La qualità nell'antichità Il concetto di “qualità” non è statico ma tende ad evolversi con il passare del tempo e con il mutare del mercato e delle esigenze dei clienti. Da quando si è iniziato a parlare di qualità, si è fatta molta strada e l’approccio è cambiato profondamente, così come sono cambiate le norme che ne descrivono l’applicazione. La qualità appare per la prima volta con l’approccio al lavoro di tipo artigianale in cui l’esecutore è, contemporaneamente, produttore e controllore del proprio operato. Ci viene tramandato che, già ai tempi dei Fenici, ci fossero ispettori che mozzavano la mano a chiunque violasse gli standard stabiliti. Nel codice di Hammurabi, intorno al 2150 a.C., si descriveva, invece, come dovessero essere costruite le case e si prescriveva che un muratore che avesse costruito male una casa, dovesse essere addirittura ucciso! La più antica "guida alla qualità", risale, invece, al 1450 a.C. ed è stata scoperta in Egitto. Spiega come è possibile verificare, con l'aiuto di una corda, la perpendicolarità di un blocco di pietra. Il Medioevo E’ col Medioevo e con l’avvento delle Corporazioni, però, che vennero formalizzate per la prima volta le regole che stavano alla base delle modalità di lavoro del “maestro”. Mediante la trasmissione scritta del know-how, si garantì la ripetibilità delle fornitura (concetto fondamentale nell’ambito della qualità) e la preservazione del mestiere. Anche l’apposizione del marchio sui prodotti fu un indice di come la qualità si stesse evolvendo. Un marchio identificava il produttore e ne fissava le responsabilità relativamente alla qualità del prodotto. La prima rivoluzione industriale Con la prima rivoluzione industriale, che ebbe luogo in Gran Bretagna verso la fine del XVIII secolo, ci fu una forte spinta verso un concetto di qualità ancora più formalizzato. In questo periodo si ebbe il passaggio da una produzione artigianale (un’industria domestica molto diversificata che si basava sulle richieste del consumatore, utilizzava manodopera con alta professionalità e accentrava al massimo il potere decisionale) ad una produzione di massa (standardizzata al massimo, basata su manodopera poco specializzata, meno costosa rispetto alla produzione artigianale). Le quantità prodotte aumentarono considerevolmente grazie all’utilizzo dell’energia termica ricavata dal carbone, all’introduzione di nuovi macchinari, alla possibilità di trasportare le merci su rotaia e alla suddivisione del lavoro. In questo tipo di produzione, i risultati qualitativi dipendevano sempre meno dalle capacità dei singoli operatori e sempre di più dalla progettazione e dalla formalizzazione dei processi produttivi. La seconda rivoluzione industriale Con la seconda rivoluzione industriale, che incominciò nel 1890 e fu favorita da innovazioni tecnologiche e dallo sfruttamento dell’energia elettrica, l’industria subì un’ulteriore trasformazione che sfociò in una suddivisione del lavoro sempre più spinta, esasperata in seguito dall’introduzione della catena di montaggio di tipo fordista. La prima guerra mondiale Negli anni che precedono la prima guerra mondiale, le organizzazioni iniziarono a basarsi sull'ispezione e sul collaudo. La "quantità" rimane un obiettivo della produzione mentre la "qualità" viene affidata ad un nuovo ente separato, il Collaudo. Il mercato di quegli anni era caratterizzato da: - volumi bassi - manodopera qualificata - mancanza di standardizzazione Gli anni '20 La qualità nel senso tradizionale del termine inizia a fare capolino negli anni '20, favorita dalla nascita delle prime grandi aziende con modelli organizzativi complessi e dalla necessità di sottoporre le variabili di processo a rigidi controlli per poter far fronte a quantità sempre più elevate a costi sempre inferiori. Questi sono gli anni della nascita dei primi metodi statistici per il controllo della qualità, basati su supporti grafici: le carte di controllo. Il mercato di quegli anni era caratterizzato da: - grandi volumi - manodopera non qualificata - standardizzazione dei processi produttivi Scopo del controllo qualità era quello di garantire la conformità del prodotto, verificando i punti critici della produzione attraverso l'esame dei difetti ripetitivi, con l'obiettivo principale di separare i prodotti conformi da quelli non conformi. Dal 1920 al 1945 Tra il 1920 e il 1945, si sviluppano le tecniche di controllo statistico della qualità dell’output grazie a Gorge D. Edwards e a Walter A. Shewhart. Si introdussero tecniche di controllo sull’intero processo produttivo, non limitandosi più, quindi, a verificare la difettosità dei prodotti solo alla fine del processo dato che i controlli a tappeto su tutti i prodotti stavano iniziando a rivelarsi troppo costosi. Per effettuare questa nuova tipologia di controlli, si fece sempre più ricorso ai criteri statistici. Esaminando pochi prodotti finiti si riusciva a stabilire, mentre si produceva, se il processo presentava delle irregolarità o meno. I controlli basati su criteri statistici ebbero la massima applicazione durante la seconda guerra mondiale, quando per l’industria bellica diventò necessario utilizzare in modo massiccio manodopera femminile non specializzata e soggetta, quindi, ad un margine di errore maggiore. Dopo la seconda guerra mondiale Alla fine della seconda guerra mondiale, si iniziò a parlare di qualità in maniera sistematica grazie al Giappone che dovette trovare uno strumento che gli permettesse di riprendersi dalla profonda crisi economica nella quale si stava dibattendo dopo la sconfitta e che rappresentasse una nuova variabile competitiva. La qualità per i giapponesi divenne uno strumento di rivalsa davanti al mondo. Non si trattava, però, della qualità di prodotti ottenuta secondo i canoni della cultura industriale del tempo ma di una qualità dei processi e della produzione in grado di generare prodotti migliori a costi inferiori. E’ proprio in quegli anni che iniziò a maturare il “modello giapponese”, antitetico rispetto al modello occidentale, che aveva i suoi limiti nella divisione del lavoro e nell’incapacità di soddisfare la variabilità della domanda. Secondo i giapponesi il rispetto delle specifiche tecniche non bastava più, occorreva pensare anche a specifiche organizzative. Iniziò a farsi strada l’idea che le organizzazioni ben strutturate, che attuavano strategie corrette e che applicavano correttamente le procedure, fossero in grado di offrire ai propri clienti un’adeguata confidenza del rispetto di determinate specifiche di prodotto. Cambia l’approccio al problema che passa dall’essere passivo all’essere proattivo e basato non solo sulla rimozione della non qualità ma anche sulla prevenzione degli incidenti attraverso la progettazione e l’applicazione di un Sistema Qualità formale capace di ridurre la possibilità di generare errori. La strada della qualità moderna era stata tracciata. Nel 1945, A. V. Feigenbaum pubblica un articolo in cui descrive la sua esperienza presso la General Electric e l’applicazione del Total Quality Control. Questa è la prima volta in cui vengono associati il concetto di qualità e quello di totalità. Nel 1946 venne fondata la American Society for Quality Control che, in seguito, diventerà la American Society for Quality. Nel 1947 Deming fu chiamato dal Supreme Command for the Allied Powers (SCAP) per aiutare la preparazione del censimento del 1951 in Giappone. Fu così che Deming iniziò a collaborare con i docenti giapponesi di statistica, entrando in contatto con la cultura giapponese. In quegli stessi anni in Giappone nacque la Japanese Union of Scientists and Engineers (JUSE) con lo scopo di promuovere lo sviluppo e la diffusione del controllo della qualità. La JUSE iniziò a studiare le tecniche di controllo statistico sviluppate negli USA durante la guerra e nel 1949 creò il Quality Control Research Group (QCRG) composto, tra gli altri, dal professor Ishikawa. L'assicurazione qualità Negli anni ’50, alcuni settori (aerospaziale, nucleare, petrolchimico, ecc) si chiesero come potessero fare per applicare il concetto di controllo di prodotto, considerando il fatto che per i prodotti di questi settori doveva essere effettuato in tempo reale. La risposta fu quella di affiancare alla specifica tecnica una specifica organizzativa che illustrasse, ad esempio, come qualificare i fornitori, chi dovesse fare cosa, ecc. Era nata così l'Assicurazione Qualità. Per la prima volta si riconosceva che la qualità era il risultato di sforzi congiunti di tutte le funzioni e che ciò che contava era la qualità dei processi aziendali e non più solo quella dei prodotti. Nel 1950 Deming, su invito della JUSE, tornò in Giappone per condurre un seminario di 30 giorni dedicato ai manager delle aziende giapponesi. Deming fu talmente felice di collaborare nella trasmissione dei concetti di qualità a queste persone che non chiese alcuna retribuzione. La risposta fu eccellente: spesso fu addirittura necessario allontanare la gente dall’aula. Deming non riusciva a spiegarsi tanto successo dato che, disse, “...non feci molto di più che spiegare cosa deve fare il management...”. Parlando degli analoghi tentativi fatti negli Stati Uniti, lo stesso Deming disse “...durante corsi di 8 giorni chiedevamo all’azienda di mandarci persone del top management ma quella gente non veniva. Alcuni vennero per un solo pomeriggio. Non impari concetti come questi in un solo pomeriggio. Così il controllo della qualità scomparve dalla cultura americana...”. Nel 1951, quale segno di gratitudine, venne istituito il Premio Deming che, da allora, viene assegnato a chi si è distinto nello studio delle teorie statistiche o alle aziende che abbiano ottenuto risultati evidenti nella loro applicazione. Sempre nel 1951, esce un libro di Feigenbaum dal titolo “TQC” (Total Quality Control). Il Total Quality Control, propone per la prima volta un atteggiamento dell’organizzazione aperto alle esigenze dei clienti e tale da realizzare obiettivi della qualità, attraverso il coinvolgimento dell’intera struttura aziendale con un approccio basato sulla motivazione delle persone e sul miglioramento continuo dell’intera struttura. Nel 1954 un altro studioso americano, il dottor Juran, fu invitato in Giappone a tenere dei seminari nei quali spiegò che il controllo della qualità era uno strumento manageriale, una strategia e che come tale doveva essere visto. Nell’arco di 10 anni il JUSE formò quasi 20.000 ingegneri nell’ambito delle metodologie statistiche. In Giappone iniziò a diffondersi una visione manageriale della qualità, basata sul Controllo statistico e sulla messa a punto dei sette strumenti. E’ di questi anni la prima pubblicazione della rivista Hinshitsu Kanri (Statistical Quality Control) e la trasmissione dei primi corsi radiofonici per la diffusione al grande pubblico dei concetti base del Controllo qualità. La prima norma della qualità Nel 1959 il Dipartimento della Difesa americano emise la prima norma dedicata alla qualità, lo standard militare MIL-Q-9858A "Quality program requirements", primo esempio di normativa che richiedeva un modello organizzativo attinente all'Assicurazione Qualità. Lo standard venne adottato dalla NATO tramite lo sviluppo delle Allied Quality Assurance Publications (AQAP). Queste norme introducono il principio della prevenzione dei difetti in contrapposizione alla loro individuazione e fissano le basi per discutere per la prima volta di “Sistemi Qualità”. La prima campagna dedicata alla qualità Nel 1960 venne varata in Giappone la prima campagna nazionale della qualità e si scelse il mese di novembre come mese della qualità. In quel periodo Deming venne insignito con il Secondo Ordine del Sacro Tesoro. Fu il primo americano a ricevere una tale onorificenza. Nel 1962 nacquero i primi circoli della qualità e si iniziò a parlare di “politiche della qualità”. Nel 1969 venne organizzata a Tokio la prima International Conference on Quality Control. Nel 1970 negli USA, nell’appendice B della legge 10 CFR (Code of Federal Regulation) 50, vennero elencati i 18 criteri di riferimento obbligatori per gli impianti nucleari che diventarono il riferimento per tutte le norme del settore. In questi anni, sulla scia dei 18 principi e seguendo l’obiettivo della standardizzazione, si svilupparono diversi altri standard in tutto il mondo. Tra le tante ricordiamo le norme ANSI americane, le DIN tedesche, le UNI italiane, ecc. Una nuova cultura Negli anni ‘70 Ishikawa favorì lo sviluppo di una nuova cultura che si basò su: - il sostegno del governo, determinante per consentire lo sviluppo di questo tipo di cultura - la promozione effettuata da diverse associazioni (Premio Deming, ecc) - il grande sviluppo dell'attività di normazione e standardizzazione Questa nuova cultura prese il nome di Company Wide Quality Control (nel resto del mondo si chiamerà, invece, Total Quality Control) e fece suoi, tra gli altri, i seguenti principi: - l'azienda non è di pochi ma di molti - bisogna valutare come prima cosa le esigenze dei consumatori - si deve puntare prima alla qualità e dopo al profitto - bisogna prevenire i difetti e i reclami - tutti all'interno dell'organizzazione, vanno formati - nel processo, l'operatore successivo è nostro cliente, bisogna eliminare le barriere - bisogna basarsi sui dati Il Giappone riuscì, puntando sulla qualità dei prodotti e sulla responsabilizzazione dei propri lavoratori, a soppiantare l’egemonia americana, dimostrando che produrre il più possibile senza porre l’accento sugli standard qualitativi, non pagava più. Sono di questi anni le prime evoluzioni dei Sistemi Qualità che possiamo riassumere nei concetti di controllo qualità totale rivolto a tutte le funzioni aziendali e di produzione a zero difetti. Sempre in questi anni inizia a farsi strada il concetto della qualità intesa come soddisfazione del cliente. Il punto di riferimento, per la prima volta, si sposta da chi produce a chi riceve il prodotto, soppiantando il concetto fordista di prodotto standardizzato e aspirando ad un prodotto che abbia un contenuto qualitativo sempre più elevato a prezzi competitivi. Nel 1971 in Giappone nacque la Japanese Society for Quality Control i cui membri si impegnarono a promuovere e a favorire studi e ricerche in tema di controllo qualità e le prime organizzazioni furono valutate e certificate conformi agli standard della Difesa e fu istituito un registro per raccoglierle tutte. Nel 1974 il Giappone, per permettere la produzione anche in un periodo di crisi come quello che fece capo alla crisi petrolifera del 1973, iniziò ad applicare il concetto del just in time e della qualità totale. I lavoratori non si specializzarono più in poche mansioni elementari ma ebbero più mansioni e una capacità di controllo sul processo produttivo. I contatti diretti con la clientela assunsero un ruolo preminente, si cercò di venire incontro alle esigenze dei clienti più che di convincerli a comprare un certo prodotto, abbandonando la concezione