LA RICERCA DEL BENESSERE INDIVIDUALE NEI PERCORSI DI COUNSELING PSICOLOGICO UNIVERSITARIO Giulia Savarese, Luna Carpinelli, Oreste Fasano, Monica Mollo, Nadia Pecoraro, Antonio Iannaccone Centro di Counseling Psicologico “M. Cesaro” – Università di Salerno 1. Il benessere psicologico Uno degli aspetti più intriganti della moderna ricerca in psicologia clinica è lo studio del “benessere psicologico”. Il concetto di “benessere individuale” trova un riferimento più generale nel termine di qualità della vita (WHOQOL Group, 1995), la quale viene a essere descritta da una serie di dimensioni dell’esperienza umana che riguardano sia le condizioni fisiche e i sintomi (assenza di malessere), ma anche la capacità di un individuo di funzionare dal punto di vista fisico, sociale, psicologico e di trarre soddisfazione da quanto fa, in rapporto sia alle proprie aspettative, che alla capacità di realizzare ciò che desidera (presenza di benessere). Le ricerche hanno evidenziato come benessere e qualità di vita non sempre siano correlati con la condizione di salute ma, piuttosto, vi sia un’interazione tra i fattori clinici (stato di salute fisico e psichico, disabilità e l’efficienza lavorativa), socio-demografici (età, genere, status socioeconomico, etc.) e percezione soggettiva1 della propria qualità di vita determinata da un sistema di credenze e considerazioni personali, nonché dalla cultura del sistema di appartenenza (Carr, Gibson, Robinson, 2001; Carr, Higginson, 2001). Partendo da questi presupposti, appare chiaro come la percezione soggettiva del benessere sia determinata da numerose variabili, quali: l’autostima (Bandura, 2000) e l’autoefficacia percepita (Grembowski et al., 1993)2, il supporto sociale percepito (Anderson et al., 1996), vari altri aspetti della personalità4, le strategie di autoregolazione (Higgins, 1998; Lockwood, Jordan, Kunda, 2002) e di coping (Endler, Parker, 1990). Nello specifico, le strategie di coping, oggetto di ricerca sia nell’ambito della psicopatologia clinica sia della psicologia della salute (Holahan, Moos, 1994; Klapow et al., 1995), rappresentano l’insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali attuati dalla persona per controllare specifiche richieste interne e/o esterne che vengono valutate come eccedenti (Lazarus, 1991). Esso può essere a) centrato sul compito, affrontando il problema in maniera diretta, ricercando soluzioni per fronteggiare la crisi; b) centrato sulle emozioni, attraverso la regolazione affettiva, che consente di mantenere una prospettiva positiva di speranza e controllo delle proprie emozioni in una condizione di disagio, oppure di abbandono alle emozioni, come la tendenza a sfogarsi o, ancora, la rassegnazione; c) centrato sull’evitamento, ignorando la minaccia dell’evento stressante o attraverso la ricerca del supporto sociale o impegnandosi in attività che distolgono la sua attenzione dal problema. In tale ottica, il benessere psicologico si propone come una condizione di equilibrio fra la persona con le sue necessità e le sue risorse, e l’ambiente in cui vive. Si tratta di una condizione dinamica (Allison et al., 1997), in continuo mutamento, il cui equilibrio non è dato a priori, ma è il risultato di una valutazione che la persona fa della propria qualità di vita, e dipende da numerosissimi fattori individuali, relazionali e ambientali. 1 Nella percezione soggettiva rientrano: a) dimensione cognitiva, che rappresenta il processo attraverso il quale ciascun individuo valuta la propria vita in termini di “soddisfazione”, facendo riferimento a determinati standard personali (aspettative, desideri, ideali, ecc.); b) dimensione affettiva, che indica le emozioni positive o negative che i soggetti sperimentano durante la loro vita quotidiana (Nuvolati, 2002). 2 La regulatory focus è una capacità dell’individuo a gestire i livelli di stress insorti come risposta ad un evento critico. 