Seminario Informativo PON VALES Napoli, 14 Aprile 2014 Sintesi degli interventi La sperimentazione VALES ed il Sistema Nazionale di Valutazione Giovanni Biondi, Presidente INDIRE In Italia il tema del miglioramento scolastico trova la sua prima definizione normativa in tempi molto recenti, con la legge n. 10/2011 che istituisce il nuovo Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) e con il successivo Regolamento emanato con il DPR n. 80/2013. Prima che avesse luogo questa sistematizzazione legislativa, il tema della valutazione e del miglioramento delle scuole era limitato a quelle istituzioni scolastiche che aderivano a sperimentazioni locali o nazionali. La partecipazione delle singole scuole non avveniva in maniera autonoma ma rientrava nel quadro di progetti promossi, supportati e monitorati dall'esterno, spesso su iniziativa di organi di governo regionale o nazionale. Tali iniziative hanno messo in atto sperimentazioni, che si rifanno a una visione unitaria dei processi di valutazione e miglioramento, coerentemente con le modalità di approccio previste negli standard più diffusi, da EFQM a CAF, per supportare lo sviluppo della qualità nelle organizzazioni. La sperimentazione promossa dal MIUR nel 2011 e denominata VSQ (Valutazione per lo Sviluppo della Qualità nelle scuole) ha prefigurato per la prima volta una distinzione tra valutazione e supporto al miglioramento, affidando ciascun elemento a un diverso soggetto istituzionale. Tale distinzione è stata poi recepita dalla normativa che istituisce il Sistema Nazione di Valutazione: all’INVALSI spetta il compito di elaborare gli strumenti per la valutazione, stabilendo gli standard, il sistema degli indicatori e gli strumenti operativi per le visite nelle scuole, all’INDIRE è invece assegnato il compito di sostenere le scuole sia nella fase di stesura che in quella di sviluppo del Piano di Miglioramento. Questo processo di valutazione e miglioramento è motivato dal fatto che la sua messa a regime in tutte le scuole, pur rappresentando una potenziale risorsa per ognuna di esse, è in primo luogo uno strumento che serve al Paese e ai cittadini per garantire standard tendenzialmente omogenei nelle prestazioni del servizio scolastico e negli esiti di apprendimento degli studenti. Come già evidenziato, l’avvio di processi di autovalutazione e di valutazione delle scuole e nelle scuole è generalmente promosso dall’esterno e non nasce quasi mai da esigenze provenienti dal basso, dalle scuole e dal personale scolastico. Qui si può forse trovare una chiave di lettura per le difficoltà che si incontrano a coinvolgere nei piani di miglioramento l’intera realtà organizzativa delle scuole. Un Piano di Miglioramento agisce sulle priorità individuate dall’organizzazione e può essere definito e attuato solo se quest'ultima si mette in gioco nel suo insieme. Questo strumento chiama l'intera organizzazione ad analizzare le proprie aree di criticità e a decidere le priorità negli interventi migliorativi. Ciò presuppone una consapevolezza di sé e del proprio agire che non sempre l’organizzazione scolastica possiede. La scuola è per sua natura un sistema a legami deboli, con una scarsa propensione allo sviluppo di azioni unitarie e contrassegnata da un forte senso di indipendenza dei professionisti che vi operano, sostenuto, nel nostro Paese, da un’interpretazione estesa e ambigua del principio costituzionale della libertà di insegnamento. Non si può, inoltre, sottacere un apparente paradosso: i docenti impegnano una quota preponderante del tempo dedicato all’esercizio della loro professione per attività di valutazione degli alunni (compiti, test, interrogazioni, compilazione di registri, scrutini), dovrebbero quindi possedere una solida cultura della valutazione, una radicata consapevolezza che la valutazione è l’indispensabile supporto per interpretare le criticità e migliorare; tuttavia, mal si adattano all’idea che la loro organizzazione, e ancor più loro stessi, possano venire anche indirettamente valutati. Sembra quindi ancora lunga la strada per diffondere e consolidare nelle scuole la cultura della valutazione e del miglioramento, anche se i risultati delle sperimentazioni condotte da alcuni anni nel nostro Paese danno esiti incoraggianti. L'auspicio è quello di portare a regime un sistema che non si appiattisca sugli aspetti burocratici, ma che coinvolga tutti coloro che vivono la scuola ponendo la valutazione