di produzione standard. La spinta all’innovazione proveniva dalla base. Le scorte di magazzino vennero abolite e venne introdotta la flessibilità dei processi produttivi. Nel 1979 le British Standards pubblicarono la BS 5750 per i Sistemi Qualità che può essere considerata come la progenitrice delle attuali ISO 9001. Sempre nel 1979 si istituì il comitato tecnico TC 176 che ha il compito, ancora oggi, di aggiornare le norme della serie ISO 9000. La qualità arriva in occidente A partire dagli anni ’80 le prime aziende occidentali, soprattutto quelle americane, iniziarono a rendersi conto dell’importanza dello sviluppo della qualità per il successo di un’organizzazione. Nel 1980 una produttrice televisiva, Clare Crawford-Mason, scoprì Deming e lo fece conoscere al grande pubblico trasmettendo in tv un documentario da titolo “If Japan can…why can’t we?” ("Se il Giappone può...perché noi non possiamo?"). La reazione degli Stati Uniti, in posizione precaria rispetto al colosso giapponese, fu immediata. Deming iniziò a lavorare come non aveva mai fatto prima e società come Ford Motor Company e General Motors chiesero la sua collaborazione. Per la prima volta la qualità non venne vista come un mezzo per risolvere problemi ma come un’opportunità di business. Nel 1983 la Thatcher pronunciò il famoso discorso nel quale sosteneva che la qualità fosse essenziale per il successo dell’industria britannica. Nel frattempo, seguendo l’esempio del Giappone, gli USA impararono a dare il giusto peso alla qualità fino a varare nell’83-’84 un Congresso per promuoverla e a promuovere, nel 1986, un vero e proprio piano qualità per le aziende americane (il piano Baldritch) che prevedeva incentivi economici per le organizzazioni che volevano seguire il percorso della certificazione. E’ sempre negli anni ’80 che vennero emesse a cura dell’ISO le prime norme di riferimento finalizzate alla qualità. Nel 1987, infatti, l’International Organization for Standardization adottò il codice britannico BS 5750 e pubblicò quella che ora è chiamata serie di norme ISO 9000. I premi dedicati alla qualità Nel 1988 negli USA venne istituito il Malcom Baldrige National Quality Award mentre in Europa nacque lo European Quality Award, premi per le aziende di riferimento in ambito qualità. Nel 1989 per la prima volta la macchina più venduta negli USA fu di fabbricazione giapponese: si trattava della Honda Accort. LE NORME Nel ’94 lo standard ISO 9000 venne rivisto e vennero emesse le norme UNI EN ISO 9001:1994, UNI EN ISO 9002:1994, UNI EN ISO 9003:1994 che puntavano l’attenzione sulla garanzia della qualità del prodotto, sulla descrizione dei requisiti che un Sistema Qualità deve avere per raggiungere la qualità e sulla soddisfazione del cliente attraverso la conformità ai requisiti. Il concetto di Assicurazione Qualità venne così formalizzato per la prima volta. Nel 1997 l’ISO decise di raccogliere, a livello mondiale, le impressioni e le esigenze di moltissime aziende per evidenziare i punti di debolezza delle norme esistenti. I punti emersi furono, essenzialmente: la poca adattabilità delle norme ai diversi settori di business e alle diverse dimensioni delle organizzazioni, una famiglia di norme troppo estesa (si parlava di circa una ventina di documenti), una terminologia utilizzata nelle norme che non era chiara, la mancanza dei concetti di autovalutazione e di miglioramento continuo, i settori della vita aziendale che non erano coinvolti tutti in egual misura nel processo di certificazione e, infine, un concetto di processo inteso unicamente come processo produttivo. A seguito di questa indagine, nel 2000 gli standard ISO 9000 vennero rivisti. Con l’emissione della serie UNI EN ISO 9000:2000, nacque la correlazione del concetto di qualità certificata con quello di qualità percepita e della soddisfazione del cliente. Per la prima volta vennero introdotti i concetti di processo, sistema e interazione di processi. In questi anni è in corso una nuova revisione delle norme della qualità. Nel 2008 è stata emessa la nuova versione dello standard: la UNI EN ISO 9001:2008. Per implementare all’interno di un’organizzazione un cambiamento così forte come l’introduzione di un Sistema di Gestione della Qualità, occorre conoscere profondamente la cultura di base dell’azienda cioè i suoi elementi caratterizzanti. Cultura deriva dal latino “colere”, coltivare. La cultura, dunque, altro non è se non la coltivazione dell’uomo. La cultura di un’organizzazione si compone di: • • • • • • • • • • • regole non scritte atteggiamenti, abitudini conoscenze responsabilità modo di guidare le persone senso di appartenenza modi formali e informali di fare le cose valori centri ufficiali e ufficiosi di potere credenze e tabù storia dei successi e degli insuccessi Dopo l’abbandono del concetto di produttività associata all’uomo-macchina, c’è un interesse sempre più crescente nei confronti della cultura aziendale come mezzo per rendere le realtà delle organizzazioni più competitiva e più vivibile per chi vi lavora. L'approccio culturale, poi, è fondamentale per il successo dell’azienda dato che influisce anche sul clima interno. È fondamentale, dunque, monitorare di continuo quanto la cultura aziendale della nostra organizzazione sia coerente con le strategie di business che abbiamo deciso di fare nostre, compresa quella di implementare un Sistema di gestione. Un Sistema di Gestione della Qualità è l’insieme di tutte le attività collegate e interdipendenti che influenzano la Qualità di un prodotto o di un servizio. Il Sistema di Gestione della Qualità è costituito da: • • • • • • • • • una struttura organizzativa i processi le responsabilità le procedure le risorse persone che sanno cosa fare persone che sanno come farlo persone che hanno i mezzi per farlo persone motivate a farlo perché hanno un obiettivo comune Un Sistema di Gestione della Qualità, come detto in precedenza, si costruisce mediante un grosso cambiamento e un grosso sforzo culturale. La fasi per progettarlo sono: • • • • • • • • • • • • • • • • • individuare chiaramente cosa vogliamo ottenere dall’implementazione della Qualità nella nostra organizzazione (politica della Qualità e obiettivi) identificare le esigenze e le aspettative dei clienti ottenere il supporto fattivo del vertice aziendale che, se viene a mancare, porta, inesorabilmente, al naufragio del progetto. Senza buoni leader non si ottiene Qualità pianificare al meglio il progetto definendo le politiche alla base della sua implementazione e formalizzando le scadenze delle diverse fasi e le priorità conoscere i requisiti della Qualità e comprenderli pienamente, a tutti i livelli pubblicizzare il progetto all’interno dell’organizzazione coinvolgere nel progetto persone in gamba che possano essere sfruttate al meglio in base alle loro peculiarità costruire il clima giusto perché i principi della Qualità vengano correttamente recepiti. Nel nostro ambiente di lavoro dovranno esserci buona comunicazione, rispetto per il lavoro degli altri e persone motivate fornire tutte le risorse necessarie (materiali, macchinari, ecc) individuare chiaramente le responsabilità e le autorità di ognuno fornire la formazione necessaria anche per decentrare le responsabilità descrivere i processi, la sequenza di attività individuare gli indicatori più adatti a mantenere monitorato il nostro sistema raccogliere i dati relativi al funzionamento del sistema portare a règime i processi redigere la documentazione necessaria al buon funzionamento del sistema eseguire quanto stabilito registrare quanto effettuato e comunicare nella maniera corretta i progressi fatti e le aree ancora da migliorare • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • verificare i processi a fronte degli obiettivi pianificati mediante misurazioni, audit, riesami della Direzione, ecc identificare eventuali gap rispetto alla norma di riferimento e rispetto agli obiettivi posti istituire dei sistemi di feedback che permettano ai clienti di comunicarci eventuali aree di ulteriore miglioramento prendere decisioni in base ai dati raccolti osservare la concorrenza e cercare di individuare idee per il miglioramento scegliere l’organismo certificatore che ci dovrà accompagnare nel nostro percorso lungo il sentiero della Qualità sottoporre il nostro Sistema Qualità all’esame documentale dell’ente ed intraprendere azioni correttive se vengono segnalate imprecisioni/incongruenze pianificare con l’ente la visita ispettiva sottoporsi alla verifica su campo colmare eventuali gap rilevati una volta ottenuto il certificato, effettuare periodiche visite di sorveglianza I compiti principali degli organismi di normazione sono: 1) trovare soluzioni a problemi che si ripetono in diversi settori di attività 2) identificare chiaramente i requisiti e indicarli negli standard di riferimento sviluppati, diffondendoli mediante pubblicazione 3) offrire un riferimento per quanto riguarda l’unificazione dei prodotti, la terminologia e la simbologia utilizzate, le metodologie di misurazione e monitoraggio, ecc 4) costituire un supporto continuo per migliorare l’efficacia e l’efficienza del lavoro 5) salvaguardare gli interessi delle parti interessate deboli QUALI SONO GLI ORGANISMI DI NORMAZIONE? Gli organismi di normazione si dividono in: 1) organismi sopranazionali: ad es. l’ISO, l’IEC e l’ITU-T 2) organismi europei: ad es. il CENELEC 3) organismi nazionali: per l’Italia l’UNI, il CEI ISO L’ISO è l’organismo leader nel mondo per lo sviluppo di standard. Emette standard volontari per tutti i campi tecnici tranne per quelli elettrico ed elettronico che sono coperti da IEC e quello dell’information technology che è coperto da ITU-T. Per quanto riguarda il mondo della qualità, l’ISO sviluppa gli standard di riferimento per le organizzazioni che vogliono certificarsi. UNI L’UNI svolge attività normativa in tutti i campi tranne quello elettrico ed elettronico coperti dal CEI. CASCO E’ il comitato ISO per lo sviluppo delle politiche sulla conformità, studia, cioè, le metodologie utilizzate dagli organismi accreditati per verificare la conformità dei Sistemi di gestione della qualità alla norma di riferimento. Non emette standard ma ha il compito di scrivere e promuovere linee guida per condurre le verifiche ispettive presso le organizzazioni che vogliono certificarsi. IAF Lo IAF ha il compito di standardizzare le attività e le metodologie degli organismi di accreditamento. Lo scopo è quello di assicurare che tutti gli enti di accreditamento nel mondo lavorino secondo metodologie comuni. Non emette standard ma linee guida relative all’implementazione degli standard. La norma UNI EN ISO 9001:2008 ha una struttura che si basa su: 5 CAPITOLI che identificano i macroprocessi e contengono i requisiti da soddisfare 8 PRINCIPI BASE (vd. punto 4.3 della UNI EN ISO 9004:2000) 51 REQUISITI 4 TIPOLOGIE DI DOCUMENTAZIONE DI TIPO COGENTE • • • • Politica della Qualità Manuale della Qualità Procedure Registrazioni 6 PROCEDURE DOCUMENTATE RELATIVE A 6 REQUISITI • • • • • • controllo dei documenti controllo delle registrazioni audit interni controllo delle non conformità azioni correttive azioni preventive 20 REGISTRAZIONI • • • • • • • • • • • • • • • • riesame da parte della Direzione (5.6.1) competenza e addestramento del personale (6.2.2 e) conformità dei processi e dei relativi prodotti (7.1 d) riesame dei requisiti relativi al prodotto (7.2.2) input della progettazione (7.3.2) riesame della progettazione (7.3.4) verifica della progettazione (7.3.5) validazione della progettazione (7.3.6) risultati del riesame della modifica della progettazione (7.3.7) valutazione dei fornitori (7.4.1) eventuale validazione dei processi (7.5.2 d) identificazione univoca del prodotto/servizio e, se richiesta, rintracciabilità (7.5.3) proprietà dei clienti (7.5.4) taratura degli strumenti (7.6 a) validità dei risultati misurati se le apparecchiature sono riscontrate come non idonee (7.6) verifiche ispettive interne (8.2.2) • • • • • • • • • • • evidenza della conformità dei prodotti e indicazione di chi effettua il rilascio (8.2.4) prodotti non conformi (8.3) azioni correttive (8.5.2) azioni preventive (8.5.3) Per ottenere la certificazione ISO 9001 occorre, prima di tutto, fare il punto sulla situazione e stabilire, lista di riscontro alla mano, a che punto è la gestione della Qualità nella nostra organizzazione. Spesso, infatti, esistono Sistemi Qualità non formalizzati che - pur non rispettando tutti i requisiti della norma - permettono già una buona gestione delle attività. Il nostro lavoro sarà quello di vedere quanti requisiti sono già soddisfatti adeguatamente e quanti, invece, devono ancora essere implementati. Dedicheremo, poi, la seconda fase ad uno studio approfondito della famiglia di norme ISO 9000 per imparare come implementare a dovere un sistema certificato secondo la ISO 9001. Nel terzo step stabiliremo quali macro-obiettivi della Qualità vogliamo soddisfare. Questi macro-obiettivi verranno, poi, suddivisi in obiettivi più piccoli nel nostro quarto step e affidati alle persone che saranno responsabili della loro implementazione. La fase cinque consiste nell'iniziare a creare il nostro Sistema Qualità conforme alla norma ISO 9001. Se, poi, il settore della nostra organizzazione è particolare (automotive, dispositivi medicali, agroa-alimentare, ecc.) potremo studiare le norme di settore specifiche e decidere di indirizzare la nostra certificazione verso i requisiti integrativi in esse riportate. Questa sarà la nostra sesta fase del processo di implementazione di un Sistema Qualità. Come settimo step del nostro viaggio verso la Qualità occorre effettuare un audit interno per valutare se il Sistema Qualità impostato soddisfi o meno i requisiti della norma (o delle norme) di riferimento. Nel punto otto sceglieremo e contatteremo l'ente certificatore che (punto nove) effettuerà una verifica ispettiva di terza parte per certificarci. Termineremo i nostri 10 punti effettuando un monitoraggio continuo sul sistema e implementando costantemente azioni di miglioramento tese a per migliorarne l'efficacia e l'efficienza. Molti ci hanno scritto e continuano a scriverci chiedendoci cosa bisogna fare esattamente per portare alla certificazione ISO 9001 un'organizzazione. Per questo motivo, pur avendo già raccolto nel sito una sezione e due Approfondimenti (il primo e il secondo) che parlano proprio di questo, ci siamo decisi a dedicare all'argomento un nuovo articolo per completare la visione del processo da tutti i punti di vista. Partiamo dalla definizione di standard ISO 9001 che può essere sintetizzata in tre punti ben precisi: • • • controllo su ciò che succede all'interno dell'organizzazione chiarezza delle informazioni che circolano in azienda controllo totale sui processi interni Aggiungiamo, inoltre, che l'implementazione di un Sistema di Gestione per la Qualità certificato ISO 9001 sarà in grado di darvi le risposte alle domande alle quali nessuno nella vostra