2. Benessere e counseling psicologico universitario Il counseling, in quanto professione d’aiuto e intervento breve, mira a stimolare negli individui le capacità di scelta, incoraggiando la chiarificazione e il superamento di problemi che generano uno stato di “disagio” (prendere decisioni, migliorare le relazioni interpersonali, scegliere un nuovo stile di vita, migliorare la qualità della vita, superare le difficoltà che emergono da un cambiamento) e contestualmente (ambito familiare, scolastico, amicale, lavorativo). L’azione del counseling, attraverso la relazione fra professionista e cliente, mira a facilitare processi di cambiamento, a rinforzare percorsi evolutivi e a migliorare la qualità della vita, valorizzando sia le risorse sia le relazioni con l'ambiente circostante. Esso, quindi non lavora con pazienti che presentano una patologia, bensì si propone come un intervento che aiuta il cliente a chiedere un aiuto mirato (psichiatrico o psicoterapeutico). Consideriamo, dunque, il counseling, come un processo interattivo, in cui una figura professionale, con proprie specifiche competenze e conoscenze, è in grado di facilitare la soluzione di un problema che crea disagio esistenziale e/o relazionale a un individuo o a un gruppo di individui: un'attività di competenza relazionale, che utilizza mezzi comunicazionali, per agevolare l'autoconoscenza, attraverso la consapevolezza e lo sviluppo ottimale delle risorse personali, favorendo lo sviluppo e l'utilizzo delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare ciò che gli impedisce di esprimersi pienamente e liberamente. In tale ottica, il counseling implica che il focus della relazione d’aiuto sia posto sulle risorse, sulle potenzialità individuali e non esclusivamente sul disagio o sulla patologia. Vogliamo soffermarci, in particolare, sul counseling psicologico in chiave SistemicoRelazionale. Esso si basa sull’approccio Sistemico e costruisce la sua metodologia intorno all’idea che l’azione di ogni persona deve essere collocata all’interno di sistemi di riferimento e che il disagio può essere evidenziato nelle connessioni fra i diversi sistemi (familiare, lavorativo, istituzionale, universitario, ecc.) coinvolti in un problema, e sugli effetti che le comunicazioni hanno su questi sistemi (Bateson, 1979). Nell’ottica Sistemico-Relazionale l’individuo stesso è considerato un sistema dotato di caratteristiche strutturali e organizzative leggibili, anch’esse attraverso un paradigma sistemico, che tiene conto sia dei suoi vissuti emotivi, sia delle sue connessioni storico-cronologiche: il Sé viene considerato come sistema sovraindividuale. Gli individui, attraverso la comunicazione, giocano la propria identità, costruendo la propria rete di relazioni e significati: gli elementi di un sistema umano sono così legati che qualsiasi cambiamento operato da un individuo del sistema produce cambiamenti in tutti gli altri elementi, e agisce, pertanto, sull’equilibrio del sistema stesso (Bert, Doglio, Quadrino, 2004). L’opera di Bateson3 ha ispirato molti modelli e approcci nel campo della psicoterapia; esso, ben consolidato anche nella pratica psicoterapeutica, risponde all’offerta di un servizio di sostegno e supporto allo sviluppo dell'autonomia decisionale di persone portatrici di bisogni diversificati e complessi, come gli studenti universitari. Dai presupposti teorici appena enunciati, ha preso spunto l’istituzione, dall’anno 2010, del Centro di Counseling Psicologico dell'Università degli Studi di Salerno. Tale servizio offre accoglienza, ascolto e orientamento nelle varie fasi del percorso universitario, dalla scelta alla risoluzione di conflitti in itinere, fino al momento della laurea e al contatto con il mondo del lavoro. 