Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano - Contiene I.P. - In caso di mancato recapito si prega inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto. AICQ1 cover 2011_Cover AICQ 24/06/11 10:22 Pagina I Numero 1/2011 G e n n a i o / Fe b b r a i o ALIMENTARE GLI ENTI LA SICUREZZA IL BIOLOGICO AGRICOLTURA SOCIALE LA PA E LA QUALITÀ NELLE L'AVANZAMENTO IL MODELLO CAF CAMERE DI COMMERCIO BENESSERE E LAVORO AICQ1 cover 2011_Cover AICQ 24/06/11 10:22 Pagina II AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 1 Associazione Italiana Cultura Qualità FEDERAZIONE NAZIONALE SETTORI TECNOLOGICI 20124 Milano - via Cornalia, 19 tel. 02 66712484 - fax 02 66712510 [email protected] - http://www.aicq.it Presidente: Vincenzo Mazzaro Vicepresidenti: Marco Gentilini, Giovanni Mattana Assemblea: Giovanni Romano; Federica Galleano; Santo Paternò; Antonio Lanzotti; Ettore La Volpe; Franco Drusiani; Marco Gentilini; Alberto Bobbo; Giovanni Mattana Giunta esecutiva: Giovanni Romano; Alessandro Manzoni; Giovanni Mattana; Marco Gentilini; Walter Piacentini; Santo Paternò; Ettore La Volpe; Alberto Bobbo Segretario Generale: Giacomo Casarino Segreteria Nazionale: Annalisa Rossi Settore Alimentare c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Claudio Mariani Settore Autoveicoli c/o Associazione Piemontese Presidente: Stefano Monaco Settore Costruzioni Civili c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Pietro Fedele Settore Elettronico ed Elettrotecnico c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Giovanni Mattana Settore Servizi per i Trasporti c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Sergio Bini Settore Turismo c/o Associazione Piemontese Presidente: Caterina Fioritti Settore Trasporto su Rotaia c/o AICQ Nazionale Presidente: Gianfranco Saccione Settore Scuola c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Paolo Senni Guidotti Magnani ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA FEDERAZIONE AICQ - Associazione Italia Centronord 20124 Milano - via M. Macchi, 42 - tel. 02 67382158 fax 02 67382177 - [email protected] Presidente: Giovanni Romano AICQ - Associazione Piemontese 10128 Torino - via Genovesi, 19 - tel.011 5183220 fax 011 537964 - [email protected] Presidente: Federica Galleano AICQ - Associazione Tosco Ligure c/o CIPAT Via dei Pilastri n°1/3 50121 Firenze Tel. e fax 055 481524 Presidente: Ettore La Volpe AICQ - Associazione Triveneta 30174 Mestre (VE) - Galleria Giacomuzzi, 6 tel. 041 951795 fax 041 940648 - [email protected] Presidente: Alberto Bobbo AICQ - Associazione Emilia Romagna 40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11 tel. 3355745309 - fax 051 0544854 - [email protected] Presidente: Franco Drusiani AICQ - Associazione Centro Insulare 00185 Roma - via di San Vito, 17 - tel. 06 4464132 fax 06 4464145 - [email protected] Presidente: Marco Gentilini AICQ - Associazione Meridionale 80125 Napoli - via Giulio Cesare, 101 - tel. 081 2396503 fax 081 6174615 - [email protected] Presidente: Antonio Lanzotti AICQ - Associazione Sicilia 90139 Palermo - via F. Crispi 120, c/o Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo cell. 334. 95 49 274 - fax 091 9889355 - [email protected] Presidente: Santo Paternò COMITATI TECNICI Comitato Ambiente c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Claudio Rosso Comitato Benchmarking/TQM c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Romina Donazzi Comitato Metodi Statistici c/o Associazione Nazionale Presidente: Egidio Cascini Comitato Metodologie di Assicurazione della Qualità c/o Associazione Centro Insulare Presidente: Francesco Carrozzini Comitato Normativa e Certificazione dei Sistemi Gestione Qualità c/o Associazione Nazionale Presidente: Cecilia de Palma Comitato Qualità del Software e dei servizi IT c/o Associazione Italia Centronord Presidente: Mario Cislaghi Comitato Risorse Umane e Qualità del Lavoro c/o Associazione Triveneta Presidente: Piero Dettin AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 2 2 sommario L’agricoltura sociale 16 Alfonso Pascale La certificazione di qualità nel settore biologico 21 Federica Murmura, Alessandro Mengozzi Sistema ristorazione 24 Enza Laretto editoriale tema 2 La rivista Qualità compie 40 anni La PA e la Qualità 3 Qualità nella PA Giovanni Mattana 26 Giovanni Mattana attualità Accredia – l’ente unico italiano di accreditamento PA: il modello Caf per l’autovalutazione 4 32 Italo Benedini Federico Grazioli tema 1 Alimentare Il D.Lgs n°150/2009 nelle camere di commercio 37 Antonio Biasi Introduzione al tema agroalimentare 6 Benessere e lavoro nelle PA Claudio Mariani 40 Paola Michelini ICQRF - tutela qualità e repressione frodi 7 Elena Chiappara Qualità ha 40 anni 43 Giovanni Mattana Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali 9 Andrea Cereser Qualità dal mondo 47 Giovanni Mattana L’agenzia delle dogane e il controllo degli alimenti 11 Silvia Fremiotti Rubrica Certiquality 49 Armando Romaniello Sicurezza alimentare e sostenibilità 13 Maria Chiara Ferrarese, Adriana Ramella Corsi 51 Redazione Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito ed in particolare il Settore Agroalimentare ed il suo Presidente n. 1 gennaio/febbraio 2011 Edizione Nazionale AICQ Autorizzazione del Trib. di Torino n. 783 del Registro del 28/11/52 ISSN 2037-4186 Direttore responsabile Giovanni Mattana Redazione Annalisa Rossi Comitato editoriale e di supporto Composto da: Giovanni Mattana (coordinatore), Presidente AICQ, Sergio Bini, Claudio Rosso, Pietro Fedele, Egidio Cascini, Mario Cislaghi, Cecilia de Palma, Piero Dettin, Italo Benedini. Editore Mediavalue srl Via Domenichino, 19 - 20149 Milano tel. +39 0289459724 - fax +39 0289459753 www.mediavalue.it - [email protected] Redazione, grafica, impaginazione [email protected] Abbonamenti [email protected] Segreteria di redazione AICQ - via Cornalia, 19 20124 Milano Tel. 02 66712484 Fax 02 66712510 [email protected] Pubblicità [email protected] Stampa Italgrafica - Novara Gli articoli di questo numero, pur ritenuti validi dagli editori per il loro contenuto, vengono pubblicati sotto la responsabilità degli Autori. In conformità a quanto previsto dal D.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e fatti salvi i diritti dell’interessato ex art. 7 del suddetto decreto, l’invio di Qualità autorizza AICQ stessa al trattamento dei dati personali ai fini della spedizione di questa pubblicazione. Diritti riservati - Pubblicità inferiore 50% Distribuzione: La rivista - bimestrale - è stampata in 8.000 copie a numero e ha distribuzione nazionale. Viene inviata a tutti i Soci AICQ in abbonamento postale, e ai responsabili qualità delle aziende. Spedizione in abbonamento postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Milano. Prezzi di vendita per l’Italia: una copia € 5,00, copia arretrata € 10,00, abbonamento annuo (6 numeri) € 50,00; (12 numeri) € 95,00. Per l’estero: una copia € 15,00. Il pagamento può essere effettuato tramite bonifico sul c/c bancario: IBAN IT33N0569634070000002372X67 intestato a Mediavalue srl AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 3 3 Giovanni Mattana Insegnamenti del passato per costruire il futuro La rivista Qualità è nata nel 1971, come evoluzione di due notiziari informativi delle Sezioni di Milano e di Torino, attivati dieci anni prima. Nei suoi 40 anni di storia, insieme agli Atti dei 23 Convegni biennali, ha rappresentato un grande contributo alla diffusione della cultura della Qualità in Italia. Per ricordare questo contributo, nel corso dell’anno, ripubblicheremo alcuni contributi significativi. Ma vorremmo che la ricorrenza fosse un’occasione per renderci più consapevoli del percorso compiuto e anche dei perché dell’evoluzione, in modo da essere più maturi nell’avventurarci verso le scelte del futuro. Quali i mega trend degli ultimi 30 anni? Nella nuova Rubrica dedicata a questa ricorrenza, pubblichiamo la prolusione del prof. Francesco Brambilla al Convegno Nazionale AICQ del 1980. È un contributo che ci sembra particolarmente significativo non solo per capire cosa caratterizzava la qualità degli anni ’60 e ’70 ma anche per i molti aspetti che evidenzia: humus culturale, consapevolezza del valore universale dei metodi statistici della qualità, impegno alla loro diffusione, orgoglio della professione. Emblematico di una cultura altamente specialistica, consapevole di possedere una competenza nuova e forte, capace di risolvere in modo nuovo una intera classe di problemi, con un forte impegno costruttivo, non solo descrittivo. Leggerlo può essere una scoperta oltre che una emozione. Ma, se cerchiamo di storicizzare il percorso della Qualità, appare chiaro che quel notevole livello aveva un limite, costituito dalla incidenza parziale sul complesso dell’organizzazione. C’era bisogno di allargare la disciplina della Qualità a tutta l’organizzazione. E i successivi anni ’80 hanno segnato questo passaggio con risultati clamorosi: • Il TQM ha introdotto nuovi valori e principi di management (processi, orientamento ai clienti, ruolo delle persone,..) che si sono dimostrati estremamente pervasivi nelle organizzazioni e che hanno costituito una svolta epocale sia nelle organizzazioni che nelle discipline di management • Il miglioramento continuo ha introdotto una nuova dinamica nella gestione delle organizzazioni, basata su nuovi metodi e tecniche e ha dimostrato la possibilità di raggiungere risultati impensabili (miglioramenti anche di migliaia volte) • Il concetto di Sistema ha portato a considerare le organizzazioni in modo molto più unitario, eliminando i compartimenti stagni e soprattutto insegnando a gestire le interazioni e le interdipendenze tra i sottosistemi • L’utilizzo sempre più esteso della logica PDCA ha ulteriormente aiutato a legare tra loro questi 4 elementi diacronici, ma soprattutto, di fatto, a portare l’attenzione sul ruolo essenziale della pianificazione se si vuole guidare una organizzazione verso traguardi definiti • L’avvio della pratica della certificazione che ha diffuso verifiche esterne di ottenimento di un pacchetto di requisiti minimi universali. E poi? perché questo momento magico si è affievolito? • a fronte di nuove priorità si è perso il passo di coinvolgimento e il momentum (quasi l’80% delle aziende nordamericane aveva introdotto il tqm!) • non si è stati capaci di provocare una seconda ondata • molte prassi acquisite, una volta assimilate, sono diventate normale modo di lavorare mentre altre sono state banalizzate o sono diventate di facciata. Nel contempo emergeva una esigenza nuova e più vasta, quella di conquistare nuovi ambiti di applicazione ai principi e ai metodi della Q: dopo le aziende, espandersi al mondo dei servizi, diventato ormai prevalente e anche a tutti gli ambiti privati (anche al proprio.. condominio o alle proprie associazioni e alle persone), utilizzare, cioè, i metodi della Qualità per risolvere i problemi correnti. La risposta a questa nuova esigenza rappresenta una sfida tuttora quanto mai aperta: oggi si osserva una forbice amplissima e addirittura crescente tra chi, per es. entro il sistema TL 9000, non può sfuggire ad un benchmarking mondiale, mensile, inesorabile, e chi si ritrova….quasi analfabeta dell’ABC della Qualità e immobile nel proprio livello. Come ritrovare un passo più veloce? e come favorirlo? Certamente questa è una sfida per l’oggi e per il domani; forse la più grande. Un augurio di buon anno a tutti i lettori www.aicq.it gennaio/febbraio 2011 ed i to r i a l e La rivista Qualità compie 40 anni AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 4 S Attualità S 4 a tt u al i t à >> Federico Grazioli Presidente ACCREDIA Accredia l’ente unico italiano di accreditamento In Europa al servizio del paese Con la nascita di ACCREDIA a inizio 2010, il sistema di accreditamento italiano ha assunto una nuova veste europea, allineandosi a quello degli altri Paesi dell’Unione: supervisione, uniformità e omogeneità dei processi di accreditamento – prima comunque garantiti da EA – sono ora disciplinati per legge e in capo a un unico soggetto. La svolta lungamente attesa è avvenuta con il riconoscimento di ACCREDIA da parte del Governo come unico ente autorizzato a svolgere l’attività di accreditamento in Italia, con il compito di fornire "un’attestazione dotata di autorità della competenza tecnica degli organismi cui spetta assicurare conformità alle norme applicabili". È quanto richiesto dal regolamento n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 che ha posto norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti, stabilendo regole uniche per l’Europa e definendo per la prima volta le caratteristiche dell’attività. Con il decreto di riconoscimento del 22 dicembre 2009, emanato dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con tutti gli altri Ministeri competenti, il Governo ha compiuto una scelta particolarmente significativa, incaricando ACCREDIA – un soggetto privato costituito in forma di associazione senza scopo di lucro – di svolgere un ruolo “di pubblica autorità”, come è qualificata dal regolamento l’attività di accreditamento. L'accreditamento deve essere gestito nell'interesse pubblico, perché gli utenti business e i consumatori finali, ma anche la Pubblica Amministrazione quando ricorre a fornitori esterni, possano fidarsi, fino gennaio/febbraio 2011 all'ultimo anello della catena produttiva e distributiva, della qualità e sicurezza dei beni e dei servizi che circolano su un mercato sempre più globalizzato. Alla base della fisionomia di ACCREDIA, sta dunque la scelta di rafforzare l’elemento della sussidiarietà pubblico/privato – nella direzione della sinergia e non della dialettica –, una scelta condivisa e sostenuta dagli altri Ministeri già soci dell’ente, dalle organizzazioni imprenditoriali, dal sistema camerale e da altri grandi enti pubblici nazionali, dagli enti di normazione, dagli operatori del sistema di valutazione della conformità e da tutti gli altri soci di ACCREDIA, dai consumatori, al mondo della consulenza: 63 soggetti che garantiscono l’equilibrata rappresentanza degli interessi e l’integrazione delle rispettive conoscenze, esperienze e competenze. ACCREDIA, nato dall’unione delle competenze di Sinal e Sincert e con il coinvolgimento di Sit e Orl, è strutturata oggi in 4 dipartimenti, per l’accreditamento di: - Organismi di certificazione e ispezione - Laboratori di prova - Laboratori di prova per la sicurezza degli alimenti - Laboratori di taratura. In Italia, è dunque ACCREDIA a garantire la competenza, l’imparzialità, l'indipendenza e la trasparenza del sistema per tutte le tipologie di valutazione di conformità alle norme tecniche e alle regole obbligatorie, nazionali e internazionali: certificazioni (di sistema di gestione, prodotto, personale), ispezioni, prove di laboratorio, tarature di strumenti e di apparecchiature. In particolare, la struttura operativa è articolata secondo cinque comitati settoriali di accreditamento, che attraverso la specializzazione delle professionalità messe in campo garantiscono la tutela delle peculiarità degli schemi: - Laboratori di prova (ISO/IEC 17025); - Laboratori di prova per la sicurezza alimentare (ISO/IEC 17025); - Laboratori di taratura (ISO/IEC 17025); - Organismi di ispezione (ISO/IEC 17020) e di certificazione: prodotto (EN 45011), sistema (ISO/IEC 17021), personale (ISO/IEC 17024); - Organismi di controllo nel settore delle produzioni agroalimentari di qualità biologico, doc, dop, ecc. (EN 45011); Gli ispettori ACCREDIA svolgono più di 10.000 giornate di verifica all’anno, valutando la competenza dei soggetti che presentano domanda di accreditamento, in termini di rispetto delle regole e degli standard di qualificazione: a fine 2009, ACCREDIA aveva effettuato, attraverso i propri ispettori ed esperti, un totale di 877 verifiche (+8,3% rispetto al 2008) equivalenti a 1.947 giorni uomo (+8%), per quanto concerne il Dipartimento Certificazione e Ispezione, e un totale di 942 visite, equivalenti a 5.876 giorni uomo, per quanto concerne il Dipartimento Laboratori di prova. Per organismi e laboratori, l’accreditamento, da plus valoriale, è diventato capitale irrinunciabile, per farsi scegliere dalle aziende e organizzazioni pubbliche e private che vogliono essere competitive sui mercati nazionali ed esteri, offrendo garanzie ai loro clienti. La qualità e la sicurezza dei beni e servizi, ma anche la competenza delle figure professionali, sono infatti discrimini fondamentali perché il cittadino e l’utente del mercato in generale continuino ad acquistare un bene o scegliere un fornitore con fiducia. A tal fine, le certificazioni e i rapporti di prova, di taratura e di ispezione emessi dagli organismi e dai laboratori accreditati offrono una valutazione indipendente e oggettiva delle prestazioni di un'organizzazione o, nel caso, delle qualifiche di una figura professionale. Con ACCREDIA, un unico marchio contraddistingue oggi i certificati di accreditamento e i certificati e rapporti emessi da i soggetti accreditati, che insieme ai loro clienti possono fare affidamento su un servizio pienamente conforme alle norme e guide internazionali e riconosciuto dagli Stati nazionali come di esclusiva competenza dell’ente di accreditamento. La riconoscibilità internazionale, alla base della mutua accettazione delle attestazioni di valutazione della conformità nei vari Paesi, è garantita dalla partecipazio- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 5 S Attualità S www.aicq.it natario di un servizio, è l’obiettivo da raggiungere per rendere più efficiente e sicuro un mercato sempre più globalizzato. Dalla sua nascita, ACCREDIA sta facendo la propria parte in questo percorso; l’impegno per il 2010 e gli anni futuri è quello di rendere più tangibile tale contributo, coniugando l’efficienza operativa con la garanzia del rispetto delle competenze istituzionali, per la qualità del sistema economico italiano. gennaio/febbraio 2011 at tu a l i tà ne di ACCREDIA al sistema degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento. L’ente infatti è membro dei principali organismi di cooperazione tra gli enti di accreditamento a livello europeo e mondiale: EA (European Cooperation for Accreditation), IAF (International Accreditation Forum) e ILAC (International Laboratory Accreditation Cooperation); ed è firmatario dei corrispondenti Accordi per gli schemi SGQ (qualità), SGA (ambiente), PRS (personale), PRD (prodotti e servizi), ISP (ispezione) e LAP (laboratori di prova). Accredia, i suoi Soci, i componenti degli Organi e tutte le persone che in esso o per esse lavorano, sono consapevoli che l’accreditamento è un servizio svolto nell’interesse pubblico e insieme per la competitività del mercato, affinché le imprese, i consumatori e anche la Pubblica Amministrazione possano confidare sulla qualità e sicurezza dei beni e dei servizi in circolazione. La fiducia reciproca fra il produttore e l’acquirente di un bene, o tra il fornitore e il desti- 5 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 6 S Alimentare S 6 te m a >> Dr. Claudio Mariani Presidente settore alimentare Aicq Introduzione al tema agroalimentare Questo numero della nostra rivista ospita vari articoli riferibili al settore alimentare. Un articolo è scritto dal Presidente di Accredia, cioè dell’organo riconosciuto dal Governo come unico ente autorizzato a svolgere l’attività di accreditamento in Italia, e altri tre articoli riguardano l’attività di strutture di controllo ufficiale (Istituti Zooprofilattici, Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti alimentari, Laboratori merceologici dell’Agenzia delle Dogane). Si riporta dunque da una parte la voce di enti appartenenti al mondo delle autorità di controllo, che valutano quindi il “cogente”, e dall’altra dell’ente da cui si diparte tutto il mondo degli accreditamenti e delle certificazioni volontarie, ben noto ai nostri lettori. Se può essere facile capire il collegamento tra qualità ed Accredia, più difficile può risultare scoprire il nesso tra qualità ed enti di controllo ufficiali. Del pari può essere lecito chiedersi quale sia la connessione tra qualità degli alimenti ed organismi delle autorità competenti. E’, infatti, opinione diffusa che la qualità degli alimenti si fa negli stabilimenti produttivi, dove attraverso un uso logico e pianificato dell’autocontrollo gli alimenti sono prodotti in condizioni controllate in modo tale da rispondere alle esigenze dei consumatori; in altre parole si fabbricano alimenti di qualità! E’ lecito però domandarsi cosa sia la qualità di un alimento. Ad una tale domanda è possibile rispondere con una pluralità di affermazioni, ma in definitiva la questione è risolvibile semplicemente pensando che non esiste una “qualità” in generale di un alimento, ma che viceversa tale “qualità” generale sia esplicitabile in più qualità: si parlerà allora di qualità nutrizionale (riferendosi alla composizione nutrizionale di un alimento), di qualità d’uso o di servizio (riferendosi alle modalità d’uso del prodotto alimentare: si pensi ai piatti pronti, ai precotti, ai surgelati alimenti tut- gennaio/febbraio 2011 ti che rispondono a peculiari esigenze dei consumatori in relazione alla facilità di preparazione per il consumo o alle caratteristiche di conservabilità), di qualità edonistica (riferendosi alle caratteristiche organolettiche del cibo), e di qualità igienico sanitaria (riferendosi alla salubrità di un alimento). Senza bisogno di ulteriori riflessioni è facile osservare che è proprio quest’ultima qualità, ossia quella componente della qualità che riguarda le caratteristiche di sicurezza alimentare, che, per quanto quasi mai esplicitata dalle richieste dei consumatori (che la ritengono una caratteristica implicita non derogabile), riveste la maggiore importanza per chi consuma alimenti. In effetti, è questa componente della qualità che è tutelata dalle norme cogenti: a partire dalla ben nota legge 283 del 1962 ai regolamenti del “pacchetto igiene” degli anni duemila. Si comprende allora come la funzione degli enti di controllo sia fondamentale per assicurare questa componente della qualità, la più importante. In effetti, è utile ricordare come il regolamento 852/2004 richiami e specifici il principio generale del regolamento 178/2002 e cioè che “l’obiettivo fondamentale delle nuove norme di igiene generali e specifiche è quello di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza degli alimenti” e come precisi inoltre, nel considerando n. 12 che “ la sicurezza degli alimenti è il risultato di diversi fattori: la legislazione dovrebbe stabilire requisiti d’igiene minimi; dovrebbero essere effettuati controlli ufficiali per verificarne l’osservanza da parte degli operatori del settore alimentare e questi ultimi dovrebbero elaborare e realizzare programmi e procedure per la sicurezza degli alimenti basati sui principi del sistema HACCP”. Sarà allora interessante scoprire quali sono i compiti e le modalità di funziona- mento degli organi deputati ad effettuare appunto i controlli ufficiali, ossia da un lato gli Istituti Zooprofilattici e dall’altro i Laboratori dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ossia quegli organi dipendenti dalle due fondamentali autorità italiane poste a tutela degli alimenti: rispettivamente il Ministero della salute ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Si tratta, in effetti, dei due principali enti preposti alla garanzia della tutela igienica degli alimenti prodotti sul territorio nazionale. Ma non solo: in un’epoca in cui gli alimenti si consumano sempre più lontano dai luoghi dove si producono è necessario controllare anche gli alimenti che entrano in Italia o meglio nel territorio della comunità. A ciò sono preposti i laboratori merceologici dell’Agenzia delle Dogane i cui compiti sono illustrati nell’articolo relativo. Scorrendo gli articoli in questione il lettore non potrà non osservare che in tutti e tre i casi si fa riferimento a laboratori accreditati: è ritenuto, infatti, fondamentale da parte delle autorità di controllo, oltre che obbligatorio in base alle norme cogenti, che le analisi ufficiali siano effettuate in laboratori in grado di garantire i risultati ottenuti, in altre parole in laboratori accreditati. Ecco allora l’articolo in cui il presidente di Accredia spiega il funzionamento del nuovo organo di accreditamento: non potrà sfuggire al lettore come un numero importante di attività sia svolto da Accredia nel settore dei laboratori di prova, in particolare individuandosi una categoria di laboratori specificatamente dedicati per la sicurezza alimentare. In definitiva il mondo del “volontario” si sposa con quello del cogente per assicurare alimenti di qualità ai consumatori, quali tutti noi siamo. Buona lettura! www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 7 S Alimentare S 7 Min. delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – Dip. dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari L’attività del Laboratorio di Catania ICQRF - tutela qualità e repressione frodi I l laboratorio di Catania fa parte del Dipartimento dell’Ispettorato c entrale della tutela della qualità e re pressione frodi dei prodotti agro-alimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, riorganizzato da ultimo dal D.P.R. 129/2009. L’ICQRF, organo tecnico dello stato, ha competenze in materia di prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per il settore primario; vigilanza sulle produzioni di qualità registrata che discendono da normativa comunitaria e nazionale; programmi di controllo per contrastare l'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi e i fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori a supporto degli interventi a sostegno delle produzioni colpite da crisi di mercato (art. 4 D.P.R. 129/2009). L’Ispettorato si articola, a livello di amministrazione centrale, in due Direzioni Generali: Direzione generale della vigilanza per la qualità e la tutela del consumatore e Direzione generale della prevenzione e repressione frodi e, a livello periferico, in dodici uffici ispettivi con relative sedi distaccate opportunamente www.aicq.it dislocate sul territorio nazionale e cinque laboratori situati a Catania, Salerno, Perugia, Modena e Conegliano. Il sesto laboratorio (Laboratorio Centrale di Roma) fa parte della struttura centrale ed è preposto alle analisi di revisione. Il laboratorio di Catania, accreditato Accredia (ex SINAL) dal 2006, esplica la propria attività di controllo nei seguenti settori merceologici: vitivinicolo, oleario, conserve, succhi di frutta, additivi, sostanze zuccherine, fitosanitari, sementi, fertilizzanti, prodotti da agricoltura biologica. I settori evidenziati in grassetto sono i settori specialistici ovvero i settori per i quali il laboratorio di Catania rappresenta il Laboratorio di riferimento per l’ICQRF. Il Laboratorio analizza soprattutto campioni ufficiali prelevati da funzionari ispettivi operanti presso i vari uffici periferici dell’ICQRF ed inoltre, effettua analisi su campioni per conto di Autorità Giudiziarie, NAS, ASL, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato ed eventuali altri organi di controllo che ne facciano esplicita richiesta. Nel 2009 il Laboratorio di Catania ha effettuato circa 17400 determinazioni nei vari settori di competenza, delle quali il 27% sono state effettuate nel settore vitivinicolo. In tale settore, oltre alle tipiche determinazioni (grado alcolico, acidità volati- le, anidride solforosa etc.), vengono eseguite le analisi isotopiche, applicando tecniche all’avanguardia quali la spettrometria