gestione dell’imparzialità 5.3 Responsabilità e risorse finanziarie www.aicq.it 6 REQUISITI STRUTTURALI 6.1 Struttura organizzativa e alta direzione 6.2 Comitato per la salvaguardia dell’imparzialità 7 REQUISITI PER LE RISORSE 7.1 Competenza della direzione e del personale 7.2 Personale coinvolto nelle attività di certificazione 7.3 Impiego di auditor ed esperti tecnici esterni singoli 7.4 Registrazioni del personale 7.5 Affidamento all’esterno 8 REQUISITI RELATIVI ALLE INFORMAZIONI 8.1 Informazioni accessibili al pubblico 8.2 Documenti relativi alla certificazione 8.3 Elenco dei clienti certificati 8.4 Riferimento alla certificazione ed utilizzo dei marchi 8.5 Riservatezza 8.6 Scambi di informazioni fra un organismo di certificazione ed i propri clienti 9 REQUISITI DI PROCESSO 9.1 Requisiti generali 9.2 Audit e certificazione iniziale 9.3 Attività di sorveglianza 9.4 Rinnovo della certificazione 9.5 Audit speciali 9.6 Sospensione, revoca o riduzione del campo di applicazione della certificazione 9.7 Ricorsi 9.8 Reclami 9.9 Registrazioni relative ai clienti ed ai richiedenti la certificazione 10 REQUISITI RELATIVI AL SISTEMA DI GESTIONE DEGLI ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE 10.1 Opzioni 10.2 Opzione 1: Requisiti di un sistema di gestione conforme alla ISO 9001 10.3 Opzione 2: Requisiti di un generico sistema di gestione APPENDICE A (normativa) - CONOSCENZE E ABILITÀ RICHIESTE- prospetto A.1 Prospetto delle conoscenze e abilità APPENDICE B (informativa) -POSSIBILI METODI DI VALUTAZIONE APPENDICE C (informativa) -ESEMPIO DI UNO SCHEMA DI FLUSSO PER DETERMINARE E MANTENERE LA COMPETENZA -figura C.1 Esempio di uno schema di flusso per determinare e mantenere la competenza APPENDICE D (informativa) -COMPORTAMENTI PERSONALI ATTESI APPENDICE E (informativa)-PROCESSO DI AUDIT E CERTIFICAZIONE DI TERZA PARTE - figura E.1 Schema di flusso tipico per un processo di audit di terza parte e un processo di certificazione APPENDICE F (informativa)- CONSIDERAZIONI PER IL PROGRAMMA, IL CAMPO DI APPLICAZIONE O IL PIANO DI AUDIT BIBLIOGRAFIA I contenuti principali della Norma Nel seguito ci limitiamo ad illustrare quelli che sono più nuovi e che vanno oltre la specifica attività di accreditamento. Cioè, essenzialmente: ✎ il processo di audit ✎ gli aspetti di competenza Tratteremo separatamente i due temi. A-IL PROCESSO DI AUDIT in dettaglio - LA STRUTTURA E I REQUISITI DEL PROCESSO 9.1 REQUISITI GENERALI 9.1.1 Programma di audit 9.1.2 Piano di audit 9.1.2.2 Determinazione degli obiettivi, del campo di applicazione e dei criteri di audit 9.1.2.3 Elaborazione del piano di audit 9.1.3 Selezione e assegnazione del gruppo di audit 9.1.4 Determinazione della durata di audit 9.1.6 Comunicazione dei compiti del gruppo di audit 9.1.7 Comunicazione riguardante i membri del gruppo di audit 9.1.8 Comunicazione del piano di audit 9.1.9 Conduzione di audit su campo 9.1.9.2 Conduzione della riunione iniziale 9.1.9.3 Comunicazione nel corso dell’audit 9.1.9.5 Raccolta e verifica delle infor- marzo/aprile 2012 te m a l’organizzazione: a) è conforme ai requisiti specificati; b) è capace di conseguire in modo coerente la politica e gli obiettivi definiti dall’organizzazione; c) è attuato in modo efficace. Nella presente norma internazionale il punto 4 descrive i principi su cui si basa una certificazione credibile. Tali principi aiutano il lettore a comprendere l’essenza della certificazione e costituiscono una necessaria premessa ai punti da 5 a 10. Le attività di certificazione comportano l’audit del sistema di gestione di un’organizzazione. La presente norma internazionale fornisce un insieme di requisiti per le attività di audit di sistemi di gestione ad un livello generale, finalizzato a fornire una determinazione affidabile della conformità ai requisiti applicabili per la certificazione, condotta da un gruppo di audit competente, con adeguate risorse e seguendo un processo coerente, con risultati riportati in un modo altrettanto coerente. La presente norma internazionale è applicabile per le attività di audit e di certificazione di ogni tipo di sistema di gestione. Si riconosce che alcuni requisiti, ed in particolare quelli relativi alla competenza degli auditor, possono essere integrati con criteri aggiuntivi al fine di soddisfare le aspettative delle parti interessate. AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 50 50 te m a ❙ Valutazione della conformità ❙ mazioni 9.1.9.6 Identificazione e registrazione delle risultanze dell’audit 9.1.9.7 Elaborazione delle conclusioni dell’audit 9.1.9.8 Conduzione della riunione di chiusura 9.1.11 Analisi delle cause delle non conformità 9.1.12 Efficacia delle correzioni e delle azioni correttive 9.1.14 Decisione di certificazione 9.1.15 Azioni prima di prendere una decisione 9.2 AUDIT E CERTIFICAZIONE INIZIALE 9.2.2 Riesame della domanda 9.2.3 Audit iniziale di certificazione 9.2.3.1 Audit di fase 1 9.2.3.2 Audit di fase 2 9.2.4 Conclusioni dell’audit iniziale di certificazione 9.2.5 Informazioni per il rilascio della certificazione iniziale 9.3.2 Audit di sorveglianza 9.3.3 Mantenimento della certificazione 9.4.2 Audit di rinnovo della certificazione 9.4.3 Informazioni per il rilascio del rinnovo della certificazione 9.5 Audit speciali 9.5.1 Estensione del campo di appli- marzo/aprile 2012 cazione 9.5.2 Audit senza preavviso 9.6 Sospensione, revoca o riduzione del campo di applicazione della certificazione 9.7 Ricorsi 9.9 Registrazioni relative ai clienti ed ai richiedenti la certificazione L’APPENDICE E (informativa) - PROCESSO DI AUDIT E CERTIFICAZIONE DI TERZA PARTE Presenta lo Schema di flusso tipico per un processo di audit di terza parte e un processo di certificazione.Vedi fig. E.1 (presente sul nostro sito: http://aicqna.com/ redazione/qualita/ nella sezione "segnalazione articoli"). B-LA COMPETENZA 4 -PRINCIPI 4.3 Competenza Per rilasciare una certificazione che trasmetta fiducia è necessaria la competenza del personale, supportata dal sistema di gestione dell’organismo di certificazione. Competenza è la capacità di applicare conoscenze e abilità per ottenere i risultati desiderati. 7 -REQUISITI PER LE RISORSE 7.1.2 Determinazione dei criteri di competenza Gli elementi in uscita del processo devono essere i criteri documentati della conoscenza richiesta e delle abilità necessarie per eseguire i compiti di audit e di certificazione al fine di ottenere i risultati attesi. L’appendice A specifica la conoscenza e le abilità che un organismo di certificazione deve definire per le particolari funzioni. L’organismo di certificazione deve disporre di un processo documentato per determinare i criteri di competenza per il personale coinvolto nella gestione ed esecuzione degli audit e della certificazione. I criteri di competenza devono essere determinati con riferimento ai requisiti di ogni tipo di norma o specifica di sistema di gestione, per ogni area tecnica e per ogni funzione nel processo di certificazione. Gli elementi in uscita del processo devono essere i criteri documentati della conoscenza richiesta e delle abilità necessarie per eseguire i compiti di audit e di certificazione al fine di ottenere i risultati attesi. L’appendice A specifica la conoscenza e le abilità che un organismo di certificazione deve definire per le particolari funzioni. Nei casi in cui, per uno schema specifico di certificazione, per esempio ISO/TS 22003 (Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare), siano stati stabiliti criteri specifici di competenza aggiuntivi, questi devono essere applicati. Nota Il termine “area tecnica” può essere applicato differentemente in funzione della norma di sistema di gestione considerata. Per ogni sistema di gestione, il termine è relativo a prodotti e processi nel contesto del campo di applicazione della norma di sistema di gestione. Le aree tecniche possono essere definite da uno specifico schema di certificazione (per esempio ISO/TS 22003) o possono essere determinate dall’organismo di certificazione. APPENDICE A 7.1.3 Processi di valutazione L’organismo di certificazione deve disporre di processi documentati per la valutazione iniziale della competenza e per il monitoraggio continuo sia della competenza sia della prestazione di tutto il personale coinvolto nella gestione e conduzione degli audit e della certificazio- www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 51 51 ❙ La revisione della norma ISO 17021 ❙ 7.2.11 Le procedure documentate di monitoraggio per gli auditor devono comprendere una combinazione di osservazioni su campo, riesami di rapporti di audit ed informazioni di ritorno dai clienti o dal mercato e devono essere precisate in requisiti documentati. Tale monitoraggio deve essere concepito in modo da minimizzare il disturbo arrecato ai normali processi di certificazione, soprattutto dal punto di vista del