come un’opportunità per realizzare, attraverso la partecipazione attiva ai processi di miglioramento, quella crescita professionale, che rappresenta uno dei fondamenti del processo di autonomia scolastica. Le fasi del Progetto VALES e l’intervento di Indire sul miglioramento Massimo Faggioli, Dirigente di ricerca INDIRE Il punto sul progetto La prima fase, di autovalutazione e valutazione iniziale (a cura di INVALSI), ha riguardato l'analisi della scuola come "sistema complesso", analisi che è stata condotta da diverse prospettive. La scuola ha elaborato un rapporto di autovalutazione a cui è seguita la valutazione esterna condotta da una coppia di valutatori opportunamente formati e selezionati da INVALSI (novembre 2013-febbraio 2014). AI termine di questa prima fase, è stato consegnato alla scuola uno specifico "Rapporto di Valutazione", sulla base del quale essa è invitata a progettare un percorso di miglioramento. Come per il precedente progetto VSQ, anche in VALES, due enti di ricerca, INVALSI e INDIRE, si sono attribuiti due campi di azione: INVALSI gestisce e coordina la valutazione iniziale e finale degli istituti scolastici, mentre INDIRE si occupa della progettazione della fase di accompagnamento al miglioramento. INVALSI ha messo a punto linee-guida e protocolli di osservazione per i valutatori esterni. INDIRE ha, invece, definito protocolli di formazione e selezione dei Tutor che seguiranno e accompagneranno le scuole del progetto VALES nella pianificazione e realizzazione delle attività di miglioramento e che dovranno, in futuro, divenire un punto di riferimento per tutte le scuole del territorio nazionale. La seconda fase, di miglioramento (a cura di INDIRE), prevede che la scuola individui specifici obiettivi di miglioramento all’interno, appunto, di un "Piano di Miglioramento" che all’inizio doveva essere attuato entro giugno 2014 ma che probabilmente subirà uno slittamento. In questa fase ogni istituto potrà, utilizzando le risorse finanziarie messe a disposizione (?), avvalersi del supporto di INDIRE, oltre che intraprendere propri percorsi, ricorrendo alle Università o ad altre risorse culturali e professionali presenti sul territorio. Il sostegno del Tutor per il miglioramento, permetterà una visione più ampia da parte della scuola della propria organizzazione e attiverà un processo di riflessione sui propri punti di forza e di debolezza in vista della scelta di azioni di miglioramento da avviare. Nel modello proposto da INDIRE per VALES, il Tutor avrà un ruolo di consulente, più che di formatore, dunque di accompagnatore terzo che guiderà la scuola durante il processo di progettazione del Piano e di realizzazione dello stesso. La terza fase, di valutazione finale (a cura di INVALSI), presumibilmente destinata a concludersi entro i primi mesi del 2015, vedrà la scuola nuovamente valutata da parte del Nucleo di Valutazione esterno che verificherà i risultati conseguiti rispetto a quanto segnalato nel "Rapporto di valutazione". Nell’ambito dell’analisi condotta sulla scuola, anche al Dirigente Scolastico saranno indicati specifici obiettivi legati in modo particolare alla sua funzione, il cui raggiungimento sarà poi verificato in quest’ultima fase del percorso. I diversi contributi dati da INVALSI e da INDIRE alla sperimentazione VALES rappresentano, quindi, un test e una messa a punto di un modello di valutazione e miglioramento che possa entrare a regime nel medio termine. La precedente esperienza VSQ viene integrata e superata dalla sperimentazione VALES in vista della piena attuazione del Sistema Nazionale di Valutazione. La sperimentazione VALES segna il definitivo superamento del nesso tra valutazione e premialità, caratteristica invece del precedente progetto VSQ. Si valutano le scuole non per stilare una graduatoria di quelle peggiori e migliori, ma per stimolare ogni scuola a dare il meglio di sé al fine di raggiungere standard di qualità predefiniti. Inoltre, un'ulteriore integrazione rispetto al modello VSQ e l'aggiunta della valutazione dei Dirigenti Scolastici in un’ottica di parallelismo tra piano di miglioramento della scuola e obiettivi di miglioramento del suo Dirigente, cosi come previsto dal recente Regolamento del Sistema Nazionale. Tra motivazione e autonomia: è possibile un miglioramento efficace? Angelo Paletta, Università di Bologna Il recente DPR. n. 80/2015 disegna un sistema di accountability basato sulla misurazione