di massa isotopica (IRMS) e la risonanza magnetica nucleare (NMR) per la determinazione dei rapporti degli isotopi stabili di alcuni elementi quali: 13C/12C, 18O/16O, D/H. Tali determinazioni hanno la finalità di accertare la veridicità dell’origine dichiarata e l’eventuale aggiunta di zuccheri esogeni (zucchero di barbabietola o canna ) e/o acqua, pratiche non consentite in Italia. Tutti i campioni di prodotti da agricoltura biologica prelevati sul territorio nazionale da funzionari ispettivi dell’ICQRF vengono processati dal laboratorio di Catania in quanto, come già detto in precedenza, per tale settore merceologico costituisce il laboratorio di riferimento. Per l’analisi multiresiduale finalizzata a svelare l’eventuale illecito impiego di fitofarmaci non consentiti, il laboratorio impiega il metodo QuEChERS (Quick Easy Cheap Effective Rugged Safe), in conformità alla norma UNI EN 15662:2009. Ovviamente il metodo viene applicato nell’ottica di dover rilevare quantità di principi attivi maggiori o uguali a 0,010 ppm, cioè valori notevolmente inferiori agli LMR (Limiti Massimi Residui) previsti per i prodotti da agricoltura convenzionale che in genere sono di due o tre ordini di grandezza superiori. Per tali determinazioni viene impiegata gennaio/febbraio 2011 te m a >> Elena Chiappara AICQ_1.qxd:AICQ_ te m a 8 24-06-2011 10:44 Pagina 8 S ICQRF strumentazione ad elevata sensibilità e selettività quali GC-MS ed LC-MS. Questa tipologia di analisi, già attualmente in accreditamento per le matrici ad elevato contenuto di acqua, è in continua evoluzione perché il laboratorio ha l’obiettivo di applicarla in accreditamento a quante più matrici e principi attivi. Nell’ambito del controllo del settore dei prodotti da agricoltura biologica il laboratorio di Catania effettua anche la ricerca di eventuali additivi non consentiti (All. VIII Reg. CE n. 889/2008) e verifica la conformità dei mezzi tecnici impiegati quali i fertilizzanti ed i fitofarmaci (All. I Reg. CE n. 889/2008). L’attività analitica svolta dal settore specialistico dei fertilizzanti è rivolta alla valutazione della loro conformità ai requisiti stabiliti dal Reg. CE 2003/2003 e dal D.L.vo n. 217/2006. A tal fine il Laboratorio esegue: - Controllo della rispondenza dei titoli in elementi fertilizzanti principali (N, P, K), secondari (Ca, Mg, Na, S) e microelementi (B, Co, Cu, Fe, Mn, Mo, Zn) ai valori dichiarati in etichetta per tutti i concimi minerali CE e Nazionali ed i concimi organici ed organo-minerali; - Conformità delle varie tipologie di prodotti previsti dal D.L.vo n. 217/2006, quali: ammendanti , correttivi, prodotti ad attività speciale, ecc. - Controllo del contenuto in metalli pesanti per tutte le tipologie di ammendanti e di concimi organici ed organominerali, prodotti a partire da rifiuti provenienti da attività agroindustriali o frazione organica di RSU provenienti da raccolta differenziata; - Controllo della eventuale illecita presenza di molecole di sintesi con attività fitoiatrica (fitormoni) in prodotti commercializzati come concimi; Il settore dei fitofarmaci viene monitorato con la finalità di accertare la conformità dei prodotti in base a quanto dichiarato in etichetta ed alla normativa di riferimento (D.L.vo 17 marzo 1995 n. 194 e successive modifiche). Nel settore sementi vengono sottoposti a controllo campioni di sementi (cerea- gennaio/febbraio 2011 tutela qualità e repressione frodi li, foraggere, oleaginose e da fibra, ortive ornamentali e da fiore), appartenenti alle categorie di base, certificate, commerciali. Le determinazioni eseguite riguardano principalmente l’analisi della purezza e la determinazione del numero di semi estranei, l’analisi della germinabilità, la determinazione dell’umidità, il controllo della calibratura dei semi, l’identificazione varietale di frumento e orzo con metodo elettroforetico. Anche per i rimanenti settori (oleario, conserve, succhi di frutta, additivi, sostanze zuccherine) l’accertamento analitico è rivolto alla verifica della conformità in riferimento alle varie norme che ne regolano la produzione e commercializzazione. Per lo svolgimento dell’attività sinteticamente illustrata, il Laboratorio dispone di risorse strumentali all’avanguardia e di risorse umane altamente specializzate (30 unità di cui 9 amministrativi e 21 tecnici). Un numero alquanto considerevole di personale tecnico è coinvolto S nelle attività espletate dalle sottocommissioni metodi ufficiali di analisi per l’ufficializzazione di nuovi metodi di analisi nei settori di competenza dell’ICQRF. Per tale motivo, oltre all’attività di controllo, il laboratorio è coinvolto continuamente nello sviluppo di tematiche di ricerca finalizzate alla messa a punto e validazione di metodiche analitiche innovative al passo con l’evoluzione strumentale e tecnologica che vi è stata nell’ultimo ventennio nei settori di competenza. L’obiettivo della ricerca è quello di sviluppare metodi che consentono di innalzare il livello di efficienza ed efficacia del laboratorio, non trascurando la individuazione di nuove frodi sempre più sofisticate e la lotta all’agro pirateria a difesa del Made in Italy. In tal senso, l’individuazione di markers che consentono la discriminazione in termini di origine geografica e/o di processi produttivi sviluppati grazie ai know how delle aziende italiane, riveste un impegno alquanto considerevole nell’ambito dell’attività di ricerca del laboratorio. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 9 S Alimentare S 9 te m a >> Dr. Andrea Cereser Responsabile Qualità IZSVe Un network di eccellenza a tutela dei consumatori e delle filiere agro-alimentari Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali P er comprendere natura e finalità degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IIZZSS) risulta utile rileggere quanto previsto dalla vigente legislazione (D.Lgs. 270/93), secondo cui gli IIZZSS: •sono enti dotati di autonomia amministrativa gestionale e tecnica che operano come strumenti tecnico-scientifici dello Stato, delle regioni e provincie autonome; •svolgono attività di ricerca scientifica sperimentale e di accertamento dello stato sanitario degli animali e di salubrità dei prodotti di origine animale; •operano nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale garantendo ai Servizi Veterinari territoriali le prestazioni e la collaborazione tecnico-scientifica necessarie all’espletamento delle proprie funzioni. In Italia sono presenti 10 IIZZSS che coprono, per competenza territoriale, una o più regioni. Chi scrive, ad esempio, è in forza all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) che, come specifica il nome, opera in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto. La descrizione di questo Istituto, che ha appena superato gli 80 anni di vita, può essere presa come paradigma anche per gli altri enti presenti nel territorio nazionale. L’IZSVe consta di oltre 20 laboratori di www.aicq.it analisi ove operano circa 600 addetti. I laboratori sono distribuiti tra la sede cen trale di Legnaro (immediata periferia di Padova) e tutte le provincie del Triveneto con l’eccezione di Trieste e Gorizia. Gli ambiti di attività sono principalmente due: prevenzione della salute e produzioni agro-alimentari. Come anticipato, lo scopo prioritario dell’attività d’Istituto è duplice: 1) tutelare ed incrementare il benessere e la salute delle popolazioni animali; 2) innalzare il livello di sicurezza degli alimenti ad uso umano e zootecnico. Come è facile intuire, i due temi sono strettamente legati tra loro; per questo motivo gli IIZZSS costituiscono un osservatorio privilegiato per il presidio delle filiere a servizio dei soggetti pubblici e di quelli privati. L’IZSVe e la sanità animale La diagnosi e il monitoraggio delle malattie infettive degli animali rappresentano la mission “storica” dell’Istituto. In primis, tale compito comprende l’attività di tipo analitico: tutte le sedi sono attrezzate per ricevere campioni e animali di ogni specie ove poter eseguire attività diagnostica di base. Per quanto concerne le ricerche specialistiche, invece, i campioni sono smistati tra i laboratori (anche di altri IIZZSS) sulla base delle diverse competenze e dotazioni strumentali. Le discipline maggiormente coinvolte sono: microbiologia (virologia e batteriologia), parassitologia, immunologia, anatomiapatologica e istologia, biologia molecolare, chimica clinica. Oltre a ciò, l’IZSVe svolge attività di ricerca che sempre più spesso coinvolge autorevoli partner internazionali. Gli ambiti riguardano soprattutto la diagnosi, sorveglianza epidemiologica e prevenzione delle malattie rilevanti per la salute umana (zoonosi) e animale, soprattutto quelle che negli ultimi tempi hanno assunto particolare importanza (p.e. influenza aviaria, West-Nile Disease, rabbia…). Altra attività di rilievo per l’IZSVe è quella legata all’assistenza e alla formazione non solo degli operatori pubblici e privati (consulenza in campo, organizzazione ed erogazione di corsi, seminari, aggiornamenti…) ma anche nei confronti del personale tecnico che proviene da Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Spesso a questi Paesi è chiesto di innalzare il livello di competenza delle strutture pubbliche per garantire un’affidabilità dei controlli ufficiali almeno pari a quella dei Paesi UE. Queste iniziative di cooperazione internazionale fanno dell’IZSVe un autorevole riferimento nel contesto mondiale. L’IZSVe e la sicurezza alimentare Anche il capitolo legato alla sicurezza gennaio/febbraio 2011 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 10 S Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali S te m a 10 alimentare vede l’IZSVe tra i soggetti protagonisti. Analogamente a quanto descritto al punto precedente, anche nei confronti delle filiere produttive il ruolo dell’Istituto è quello di monitoraggio, ricerca, assistenza e formazione. L’attività viene svolta sia a vantaggio dell’Autorità Competente sia a favore delle imprese private (allevatori, associazioni di categoria, aziende di trasformazione…). Storicamente l’ambito di competenza riguardava i prodotti di origine animale ma negli ultimi anni sono state attribuite agli IIZZSS competenze anche sulle filiere vegetali. Nel contesto della sicurezza alimentare, l’attenzione è posta principalmente sul controllo e la prevenzione dei rischi biologici (batteri, virus, parassiti…) e chimici (metalli pesanti, contaminanti ambientali, residui di zoofarmaci e fitofarmaci…). In questo settore, le discipline analitiche coinvolte comprendono soprattutto la microbiologia, la chimica e la biologia molecolare. In particolare, quest’ultima rappresenta una delle prospettive di maggior interesse, in riferimento alla possibilità di aumentare la sensibilità analitica nei confronti di particolari microrganismi e diminuire i temi di risposta. Per l’Autorità Competente, vale a dire i Servizi Veterinari e la Regione, l’IZSVe si occupa delle analisi di campioni prelevati in ambito di controllo ufficiale. A favore degli operatori privati, invece, sono offerte prestazioni di tipo analitico soprattutto per quanto concerne la caratterizzazione dei prodotti alimentari (studi di shelf-life, sviluppo di prodotto, prevenzione delle contaminazioni…). Per tutti gli operatori, sia pubblici sia privati, risulta significativa l’offerta formativa su molteplici argomenti che hanno a che fare con la sicurezza alimentare: GHP, HACCP, analisi del rischio, biosicurezza, buone pratiche di allevamento… Gli IIZZSS e la qualità Nel corso dell’ultimo anno l’IZSVe ha eseguito nei diversi laboratori oltre 2 milioni di esami. Poiché sulla base degli esiti di queste analisi sono spesso prese deci- gennaio/febbraio 2011 sioni che hanno notevole rilevanza sia sulla salute pubblica sia per l’economia, è indispensabile assicurare risultati affidabili. Questa “affidabilità” non può essere il frutto del caso bensì è la conseguenza di regole organizzative che coinvolgono il personale e la sua competenza, attrezzature e reagenti, metodi di prova che devono risultare confrontabili con quelli utilizzati in altre parti del mondo ed essere opportunamente validati. Per dotarsi di un sistema oggettivo di valutazione delle prestazioni, a partire dal 1997 l’IZSVe ha scelto di strutturare la propria organizzazione in conformità a quella che ora è la norma ISO 17025; a fronte di questo standard tutte le sedi dell’IZSVe sono ora accreditate. Oltre a ciò, da due anni anche alcune attività di produzione eseguite dall’Istituto (reagenti e terreni) sono state certificate a fronte della norma ISO 9001 mentre per altre (vaccini) il procedimento è in corso. È obiettivo dell’IZSVe anche l’accreditamento secondo la norma ISO 17043 che riguarda l’organizzazione e gestione di ring test, attività svolta da anni in IZSVe a vantaggio di numerosi laboratori nazionali pubblici e privati. Infine, la partecipazione di alcuni labo- ratori dell’Istituto a network internazionali fa sì che sovente vi siano attività di audit condotti da altri enti: Food Veterinary Office (UE), Food Safety and Inspection Service (USA), FAO, OIE. L’IZSVe e i centri di eccellenza All’interno dell’Istituto sono presenti centri di rilievo nazionale e internazionale nei seguenti ambiti: apicoltura, influenza aviaria e malattia di Newcastle (FAO/OIE), pet therapy, studio e diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei, rabbia, ricerca scientifica sulle malattie infettive nell’interfaccia uomo/animale, salmonellosi. Tale situazione è spesso la conseguenza del lavorare in qualità: l’impegno e la competenza delle persone portano alla creazione di una o più eccellenze e al loro riconoscimento pubblico. Il fatto che questi risultati si siano succeduti nel tempo, poi, è la dimostrazione che è possibile anche in Italia, anche nel settore pubblico, innescare dei circoli virtuosi che determinano il miglioramento delle persone, delle prestazioni, dei risultati, con soddisfazione di tutti i portatori di interesse. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:44 Pagina 11 S Alimentare S Dr.ssa Silvia Fremiotti Agenzia delle Dogane, Direzione Centrale per l’Analisi Merceologica e per lo Sviluppo dei Laboratori Chimici, Ufficio Metodologie e tecnologie chimiche e Garanzia della Qualità dei laboratori L’agenzia delle dogane e il controllo degli alimenti I Laboratori Chimici dell’Agenzia delle Dogane rappresentano un polo tecnologicamente avanzato, una figura super partes caratterizzata da una garanzia di legalità e imparzialità che deriva dalla sua collocazione istituzionale. Istituiti nel 1886 come organo consultivo dell’Amministrazione finanziaria Italiana, con compiti di analisi merceologica e di ricerca, in oltre un secolo di attività i Laboratori Chimici dell’Agenzia delle Dogane hanno sviluppato una notevole ed unica esperienza in questo settore. Istituzionalmente svolgono attività analitica sulle merci import/export ai fini della loro classificazione nella tariffa doganale e del relativo trattamento fiscale. Effettuano inoltre un controllo delle sostanze pericolose per l’uomo e l’ambiente, perizie tecniche e revisioni d’analisi ed offrono i propri servizi analitici e di consulenza ad aziende ed Enti pubblici e privati, nonché ai consumatori. I servizi chimici dell’Agenzia sono costituiti da una struttura centrale, che ha la funzione di indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle attività dei 15 laboratori chimici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il costante collegamento tra il sistema centrale e i laboratori periferici è garantito da strumenti informatici e audiovisivi, tra i quali spiccano i servizi di videoconferenza ad alta definizione. Tutti i laboratori dell’Agenzia delle Do- www.aicq.it gane sono centri di eccellenza specializzati in specifici settori merceologici e complessivamente sono in grado di effettuare oltre 3500 determinazioni analitiche nei settori alimentare, petrolifero industriale e farmaceutico. Dispongono di attrezzature tecnologicamente all’avanguardia e di personale con elevata professionalità e tutti i chimici che vi lavorano sono abilitati all’esercizio della professione. L’immediatezza degli esiti analitici è garantita dalla rete dei punti di raccolta, che permette una rapida distribuzione logistica dei campioni ai laboratori specializzati tramite un corriere. Le attività inerenti a prove e misure vengono svolte nel massimo rigore e nel rispetto delle normative nazionali, comunitarie e internazionali. Tutti i laboratori sono accreditati da ACCREDIA (Ente Italiano di Accreditamento), nel rispetto della norma ISO 17025, su circa 450 determinazioni. L’uniformità dei risultati analitici ottenuti dai 15 laboratori è garantita dalla costante partecipazione a ring test, ovvero circuiti di correlazione interlaboratorio, nazionali e internazionali in tutti i settori analitici. L’Agenzia, a sua volta, organizza specifici ring test in settori altamente strategici, cui prendono parte anche laboratori esterni. L’aggiornamento tecnico del personale chimico viene garantito da continui corsi di formazione e partecipa- zione a congressi nazionali ed internazionali. Le prove svolte dai Laboratori chimici dell’Agenzia delle Dogane rappresentano uno strumento essenziale per valutare in modo oggettivo le caratteristiche e le prestazioni di materiali e di prodotti, per verificarne e attestarne la rispondenza a norme, specifiche tecniche, regole e prescrizioni in genere, al fine di facilitarne la commercializzazione e di difendere e accrescere l’immagine dei prodotti di qualità. Le determinazioni analitiche effettuate dai laboratori chimici delle Dogane si traducono dunque in certificati di analisi a garanzia dei prodotti dal punto di vista sia della qualità, sia della sicurezza. Nei laboratori chimici dell’Agenzia delle Dogane uno dei settori analitici di rilievo è quello alimentare. I principali prodotti esaminati sono: carne, prodotti da forno, cereali, latte e derivati, caffè, vino e bevande alcoliche, olio e acque minerali. Con le moderne tecnologie di cui sono dotati, i Laboratori possono rilevare con estrema accuratezza i quantitativi di grassi, proteine, carboidrati e ricavarne le relative tabelle nutrizionali. Di particolare importanza, per la tutela del consumatore, sono le analisi relative all’individuazione delle micotossine e aflatossine presenti in riso e caffè e dei pesticidi nell’olio di oliva, nonché la ricerca di organismi geneticamente modi- gennaio/febbraio 2011 te m a La Norma UNI CEI EN 16001 leva di sviluppo e di sostenibilità 11 AICQ_1.qxd:AICQ_ te m a 12 24-06-2011 10:45 Pagina 12 S L’agenzia delle dogane e il controllo degli alimenti S ficati sulle sementi. In particolare, l’analisi degli OGM permette la rilevazione di prodotti transgenici presenti nel campione anche in minime quantità. La quantificazione viene eseguita mediante la tecnica Real Time Polymerase Chain Reaction (o PCR), in grado di massimizzare la specificità della reazione e la sensibilità del sistema. Mediante analisi del DNA con PCR affiancato all’elettroforesi viene inoltre individuata la specie animale con particolare riguardo al sesso bovino. Analisi di particolare rilevanza su sostanze alimentari quali bevande alcoliche e zuccheri sono quelle finalizzate alla ricerca dell’alcol di sintesi e all’individuazione dell’origine botanica per garantire così la qualità della materia prima utilizzata tramite l’impiego di strumentazione altamente sofisticata in grado di effettuare analisi isotopiche (scintillografo e spettrometro di massa a rapporto isotopico o IRMS). Le analisi dell’olio d’oliva sono effettuate secondo quanto previsto dai regolamenti comunitari. In particolare, le analisi organolettiche, panel test, sono effettuate da comitati di assaggio riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale. L’Agenzia delle Dogane è anche un polo formativo. Le porte dei Laboratori sono aperte alle visite di studenti di scuole e università. Inoltre, in convenzione con le università, offre la possibilità di effettuare stage formativi nei propri settori di punta. Forti della notevole esperienza acquisita, grazie alla moderna dotazione tecnicostrumentale, e dell’accreditamento sul sistema di qualità di tutte le sue sedi, i Laboratori chimici dell’Agenzia delle Dogane sono in grado di affrontare con grande professionalità tutte le sfide che vengono proposte. Missione essenziale dei Laboratori Chimici è la caratterizzazione e la valorizzazione di materiali e prodotti, rassicurando gli operatori e i consumatori sulla loro conformità alle norme vigenti. L’alta professionalità ed esperienza in tutti i settori merceologici viene messa a disposizione anche del mercato privato. L’attività dei Laboratori Chimici dell’Agenzia delle Dogane costituisce un valore aggiunto a tutela sia della qualità, sia della sicurezza dei prodotti e, come tale, costituisce una garanzia comune, un punto d’incontro e di equilibrio delle esigenze degli operatori e dei consumatori. MASTER TELEMATICO UNIVERSITARIO DI 1° LIVELLO in SISTEMI QUALITÀ E MODELLI DI ECCELLENZA L’Università Telematica San Raffaele Roma ha attivato per l’anno accademico 2010/2011 il Master Universitario di 1° livello in Sistemi Qualità e modelli di Eccellenza. Il Master universitario ha lo scopo di formare figure professionali nell’ambito dei Sistemi qualità e sui modelli di Eccellenza portando ad acquisire le conoscenze, e la capacità di applicarle, specifiche di una figura professionale in grado di sviluppare, realizzare, mantenere e migliorare il Sistema di Gestione per la Qualità di un’organizzazione basato sulle norme della famiglia ISO 9000 o sui modelli di Eccellenza. L’insieme di tali conoscenze è in accordo con quanto definito dall’EOQ (European Organization for Quality) per la figura professionale dell’EOQ Quality System Manager. Il master ha la durata di un anno accademico e una durata di studio di 1.500 ore, suddivise in didattica online, esercitazioni e studio, pari a 60 CFU. L’erogazione del master si svolgerà in modalità e-learning, con piattaforma accessibile 24h/24. Per informazioni sul bando, l’iscrizione e le modalità del corso rivolgersi a: Dott. Alessandro Melchionna - Coordinatore Area Master dell’Università Telematica San Raffaele Roma. e-mail: [email protected]; cell. 335 6628416 Università Telematica San Raffaele | Roma via di Val Cannuta, 247 | 00166 Roma | Tel. 06 5225 2552 | www.unisanraffaele.com gennaio/febbraio 2011 www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 13 S Alimentare S 13 te m a >> Maria Chiara Ferrarese e Adriana Ramella CSQA Certificazioni Il modello dei tre pilastri della sostenibilità Sicurezza alimentare e sostenibilità I l tema della sostenibilità sta acquisendo sempre più spazio nel dibattito, oltre che ambientale, anche sociale ed economico: proliferano iniziative sul tema, i capitolati di fornitura e gli standard aziendali si arricchiscono di requisiti sul tema della sostenibilità, si stanno sviluppando sempre più vere e proprie norme volontarie. Sostenibilità per alcuni è solo una parola di “moda” ma in realtà rappresenta un insieme di concetti: un'idea, uno stile di vita, un modo di produrre. La definizione di sviluppo sostenibile come “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” data dalla Commissione Brundtland è quella più ampiamente condivisa, ciò nonostante è spesso sottoposta a differenti interpretazioni che comunemente coincidono con il concetto di sostenibilità. Sostenibilità è un concetto sfaccettato, difficilmente definibile a livello universale, legato ad un continuo dialogo fra valori; attiene in qualche modo alla totalità delle attività umane compresa la sfera di azione politica ed è incentrata sulla giustizia fra generazioni. Con il Vertice di Copenhagen e il Trattato di Amsterdam del 1997 l’Unione Europea fissa i tre pilastri della sostenibilità nel cosiddetto “modello dei tre pilastri della sostenibilità”: economico, ambien- www.aicq.it tale, sociale. La casa della sostenibilità crolla inesorabilmente quando anche solo uno dei tre pilastri dovesse venire meno. Ad ogni modo resta ancora da definire quanto debbano interagire fra loro i tre pilastri e come debbano avanzare l’uno rispetto all’altro. Negli ultimi anni è l’interesse per le tematiche ambientali fortemente aumentato, anche a causa della progressiva riduzione delle risorse naturali. L’ambiente ha fino ad oggi rappresentato il più importante dei tre pilastri della sostenibilità, pertanto si è ipotizzato di realizzare uno sviluppo economico e sociale solo decidendo di garantire i principi ecologici principali. L’equilibrio fra i tre pilastri è in continua evoluzione, mai statico e uguale a se stesso, si tratta di una prestazione complessiva che considera il contesto economico, sociale e ambientale del momento, prestando anche attenzione ai bisogni delle generazioni future. Con il Libro Verde della Commissione Europea nel 2001 viene introdotto il concetto di Responsabilità Sociale delle Imprese, intesa come “l’integrazione su base volontaria, da parte delle aziende, delle preoccupazioni e visioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Ancora un concetto che porta in sé la sostenibilità e lo sviluppo sostenibile, ma questa volta come appello della Commissione al ruolo sociale e ai riflessi del mondo produttivo e delle organizzazioni sulla società, e intesa ancora una volta sui tre pilastri sociale, economico ed ambientale. È chiaro a questo punto che il concetto di sostenibilità non può ridursi ad una buona prassi o ad un costo per le imprese, bensì individua un nuovo modo di essere competitive, per operare sul mercato meglio degli altri. Il pilastro sociale: sicurezza alimentare e tutela del consumatore Sui temi della sostenibilità che riguardano i consumatori emergono: i rischi relativi all’utilizzo dei prodotti, la riduzione del rischio attraverso la progettazione, la produzione, la distribuzione e la fornitura controllata, le procedure di ritiro e richiamo del prodotto in caso di emergenze, l’adozione di sistemi per la stima e la valutazione del rischio anche su utenti identificati o gruppo di contatti tra cui ad esempio le donne incinte, i nonvedenti, e la progettazione di prodotti che possono ridurre il numero o la gravità degli incidenti. Un aspetto importante riguarda la disponibilità delle informazioni al consumatore e la responsabilità nel proteggere i suoi dati personali. Sostenibilità significa anche informazione al consumatore, che può così scegliere i prodotti secondo le esigenze e i desideri senza il rischio di gennaio/febbraio 2011 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 14 S Alimentare S te m a 14 essere fuorviati dall’utilizzo ingannevole di pubblicità ed etichettatura. L’educazione dei consumatori permette di operare scelte indipendenti sui prodotti e servizi, perché più consapevoli dei propri diritti e responsabilità, in modo da soddisfare le esigenze del presente con consapevolezza degli impatti delle proprie scelte, utilizzando prodotti e servizi in modi che siano economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibili, come lo smaltimento corretto del confezionamento e dei rifiuti prodotti. In questo senso la norma ISO 26000 sulla responsabilità sociale, le linee guida del Global Reporting Initiative e di AccountAbility 1000 propongono spazi dedicati al dialogo e al coinvolgimento dei consumatori e della collettività a questo scopo. La nuova norma internazionale ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale, che vorrebbe promuovere tutti gli aspetti dello sviluppo sostenibile e della sostenibilità, identifica nel pilastro sociale i