3 La teoria di Gregory Bateson, padre dell’approccio sistemico, è di tipo olistico e si basa sulla premessa della differenziazione e della integrazione delle parti. Il sistema può essere considerato una grande struttura relazionale dinamica che connette diversi soggetti, risorse e menti interagenti: nessun individuo, evento, comportamento o pensiero può essere compreso se non a partire dal sistema che lo ha generato e dai sistemi più ampi che lo contengono e con i quali si relaziona (Bateson, 1979). Gli studenti arrivano presso il Centro con forme di disagio che si manifestano nella condizione di disorientamento o di stallo psicologico: blocco negli studi, ansia da esame, incapacità a concentrarsi, difficoltà di adattamento per i fuori sede, situazioni di particolare difficoltà e forme di disagio affettivo/relazionale in grado di incidere sul percorso formativo scolastico (e, in quello più generale, di vita). Intorno a questi eventi ruota l’intera vita dello studente, che, pian piano, inizia a modificare il proprio tono dell’umore, a perdere di fiducia in se stesso, con un abbassamento dell’autostima, a chiudersi in se stesso, a somatizzare il malessere, presentando diversi tratti visibili nelle manifestazioni comportamentali ma anche nello stesso studio. Si presenta una vera e propria riduzione emotiva, cognitiva e comportamentale (Baldascini, 2002). Per gli operatori è necessario individuare il disagio all’interno della storia individuale e del proprio percorso evolutivo. Il percorso universitario, infatti, coincide con un processo di transizione identitaria (Zittoun, 2008), una fase di cambiamento in cui si è chiamati a riorganizzare il proprio ruolo sociale e, più in generale, il proprio Sé, attraverso un riadattamento di vecchi e nuovi schemi di se stessi e del mondo (Iannaccone et al., 2005). La transizione è associata a cambiamenti nella struttura d’identità e al benessere (Cassidy, Trew, 2004). Il counseling diventa un’utile relazione per superare delle difficoltà manifestate. L'attività di consulenza psicologica è concepita come servizio di sostegno e supporto allo sviluppo dell'autonomia decisionale . Tra i principali obiettivi, il Servizio di counseling universitario aiuta lo studente a: scoprire le proprie risorse e potenzialità per migliorare i processi di apprendimento e favorire il successo accademico; riscoprire le proprie emozioni e comprendere come esse influenzino i comportamenti; collegare il disagio nell’hic et nunc alla propria storia personale e alle strategie di coping; facilitare i processi decisionali in maniera consapevole e responsabile; migliorare la consapevolezza di sé e delle proprie modalità comunicative e relazionali, per affrontare le situazioni in modo più adattivo e funzionale. La peculiarità di quest’approccio sta nella capacità di “mettere in relazione” il disagio con i propri rapporti interpersonali (la storia di vita) e con le possibili risorse per il superamento degli ostacoli, tenendo presente una “rete curante”, per gli invii (nel nostro caso l’Azienda Ospedaliera locale) e per eventuali altri percorsi (laboratori, attività creative, servizi sportivi). 2.2. Un caso di counseling universitario Descriveremo ora, a titolo esemplificativo, un caso di una studentessa - che chiameremo Sara iscritta alla Facoltà di Informatica, che si è rivolta presso il nostro Centro di Counseling di Ateneo per un blocco negli studi (manifestatosi da circa un anno). Dalla somministrazione degli strumenti di assessment4, emerge una bassa stima di Sé (Scala dell’autostima di Rosenberg, 1965), dimensioni sintomatologiche da moderate ad elevate, in quasi tutte le scale del test SCL-90R (Derogatis, 2011), meno che nell’ansia fobica e nella somatizzazione, e strategie di coping (Test CISS di Norman, Endler, Parker, 1988), oscillanti tra la risposta emotiva e l’evitamento. La studentessa presenta dei tratti depressivi, associati ad ansia, ostilità e ideazione paranoidea. Di fronte al blocco negli studi, ella reagisce autosvalutandosi, con pensieri negativi verso di sé o evitando il problema. Ha cominciato a uscire poco e a stare molto al computer. Nel corso dei colloqui emerge che il blocco ha inizio quando a sua sorella è concesso di studiare fuori sede, possibilità a lei non concessa. All’evento segue in seduta il riconoscimento delle emozioni: rabbia 4 Per esigenze editoriali si rinvia l’approfondimento relativo all’utilizzo degli strumenti di assessment e alla procedura di counseling alla lettura del