cliente. APPENDICE C (informativa) - MOSTRA UN ESEMPIO DI SCHEMA DI FLUSSO PER DETERMINARE E MANTENERE LA COMPETENZA. Impatti operativi Poiché la iso 17021 è un documento cogente, a differenza della Iso 19011 che è una Guida, ne nascono importanti implicazioni operative, tra cui ( ): ✎ Per rilasciare una certificazione che trasmetta fiducia è necessaria la competenza del personale coinvolto nel processo di certificazione (non limitata a quella degli auditors). ✎ L’organismo di certificazione deve avere pertanto un processo documentato a) per determinare i criteri di competenza per il personale coinvolto nella gestione ed esecuzione dell’audit e della certificazione. I criteri di competenza devono essere determinati con riferimento ai requisiti di ogni tipo norma o specifica di sistema di gestione, per ogni area tecnica e per ogni funzione nel processo di certificazione, oltre che per area geografica, se applicabile ALLEGATO A, b) per la valutazione della competenza iniziale e per il monitoraggio della competenza nel tempo e della prestazione di tutto il personale coinvolto nella gestione e prestazione degli audit e della certificazione, applicando determinati criteri di competenza. ✎ Gli ODC devono riqualificare tutti i propri auditor utilizzando i metodi suggeriti nell’ ALLEGATO B ✎ Non si deve più ragionare in termini di requisiti minimi per la competenza (ad es. 10 audit, 3 anni di esperienza, laurea, anche se tutto ciò può rimanere) ma innanzitutto sulle conoscenze richieste per lavorare in un’area tecnica definita, e quindi sui metodi utilizzati per verificare questa competenza. ✎ Gli ODC devono predisporre un piano di transizione da rendere disponibile ad Accredia prima della verifica di transizione, e comunque entro il 1 Febbraio 2012. Accredia verificherà il rispetto del piano proposto in occasione della prima verifica ispettiva presso la sede dell’OdC interessato; ✎ Piano di transizione.-IAF ha emesso un documento informativo (IAF ID 2:2011), disponibile sul sito IAF, dove viene definito un periodo di transizione di 24 mesi dalla data di pubblicazione; pertanto, entro il 1 febbraio 2013 tutti gli Organismi Accreditati ISO/IEC 17021:2006 dovranno adeguarsi alla nuova norma al fine di evitare provvedimenti sanzionatori. ✎ A partire dal 1 Febbraio 2012 Accredia emetterà nuovi accreditamenti solo a fronte della ISO/IEC 17021:2011. ✎ Dal 1 febbraio 2013 tutti gli accreditamenti emessi a fronte della ISO 17021:2006 verranno revocati. ■ NOTE 1 Emanuele Riva, UNI / ACCREDIA - Ottobre 2011, Aspetti applicativi della UNI CEI EN > Prospetto A.1 - prospetto delle conoscenze e abilità www.aicq.it ISO/IEC 17021. marzo/aprile 2012 te m a ne, applicando i criteri di competenza stabiliti. L’organismo di certificazione deve dimostrare l’efficacia dei propri metodi di valutazione. Gli elementi in uscita da questi processi devono essere idonei ad identificare il personale che possiede il dimostrato livello di competenza richiesto per le differenti funzioni del processo di audit e di certificazione. Nota Un numero di metodi di valutazione che possono essere utilizzati per valutare la competenza e le abilità sono descritti in appendice B e comprendono i seguenti: ✎ Riesame delle registrazioni ✎ Informazioni di ritorno ✎ Interviste ✎ Osservazioni ✎ Esami APPENDICE D -COMPORTAMENTI PERSONALI ATTESI (informativa) Riporta esempi di comportamenti personali, che sono importanti per il personale coinvolto nelle attività di certificazione, per ogni tipo di sistema di gestione. 7.2.5 L’organismo di certificazione deve disporre di un processo per poter conseguire e dimostrare l’efficacia dell’attività di audit, compresi l’impiego di auditor e di responsabili di gruppi di audit che posseggano abilità e conoscenze generali circa gli audit, nonché abilità e conoscenze appropriate per effettuare audit in aree tecniche specifiche. AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 52 52 ❙ Eventi ❙ ev en t i >> Aicq Centro Insulare Dalla Regola Benedettina alla Qualità Totale Nell’ambito delle molteplici iniziative promosse ed organizzate dall’Associazione Italiana Cultura per la Qualità centro insulare AICQ-ci per celebrare la settimana europea per la Qualità 2011 - svoltasi quest’anno all’insegna dello slogan «Quality for best impact» - meritano di essere segnalate due che si sono svolte con il medesimo titolo e che hanno attratto un numerosissimo e qualificatissimo pubblico: “dalla