diritti umani, le pratiche di lavoro, le pratiche operative leali, oltre alle questioni che riguardano i consumatori e il coinvolgimento e lo sviluppo della comunità. Il rispetto delle norme cogenti, la sicurezza alimentare e la corretta informazione al consumatore quindi non sono "altro" rispetto al concetto di sostenibilità, ma rientrano a pieno diritto in questo tema nell'ambito del pilastro sociale. La sicurezza alimentare è acquisita come diritto del consumatore e tutte le imprese alimentari sono obbligate a garantirla. Chiaramente i regolamenti comunitari, come tutti i regolamenti definiscono obblighi di risultato e non stabiliscono le modalità che le imprese devono adottare per raggiungere l’obiettivo. In questo contesto si inseriscono e possono rappresentare un valido supporto per le imprese ed uno strumento di trasparenza verso il consumatore le norme tecniche, norme ISO, UNI ecc. che definiscono una metodologia operativa, una procedura o una sorta di linea guida specifica. Nell’ambito della sicurezza alimentare gli standard maggiormente richiesti in questo momento sono BRC, IFS, ISO 22000, FSSC. In particolare FSSC è la gennaio/febbraio 2011 più recente di queste norme, è una norma ISO quindi riconosciuta a livello globale e rappresenta un sistema di gestione della sicurezza alimentare. Questa norma accorpa la ISO 22000 e la PAS 220 relativa alle buone pratiche di fabbricazione. A cavallo fra tematiche di tutela dell'ambiente (pilastro 1) e di tutela del consumatore (pilastro 2) si colloca l'agricoltura integrata (che trova nella norma UNI 11233 e nel sistema nazionale di qualità superiore allo studio al Ministero delle politiche agricole e forestali una normazione) che garantisce l'applicazione di tecniche colturali atte a ridurre l'utilizzo di agrofarmaci e di concentrare il più possibile l'attenzione verso quelli a basso impatto ambientale. Nella direzione di favorire l'agricoltura sostenibile va anche il legislatore comunitario che con la recente Direttiva CE 128/2009, uscita quasi contestualmente al nuovo Regolamento che sostituisce la Direttiva 91/414 in materia di autorizzazione dei fitofarmaci, impone un’importante riflessione sul futuro della Produzione Integrata e che da qualche tempo stiamo declinando come Agricoltura integrata. La direttiva, incentrata sulla necessità di trovare un ambito di utilizzo dei fitofarmaci maggiormente ecosostenibile, impone a partire dal 2014 alcuni obblighi in rela- zione ai criteri generali della difesa integrata. Nello specifico, impone un monitoraggio dei dati meteorologici e delle avversità delle colture, l’elaborazione dei dati di monitoraggio per i servizi di preavviso ed avvertimento, il coordinamento dell’assistenza tecnica ed il controllo sui criteri obbligatori. In buona sostanza impone una serie di obblighi che costituiscono la base del processo di produzione integrata. Gli standard di prodotto “sostenibili” Poiché alcuni elementi di sostenibilità vengono comunicati anche al consumatore direttamente nell'etichetta del prodotto finto si sono sviluppate anche norme di prodotto, certificabili. Esistono diversi standard volontari che nel tempo hanno inserito fra i requisiti anche elementi di sostenibilità. L'allegato 1 alla norma ISO 26000 fornisce una comparazione fra gli standard volontari e requisiti di sostenibilità. MSC (Marine stewardship council) e Friend of the sea sono standard per la pesca e l’allevamento sostenibili mentre UTZ (applicabile a caffè, the e cacao) definisce i criteri per un'agricoltura efficiente e responsabile orientata al mercato. Lo standard inglese Leaf Marque prevede requisiti relativi alle politiche, al www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 15 S Sicurezza alimentare e sostenibilità S www.aicq.it dozione di criteri di parità etici, sociali, e di genere, salute e sicurezza, nella sua politiche di acquisto, distribuzione e nei contratti, nonché monitorare le organizzazioni con cui ha rapporti per migliorare la coerenza tra i valori e gli obiettivi come ad esempio prevede la norma internazionale SA8000. L’organizzazione che a tal fine include nelle pratiche di acquisto la garanzia di prezzi equi, rispettando tempi di consegna adeguati e contratti stabili, contribuisce a creare un processo proattivo su tutta la catena valore che va a beneficio della collettività intesa sui tre pilastri della sostenibilità e che in questi termini, vengono valorizzati dal punto di vista economico e negli scambi commerciali. L’adesione a Codici di condotta volontari che intervengono sulla catena di fornitura come ad esempio BSCI (Business Social Compliance Initiative) e il Fair Trade (Commercio Equo e Solidale), ha questo scopo: promuovere la giustizia sociale ed economica, lo sviluppo sostenibile, il rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica. Il Commercio Equo e Solidale è una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: dai produttori ai consumatori. Tra gli obiettivi sono: favorire l'incontro fra consumatori e produttori dei Paesi economicamente meno sviluppati, aumentare le possibilità dei produttori di accedere al mercato, concordare direttamente il prezzo ed assicurare continuità nelle relazioni commerciali; proteggere i diritti umani promuovendo giustizia sociale, sostenibilità ambientale, sicurezza economica e quindi sostenere l'autosviluppo economico e sociale, promuovendo al contempo un uso equo e sostenibile delle risorse ambientali. Anche le grandi multinazionali sono attente al tema della sostenibilità e, in 24, hanno avviato il progetto AIM PROGRESS (AIM = Association des Industries de Marque, PROGRESS = PROGramme for RESponsible Sourcing), una iniziativa per promuovere gli acquisti re- sponsabili all’interno della catena di fornitura. La finalità di questo progetto è di promuovere acquisti responsabili per migliorare efficienza ed efficacia della verifica dei fornitori e per ridurre il rischio di duplicazione delle attività di valutazione. Il Progetto AIM ha l’obiettivo di sviluppare la sostenibilità nell’intera catena di fornitura e promuovere l’acquisto responsabile da fornitori qualificati per i aspetti quali: - Salute e Sicurezza sul Lavoro - Tutela dei Lavoratori - Gestione Ambientale - Integrità e Continuità Operativa L’idea alla base del progetto è di effettuare un unico audit di qualificazione riconosciuto da tutte le multinazionali aderenti, evitando così il rischio di duplicazione nelle verifiche. I fornitori sono quindi incoraggiati a condividere i loro report di verifica direttamente con le Aziende partecipanti su specifica richiesta, o a caricarli sul portale SEDEX (Supplier Ethical Data Exchange), che assicura uno scambio sicuro di informazioni tra cliente e fornitore. I temi della sostenibilità quindi rappresentano una grande opportunità per le imprese, non un vincolo, e poiché i temi della sostenibilità e della responsabilità sociale diventano comunicabili sul prodotto diventano anche strumento di marketing: possono chiaramente rappresentare validi strumenti di comunicazione verso il consumatore e quindi di competitività per le imprese. Per questo è indispensabile comprendere il valore aggiunto che la certificazione volontaria è in grado di garantire al prodotto, sia in termini di assicurazione di qualità certificata, che in termini di valorizzazione di quegli aspetti immateriali, riferiti alla credibilità e alla reputazione aziendale, che possono essere veicolati attraverso il prodotto stesso e che rivestono un’importanza sempre più strategica ai fini della differenziazione. La certificazione, infatti, a sua volta può essere un elemento di sostenibilità che garantisce il consumatore rispetto alle rispetto alle informazioni che riceve. gennaio/febbraio 2011 te m a marketing, alla campagna, l’energia, i rifiuti, il bestiame, le colture, il suolo e il management. Biodiversity friend è uno standard italiano, privato, creato da una Onlus (WBA) che affronta il tema della tutela della biodiversità, imponendo l'adozione di tecniche volte al controllo dei parassiti e delle infestanti, alla ricostituzione della fertilità dei suoli, alla garanzia di una presenza minima sul territorio di siepi e/o boschi, di specie vegetali nettarifere, alla conservazione della biodiversità agraria, alla qualità dei suoli, delle acque superficiali e dell’aria, all’utilizzo di fonti rinnovabili per l’approvvigionamento energetico e alle tecniche produttive a basso impatto. Altre azioni che possono avere effetti benefici sulla biodiversità sono poi ottenibili attraverso la certificazione a fronte dello standard Global Gap, che da sempre affronta tematiche collegate non solo alla sicurezza degli alimenti, ma anche alla tutela dell’ambiente e dei lavoratori, ed in particolare con la nuova versione fruit & vegetables aumenta il peso di alcuni requisiti collegati ad elementi di sostenibilità dimostrando ancora una volta la grande attenzione verso queste tematiche. Oltre agli standard di prodotto citati ve ne sono altri che impattano direttamente sugli aspetti ambientali (pilastro ambientale), come il PEFC e l’FSC, che garantiscono la provenienza delle materie prime da aree forestali gestite in maniera sostenibile Ci sono poi standard basati sull’approccio LCA, come l’ECOLABEL (Solo UE, non applicabile al settore agroalimentare) e l’EPD (uno schema di certificazione volontaria di prodotto, nato in Svezia ma di valenza internazionale, sviluppato in applicazione della UNI ISO 14025:2006 - Etichettatura Ambientale di Tipo III), che consiste in una dichiarazione ambientale di prodotto che pur non prescrivendo soglie prestazionali permette di comunicare informazioni oggettive, confrontabili e credibili relative alla prestazione ambientale di prodotti e servizi. Ulteriore elemento di sostenibilità riconducibile al pilastro sociale riguarda l'a- 15 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 16 S Alimentare S te m a 16 Alfonso Pascale Presidente Rete Fattorie Sociali Un percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa L’agricoltura sociale I percorsi di inclusione e i servizi terapeutico - riabilitativi in agricoltura accrescono la competitività delle imprese se praticati mediante la RSI. L ’agricoltura sociale è l’insieme di pratiche in cui persone provate da varie forme di svantaggio o disagio trovano nelle attività agricole una chance per dare un significato alla propria vita e un senso alle proprie capacità. Siffatte traiettorie si realizzano attraverso l’assunzione, in imprese agricole già esistenti, di soggetti svantaggiati (invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione) oppure di lavoratori svantaggiati (immigrati, donne che hanno lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare tempi di vita lavorativa e tempi di vita familiare, persone sole con figli a carico, persone affette da dipendenze, disoccupati ultracinquantenni o di lungo periodo, ex detenuti). Ad essi si aggiungono le donne che hanno subito violenze e altri soggetti provati da diverse forme di disagio. Percorsi di agricoltura sociale sono anche quelli che vedono protagonisti sog- gennaio/febbraio 2011 getti svantaggiati o con disagi nella creazione di nuove aziende agricole in forma singola o associata. Pratiche di agricoltura sociale sono, infine, tutti gli altri servizi ricompresi nelle politiche sociali ed erogati da una struttura agricola, come i servizi socioeducativi per la prima infanzia o le attività rivolte a minori in difficoltà o che vedono protagonisti gli anziani o ancora che si attivano per accogliere e integrare gli immigrati nel tessuto civile del Paese. L’agricoltura sociale tra centralità della persona e protezione dell’ambiente La peculiarità dell’agricoltura sociale risiede nell’intimo intreccio tra il servizio sociale e l’esercizio dell’attività agricola, poiché detto servizio esplica la sua efficacia solo se la persona a cui è diretto viene pienamente coinvolta in un processo produttivo agricolo. Inoltre, l’utilizzazione di sistemi di produzione ecocompatibili in grado di assicurare il coinvolgimento nell’attività agricola di persone con bisogni speciali è una componente fondamentale della strategia messa in atto da una fattoria sociale, che pone al centro lo stretto legame tra fattore umano e fattore ambientale. Le pratiche di agricoltura sociale si accompagnano, infatti, in molti casi all’a- dozione del metodo biologico, inteso come pratica di produzione di beni alimentari che si ispira alla naturalità, al minimo intervento sul suolo, sugli animali, sulle piante e sull’ambiente in generale. Tale coincidenza è dovuta al fatto che l’agricoltura sociale si fonda sul recupero e rivitalizzazione di modalità di produzione scartate con la modernizzazione agricola, in quanto ritenute inadeguate in una visione produttivistica dello sviluppo agricolo. Dette modalità risultano, invece, del tutto efficaci per consentire alle persone con determinati svantaggi o particolari disagi di svolgere meglio e pienamente le attività agricole e possono essere senz’altro compatibili con gestioni imprenditoriali improntate ad una logica di efficienza economica. L’agricoltura sociale si fonda sull’idea che promuovere stili di vita e modelli di produzione, di investimento e di consumo compatibili con la protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima fa bene alle persone perché il benessere umano coincide con il benessere dell’ecosistema. L’agricoltura sociale produce beni relazionali A differenza dei normali beni di mercato, siano essi privati o pubblici, dove la produzione è tecnicamente e logicamente distinta dal consumo, i beni re- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 17 S L’agricoltura sociale S www.aicq.it un miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. Le reti orientate all’ambito locale, mediante la produzione di beni quali la reciprocità, il mutuo aiuto e il dono, non sono alternative ai mercati internazionali dei prodotti agricoli, ma permettono di rafforzare e allargare quel capitale sociale che può dare autenticità ai valori che sottendono la ruralità, scongiurando il rischio di una loro banalizzazione e di una sostanziale perdita di attrattività dei territori rurali. Si può sostenere, in definitiva, che l’agricoltura multifunzionale, producendo in modo congiunto beni alimentari e beni relazionali, contribuisce in maniera determinante allo sviluppo economico e sociale dei territori rurali perché consente di accrescere la capacità dei territori stessi di organizzarsi con strumenti associativi idonei a conquistare nuovi mercati internazionali, sia per quanto riguarda i prodotti tipici che i servizi legati alle attività agricole. L’agricoltura sociale come percorso implicito di RSI Se guardiamo attentamente ai comportamenti messi in atto da una fattoria sociale, ci rendiamo immediatamente conto di trovarci dinanzi a percorsi impliciti di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), così com’è stata definita dalla Commissione Europea nel famoso Libro Verde del 2001: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Le fattorie sociali adottano, infatti, vo- lontariamente comportamenti che si fanno carico delle preoccupazioni sociali e ambientali della collettività e che si possono così sintetizzare: a) promuovere inclusione sociale e lavorativa di persone con svantaggi o disagi; b) organizzare servizi sociali per la comunità; c) salvaguardare la qualità ambientale e gli equilibri ecologici; d) promuovere la salute e il benessere animale; e) qualificare le produzioni agricole; f) offrire fruizione e “godimento” dello spazio rurale. Per fare in modo che tali comportamenti diano luogo a veri e propri percorsi di RSI è necessario che una fattoria sociale adotti gli strumenti previsti per tale scopo scegliendoli tra quelli maggiormente in uso in agricoltura e nel sistema agroalimentare. Di seguito se ne riportano alcuni: a) sistema di controllo e certificazione delle produzioni da agricoltura biologica; b) sistemi di qualità e ambientali; c) etichette sociali e marchi etico-sociali (SA 8000); d) marchi collettivi di natura pubblica (c.d. marchi geografici) o di natura privata (consorzi di imprese, cooperative, associazioni); e) carte dei valori; f) bilanci di sostenibilità; g) “fare rete” (es. distretti rurali di economia solidale). Se una fattoria sociale vuole perseguire un percorso esplicito di RSI dovrà necessariamente adottare lo strumento “fare rete” perché nell’agricoltura sociale opera sempre una pluralità di attori pubblici, privati, privato-sociali (agricoltura, servizio sociale, ecc.). Si tratta, infatti, di un percorso specifico di sviluppo rurale e nel contempo di welfare locale, che si realizza in una logica distrettuale. La fattoria sociale dovrà, pertanto, “fare rete” coi soggetti che partecipano al processo produttivo dell’azienda agricola (es. fornitori, destinatari, tecnici) o all’organizzazione dei servizi alla persona (es.utenti, operatori sociali, educatori); con altre fattorie sociali che eventualmente operano nei dintorni e con altri soggetti del territorio (es. terzo settore, agriturismo, turismo rurale, arti- gennaio/febbraio 2011 te m a lazionali (come molti servizi alla persona) si producono e si consumano simultaneamente; il bene viene co-prodotto e co-consumato al tempo stesso dai soggetti coinvolti. Si tratta, inoltre, di beni che non possono essere né prodotti né consumati da un solo individuo, perché dipendono dalle modalità delle interazioni con altre persone e possono essere goduti solo se condivisi nella reciprocità. Sono, infine, beni diversi dalle merci perché il loro valore consiste nel soddisfare un bisogno attraverso il dono. Nelle aree rurali la produzione di beni relazionali è indispensabile per favorire lo sviluppo locale perché tali beni caratterizzano le specificità e i valori della ruralità ed evitano il loro appiattimento sui valori e sugli stili di vita diffusi nelle aree urbane. Del resto, gli abitanti delle città cercano nelle aree rurali ciò che sentono di aver perduto e che invece ritengono essere ancora presente nel modo di vivere delle campagne. L’agricoltura può proporsi di produrre beni relazionali se abbandona l’approccio tradizionale posto a base del paradigma della modernizzazione, che fondava i rapporti esterni alle aziende esclusivamente sui legami con il mondo agroindustriale attraverso la produzione di materie prime, e amplia la propria ottica verso una riconnessione delle attività produttive alla località, creando nuovi reticoli intorno alla fornitura di prodotti di qualità, servizi agrituristici, servizi alle persone, attività culturali, iniziative di accoglienza e integrazione di immigrati e favorendo 17 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 18 S L’agricoltura sociale S te m a 18 gianato rurale, enti locali, enti parco, ospedali, università, centri di ricerca). “Fare rete” come strumento della RSI L’applicazione dello strumento “fare rete” nella progettazione di una o più fattorie sociali prevede una serie di azioni che vanno adeguatamente pianificate. Per definire l’idea progettuale, si dovrà innanzitutto costituire un tavolo di confronto o un forum tra soggetti pubblici e privati e si formalizzerà la proposta mediante la stipula di un protocollo d’intesa tra tutti coloro che si impegnano a partecipare all’attività di progettazione. Tutti coloro che ritengono di poter trarre un beneficio da un progetto di agricoltura sociale potranno attivare un processo partecipativo che condurrà alla definizione di un’idea progettuale, alla creazione di un partenariato, alla stipula di un protocollo d’intesa, all’elaborazione e alla realizzazione del progetto. Al partenariato potranno partecipare non soltanto organizzazioni di rappresentanza ed enti pubblici ma anche singole strutture (imprese, cooperative, associazioni, ecc.) e singoli cittadini (persone e gruppi familiari) in quanto non si tratta di dar vita ad un’aggregazione di soggetti che mediano interessi, ma alla tessitura continua di rapporti tra soggetti che intendono fare un percorso condiviso di progettazione partecipativa. Inoltre, l’attività di progettazione andrebbe programmata sulla base di un’accurata analisi delle caratteristiche del territorio in cui si opera sotto il profilo produttivo, sociale, demografico, ambientale e degli stessi modelli di regolazione locale. Senza questa specifica capacità di lettura, la pratica sociale non raggiungerà risultati apprezzabili. In sostanza, l’attività di progettazione va intesa come un processo di crescita e di sviluppo comune di tutti i soggetti che intendono partecipare all’iniziativa. Se, ad esempio, si coinvolgono tutti gli attori nell’analisi dei bisogni e nell’individuazione delle strategie di sviluppo, si compie un cammino condiviso nella lettura di un territorio. E gli obiettivi, così definiti, saranno percepiti come impegno comune che andrà a rafforzare ulteriormente i legami sociali e i vincoli identitari del territorio medesimo. Praticando la partecipazione come auto-apprendimento, i diversi soggetti rafforzeranno la capacità di leggere i bisogni; di influenzare più efficacemente le decisioni che riguardano la formulazione degli obiettivi; di maneggiare meglio gli strumenti della progettazione. Si tratta di adottare il modello della ricerca-azione, multi-obiettivo e multidisciplinare, vale a dire una procedura d’analisi che conduca, nelle sue conclusioni, a pianificare le azioni del progetto che si intende realizzare, da fondare sulle informazioni provenienti dalla ricerca, sulle relazioni che si svilupperanno e sulle potenzialità che da essa emergeranno. Un’analisi dei bisogni e delle risorse territoriali che sia in grado di suggerire, strada facendo, quei cambiamenti che si dovessero rendere necessari al mutare delle esigenze deve accompagnarsi ad un’azione di verifica, monitoraggio e valutazione. A tal fine, un disegno di valutazione sarà predisposto nella fase iniziale della ricerca, in cui verranno definite metodologie e strutture teoriche di riferimento. La centralità della valutazione in tale processo sarà determinante per monitorare l’andamento dell’analisi e per replicare tra gli attori della ricerca un metodo partecipativo di auto-verifica che si intende diffondere nella comunità oggetto di studio e soggetto d’azione. Le reti nazionali e territoriali dell’agricoltura sociale, in collaborazione con la Rete Rurale Nazionale, le Agenzie di Sviluppo Agricolo delle Regioni e le strutture di ricerca e di alta formazione che abbiano una propensione alla multidisciplinarietà, potranno svolgere un’azione di supporto alla progettazione, favorire lo scambio di esperienze, agevolare la fluidità dei processi amministrativi e acquisire dalle azioni di analisi, monitoraggio e valutazione dei progetti gli elementi utili per l’individuazione più puntuale delle ricadute delle politiche pubbliche. I BIBLIOGRAFIA AA. VV., Le nuove frontiere della multifunzio- nalità: l’agricoltura sociale. Atti del Convegno Nazionale dell’ALPA, Ripatransone (AP), 17 novembre 2006, ALPA, 2007 Ciaperoni A.(a cura di), Agricoltura biologica e sociale. Strumento del Welfare partecipato, AIAB, Roma, 2008 Di Iacovo F. (a cura di) Agricoltura sociale: quando le campagne coltivano valori, Franco Angeli, Milano, 2008 Finuola R., Pascale A., L’agricoltura sociale nelle politiche pubbliche, INEA, Roma, 2008 Noferi M. (a cura), Agricoltura sociale e agri- coltura di comunità, ARSIA, Firenze, 2007 Pascale A., Linee guida per progettare iniziati- ve di agricoltura sociale, INEA, Roma, 2009 Senni S., Competitività dell’impresa agricola e legame con il territorio in Agriregionieuropa, marzo 2007, http://agriregionieuropa.univpm.it gennaio/febbraio 2011 www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 19 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 20 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:45 Pagina 21 S Alimentare S La certificazione di qualità nel settore biologico Premessa Nel settore agro-alimentare, le esigenze di qualità rientrano nella categoria dei bisogni primari e sono contraddistinte da una forte valenza sociale. Inoltre sono tutelate da apposita legislazione nazionale e/o sovranazionale. Come per altri beni di consumo, la qualità dei prodotti alimentari è la risultante di un insieme di fattori fra i quali l’igiene e la salubrità, le caratteristiche organolettiche e nutrizionali quali il sapore, l’odore, gli elementi di utilizzazione come la conservabilità e la facilità d’uso, fattori culturali e fattori etico - sociali. A ciascuna di tali esigenze occorre dare risposta tramite l’individuazione dei requisiti che ne garantiscono il soddisfacimento e la verifica e l’attestazione della conformità a tali requisiti. Se la sicurezza alimentare costituisce il requisito di base che deve essere sempre soddisfatto, costituendo, come tale, un fattore pre-competitivo per gli operatori del settore, la produzione biologica, definita dai Regolamenti comunitari, risponde alle esigenze di genuinità, di tutela dell’ambiente e di sviluppo sostenibile proveniente dal mercato. La certificazione di qualità nel settore biologico Nel 1991 la Comunità Europea approva il regolamento 2092, che definisce per la prima volta nella storia dell’agri- www.aicq.it coltura, un metodo di produzione agricolo e cioè quello biologico, stabilendo regole comuni per tutti gli operatori europei del settore. In una fase iniziale tali regole rimangono circoscritte alla produzione agricola e solo negli anni successivi, vengono estese anche ad altre pratiche come la trasformazione ed il commercio. Nel 2007, il Consiglio dell’Unione Europea emana il regolamento CE 834/2007 a cui fa seguito, nel 2008, il regolamento CE 889/08. Si rinnova una legislazione vecchia ormai di quasi venti anni, ponendo l’accento sul mercato e sul consumatore. L’obiettivo è quello di garantire un incremento qualitativo di tutti quei prodotti che si trovano a competere sul mercato con attori rivali che possono vantare maggior competitività per quanto riguarda costi e prezzi. Basti pensare ai prodotti agricoli che vengono dall’est Europa e dal nord Africa o ai prodotti trasformati provenienti dalla Cina che hanno messo in serio pericolo alcune produzioni, come il pomodoro da industria, per il cui sostentamento la Comunità Europea ha dovuto agire attraverso il metodo di incentivi economici ai produttori che lamentavano incassi sempre più bassi a causa dei prodotti a prezzi inferiori che arrivano dall’est. Nel regolamento CE 834/07 l’Unione Europea fornisce una definizione ben precisa della produzione biologica, includendo anche aspetti non puramente agricoli ed affermando che: “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basata sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali ed una gennaio/febbraio 2011 te m a Garanzia per lo sviluppo del mercato Federica Murmura ricercatore confermato, Univ. degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Dip. Studi Aziendali e Giuridici Alessandro Mengozzi cultore della materia, Univ. degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Dip. Studi Aziendali e Giuridici 21 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 22 S Alimentare S te m a 22 produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale”. Questa definizione inserendo le parole “… e di produzione agroalimentare …” amplia lo scenario a tutti gli attori della filiera, escludendo solamente chi si occupa della vendita del prodotto confezionato. Con il nuovo regolamento cambia anche la dicitura da apporre nelle etichette. Se prima, infatti, nei prodotti biologici si poteva utilizzare la scritta “ da agricoltura biologica” ora diventa obbligatoria la scritta “prodotto biologico” riconoscendo valore anche ai passaggi artigianali ed industriali di trasformazione. Grazie a questo cambiamento il consumatore sa che non solo la base del prodotto finale che acquista è stata coltivata secondo metodi biologici ma che anche le fasi di lavorazione e trasformazione vengono eseguite nel rispetto degli standard di produzione biologica. Ad esempio, viene vietato il trattamento post raccolta su frutta e verdura con agenti chimici fungicidi, al fine di evitare il marciume del prodotto stoccato nelle celle frigorifere. Il nuovo logo, che registra innovazioni non solo nei regolamenti ma anche nella grafica, è entrato ufficialmente in commercio dal primo luglio 2010 e l’apposizione è possibile solo sui prodotti destinati all’alimentazione umana, mentre ne è vietato l’utilizzo per indumenti ottenuti da fibre di origine biologica ed il pet food. Al momento non è possibile utilizzarlo per la ristorazione collettiva e per altri prodotti quali preparati alimentari che in ricetta contengano meno del 95% di ingredienti biologici, i prodotti derivati da pesca e caccia ed il vino, per cui era atteso un regolamento gennaio/febbraio 2011 ad hoc per la tarda primavera del 2010. A causa dell’impossibilità di trovare un accordo fra gli stati membri sulle quantità di solfiti da introdurre nei vini, tale regolamento è stato rimandato a quando le tecnologie permetteranno analisi e studi più approfonditi. Il mercato dei prodotti biologici Oggi, per quanto riguarda l’offerta di prodotti biologici, grazie a tecniche naturali e meccaniche è possibile avere produzioni migliori sia da un punto di vista qualitativo sia quantitativo, anche se non si può ottenere un prodotto biologico con gli stessi costi di un prodotto convenzionale. Il prezzo più alto di un prodotto biologico è determinato dai maggiori costi di produzione per l’agricoltore. Infatti, non potendo intervenire con agenti chimici, queste produzioni sono esposte a rischi maggiori rispetto alle convenzionali, sia per quanto riguarda la difesa da parassiti fungini e da insetti infestanti, sia per quanto riguarda la difesa da agenti atmosferici avversi. Si deve poi tenere conto che anche nella fase di trasformazione i costi aumentano, in quanto i prodotti biologici devono esser lavorati con macchinari diversi e stoccati in locali separati da quelli adibiti per i prodotti convenzionali, con un innalzamento considerevole dei costi fissi di produzione. Invece, per quanto riguarda la domanda, la mancanza di un’adeguata informazione da parte dei consumatori rappresenta una caratteristica del mercato dei prodotti biologici. Da un’indagine effettuate su un campione di 114 consumatori tra i 18 e i 60 anni residenti nelle provincie di Ravenna, Forlì e Cesena, dove l’unico criterio di scelta è stato quello del responsabile di famiglia per gli acquisti (un gruppo altamente eterogeneo), sono emerse una serie di indicazioni molto importanti. Il primo dato riguarda i consumatori di prodotti biologici che possono esser divisi in diverse categorie. Una in cui si collocano coloro che consumano con convinzione i prodotti bio, una fascia che acquista per effetto moda, in quanto vede il prodotto bio come un prodotto “alternativo”, che lo possa collocare in un ceto sociale più elevato, e chi invece esplora il settore ma nutre dubbi riguardo alla sua veridicità e credibilità. Altro dato emerso è che non pochi clienti si rendono conto di quella che sia la reale differenza reale di prezzo fra le due tipologie di prodotti, biologico e convenzionale. Infatti, analizzando dati reali raccolti in supermercati e indagando fra i consumatori è emerso che i consumatori ritengono la maggiorazione di prezzo minore di quella effettivamente registrata nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Nonostante questa percezione in negativo della differenza di prezzo la maggior parte dei consumatori contesta i prezzi maggiori ritenendoli non giustificati. Altro segnale che dimostra quanto le informazioni siano scarse sia in quantità sia in qualità, è il fatto che ben il 52% di coloro i quali affermano di acquistare prodotti biologici non conosce il logo ufficiale europeo che identifica i prodotti certificati secondo i regolamenti. Ricordiamo che in Italia l’operato dei soggetti coinvolti nelle produzioni biologiche è controllato da organismi accreditati il cui elenco è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie C, della norma europea 45011. Tali enti sono sottoposti a controlli da parte di ACCREDIA, delle amministrazioni regionali e da parte di corpi speciali dello stato al fine di garantire la massima trasparenza e protezione per i consumatori. Interessante poi notare che in questo mercato la GDO accoglie circa il 47% dei consensi per gli acquisti, grazie soprattutto alla facilità e comodità di acquisto. I piccoli negozi specializzati in prodotti bio e gli agricoltori riscontrano percentuali simili, rispettivamente del 45% e 44% circa. Gli agricoltori vengono considerati anche i venditori più affidabili per la raccolta di informazio- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 23 S La certificazione di qualità nel settore biologico S te m a ni riguardo alle caratteristiche dei prodotti, evidenziando quindi una sostanziale parità di importanza fra filiera corta e filiera lunga nel commercio di tali beni. La filiera corta e la filiera lunga: un’analisi Negli ultimi anni la filiera corta ha acquisito sempre più importanza. Grazie al lavoro di associazioni quali Aiab e Federbio, fenomeni come i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), i mercatini contadini e la vendita diretta nelle aziende agricole non son più così rari come qualche anno fa. Sempre più consumatori di prodotti biologici si affidano a questo tipo di offerta, in quanto è possibile acquistare prodotti sempre freschi a prezzi più convenienti rispetto alla grande distribuzione. Così facendo il consumatore non aiuta solamente il proprio portafoglio ma anche quello dell’agricoltore, che può vendere direttamente al consumatore saltando i passaggi intermedi ed avere una buona competitività di prezzo. L’acquisto presso la filiera corta comporta il rispetto dei principali valori del biologico, ovvero il rispetto ambientale ottenuto tramite l’abbattimento delle distanze, il cosiddetto commercio a “ km zero”. Come esempio contrario, si può pensare al caffè che proviene dall’Africa, alle banane del Sud America o semplicemente agli agrumi che dalla Sicilia vengono trasportati in Europa. E’ ovvio che, al momento, il commercio a “km zero” non possa essere l’unico. Prendiamo ad esempio le pesche della Romagna, una delle zone più produttive in Europa per questi frutti. Sarebbe impossibile che la popolazione dell’area assorbisse tutta la produzione ed anche per il sostentamento degli agricoltori è necessario il commercio su lunghe distanze. La filiera lunga è quindi ancora molto utilizzata per gli acquisti, in primo luogo per la facilità di acquisto. I consumatori possono avere a disposizione nei punti vendita una gamma molto ampia di prodotti, www.aicq.it 23 cosa che spesso è impossibile presso un agricoltore. Inoltre, possono trovarli in ogni periodo dell’anno, destagionalizzando, di fatto, prodotti che normalmente sono fortemente legati alla stagionalità. La nuova frontiera, comunque, sembra essere quella della filiera corta su misura temporale invece che spaziale. Conclusioni Il settore biologico negli ultimi anni ha vissuto un periodo di crisi, specialmente per quel che riguarda le produzioni. L’Italia, sempre in prima posizione in Europa per l’estensione di superfici coltivate a metodo biologico, ha subito una flessione, lasciando il primato alla Spagna. Questa fase è coincisa con la diminuzione o, in alcuni casi, la cancellazione degli aiuti economici da parte delle regioni. Appare quindi necessario ristabilire questi aiuti monetari al fine di non vedere queste produzioni di eccellenza scomparire. Infatti, nonostante quanto affermato dalla stessa UE e cioè che l’agricoltura biologica abbia il ruolo di abbattere i costi di produzione, al momento le tecnologie non lo permettono e al contrario, i costi ed i rischi di produzione, sono molto più elevati rispetto a quelli dell’agricoltura convenzionale. Inoltre sarà necessario portare avanti una politica che incrementi e migliori la comunicazione e l’informazione, al fine di eliminare la confusione che regna fra i consumatori meno esperti del settore e rendere così il consumo di prodotti biologici un consumo “logico” ovvero comune. Perché tutto questo è così importante? Lo è in quanto l’agricoltura biologica è una, anzi è la prima leva da utilizzare per raggiungere quello scopo di cui tanto si parla, ovvero la salvaguardia del pianeta, la salvaguardia delle specie animali attraverso la diminuzione dagli agenti chimici infestanti e la diminuzione dell’inquinamento dell’aria in generale. I BIBLIOGRAFIA Antonelli G., Marketing Agroalimentare, Ed. Franco Angeli, 2004; Cicia G., De Stefano F., Prospettive dell’agri- coltura biologica in Italia, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007; Regolamento CE 834/07; Regolamento CE 889/08; Regolamento 271/2010; Viganò E., Rete rurale, nazionale e agricol- tura biologica: primi risultati e attività in corso, Congresso conclusivo “Stati generali per il biologico”, 2009. gennaio/febbraio 2011 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 24 S Alimentare S te m a 24 Enza Laretto Responsabile Area Sociale e Sviluppo Sostenibile, ICIM S.p.A. Come Sistema Gestionale tra Responsabilità Sociale e Sviluppo Sostenibile Sistema ristorazione Introduzione La ristorazione collettiva è un sistema complesso e articolato, che deve tenere conto di elementi e fattori di tipo economico, ambientale e sociale. Solo l’approfondimento, l’analisi equilibrata di tutti gli aspetti, e la conseguente applicazione del concetto di sistema, può permettere alle aziende di impostare un percorso di sviluppo sostenibile, generando valore per le imprese e per le parti interessate. In questo contesto, ICIM intende porsi come partner di riferimento per le organizzazioni che credono nella sostenibilità, quale reale e consapevole opportunità di sviluppo per il proprio business, e che desiderano dare la giusta visibilità di tali valori, mediante l'intervento obiettivo e imparziale di un ente di terza parte. La ristorazione collettiva oggetto di interesse di diversi gruppi di lavoro, sia a livello nazionale che europeo, deve rispondere ai requisiti del committente e non trascurare altri aspetti di tipo: economico, per i profondi cambiamenti dello stile di vita che hanno determinato, per un numero sempre crescente di individui, la necessità di consumare almeno un pasto al giorno fuori casa; ambientale, per gli effetti negativi che il nostro pianeta deve sopportare, come i cambiamenti climatici, l’eccessi- gennaio/febbraio 2011 vo consumo di energia e di acqua, l’aumento dei rifiuti; sociale, per l’aumento di patologie cronico-degenerative come il diabete, le malattie cardiovascolari, l’obesità, l’osteoporosi, ecc. Il progetto di norma UNI, “Servizi di ristorazione fuori casa”, al punto 3.1.2., definisce il termine ristorazione collettiva come la “ristorazione fuori casa definita da un contratto tra committente e fornitore, che si rivolge a comunità delimitate e definite. Il committente determina i requisiti del servizio di ristorazione”. Da qui si evince come anche quest’ultimo sia coinvolto nel ciclo di vita del processo di ristorazione. Spesso il committente è la Pubblica Amministrazione (Regioni, Province, Comuni), che dovrebbe assumere la responsabilità di: gestire il territorio sul quale sono allevate o coltivate le materie prime; valorizzare l’economia attraverso la promozione di un lavoro in rete tra i vari produttori; sensibilizzare i cittadini/utenti sull’importanza di una sana e corretta alimentazione e adozione di comportamenti sostenibili. In generale, tutti i componenti di una Comunità hanno specifici ruoli, competenze e responsabilità. Dalla loro integrazione deriva un’evoluzione dell’o- biettivo di sviluppo sostenibile, che consiste nel raggiungimento di una migliore qualità di vita. I processi di “ristorazione sostenibile” dovrebbero essere gestiti in modo che le varie parti interessate (ente committente, gestore del servizio, ASL, utenti, istituzioni, etc.), abbiano chiare le responsabilità, i ruoli e le competenze. Le informazioni sulle attività di ognuno e sui relativi risultati dovrebbero essere comunicati in modo chiaro e trasparente, in modo che i requisiti, che regolano i contratti e i rapporti tra i vari soggetti coinvolti, siano misurabili e confrontabili. Le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica”, recentemente pubblicate ed elaborate da un gruppo tecnico appositamente istituito presso la Direzione Generale Sicurezza degli Alimenti e Nutrizione del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, presentano i criteri e le indicazioni per la definizione del capitolato, documento nel quale vengono espressi i vincoli contrattuali tra fornitore e committente. Le linee ministeriali indicano che il capitolato deve riportare: criteri ispirati alla promozione della salute e a esigenze sociali che contribuiscono alla tutela della salute dell’utente e alla salvaguardia dell’ambiente; requisiti oggettivi e misurabili nel- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 25 S Sistema ristorazione S www.aicq.it produzione degli alimenti e delle be- vande (definisce % di peso di prodotti provenienti da agricoltura biologica, integrata, o materie prime DOP, IGP); requisiti dei prodotti in carta-tessuto; trasporti con mezzi a basso impatto ambientale; consumi energetici (apparecchiature a basso consumo); pulizie dei locali (detergenti a basso impatto ambientale, Ecolabel); formazione del personale (piano formativo con indicazione del personale coinvolto, docenti, tempistiche, etc.); requisiti degli imballaggi (riduzione degli imballaggi); gestione dei rifiuti (raccolta differenziata); informazione agli utenti (piano di informazione agli utenti su argomenti specifici) Le specifiche tecniche premianti contemplano criteri più restrittivi (es. più alte percentuali in peso di materie prime biologiche, DOP, IGP; riduzione dei passaggi dal produttore al consumatore), e criteri più specifici ad esempio: materie prime provenienti dal commercio equosolidale, rintracciabilità di filiera certificata ai sensi della norma ISO 22005:07; provenienza di materie prime da terreni sequestrati o confiscati, recupero del cibo non somministrato, secondo la legge 155/2003 (del Buon Samaritano), che prevede la destinazione a organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che effettuano a fini di beneficienza la distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari. Il servizio di ristorazione per poter competere sul mercato deve sapere soddisfare i bisogni e le attese degli utenti (i bambini nelle scuole, i pazienti negli ospedali, ecc.), sulla base di: requisiti nutrizionali, sensoriali e igienici del pasto. condizioni organizzative: igiene, tempi e modi, incluse le attività pre- e post-pasto; condizioni logistiche, ambientali e strutturali che hanno impatti sull’efficienza produttiva, sugli aspetti ambientali (produzione dei rifiuti, consumo di energia e di acqua, etc.); ruolo educativo degli utenti, in tutte le fasce di età, circa il rapporto con il cibo, rispettando le esigenze di salute (allergie, celiachia), culturali e religiose; gestione dei rapporti con le varie parti interessate (utenti, familiari, istituzioni, aziende, fornitori, etc.). Lo scenario fin qui descritto delinea per le aziende di ristorazione collettiva, la necessità di ripensare all’intero processo produttivo per arrivare a un concetto di sostenibilità e di responsabilità sociale del processo di ristorazione e del pasto che prenda in considerazione l’intero ciclo di vita (dalla terra al cassonetto). Per questo motivo, dal confronto con gli altri schemi di certificazione internazionali e dall’analisi delle linee di riferimento nazionale, ICIM ha creato una serie di strumenti di valutazione per permettere alle aziende di effettuare una valutazione della sostenibilità utile al proprio interno, per un coinvolgimento attivo di tutti i collaboratori, e da utilizzare come dimostrazione non autoreferenziale con vantaggi nella partecipazione a gare/appalti. I BIBLIOGRAFIA - Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica del Ministero della Salute – Maggio 2010. - Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (PAN GPP) adottato con il Decreto Interministeriale n. 135 dell'11 Aprile 2008 (G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008). - Criteri Ambientali Minimi per la Ristorazione e le derrate alimentari” (in via di definizione) - Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e successive modifiche ed integrazioni. - Progetto di norma UNI “Servizi di ristorazione fuori casa” Requisiti minimi per la stesura di capitolato di appalto, bando e disciplinare. Attualmente sottoposto alla fase di inchiesta gennaio/febbraio 2011 te m a l’ambito di principi definiti di qualità, economicità, efficacia, trasparenza e correttezza. Precisa inoltre che nella formulazione del capitolato è necessario porre l’attenzione, oltre alla corretta gestione del servizio, anche alla qualità dei prodotti. A parità di requisiti di qualità e di coerenza con modelli di promozione della salute, bisogna porre attenzione a una sostenibile valorizzazione di politiche alimentari, quali agricoltura sostenibile, sicurezza del lavoratore, benessere animale, tradizioni locali e tipicità, coesione sociale e commercio equo-solidale. L’obiettivo è quello di avere un rapporto organico tra qualità e prezzo, nel sistema complessivo dei requisiti di qualità totale del pasto e del servizio. L’individuazione dei requisiti è anche il compito del documento in via di definizione “Criteri ambientali minimi per l’affidamento del servizio di ristorazione – servizio mensa e fornitura di alimenti”, parte integrante del piano di azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (di seguito PAN GPP) che propone l’obiettivo di raggiungere entro il 2010, la quota del 50% di appalti verdi sul totale degli appalti. In questo documento sono indicati i criteri ambientali minimi del servizio di ristorazione, suddivisi in criteri ambientali “di base” e “premianti”. Per ogni criterio sono indicate le “verifiche”, ovvero: la documentazione che l’offerente o il fornitore è tenuto a presentare per comprovare la conformità del prodotto o del servizio a cui si riferisce; ove esistenti, i mezzi di presunzione di conformità che la stazione appaltante può accettare al posto delle prove dirette. Un appalto è “verde” se integra tutti i criteri “di base”. Le stazioni appaltanti sono comunque invitate a utilizzare anche quelli “premianti” quando aggiudica la gara d’appalto all’offerta economicamente più vantaggiosa. In generale le specifiche tecniche di base riguardano: 25 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 26 S La PA e la Qualità S te m a 26 >> Giovanni Mattana e delibere CIVIT (n. 88, 89 e 104 del 2010) Qualità nella PA Introduzione Nel numero 1-2010 di Qualità, sia nell’editoriale che in Q dal Mondo, avevamo riferito sul DECRETO LEGISLATIVO 27 ottobre 2009, n. 150, ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico ed efficienza e trasparenza delle PA, di Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15. Nei principi generali (art. 3, comma 2) si stabilisce che “Ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti”. Il modello su cui si basa la valutazione viene definito, nel decreto legislativo, Sistema di misurazione e valutazione della performance. Tale Sistema deve essere stabilito da ciascuna amministrazione in accordo alle linee guida fornite dalla CIVIT Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche. In sede di prima attuazione spetta agli OIV, Organismi Indipendenti di Valutazione di ciascuna amministrazione pubblica definire il Sistema di misurazione e valutazione della performance (D.lgs 150, art. 30). In attuazione di quel decreto è stato costituito l’organismo CiVIT - Commis- gennaio/febbraio 2011 sione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche, che ha già emesso varie delibere. Nel seguito presentiamo e sintetizziamo alcuni contenuti delle delibere 88/2010 e 89/2010 e 104/2010. 1. La riforma della Pubblica amministrazione: una sfida epocale Negli ultimi 20-30 anni quasi tutti i Paesi si sono dovuti misurare con la necessità di una trasformazione radicale della propria PA: quella di passare da una logica degli adempimenti ad una logica dell’efficacia, congiunta ad una logica di priorità delle risorse (divenute, nel contempo sempre più limitate e controllate). Si può citare, negli Usa, l’uscita del volume D. Osborne e T. Gaebler ‘Reinventing Government’, 1992, o quello di H. Guillome et Al. ‘Gestion PubliqueL’Etat et la performance’, 2002 che considera anche l’evoluzione in vari Paesi. La seguente figura A2 mostra il percorso della Gran Bretagna con riferimento alla misurazione delle performance; la Tab. A1 mostra, per vari Paesi, le peculiarità degli organismi incaricati delle valutazioni; la fig. A1 un esempio (Francia) di catena logica del sistema di misurazione delle performance. La sfida/Gli obiettivi/Gli strumenti 2. Italia - Le prescrizioni del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 Scadenze temporali 30 settembre 2010 per la definizione del Sistema di misurazione e valutazione della performance da parte degli OIV e trasmissione alla CiVIT e 1° gennaio 2011 per l’adozione formale dello stesso sistema da parte degli organi di indirizzo politico-amministrativo. Entro dicembre 2010 gli Organi individuino le linee strategiche ed operative, in coerenza con i documenti della programmazione finanziaria e di bilancio; entro gennaio 2011 gli Organi di indirizzo presentino alla CIVIT il cosiddetto “Piano della performance 20112013”, un documento programmatico triennale che individua indirizzi, obiettivi strategici e operativi e definisce, con riferimento agli obiettivi finali e intermedi e alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell’amministrazione e gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori (art. 10 del D.lgs 150/09); a cascata gli Organi assegnino gli obiettivi strategici a ciascuna struttura, corredati dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori (individuali e organizzativi); durante l’anno gli Organi di indirizzo, con il supporto dei dirigenti, monitori- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 27 S Qualità nella PA S www.aicq.it Modalità raccordo e integrazione con Le funzioni di misurazione e valutazio- i documenti di programmazione e di bilancio Processo La definizione del processo dovrà contenere: Fasi (da inquadrare nel ciclo di gestione della performance indicato dall’art. 4 del D.lgs 150/09) Tempi (la programmazione delle tempistiche dovrà garantire il rispetto delle scadenze imposte per legge e l’ottimizzazione dei tempi interni) Modalità di attuazione del processo (con particolare importanza alla integrazione delle risorse umane e strumentali) Ambiti a cui si dovrà fare riferimento (art. 8 del D.lgs 150/09 e delibera CIVIT n. 104/2010): l’impatto delle politiche attivate sulla soddisfazione finale dei bisogni della collettività; l’attuazione di piani e programmi, ovvero la misurazione dell’effettivo grado di attuazione dei medesimi, nel rispetto delle fasi e dei tempi previsti, degli standard qualitativi e quantitativi definiti, del livello previsto di assorbimento delle risorse; la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi anche attraverso modalità interattive; la modernizzazione e il miglioramento qualitativo dell’organizzazione e delle competenze professionali e la capacità di attuazione di piani e programmi; lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi, anche attraverso lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione; l’efficienza nell’impiego delle risorse, con particolare riferimento al contenimento ed alla riduzione dei costi, nonché all’ottimizzazione dei tempi dei procedimenti amministrativi; la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati; il raggiungimento degli obiettivi di promozione delle pari opportunità. La misurazione della performance: attori coinvolti (art. 7 del d.lgs 150/09) ne della performance sono svolte, con il coordinamento della CIVIT, da: OIV: a regime agli OIV spettano il controllo sul funzionamento complessivo del Sistema e la valutazione della performance complessiva (dell’ente nel suo complesso). In sede di prima attuazione del decreto agli stessi OIV è demandata anche la definizione del Sistema di misurazione e valutazione della performance (art. 30 del D.lgs 150/09). Dirigenti: cui compete la misurazione e valutazione della performance individuale del personale dipendente assegnato alla propria struttura, nel rispetto del principio di merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti; Organi di indirizzo politico-amministrativo: cui compete il monitoraggio in corso d’anno 3. Delibera n. 88/2010: “Linee guida per la definizione degli standard di qualità Definizione e adozione: a) del “Sistema di misurazione e valutazione della performance”: è il documento dove le amministrazioni pubbliche esplicitano le caratteristiche del modello complessivo di funzionamento alla base dei sistemi di misurazione e valutazione; b) del “Piano della Performance”: è l’ambito in cui le amministrazioni pubbliche esplicitano gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e, quindi, i relativi indicatori e valori programmati per la misurazione e la valutazione dei risultati da conseguire. c) della “Relazione sulla performance”, in cui le amministrazioni pubbliche evidenziano i risultati organizzativi ed individuali raggiunti rispetto ai target attesi, definiti ed esplicitati nel Piano della Performance. d) delle misure in materia di “Trasparenza e Rendicontazione della Performance”, ossia l’attivazione di tutte quelle azioni e strumenti che consen- gennaio/febbraio 2011 te m a no l’andamento della performance rispetto agli obiettivi programmati e propongano eventuali interventi correttivi. I requisiti minimi del Sistema debbono contenere: chiara definizione degli obiettivi presenza di indicatori di output e di outcome (impatto e risultato ultimo sugli stakeholder) specificazione dei legami tra obiettivi, indicatori e target caratterizzazione degli indicatori secondo il formato proposto dalla CiVIT rilevazione effettiva della performance, secondo la frequenza e le modalità definite nello schema di caratterizzazione degli indicatori. (delibera CIVIT n. 89/2010). Elementi indispensabili sono costituiti da (delibere CIVIT n. 88, 89 e 104 del 2010): Descrizione del Sistema – Descrizione delle caratteristiche distintive dell’organizzazione – Metodologia adottata per la misurazione e la valutazione della performance complessiva – Metodologia adottata per la misurazione e valutazione della performance individuale – Modalità con cui verrà garantita la trasparenza totale del Sistema e della sua applicazione – Modalità con cui si intendono realizzare indagini sul personale dipendente (benessere organizzativo, grado di condivisione del Sistema e valutazione del proprio superiore) – Modalità con cui l’amministrazione intende promuovere progressivamente il miglioramento del Sistema Processo. La definizione del processo dovrà contenere: Fasi, Tempi, Modalità di attuazione (con particolare importanza all’integrazione delle risorse umane e strumentali) Soggetti e responsabilità: soggetti chiamati a svolgere la funzione e soggetti consultati come stakeholder esterni ed interni Procedure di conciliazione (in caso di conflitti nell’ambito della valutazione della performance individuale) 27 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 28 S La PA e la Qualità S te m a 28 > Fig. A.2 – cronologia evolutiva dei Sistemi di misurazione e gestione della performance nel Regni Unito 1 La definizione della mappa dei servizi 2 Le dimensioni della qualità Nella presente delibera ne sono individuate quattro, il cui peso specifico deve essere valutato in relazione alla tipologia del servizio: l’accessibilità, la tempestività, la trasparenza e l’efficacia. …… 3 Le modalità di individuazione ed elaborazione degli indicatori di qualità Per aversi indicatori appropriati, si deve tenere conto di sei requisiti che gli indicatori sulla qualità dei servizi devono soddisfare: 1. Rilevanza: 2. Accuratezza: 3. Temporalità 4. Fruibilità: 5. Interpretabilità: 6. Coerenza 4 Le modalità di definizione degli standard Il passaggio successivo consiste nella definizione degli standard di qualità del servizio erogato, ossia il livello di qualità che l’amministrazione si impegna a mantenere. ………. 