organizzazione è ancora riuscito a rispondere. In questo Approfondimento vi presenteremo alcune soluzioni differenti per avviare il processo di certificazione ma prima di incominciare vogliamo portare alla vostra attenzione un dettaglio che spesso viene definito come trascurabile ma che, invece, è di un'importanza fondamentale: il certificato ISO 9001 è una sorta di "ricompensa" che riceverete al termine dell'iter di certificazione se avrete lavorato bene ma non è questo pezzo di carta che vi farà crescere e migliorare, bensì tutto il lavoro che avrete fatto prima e quello che continuerete a fare una volta certificati. In altre parole, non impostate un lavoro del genere solo per la certificazione. Se scegliete di implementare un Sistema di Gestione per la Qualità che si accordi con la ISO 9001, cercate di tirare fuori il massimo dalla vostra organizzazione. Implementare lo standard ISO è una decisione strategica. Questo progetto, però, è meno accuratamente misurabile rispetto all'implementazione di un nuovo prodotto o di un nuovo servizio o all'utilizzo di un nuovo macchinario su una linea di produzione. Gli output del progetto non si manifestano, infatti, con la crescita delle vendite, con la fine di un'installazione o con la consegna della merce al cliente. Solo dopo un certo periodo di tempo si inizierà a vedere la differenza tra il prima e il dopo e a capire che un'impostazione per processi porta ordine all'interno di un'organizzazione. E' fondamentale comprendere, dunque, che il processo di implementazione della norma ISO 9001 non è qualcosa che si fa nel giro di pochi giorni e che richiede un'applicazione continua. Partiamo dalla definizione di standard ISO 9001 che può essere sintetizzata in tre punti ben precisi: • • • controllo su ciò che succede all'interno dell'organizzazione chiarezza delle informazioni che circolano in azienda controllo totale sui processi interni Aggiungiamo, inoltre, che l'implementazione di un Sistema di Gestione per la Qualità certificato ISO 9001 sarà in grado di darvi le risposte alle domande alle quali nessuno nella vostra organizzazione è ancora riuscito a rispondere. In questo Approfondimento vi presenteremo alcune soluzioni differenti per avviare il processo di certificazione ma prima di incominciare vogliamo portare alla vostra attenzione un dettaglio che spesso viene definito come trascurabile ma che, invece, è di un'importanza fondamentale: il certificato ISO 9001 è una sorta di "ricompensa" che riceverete al termine dell'iter di certificazione se avrete lavorato bene ma non è questo pezzo di carta che vi farà crescere e migliorare, bensì tutto il lavoro che avrete fatto prima e quello che continuerete a fare una volta certificati. In altre parole, non impostate un lavoro del genere solo per la certificazione. Se scegliete di implementare un Sistema di Gestione per la Qualità che si accordi con la ISO 9001, cercate di tirare fuori il massimo dalla vostra organizzazione. Implementare lo standard ISO è una decisione strategica. Questo progetto, però, è meno accuratamente misurabile rispetto all'implementazione di un nuovo prodotto o di un nuovo servizio o all'utilizzo di un nuovo macchinario su una linea di produzione. Gli output del progetto non si manifestano, infatti, con la crescita delle vendite, con la fine di un'installazione o con la consegna della merce al cliente. Solo dopo un certo periodo di tempo si inizierà a vedere la differenza tra il prima e il dopo e a capire che un'impostazione per processi porta ordine all'interno di un'organizzazione. E' fondamentale comprendere, dunque, che il processo di implementazione della norma ISO 9001 non è qualcosa che si fa nel giro di pochi giorni e che richiede un'applicazione continua. La norma ISO 9001, in un certo senso, si prende cura di noi e del nostro lavoro. Lo fa da diverse angolazioni, ad esempio dandoci validi suggerimenti per la gestione dei nostri documenti della Qualità. Partiamo ricordando il requisito principe che bisogna rispettare, secondo la ISO 9001, relativamente alla gestione della documentazione: tenere traccia di tutto ciò che abbia un'influenza diretta o indiretta sulla Qualità. Agire in questo modo, però, non basta ancora. la norma, infatti, si preoccupa anche di non farci fare confusione e ci chiede di distinguere i documenti che arrivano da diverse fonti. In poche parole, occorre che la gestione documentale sia controllata. Per controllare i nostri documenti, però, occorre avere un metodo. Questa metodologia o procedura, che dovremo ideare e rispettare, è una delle sei procedure della Qualità che la norma considera obbligatorie e prende il nome di "Controllo dei documenti". In questa procedura occorrerà considerare i seguenti punti: • • Tipologie di documenti Prima di tutto bisogna decidere e definire quali documenti verranno inclusi e coperti da questa procedura. I documenti possono essere di tipologie diverse: procedure semplici, istruzioni di lavoro dettagliate, diagrammi di flusso, specifiche tecniche, listini prezzi, ecc. Per non cadere, però, nell'equivoco di avere troppa carta da gestire in questo modo, chiariamo da subito cosa si intenda per documento. Si definisce come documento la comunicazione di informazioni, un'evidenza oggettiva che faccia risaltare una corrispondenza o, al contrario, una mancata corrispondenza, la condivisione per iscritto di conoscenze, qualunque foglio approvato che abiliti a compiere una certa azione e altre cose che possano essere ricondotte a questi esempi. Qualcuno poi, all'interno dell'organizzazione, dovrà vigilare sull'intero sistema documentale in modo da garantire che tutti i documenti siano adatti all'uso che se ne deve fare e siano stati, quindi, autorizzati alla diffusione. Lo scopo di tutto questo è quello di prevenire ogni danno che possa derivare dall'utilizzo di documenti errati o di informazioni che non sono arrivate alle persone giuste. Per questo motivo occorre definire chi autorizzerà l'emissione di un singolo documento, in quali casi esso andrà approvato e da chi. Chi sarà, dunque, il responsabile? Ovviamente la stessa persona che è responsabile delle informazioni contenute nel documento. La cosa più giusta sarebbe addirittura quella di far rientrare all'interno di una job description anche questo tipo di attività in modo che non ci siano dubbi relativamente a chi deve fare che cosa. Ci saranno, poi, situazioni in cui un documento andrà approvato da più di una funzione e questo capiterà ogni volta che un singolo documento andrà a toccare più di un processo coinvolgendo, di conseguenza, più di un proprietario di processo. Aggiornamento dei documenti Quando viene rispettato, questo requisito assicura che l'ultima versione del documento sia sempre quella in uso e che non venga utilizzata, invece, una versione del documento diventata obsoleta. Chiarito questo, andrà definito un metodo per mantenere i documenti aggiornati e per eliminare le versioni superate. Come si fa, ad esempio, a sapere qual è la versione giusta di una procedura? Come faccio a sapere se quello che sto leggendo è l'ultimo aggiornamento del documento in questione? Di solito le organizzazioni risolvono facilmente il problema gestendo una lista sulla quale vengono riportati tutti i documenti gestiti dal Sistema per la Qualità aziendale insieme ad un • • • chiaro riferimento dei loro aggiornamenti. In questo modo ogni lavoratore che si troverà ad utilizzare un certo documento sarà sicuro di consultare l'ultima versione disponibile dello stesso. Naturalmente non dimenticate mai di ufficializzare il metodolo gestionale che avrete scelto. Non basta lavorare bene, infatti, bisogna che sia chiaro a tutti come procedere. Per essere completa, la gestione degli aggiornamenti dei documenti deve includere: la data dell'ultimo aggiornamento, le ragioni dell'aggiornamento, la funzione che ha richiesto l'aggiornamento e la funzione che l'ha autorizzato. Sebbene la norma ISO 9001 non richieda tutte queste cose in maniera specifica, vi sarà di grande aiuto gestire la documentazione in questo modo. Disponibilità e distribuzione dei documenti Parlando di disponibilità e distribuzione dei documenti, stiamo toccando la seconda parte dell'ultimo requisito della ISO 9001 relativo alla documentazione. Per definire la disponibilità e le modalità di distribuzione dei documenti occorre impostare un'autorizzazione all'utilizzo. Bisogna, cioè, stabilire chi è abilitato ad utilizzare una certa procedura o chi è autorizzato a consultare una certa raccolta di documenti aziendali. In base a questo si deciderà poi la localizzazione, fisica o virtuale, dei documenti di supporto. Identificazione dei documenti Ogni documento (interno od esterno) deve essere ben identificato. I documenti avranno, dunque, un nome, un numero identificativo ed, eventualmente un altro numero che ne definisca la loro posizione gerarchica all'interno di un sottogruppo (ad esempio procedure o istruzioni di lavoro). Prima di iniziare a produrre la nostra documentazione, dunque, occorrerà avere le idee ben chiare in merito alla definizione della struttura in base alla quale vogliamo impostare l'archiviazione cioè, in poche parole, una vera e propria metodologia per la gestione della documentazione. In quest'ottica andrà anche indicata la localizzazione di ogni gruppo di documenti, interni od esterni che siano. Ad esempio, tutti i documenti dei clienti saranno raccolti in apposite cartelline in ordine alfabetico poste in una certa stanza o, meglio ancora, digitalizzati e raccolti in appositi archivi elettronici, disponibili a persone ben individuate. Eliminazione dei documenti La norma richiede anche di gestire le copie del documento che risultano obsolete. Ma come gestirle? Vanno distrutte, archiviate o cos'altro? Se esuliamo dai termini di legge che stabiliscono, ad esempio, quanto a lungo mantenere gli archivi dei contratti, delle fatture e di altri documenti specifici, sta a noi decidere se e come archiviare i documenti obsoleti. Come sempre, occorrerà spiegare cosa abbiamo deciso e formalizzarlo esattamente come dovremo definire in quale modo ci disfiamo dei documenti non più aggiornati o diventati inutili perché sono cambiati i processi di riferimento. Ad esempio si potrà stabilire che i vecchi documenti vengano spostati dal server sul quale risiedono ad un altro che mantiene archivi datati o che il cartaceo venga rimosso dalle postazioni di lavoro. CAP 4 Già dal titolo di questo quarto capitolo, il primo in cui ci vengono riportati i requisiti da soddisfare per ottenere la certificazione, si capisce che occorre puntare l’attenzione sul fatto che la qualità va “gestita” e non più solo “assicurata”. Gestire significa coordinare ed integrare le risorse attraverso un’efficace pianificazione, organizzazione, coordinamento e controllo per raggiungere obiettivi comuni. Se la qualità deve essere gestita, è ovvio che debba essere affidata a chi, all’interno dell’organizzazione, gestisce anche le altre cose, cioè ai vertici (Proprietà, Consiglio d’Amministrazione, Direzione, ecc). Non bisogna, però, incorrere nell’errore di una qualità imposta dall’alto, priva del coinvolgimento delle persone appartenenti ai livelli più bassi dell’azienda. Il gruppo direzionale avrà, sì, il compito di pilotare e guidare il Sistema di Gestione della Qualità ma la qualità dovrà diventare un compito quotidiano per tutti. Un prodotto o un servizio, infatti, non viene venduto solo dall’Ufficio Commerciale ma anche dalla receptionist che parla con il cliente, dal Servizio Postvendita che risponde alle sue domande, dai magazzinieri che lo imballeranno correttamente, ecc. I requisiti del capitolo 4 riguardano, in particolare, la documentazione di supporto al Sistema di Gestione della Qualità. In ultimo ricordiamo che stiamo parlando di un Sistema di Gestione della Qualità e che un sistema come sosteneva Deming, deve avere uno scopo e deve essere in grado di creare risultati. Per gestire davvero un sistema occorre conoscere le interrelazioni tra i diversi elementi che lo compongono e le persone che lavorano al suo interno. 4.1 Questo punto della norma riflette in pieno il principio dell’approccio sistemico e dell’approccio per processi. Il Sistema di Gestione della Qualità va progettato, implementato, documentato, mantenuto aggiornato e migliorato di continuo in termini di efficacia, secondo i requisiti espressi nella norma UNI EN ISO 9001:2008. Tale sistema, che diventerà il riferimento per l’organizzazione e l’espressione della sua volontà gestionale e realizzativa, dovrà servire a gestire i processi dell’organizzazione. Questo requisito è un po’ la summa dei temi principali trattati nello standard. Tutti i contenuti, infatti, saranno ripresi e sviluppati nei punti successivi. Il Sistema di Gestione della Qualità va: 1) progettato: - occorre identificare e descrivere mediante un flusso i processi e le loro interazioni. Si può partire dai flussi più legati al core business della nostra organizzazione (processi primari) per poi passare a quelli necessari per assicurare la qualità (processi secondari o di supporto). Si deve stabilire “cosa si fa”, “chi lo fa”, “quando lo si fa” e “perché lo si fa”.V Per ogni processo vanno individuati: - il nome (che dovrà identificarne chiaramente lo scopo) - le singole attività che lo compongono - gli obiettivi - il proprietario di processo - il team di lavoro - le risorse necessarie al suo funzionamento (uomini, soldi, strumenti, informazioni, ecc) - le interfacce con gli altri processi - eventuali vincoli (legislativi, normativi, ecc) - le registrazioni necessarie - i clienti - le esigenze e le aspettative dei nostri clienti da trasformare in requisiti - i fornitori - le nostre esigenze ed aspettative da trasformare in requisiti da trasferire ai nostri fornitori - gli input - gli output - le metodologie e i criteri di gestione - le misurazioni, i monitoraggi da compiere e gli indicatori - i risultati attesi - tutte le informazioni necessarie al buon funzionamento del processo 2) implementato: - il processo va mappato, stabilendo anche quali parti del sistema informativo tocca. L’ideale è rappresentare ogni processo con un diagramma di flusso 3) documentato: - il Sistema di Gestione della Qualità interagisce con il personale interno, con i clienti, con i fornitori, con il management, con gli auditor, con l’organismo di certificazione, per questo va documentato. vanno preparati tutti i documenti necessari per la gestione del processo (procedure, istruzioni di lavoro, moduli, ecc) 4) mantenuto aggiornato: - il Sistema di Gestione della Qualità deve essere dinamico per soddisfare con continuità le esigenze dei clienti nel tempo e per battere nel tempo la concorrenza, per questo il processo, durante il suo utilizzo, va controllato attraverso il monitoraggio effettuato tramite la raccolta degli indicatori, gli audit interni ed esterni, la raccolta dati, ecc. e mantenuto aggiornato in maniera continua. 