Regola Benedettina alla Qualità Totale”. Entrambe hanno avuto come relatore il qualitologo, prof. ing. Sergio BINI, noto studioso della materia ed assiduo ricercatore di nuove frontiere della Qualità e di modelli di gestione delle organizzazioni, oltre che consigliere e socio fondatore della stessa AICQ-ci. Le manifestazioni, strutturate come “seminari – conversazioni”, si sono tenute a Roma: ✎ il 9 novembre 2011, presso la sala conferenze della centralissima sede dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma. L’incontro è stato dedicato agli iscritti all’Ordine; ✎ il 19 dicembre 2011, presso il Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo, la prestigiosa ed antica Università internazionale dei monaci benedettini sull’Aventino. L’incontro è stato aperto dal Magnifico Rettore ed ha richiamato in sala anche numerosi docenti dell’Ateneo. Per poter rispondere alle richieste provenienti da parte di coloro i quali non hanno potuto partecipare ai due incontri, si provvederà ad organizzare altre due repliche dell’evento. Comunque, al fine di mettere tempestivamente a disposizione di tutti i Soci dell’Associazione i principali contenuti affrontati durante i due seminari, si vogliono sintetizzare - di seguito e per grandi linee - sia il quadro tematico affrontato, sia i principali aspetti trattati. La Regola Benedettina Da quasi quindici secoli c’è un documen- marzo/aprile 2012 to che continua a costituire, silenzio-samente, la base della struttura organizzativa, produttiva e culturale dell’Italia, dell’Europa e - più in generale - del mondo occidentale: la «Regula Benedicti». Il documento elaborato da San Benedetto da Norcia nel 530 d.C. - anche se è stato definito dallo stesso Santo “una piccolissima Regola per principianti … con la quale risulta possibile raggiungere finalmente le più alte vette di dottrina e di virtù …” ha consentito di avviare ed alimentare un inesorabile circolo virtuoso che ha cambiato il corso della storia e dell’economia, il concetto di lavoro ed ha stimolato un processo di miglioramento continuo della stessa qualità della vita delle persone e delle società coinvolte. Dallo studio attento di questa Regola (e della sua progressiva attuazione ed e-spansione in abbazie e monasteri) si può scoprire che effettivamente il concetto stesso di Europa poggia le proprie basi sulle direttive tracciate dal grande Santo umbro: ✎ concetti-base della vita delle organizzazioni: parlamento, elezioni, scrutinio, ballottaggio, rappresentanza, arbitrato, cooperative, fondazioni, e così via; ✎ parole e forme: “avere voce in capitolo”, rubrica, scomunica, breakfast, gris-sino, biscotto, indispensabile, e così via; ✎ invenzioni e soluzioni tecnologiche: i vari tipi di mulino (ad acqua e a vento); la bussola, l’aratro, l’organizzazione tecnica dell’agricoltura, dell’itticoltura, la stampa, la ferratura dei cavalli, l’orologio (lo svegliarino); l’altoforno; le tecniche di costruzione delle cattedrali e dei monasteri, insieme con una moltitudine di prodotti innovativi e di altre “cose nuove”. La “Regola” ha costruito la vera cultura occidentale dell’Europa Come affermava, infatti, lo studioso Léo MORIN «… i monaci sono all’origine, inconsapevole ed involontaria, di un movimento economico e sociale così profondo, così diverso e vasto che l’evoluzione del Medio Evo sarebbe difficilmente spie- gabile senza la loro presenza e la loro azione. In questo senso, San Benedetto e con lui i benedettini sono i “padri dell’Europa” nel senso pieno del termine, sia da un punto di vista storico che sociologico …» [Léo Morin, 2008]. Sono molti, fortunatamente, gli studiosi nel mondo che dedicano i propri studi e le proprie ricerche per approfondire sia questo prezioso testo, sia le sue applicazioni che hanno consentito nei secoli di far migliorare progressivamente la qualità della vita e di far accrescere la cultura dei popoli, a partire da quelli gravitanti nelle aree di influenza dei monaci e dei monasteri. Tra questi, non sono pochi quelli che ritengono la Regola benedettina un testo che vada ben oltre la dimensione “religiosa”; essa è, soprattutto, una guida metodologica che aiuta a mettere ordine nella vita delle persone e delle comunità (organizzazioni; aziende; imprese; reti di imprese; gruppi; famiglie; sistemi; network; e così via). Dagli Stati Uniti Skrabec jr. - un importante studioso di Qualità- conferma con determinazione che, grazie alla Regola di San