5 La pubblicizzazione degli standard della qualità dei servizi Gli standard della qualità dei servizi devono essere agevolmente accessibili agli utenti. In tal senso le amministrazioni devono pubblicare i dati sul sito istituzionale, nonché attivare tutte le altre azioni idonee a garantire la trasparenza. > Tabella A.1 – generalità degli Stati considerati cesso di miglioramento continuo delle performance. Questo sistema deve assicurare, in prospettiva : il miglioramento della qualità dei servizi pubblici, attraverso una revisione periodica e, > Fig. A.1 – catena logica del Sistema di misurazione della performance - Francia quindi, un innalzamento progressivo tono ai cittadini di accedere agevoldegli standard di qualità; mente alle informazioni circa il funzionamento dell’ente e i risultati rag l’ottimizzazione dei costi dei servizi erogiunti. gati, da operare attraverso il progressiLa finalità vo miglioramento degli standard ecoLa finalità dell’intero impianto è di dotanomici. re le amministrazioni pubbliche di un siIl percorso metodologico per l’indivistema attraverso il quale attivare un produazione degli standard di qualita’ gennaio/febbraio 2011 4. Delibera n. 89/2010 Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del Sistema di misurazione e valutazione della performance Tre elementi fondamentali del Sistema di misurazione della performance Un Sistema di misurazione della performance si compone di tre elementi fondamentali: 1. indicatori 2. target 3. infrastruttura di supporto e processi. Un indicatore di performance è lo strumento che rende possibile l’attività di acquisizione di informazioni. Un target è il risultato che un soggetto si prefigge di ottenere, ovvero il valore desiderato in corrispondenza di un’attività www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 29 S Qualità nella PA S o processo. Il terzo elemento di un Sistema di misurazione è rappresentato dall’infrastruttura di supporto e dai soggetti responsabili dei processi di acquisizione, confronto, selezione, analisi, interpretazione e diffusione dei dati, garantendone la tracciabilità. Un’infrastruttura di supporto può variare da semplici metodi manuali per la raccolta dati a sofisticati sistemi informativi, sistemi di gestione della conoscenza e procedure codificate per l’analisi e rappresentazione dei dati. Sviluppo di indicatori e target Un indicatore di performance è lo strumento che rende possibile l’attività di acquisizione di informazioni. Affinché il processo di misurazione sia rilevante, gli indicatori devono essere collegati ad obiettivi e devono puntare a generare risultati adeguati a questi obiettivi e non valori ‘ideali’ o a valori ‘veri’ [1]. Allo stesso tempo, il processo di misurazione deve essere trasparente e tendenzialmente replicabile; per questo gli indicatori devono essere strutturati considerando varie dimensioni [33, 34]. Un test dei target Per ciascun target è altresì importante condurre un test che, al pari di ciascun indicatore, ne misuri la solidità dal punto di vista qualitativo. Il test sulla qualità può basarsi sulle variabili indicate nella tabella 4.4. Scopi del Sistema di misurazione www.aicq.it Questo Sistema di misurazione renderà le organizzazioni capaci di [12]: acquisire informazioni relative agli obiettivi e monitorare i progressi ottenuti rispetto ai target individuati; legare le fasi di pianificazione, formulazione e implementazione della strategia allo svolgimento dei piani d’azione; comunicare obiettivi e risultati all’interno e all’esterno dell’organizzazione, nonché confrontare la propria performance in un’ottica di benchmarking nel caso in cui alcuni indicatori siano comuni a più organizzazioni; influenzare i comportamenti organizzativi; generare cicli di apprendimento [14]. Fasi Il sistema si inserisce nell’ambito del ciclo di gestione della performance, articolato secondo l’articolo 4, comma 2, del decreto, nelle seguenti fasi: a) definizione e assegnazione degli obiettivi che si intendono raggiungere, dei valori attesi di risultato e dei rispettivi indicatori; b) collegamento tra gli obiettivi e l’allocazione delle risorse; c) monitoraggio in corso di esercizio e attivazione di eventuali interventi correttivi; d) misurazione e valutazione della performance, organizzativa e individuale; e) utilizzo dei sistemi premianti, secondo criteri di valorizzazione del merito; f) rendicontazione dei risultati agli orga- ni di indirizzo politico-amministrativo, ai vertici delle amministrazioni, nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi. Esempi di modelli di misurazione esistenti La finalità di questa sezione non è suggerire l’implementazione di uno specifico modello di misurazione ma, attraverso un confronto tra alcuni di essi, indirizzare verso una scelta che rifletta le esigenze specifiche di ogni organizzazione. Si tratta di modelli multidimensionali che hanno trovato sovente applicazione nel settore pubblico anche in Italia. I modelli più diffusi sono: 1 Balanced Scorecard (BSC) – probabilmente più noto, caratterizzato da un forte legame sia tra risultati, processi e risorse, nonché tra obiettivi, indicatori ed azioni [15]; 2 Performance Prism - meno conosciuto della BSC, ma interessante per la prospettiva incentrata sugli stakeholder [16]; 3 Common Assessment Framework (CAF) - utilizzato anche in alcune pubbliche amministrazioni italiane (principalmente negli enti locali) e ispirato ai sistemi di qualità (EFQM, European Foundation for Quality Management), si fonda sull’autovalutazione e utilizza una larga gamma di indicatori [17]. Confronto tra alcuni aspetti del CAF e della BALANCED SCORECARD Alcuni frequenti errori da non commettere Genericità nella definizione degli obiettivi: un obiettivo deve essere chiaramente identificato, presentare una propria specificità e non essere sovrapposto ad altri obiettivi; scarso orientamento strategico degli obiettivi: la qualificazione di obiettivo strategico deve essere assegnata ad obiettivi che hanno una rilevanza elevata rispetto ai bisogni della collettività che l’amministrazione è chiamata a soddisfare; assenza di indicatori associati agli obiettivi o indicatori poco chiari e attinenti: ad ogni obiettivo deve essere associato gennaio/febbraio 2011 te m a > Tabella 4.3: test di validazione della qualità dell’indicatore 29 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 30 S La PA e la Qualità S te m a 30 > Tabella 4.4: test della qualità del target almeno un indicatore la cui scelta sia chiarita da un razionale di riferimento; mancata copertura di tutti gli ambiti rilevanti da parte degli indicatori di performance: l’insieme degli indicatori deve coprire tutti gli ambiti di misurazione e valutazione di cui all’articolo 8 del decreto e, in particolare, le dimensioni dell’outcome e della soddisfazione dell’utenza; eccessivo utilizzo di indicatori binari o di stato di avanzamento del piano di gennaio/febbraio 2011 azione: questa tipologia di indicatori non deve essere quella prevalente nel sistema e, in ogni caso, va accompagnata con altre tipologie di indicatori (tenendo conto degli ambiti di cui all’articolo 8 del decreto); assenza di target associati agli indicatori o target poco sfidanti: ad ogni indicatore deve sempre associarsi un target (al limite anche riferito ad un intervallo temporale pluriennale). Target che siano sistematicamente fissati al 100% possono essere sintomo di obiettivi poco sfidanti ed autoreferenziali. La fissazione dei target deve essere frutto di un processo di coinvolgimento interno ed esterno (stakeholder); scarsa trasparenza ed accessibilità dei documenti contenenti gli obiettivi e gli indicatori (ex ante ed ex post): l’accessibilità e la conoscenza interna ed esterna di questi elementi non è solo un fattore di trasparenza, ma è una leva per il miglioramento del Sistema di misurazione ed in generale della performance; scarso utilizzo del capitale informativo esistente: i Sistemi di misurazione della performance devono essere progettati in maniera tale da ottimizzare l’acquisizione dei dati dai sistemi informativi interni esistenti. È necessario che la definizione degli obiettivi e degli indicatori sia frutto di un processo di coinvolgimento interno ed esterno finalizzato alla messa in comune delle informazioni disponibili; assenza o carenza nell’attività di monitoraggio: i Sistemi di misurazione devono prevedere periodi di monitoraggio la cui cadenza consenta l’adozione tempestiva di eventuali azioni correttive; scarsa integrazione dei processi di misurazione, controllo e valutazione: il Sistema di misurazione deve contenere una descrizione del collegamento con i sistemi di controllo di gestione, mantenendo però chiare le differenze tra controllo strategico e controllo di gestione (articolo 7, comma 3, lettera c), del decreto); scarsa o non coerente esplicitazione delle finalità del Sistema di misurazione della performance: deve essere chiaramente esplicitato che la finalità del Sistema di misurazione è di supporto ai processi decisionali al fine di promuovere un miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche (articolo 3, comma 1, del decreto) ed ha uno scopo di favorire la trasparenza e l’accountability; scarso legame tra risorse impiegate e risultati ottenuti: il legame tra risorse e risultati (input attività output) deve essere chiaramente evidenziato nel Sistema di misurazione della performance. A tal fine è necessario creare un Sistema di misurazione coerente con le finalità del decreto e con il ciclo della programmazione finanziaria e di bilancio [33]; scarsa considerazione delle risultanze dei Sistemi di misurazione ai fini dell’attivazione di logiche di gestione del cambiamento: le risultanze dei Sistemi di misurazione (ad esempio performance www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 31 S Qualità nella PA S La tabella 4.1 costituisce il riferimento metodologico per caratterizzare correttamente gli indicatori di performance, contestualizzandoli all’interno del modello proposto in questo documento. Tale riferimento costituisce uno schema per ragionare sui requisiti fondamentali di un indicatore sia per quanto riguarda le sue componenti anagrafiche, sia per le componenti di carattere organizzativo (da inserire opportunamente nei Sistemi di gestione della performance da parte di ciascuna amministrazione). Si raccomanda alle amministrazioni di seguire questo formato per la definizione degli indicatori principali di performance. Per ciascun indicatore, inoltre, è importante condurre un test che ne misuri la fattibilità dal punto di vista informativo e uno che ne verifichi la solidità dal punto di vista qualitativo. Il test sulla fattibilità è articolato nelle variabili indicate nella tabella 4.2. - Fasi di maturità dei Sistemi di misurazione Questo percorso vuole non solo contribuire alla strutturazione di Sistemi di misurazione più “robusti”, ma soprattutto favorire la trasparenza, l’accountability e la qualità dei servizi erogati dalle amministrazioni. La prima fase in questo percorso è costituita dai requisiti minimi previsti dalla Commissione; questi corrispondono essenzialmente alle condizioni necessarie per l’esistenza di un Sistema di misurazione [12], coniugate a indicazioni specifiche per lo sviluppo di indicatori di outcome. La seconda fase di maturità presenta un Sistema di misurazione strutturato attorno a tutti gli obiettivi strategici e di outcome previsti. Inoltre, viene specificata una traiettoria di miglioramento per ogni obiettivo e la mappatura di processi e attività chiarisce come gli input e i processi di trasformazione contribuiscano al rag- www.aicq.it giungimento di output e outcome. Il sistema è strutturato su diversi livelli e le informazioni sono trasmesse efficacemente all’interno dell’organizzazione e dall’organizzazione ai suoi stakeholder principali. I dati in possesso dell’organizzazione sono di alta qualità nel senso di accuratezza, validità e affidabilità. Il vertice politico-amministrativo riceve questi dati e controlla l’andamento dell’organizzazione rispetto ai suoi obiettivi strategici. La terza fase include l’utilizzo di una mappa strategica a livello di vertice. Questa mappa consente di comprendere più a fondo i fattori di successo dell’organizzazione e le modalità di raggiungimento degli obiettivi. Le responsabilità associate a target e indicatori sono trasparenti all’interno e all’esterno dell’organizzazione. I report pubblicati con cadenza semestrale o annuale sono di facile fruizione per un pubblico non specializzato, anche attraverso l’utilizzo di diversi sistemi di rappresentazione [21]. L’organo di indirizzo politico-amministrativo è coinvolto nel processo di valutazione della performance, di revisione e adeguamento periodico del Sistema di misurazione. La quarta fase comprende ulteriori elementi rilevanti, in particolare la piena condivisione a tutti i livelli gerarchici degli obiettivi strategici e delle motivazioni sottostanti (razionale) all’utilizzo di target e indicatori. Attraverso mappe strategiche sviluppate a cascata, l’organizzazione riesce a legare processi e attività a livello di vertice, dipartimento, servizio, gruppo e individuo. Grazie a indicatori standardizzati è possibile confrontare la performance all’interno e all’esterno dell’organizzazione secondo una logica di benchmarking. I risultati ottenuti a livello di output, outcome e soddisfazione degli utenti sono collegati a dati economicofinanziari. Tutto questo è reso possibile da un appropriato sistema informativo. Nella quinta fase di maturità i legami tra i fattori di successo e gli indicatori di performance sono validati e, quindi, l’organizzazione è in possesso di veri indicatori predittivi. La revisione del Sistema di misurazione perciò rafforza l’effettiva rilevanza degli indicatori e ne valuta il contributo informativo verso il raggiungimento dell’outcome. Questi aspetti sono efficacemente comunicati all’interno dell’organizzazione attraverso l’utilizzo di sistemi informativi sufficientemente sofisticati. La cultura organizzativa supporta appieno l’utilizzo dei Sistemi di misurazione e risulta presente una cultura della performance [23]. L'impegno organizzativo La traiettoria di miglioramento sottesa a queste fasi di maturità presuppone uno sforzo organizzativo che dipende solo in parte da aspetti di natura tecnica. Per un’efficace misurazione e gestione della performance devono essere considerate le seguenti dimensioni: tecnica - raccolta dati, sviluppo di obiettivi, target e indicatori, utilizzo di sistemi informativi, strumenti e tecniche di miglioramento, sviluppo di capacità, competenze e abilità del personale, etc.; manageriale - formulazione ed esecuzione della strategia, gestione dei processi, cambiamenti nella struttura organizzativa, allocazione delle risorse, promozione di un orientamento ai risultati, etc.; culturale - condivisione di valori comuni, allineamento di comportamenti e attitudini, sviluppo di pratiche condivise e routine, etc.; leadership - formulazione e comunicazione di una visione condivisa, supporto manageriale, coinvolgimento e crescita professionale dei dipendenti all’interno della struttura gerarchica, creazione di un ambiente di lavoro favorevole, orientamento all’innovazione, etc.; comunicazione – comunicazione sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, utilizzo di sistemi di gestione della conoscenza, etc. Oltre a considerare tali elementi, è importante ricordare come i ruoli degli stakeholder interni (vertice politico e amministrativo, dirigenza e dipendenti) devono mutare nel tempo, in relazione ai cambiamenti di sistema [14, 25, 26]. La tabella 5.1 riporta in modo sintetico tali ruoli. Gli OIV sono chiamati a interagire con questi soggetti, nelle modalità previste dal decreto (si veda la sezione 1 di questo documento). gennaio/febbraio 2011 te m a insufficienti) devono essere utilizzate effettivamente per intraprendere dei processi di cambiamento organizzativo, anche attraverso il corretto uso della leva della formazione. Schemi di sviluppo di indicatori e target 31 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 32 S La PA e la Qualità S te m a 32 Si estende l’applicazione della Griglia Comune di Autovalutazione a vari settori della PA: Scuola, Giustizia, Università, Comuni,.. >> Italo Benedini responabile area EFQM di Aicq PA: il modello caf per l’autovalutazione Il Modello CAF: le origini e lo sviluppo Nel maggio 2000, in occasione del Convegno UE di Lisbona, nasce il Modello CAF (Common Assessment Framework), come risultato della cooperazione tra i Ministeri della Funzione Pubblica dei principali paesi della Unione Europea, e grazie alla collaborazione della European Foundation for Quality Management (EFQM) e della Speyer School. Ci sono alcuni elementi fondamentali alla base di questa iniziativa. Tutte le organizzazioni, a cominciare dal settore privato, avvertono un urgente bisogno di miglioramento. I modelli giapponesi (Juran) hanno destabilizzato il mondo industriale basato fino agli anni ’80 su paradigmi che non ne sollecitavano adeguatamente la dinamica e l’innovazione. Nascono di conseguenza nella seconda metà degli anni ’80 nuovi modelli organizzativo/gestionali indirizzati in primo luogo all’industria (Malcolm Baldrige, poi il modello europeo EFQM). Si capisce che la competizione va combattuta sulla attenzione al cliente, sulla continua spinta al cambiamento e sul miglioramento continuo, sull’efficace impiego delle risorse e sulla guida chiara e coerente da parte del Management. Ma qualcosa, dagli anni ’90 cambia anche nel mondo della Pubblica Am- gennaio/febbraio 2011 ministrazione. Comincia ad essere chiaro che tutte le organizzazioni, anche e forse ancora di più quelle pubbliche, hanno bisogno di rinnovarsi: si capisce che il passo del cambiamento organizzativo è stato molto inferiore del passo del cambiamento tecnologico e sociale, e questo ancora di più nel settore della PA. Ci si rende conto di come un sistema pubblico inefficiente condizioni in modo determinante lo sviluppo del sistema economico – sociale dei paesi. In particolare per l’Italia, le analisi dell’World Economic Forum evidenziano fra i fattori più problematici per la competitività l’inefficienza della burocrazia di governo centrale e periferico:vedi il grafico seguente. È necessaria una strategia che permetta di recuperare il gap tra tecnologia ed organizzazione, tra privato e pubblico, garantendo di mantenere il passo con le esigenze continue di innovazione e di cambiamento e mirando al miglioramento continuo delle organizzazioni. Per perseguire il percorso delle organizzazioni verso questo adeguamento si richiedono alcuni elementi chiave: L’adeguatezza ai fini (fare bene le cose), che non può prescindere dalla adeguatezza dei fini (fare le cose giuste) Il miglioramento continuo deve essere guidato da un processo che diriga le organizzazioni verso obiettivi sfidanti, ma indiche anche la necessità www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 33 S PA: il modello caf per l’autovalutazione S www.aicq.it te m a di verificare e correggere costantemente l’indirizzo: il ciclo PDCA di Deming è in questo senso lo strumento Occorre fornire alle organizzazioni un “modello” organizzativo e di gestione che operi come una bussola che aiuti a individuare i fini di maggior valore per i clienti e gli stakeholder e a dirigere l’organizzazione verso di essi È l’assieme dei due elementi “logica” del miglioramemto continuo e “modello” che deve costituire per le organizzazioni, pubbliche o private, la “strada” per adeguare e mantenere adeguati i propri fini e le proprie modalità operative. Ed è la necessità di questi elementi che, continuando l’esperienza del Modello EFQM, e con la finalità di estendere al massimo la presa di coscienza e l’applicazione di appropriate “linee guida”, determinano la nascita del Modello CAF. Il titolo del modello CAF (acronimo di Common Assessment Framework ) si può tradurre in “Griglia Comune di Autovalutazione” per la qualità delle Pubbliche Amministrazioni. “Griglia” per le sue caratteristiche di guida composta da vari elementi interagenti tra di loro, “comune” perché definita per una applicazione da parte di tutte le amministrazioni pubbliche europee, “di autovalutazione” perché ha come indirizzo quello di spingere le organizazzioni al miglioramento attraverso l’auto-valutazione ed il confronto. Modello CAF come strumento elaborato per sostenere gli interventi di miglioramento nelle organizzazioni pubbliche attraverso l’applicazione dei principi delTotal Quality Management. “Modello” come metro per misurare e confrontare le organizzazioni, strumento campione con cui ogni organizzazione può tarare i propri strumenti gestionali, individuare i propri punti di forza e di debolezza, assicurare un fondamento razionale ai programmi strategici di miglioramento. “Modello” come un insieme di best practice di alto livello tra le quali ogni organizzazione può individuare le proprie risposte. 33 Il modello CAF non vuole mettersi in contrapposizione con altri modelli (in particolare EFQM) e strumenti , ma si propone come una “guida” per la Pubblica Amministrazione, relativamente semplice per indirizzare le organizzazioni in particolare nella difficile fase inziale del percorso del miglioramento continuo. Ed in questo senso, suggerisce anche come avviare e proseguire il percorso. Il CAF come “struttura” che sviluppa i Concetti Fondamentali dell’Eccellenza (orientamento ai risultati, focalizzazione sul cliente, leadership e fermezza di propositi, gestione per processi e obiettivi, coinvolgimento del personale, miglioramento continuo e innovazione, partnership e responsabilità sociale) in definizioni generali, componenti concettuali e componenti operative per fornire alle organizzazioni i concetti e gli esempi pratici, il metro di misura e il metodo. Llo schema qui di fianco indica come il modello si sviluppa in questo senso, attraverso i suoi criteri, sottocriteri ed elementi da considerare (esempi) Il Modello CAF: il percorso La strada iniziata nell’ormai lontano 2000 è proseguita a livello europeo, ed in particolare in Italia, con nuovi sviluppi ed aggiornalemti del Modello, con progetti ed iniziative per favorirne una ampia applicazione. Lo schema che segue indica i passi principali del percorso, e riporta anche le importanti iniziative condotte negli anni dal Dipartimento della Funzione Pubblica, iniziative che pongono l’Italia al primo posto per ampiezza dei progetti e numero di organizzazioni che applicano il Modello. Riportiamo nel seguito alcune informazioni relative alle tappe principali di questo percorso, per quanto riguarda in particolare la realtà italiana. Anno 2002: viene rilasciata la prima versione ufficiale del Modello. Anno 2005 e successivi: Laboratori – Percorsi della Qualità organizzati dal Formez. Attraverso gruppi di lavoro guidati da esperti di Modelli d’Eccellenza e di sistemi di Total Quality Management, viene studiata l’applicazione del modello CAF a numerosi settori della Pubblica Amministrazione, guidando i partecipanti alla interpretazione del modello nelle singole realtà ed supportando nelle organizzazioni partecipanti l’autovalutazione e la definizione di gennaio/febbraio 2011 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 34 S La PA e la Qualità S te m a 34 specifici piani di miglioramento. Si citano in particolare i seguenti laboratori: Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, Aziende sanitarie, aziende ospedaliere ed altre amministrazioni che operano nel campo sanitario, Istituzioni Scolastiche, Comuni Unioni di Comuni comunità montane e altre forme associative comunali, Enti Pubblici non economici e CCIAA, Regioni Province e Città Metropolitane, Università. Dall’esperienza di questi laboratori si è dato vita al successivo Premio Pubblica Amministrazione. Va citato anche il successivo laboratorio, avviato nel 2008 e concluso l’anno successivo, relativo al Settore Giustizia, che ha permesso tra l’altro di consolidare ed ufficializzare il Modello “Caf Giustizia – Il modello europeo di autovalutazione delle performance pe gli uffici giudiziari”. Anno 2006: Il Premio Qualità per la pubblica Amministrazione. Il Formez con il supporto dell’Associazione Premio Qualità Italia (APQI) e con la partecipazione di AICQ (che cura la formazione sul modello e partecipa al Comitato Tecnico scientifico per il premio) lancia la prima edizione del Premio Qualità Pubblica Amministrazione, basato sul modello CAF, iniziativa ancora oggi unica a livello europeo. Il premio si propone di contribuire a diffondere una cultura della qualità basata sui principi della misurazione, valutazione e miglioramento continuo delle performance e di dare visibilità alle amministrazioni che si sono impegnate con successo nel miglioramento continuo delle proprie performance. Il premio, che si sviluppa in 7 categorie (Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, Aziende sanitarie, aziende ospedaliere ed altre amministrazioni che operano nel campo sanitario, Istituzioni Scolastiche, Comuni Unioni di Comuni comunità montane e altre forme associative comunali, Enti Pubblici non economici e CCIAA, Regioni Province e Città Metropolitane, Università) ottiene grande eviden- gennaio/febbraio 2011 za e raccoglie numerose partecipazioni. Oltre che strumento che permette di dare evidenza alle migliori organizzazioni del settore Pubblico (che vengono simbolicamente premiate nell’ambito del Forum PA), si dimostra uno strumento di grande importanza per la diffusione del Modello, per la raccolta e divulgazione di buone pratiche e lo stimolo di meccanismi di confronto tra le organizazzioni, fondamentali per la crescita del sistema pubblico complessivo. anno 2006: Seconda versione ufficiale del Modello CAF Il contributo dell’Italia è sostanziale nello sviluppo del nuovo CAF. Senza modifiche stravolgenti, il nuovo modello completa alcuni elementi (in particolare relativi all’innovazione e al cambiamento) e migliora l’allineamento con il Modello EFQM. anno 2007: Seconda edizione del Premio Qualità per la Pubblica Amministrazione La partecipazione è molto ampia, tra la prima e seconda edizione vengono raccolte 483 partecipazioni. Una particolare sezione del Premio valuta il “miglioramento”, per le sole organizzazioni vincitrici della edizione precedente, come stimolo per le organizzazioni a continuare il percorso