5) migliorato: - occorre stabilire i criteri per assicurare l’efficacia dei processi e per mantenerli monitorati identificando eventuali spunti di miglioramento. Dobbiamo decidere quando consideriamo efficace un processo e quando no, fissando gli opportuni obiettivi di miglioramento. Questo punto della norma non contiene alcun requisito nuovo rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 ma dà un’enfasi maggiore al miglioramento continuo e richiede che i processi affidati all’esterno (in outsourcing) che abbiano effetti sulla conformità del prodotto, siano mantenuti sotto controllo da parte dell’organizzazione. I processi affidati in outsourcing, dunque,devono essere pianificati ed evidenziati all’interno del Sistema di Gestione della Qualità e per loro devono esistere dei criteri di controllo e di accettazione. Nel caso in cui si tratti di processi speciali devono essere definite le modalità di validazione. I processi affidati in outsourcing possono essere mantenuti sotto controllo in due modi: 1) se l’organizzazione ha le competenze per effettuare direttamente i controlli, effettuerà audit e verifiche presso il fornitore 2) se l’organizzazione non ha le competenze per effettuare direttamente i controlli, occorrerà affidarsi ad uno specialista che effettui la supervisione sull’operato del fornitore o verificare le referenze del fornitore relativamente a lavorazioni similari già effettuate in passato. Gli altri punti della norma che sono correlati alla gestione dei processi in outsourcing sono: - 4.2 Requisiti relativi alla documentazione - 7.4 Approvvigionamento - 8.2.3 Monitoraggio dei processi Prendendo come riferimento il ciclo PDCA, questo requisito si colloca a cavallo delle fasi di PlanDo (Pianificazione-Esecuzione). Rispetto alla versione precedente del 2000, si fa chiarezza sul controllo richiesto per i processi dati in outsourcing. La nota presente nell'attuale edizione è stata ampliata integrando nell'elenco dei processi necessari per il SGQ anche quelli per l'analisi e il miglioramento. Sono state aggiunte due nuove note: nella prima si specifica che un processo in outsourcing è un processo necessario per il SGQ dell'organizzazione ma che, per scelta, viene affidato all'esterno; nella seconda nota ci viene ricordato che la tipologia e la natura del controllo da applicare ai processi in outsourcing può essere influenzato da molti fattori quali, ad esempio: l'impatto potenziale del processo sulla capacità dell'organizzazione di fornire prodotti conformi, l'estensione della condivisione del controllo sul processo in oggetto, la capacità di controllare a sufficienza il processo applicando il punto 7.4. Questo è il secondo importante cambiamento operato nel passaggio dalla norma ISO 9001:2000 alla nuova ISO 9001:2008. 4.2.1 Il Sistema di Gestione della Qualità, per essere in grado di descrivere e controllare i processi e al fine di soddisfare le esigenze dei clienti, deve essere documentato. I documenti che lo descrivono dovranno essere semplici, chiari, leggibili, accessibili e completi (manuale, procedure, istruzioni, diagrammi di flusso), dichiarazioni (politica della qualità), specifiche (disegni, ecc) e registrazioni che descrivano esaurientemente il sistema. Il fatto che nella UNI EN ISO 9001:2008 ci sia meno enfasi relativamente alla documentazione, non significa che le organizzazioni abbiano bisogno di meno documenti per descrivere i loro sistemi di gestione ma solo che sono loro a decidere esattamente quello di cui hanno bisogno. Le funzioni di un documento sono molteplici: - trasferire informazioni - evidenziare una conformità - condividere e salvaguardare le conoscenze - formalizzare le regole che l'organizzazione si è data - ricostruire ciò che è successo in passato - essere di supporto nella formazione di neo-assunti per un rapido processo di inserimento all’interno dell’organizzazione La documentazione può avere qualunque forma (ad es. diagrammi di flusso, fotografie, manuali, ecc), può essere approntata su qualunque tipo di supporto (cartaceo, elettronico, ecc) e può essere estesa ed esauriente a seconda della dimensione dell’organico dell’organizzazione stessa, delle attività che si trova a gestire e della competenza del suo personale. I documenti di supporto al Sistema di Gestione della Qualità dovranno comprendere: 1) la poltica della qualità che può essere anche inclusa nel Manuale della Qualità e che non è altro che l’esplicitazione dello scopo finale dell’organizzazione. La politica della qualità è lo strumento mediante il quale l’organizzazione identifica l’immagine che vuole dare di sé, diffonde i suoi macro-obiettivi e comunica la qualità. Serve per consentire a chiunque all’interno dell’organizzazione di indirizzare le proprie scelte in linea con la volontà della Direzione. La politica della qualità dovrebbe essere costruita partendo dall’esame dei principi ai quali si ispira l’organizzazione, dalle intenzioni e dalle aspettative dei vertici, dall’idea di cosa si vuole rappresentare nel mercato di riferimento e di come si vuole porsi nei confronti della società, ecc 2) gli obiettivi della qualità che possono essere inclusi nel Manuale della Qualità e che, insieme alla politica, rappresentano una guida per l’organizzazione, fornendo un indirizzo comune in merito a come utilizzare le risorse, quali risultati raggiungere e a come misurarli 3) il Manuale della Qualità che è la carta di identità dell’organizzazione e che rappresenta la chiave di lettura del suo sistema di gestione. Deve presentare l’organizzazione, le sue attività e, soprattutto, richiamare i processi del sistema e le reciproche interazioni 4) le sei procedure richieste dalla norma (controllo dei documenti, controllo delle registrazioni, audit interni, controllo delle non conformità, azioni correttive, azioni preventive) e tutte quelle necessarie all’organizzazione per gestire le attività legate alla qualità, comprese eventuali istruzioni di lavoro o moduli. Le procedure servono per descrivere i processi delle’organizzazione e per chiarire le responsabilità relativamente ad un gruppo di attività, stabilendo le mansioni di ognuno 5) eventualmente, le istruzioni di lavoro, se è necessario descrivere in modo dettagliato il miglior modo possibile di svolgere una determinata attività, un lavoro o un compito 6) tutti i documenti utilizzati per pianificare e per far funzionare e per controllare i processi (come ad es. disegni e calcoli tecnici, specifiche, cicli di lavorazione , piani della qualità, piani di fabbricazione, piani di collaudo, la lista dei fornitori qualificati, le evidenze relative alla formazione dei collaboratori, schede macchina, manuali d’uso, cataloghi, listini, report, le specifiche del cliente, i contratti e gli ordini, le norme e i regolamenti cogenti, ecc) 7) le registrazioni richieste dalla norma e che servono a dimostrare la corretta attuazione di un’attività. Se qualcosa in ambito qualità non è stato registrato è come se non fosse mai accaduto. Le registrazioni richieste dalla norma sono quelle relative a: - riesame da parte della Direzione (5.6.1) - competenza e addestramento del personale (6.2.2 e) - conformità dei processi e dei relativi prodotti (7.1 d) - riesame dei requisiti relativi al prodotto (7.2.2) - input della progettazione (7.3.2) - riesame della progettazione (7.3.4) - verifica della progettazione (7.3.5) - validazione della progettazione (7.3.6) - risultati del riesame della modifica della progettazione (7.3.7) - valutazione dei fornitori (7.4.1) - eventuale validazione dei processi (7.5.2 d) - identificazione univoca del prodotto/servizio e, se richiesta, rintracciabilità (7.5.3) - proprietà dei clienti (7.5.4) - taratura degli strumenti (7.6 a) - validità dei risultati misurati se le apparecchiature sono riscontrate come non idonee (7.6) - verifiche ispettive interne (8.2.2) - evidenza della conformità dei prodotti e indicazione di chi effettua il rilascio (8.2.4) - prodotti non conformi (8.3) - azioni correttive (8.5.2) - azioni preventive (8.5.3) Nei documenti andrà descritto cosa si vuole fare, chi lo deve fare, quando, come, con quali strumenti e quale documentazione si intende utilizzare per verificare che le attività siano state svolte secondo i requisiti stabiliti. In questo punto della norma non vengono presentati requisiti nuovi ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994, si richiede la redazione obbligatoria di solo sei procedure. Il concetto importante che traspare da questa nuova versione della norma, però, è che la documentazione deve assicurare la pianificazione, il funzionamento e il controllo dei processi. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan-Do (PianificazioneEsecuzione). Rispetto alla versione precedente del 2000, la Nota 1 viene ampliata precisando che un singolo documento può includere il soddisfacimento di più requisiti e, viceversa, che un singolo requisito può essere soddisfatto in più documenti. 4.2.2. Le organizzazioni devono redigere e mantenere sempre aggiornato un Manuale della Qualità che descriva il loro sistema e che rappresenti una sorta di "mappa stradale" per tutti i collaboratori, utile anche per una loro prima formazione-informazione. Il manuale dovrà mostrare su quali processi si basa l’organizzazione per effettuare il proprio business e per fornire ai clienti gli output richiesti e come questi processi si interfacciano tra loro. Attraverso il manuale, le organizzazioni potranno comunicare la loro vision, i valori nei quali credono, la mission, la politica, gli obiettivi e la conformità alle cogenze, alle norme e alle regole del proprio settore di business. Questo documento potrà essere redatto come meglio credono le singole organizzazioni, ad esempio riproducendo la struttura la norma, oppure raggruppando i requisiti da rispettare secondo lo svolgimento delle fasi del ciclo PDCA o, ancora, seguendo il flusso delle attività interne. In ogni caso, però, dovrà contenere i seguenti elementi: 1) il campo di applicazione del Sistema di Gestione della Qualità, i riferimenti e le spiegazioni per ogni eventuale esclusione dei requisiti del capitolo 7 2) le procedure utilizzate dall’organizzazione o un chiaro riferimento ad esse 3) la descrizione delle interazioni tra i diversi processi che compongono il sistema I requisiti illustrati in questo punto della norma non sono nuovi ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994, si richiede di identificare e di riportare nel Manuale della qualità ogni esclusione dei requisiti del capitolo 7 e di descrivere, al suo interno i processi dell’organizzazione. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan-Do (PianificazioneEsecuzione). 4.2.3. L’intento di questo punto della norma, è quello di assicurare che tutti, all’interno dell’organizzazione, abbiano accesso ai documenti e che li utilizzino nella loro ultima versione. Tutti i documenti del Sistema di Gestione della Qualità (il manuale, le procedure, le istruzioni di lavoro, i piani della qualità, i moduli, le registrazioni, i disegni ed i calcoli tecnici, le specifiche, i cicli di lavorazione, i piani di fabbricazione, i piani di collaudo, la lista dei fornitori qualificati, le evidenze relative alla formazione dei collaboratori, le schede macchina, i manuali d’uso, i cataloghi, i listini, report, le specifiche del cliente, i contratti e gli ordini, le norme e i regolamenti cogenti, ecc) vanno mantenuti sotto controllo, ad esempio mediante l’applicazione di una lista che contenga tutti i riferimenti ad essi e tutte le informazioni necessarie per una loro corretta gestione. Un controllo della documentazione è necessario perché: - tutti i documenti riflettano lo scopo dell’organizzazione - non vengano sprecate risorse distribuendo informazioni che non sono utili - le persone abbiano accesso a tutte le informazioni necessarie per poter svolgere al meglio il loro lavoro - le informazioni utili siano sempre aggiornate e disponibili - le informazioni utili siano adeguatamente conservate La norma ci chiede in questo punto che venga approntata la prima delle sei procedure richieste che dovrà stabilire come: 1) si dovrà svolgere l’iter di approvazione dei documenti prima della loro emissione perché non vengano emessi documenti inadeguati (chi decide che serve un nuovo documento? Come viene pianificata la sua creazione? Chi lo prepara? Quali criteri esistono per la redazione di un documento? Esiste uno standard di riferimento? Quali criteri esistono relativamente alle limitazioni nell’utilizzo di un documento? Secondo quali criteri viene identificato il documento? Chi verifica la bozza e in che modo? Come viene testato il documento? Chi approva il documento e in che modo? Come viene pubblicato e distribuito? Come si tiene traccia del documento emesso?) 2) si dovranno gestire eventuali aggiornamenti che dovranno essere nuovamente approvati prima della loro emissione 3) si dovrà intervenire nel caso in cui dovessero intervenire modifiche all’interno del sistema tali per cui i documenti debbano essere revisionati e resi disponibili nell’ultima revisione disponibile 4) rendere i documenti disponibili dove servono per lavorare in maniera efficace 5) mantenere i documenti leggibili e facilmente identificabili 6) distribuire i documenti interni ed esterni in maniera controllata (ad es. mediante liste di distribuzione che consentano in ogni momento di ricordare i destinatari) 7) gestire i documenti divenuti obsoleti Tutti i documenti che seguiranno questo iter si definiranno “controllati”. Il punto 4.2.3 non contiene nessun concetto nuovo, rispetto alla norma precedente. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente del 2000, al punto 4.2.3 f viene aggiunta la precisazione che i documenti di origine esterna di cui si parla sono quelli che l'organizzazione stabilisce essere necessari per la pianificazione e l'operatività del proprio SGQ. 4.2.4. Se i documenti servono per descrivere o controllare come vengono fatte le cose, le registrazioni vengono utilizzate per provare che le cose sono state fatte, per evidenziare come sono state fatte, per tracciare le attività e per dare evidenza che il Sistema di Gestione della Qualità funziona a dovere. Per questo vanno stabilite e conservate. Le registrazioni, pur essendo assimilabili a dei documenti, vengono trattate nella norma in un punto diverso perché non vengono emesse come dei documenti veri e propri né hanno degli indici di revisione. L’elenco delle registrazioni minime necessarie per la gestione di un Sistema non è contenuto in questo punto ma è disseminato all’interno dei diversi requisiti che richiedono di essere supportati nella loro evidenza da registrazioni. Al punto 4.2.1 abbiamo provveduto a riunirle in un elenco facilmente consultabile. I requisiti per la gestione delle registrazioni sono, nella sostanza, gli stessi già elencati per la gestione dei documenti al punto 4.2.3 e vanno descritti in una procedura. Anche questo, come il precedente, non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). CAP. 5 Per implementare un Sistema di Gestione della Qualità che è, come abbiamo visto, un vero e proprio strumento strategico, occorre: 1) una vision ben chiara e condivisa con i vertici aziendali che dovranno essere di supporto nel trasmetterla a tutti i livelli dell’organizzazione 2) un management orientato al controllo strategico 3) persone con obiettivi personali, incentivi e competenze allineati alla strategia che si vuole implementare 4) processi operativi allineati con quelli strategici Prendendo come analogia un treno, la vision sarà la nostra destinazione, la motrice sarà la soddisfazione del cliente, il carburante sarà il miglioramento continuo, il binario sarà la gestione dei processi e il biglietto sarà un Sistema di Gestione della Qualità documentato. Tutto questo si spiega meglio analizzando i concetti espressi nel capitolo 5 della norma che possono essere così riassunti: 1) i vertici dell’ organizzazione devono essere coinvolti nello sviluppo della qualità e il loro impegno deve essere ben visibile a tutti. Devono, inoltre, dare il buon esempio, comportandosi secondo i principi della qualità. Il loro coinvolgimento nel progetto è il motore principale per far sì che l’implementazione della qualità abbia successo 2) I vertici devono stabilire la politica della qualità e gli obiettivi, declinati per funzioni e livelli 3) i processi per raggiungere gli obiettivi qualità concordati, vanno pianificati dal management che deve anche fare in modo che le responsabilità e le autorità relative al Sistema di Gestione della Qualità siano ben chiare e note a tutti 4) va designato un rappresentante della Direzione che segua in prima persona tutto il progetto qualità e che abbia la necessaria autorità per intervenire direttamente nel suo sviluppo 5) la comunicazione all’interno dell’organizzazione va opportunamente studiata e implementata 6) l’organizzazione deve documentare e mantenere registrazione dei suoi processi 7) va sviluppato un processo di riesame del Sistema di Gestione della Qualità per valutarne i punti di forza e per identificare i punti di debolezza da migliorare 8) occorre promuovere la qualità all’interno dell’organizzazione coinvolgendo costantemente tutti i collaboratori. 5.1. Come detto nell’introduzione al capitolo 5 della norma, occorre che la Direzione sia il driver della qualità, dimostrando il suo impegno nella progettazione, nella costruzione, nell’implementazione, nel monitoraggio e nel miglioramento continuo del Sistema di Gestione della Qualità. L’implementazione della qualità all’interno dell’organizzazione è una cosa da prendere seriamente da parte dei vertici aziendali che non devono delegarne l’intera responsabilità al Responsabile Qualità. Le azioni che la Direzione deve compiere per rendere evidente questo impegno sono: 1) definizione dell’organizzazione 2) designazione del suo rappresentante 3) messa a disposizione di tutte le risorse necessarie all’implementazione del sistema, assicurando che responsabilità ed autorità siano ben definite (tramite organigramma, mansionario, matrice delle responsabilità, ecc) 4) sensibilizzazione dell’organizzazione al soddisfacimento dei requisiti del cliente e di quelli di legge 5) pianificazione della qualità mediante la definizione della politica della qualità e degli obiettivi della qualità 6) partecipazione come parte attiva ai riesami del Sistema di Gestione della Qualità Questo è un requisito nuovo per quanto riguarda il rispetto dei requisiti cogenti e la richiesta di dimostrare l’impegno dei vertici aziendali nello sviluppo del Sistema di Gestione della Qualità. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). 5.2. Questo requisito, espresso con così poche parole all’interno della norma, ma richiamato e completato con i paragrafi 7.2.1 e 8.2.1, è il cuore sul quale costruire il nostro Sistema di Gestione della Qualità. Lo scopo finale del lavoro di un’organizzazione è quello di accontentare in tutto e per tutto i propri clienti. Per poter soddisfare le necessità del cliente, queste devono, ovviamente, essere definite. Compito della Direzione è assicurarsi che il processo di definizione e soddisfazione dei requisiti sia sempre garantito. A livello operativo, per soddisfare il requisito, occorre: 1) individuare, raccogliere e catalogare le esigenze dei clienti, espresse ed implicite 2) verificare, tramite un’attenta analisi, che queste esigenze rientrino nelle normative di legge che regolano il settore e che non siano in contrasto con le politiche stabilite dall’organizzazione 3) tradurre le esigenze in requisiti tecnici e comunicarli a tutti gli enti interessati 4) soddisfare i requisiti individuati Questo è un requisito completamente nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). 5.3. Il primo passo da fare per costruire il proprio Sistema di Gestione della Qualità è quello di descrivere cosa vogliamo fare e perché vogliamo farlo, cioè quello di redigere la politica della qualità. Si definisce come “politica della qualità”, una dichiarazione scritta della Direzione nella quale siano definiti i propri convincimenti e l’impegno verso la qualità. Attraverso questi impegni e questi principi relativi alla qualità, la Direzione impegna tutta se stessa in coerenza con quanto richiesto all’organizzazione. Questo documento dovrebbe rispettare il DNA dell’organizzazione, essere adeguato alla sua vision, non essere copiata da qualche sito internet o suggerita da un consulente. La norma non ci dice cosa includere nella nostra politica (se non l’impegno a soddisfare i requisiti del cliente, quelli cogenti e quelli riferiti alle norme del settore e l’impegno al miglioramento continuo) ma per redigere la politica della qualità ci si dovrebbe ispirare agli otto principi della qualità e a parametri quali la qualità, i costi, le tempistiche, il confronto continuo con la concorrenza, ecc. Si potrebbero, inoltre, fare delle ulteriori considerazioni relativamente alla crescita dei propri dipendenti ed alla collaborazione che si vuole instaurare con i fornitori. La politica, infine, dovrebbe essere appropriata e coerente con gli obiettivi dell’organizzazione ed essere periodicamente riesaminata. La politica dovrà essere comunicata a tutti i collaboratori e ci si dovrà assicurare che venga da tutti compresa. Periodicamente occorrerà riesaminarla per verificarne l’idoneità. Quello contenuto nel punto 5.3 è un requisito nuovo, almeno per tutto quello che riguarda la comprensione della politica della qualità, l’impegno al soddisfacimento dei requisiti e al miglioramento continuo, il riesame degli obiettivi stabiliti e la periodica revisione. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). 5.4.1. Questo punto della norma introduce il concetto di pianificazione della qualità. Per pianificare qualunque progetto, quindi anche l’introduzione di un Sistema di Gestione della Qualità, occorre compiere una serie di attività: - stabilire quali attività rientreranno nel progetto - stabilire la loro sequenza - stabilire le tempistiche di ogni attività, a seconda del numero di risorse associate - stabilire quali informazioni sono necessarie in ogni fase del progetto La Direzione dovrà, dunque, assicurare che il Sistema di Gestione della Qualità sia pianificato attraverso l’individuazione degli obiettivi della qualità declinati secondo i vari livelli e funzioni. Gli obiettivi dovranno essere documentati per poter essere riesaminati, si dovranno poter misurare e seguire nel loro avanzamento e non dovranno essere in contrasto con la politica della qualità. Alcuni esempi di obiettivi potrebbero essere: - realizzare specifiche migliori - emettere disegni più chiari - migliorare la gestione dei processi - migliorare la raccolta dei reclami dei clienti - rilevare l’indice di soddisfazione dei clienti - migliorare la gestione dei prodotti non conformi - individuare la percentuale di scarti, ecc. Secondo la norma, dunque, non è sufficiente descrivere come i processi e le attività debbano essere condotti ma è necessario fissare anche i relativi obiettivi per ogni risultato dei processi e delle attività. Gli obiettivi fissati non dovranno essere troppo facili da raggiungere perché la norma in questo caso è molto specifica. Gli obiettivi dovranno essere, infatti, coerenti con l’impegno nei confronti del principio del miglioramento continuo e costituire una sfida per l’organizzazione che non dovrà trascurare il confronto con la concorrenza. All’interno dei documenti redatti dall’organizzazione, dovrà essere ben specificato chi definisce gli obiettivi e mediante quale processo, chi li documenta, come vengono associate le risorse ad ogni obiettivo, come sono individuate le relative responsabilità e come vengono monitorati i progressi fatti relativamente alla tempistica di riferimento. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che la politica della qualità si esplichi in obiettivi per funzione e livello all’interno dell’organizzazione. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 5.4.2. Una volta stabiliti la politica della qualità e gli obiettivi, occorre pianificare come raggiungere i secondi seguendo la filosofia espressa nella prima. Il Sistema di Gestione della Qualità andrà sviluppato in quest’ottica. La pianificazione del Sistema di Gestione della Qualità (cioè la definizione delle attività, l’individuazione delle risorse necessarie e la decisione relativa alle tempistiche) va fatta in modo da soddisfare i requisiti espressi al punto 4.1 della norma e in modo da raggiungere gli obiettivi che l’organizzazione si è posta. Inoltre, ogni volta che si pianificano modifiche al Sistema di Gestione della Qualità, occorre assicurarsi che si mantenga la coerenza tra le varie parti dello stesso. Per poter effettuare una pianificazione della qualità efficace, dovremo: 1) sviluppare un piano che spieghi come supportare l’intero processo 2) sviluppare un budget conseguente 3) sviluppare un piano di sviluppo/formazione per le risorse coinvolte nel progetto Nella UNI EN ISO 9001:2000 si parla di pianificazione della qualità in 4 punti: 1) in questo punto, nel quale viene trattata la pianificazione generale del Sistema di Gestione della Qualità e la pianificazione per il raggiungimento degli obiettivi 2) al punto 7.1 nel quale viene trattata la pianificazione dei processi necessari per realizzare il prodotto, per verificarlo e per validarlo, quando necessario 3) al punto 7.3.1 nel quale si parla di pianificazione delle attività di progettazione e di sviluppo 4) al punto 8.1 nel quale si parla di pianificazione delle attività di misurazione e di quelle di monitoraggio Gli output principali del processo di pianificazione del Sistema di Gestione della Qualità sono il sistema stesso, il Manuale della qualità, un eventuale piano della qualità e il piano delle risorse da rendere disponibili. I piani della qualità comprendono riferimenti: - alle specifiche dei materiali di partenza e delle procedure di controllo in accettazione - alla definizione del prodotto - al controllo qualità e al campionamento - ai miglioramenti che ci si prefigge di raggiungere - agli obiettivi della qualità (mediante la formulazione delle strategie ad essi associate, delle relative responsabilità, dei tempi e dei costi necessari e del ritorno economico) Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che i processi e le risorse necessarie al buon funzionamento del Sistema di Gestione della Qualità vengano pianificati a monte. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). 5.5.1. Dato che la qualità non è altro che responsabilità condivisa, la Direzione deve assicurarsi che le responsabilità, le autorità, i ruoli e le correlazioni all’interno dell’organizzazione siano ben definite e comunicate in modo da creare una struttura organizzata. Ognuno deve sapere cosa ci si aspetta che lui faccia (responsabilità), cosa gli è permesso di fare (autorità), quale ruolo ricopre nell’organizzazione e come si interfaccia con gli altri ruoli. Vanno definiti anche mansioni e compiti. Le mansioni sono costituite dall’insieme dei compiti affidati a chi ricopre una certa posizione operativa. Le mansioni sono caratterizzate da un certo grado di varietà, cioè dalla molteplicità dei compiti svolti, dal contenuto di autonomia decisionale, dall’intensità delle interazioni sociali che esse comportano e dalla rilevanza del contributo che chi svolge una certa mansione è in grado di offrire al conseguimento degli obiettivi aziendali. I compiti possono essere identificati in una serie di operazioni, collegate in funzione della natura dell’attività e della tecnologia utilizzata. Quando la mansione consta di un solo compito, si ha l’uguaglianza tra i due concetti. I compiti sono caratterizzati da un certo grado di difficoltà di esecuzione, di discrezionalità tecnica e di autonomia decisionale. In relazione a ciascun compito sono osservabili una durata di svolgimento e di apprendimento, data dal tempo che occorre ad un operatore in possesso delle necessarie competenze per imparare a svolgere efficientemente il compito stesso. Strumenti principe per adempiere a questo requisito, sono l’organigramma e il mansionario che servono per impiegare in maniera ottimale le risorse, per definire le interfacce tra le diverse aree, per eliminare eventuali carenze e sovrapposizioni e per identificare chi è responsabile delle varie azioni da compiere. L’organigramma, che è lo schema logico-funzionale con cui viene rappresentata la struttura organizzativa e in cui viene formalizzato l’insieme delle attività svolte all’interno dell’organizzazione, mostra: - la catena formalizzata del comando - chi è autorizzato a prendere decisioni - la suddivisione dei compiti - le gerarchie e le autorità - i canali formalizzati per comunicare La struttura organizzativa può assumere configurazioni molto differenti a seconda delle scelte prese e dei criteri scelti per la suddivisione del lavoro, della dimensione aziendale, della natura, della varietà e complessità dell’attività svolta, dell’ampiezza e della gamma di prodotti/serivizi, delle tecnologie utilizzate nei processi produttivi, dei mercati e delle fasce di clientela serviti. L’articolazione orizzontale della struttura esprime il grado di divisione e specializzazione del lavoro e le sue relazioni sono delineate in funzione dei flussi di lavoro, di decisione e di controllo che caratterizzano i processi e le attività svolte dall’organizzazione. L’articolazione verticale, al contrario, è rappresentativa della profondità della struttura stessa e del grado di scomposizione degli obiettivi generali in particolari. L’incrocio delle dimensioni orizzontale e verticale stabilisce l’ampiezza del controllo, vale a dire il numero di posizioni che rispondono ad un unico superiore gerarchico. Per definire una struttura organizzativa e descriverla in un organigramma, occorre: 1) individuare i rapporti di dipendenza formale, il numero dei livelli gerarchici e l’ampiezza del controllo/responsabilità 2) aggregare le persone in unità organizzative in modo da assicurare un’efficace supervisione 3) stabilire sistemi che assicurino la comunicazione efficace tra le diverse componenti dell’organizzazione Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 5.5.2. La norma, offre la possibilità di delegare alcuni compiti relativi all’implementazione del Sistema di Gestione della Qualità ad un rappresentante della Direzione. Delegare non significa, comunque, dimenticare che tutte le responsabilità relative al progetto qualità permangono al Titolare, all’Amministratore Delegato o al Direttore Generale dell’azienda. La delega al rappresentante della Direzione deve essere chiaramente rappresentata nell’organigramma e deve ricadere su una persona, appartenente alla Direzione stessa, che abbia le necessarie responsabilità ed autorità per: 1) garantire che i processi del Sistema di Gestione della Qualità siano progettati, costruiti, implementati, monitorati e mantenuti attuali 2) riportare alla Direzione le rilevazioni relative all’andamento del Sistema di Gestione della Qualità, agli indicatori e gli spunti per il miglioramento 3) fare in modo che all’interno dell’organizzazione i requisiti del cliente siano conosciuti e compresi E’ fondamentale che questa figura sia investita dell’autorità necessaria a promuovere il cambiamento in azienda, che si assuma la responsabilità di promuoverlo e che abbia una significativa conoscenza dei processi dell’organizzazione. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che il rappresentante della Direzione promuova nell’organizzazione la consapevolezza dei requisiti del cliente. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione della norma precedente, quella del 2000, si esplicita meglio chi debba essere il rappresentante della Direzione. 5.5.3. La Direzione deve rendersi garante che all’interno dell’organizzazione si comunichi bene anche per quanto riguarda l’andamento del Sistema di Gestione della Qualità dato che occorre rendere visibile sia in termini di opportunità, sia di successi, il sistema di gestione. Attraverso questo process di comunicazione, andranno comunicati: - la politica della qualità - i requisiti dei clienti - gli obiettivi della qualità - i risultati ottenuti La Direzione deve controllare il traffico di informazioni che fluiscono orizzontalmente e verticalmente all’interno dell’organizzazione e regolarlo facendo in modo che scorra velocemente e sia condotto con sicurezza. Rientrano in questo requisito tutte le comunicazioni che hanno un’influenza diretta sulla qualità erogata dall’azienda (ad es. controllo dei documenti, distribuzione dei documenti, gestione delle registrazioni della qualità, verbali di riunione, gestione delle non conformità, ecc). Le comunicazioni andranno gestite in due direzioni: 1) verticalmente (dall’alto verso il basso, comunicazione gerarchica, e dal basso verso l’alto, ritorno di informazioni) 2) orizzontalmente (comunicazione trasversale tra funzioni all’interno di un singolo processo o tra più processi). I sistemi per comunicare all’interno di un’organizzazione possono essere molteplici: riunioni, giornali aziendali, bacheche, e-mail, questionari, colloqui individuali, ecc. Il Manuale della qualità dovrà descrivere i sistemi utilizzati per la comunicazione interna ed assegnare le responsabilità per la gestione del sistema stesso. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che all’interno dell’organizzazione si comunichi efficacemente relativamente all’andamento del Sistema di Gestione della Qualità. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 5.6.1 I vertici dell’organizzazione devono riesaminare il Sistema di Gestione della Qualità sistematicamente (sarebbe bene farlo almeno due volte all’anno) per assicurarsi che: 1) sia ancora idoneo (capace, cioè, di fornire prodotti che soddisfino i requisiti) 2) sia ancora adeguato (cioè conveniente alle esigenze aziendali) 3) sia ancora efficace (cioè capace di soddisfare i clienti e di raggiungere gli obiettivi descritti nella politica della qualità) 4) vengano individuate in maniera continua le necessità di modifica o di miglioramento Vanno mantenute delle registrazioni relative al riesame fatto. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede di valutare se il sistema è affidabile nella sua capacità di fornire prodotti/servizi che soddisfino i requisiti, nel soddisfare i clienti, nel prevenire le non conformità, nel migliorare in maniera continua. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Act (consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). 5.6.2. Questo punto della norma ci dà una mano a ricordare con quali supporti dovremo preparare il riesame del nostro Sistema di Gestione della Qualità. Tra gli input per il riesame devono esserci: 1) stato e risultati degli obiettivi posti 2) verbali delle verifiche ispettive (interne ed esterne) 3) feedback dei clienti (reclami, misurazioni di customer satisfaction, ecc) 4) performance dei processi (indicatori di processo) e conformità prodotti 5) stato di avanzamento delle azioni correttive e preventive 6) situazione del mercato 7) eventuali indagini di benchmarking 8) valutazioni dei fornitori 9) modifiche che potrebbero avere effetti sul Sistema di Gestione della Qualità 10) raccomandazioni per il miglioramento Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che tra gli input del riesame vengano incluse informazioni sullo stato dei processi e sulle performance di prodotti per poter dare il via ad efficaci azioni di miglioramento. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Act (consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). 5.6.3. Tra gli output dell’attività di riesame devono esserci: 1) azioni relative al miglioramento del Sistema di Gestione della Qualità (ad es. riformulazione della politica della qualità, degli obiettivi, ecc) 2) azioni relative al miglioramento dei prodotti (ad es. consegne più puntuali, migliori informazioni relative al prodotto, ecc) 3) riflessioni su eventuali nuovi bisogni di risorse Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede che tra gli output del riesame vengano incluse le azioni tese al miglioramento. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Act (consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). CAP. 6. Questo capitolo ci parla in generale delle risorse (personale, ambiente, infrastrutture) spiegandoci che l’efficacia di un’organizzazione si basa, soprattutto, sull’efficienza delle sue risorse umane che, per questo, vanno formate, addestrate, qualificate, motivate e gratificate. Il fine ultimo della corretta applicazione del capitolo 6 è quello di creare un gruppo di lavoro motivato, che abbia le risorse necessarie per lavorare bene (risorse finanziarie, infrastrutture, ambiente di lavoro, ecc) e che utilizzi le proprie capacità per il bene dell’organizzazione. Per creare questo gruppo di lavoro è necessario che: 1) si pianifichino e si mettano a disposizione le risorse necessarie per progettare, implementare e migliorare in modo sistematico il Sistema di Gestione della Qualità 2) si valuti la necessità di formazione delle risorse umane per colmare eventuali gap. La formazione è necessaria perché il contesto nel quale operiamo varia e occorre adattarsi alle nuove sfide che il mercato ci propone ogni giorno. Un’organizzazione è vincente solo se le sue risorse crescono continuamente. Come si cerca di mantenere pienamente efficienti gli strumenti di lavoro mediante una costante manutenzione, così bisogna continuamente aggiornare le conoscenze del personale che, altrimenti, sono soggette ad obsolescenza. 3) si valuti l’efficacia dell’addestramento erogato 4) siano chiariti a monte, per ogni funzione, i requisiti richiesti (esperienza, capacità, competenza, ecc). Per ognuna delle attività elencate nei punti sopra, va fornita un’evidenza oggettiva, cioè una registrazione. 6.1. I vertici aziendali devono pianificare e mettere a disposizione le risorse che occorrono per: 1) progettare, costruire, implementare, monitorare, mantenere aggiornato e migliorare il Sistema di Gestione della Qualità 2) accrescere in modo continuo la soddisfazione dei clienti continuando a soddisfare i loro requisiti Non si può ottenere nulla senza avere ben chiari gli obiettivi e senza comunicarli in modo altrettanto chiaro. Le necessità delle risorse vanno individuate tenendo conto che queste necessità possono variare di continuo per i motivi più diversi come, ad esempio, la necessità di portare all’interno dell’organizzazione nuove figure professionali o di modificare quelle già esistenti perché si affrontano argomenti nuovi, la necessità di fronteggiare cambiamenti in ambito tecnologico, ecc. Il punto 6.1 non contiene requisiti nuovi. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 6.2.1. Dobbiamo assicurarci che le persone che assumiamo o quelle che dedichiamo ad un lavoro che ha un’influenza diretta sulla qualità siano competenti cioè istruite, addestrate, abili ed esperte. Per poterle definire come “competenti”, però, occorre aver definito a priori di quale competenza riteniamo di aver bisogno per una certa posizione. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiarisce meglio il concetto di “personale che esegue attività che influenzano la qualità del prodotto” specificando che la conformità può essere influenzata, direttamente o indirettamente, da qualunque attività legata al SGQ. 6.2.2. I rapidi mutamenti nel mondo del lavoro richiedono, in quasi tutti i settori di attività, nuovi profili di qualificazione. Oggi si richiede sempre di più che alle competenze specifiche siano associate competenze di carattere trasversale (spirito di iniziativa, prontezza di decisione, disponibilità ad assumersi responsabilità, capacità di comunicazione, senso del lavoro in gruppo, ecc). Questo insieme di competenze professionali, se non opportunamente alimentate con continuità, tendono a divenire rapidamente obsolete. Motivazione ed emozione hanno in comune la stessa radice latina “movere”. Le emozioni ci spingono a perseguire gli obiettivi e ad alimentare le motivazioni. Per questo occorre: 1) definire le competenze di base perché le persone che svolgono un’attività che influenza la qualità del prodotto abbia il titolo per poter ricoprire certi ruoli. La competenza è la capacità di applicare le proprie conoscenze e la propria esperienza ad un problema lavorativo ed è formata dall’istruzione, dall’esperienza, dall’abilità e dall’addestramento. Andranno definiti i requisiti minimi quali il titolo di studio, il percorso di addestramento, le conoscenze di base, l’esperienza necessaria. Le competenze necessarie potranno spaziare da quelle di base (conoscenza degli strumenti informatici, conoscenza delle lingue, capacità di pianificazione, capacità di focalizzarsi sugli obiettivi, abilità nella comunicazione e nel relazionarsi con il gruppo, attitudine al problem solving, livello di autonomia, capacità gestionale e organizzativa, ecc) alle competenze specifiche dal ruolo (capacità di relazionarsi con un cliente, intuizione nella progettazione, ecc). Andranno valutate abitudini, attitudini, ecc. Vanno definite le necessità di formazione/addestramento in base alle aspettative che l’organizzazione ha nei confronti della persona. Bisognerà fare un’analisi dei bisogni che parta dalla definizione delle competenze associate al ruolo da ricoprire, passi attraverso una verifica delle competenze effettive e termini con l’analisi dei gap e di come fare per colmarli. Vanno definiti gli obiettivi che si vogliono raggiungere. A fronte dell’erogazione di formazione/addestramento, le aspettative devono essere tradotte in obiettivi misurabili. Obiettivi di formazione poco centrati portano quasi certamente ad un fallimento dell’attività di formazione/addestramento. L’erogazione della formazione è un vero e proprio progetto e come tale va pianificato. Va fatta un’analisi dei bisogni che si deve basare sui dati generali dell’organizzazione, sui dati delle singole persone da formare (descrizione attività da svolgere, competenze, specializzazioni, anzianità, ecc), sui dati relativi alla formazione svolta in passato 2) fornire la formazione e l’addestramento necessari e valutarne l’efficacia. Si stabiliscono a monte degli obiettivi e si valuta se sono stati raggiunti. Le finalità della formazione sono l’apprendimento e il cambiamento. La formazione è necessaria perché il mercato del lavoro cambia rapidamente e le conoscenze diventano sempre più vecchie, perché i dipendenti devono dare spesso un contributo diverso da quello dato in precedenza, perché le risorse umane son o un fattore competitivo di successo, ecc. L’azienda riesce a cambiare se cambiano i singoli individui. Gli oggetti dell’apprendimento (che aumentano in difficoltà scendendo) sono: conoscenze, abilità, atteggiamenti, valori. Le modalità di formazione possono essere molteplici: attraverso nuovi stimoli, attraverso interscambi, affiancamento su campo, lezioni in aula, interventi esterni all’organizzazione, formazione individuale o di gruppo, attiva o passiva, pratica o teorica, ecc. Formazione e addestramento sono percorsi pianificati e strutturati che supportano l’attività delle persone e che hanno il duplice scopo di far apprendere e di introdurre il cambiamento. Servono per capire l’ambiente in cui si lavora, per allenare le competenze, per socializzare, imparare dagli altri, capire i propri punti deboli e i punti di forza. La formazione può essere definita come una trasmissione di comportamenti e, spesso, è verificabile con difficoltà, basti pensare ad un corso di formazione sulla comunicazione. La difficoltà aumenta a seconda che si intenda agire sulle conoscenze, sulle abilità, sugli atteggiamenti o sui valori delle persone. L’addestramento è una trasmissione di conoscenze tecniche ed è facilmente verificabile, pensiamo, ad esempio, ad un corso sulla sicurezza sul lavoro. Se la formazione e l’addestramento sono processi facili da portare avanti con i bambini, molto diverso è il discorso quando ci rivolgiamo al mondo degli adulti (come recita un famoso proverbio irlandese: “non puoi insegnare nuovi trucchi ad un vecchio cane”). Per apprendere, gli adulti hanno bisogno che si verifichino queste condizioni: 1) devono capire realmente perché è necessario apprendere qualcosa di nuovo. L’adulto non riesce a concentrarsi sulle materie sperando che un giorno gli possano tornare utili, al contrario comincia a prestare attenzione alle situazioni in cui si trova e ai problemi che incontra e nella formazione cerca le indicazioni necessarie alla risoluzione di questi problemi. 