standardizzata degli apprendimenti degli studenti e del valore aggiunto educativo, la valutazione esterna dei rapporti di autovalutazione e dei piani di miglioramento prodotti dalle comunità scolastiche, la rendicontazione sociale agli stakeholder del territorio, la valutazione delle prestazioni dei Dirigenti Scolastici. Per contro, la valutazione delle prestazioni dei docenti è tenuta fuori dal nuovo Sistema Nazionale di Valutazione, lasciando deliberatamente "vuoto" un importante tassello organizzativo che potrebbe, di fatto, inibire gli effetti dell’accountability ai fini del miglioramento scolastico. Più precisamente, poiché il nuovo SNV non prevede incentivi estrinseci legati alla prestazione dei docenti (come ad es. differenti livelli retributivi o progressioni di carriera), ci si deve chiedere quale sia la fonte di motivazione all’interno delle scuole che possa spingere i docenti a progettare e implementare il miglioramento attraverso la valutazione. È sufficiente aver previsto meccanismi formali di autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento e rendicontazione per orientare in questa direzione lo sforzo dei docenti? La sola valutazione delle prestazioni dei Dirigenti Scolastici, senza che questi abbiamo il potere di incidere sulla valutazione degli insegnanti, sarà sufficiente per convincere gli insegnanti a remare nelle stesse direzioni verso le quali i dirigenti saranno ritenuti responsabili? Perché gli insegnanti dovrebbero prendere seriamente in considerazione gli esiti dei test standardizzati per migliorare le loro pratiche educative e la qualità dell’insegnamento? In realtà il nuovo SNV sembra basarsi su una grande scommessa: che le scuole, spontaneamente, svilupperanno al loro interno modelli organizzativi intrinsecamente incentivanti, ovvero ambienti lavorativi dai quali i docenti sapranno trarre senso di autorealizzazione, stima e partecipazione, che rappresentano i fattori determinanti della motivazione intrinseca. Il nuovo SNV introduce strumenti di management, ma fa affidamento su indimostrate capacità di leadership dei Dirigenti Scolastici nel costruire vere e proprie comunità educanti. In effetti, il nuovo SNV nell'introdurre una serie di concetti e strumenti che sono tipici del management per obiettivi, presuppone culture organizzative diverse, ovvero culture alle quali sono estranee parole come gerarchia, misurazione delle performance, formalità dei processi decisionali, strutturazione dei meccanismi di controllo e valutazione delle prestazioni individuali. Un altro elemento può osteggiare ogni strategia di cambiamento, è la gestione piena di un’autonomia didattica che dovrebbe permettere alle scuole di promuovere una vera e propria pianificazione strategica d'istituto volta a identificare priorità, obiettivi e risorse. La concreta possibilità di implementare strategie di differenziazione dell'offerta formativa, implica la capacità di definire a livello di ogni singola scuola assetti organizzativi coerenti con gli obiettivi perseguiti. In effetti, questo importante aspetto non è sfuggito alla normativa sull'autonomia scolastica, la quale prevede espressamente che le scuole possano superare i tradizionali vincoli organizzativi della didattica come l'articolazione dell'orario settimanale, l’unità oraria della lezione, l’unitarietà del gruppo classe. Le scuole, in teoria, possono disegnare un modello organizzativo della didattica in modo coerente con il piano dell'offerta formativa, agendo strumentalmente su aspetti come l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività, la compensazione tra discipline, l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari, una diversa organizzazione del tempo scuola (tempo ordinario o tempo prolungato), l’utilizzo dei residui orari per svolgere attività di potenziamento, consolidamento, recupero, ampliamento dell’offerta formativa. Si tratta, però, di una possibilità che nella realtà incontra i vincoli di una gestione delle risorse (finanziarie e umane) che rimane largamente fuori dal controllo delle scuole. Questa contraddizione si può rivelare nei fatti un limite insormontabile per promuovere un effettivo cambiamento strategico e quindi un autentico progetto di autonomia delle scuole. Le scuole non selezionano il proprio personale, i docenti sono liberi di definire i propri piani di formazione professionale e le scuole non hanno il grado di autonomia economica per sviluppare