avviato. In occasione di questa edizione del premio, non solo vengono premiate le vincitrici nell’ambito del Forum PA, ma vengono anche premiate dal Presidente Napolitano le organizzazioni che si sono particolarmente distinte, nell’ambito del Premio Nazionale per l’Innovazione. La crescita complessiva del sistema pubblico è resa evidente dalla crescita della media dei punteggi ottenuti dai partecipanti e dalla maggiore omogeneità dei risultati ottenuti nei diversi criteri del modello anno 2008 e successivi: i Modelli adattati ai settori della PA iniziano a livello nazionale e/o europeo le attività di adattamento del Modello ai principali settori della PA: la Scuola (attività conclusa nel 2010 con la pubblicazione del Modello europeo “education”, la Giustizia (attività conclusa nel 2009 con la pubblicazione del Modello CAF Giustizia). È attualmente in corso l’adattamento del Modello CAF all’Università, sono in valutazione i modelli Caf adattati al settore sanitario e ai Comuni, ulteriori attività potrebbero svilupparsi prossimamente. L’obiettivo non è quello di creare nuovi modelli, ma di avere modelli CAF che parlino con il linguaggio specifico delle organizzazioni, rispettando completamente i contenuti del modello base: è un altro concreto modo per favorire e rendere più agevole la diffusione del CAF. anno 2008 – 2010: La Procedure for www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 35 S PA: il modello caf per l’autovalutazione S > I profili di valutazione e i requisiti minimi www.aicq.it gennaio/febbraio 2011 > La procedure for External Feedback: i Pilastri > Pilastro 1: Griglie di valutazione - Un esempio te m a zione e definizione di questo processo, e l’Italia sta per prima avviando una fase di applicazione estesa della procedura: della Procedure for External Feedback e dei possibili percorsi che vengono indicati alla PA si parlerà più diffusamente nel paragrafo successivo anno 2010: Terza edizione del Premio Qualità Pubblica Amministrazione La struttura ripete quella delle precedenti edizioni. Con le organizzazioni iscritte in questa terza edizione, il totale delle organizzazioni partecipanti alle tre edizioni del premio sale a oltre 700, numero ancora piccolo se si considera il numero totale di organizzazioni dei diversi settori della PA, ma grande se consideriamo che questo è un modo importante di disseminare la cultura dei Modelli di Total Quality Management infine, si prevede negli anni 20112012 l’emissione della terza edizio- ne del Modello Caf, che presumibilmente recepirà i cambiamenti nel frattempo attuati nel modello “padre” EFQM, con l’emissione del Modello EFQM 2010. I riconoscimenti per le organizzazioni basati sul Modello CAF e Modello EFQM: un percorso integrato Le motivazioni che hanno spinto EIPA (European Institute for Public Administration) ad impostare il già citato processo della Procedure For External Feedback sono legate alla necessità di offrire alle organizzazioni un check che permettesse di verificare e guidare il loro percorso iniziale verso l’applicazione dei principi del TQM. Alla messa a punto della procedura ha dato un contributo determinante l’Italia, con l’impegno del Dipartimento della Funzione Pubblica e con il contributo del Formez e di esperti messi a disposizione da AICQ ed APQI. Con la procedura si introduce una nuova prospettiva permettendo di: verificare se l’organizzazione sta applicando correttamente i principi del Total Quality Management; supportare il livello di motivazione e rafforzare l’entusiasmo verso le azioni di miglioramento; promuovere la valutazione tra pari e il benchlearning. La procedura è strutturata in 3 “pilastri” che valutano rispettivamente la conduzione del processo di autovalutazione, la qualità della pianificazione del miglioramento e il livello di implementazione degli 8 Concetti Fondamentali (o principi) di eccellenza nell’organizzazione (l’innovazione e il miglioramento continuo, la gestione dei processi, la gestione delle partnership, il coinvolgimento del personale, la gestione della leadership, l’orientamento ai ri- External Feedback Viene impostata e ufficializzata la procedura per riconoscere e premiare le organizzazioni che dimostrano la capacità di utilizzare efficacemente il modello CAF per l’autovalutazione e il miglioramento; il processo descritto dalla “Procedure for External Feedback”, con validità europea, porta all’ottenimento della “ECU Label”, riconoscimento simbolico per le organizzazioni che dimostrano un efficace impiego del Modello. Il contributo italiano è stato fondamentale nella prepara- 35 AICQ_1.qxd:AICQ_ 10:46 Pagina 36 S PA: il modello caf per l’autovalutazione S te m a 36 24-06-2011 sultati, il focus sul cittadino/cliente, la responsabilità sociale). Il processo di valutazione prevede che due o più valutatori appositamente formati verifichino i vari passi (step) seguiti dall’amministrazione, secondo una “griglia” sulla base della quale viene assegnato un punteggio su una scala da 1 a 5 ad ognuno dei 9 step previsti dal CAF sul processo di autovalutazione – miglioramento. Inoltre, su una scala a 4 elementi (nessuna evidenza, stato iniziale, stato di realizzazione e stato di maturità) vene valutata l’organizzazione in termini di attuazione degli 8 Concetti Fondamentali. Con il profilo di valutazione che ne risulta (qui sotto è riportato quello per i primi 2 pilastri) viene verificato in che misura l’amministrazione sta attuando un processo coerente con il modello CAF e sta ottenendo risultati in termini di gennaio/febbraio 2011 attuazione dei Principi dell’Eccellenza. Se il profilo di punteggio supera il livello minimo previsto dal processo, viene rilasciato all’organizzazione l’attestato “Ecu Label” come riconoscimento della organizzazione come “Effective CAF User”. Modello CAF e Modello EFQM: un percorso integrato Come noto, i Modelli d’Eccellenza si propongono la crescita delle organizzazioni attraverso un processo di miglioramento continuo realizzato con una sequenza senza fine di fasi miglioramento, di consolidamento e verifica, rappresentato dal ciclo PDCA di Deming. Per favorire e rendere effettivo questo processo è necessario che sia definito un sistema di linee guida (i Modelli) e di un approccio euristico in grado di verificare e indirizzare costantemente le organizzazioni. Ele- mento fondamentale in questo senso è che sia definito un sistema di “verifiche di maturità” per le organizzazioni che permetta da un lato di evitare il rischio di autoreferenzialità (attraverso la valutazione esterna) e dall’altro di proporre delle mete da raggiungere in un percorso di crescita continua verso l’eccellenza. In questo senso è stato realizzato un accordo tra EIPA ed EFQM per poter offrire alle organizzazioni una strada coerente, che integrasse l’obiettivo EIPA di spingere il maggior numero di organizzazioni verso l’impiego di modelli organizzativo-gestionali con l’obiettivo dell’EFQM di riconoscere le organizzazioni migliori. Il percorso proposto indica l’”ECU Label” come prima possibile tappa di questo percorso; per le organizzazioni che hanno la necessaria capacità e determinazione può seguire il 1° livello di Eccellenza EFQM (Committed to Excellence), per il quale il modello di riferimento può rimanere il CAF. I successivi livelli sono quelli proposti dall’EFQM come indicato dallo schema riportato qui di fianco, a cominciare dal 2° Livello EFQM (Recognized for Excellence), che a differenza di ECU Label e Committed to Excellence ha già il più ampio obiettivo di verificare un adeguato grado di maturità complessiva dell’organizzazione. Ma la strada, per i migliori, non deve fermarsi qui, perché con i livelli successivi indicati dallo schema le organizzazioni possono proporsi di dimostrare la loro eccellenza a livello nazionale e internazionale. Lo schema sotto riportato dettaglia il percorso consigliato da EFQM: formazione delle organizzazioni su strumenti, approcci e processi sempre più impegnativi e completi, valutazioni di ampiezza e contenuti crescenti, riconoscimenti di livello crescente. Non è una strada riservata a pochi: ogni organizazzione può percorrere questa strada, i cui requisiti fondamentali sono la determinazione, la convinzione delle proprie capacità, la volontà di superare traguardi sempre nuovi e più ambiziosi. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 37 S La PA e la Qualità S 37 te m a >> Antonio Biasi Camera di Commercio Treviso Il D.Lgs n°150/2009 nelle camere di commercio Attuali funzioni delle Camere di Commercio La legge fondamentale che regola il sistema camerale nazionale è la n° 580 del 29.12.1993, che è stata riformata di recente con il D. Lgs n° 23 del 15.2.2010. Le modifiche più salienti sono contenute nell’art. 1, commi 1 e 2 del D. Lgs sopra indicato, che hanno novellato rispettivamente gli articoli 1 e 2 della legge 580/1993, concernenti rispettivamente la natura i compiti e le funzioni delle Camere di Commercio. In particolare al comma 1 della legge riformata si riconosce alle Camere di Commercio lo status di enti pubblici dotati di autonomia funzionale, che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali. Si definisce con chiarezza altresì il concetto di “sistema camerale italiano” di cui fanno parte le Camere di Commercio, le unioni regionali, l’Unione nazionale, le strutture di sistema e le Camere di Commercio italiane all’estero e estere in Italia legalmente riconosciute dallo Stato italiano. Poiché le Camere di Commercio hanno sede in ogni capoluogo di provincia e www.aicq.it la loro circoscrizione territoriale coincide, di regola, con quella della provincia, si stabilisce con la nuova normativa che ove nascano nuove Province, l’istituzione di nuove Camere di Commercio può avvenire solo se nel Registro delle Imprese delle Camere coinvolte siano iscritte o annotate almeno 40.000 imprese, al fine di garantire un sufficiente equilibrio economico. In generale le funzioni che le Camere di Commercio svolgono, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, si possono connotare come funzioni di supporto e di promozione degli interessi generali delle imprese e delle economie locali, nonché, fatte salve le competenze attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato alle amministrazioni statali, alle regioni, e agli enti locali, funzioni nelle materie amministrative ed economiche relative al sistema delle imprese. Inoltre, le Camere di Commercio, considerate singolarmente o in forma associata, esercitano le funzioni ad esse delegate dallo Stato e dalle regioni, nonché i compiti derivanti da accordi o convenzioni internazionali, informando la loro azione al principio di sussidiarietà. In particolare, così come elencato nel secondo comma dell’art. 2 della citata legge, le Camere di Commercio, singolarmente o in forma associata, svolgono le funzioni e i compiti relativi a: a) tenuta del registro delle imprese, del Repertorio Economico Amministrativo, e degli altri registri ed albi attribuiti alle Camere di Commercio dalla legge; b) promozione della semplificazione delle procedure per l’avvio e lo svolgimento di attività economiche; c) promozione del territorio e delle economie locali al fine di accrescerne la competitività, favorendo l’accesso al credito per le PMI anche attraverso il supporto ai consorzi fidi; d) realizzazione di osservatori dell’economia locale e diffusione di informazione economica; e) supporto all’internazionalizzazione per la promozione del sistema italiano delle imprese all’estero, raccordandosi, tra l’altro, con i programmi del Ministero dello sviluppo economico; f) promozione dell’innovazione e del trasferimento tecnologico per le imprese, anche attraverso la realizzazione di servizi e infrastrutture informatiche e telematiche; g) costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori e utenti; h) predisposizione di contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti; gennaio/febbraio 2011 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 38 S La PA e la Qualità S te m a 38 i) promozione di forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti; l) vigilanza e controllo sui prodotti e per la metrologia legale e rilascio dei certificati d’origine delle merci; m) raccolta degli usi e delle consuetudini; n) cooperazione con le istituzioni scolastiche e universitarie, in materia di alternanza scuola-lavoro e per l’orientamento al lavoro e alle professioni. Va tuttavia precisato che le Camere di Commercio, nei cui Registri delle imprese siano iscritte o annotate meno di 40.000 imprese, sono tenute obbligatoriamente ad esercitare le funzioni di cui alle lett. g), h), i) e l) in forma associata. Per il raggiungimento dei propri scopi, le Camere di Commercio promuovono, realizzano e gestiscono strutture ed infrastrutture di interesse economico generale a livello locale, regionale e nazionale, direttamente o mediante la partecipazione, secondo le norme del codice civile, con altri soggetti pubblici e privati, ad organismi anche associativi, ad enti, a consorzi e a società. In questo contesto le Camere di Commercio italiane sono chiamate ad applicare, come per tutta la Pubblica Amministrazione italiana, i principi di riforma previsti dal D. Lgs n° 150/2009. Applicazione dei principi del D. Lgs 150/2009: principali adempimenti previsti Il 4.2.2010 a Roma è stato sottoscritto tra Unioncamere e il Ministero della Pubblica amministrazione e l’innovazione, il Protocollo d’intesa per l’attuazione del cosiddetto Decreto Brunetta. Il Protocollo siglato stabilisce che l’intero sistema camerale, con il supporto di Unioncamere, proceda nel “cammino” verso l’attuazione di quanto disposto dal D. Lgs n° 150/2009 recante la Delega al Governo per la promozione di politiche di innovazione dirette al miglioramento della qualità dei servizi pubblici, dell’efficacia, efficienza ed econo- gennaio/febbraio 2011 micità delle pubbliche amministrazioni. L’applicazione della normativa rende indispensabile nelle pubbliche amministrazioni un complesso processo di revisione del sistema dei controlli interni, dei sistemi di valutazione e misurazione delle performance nonché l’introduzione di strumenti di valorizzazione del merito e della produttività. Si tratta peraltro di obiettivi che Unioncamere si era già assunta, aderendo al progetto del Ministro Brunetta “Mettiamoci la faccia”, la modalità attraverso la quale è possibile leggere la percezione degli utenti dei servizi, ed ha già avviato nei mesi scorsi un’iniziativa progettuale diretta a dotare le Camere di un più efficace ciclo di pianificazione e controllo attraverso la rivisitazione di metodologie, procedure e soluzioni organizzative. Il Protocollo d’intesa stabilisce che Unioncamere, oltre ad essere la sede per l’applicazione sperimentale di quanto previsto dal D. Lgs n° 150/2009, fornisca alle Camere di Commercio il supporto tecnico per la definizione del ciclo di gestione delle performance, degli obiettivi e degli indicatori, dei sistemi di monitoraggio, valutazione e rendicontazione delle performance e dei sistemi per la valorizzazione del merito e l’incentivazione delle performance. In modo particolare, verrà curato un sistema informativo attraverso il quale il livello di produttività, di efficienza e di efficacia dell’azione delle Camere verrà messo in relazione a indicatori comuni. Unioncamere stessa si impegna a supportare la creazione di Organismi indipendenti di valutazione, a sostenere i processi di formazione del personale, a costituire un Osservatorio che monitori la qualità dei servizi erogati dalle Camere attraverso l’attivazione di sistemi di rilevamento del gradimento da parte delle imprese. In particolare, verrà da Unioncamere fornito il necessario supporto tecnico alle Camere di Commercio per favorire, in modo omogeneo per la comunità degli enti camerali: a) la definizione del “Ciclo di Gestione della Performance”; b) la definizione degli obiettivi e degli indicatori; c) la definizione dei sistemi di monitoraggio delle performance; d) la definizione dei sistemi di valutazione della performance; e) la rendicontazione delle performance; f) i sistemi per la valorizzazione del merito e l'incentivazione della performance. In modo particolare verrà curato un sistema informativo attraverso il quale il livello di produttività e il livello di efficienza ed efficacia delle performances delle Camere di Commercio verranno messi a confronto in relazione a definiti indicatori comuni. L’11.5.2010 è stata sottoscritta una convenzione tra Unioncamere e la CIVIT (Commissione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche) in virtù delle funzioni attribuite alla stessa dal D. Lgs 150/2009. Con la presente convenzione, le parti coinvolte si sono impegnate, in particolare, a stabilire e realizzare un program- www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 39 S Il D.Lgs n˚150/2009 nelle camere di commercio S www.aicq.it to sottoposto per un primo esame critico – che risponde al alcune, preliminari ma necessarie, esigenze: dare risposta alla necessità di adeguamento ai principi, come viene richiesto dalla normativa; definire i contenuti fondamentali delle componenti fondamentali di ciclo di vita della performance, previste in via generale dall’art. 4 del D.Lgs 150/2009, che rispondono alla realtà delle Camere, dotando quindi, le stesse di linee-guida, per l’attuazione di tale ciclo al loro interno; armonizzare gli asset di tale ciclo con la programmazione finanziaria e di bilancio delle Camere; realizzazione, e in alcuni casi completare, quanto già sviluppato dalle Camere in questo ambito; delineare un approccio alla materia che si fondi su concetti, logiche e termini chi siano gli stessi per tutte le Camere di Commercio. Si tratta, del primo passo di un processo che dovrebbe condurre ad un modello organizzativo che sia la cifra identificativa, e distintiva, delle Camere nel panorama delle Pubblica Amministrazione, ed attraverso il quale la capacità di innovazione delle Camere di Commercio potrà essere apprezzata dal mondo istituzionale e non solo. La CIVIT ha considerato in modo favorevole il documento elaborato, sia per l’interpretazione data agli elementi fondanti il D. Lgs 150/2009, sia per la sua capacità di tradurre i principi in prassi operative specifiche per una realtà organizzativa come quella delle Camere di Commercio. Si è svolto il 7.10.2010 a Roma, il primo di una serie di incontri, sul tema:“Il Ciclo di gestione della performance nelle Camere di Commercio”, organizzato dall’Istituto G. Tagliacarne con la collaborazione di Unioncamere, con la finalità di offrire ai Segretari Generali delle Camere di Commercio un tavolo di dibattito, condivisione e aggiornamento sulle azioni di sistema che accompagneranno le Camere di Commercio nel loro percorso di attuazione del ciclo di gestione della performance e, quindi, di adeguamento ai principi del D.Lgs n° 150/2009. Per monitorare e rendere condiviso il processo di adeguamento graduale e progressivo, che ciascuna delle Camere di Commercio sta seguendo nel tradurre la riforma al proprio interno, sarà reso disponibile un “sistema di check”, testato su alcune Camere, di cui è stato espresso l’apprezzamento della CIVIT. Questo strumento dovrebbe essere volto a verificare il livello di attuazione del ciclo di gestione della performance, e quindi, impostare le azioni di miglioramento. Inoltre, tra le azioni finalizzate ad accompagnare anche operativamente le Camere di Commercio in questa fase di adeguamento, si segnala in particolare: un percorso formativo volto a fornire conoscenze ma anche metodologie e strumenti utili per la messa in opera del ciclo di gestione della performance; la costituzione di un Osservatorio che potrà fornire alle Camere strumenti di autovalutazione; un sito dedicato al “Ciclo di Gestione della Performance” con tutte le informazioni, ma anche le metodologie ed esperienze camerali che si svilupperanno, o sono già state sviluppate, su tali tematiche; l’emanazione delle Linee Guida per l’attuazione operativa del D. Lgs. n° 150/2009 a partire dall’esercizio 2011. Prendendo spunto dal flusso di programmazione sviluppato dalla Camera di Commercio di Treviso (riportato a fianco) è possibile seguire il percorso che partendo dai fini istituzionali dell’Ente, arrivando alla definizione di un Programma Pluriennale, individua nel concreto attraverso un Piano delle Performance triennale ed un Programma operativo annuale i singoli indicatori ed obiettivi. Da gennaio 2011 tutte le Camere di Commercio saranno pronte per dare concreta attuazione ai principi della riforma promossa dal Ministro per l’Innovazione e la Pubblica Amministrazione. gennaio/febbraio 2011 te m a ma comune e condiviso che possa assicurare: alle Camere di Commercio la concreta ed operativa definizione delle soluzioni procedurali, tecniche ed organizzative che possano incrementare la capacità di "'assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa ed individuale" e per garantire il massimo livello di “trasparenza e rendicontazione della performance”; alla Commissione un ambito strutturato di monitoraggio e verifica preventiva delle linee guida che è chiamata a definire in materia di “Misurazione, valutazione e trasparenza della performance”. A tale fine le azioni di supporto e collaborazione si sostanzieranno, tra l’altro, nella messa a disposizione delle esperienze e attività maturate (e in corso di sviluppo) nelle Camere di Commercio e gli approcci, schemi, metodologie elaborati nell'ambito del progetto dell'Unioncamere per il miglioramento del sistema di pianificazione e controllo nelle Camere di Commercio; tali elementi potranno costituire un supporto conoscitivo utile alla definizione delle lince guida che la Commissione sta elaborando in materia di sistemi di misurazione c valutazione, piano triennale sulla performance, piano triennale sulla trasparenza e l’integrità. La presente convenzione avrà durata di tre anni a decorrere dalla data di sottoscrizione e comunque fino al raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 2 e potrà essere prorogata consensualmente. Nella giornata del 29.7.2010 Unioncamere è stata ricevuta in audizione dalla CIVIT; in tale sede all’interno del quadro delle iniziative congiunte stabilite nella Convenzione di cui sopra, è stato presentato il documento sul “Ciclo di Gestione della Performance”. Questo documento – frutto del lavoro congiunto con le Università Bocconi e castellana, nonché delle indicazioni e delle sensibilità delle Camere alle quali è sta- 39 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:46 Pagina 40 S La PA e la Qualità S te m a 40 >> Dott.ssa Paola Michelini Direzione Pianificazione, Valutazione e Formazione,Università degli studi di Modena e Reggio Emilia Benessere e lavoro nelle PA Di cosa si parla Tra le parole chiave di questo contributo ci sono: “benessere organizzativo” e “stress lavoro-correlato”. Il termine “benessere organizzativo” potrebbe essere assimilato alla capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione1. La nozione di “stress lavoro-correlato” individua, invece, una condizione in cui il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative lavorative2. Ricerche recenti nei paesi dell’Unione europea mettono in evidenza come lo stress legato alla attività lavorativa sia un problema di salute largamente diffuso, fino ad occupare il secondo posto fra quelli più indicati dai lavoratori3. Ne soffrirebbe il 22% dei lavoratori dell’Unione Europea (in Italia, secondo la “European Foundation for the Improvement of Living and Working Condition”, nel 2005 il valore si attestava attorno al 27%)4. Dagli studi condotti emerge inoltre che proprio lo stress lavoro-correlato è la causa di una percentuale tra il 50 e il 60% di tutte le giornate lavorative perse. Le ricerche hanno, inoltre, valutato la ricaduta economica sulle aziende e sulle economie Nazionali: nel 2002 il costo economico dello stress legato alla attività gennaio/febbraio 2011 lavorativa nell’Unione europea (allora a quindici paesi) era di circa 20 miliardi di euro5. Salute e benessere sul luogo di lavoro: una ricognizione normativa Il tema della salute delle persone al lavoro è affrontato nella normativa comunitaria e nazionale a partire dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che, nel 1948, definisce salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia”. Nel 2007 la strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro6 promuove un approccio globale al benessere sul luogo di lavoro, “che sia tanto fisico quanto psicologico e sociale”7. A tal fine risulta necessario sviluppare metodi e strumenti per l’identificazione e la valutazione dei rischi, in ottica di prevenzione, con priorità ai rischi psicosociali. E’ inoltre precisata l’esigenza di procedere ad una razionalizzazione del quadro normativo comunitario e di quelli nazionali, in accordo a principi di legislazione coerente, semplice e efficace8. La spartizione del problema della salute delle persone al lavoro nella normativa italiana A fronte di questi precisi orientamenti comunitari sembra permanere una spartizione del problema della salute delle persone al lavoro, per cui i rischi per il benessere fisico e la sicurezza sono ambito privilegiato delle scienze biomediche e politecniche, mentre i rischi per il benessere psicologico e sociale sono ambito privilegiato delle scienze psicologico-sociali. Questa spartizione genera non solo metodi di analisi e intervento marcatamente differenziati ma anche percorsi normativi distinti e non chiaramente conciliabili. E’ questo il caso della normativa italiana, in cui lo stress lavoro-correlato e il benessere organizzativo sono oggetto di disposti differenti. Da un lato il testo unico delle norme di igiene e sicurezza sul lavoro, D. Lgs 81/2008, a sua volta integrato e modificato dal D.Lgs 106/2009. Dall’altro il combinato disposto del DPCM del 24/03/2004 “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni ” e del D.Lgs n. 150 del 27 ottobre 2009, di attuazione della Legge n. 15 del 4 marzo 2009 (Legge Brunetta), che individua nel benessere organizzativo una dimensione di valutazione dell’operato delle Pubbliche Amministrazioni (Art.14 comma 5); un insieme di disposizioni che, unitamente alla promozione dei nidi nella pubblica amministrazione, modifica radicalmente il rapporto tra dirigenti e dipendenti, promuovendo valori innovativi, come quelli del merito e della trasparenza, e una nuova cultura della valutazione. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 41 S Benessere e lavoro nelle PA S 41 Pillole dal convegno Il punto sulle metodologie di analisi e prevenzione sinora adottate Convegno “Benessere e Lavoro. Disciplina, approcci e strumenti” Le norme sopraindicate non definiscono concrete metodologie di analisi, di prevenzione e promozione ma ne rimandano l’individuazione a organismi tecnici tra i quali: la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro di cui all’art. 6 del D.Lgs 81/2008 (nel caso dello stress lavoro-correlato) e la CIVIT - Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazioni Pubbliche (nel caso del benessere organizzativo). Ad oggi, tuttavia, referenti europei, nazionali e territoriali hanno messo a punto proprie metodologie per la valutazione dei rischi psicosociali e del benessere organizzativo. Una ricognizione di alcuni di questi interventi è stata presentata durante il convegno internazionale “Benessere e lavoro. Disciplina, approcci e strumenti” svoltosi a Modena, presso la Fondazione Marco Biagi, il 15 e 16 novembre 20109. Articolato su tre sessioni, il convegno è stato organizzato dalla Fondazione Marco Biagi e dall’Università di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena e l'Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena. L’evento si è proposto da un lato il rafforzamento delle competenze e delle relazioni, nazionali e internazionali delle istituzioni e degli enti di ricerca territoriali che si dedicano allo studio e all’intervento in tema di sicurezza e salute sul lavoro, dall’altro ha voluto essere un’opportunità di coordinamento per le iniziative territoriali in materia di salute psicologica e sociale delle persone al lavoro (benessere organizzativo e stress lavorocorrelato). La prima sessione ha presentato lo stato dell’arte con riferimento alle categorie fondamentali in materia (giuridiche, psicosociali, biomediche), la seconda è stata interamente dedicata alla presentazio- www.aicq.it Valutazione e prevenzione dei rischi psicosociali: un confronto internazionale Sono stati presentate le ricerche condotte in tema e i modelli adottati per la valutazione, la gestione e la prevenzione dei rischi psico-sociali in Germania (dal BAuA - Federal Institute for Occupational Safety and Health) e in Francia (a cura dell’INRS – Institut National de recherce et de sécurité ppur la prévention des accidents du travail et des maladies professionelles). A livello nazionale l’INAIL (ex ISPELS) ha presentato il modello per la valutazione e la prevenzione dei rischi psico-sociali in corso di validazione su oltre 6.000 lavoratori di aziende afferenti a diversi settori produttivi. Si tratta della versione italiana (cioè contestualizzata alla normativa italiana vigente) del modello “Management Standards” approntato dall’HSE - Health and Safety Executive (validato nel Regno Unito e nella Repubblica Irlandese). Il modello prevede la gestione all’interno dell’azienda con le figure della prevenzione, il reperimento di dati aziendali (oggettivi) e un’indagine condotta mediante la somministrazione di un questionario (Indicator Tool). Il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro ha portato sul tavolo del convegno la proposta di guida operativa per la valutazione e la gestione del rischio da stress lavoro-correlato. Il percorso proposto prevede di lavorare, almeno nelle orga- gennaio/febbraio 2011 te m a ne dei metodi e degli strumenti di valutazione e intervento sui rischi psicosociali, oggi disponibili a livello internazionale, per la promozione del benessere sul lavoro. La terza sessione ha presentato i risultati di recenti indagini e sperimentazioni sul tema in oggetto condotte presso alcune pubbliche amministrazioni nel territorio modenese (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Azienda Ospedaliera Universitaria, Azienda Sanitaria Locale, Comune di Modena) e ha proposto un confronto tra le pubbliche amministrazioni, territoriali e nazionali. AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 42 S La PA e la Qualità S te m a 42 nizzazioni più complesse, su gruppi omogenei di lavoratori. La valutazione del rischio avviene in una prima fase con la raccolta di dati oggettivi e in una seconda fase con la raccolta delle percezioni dei lavoratori (con questionari, interviste. L’intero processo deve essere caratterizzato, in ogni fase, dalla consultazione e partecipazione dei lavoratori. Il benessere sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni modenesi Lo spazio dedicato alle esperienze del territorio modenese ha previsto l’illustrazione degli strumenti e dei primi risultati di indagini in tema di benessere e lavoro realizzate negli ultimi anni da amministrazioni pubbliche di diversi settori: l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Modena, l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena e il Comune di Modena. L’Università di Modena e Reggio Emilia nel 2010 ha condotto una ricerca sul benessere organizzativo su un modello costruito ad hoc a partire dalla letteratura scientifica nazionale e internazionale, con particolare attenzione alla specificità del contesto universitario. Attraverso un questionario somministrato a tutto il personale (docente e tecnico amministrativo) si sono raccolti indicatori di percezione, corredati da dati oggettivi selezionati tra quelli che la letteratura annovera tra gli indicatori di rischio o di manifestazione di stress lavoro-correlato. Dopo l’elaborazione dei primi risultati, il progetto prevede ulteriori analisi dei dati e l’impostazione di un piano di azioni di miglioramento e promozione del benessere. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena nel 2010 ha condotto una ricerca sul benessere organizzativo e stress occupazionale a partire dal modello francese CRAM-INRS. Sono stati raccolti indicatori oggettivi riferiti a tutta la popolazione aziendale (indicatori di rischio, di risultato/manifestazione e di contrasto) e sono stati indagati indicatori di percezione soggettiva mediante il questionario standardizzato OSI – Occupational Stress Indicator 10 somministrato a tutto il personale). gennaio/febbraio 2011 I risultati dell’indagine, presentati in prima battuta al convegno, saranno oggetto di ulteriori approfondimenti e saranno utilizzati come base di confronto all’interno del Laboratorio “Sviluppo e tutela del benessere e della salute nelle Aziende Sanitarie (FIASO)”. L’Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena sta conducendo un progetto di ricerca-intervento longitudinale (che terminerà nel 2011) finalizzato a valutare e promuovere il benessere organizzativo mediante l’individuazione dei fattori di rischio e di strategie di intervento volte a migliorare la qualità della vita lavorativa. Una prima rilevazione effettuata nel periodo gennaio-settembre 2010 sarà seguita da una progettazione strategica di interventi e da una seconda rilevazione (nel periodo marzo-giugno 2011) di controllo sui risultati. Lo strumento scelto per le indagini è il questionario DISC – Demand-Induced Strain Compensation (un modello nato per le organizzazioni sanitarie e validato nei paesi nord-europei), somministrato su un campione di dipendenti (due servizi aziendali considerati strategici) di tutti i Distretti della Provincia di Modena. I risultati della prima rilevazione consentono di tracciare un bilancio dell’esperienza nel quale tra i punti di forza c’è l’adesione pressoché totale del personale coinvolto (tasso di risposta del 99%). A breve termine il disegno di ricerca sarà concluso, consentendo dunque un confronto longitudinale dei dati. Il Comune di Modena ha presentato i diversi interventi e le varie ricerche condotte, in tema di qualità della vita lavorativa e benessere sul lavoro dal 2003 ad oggi. A partire dai risultati di un questionario sull’identità del dipendente comunale del 2003, nel 2005 si è portato avanti il “Progetto Benessere”, con colloqui con campioni di dipendenti rappresentativi delle due aree professionali che nel 2003 risultavano con maggiore e minore benessere, a cui sono seguite specifiche azioni positive. Nel 2007 una seconda indagine sulla identità del dipendente comunale ha previsto la somministrazione di un questionario ad un campione di operatori, i cui risultati hanno spinto interventi migliorativi settoriali e l’apertura di uno sportello di ascolto per i dipendenti del Comune (tuttora operativo). Conclusioni Nella consapevolezza che la sofferenza psicologica nel lavoro ha un’eziologia multifattoriale e dunque non è possibile trarre una sola conclusione sul tema, si possono però tratteggiare alcune linee di riflessione e alcuni punti di lavoro possibili, tra i quali la messa a punto di uno strumento di lavoro che consenta di valutare tutti i rischi. Questo è l’obiettivo di un progetto di ricerca multidisciplinare presentato dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (gruppo coordinato dal Prof. Tommaso Maria Fabbri). I NOTE 1 F. Avallone e M. Bonaretti, Benessere orga- nizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Rubettino Editore, Roma, 2003 2 Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro del 08 ottobre 2004 3 European Agency for Safety and Healt at Work, OSH in figures: stress at work. Facts and figures, Lussemburgo, 2009 http://osha.europa.eu/en/publications/reports/TE-81-08-478EN-C_OSH_in_figures_stress_at_work/view 4 Milkzarek M., What to do we know about work-related stress in EU, EASHW, 2009 5 AA. VV., Stress e Lavoro nell’Europa in espan- sione, ISPESL – WHO Collaborating Centre, Roma, 2004 6 Risoluzione del Consiglio del 25 giugno 2007 su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (20072012). 7 COM (2002) 118 def., p. 4 8 COM (2002) 118 def., p. 13; COM (2007) 62 def, punto 4.3. 9 Il programma, le informazioni e gli interventi del convegno sono pubblicati online all’indirizzo http://www.fmb.unimore.it/on-line/Home/articolo4699.html 10 Cooper, slogane Williams, 1988; adattamento italiano a cura di Sirigatti e Stefanile, 2002 11 De Jonge e Dormann, 2003 www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 43 S Quarant’anni di Qualità S >> Giovanni Mattana Per 10 anni era stata preceduta da due notiziari informativi(delle Sezioni di Milano e di Torino) e dalla pubblicazione di Atti dei Convegni. Insieme agli Atti dei 23 Convegni biennali ha rappresentato un grande contributo alla diffusione della cultura della Qualità. Per ricordare questo contributo, nel corso dell’anno, ripubblicheremo alcuni contributi significativi. Quello che pubblichiamo nel seguito ci sembra particolarmente significativo: per l’humus che rivela, per la consapevolezza del valore universale dei metodi della qualità, per l’impegno alla loro diffusione, per l’orgoglio della professione, per la vastità della cultura. È anche una rarità bibliografica perché distribuito a parte dagli Atti dell’11 Convegno. RELAZIONE DI APERTURA del 11º CONVEGNO DELL’A.I.C.Q. del Ch .Mo Prof. FRANCESCO BRAMBILLA Milano, maggio 1980 IL CONTROLLO STATISTICO DI QUALITÀ NELLE SUE LINEE EVOLUTIVE 1. Le tappe dello sviluppo del pensiero scientifico umano sono riducibili a quattro. Il primo, che si colloca nel terzo millennio a.C., vede nelle esperienze egizie, sunnite, ittite, l'uomo proporre l'alfabeto e garantire la comunicazione scritta, strutturarsi in organizzazione gerarchica nel campo della produzione, della gestione della cosa pubblica e attuare la prima rivoluzione industriale: nasce l'agricoltura come sistema atto a garantire lo sviluppo. www.aicq.it biabili. Nozione rivoluzionaria di cui ora si fa un gran parlare ma che é di quegli anni interrotti dalla guerra. Ed é sempre di quegli anni che affiora la nozione di random, di randomisation, di disegno degli esperimenti, di una teoria assiomatica della stima statistica, quella di R.A. Fisher, di errori di 1'e 2' specie e la nozione di distanza statistica tra variabili. I tests di significatività sono infatti delle distanze. La semantica di Tarski - per non citare che il più illustre personaggio di quegli anni - si interessa delle relazioni tra segno e oggetto che vuol significare. Cosa vuol dire vero e falso? E nasce il concetto di metalinguaggio cioè di un linguaggio formalizzato che parla di un altro linguaggio. Ed è così che si può' cogliere la essenza della teoria formalizzata delle decisioni e la stessa collocazione dell'interrogativo: un test prova o no una certa ipotesi? Ed il grado di conferma di CARNAP un'indicazione della complessità sintattica del problema la cui altra angolazione è quella tra conferma e CONFUTAZIONE di Karl Popper. Ma negli Stati Uniti, Morris completava il disegno della semiologia - la disciplina che studia i segni - con la pragmatica cioè la relazione tra segno e comunicazione col mondo dei riceventi. Ne nasce la possibilità di classificare secondo angolazioni differenti i vari tipi di discorso. Ed il CSQ è un tipo di discorso nuovo e di non facile acquisizione. Il periodo storico che noi viviamo è come ora detto uno di queste svolte storiche ed il CSQ, pure nella sua apparente marginalità nell'opinione comune, ne è un simbolo e la sua velocità di diffusione una misura della freccia del tempo che scandisce questo periodo. Questa affermazione nonostante la sua enfaticità è valida e serve a collocare il nostro problema - il controllo statistico della qualità -nel processo di sviluppo della società contemporanea. 2. Un problema è definibile come un bisogno insoddisfatto di cambiare una situazione percepita come esistente in una gennaio/febbraio 2011 Q ua l i t à LA RIVISTA QUALITÀ COMPIE 40 ANNI Il secondo, che si colloca nel quarto secolo a.C. - il secolo di Pericle vede col pensiero greco nella sua apoteosi - Platone, Aristotele, Euclide - l'uomo liberarsi dalla necessità di Dio per ragionare. Il lógos il ragionare umano é capace di costruire sistemi logici autonomi. Il terzo, che si incentra nella Riforma, si sviluppa nel Rinascimento esplode nel seicento - il secolo di Copernico, Keplero, Galilei, Newton, Leibniz - separando Religione da Scienza, permette di riprendere il cammino interrotto dalla romanità e dalla teologia - sia cristiana che musulmana che indiana - della costruzione logica del pensiero greco. Il quarto, è quello che si colloca nel nostro secolo e che se vede agli albori una prima esplosione con Einstein, Planck, Freud, Russel, gli psicometri e con K.Pearson e Galton nascere la statistica moderna si sviluppa nel ventennio tra le due guerre mondiali. Periodo nel quale tutto é avvenuto e tutto é cambiato. E' il periodo del Circolo positivistico viennese ed é caratterizzato nella sua essenza della liberazione delle tentazioni metafisiche che si annodano insidiose nella scienza. L'analisi del linguaggio sia nella sintassi di Carnap, che nella semantica di Tarski che nella pragmatica di Morris diventa elemento essenziale per dare alla scienza un linguaggio comune: la logica e a questa una forma segnica rigorosa: quella proposta dalla matematica. La sintassi cioè lo studio delle relazioni tra segni e segni dà rigore alla logica deduttiva. Ci si libera dal peso di parole vaghe, ambigue, evocative per l'analisi scientifica. Una di queste ci interessa da vicino ed é il caso. E' di quegli anni la costruzione di diversi calcoli della probabilità senza che questa, nozione ambigua di caso, intervenga. La teoria assiomatica di Kolmogoroff e quella di De Finetti per non citarne che le due più rappresentative. Ed è a De Finetti che dobbiamo la eliminazione della condizione ambigua e restrittiva di eventi indipendenti e la sostituzione con la nozione di eventi scam- 43 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 44 S Quarant’anni di Qualità S te m a 44 situazione percepìta come desiderabile e la soluzione di un problema è realizzata quando le due situazioni (percepita e desiderata) si identificano e la RISOLUZIONE è proprio l'attività associata al mutamento dello stato del problema a quello della soluzione. Ogni problema ha una triplice dimensionalità: - l’aspetto tassonomico: cioè l'individuazione del problema; - il processo di risoluzione; - la logica, cioè l'insieme dei criteri per giungere alla soluzione. L'ideogramma seguente pone in luce in modo plastico ed evocativo cosa si debba intendere per la triplice dimensionalità della soluzione di un problema. In particolare i modi per risolvere un problema - nel nostro caso il controllo del processo produttivo - passano da una fase individuale (siamo all'epoca dei pionieri) a quella di gruppo fino all'accettazione del modo da parte della società. Oggi siamo in questa fase sia nell'espressione pubblicitarie che vengono recepite dalla massa sia nell'esistenza di associazioni come la nostra. 3. Il CSQ é un problema che é tipica espressione della rivoluzione tecnologica che i processi produttivi hanno subito nell'arcata temporale che corre tra le due guerre mondiali: appunto come dicevo in una delle svolte del pensiero umano. 11 tecnologo americano TAYLOR che già nel 1881 aveva iniziato gli studi sull'organizzazione scientifica del lavoro vede nel gennaio/febbraio 2011 periodo 1919-1926 continuata e sviluppata la sua opera dai coniugi Gilbreth con lo studio dei tempi e la cronociclografia. Quando Taylor nel suo primo principio afferma di voler sviluppare una scienza per ogni elemento del lavoro umano in modo da abbandonare i procedimenti a lume di naso e nel quarto principio dice di voler dividere il lavoro quasi in parti eguali tra direzione e operai egli dà inizio alla rivoluzione tecnologica poiché cerca il logos della tecnica, che non é più semplice ripetizione di gesti antichi con l'ausilio di strumenti nuovi. La rivoluzione tecnologica da lui innescata trova nelle esigenze della produzione di massa - soprattutto nel settore della meccanica - impressa dalle necessità belliche (e siamo nella l-guerra mondiale) - un campo fertile di sviluppo che verrà, poi vista e salutata nel primo dopoguerra come un movimento rivoluzionario della società: il taylorismo. Il controllo statistico della produzione é l'altro volto della stessa rivoluzione. E ha, rispetto alla diffusione dello studio dei tempi e dei metodi di Taylor, un ritardo perché è solo nel periodo 1931-39 che con SHEWART appaiono le prime carte di controllo e nel 1945 con l'analisi sequenziale di WALD - ed é ancora una guerra mondiale a darne l'impulso - il processo di diffusione del controllo statistico si insidia nello STABILIMENTO ed é del 1958 la comparsa delle tavole di Dodge e Rommy e delle prescrizioni governative americane. Sarà da noi che nel 1965 compariranno le analoghe tabelle UNI ma già nel 1955 nasceva la nostra Associazione Italiana per il Controllo della Qualità che nel 1956 fu una delle 6 Associazioni fondatrici dell'EOCQ. 4. Il processo di diffusione del CSQ è caso particolare, anche se per noi particolarmente interessante, del processo di socializzazione di un problema. L’ideogramma (pag. 6) che proponiamo alla vostra attenzione dà plasticamente la direzione e le linee dello sviluppo del CSQ nel contesto delle tre direzioni di sviluppo prima indicate. La direzione temporale e importante non solo per la dimensione per così dire umana della ricerca ma anche perché ingloba i processi di diffusione dell'innovazione, la interdisciplinarietà della ricerca e la accettazione della razionalizzazione dell'operare sociale. Le tappe di questo processo sono quella iniziale di soluzioni di un gruppo di studiosi fino alla progressiva istituzionalizzazione (per esempio materia di insegnamento) e alla socializzazione e siamo ai nostri giorni ed il controllo di qualità e l'affidabilità di un prodotto e di un processo produttivo sono entrate nel nostro modo di percepire la fiducia che la società ci fornisce in campi nei quali la nostra ignoranza tecnica continua a crescere nella misura con la quale avanza la sofisticazione dei processi. 5. Il metodo statistico ed il CSQ: simbiosi tra teoria e sua utilità www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 45 S Quarant’anni di Qualità S www.aicq.it struzione di un calcolo delle probabilità. E ne nacquero diversi, in relazione alle finalità. Se questa è la stima abbiamo come esempio la costruzione fisheriana della verosimiglianza e la teoria assiomatica della stima. Prefissiamo le proprietà dello stimatore (la consistenza, la correttezza, la sufficienza e così via) e costruiamo una funzione del campione - la verosimiglianza per esempio - tale da ottenere come soluzione uno stimatore corretto, efficiente, sufficiente e così via. Ma se la finalità è quella della scelta tra ipotesi, con la presenza degli errori di l- e 2- specie che dobbiamo a Neyamn e Pearson, la necessità di valutare le conseguenze della nostra decisione - e abbiamo allora la teoria del rischio di Wald - e l'utilità di introdurre ipotesi iniziali che siano l'espressione dello sforzo concettuale di ricerche empiriche e teoriche sulle distribuzioni iniziali e siamo alla teoria bayesiana della stima e dell'inferenza allora un nuovo calcolo delle probabilità prende corpo e autonomia. Ed è di quegli anni la nascita delle teorie assiomatiche del calcolo delle probabilità - ad esempio quelle di Kolmogoroff e di Cantelli - che ponendo in luce le proprietà dovute agli operatori soverchianti le valutazioni iniziali delle probabilità permettono di eliminare molte tentazioni metafisiche delle leggi probabilistiche legate a nozioni vaghe, ambigue, emotive come quelle di casualità, indipendenza. La decisione nella logica induttiva. Ma in quegli anni prende corpo e la cosa ci interessa da vicino la logica decisionale in condizioni di incertezza. Due sono i metodi fondamentali dell'induzione: quello della CONFERMA di certe ipotesi iniziali sulla base dell'EVIDENZA DEI FATTI e quello della STIMA QUANTITATIVA sulla base dei fatti del VALORE INCOGNITO DI QUALCHE GRANDEZZA. La logica induttiva fornisce una serie di metodi di inferenza incompatibili tra loro. Teoricamente é impossibile affermare che solo uno dei metodi incompatibili é quello valido. Il ricercatore deve fare una scelta. Carnap ha posto in luce un modo per sistemare i metodi induttivi. I valori di C e S ono influenzati da due fattori: un fattore empirico e un fattore logico. Chiamiamo X il rapporto X=FATTORE LOGICO/FATTORE EMPIRICO Quando una regola afferma che la stima della frequenza relativa di una caratteristica Y dell'universo U é eguale alla frequenza relativa Y di un campione, essa é una regola di stima che dà peso nullo al fattore logico e solo peso a quello empirico. Cioè X = 0. In questa ottica si situa ad esempio: - R.A.Fisher con il principio della massima verosimiglianza; - la teoria delle stime assolutamente corrette; - Reichenbach con la sua regola di induzione (se sono dati i fatti f che mettono in evidenza che in una sezione iniziale contenente n elementi di una sequenza infinita ce ne sono m con la caratteristica Y e se f non contiene nessuna altra informazione allora si considera il rapporto m/n come la stima del limite della frequenza relativa di Ynella sequenza. Quando invece una regola afferma che a priori a tutte le singole distribuzioni si deve attribuire una medesima probabilità essa è una regola con X= ∞ poiché attribuisce peso nullo al fatto empirico e dà peso solo al fattore logico. In questa ottica si situano: 1) PASCAL 2) C.S.PEIRCE 3) J.M.KEYNES 4) WITTGENSTEIN. La moderna teoria delle decisioni Statisti- gennaio/febbraio 2011 te m a Sono in presenza di illustri e appassionati cultori della statistica e non é il caso di accennare alla logica del metodo che ci accomuna negli interessi. Intendo solo sottoporre alla vostra cortese attenzione una tabella nella quale la simbiosi tra il modo di pensare dello statistico e quello del tecnologo si rende evidente. E le parole che vengono impiegate hanno, nel completo rispetto della loro validità scientifica, una forte evocatività che è utile nel caso del nostro colloquio. Il soggetto del discorso e' la variabilita' quale aspetto uni versale del divenire del processo produttivo I calcoli delle probabilità. L'altro volto del travaglio metodologico che ha visto il CSQ al centro del ciclone è quello avvenuto tra le due guerre intorno alla natura logica e metodologica del calcolo delle probabilità e della nozione stessa di probabilità. Anche in questo caso a persone così esperte basteranno pochi cenni che occorre pera ricordare per scandire la rivoluzione avvenuta in quegli anni e dei quali siamo i figli. Un primo problema che andava affrontato era quello della determinazione delle probabilità iniziali ed è di quel periodo lo scontro tra la teoria frequentista di von Mises e Reichenbach, per non citare che i nomi più illustri, che vedono la probabilità come limite delle frequenze a lungo andare e quella detta soggettivista di De Finetti e Savage che colgono nella probabilità un prezzo per progettare ed effettuare scommesse. Un secondo problema era quello della co- 45 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 46 S Quarant’anni di Qualità S te m a 46 che si situa tra questi valori estremi e dà luogo ad un valore di 0<X<oo, estremi esclusi. Le due teorie sono, come voi ben sapete, le più note: quella del minimassimo e quella bayesiana. 6. Cosa è la variabilità? E ritorniamo al soggetto principale del nostro discorso: la variabilità. Questa nozione di facile percezione apparente - tutti i fenomeni dalla demografia all'economia, dalla biologia alla fisica alla tecnologia, ne forniscono esempi - é invece stata una faticosa conquista della conoscenza scientifica. La statistica agli inizi del secolo prendeva corposità ma con fatica quando già le matematiche e la fisica aveva no raggiunto vette elevate. E' del 1905 la teoria della relatività ristretta di Einstein e la Grammatica della scienza di Karl Pearson. L'accostamento non é affatto derisorio: anzi é misura della difficoltà di cogliere l'essenza della variabilità. Un solo interrogativo a spiegare questo fatto. Perché tutte le discipline, dall'economia alla tecnologia, dalla biologia alla fisica - che pure hanno creato sempre pia ingegnosi modelli per la spiegazione dei vari fenomeni di loro pertinenza - si sono sempre trovate incapaci di dedurre dai loro modelli il fenomeno della variabilità delle stesse grandezze che collegano nei loro modelli? E soprattutto perché si hanno distribuzioni statistiche altamente stabili e della stessa forma matematica (gaussiana, lognormale, paretiana, di Zipf, ecc.)? La ottocentesca proposta di classificare i fenomeni individualmente e collettivamente tipici è stato un espediente che, riposando su una tautologia classificatoria, non ha soddisfatto nessuno ma anzi ha posto ancor pia in evidenza il sorgere di un problema nuovo e la necessità di una metodologia nuova. Il problema nuovo è la variabilità ed il metodo nuovo è quello statistico sempre più distanziantesi dal calcolo delle probabilità e la tabella che vi ho proposto permette facilmente di cogliere quest'allontanamento. Ma che cosa è, nella sua essenza più profonda,la variabilità e perché è espressione univoca dei più disparati problemi? gennaio/febbraio 2011 La risposta che in tanti anni di meditazioni mi è parso cogliere è questa: la variabilità è la traccia visibile del divenire di tutti i sistemi. Due parole per definire i termini del discorso nella loro universalità. Un sistema nella sua più ampia concezione é un insieme di relazioni (quantitative o qualitative) tra elementi di un insieme (cioè una collezione di elementi). Se ogni elemento - pensatelo come un centro produttivo latu sensu - è rappresentato con un punto e le relazioni intercorrenti tra due punti con una freccia alla quale possiamo associare un orientamento e una intensità per esempio la probabilità di collegamento - otteniamo la corrispondenza tra un sistema ed un grafo. Orbene,secondo una terminologia che da anni vado portando nella scuola, di riti che il sistema si SVILUPPA quando muta il numero degli elementi - dei punti del grafo - o il tipo delle relazioni (albero, reticolo, ecc.) che tra loro intercorrono (ed evidentemente se entrambi i fatti si verificano). E riservo invece al termine diffusione nel sistema il fatto che nell'unità temporale consona al sistema esso venga ATTIVATO. L'unità di attivazione 'è quella che nella teoria dei processi stocastici chiamiamo transizione di un sistema da una configurazione ad un'altra. E' una unità temporale endogena al sistema. Va dall'estrazione di una pallina dall'urna al ciclo tecnologico di lavorazione; dal periodo economico di produzione, dalla campagna di pubblicità alla generazione nei processi demografici siano essi di popolazioni umane che di componenti un parco utensili, automezzi, componenti di una apparecchiatura e così via. Sviluppo e diffusione sono le due componenti del divenire dei sistemi di qualunque natura fisica essi siano. 