Benedetto, «le comunità benedettine furono la dinamo economica della loro epoca. Erano centri agricoli, di produzione e di conoscenza… all’inizio la loro attività fu agricola, ma ben presto seguirono la strada … per raggiungere l’indipendenza economica, ottenendo i loro primi successi nella pesca, nella lavorazione della lana, nella macinazione del grano e nell’allevamento dei cavalli. Queste comunità monastiche erano organizzazioni culturali in cui venivano promossi studi ed esperimenti nel campo della manifattura di beni. Nel XV se-colo, ormai i monasteri europei gestivano attività come la fabbricazione della birra, l’estrazione dei minerali, la molitura del grano, la produzione del ferro e la lavorazione del vetro. …. Queste comunità “industriali” ed i loro monopoli con-trollavano l’Europa attraverso dipendenze (“masserie”) …. L’efficienza organizzativa è l’eredità che esse hanno lasciato al nostro secolo, alla cui base troviamo alcuni principi benedettini: armonia, lavoro di gruppo e stabilità … ». [Quentin R. Skrabec jr., 1998] www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 53 53 ❙ Eventi ❙ Gli aspetti innovativi nella gestione delle organizzazioni, come “sistemi” In occasione delle due conversazioni, il relatore si è soffermato, in particolar modo, sulla interpretazione delle declinazioni applicative della Regola soprattutto nei riguardi dei seguenti ambiti: ✎ eliminazione delle negatività all’interno delle organizzazioni; ✎ ottimizzazione del lavoro di squadra, servendosi della cooperazione per vincere; ✎ capacità di integrare nel lavoro le dimensioni materiali (tangibili) con quelle spirituali (intangibili); ✎ possibilità di raggiungere il vertice della “piramide dei bisogni” di Maslow (cioè l’autorealizzazione) da parte di tutte le persone; ✎ sviluppo di un’organizzazione creatrice, con continuità, di conoscenza e di innovazione. L’attenzione del relatore si è focalizzata, inoltre, su come la “Regola” abbia svolto nella realtà dei fatti – il ruolo indiscutibile di vera e propria antesignana dello standard internazionale ISO 9001 (prima) e, www.aicq.it successivamente, dei principi-base del Total Quality Management (la cosiddetta Qualità Totale). La Regola, infatti, ha introdotto concetti oggi attualissimi come: miglioramento continuo; circoli della qualità; team work; leadership; brainstorming; standardizzazione; benchmarking; autovalutazione; just in time; knowledge management; e così via. La Regola - sintetizzata egregiamente dallo slogan «ora et labora» - è quindi un semplice progetto di vita, un insieme di principi chiaramente più vicino al significato originario della parola latina «regula», o guida, piuttosto che al termine «lex» o legge. Infatti, «Regula» - la parola che oggi viene tradotta con “regola” - nell’accezione originaria significava, invece “indicatore stradale”, oppure “ringhiera”, cioè qualcosa a cui aggrapparsi e sorreggersi nel buio e/o nella stanchezza, qualcosa che indica la strada e che aiuta ad andare verso una determinata (corretta) direzione, nel “deserto della vita” quotidiana. Non è, quindi, solo una serie di istruzioni, ma aiuta a costruire uno stile di vita! Forse anche per questo, la Regola costituisce uno strumento estremamente vivo e sempre attuale e la si può applicare anche in un momento così complesso e difficile come quello attuale - sia per i singoli, che per le organizzazioni-. Con la “Regola”, la persona viene posta al centro dell’organizzazione La Regola benedettina - o meglio la “Regula Benedicti” -, questo antico testo del VI secolo d.C. scritto nell’Abbazia di Montecassino, non può e non deve essere con- marzo/aprile 2012 ev e n ti Ancora oggi, senza saperlo, dopo 1500 anni la “Regola di Benedetto da Norcia” continua a regolare la vita e le relazioni all’interno delle piccole imprese; infatti, con la guida “paterna” del proprietario-imprenditore si tende a rafforzare una serie di principi che non regolano solo le ore, i riti, le attività, i ruoli, i compiti e le responsabilità di ciascun protagonista, ma anche i processi di crescita personale dei singoli. siderato un trattato di teologia, bensì una guida di sapienza per l’uomo di sempre compreso (o forse ancor di più) per quello di oggi - per poter: ✎ comprendere meglio l’Uomo, come entità e come singolo; ✎ comprendere meglio il Gruppo; ✎ costruire un processo virtuoso nel Gruppo, cioè un miglioramento continuo dei singoli, della comunità e delle