il capitale professionale necessario per implementare le strategie didattiche. La partecipazione, il coinvolgimento e il lavoro di gruppo dei docenti non possono essere dati per scontati in assenza di significative forme di incentivazione estrinseca o in assenza di qualunque prospettiva di carriera in posizioni manageriali intermedie. La forza degli incentivi intrinseci connessi alla motivazione dei docenti, al senso di autorealizzazione e di stima professionale sono aspetti importanti della prestazione lavorativa, ma l'attuale livello retributivo e il senso di delegittimazione sociale che investe la figura del docente in Italia alla lunga possono generare frustrazione, disinteresse e comportamenti opportunistici. L’elevato turnover del personale nel corso di pochi anni potrebbe letteralmente esaurire il capitale professionale di una scuola, a causa del limitato tempo a disposizione per codificare conoscenze e socializzare pratiche educative. Il reclutamento dei docenti in base a classi di concorso per discipline e la mancanza di un organico funzionale d`istituto, liberamente impiegabile all’interno di un monte orario dato, pregiudicano alla fonte il potenziale di flessibilità organizzativa. D’altra parte, le ragioni già citate, associate a forme di finanziamento statale poco prevedibili per entità e tempi di effettiva disponibilità, costringono a rincorrere le emergenze piuttosto che a programmare razionalmente le risorse rispetto agli obiettivi didattici. Tutto ciò porta alla luce una concezione astratta dell’autonomia scolastica, dagli esiti imprevedibili dal punto di vista della qualità ed equità degli apprendimenti degli studenti. Per contro, lo studio empirico delle organizzazioni scolastiche nel nostro Paese dimostra la larga diffusione di organizzazioni "illuminate", capaci di interpretare in senso proattivo la propria missione educativa, nonostante un'autonomia ambigua e incompleta. Si tratta di quelle scuole nelle quali i Dirigenti Scolastici e una leadership distribuita hanno saputo plasmare nel tempo modelli organizzativi intrinsecamente incentivanti. Si tratta di scuole che hanno saputo sopperire alla mancanza di controllo gerarchico sulle risorse promuovendo una strategia di networking con il territorio, di supporto, cooperazione, coordinamento in un processo condiviso di creazione di valore pubblico. Si tratta di Dirigenti Scolastici che non si nascondono dietro l'alibi del basso livello di autorità perché sono riusciti a sopperirvi con l’autorevolezza del ruolo e la costruzione intono ai singoli docenti di ambienti lavorativi che forniscono loro supporto, occasioni di partecipazione e di sviluppo professionale. Si tratta di scuole che hanno saputo interpretare la filosofia del miglioramento molto tempo prima che il miglioramento venisse loro imposto per legge. Ruolo del tutor/consulente Antonella Turchi, Ricercatrice INDIRE L’unica valutazione che avviene a livello nazionale da qualche anno in modo regolare è quella degli apprendimenti degli studenti, e fino ad oggi non è mai esistito un sistema di valutazione degli insegnanti, delle scuole e del sistema scolastico nel suo complesso. Alcune considerazioni fondamentali suggeriscono la necessità che le scuole possano beneficiare di un sostegno in processi delicati e complessi come quelli inerenti la valutazione, la progettazione e il miglioramento della qualità della scuola: nella scuola italiana, proprio perché non ha una storia di valutazione del sistema scolastico (vi possono essere realtà locali, regionali, che tuttavia fanno eccezione, piuttosto che la regola), i suoi attori non hanno spesso le competenze per condurre e gestire tali processi; coniugare logiche di valutazione interna (autovalutazione) e valutazione esterna nazionale è di per sé un lavoro denso di rischi e non semplice; la cultura organizzativa della scuola italiana, pur nelle varianti contestuali possibili, è connotata da una schematicità e rigidità che l’autonomia scolastica ha scalfito in minima parte e che non sempre consente a chi vive la scuola di percepire la possibilità di cambiare e di aprire spazi di ripensamento creativo della realtà scolastica nei suoi tempi, nei suoi spazi, nelle sue pratiche didattiche, educative e relazionali, nei suoi scambi e integrazioni fra il dentro e il fuori della scuola. All'interno di una scuola convivono reti di significato esplicite e nascoste, individuali e collettive, a cui i soggetti