2) devono conoscere e sottoscrivere le finalità del corso di formazione 3) devono avere voglia di imparare (perché da esperienze precedenti hanno capito che è utile) ed essere messi nelle condizioni di poterlo fare. Devono partecipare attivamente e assumersi parte della responsabilità del processo di apprendimento 4) il clima nel corso deve essere amichevole e informale, le condizioni fisiche devono essere buone. Deve essere messo in grado di apprendere secondo il proprio ritmo. I metodi di istruzione dovrebbero essere diversificati 5) devono essere coinvolti direttamente nella valutazione delle loro necessità di apprendimento, devono essere consapevoli dei propri progressi e in condizione di provare un senso di realizzazione 6) devono essere messi a conoscenza dei progressi fatti rispetto agli obiettivi pianificati 7) devono poter mettere a frutto la propria esperienza. In termini negativi esperienza significa anche pregiudizi e abitudini mentali Le necessità di addestramento possono derivare da molteplici motivi come: la necessità di creare nuove figure professionali o di modificare quelle esistenti, la necessità di spostare il personale da un’area dell’organizzazione all’altra, la necessità di formare persone appena assunte o di migliorare la professionalità del personale già in organico, le modifiche di programmi informatici utilizzati o l’acquisto di nuovi macchinari o equipaggiamenti, ecc. L’apprendimento negli aduti passa attraverso le fasi seguenti: - unfreezing (far pensare ai modi attuali di essere, fare, pensare, far cogliere la loro relatività e modificabilità, far ragionare sulla loro adeguatezza e pertinenza), changing (progettare e costruire nuovi modelli di comportamento, refreezing (realizzare e consolidare i nuovi modelli di comportamento) L’addestramento erogato può essere interno (in questo caso va programmato prevedendo gli argomenti, la durata del corso, i partecipanti, il materiale didattico, eventuali strumenti didattici necessari) o esterno (in questo caso vanno analizzati e selezionati i corsi proposti dal mercato, va individuato il periodo, vanno iscritti i partecipanti, vanno comunicate alle persone interessate tutte le notizie relative). La valutazione dell’efficacia dell’addestramento va eseguita a cura di personale competente e può essere fatta durante le verifiche ispettive interne, in un’esercitazione di prova (fatta prima e dopo l’addestramento per valutare cosa è cambiato dopo la formazione), mediante la supervisione del responsabile per un tempo definito (se si devono valutare competenze operative specifiche) o l’acquisizione degli attestati degli esami sostenuti o questionari di autovalutazione. Nel valutare l’efficacia dell’addestramento si dovrebbero confrontare gli obiettivi che ci siamo posti con gli scopi effettivamente raggiunti e si dovrebbe valutare la necessità di introdurre azioni correttive. La formazione al personale andrebbe fatta almeno in questi campi: - rispondere ai clienti con professionalità: mostrarsi professionali ai clienti è una cosa molto importante. Collaboratori che si presentino male ai clienti possono provocare gravi danni alle organizzazioni - gestire i reclami: tutte le persone che hanno la minima possibilità di ricevere un reclamo devono sapere come reagire, come registrarlo e come gestirlo - comunicare efficacemente: la comunicazione è fondamentale per registrare correttamente i requisiti dei clienti, ecc - gestire il tempo: pianificare, decidere le priorità, condurre riunioni brevi e puntuali, trasmettere informazioni corrette al momento giusto - sicurezza - miglioramento continuo - controllo dei documenti La formazione può essere erogata in molti modi, ad esempio via e-mail (in modo che ognuno possa dedicarsi quando ha tempo) con questionari da compilare on line per verificare se le persone hanno capito i contenuti o meno. La formazione erogata va valutata perché le variabili (disponibilità del discente, motivazione, caratteristiche del formatore, dinamiche del gruppo in formazione, ecc) che entrano in gioco nel processo di apprendimento sono molteplici e influiscono positivamente o negativamente sullo stesso. Sfruttando il modello costruito da Donald Kikpatrick la valutazione della formazione erogata dovrebbe seguire questi punti (la cui difficoltà aumenta proporzionalmente): • valutazione della reazione immediata (da valutare a caldo, alla fine del corso). Formulare domande quali “le è piaciuto?”, “è stato utile?”. Si possono fare brevi interviste alle persone durante il corso di formazione. Per verificare quanto assimilato nel breve periodo, si può eventualmente chiedere di riassumere con parole proprie quanto il docente ha appena spiegato. • Valutazione dell’acquisizione/apprendimento (da valutare dopo qualche giorno). Per vedere se quanto erogato in sede di formazione è stato assimilato si può fare un test prima dell’erogazione della formazione e dopo qualche giorno dalla sua conclusione e poi confrontare i risultati ottenuti. Verificare quali cose hanno imparato e quali conoscenze hanno maturato la conoscenza. • Valutazione del trasferimento delle conoscenze acquisite nella vita lavorativa con conseguente cambiamento delle abitudini (da valutare dopo qualche tempo). Verificare se le persone sono in grado di fare le cose che hanno imparato e quali conoscenze verranno applicate nel lavoro di tutti i giorni? • Valutazione dei risultati ottenuti (da valutare dopo un tempo ancora maggiore). Le persone applicano le cose che hanno imparato? Quali risultati tangibili si sono ottenuti applicando le nuove conoscenze (ad es. miglioramento della qualità, riduzione degli scarti, diminuzione dei costi, ecc). 3) occorre fare in modo che le persone siano consapevoli di quanto il loro lavoro è importante all’interno dell’organizzazione e di come contribuisca a raggiungere gli obiettivi che l’organizzazione si è posta (Per essere sicuri che ognuno capisca l’importanza del proprio lavoro e che se ne assuma la responsabilità, nell’elenco degli obiettivi andrebbe indicato chi è il responsabile del suo raggiungimento) 4) occorre mantenere le necessarie registrazioni (relative grado di istruzione raggiunto, all’addestramento effettuato, all’esperienza di cui si è in possesso). Il livello di istruzione si articola in 4 fasi: - non so - conosco la teoria ma non sono in grado di fare - so fare ma non sono in grado di insegnare - so fare e so insegnare Le registrazioni possono consistere in: attestati dei corsi, verbali di incontri formativi, schede di registrazione, aggiornamento dell’anagrafica dei dipendenti, rapporti di valutazione dell’apprendimento, rilascio patentini, ecc. Vanno conservate registrazioni anche relativamente all’efficacia dell’addestramento erogato. La formazione erogata va valutata verificando il livello di gradimento della formazione (questionario per i partecipanti), il livello di utilità percepita (questionario per i partecipanti e per i loro responsabili), la percezione dell’applicabilità concreta (questionario per i partecipanti). Vanno rilevati l’effettivo delta di conoscenza (check list di domande in apertura e chiusura dell’intervento formativo), quanto le conoscenze erogate abbiano modificato i pattern cognitivi dei partecipanti (osservazioni da parte del formatore in apertura e in chiusura del corso), il livello di traduzione applicazione degli apprendimenti in comportamenti lavorativi (interviste a capi, colleghi e collaboratori dei partecipanti), risultati (impatto della formazione sull’organizzazione) vanno valutati l’impatto su clima, qualità delle comunicazioni interpersonali, sulle performance aziendali. La valutazione è necessaria per verificare com’è andata, se sono stati raggiunti gli obiettivi, quali sono stati i punti critici, come si può migliorare l’intervento, come si può rinforzare l’apprendimento, come si possono individuare nuovi bisogni. La formazione, in particolare, andrebbe erogata: - ai verificatori interni - al responsabile della Gestione della Qualità - alla Direzione - ai responsabili di funzione - al personale di front line - a tutto il personale che influenza la qualità - quando si cambia mansione - durante l’implementazione del Sistema di Gestione della Qualità - nel caso di nuove assunzioni di personale - in caso di riqualificazione tecnologica degli impianti - in caso di reclami per disservizi - in caso di introduzione di nuove metodologie di lavoro - in caso di reenginering di processi - in caso di non conformità le cui cause sono connesse a non conoscenza o a comportamenti errati dei collaboratori - quando le aspettative dei clienti cambiano - quando le aspettative del collaboratore cambiano Perchè un corso di formazione/addestramento abbia successo è necessario che: - gli allievi conoscano e sottoscrivano le finalità del corso - abbiano voglia di imparare e di partecipare attivamente - gli allievi siano consapevoli dei propri progressi e in condizione di sentirsi realizzati Secondo Kolb si apprende in maniera diversa: - c’è chi apprende tramite un’esperienza concreta, facendo le cose - c’è chi impara mediante osservazione riflessiva e riprogettazione (si ferma, fa un bilancio della propria esperienza per vedere cosa può migliorare) - c’è chi impara mediante concettualizzazione astratta (stabilisce un modello d’azione dopo aver riflettuto) - c’è chi impara mediante sperimentazione attiva Le persone vengono viste in due modi completamente differenti: teoria X: l’uomo è un meccanismo puntuale, preciso, il classico dipendnete impegnato a svolgere una mansione a cui sono richiesti adempimenti, obbedienza e impegno. La formazione consiste nel trasferimento di sapere tecnico. Le persone sono solo rotelle di un ingranaggio più grande. Teoria Y: l’uomo è un soggetto attivo in grado di muoversi con riflessività nel corso dell’azione. E’ una persona unica e irripetibile, tesa a produrre la più alta prestazione possibile con elevata discrezionalità, che decide e modifica la propria rotta in riferimento a un obiettivo predefinito responsabile assunto come proprio e interiorizzato. Quello contenuto nel punto 6.2.2 è un requisito nuovo per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia della formazione erogata e la trasmissione della consapevolezza che il lavoro di ognuno influenza la qualità dell’organizzazione e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Basta una persona sbagliata in una funzione chiave per bloccare il lavoro di decine di persone, per rendere il budget irraggiungibile, per demotivare i subordinati, per buttare via i soldi (retribuzione pagata direttamente, ecc), per perdere collaboratori validi, per buttare via il tempo di altre persone che sono costrette ad intervenire direttamente per risolvere problemi che il diretto interessato non è in grado di affrontare, perdita di clienti. Prima dell’assunzione occorre verificare le competenze, la personalità e le potenzialità della persona, la motivazione che ha nei confronti di una data posizione. Attenzione all’errore più comune che molti responsabili compiono nei confronti della formazione dei loro collaboratori: frasi quali “ok, adesso torna a lavorare che hai moltissime cose da fare” dette ai collaboratori al termine del corso di formazione non possono che trasmettere un’idea errata di cosa sia in realtà la formazione. La formazione, infatti, non va vista come qualcosa di staccato dal lavoro quotidiano ma come parte di esso. Molti responsabili, inoltre, la erogano quasi fosse un benefit, una sorta di premio per chi si è comportato bene. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 6.3. Vanno definite, predisposte e messe a disposizione le infrastrutture (ad es. edifici, spazi di lavoro e loro manutenzione, infrastrutture ergonomiche, servizi, attrezzature, macchinari, SW, trasporti, condizioni per il carico/scarico dei prodotti, per la loro conservazione, condizioni ambientali per apparecchiature come server o altro, ecc) necessarie per rispettare la conformità ai requisiti di prodotto. Queste infrastrutture andranno anche mantenute. Il termine “infrastrutture” non suona così familiare ma si può spiegare come quel qualcosa che ha a che fare con l’assicurarsi che le persone abbiano uno spazio di lavoro adatto, l’equipaggiamento corretto, ecc. La gestione delle infrastrutture richiede: 1) di individuare i requisiti che le infrastrutture devono rispettare (regole di manutenzione e di utilizzo, obblighi di legge, abilitazioni per l’utilizzo, ecc) 2) di effettuare in forma pianificata le attività necessarie (manutenzione) per mantenere efficienti le infrastrutture e per garantire il rispetto dei requisiti di legge applicabili (revisioni, verifiche periodiche, ecc) Le infrastrutture costituiscono uno dei 4 elementi indispensabili per la realizzazione di un processo produttivo (gli altri 3 sono: uomini, metodi e misure). E’ un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, vengono inclusi tra gli esempi i sistemi informativi. 6.4 Questo punto si aggancia al precedente, completandolo. Perché l’ambiente di lavoro sia adeguato, dobbiamo definire a priori cosa intendiamo noi per adeguato, non perdendo mai di vista il nostro obiettivo finale che è quello di rispettare i requisiti del prodotto. Vanno definite e mantenute le condizioni ambientali (ergonomia, temperatura, illuminazione, livello di rumorosità, igiene, umidità, pulizia, sterilità, ecc) necessarie ad assicurare la conformità ai requisiti di prodotto. L’ambiente di lavoro è formato da un insieme di fattori umani (metodi di lavoro, regole di sicurezza, necessità di equipaggiamenti protettivi) e fisici che vanno tenuti sotto controllo per ottenere la conformità del prodotto. Occorre, dunque, identificare lo standard da mantenere, assicurare che questo standard sia mantenuto, formare il personale relativamente al mantenimento di questo standard, mantenere le registrazioni delle condizioni per provare la conformità allo standard. E’ un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiarisce meglio la relazione tra l’ambiente di lavoro e il raggiungimento della conformità per quanto riguarda i requisiti del prodotto. Viene, infatti, aggiunta una nota che specifica che il termine "ambiente di lavoro" si riferisce alle condizioni in cui si svolgono le attività lavorative e che include, quindi, tra gli altri, fattori fisici e ambientali (rumore, temperatura, umidità, ecc.). CAP.7. Il capitolo 7 rappresenta il vero e proprio cuore della norma. Si parla di prodotto/servizio. Il ciclo di vita di un prodotto è il seguente: 1) studio e ricerca di mercato 2) progettazione e sviluppo del prodotto/servizio 3) pianificazione e sviluppo dei processi 4) acquisti 5) produzione od erogazione del servizio 6) verifica 7) imballaggio ed immagazzinamento 8) vendita e distribuzione 9) installazione e messa in servizio 10) assistenza tecnica e manutenzione 11) attività di post-vendita 12) messa fuori uso e fine utilizzo I processi che possono essere ricondotti a questo capitolo riguardano principalmente l’area commerciale (ottenere tutti gli input per poter realizzare i prodotti/servizi), l’area tecnica (definire i requisiti della progettazione e dello sviluppo, progettare e sviluppare in accordo con i piani fatti e le aspettative, controllare la progettazione e lo sviluppo per assicurarsi che i requisiti siano stati soddisfatti, verificare e validare progettazione e sviluppo), gli acquisti (controllare i processi per l’acquisto dei materiali), la produzione (pianificare le azioni necessarie per realizzare i prodotti/servizi, controllare la produzione, qualificare i processi, il personale, la documentazione, i prodotti/servizi) controllo qualità (mantenere un controllo e un monitoraggio attivi per assicurare l’accuratezza dei risultati) Dato che la norma UNI EN ISO 9001:2008 può essere applicata da tutte le organizzazioni, indipendentemente dalla loro struttura, dal numero dei collaboratori e dal settore del loro business, è logico che alcuni requisiti potrebbero risultare inapplicabili. Questi requisiti sono tutti contenuti all’interno di questo capitolo (come previsto al punto 1.2 “Applicazione”). Qualora uno o più requisiti venissero esclusi dall’applicazione da parte di un’organizzazione, questa sarà tenuta a formalizzarli all’interno del Manuale della Qualità, accompagnandoli con una giustificazione dell’esclusione. Non perdiamo mai di vista il ciclo di vita del prodotto che si compone di: 1) analisi delle esigenze del cliente 2) progettazione 3) produzione 4) distribuzione 5) vendita 6) manutenzione 7) dismissione Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiariscono le relazioni tra il capitolo 7 e il capitolo 8. 