7. Variabilità e diffusione. Ciò premesso è facile intuire la difficoltà che l'uomo ha incontrato a cogliere nel processo di diffusione l'essenza del fenomeno della variabilità. E ancora oggi è materia di stupore, anche per persone mediamente colte, il fatto che tutti i processi di diffusione possano essere unificati in una sola equazione differenziale che emi- grata dalla fisica è approdata nella teoria che stiamo esaminando con un grado di generalità che mi pare valga la pena di sottolineare in questa sede di così elevata qualità. La teoria statistica della diffusione e la logica dell'ergodicità come ricerca delle strutture di equilibrio sono alla base del problema in esame e converrà spendere qualche parola di approfondimento sempre utilizzando ampiamente la vostra benevola intenzione e cultura per riempire la debole traccia delle mie evocazioni. È a tutti noto l'alta frequenza con la quale nei più disparati campi - dalla biologia alla fisica, dalla tecnologia alla economia alla linguistica e cosi via- la realtà fenomenica della variabilità, sia ad una che a più-dimensioni, si lascia descrivere con un numero relativamente piccolo di equazioni di frequenza. E' quasi un bisticcio di parole. La prima proposta che diremo combinatoria - venuta dai fisici - per spiegare la genesi della variabilità è quella di cogliere sia ad una che a più dimensioni - la distribuzione di frequenza come risultato di problemi di assegnazione di N oggetti a m scomparti, con o senza vincoli. N particelle elementari a m livelli energetici. E' lo approccio che inizia con Maxwell e prosegue con Fermi, Dirac, Bose, Einstein per non citare che le distribuzioni più celebri. Operando su queste delle trasformazioni di variabili come fecero il D'Addario, il Gibrat e altri, la descrizione della fenomenica si allarga notevolmente e conferisce a questo approccio notevole dignità. In questa angolazione merita essere ricordato l'approccio più moderno basato sulla misura classica H dell'entropia e formulato nell'interrogativo: posti n vincoli (ad esempio media, varianza o altri momenti prefissati) quale è la legge di distribuzione che massimizza l’entropia H? ............ …….. ............ …….. La memoria prosegue per altre 13 pagine, considerando altri tre approcci al tema della ‘variabilità e diffusione’ e successivamente trattando il tema della distanza stocastica tra processi. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 47 S Qualità dal mondo S >> A cura di Giovanni Mattana Smarter, Faster, Better eGovernment Benchmarking. Indagine comparativa sui servizi pubblici on-line. 8a rilevazione - Novembre 2009 Realizzato da: Capgemini, Rand Europe, Idc, Sogeti e Dti per: European Commission, directorate general for information society and media. Consultabile da ec.europa.eu/information_society/.../egov_benchmark_2009.p df Questo interessantissimo e stimolante rapporto, di 177 pagine, è costruito sulla seguente Sintesi dello studio: i. il contesto ii. la tecnologia come strumento di trasformazione iii. come misurare il progresso dell’europa iv. i risultati dell’analisi comparativa i “20 servizi di base la rilevazione dell’eprocurement (novità) v. l’esperienza dell’utente vi. dati emergenti_ vii. nuovi piani d’azione nell’egovernment viii. la struttura del rapporto Sintesi per Paese Risultati dettagliati per i 20 servizi esaminati: 1 Imposte sul reddito, 2 Ricerca di lavoro, 3 Prestazioni della sicurezza sociale, 4 Documenti personali, 5 Immatricolazioni auto, 6 Permessi di costruzione, 7 Denunce alla polizia, 8 Biblioteche pubbliche, 9 Certificati, 10 Iscrizioni scolastiche (scuole superiori e università), 11 Comunicazione di trasferimento, 12 Servizi sanitari, 13 Contributi previdenziali, 14 Imposte sulle imprese, 15 IVA, 16 Iscrizione al registro delle imprese, 7 Dati statistici, 18 Dichiarazioni doganali, 19 Autorizzazioni ambientali, 20 Gare d’appalto pubbliche. Trend positivo anche per l’Italia che aveva compiuto netti progressi rispetto al 2006 con un punteggio pari al 79% per il livello di sofisticazione complessiva ed www.aicq.it ITALIA 1. La CIVIT sulla determinazione degli standard di qualità dei servizi pubblici La Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) ha emanato le Linee guida per la definizione degli standard di qualità dei servizi pubblici, previste dal decreto legislativo n. 198 del 2009 sulla azione collettiva nel settore pubblico. E’ il primo passo verso la costruzione di un sistema di controllo diffuso della qualità dell’azione amministrativa e per l’o- peratività del sistema di tutela dei cittadini contro il cattivo funzionamento dei servizi pubblici. Si tratta di una delibera che indica alle singole amministrazioni il percorso per la definizione puntuale degli standard dei servizi pubblici da esse erogati, con particolare riferimento alla tempestività, alla qualità, alla trasparenza, all’accessibilità e all’efficacia degli stessi. I ministeri e gli enti pubblici nazionali dovranno essere pronti entro il 31 dicembre, in modo che la definizione degli standard possa essere inserita nel Piano per la misurazione e la valutazione delle performance delle amministrazioni. Per le regioni e gli enti locali il percorso dovrà passare per la Conferenza unificata Stato - autonomie. 2. Presentato a Roma il libro bianco “Le prove, i controlli, le valutazioni e le certificazioni per i prodotti, i servizi, le aziende e i professionisti". Roma, 25/11/2010 - L'Italia è ai primi posti in Europa nei sistemi qualità con 135.000 aziende certificate. Il convegno è stata l'occasione per la presentazione del Libro bianco "Le Prove, i Controlli, le Valutazioni e le Certificazioni per i prodotti, i servizi, le aziende ed i professionisti", frutto di un ampio e impegnativo riesame delle regole e norme tecniche cogenti e volontarie, realizzato dal Comitato d'Area "Prove controlli valutazione e certificazione" di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, in collaborazione con le associazioni di categoria. Da qui partirà una campagna nazionale per il superamento degli aspetti critici delle regolamentazioni tecniche cogenti e volontarie e del relativo sistema italiano dei controlli e della vigilanza, mentre a livello territoriale verranno avviate partnership con le componenti imprenditoriali per concorrere a sostenere il Made in Italy. Il compatto delle certificazioni in Italia è costituito da circa 6 mila imprese e 28 mila addetti, generando un volume d'affari annuo che ammonta a 2,7 miliardi di euro e un valore aggiunto di 1,3 miliardi di euro. "La certificazione di parte terza di prodotti, processi, servizi, competenze profes- gennaio/febbraio 2011 qu a l i tà da l m on d o EUROPA un miglioramento della disponibilità completa on-line passata dal 58% al 70%. Il Programma i2010 Il piano d’azione i2010 per creare una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione si articola su cinque priorità: • Non lasciare indietro alcun cittadino: promuovere l’inclusione attraverso l’eGovernment in modo tale che tutti i cittadini possano accedere agevolmente a servizi sicuri e innovativi. • Trasformare l’efficienza e l’efficacia in realtà contribuendo in modo significativo ad accrescere la soddisfazione degli utenti, la trasparenza e la responsabilità e ad alleggerire gli oneri amministrativi. • Attuare servizi fondamentali a forte impatto destinati ai cittadini e alle imprese: entro il 2010 il 100% degli appalti pubblici sarà disponibile – e il 50% sarà effettivamente aggiudicato – per via elettronica, con accordi di cooperazione relativi ad altri servizi pubblici on-line a forte impatto destinati ai cittadini. • Mettere in atto strumenti chiave per consentire ai singoli cittadini e alle imprese di beneficiare, entro il 2010, di un accesso autenticato, adeguato, sicuro e interoperabile ai servizi pubblici in tutta Europa. • Rafforzare la partecipazione e il processo decisionale democratico impiegando strumenti efficaci che facilitino un dibattito pubblico e la partecipazione al processo decisionale democratico. 47 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 48 S Qualità dal mondo S q u a l it à d a l m on d o 48 sionali costituisce lo strumento più efficace per dare valore aggiunto alle produzioni del Made in Italy sui mercati nazionali e internazionali. Con il progetto del Manifesto per la Qualità siamo impegnati a ottimizzare il sistema italiano di certificazione, rafforzandone l'autorevolezza, con l'obiettivo di aprire un percorso per sostituire la logica degli interventi di emergenza, dei controlli formali e farraginosi, della moltiplicazione dei permessi e delle autorizzazioni, a favore di un sistema di valutazioni, controlli e attestazioni di conformità diretto alla prevenzione dei rischi, al mantenimento della sicurezza, alla semplificazione amministrativa, alla crescita di competitività delle imprese, alla tutela dei consumatori" E' quanto ha affermato Ennio Lucarelli, vicepresidente vicario di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, nell'aprire oggi a Roma i lavori del Convegno "Il Manifesto della qualità: regole sicurezza e competitività", al quale sono intervenuti, tra gli altri: Vincenzo Boccia, vicepresidente Confindustria e presidente Piccola Industria; Enzo Raisi, Federico Grazioli, presidente Accredia, Gian Renzo Prati. Claudio Provetti delegato Comitato di Area CSIT "Prove, Controlli Valutazioni e Certificazione" (PCVC) ha presentato la ricerca. "Ora l'Italia deve puntare a rendere la qualità una politica concreta per la competitività e la concorrenza - ha concluso Lucarelli- In questa direzione la Federazione, in collaborazione con enti pubblici locali e centrali, si sta attivando per promuovere la semplificazione degli adempimenti amministrativi richiesti alle attività imprenditoriali e professionali e un sistema di accesso a sgravi fiscali per quelle imprese che, oltre a rispettare le regole cogenti, si dotino di strumenti di gestione dei rischi validati e riconosciuti". Dal canto suo Vincenzo Boccia ha sottolineato che "La cultura della qualità a 360 gradi già riguarda il tessuto imprenditoriale italiano in maniera prevalente rispetto all'Europa, ma richiede comunque un continuo sforzo comune di Confindustria, del MSE e degli altri ministeri interessati per renderlo più incisivo ed effica- gennaio/febbraio 2011 ce al fine di adeguarlo all'innovazione digitale in atto ed alle sfide globali". "Con la nascita di Accredia - ha dichiarato il presidente Federico Grazioli - il sistema italiano della certificazione si è allineato a quello degli altri Paesi europei e l'ente è pronto a svolgere l'attività di accreditamento anche nei settori cogente e regolamentato, in conformità alle direttive e ai regolamenti UE. A supporto della Pubblica amministrazione, responsabile per la vigilanza del mercato, Accredia offre oggi la propria competenza tecnica in tutte quelle attività di cui si potrà giovare il sistema delle imprese". Disponibili in formato pdf, sul sito http://www.confindustriasi.it/news1103.html: Il file pdf del libro bianco La presentazione di Claudio Provetti L'intervento del presidente Accredia, Federico Grazioli La presentazione del presidente del Comitato di area PCVC, Gian Nicola Babini 3. Al via il Premio ImpresexInnovazione Il riconoscimento, diviso fra piccole e medie imprese e grandi aziende, mira a diffondere la cultura d'impresa e a far conoscere modelli organizzativi e strategici. E' giunto alla quarta edizione il Premio Imprese x Innovazione che Confindustria, in collaborazione con Apqi (Associazione premio Qualità Italia) e con alcuni esperti di settore, promuove per offrire un contributo al processo di diffusione della cultura dell’innovazione che coinvolge tutto il sistema produttivo italiano. L’obiettivo del Premio, diviso fra piccole e medie imprese e grandi aziende, è far conoscere diffondere modelli organizzativi e strategici e specificatamente orientati alla crescita attraverso l’innovazione, creare una cultura d’impresa fornendo un quadro di riferimento per l’eccellenza nella gestione dell’innovazione e migliorare le prestazioni aziendali attraverso uno strumento di auto-diagnosi che permetta di identificare le opportunità di crescita della propria capacità di innovazione. Il modello adottato fa riferimento al framework per l’innovazione dell’EFQM – European Foundation for Quality Management, un modello di eccellenza collau- dato e internazionalmente riconosciuto. 4. Parte il ritiro "uno contro uno" dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche E’ entrato ufficialmente in vigore il 18 giugno scorso il decreto “Uno contro Uno”, il D.M. 65/2010, che disciplina la gestione dei rifiuti da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. E’ entrato ufficialmente in vigore il 18 giugno scorso il decreto “Uno contro Uno”, il D.M. 65/2010, che disciplina la gestione dei rifiuti da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. La formula è semplice: nel momento in cui si acquista un nuovo elettrodomestico, ad esempio, si può consegnare in maniera del tutto gratuita il vecchio apparecchio che si sta sostituendo. Secondo quanto disposto dall’art.1 del Decreto, il negoziante non potrà opporsi al ritiro né potrà o dovrà esigere il pagamento di alcuna somma per farlo. Il testo del decreto infatti specifica che: “I distributori al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica o elettronica destinata ad un nucleo domestico assicurano il ritiro gratuito della apparecchiatura che viene sostituita”. E se pensate di dover essere voi a informare il negoziante del ritiro gratuito dei Raee, il Decreto, invece, detta regole molto stringenti sulla trasparenza delle informazioni. I negozianti “hanno l’obbligo di informare i consumatori sulla gratuità del ritiro, con modalità chiare e di immediata percezione, anche tramite avvisi posti nei locali commerciali con caratteri facilmente leggibili”. 5. ISO TC 176 Alla Riunione plenaria di Bogotà è stata approvata una risoluzione che invita la Organization of American States (OAS) a istituire una relazione formale con Iso TC 176, a seguito della attività già avviata con vari Paesi per certificare le attività elettorali a fronte della Iso 9001. Il segretariato dell’Iso TC176 ha avviato una esplorazione di fattibilità per sviluppare una applicazione della Iso 9001 per le attività elettorali. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 49 S Rubrica Certiquality S >> Armando Romaniello Qualità e certificazione nel settore alimentare Una rassegna sugli standard più diffusi Che cosa è la Certificazione? È soprattutto la rassicurazione del consumatore sulla reale rispondenza del prodotto alle caratteristiche dichiarate sulla confezione (garanzia data da un Ente certificatore di terza parte, indipendente e competente). Un prodotto oltre che essere “buono” deve essere sicuro. Gli standard volontari per la Certificazione Quello della sicurezza alimentare è un problema che per la sua risoluzione necessita di un quadro normativo e un sistema di controlli chiari ed efficaci, una base scientifica autorevole, il coinvolgimento consapevole di tutta la filiera alimentare (dall’agricoltura alla distribuzione) e la corretta informazione ai consumatori. Per sostenere le Imprese in questo compito, insieme agli obblighi di legge nazionale e comunitari, il sistema internazionale della normazione ha sviluppato standard gestionali volontari, sottoposti al controllo/certificazione di enti privati accreditati. La Certificazione è la procedura con cui una terza parte dà assicurazione scritta che un prodotto, processo o servizio è conforme ai requisiti specificati. In tutti i contesti industriali e dei servizi il principale riferimento in termini di Assicurazione Qualità è costituito certamente dalle norme della serie ISO 9000. In particolare, la norma UNI EN ISO 9001 è stata adottata da un elevato numero di Aziende in tutto il mondo perché ritenuta idonea ad assicurare il rispetto dei requisiti contrattuali nel rapporto cliente - fornitore, a fronte di una efficace organizzazione interna dell’Azienda e di tutti i suoi processi. www.aicq.it L’ottemperanza alle prescrizioni di tali norme permette di gestire la realizzazione di un prodotto/servizio, mantenendo un elevato controllo delle diverse fasi di produzione. In estrema sintesi, le norme ISO 9000 propongono un modello per la conduzione aziendale impostato sulla prevenzione e la costante e attenta pianificazione di tutte le attività rilevanti svolte da una Organizzazione. Anche nel settore alimentare la Certificazione ISO 9000 è ampiamente diffusa e sono circa 5.000 ad oggi le Aziende con un Sistema Qualità certificato. Le motivazioni che hanno portato negli anni ad un così elevato sviluppo delle Certificazioni nel settore ago-alimentare (a fronte degli standard ISO 9001, ISO 14001, IFS, BRC, GLOBALGAP, ecc.) sono fondamentalmente: le garanzie richieste dalla Grande Distribuzione ai propri fornitori; lo sviluppo delle quote di mercato; il miglioramento dell’immagine aziendale. Negli ultimi anni, l’evoluzione della legislazione in materia ha mutato significativamente lo scenario e, se si considera che le Aziende che operano nel settore alimentare costituiscono generalmente un “anello” di quella che viene comunemente definita la filiera che va dalla terra alla tavola, si deve conve- nire sulla necessità di garantire la continuità della qualità del prodotto e del servizio lungo l’intera filiera delle attività fino alla commercializzazione. Nel settembre del 2005 l’ISO, l’Organismo Internazionale di Normazione, ha pubblicato la versione definitiva della nuova norma ISO 22000 “Food Safety Management Systems - Requirements for any Organization in the food chain”. L’obiettivo della nuova norma è garantire la sicurezza alimentare lungo tutta la filiera, fino all’utilizzatore. La ISO 22000 offre una soluzione univoca di buona pratica, riconosciuta a livello mondiale eliminando molte difficoltà per i fornitori che attualmente si devono conformare a venti diversi programmi di questo tipo. La ISO 22000 è rivolta a tutte le parti che intervengono nella filiera alimentare come i produttori di mangimi per animali e di materie prime, le industrie di trasformazione, gli operatori del trasporto e della conservazione delle merci e fornitori al dettaglio, le Organizzazioni collegate come i produttori di macchinari, materiali per imballaggio, prodotti per la pulizia, additivi ed ingredienti. La norma ISO 22000 si basa sull’analisi dei rischi. Pertanto, le Aziende devono essere in grado di definire tutti i pericoli che “ragionevolmente” possano manifestarsi lungo la filiera, tenendo in considerazione i processi che caratterizzano quest’ultima e gli ambienti in cui essi si svolgono. Nel settore agro-alimentare, a fianco della Certificazione di Sistema, oggi si va rapidamente diffondendo la Certificazione volontaria di Prodotto. In particolare la Certificazione di prodotto è uno strumento con cui le Aziende possono attestare e comunicare al consumatore le caratteristiche del loro prodotto in modo imparziale e inequivocabile. I punti qualificanti della Certificazione di prodotto sono la dichiarazione delle specifiche di prodotto (destinata ai consumatori), la valorizzazione di prodotti con specifiche migliorative rispetto agli standard di legge e/o della con- gennaio/febbraio 2011 R ub r i c a C er t i qu a l i ty Direttore Marketing Certiquality 49 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 50 S Rubrica Certiquality S 50 R ub r i c a C er t i qu a l i ty correnza la garanzia di parte terza sulla rispondenza del prodotto alle specifiche di norme, standard, ecc. La Certificazione rappresenta per il produttore un eccezionale strumento di comunicazione perché il messaggio giunge direttamente al consumatore; per il consumatore un importante mezzo da utilizzare per fare le proprie scelte sulla base di chiare ed esplicite informazioni. Un aspetto importante della Certificazione di prodotto attiene ai principi della rintracciabilità ed alla possibilità di rafforzare il legame tra i prodotti ed il territorio di origine. Recentissima è la nuova norma ISO 22005 per la rintracciabilità (Traceability in the feed and food chain - General principles and guidance for system design and development) che detta i principi e i requisiti per la progettazione e l'attuazione di un sistema di rintracciabilità nella filiera agroalimentare, comprendendo in essa anche Organizzazioni del settore mangimistico. gennaio/febbraio 2011 Va a completare la serie 22000, di cui fa parte, ed è di recentissima creazione. Questo standard internazionale ha sostituito la precedente normativa nazionale relativa alla rintracciabilità e cioè la UNI 10939:2001 (Rintracciabilità nelle filiere agroalimentari), la UNI 11020:2002 (Rintracciabilità nelle aziende agroalimentari) che dal 17 gennaio del 2008 non sono più in vigore. La ISO 22005 il punto di arrivo di una politica della qualità rivolta sia alla maggior garanzia nei riguardi del consumatore in relazione ai requisiti igienico sanitari dei prodotti agroalimentari, sia al miglioramento del processo produttivo in termini di maggior efficienza e trasparenza. In base alla suddetta norma ogni Organizzazione operante in qualsiasi fase della filiera agroalimentare può richiedere la Certificazione volontaria della rintracciabilità di un determinato prodotto o di un suo ingrediente rilevante. Nel caso in cui l'Organizzazione ri- chiedente partecipi ad un sistema di rintracciabilità insieme ad altre Organizzazioni, è necessario un coordinamento degli elementi progettati, in modo che sia possibile stabilire i collegamenti necessari tra le varie fasi di filiera. In tal caso, oltre all'Organizzazione richiedente, tutti i settori appartenenti alla filiera devono essere controllati da un Organismo di Certificazione qualificato e indipendente. La norma ISO 22005 garantisce la tracciabilità e la rintracciabilità di un prodotto. Nella specifico, la tracciabilità può essere considerata come l'insieme delle informazioni utili per l'identificazione di un prodotto o di un suo ingrediente rilevante in un percorso interno ad un'Azienda o relativo ad una filiera e che va "da monte a valle", mentre la rintracciabilità rappresenta il processo inverso, e cioè la possibilità di identificare il prodotto agroalimentare o i suoi ingredienti essenziali "da valle a monte", tramite la scelta di strumenti consoni ed efficaci. www.aicq.it AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 51 Per l’attività formativa, ove non indicata, consultare la sezione formazione del sito www.aicq.it 21-23 febbraio 26-28 gennaio http://www.aicqcn.it Qualificazione Auditor interni dei sistemi Ge- Corso base sul Software Project Management. 17-21 gennaio stione sicurezza Norma OHSAS-18001:2007 La gestione dei progetti software Corso 40 ore Valutatori Sistemi di Gestione per 25 febbraio 1-3 febbraio la Sicurezza QFD- Quality Function Deployment Corso Base per la conduzione delle Verifiche 25 gennaio CENTRO INSULARE – Roma Ispettive Interne Ambientali secondo le norme Corso sulla nuova ISO 9004:2009. http://www.aicqci.it ISO 19011 e ISO 14001 Gestire un’organizzazione per il successo du- 4 febbraio 1-4 febbraio revole: l’approccio della gestione per la qua- Applicazioni pratiche: politica, riesame della Corso per Auditor di terza parte BRC Food lità. Direzione e indicatori di prestazione 7-8 febbraio 26-28 gennaio 7-9 febbraio Corso pratico sull’Interpretazione e l’Applica- Le ISO 9001:2008. Principi, contenuti ed eser- Salute e Sicurezza dei lavoratori: aggiornamen- zione della Norma UNI EN ISO 9001:2008 citazioni. - (Corso pratico di apprendimento to normativo 08 febbraio per coloro che si accostano per la prima volta 10-11 febbraio Corso per addetti e responsabili della sicurezza alle norme UNI EN ISO 9000) La sicurezza nella produzione alimentare – La (contenuti conformi all’art. 32 del D.Lgs. 25-27 gennaio e 14-15 e 24-25 febbraio norma ISO 22000 la prevenzione e l’analisi 81/2008, al DM 16/01/1997, all’ex D.Lgs. 195 Come portare l’Azienda alla certificazione (un del rischio HACCP 23/06/03) durata variabile in funzione dei set- percorso formativo per preparare le aziende al- 14-16 febbraio tori ATECO la certificazione) La norma UNI EN ISO 9001:2008 e i Sistemi 9-10 febbraio 31 gennaio (pomeriggio) di Gestione per la Qualità Corso per datori di lavoro che possono svolge- Processi affidati all’esterno (outsourcing): come 17-18 febbraio re direttamente i compiti propri del Responsa- identificarli e tenerli sotto controllo La gestione dei laboratori di prova e taratura se- bile del Servizio di Prevenzione e Protezione 2 febbraio condo la norma ISO/IEC 17025 9-10 febbraio Lo standard BS OHSAS 18001/2007 come 21 febbraio Capacità di comunicazione in pubblico e ge- strumento del T.U. sulla Sicurezza D.Lgs 81-08 Audit interni sui Sistemi di gestione: La nor- stione delle riunioni (art.30). ma UNI EN ISO 19011:2003 e le tecniche 9-11 febbraio 3-4 febbraio di Auditing Corso pratico sull’Interpretazione e l’applica- La gestione dei reclami nelle piccole e medie 22-23 febbraio zione della norma ISO/IEC 20000:2005 (infor- imprese. Audit interni di Sistemi di Gestione per la Qualità mation Technology-Service Management) con 7-11 febbraio 24-25 febbraio esame finale Corso 40 ore Valutatori Sistemi di Gestione per Corso di formazione per i Datori di Lavoro che 7-11 febbraio la Qualità svolgono la funzione di RSPP Corso 40 ore Valutatori dei Sistemi di Gestione 14-15 febbraio 28 febbr-1 marzo per la Sicurezza delle Informazioni Criteri e metodi per progettare e documentare Il processo di Audit del SGQ nei laboratori 16 febbraio un Sistema di Gestione per la Qualità (i requisi- MERIDIONALE – NAPOLI Corsi di aggiornamento per RSPP e ASPP ti della norma ISO 9001:2008 e della guida http://www.aicq-meridionale.it 14-18 febbraio ISO 10013) 17-18 gennaio Corso 40 ore Valutatori dei Sistemi di Gestione 21-22 febbraio Come implementare un Sistema di Gestione per la Qualità Corso pratico di apprendimento norma UNI Sicurezza conforme all’art. 30 D.Lgs 22 febbraio CEI/IEC 27001:2006 e ISO/IEC 27002:2005. 81/2008( D.Lgs 231/2001), alla norma OH- Corso di formazione per dirigenti e preposti in 23-25 febbraio SAS 18001: 2007 e alla Linea Guida UNI- materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro Corso per Auditor Interni del Sistema di Gestio- INAIL “con esame finale” 21-23 febbraio ne per la Qualità. 17-21 gennaio Comprendere la Variabilità per Migliorare la 28 febbraio Corso 40 ore Valutatori dei Sistemi di Gestione Qualità dei Processi in Azienda: Introduzione Toyota Production System per la Sicurezza alla tecnica del Sei Sigma PIEMONTE – Torino 24 gennaio 23-25 febbraio http://www.aicqpiemonte.it Corso per addetti e responsabili della sicurezza Corso per Valutatori Interni dei Sistemi di Ge- 3-5 febbraio (contenuti conformi all’art. 32 del D.Lgs. stione per la Sicurezza Qualificazione per Mystery Auditor; Edizione 81/2008, al DM 16/01/1997, all’ex D.Lgs. 195 28 febbraio- 4 marzo presso AICQ Triveneta Mestre 23/06/03) durata variabile in funzione dei set- Aggiornamento professionale per coordina- 17-19 febbraio tori ATECO tori per la progettazione (C.S.P.) e per l’ese- Qualificazione per Mystery Auditor; Edizione 27 gennaio cuzione (C.S.E.) della sicurezza nei lavori di presso AICQ Nazionale Milano Corsi di aggiornamento per RSPP e ASPP 40 ore. www.aicq.it gennaio/febbraio 2011 co r s i CENTRONORD – Milano 51 AICQ_1.qxd:AICQ_ 24-06-2011 10:47 Pagina 52 gennaio/febbraio 2011 www.aicq.it AICQ1 cover 2011_Cover AICQ 24/06/11 10:22 Pagina III AICQ1 cover 2011_Cover AICQ 24/06/11 10:22 Pagina IV
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