attività svolte. In tale ambito metodologico, la «sapienza» per San Benedetto è un qualcosa di sapido, di saporoso, di interessante che consente: ✎ di penetrare nei significati delle cose e delle azioni umane; ✎ di conoscere l’uomo in tutte le sue manifestazioni evidenti come e parole e le azioni, e nascoste, ma non del tutto (i cosiddetti “segnali deboli”). Le tre virtù principali fissate dalla “Regola” per il processo di miglioramento - che devono essere prima riconosciute e poi esercitate - sono: ✎ l’obbedienza, che è un mettersi in ascolto (ob-audire), in piedi, e pronti ad agire secondo saggezza e conoscenza (cioè, le competenze) [capitolo 5°]; ✎ il silenzio, che non è un vuoto mentale o l’assenza di proposte, ma il momento e il modo che le fa maturare. Collegate al silenzio, e funzionale ad esso, ci sono la sobrietà e la proprietà di linguaggio [capitolo 6°]; ✎ l’umiltà, che è un sentirsi permanentemente vicini alla terra (humus) - cioè vicini ai problemi ed attenti alle realtà quotidiane -. L’acquisizione di questa virtù consente di avere la reale percezione della propria fallibilità e della propria fragilità in ogni situazione [capitolo 7°]. Le suddette tre “virtù” vanno, comunque, declinate alla luce di un quarto concet-to unificante, quello di persona, come essere razionale, libero e autocoscien-te. La “Regola benedettina” è costituita da un prologo e da 73 capitoli, che pos-sono essere letti immaginandoli organizzati in quattro parti: Di tutta la “Regola” si vuole, di seguito, ri- AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 54 ev en t i 54 ❙ Eventi ❙ portare solo le prime righe del “prologo” che recitano così: «ASCOLTA, figlio, i precetti del maestro, PORGI attento il tuo cuore, RICEVI di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene e METTILI risolutamente in pratica, per RITORNARE con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato …». Da una lettura particolarmente attenta (e forse anche molto laica) di queste ri-ghe traspaiono le fasi «plan-do-check-act» del modello operativo a base del mi-glioramento continuo rappresentato dal ciclo di Deming; che, quindi, risulterebbe poter essere stato tracciato con circa 1.500 anni di anticipo. La guida è affidata alla leadership di un uomo scelto dalla comunità Uno dei principali pilastri della “Regola benedettina” è costituito dalla “leadership” esercitata dall’Abate, il capo della comunità; attraverso sia la sua opera quotidiana, sia le sue particolari caratteristiche umane, «deve riuscire a costruire la comunità per mezzo dell’organizzazione». E’ indispensabile che l’Abate «detesti i vizi, ma ami i fratelli …» e nel corregge-re agisca con prudenza e senza eccessi, perché volendo raschiare troppo la ruggine, non gli capiti di rompere il vaso; abbia sempre presente la sua fragilità e si ricordi che “non si deve spezzare la canna incrinata” [Anselm Grün, 2004]. All’Abate la Regola ricorda che deve operare cercando di «essere amato più che temuto» [capitolo LXIII]; «l’Abate si ricordi sempre di quello che è e di come viene Figure della REGOLA benedettina ABATE PRIORE CELLERARIO DECANI CIRCATORES ARMARIUS (Capo Biblioteca) marzo/aprile 2012 chiamato, e sappia che a chi fu dato molto, molto sarà richiesto. Sia inoltre consapevole della difficoltà e della delicatezza del compito che si è assunto di governare le anime, adattandosi ai diversi temperamenti, che richiedo-no alcuni la dolcezza, altri il rimprovero, alti ancora la persuasione; sappia adat-tarsi e conformarsi a tutti, secondo l’indole e l’intelligenza di ciascuno, così da non subire perdite nel gregge affidatogli, rallegrandosi invece per il suo incremento» [capitolo II]. San Benedetto, nel suo modello di conduzione dell’organizzazione della comunità monastica, vuole che l’Abate si debba liberare dall’orgoglio di dirigere una comunità di grande fama e che, invece, presti la massima attenzione al singolo - da rispettare con tutta le sue debolezze - e se ne occupi come il buon pastore. In questo modo, mentre segue il singolo (nelle sue debolezze) potrà conoscere meglio anche le proprie e troverà il modo per combatterle. Si deve, cioè, comportare come il bravo medico che vive in se stesso le ferite del paziente. Walter Nigg definisce San Benedetto «costruttore di uomini», uno che realizza con grande energia e determinazione, ciò che in quel momento era più necessario, cioè degli uomini riaggiustati da cima a fondo in