volume a cura di Savarese e Iannaccone (2013). che si traduce in vendetta (“non dare più soddisfazioni ai propri genitori”) e sentimenti di autosvalutazione (“se gli altri non si fidano di me, io non sono all’altezza”). Questa posizione di blocco, però, sortisce per Sara anche degli effetti positivi, quali riportare l’attenzione di sé ed essere finalmente vista. Nel corso dei colloqui emerge che Sara ha molto sofferto, perché sua sorella, per lungo tempo ammalata, ha catalizzato l’attenzione su di sé. Sara ha nutrito nel tempo rabbia e poi colpa per il sentimento provato ed ha atteso a lungo di poter essere considerata allo stesso modo. Il riconoscimento dell’emozione collegata alla propria storia di vita permette alla studentessa di guardare al blocco in modo consapevole e non impotente, e attivare strategie adeguate di fronteggiamento. Sara, infatti, ribadisce e conferma la propria scelta universitaria, fatta con entusiasmo e passione. Gli obiettivi di lavoro saranno spostati sulla possibilità di imparare a chiedere aiuto, anche ai docenti (magari a ricevimento), utilizzando una modalità adulta di confronto senza rimanere nell’attesa passiva di poter essere vista. L’altro obiettivo è trovare strategie adeguate di concentrazione; questo risulta molto più facile dal momento che pensieri negativi, di rabbia, autosvalutazione e persecuzione non intervengono più in modo così forte. Nel corso degli incontri emergono anche altre questioni collegate al non riconoscimento, tuttavia la studentessa sente che, se vuole, possono essere affrontate altrove, con percorsi specifici di psicoterapia. Nell’incontro di follow-up (dopo due mesi), Sara racconta di aver ripreso gli studi; ha sostenuto quattro esami, con esiti molto positivi. Si sente molto più serena e avverte che il progetto di studi scelto la soddisfa. E’ più consapevole delle strategie difensive e più serena, perché ha potuto vedere e dare un significato al proprio blocco ed agire per rimuoverlo. Esce di casa più spesso e questi risultati hanno migliorato la sua autostima. Nel post-test emerge come sia migliorata la stima di Sé, con punteggi nella media; come tutti i valori dell’SCL-90R siano rientrati nella media (vedi grafico 1), mentre, al test CISS, è migliorata la risposta di manovra allo stress e diminuita la risposta di evitamento, in particolare per l’item relativo al diversivo sociale (vedi grafico 2). Grafico 1. Test SCL-90R in modalità di somministrazione pre e post counseling 80 70 60 50 53 42 37 40 69 66 62 51 46 46 43 74 71 67 65 64 53 47 42 57 46 48 45 41 30 Pre 20 Post 10 DI PS T PS GS I t ic ism o Ps ico pa ra no fo bi az io ne An sia id e ca tà st ili O An sia e es sio n al e ili Id e tà in te rp De pr tà er so n vi lsi om pu rs en sib Ip e O ss es siv it à -C So m at izz az i on e 0 Grafico 2. Test CISS in modalità di somministrazione pre e post counseling 70 65 60 64 56 62 56 52 50 50 44 43 40 39 Pre 30 20 10 0 S Manovra S emozione S Evitamento S Distrazione S Diversivo Sociale Post 3. Conclusioni La letteratura esistente e la nostra pratica clinica suggeriscono che, a seguito dell’intervento di counseling, in genere, non solo diminuisce la sintomatologia clinica dell’utente, ma si attivano quelle risorse individuali e relazionali (ad esempio autoregolazione, resilienza, coping) che mediano il rapporto tra la persona e la sua difficoltà, e si riattivano gli strumenti psicologici individuali per la risoluzione dei problemi, per l’accrescimento del benessere personale e per una valutazione positiva della propria qualità di vita. Riferimenti bibliografici Allison, P.J., Locker, D., Feine, J.S. (1997). Quality of life: a dynamic construct. Soc Sci Med; 45:221-30. Bandura, A. (2000). Autoefficacia. Teoria e applicazioni. Trento: Edizioni Erickson. Bateson, G. (1979), Mind and Nature: A Necessary Unity. Toronto: Bantam Books. Bert, G., Doglio, M., Quadrino, S. (2004). Le parole del Counseling Sistemico. Torino: Change Edizioni. Carr, A.J., Gibson, B., Robinson C. (2001). 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