fanno riferimento nelle loro pratiche quotidiane: ogni attore e interlocutore agisce nella scuola sulla base delle sue aspettative, dei suoi presupposti culturali, delle rappresentazioni che ha di sé, del proprio ruolo, della propria funzione e in generale di sé come potenziale agente ai cambiamento nel contesto scolastico, di che cosa significhi valutare, qualità, miglioramento, progettare ecc. Questo complesso intreccio di rappresentazioni può costituire l’ostacolo più significativo nell'aderire a un piano di valutazione nazionale e di autovalutazione scolastica. Si affaccia proprio sui crinali delicati di queste frontiere il ruolo centrale di Tutor di Miglioramento, che supportino la scuola e promuovano al suo interno una cultura pedagogica della valutazione, esplicita e condivisa, che chiarisca i termini del rapporto tra forme interne e forme esterne di valutazione, perché non si costruiscano come binari paralleli, perché non incorrano in semplificazioni improprie, promuovendo al contempo il coinvolgimento degli operatori della scuola, indispensabile per innescare processi di cambiamento, e il confronto proficuo con parametri oggettivi con cui confrontarsi, che permettano il confronto dell’andamento della scuola con altre scuole o con indicatori locali o nazionali. Quali finalità persegue il Tutor di Miglioramento? Il Tutor di Miglioramento è un attore che entra nel vivo di sistemi dinamici, che scopre e analizza per gradi, adattando e tarando gli obiettivi specifici del suo intervento all’interno dei contesti scolastici a seconda delle specifiche configurazioni che questi assumono. Dalle considerazioni fatte, sembra ragionevole pensare che sia proprio la promozione di una cultura pedagogica della valutazione condivisa all’interno della scuola, che comprenda la partecipazione e l’appropriazione da parte degli attori scolastici del processo di auto-valutazione e miglioramento, a rappresentare il centro gravitazionale (e la sfida più impegnativa) dell’azione di intervento dei Tutor di Miglioramento. Questi necessariamente avrà come priorità e conditio sine qua non quella di mobilitare le risorse interne alla scuola, risvegliare interesse e motivazione al cambiamento e alla partecipazione in tutti gli stakeholder della scuola, progressivamente e in modo adeguato al loro ruolo e responsabilità. Cambiamento e miglioramento scolastico devono poter essere percepiti come un fatto che interessa tutti e ciascuno. Il processo di valutazione esterno altrimenti rimane una sovrastruttura rispetto alla vita reale della scuola, l'autovalutazione secondo il modello proposto da INVALSI rischia di fermarsi a un'ottemperanza formale, o l'intervento dei Tutor si esaurisce nel perseguimento di qualche obiettivo, su un periodo più o meno lungo, che non potrà aver seguito. È invece cruciale che il processo di valutazione, di progettazione del miglioramento e di realizzazione dello stesso avvenga in modo significativo, il più possibile radicato nella motivazione interna dei soggetti che vi partecipano, ai quali vanno prospettati e resi percepibili necessità e vantaggi in termini di aumento di qualificazione professionale, di miglioramento della qualità lavorativa e relazionale, di miglioramento organizzativo e didattico, e, in ultima analisi, di miglioramento della qualità dell’apprendimento degli studenti, qualità qui intesa non solo come alto livello di performance scolastiche, ma anche come motivazione, profondità e senso di partecipazione progettuale al proprio percorso di studi da parte degli studenti. Quali funzioni svolge il Tutor di Miglioramento? Proviamo a sintetizzare alcune funzioni fondamentali che svolgeranno i Tutor di Miglioramento all'interno dello scuola. 1. Innanzitutto, i Tutor svolgono una funzione di mediazione fa sistema ai valutazione esterna e processo di valutazione interno, fra istanze e criteri di qualità nazionali e bisogni e realtà scolastica locale, avvalendosi di riferimenti epistemologici integrati, qualitativi e quantitativi della valutazione, di processo e di prodotto. Le linee-guida del Sistema Nazionale di Valutazione descrivono le logiche di fondo, il framework istituzionale e culturale nel quale si colloca il percorso richiesto alla scuola, propongono un'idea di buona scuola con cui confrontarsi nei processi di autovalutazione e degli indicatori di qualità. I Tutor svolgono un ruolo-ponte tra Istituzione e singola scuola: da un lato conoscono