senso positivo [A. Grün, 2004]; diventare uomini positivi che sanno costruire senza demolire gli altri: proprio questa è una delle più importanti raccomandazioni di San Benedetto valide anche per i cittadini del terzo millennio. Per assicurare la gestione operativa dell’organizzazione era stata prevista anche la presenza di altre figure che sono in qualche modo riconducibili alle figure presenFigure dell’impresa moderna Amministratore Delegato Direttore Generale Direttore Amministrativo e finanziario e Direttore Approvvigionamenti Dirigenti, responsabili di Strutture organizzative Internal Auditing Responsabile Formazione e cultura d’impresa (gestore del know how) ti oggi nelle aziende: Comunque, «ogni volta che in monastero si devono trattare cose d’importanza, l’Abate raduni tutta la comunità ed esponga egli stesso di che si tratta. E udito il parere dei fratelli, consideri dentro di sé la cosa, e faccia quello che gli sembre-rà più utile. Abbiamo detto di chiamare tutti a consiglio, perché spesso il Signore ispira al più giovane il partito migliore. … consigliati in tutto ciò che fai e dopo non avrai a pentirtene» [capitolo III]. Ma l’organizzazione e la gestione della comunità secondo la Regola Benedettina è scandita e regolata da un nutrito ed importante dizionario farcito di concetti la cui attenta analisi semantica meriterebbe giornate intere di approfondimento. Di seguito si riportano, ad esempio, alcuni tra i più importanti con-cetti benedettini, presenti nella Regola: la stabilitas; humilitas (da “humus”); obsculta/ausculta; la discretio; la taciturnitas; la statio; la mormorazione; l’hora competens; la con + solatio; la responsabilitas (da “responsum + abilis”); la sopportazione; lo zelo; l’autorità (da “auctoritas”); decidere (da “de + caedere”); la consapevolezza; tras-formare; e così via. Il prof. ing. Sergio Bini conclude la conversazione con una riflessione finale dedicata alla ricerca delle possibili motivazioni che hanno portato l’Unione Europea a voler negare (non solo formalmente, ma anche fattualmente) la matrice cristiana/benedettina delle origini della propria cultura occidentale. L’Unione Europea sembra concentrare le proprie attenzioni quasi esclusivamente all’economia ed alla finanza; infatti, sembra quasi che per le burocrazie europee non esistano più né le persone, né i “cittadini”, ma solo dei “consumatori”. Non sembrano meritevoli di attenzione nemmeno i “lavoratori”, considerati es-senzialmente come “forza lavoro” e considerati quasi una “merce” intercambiabile, grazie all’adozione di soluzioni delocalizzate sempre più economiche. Forse si sta realizzando proprio quanto previsto, con preoccupazione, da George Orwell quando avvertiva che “chi si appropria del nostro passato, si appropria del nostro futuro”, come stava accadendo anche ai tempi di San Benedetto. www.aicq.it AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 55 AICQ_2.qxd:AICQ_ 19-03-2012 9:30 Pagina 56 56 ❙ Qualità dal mondo ❙ q u a l it à d a l m on d o >> A cura di Giovanni Mattana ITALIA, PA Continuità operativa Pubblicata sulla Gazzetta del 27 dicembre 2011 la Circolare n.58 con le indicazioni necessarie per adempiere a quanto previsto dall'articolo 50-bis (Continuità Operativa) del Codice dell'Amministrazione Digitale. In particolare, la circolare chiarisce le informazioni da inviare a DigitPA per il rilascio del parere sullo studio di fattibilità tecnica e per l’attività di verifica dell’aggiornamento dei piani di Disaster Recovery. Alla sicurezza dei dati e delle applicazioni informatiche DigitPA dedica particolare attenzione, specie in un quadro di progressiva e radicale digitalizzazione dei servizi a cittadini e imprese. Il Disaster Recovery è il primo passo necessario a garantire la piena ed efficace continuità dei servizi online delle pubbliche amministrazioni. La continuità operativa è l’insieme di attività volte a minimizzare gli effetti distruttivi, o comunque dannosi, di un evento che ha colpito un’organizzazione o parte di essa, garantendo la continuità delle attività in generale. La sfera di interesse della continuità operativa va oltre il solo ambito informatico, interessando l’intera funzionalità di un’organizzazione, ed è pertanto assimilabile all’espressione “business continuity”. La continuità operativa può quindi essere intesa come “l’insieme di attività volte a ripristinare lo stato del sistema informatico o parte di esso, compresi gli aspetti fisici e organizzativi e le persone necessarie per il suo funzionamento, con l'obiettivo di riportarlo alle condizioni antecedenti a un evento disastroso”. La continuità operativa comprende sia gli aspetti strettamente organizzativi, logistici e comunicativi che permettono la prosecuzione delle funzionalità di un’organizzazione, sia la continuità tecnologica, che nel contesto delle pubbliche amministrazioni riguarda l’infrastruttura informatica e telecomunicativa (ICT). Pertanto, le soluzioni per garantire la continuità dei servizi non considerano soltanto le compo- marzo/aprile 2012 nenti tecnologiche utilizzate, ma anche tutte le altre risorse (personale, impianti, ecc.). La continuità operativa considera i mezzi tecnici impiegati nei procedimenti amministrativi come strumenti per l’erogazione dei servizi ed estende la sua sfera di interesse alle tematiche più generali di natura organizzativa. La continuità operativa rappresenta un aspetto di estrema importanza per l’e-governement, poiché consente di garantire realmente una disponibilità dei servizi on line superiore a quella degli accessi tradizionali tramite sportello. In tal modo, è possibile fornire al cittadino il pieno esercizio del suo diritto ad accedere ai servizi pubblici per via telematica, come previsto dall’Articolo 3 del Codice dell’Amministrazione Digitale. L’importanza di questo tema ha trovato conferma in occasione della revisione del CAD operata dal decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 che ha inserito un nuovo articolo, il 50bis, “Continuità operativa”. Linee guida per il disaster recovery delle Pubbliche amministrazioni -http://www. digitpa.gov. Piano Nazionale per la Banda Larga È del 29 dicembre scorso l’annuncio del Ministero dello Sviluppo Economico, del proseguimento Piano Nazionale per la Banda Larga, che in questa quarta trance metterà a disposizione 95 milioni di euro attraverso la società Infratel-Invitalia per la realizzazione di un’infrastruttura a banda larga nei territori a digital divide di Sicilia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna e Veneto. Forum Pa 2012 Il tema del prossimo FORUM PA 2012 ( Fiera di Roma,15-18 maggio) sarà l’OPEN GOVERNMENT in quanto considerata come strada obbligata per la PA del futuro, capace di promuovere innovazione e speranza a cittadini e imprese. In questo contesto di “innovazione necessaria” FORUM PA si propone come luogo della divulgazione e messa a sistema delle esperienze italiane di Open Government, come catalizzato- re di nuove alleanze, come stimolo culturale, lobbistico e operativo per rimuovere gli ostacoli e le chiusure normative, organizzative e tecnologiche che si oppongono ad una PA realmente aperta. La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità L’Italia ha ratificato La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità La capacità di risposta ai bisogni delle persone disabili è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente e l’Italia ha fatto un passo avanti decisivo in tale direzione. La Convenzione rappresenta pertanto uno strumento condiviso dalla comunità internazionale che segna valori e obiettivi per ampliare il grado di inclusione sociale delle persone disabili. La persona al centro, lo sviluppo integrale di ciascuna persona: è questa la stella polare per riconoscere e promuovere il valore infinito della persona per il solo fatto che esista, così come è. “Gli Stati Parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità (…)”,art.10. Il concetto di disabilità non indica più un assoluto della persona come in passato ma riguarda il rapporto tra la persona e il suo ambiente di riferimento. Educazione e lavoro sono due ambiti particolari cui la Convenzione fa riferimento invitando a un impegno preciso istituzioni e società civile. Come per ogni persona, il percorso di istruzione e formazione e l’esperienza lavorativa rappresentano momenti essenziali anche per la vita di una persona disabile. E’ necessario pertanto sviluppare percorsi, servizi e tecnologie nuove che permettano di rispondere adeguatamente a tali necessità. Nessuna legge o convenzione può però sostituire la responsabilità dei singoli e ciascuno di noi è chiamato, su questo tema, a una responsabilità grande. www.aicq.it AICQ_cover_mar_apr2012_Cover AICQ 19/03/12 09:46 Pagina 4 AICQ_cover_mar_apr2012_Cover AICQ 19/03/12 09:46 Pagina 1
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