i significati e i valori culturali della valutazione esterna, gli strumenti utilizzati per quest'ultima, la normativa, la logica di fondo dei decisori e dei tecnici che hanno costruito gli indicatori per osservare e misurare i fenomeni in oggetto; dall'altro lato, devono conoscere a fondo la realtà scolastica nella quale operano, che devono aiutare nel lavoro d’interpretazione dei valori culturali proposti delle istituzioni, in modo contestuale e significativo, e di appropriazione di strumenti e metodi di indagine e dati. 2. Una seconda funzione sarà quella di promuovere-rinforzare nella scuola una cultura organizzativa orientata all’apprendimento, alla valutazione-autovalutazione e al miglioramento, condotti in modo partecipato e metodologicamente fondato, in una visione sistemica del contesto scolastico, quale sistema organizzativo, relazionale e didattico-educativo, al cui interno possono essere individuati parecchi sottosistemi variamente intersecati (il sistema classe, il sistema corpo docente, il sistema territoriale e delle famiglie ecc.) che sono in relazione di reciproca influenza. Questi diversi livelli e le loro connessioni molto spesso non vengono considerate nella percezione degli attori scolastici, i quali probabilmente vivono in modo isolato e non organico le azioni didattiche, laddove la considerazione dell'intero sistema, delle relazioni fra le sue diverse parti, e il pensarsi parte di questo sistema, sono premesse indispensabili affinché il cambiamento possa avvenire ed essere reale. 3. Di conseguenza sarà fondamentale un lavoro di mediazione fra i diversi soggetti del sistema (dirigente, insegnanti, studenti, famiglie, personale ATA, enti e organizzazioni della comunità con cui la scuola interagisce e collabora) e di traduzione dei linguaggi espressi dalle diverse prospettive relative a diversi ruoli e interessi, facendo emergere punti di comunanza, differenze e possibilità di accordo e negoziazione. 4. Il lavoro di autovalutazione richiede l'acquisizione di una cultura professionale orientata alla riflessività, alla ricerca e al cambiamento, poggiata sulle due gambe, quella del controllo centralizzato della qualità di processi e prodotti dell’istruzione (dati quantitativi, comparazione degli esiti a livello nazionale e internazionale...) e quella dell’azione riflessiva qualitativa, degli insegnanti, di altri soggetti nella scuola (compresi gli studenti!) o di ricercatori, fermo restando che in nessuno dei due campi si raggiungono verità e principi normativi (cioè evidenze in senso positivistico), ma possibili interpretazioni che vanno verificate nelle relazioni educative. 5. L’intervento dei Tutor si configura poi come un propulsore di una cultura educativa e didattica aggiornata, sia come azione formativa svolta in prima persona, sia come proposta di fonti e soggetti formativi a cui la scuola può rivolgersi. La cultura didattica presente nella scuola si presenta non di rado poco aggiornata e poco sostanziata dalla riflessione scientifico-metodologica, oggi così ricca e stimolante per una revisione dei modelli tradizionali trasmissivi di insegnamento e per un ripensamento radicale del contesto scolastico. I temi e gli sfondi attraverso cui rileggere la didattica sono moltissimi: dalle questioni che interrogano il processo d'insegnamento-apprendimento, i suoi modelli e fasi di progettazione e di valutazione, alle prospettive oggi urgenti della didattica per competenze, della verticalità del curricolo fra cicli scolastici, della qualità del contesto scolastico, della motivazione allo studio e del benessere nella scuola. 6. Infine, la scuola non può oggi cambiare e migliorare restando chiusa nell’isolamento e nell’autoreferenzialità, la necessità imprescindibile del lavoro in rete con altre scuole e con altri enti territoriali aumenta le possibilità di ampliare e raggiungere effettivamente le finalità perseguite in riferimento ad attività didattiche, di ricerca, di sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, ma anche di acquisto di beni e di servizi. La promozione di lavoro in rete rientra nelle funzioni fondamentali del Tutor di Miglioramento, che sollecita la scuola alla collaborazione con soggetti ed esperienze esterni in un’ottica sistemica intenzionalmente orientata, potenziando cosi il processo di valutazione-miglioramento (sinergie con enti nel territorio, con altre scuole).
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