7.1 In questo primo paragrafo del capitolo 7 si torna a parlare di processi ed, in particolare, di quelli necessari alla realizzazione del prodotto. Per pianificare e sviluppare questi processi, come per pianificare e sviluppare tutti gli altri, occorre passare attraverso i punti sopra espressi. I processi necessari alla realizzazione del prodotto/servizio vanno pianificati e sviluppati, mantenendo una coerenza con i requisiti degli altri processi del Sistema di Gestione della Qualità. Per pianificare questi processi occorre: 1) che gli obiettivi qualità ed i requisiti relativi al prodotto/servizio (quello che i clienti si aspettano) siano ben definiti, insieme agli input e agli output dei processi 2) che siano stabiliti i processi, che sia chiaro quali documenti e quali risorse occorrono per farli funzionare correttamente 3) che siano definite a monte le verifiche, le validazioni, i monitoraggi, le ispezioni, le prove e i criteri di accettazione 4) che siano definite a monte le registrazioni necessarie per dimostrare la conformità ai requisiti Il documento più adatto per raccogliere le informazioni relative ai processi necessari alla realizzazione del prodotto/servizio, le risorse, le attività e le fasi, la loro sequenza, gli obiettivi di qualità relativi e i criteri di accettazione è il piano della qualità che può essere generale se descrivono attività ripetitive (es per organizzazioni che effettuano lavorazioni in serie) o specifico se descrive attività legate ad una determinata commessa. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994, si chiede di documentare dei piani della qualità contenenti tutti i riferimenti necessari alle attività previste per realizzare e validare il prodotto/servizio. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). 7.2.1. Le aziende esistono perché esistono i clienti. Il minimo che possiamo fare, prima di realizzare per loro prodotti e servizi, è di assicurarci di aver capito fino in fondo che cosa vogliono veramente e che quello che vogliono non sia in contrasto con quello che possiamo fornire o con i riferimenti di legge. Prima di iniziare l’iter di realizzazione di un prodotto/servizio, dunque, occorre avere ben chiari: 1) i requisiti del cliente (relativamente al prodotto, alla consegna, all’assistenza post-vendita, ecc). Questo significa che, prima di accettare un ordine o di emettere un’offerta, dovremo essere certi che i requisiti in contrasto tra offerta ed ordine siano stati chiariti, occorrerà poi verificare che l’organizzazione sia in grado di soddisfarli, andranno confermati i requisiti comunicati dal cliente verbalmente, ecc. Per capire bene cosa vuole il cliente è importante seguire questi passi: • Capire cosa facciamo: può sembrare scontato ma le regole cambiano se forniamo servizi piuttosto che SW o HW, materiali, prodotti tangibili o altro. Qual è il prodotto di una scuola, ad esempio? E quello di un ospedale? • Capire chi sono i nostri clienti: la nostra è un’organizzazione che fornisce prodotti/servizi ad un’altra organizzazione con attività business-to-business, oppure siamo un’unità di una multinazionale? Siamo un’istituzione, un ente assistenziale, un’associazione? Chi sono, in definitiva, i nostri clienti? Il cliente può essere esterno od interno all’organizzazione, si può trattare dei consumatori finali, degli utilizzatori del prodotto/servizio, dei nostri collaboratori, ecc. I clienti possono essere contemporaneamente appartenenti a diverse tipologie e possono avere requisiti molto diversi. C’è dunque una differenza tra cliente vero e proprio e parti interessate. Spesso non è così semplice individuare il cliente. Nel caso di un istituto scolastico, ad esempio, chi è il cliente? Lo studente o la sua famiglia? Oppure la società che vorrebbe che lo studente fosse formato come un cittadino modello? Prendendo in considerazione solo la norma UNI EN ISO 9001:2000 dovrebbe essere lo studente ma le parti interessate possono essere molte. E che dire dei requisiti? Lo studente sarebbe felice se si lavorasse solo un giorno alla settimana e se gli insegnanti non dessero compiti da fare a casa ma quali sono i requisiti dei genitori? • Capire cosa vogliono i nostri clienti: l’organizzazione non è obbligata a soddisfare tutti i desideri dei clienti, così come i clienti non sono obbligati a comprare dall’organizzazione. E’ importante però che l’organizzazione fornisca quello che ha stabilito di fornire e che cerchi di andare il più possibile al di là (compatibilmente con le sue possibilità) per contrastare la concorrenza. Ad esempio, come cliente, posso desiderare di entrare in un bar e di trovarvi la mia marca di succo di frutta preferita. Se non la trovo posso anche rinunciarci purché il succo di frutta sia servito alla temperatura giusta, velocemente, da un cameriere gentile e costi il giusto. Facciamo domande in merito alla data di spedizione, all’esigenza di imballaggi particolari, ai requisiti relativi alla documentazione, ecc • Capire se siamo in grado di fornire quello che il cliente vuole: per essere in grado di farlo tutti devono aver ben capito quali sono i requisiti da rispettare e tutti devono lavorare in tal senso. Basta un anello debole della catena per non dare al cliente esattamente quello che vuole (se, ad esempio, un ospedale fornisce un servizio modello ai degenti sotto tutti gli aspetti ma la reception tratta male i “clienti” non avremo fornito un servizio qualificato) • Come possiamo assicurarci di dare ai clienti quello che realmente vogliono: in un solo modo! Comunicando con i nostri clienti e chiedendo direttamente a loro se sono soddisfatti. I requisiti di prodotto possono essere determinati: - con un’analisi di mercato o facendo del benchmarking - analizzando le richieste specifiche dei clienti - apprendendo le nuove disposizioni cogenti - analizzando i clienti perduti e le offerte non andate a buon fine - tramite indagini dirette con i clienti - tramite le informazioni di ritorno da parte dei clienti Per le organizzazioni che lavorano su commessa occorre prevedere: - l’analisi della richiesta di offerta - l’emissione dell’offerta con tutti i dettagli tecnici ed economici - il riesame dell’ordine per verificare la congruenza con l’offerta emessa e l’emissione di un’eventuale conferma d’ordine 2) i requisiti non specificati dal cliente ma necessari per la destinazione d’uso 3) i requisiti cogenti (sono le disposizioni di legge relative al prodotto/servizio, le esigenze particolari di un mercato estero, ecc) 4) ogni altro requisito aggiuntivo stabilito dall’organizzazione Questo requisito riguarda soprattutto le aree: 1) Vendite (che trasforma il linguaggio del cliente in linguaggio dell’organizzazione e tiene traccia dei cambiamenti agli ordini in essere) 2) Marketing (fornisce informazioni sui prodotti) 3) Customer Service/Servizio Post-vendita Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si chiede di determinare i requisiti del prodotto, quelli del cliente e quelli necessari per l’utilizzo conosciuto e per le leggi cogenti. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiariscono meglio i requisiti relativi al prodotto. Viene aggiunta una nota che specifica che le attività che si compiono dopo la spedizione di un prodotto sono, ad esempio, la gestione delle garanzie, i servizi di manutenzione se previsti contrattualmente, ecc. 7.2.2. Una volta raccolti tutti i requisiti, questi vanno riesaminati prima che l’organizzazione si impegni a fornire il prodotto/servizio al cliente. Il riesame si effettua in tre momenti: 1) controllando che tutti i requisiti siano ben definiti 2) controllando che siano state discusse e risolte eventuali discordanze tra requisiti attuali e quelli definiti in precedenza 3) verificando che l’organizzazione sia in grado di soddisfare i requisiti Ci possono essere 2 casi: 1) forniture a catalogo (la fattibilità è stata verificata a monte prima dell’inserimento a catalogo. Il documento è solo da gestire in forma controllata) 2) forniture su commessa (rientrano anche le personalizzazioni di prodotti standard. Al ricevimento dell’offerta si deve fare un’analisi approfondita, emissione offerta, riesame dell’ordine per verificare congruenza con l’offerta inviata, registrazione dell’iter di controllo) Vanno conservate le registrazioni del riesame (ad es. conferma d’ordine, verbali di riunione, raccolta documentazione/appunti elaborati durante la trattativa, liste di controllo per l’analisi dei documenti contrattuali, data e firma sull’ordine, ecc) Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check/Act (Controllo/ consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). 7.2.3. La comunicazione è il biglietto da visita di un’organizzazione. Se telefoniamo ad un call center e ci risponde un operatore svogliato non siamo sicuramente ben impressionati. La stessa cosa capita se entriamo in un’azienda e siamo costretti ad aspettare perché non si sa quale sia la persona che deve interloquire con noi. Dare le risposte giuste ai nostri clienti è importante esattamente come fare dei buoni prodotti o fornire dei buoni servizi. Occorre comunicare efficacemente con il cliente per quanto riguarda: 1) tutte quanto riguarda il prodotto/servizio (cataloghi, schede tecniche, ecc) 2) le domande relative alla gestione delle offerte e agli ordini con le relative modifiche 3) i feedback del cliente (reclami, garanzie dei prodotti, visite presso i clienti, ecc) Tutte le funzioni che comunicano con il cliente devono sapere come l’organizzazione intenda farlo. Occorre identificare tutti i punti di contatto tra l’organizzazione e i clienti e stabilire: 1) chi e come può eseguire preventivi/offerte, accettare ordini e modifiche 2) chi deve analizzare i feedback dei clienti 3) chi e come può dare informazioni sui prodotti/servizi Deve esistere un’adeguata informativa pubblicitaria sia relativa alle caratteristiche del prodotto sia sulle modalità da seguire per comunicare con l’organizzazione e le funzioni delegate a tale proposito. Rispetto alla versione della norma, quella del 2000, si chiarisce meglio il concetto di “modalità efficaci” di comunicazione con il cliente. 7.3.1. La progettazione è il processo che traduce le esigenze del cliente in specifiche tecniche (relativamente ai materiali di partenza, ai prodotti finiti e ai processi produttivi). E’ un processo molto complesso per i seguenti motivi: - per il contenuto delle attività - per il numero di persone coinvolte - per la quantità di documenti creati - per il coinvolgimento di diversi interessi e di diverse competenze Quello che dovremo ottenere sarà un prodotto/servizio: - che sia fattibile e verificabile - che soddisfi il cliente ad un prezzo concordato - che sia conforme ad eventuali prescrizioni di legge o a regolamenti, norme di riferimento La progettazione e lo sviluppo del prodotto/servizio vanno pianificati e monitorati. La pianificazione, che ha lo scopo di individuare a priori le attività da svolgere e la loro successione, dovrebbe contenere: - la suddivisione in fasi della progettazione (concezione e studio di fattibilità, progettazione di massima, progettazione di dettaglio, costruzione del prototipo e relative prove, messa a punto delle attrezzature di produzione e controllo, produzione della serie zero, eventuali modifiche, approvazione della serie zero, start up) e dello sviluppo con l’indicazione relativa alla tempistica. - l’indicazione relativa alle attività di riesame, verifica e validazione con l’indicazione dei documenti di supporto per l’esecuzione delle varie fasi e il riferimento alle singole registrazioni - l’indicazione relativa a responsabilità ed autorità per ogni singola fase e alle interfacce tra le persone coinvolte nell’attività di progettazione Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla norma UNI EN ISO 9001:1994 si richiede di pianificare, verificare e validare le attività di progettazione e sviluppo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Plan (Pianificazione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, è stata aggiunta una nota con la quale si specifica che revisione, verifica e validazione della progettazione e sviluppo hanno scopi distinti. Possono essere condotte e registrate separatamente o in qualunque combinazione sia adatta all'organizzazione. 7.3.2. Prima di iniziare a progettare dobbiamo chiederci cosa vogliamo ottenere, se questa cosa è conforme alle norme e alle leggi che regolamentano il settore, cosa possiamo imparare dalla nostra esperienza passata, se ci sono delle cose che ci stiamo dimenticando. Gli input relativi ai prodotti devono essere definiti. Le registrazioni relative vanno conservate. Gli input devono comprendere: 1) requisiti funzionali e prestazionali (richieste del cliente, specifiche, capitolati) 2) requisiti cogenti applicabili (legislazione di prodotto, norme di riferimento) 3) informazioni derivanti da precedenti progettazioni similari 4) altri requisiti essenziali 5) feedback cliente/mercato Gli elementi in ingresso vanno riesaminati per verificarne l’adeguatezza e la completezza e per chiarire e risolvere requisiti ambigui o conflittuali. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 7.3.3. Gli output della progettazione e dello sviluppo (disegni, distinte, ecc) devono poter essere verificati a fronte degli input e devono essere approvati prima del loro rilascio. Gli output devono: 1) essere in grado di soddisfare gli input della progettazione e dello sviluppo 2) fornire tutti i dati necessari per acquistare il materiale e per produrre o erogare il prodotto/servizio 3) precisare i criteri di accettazione dei prodotti 4) stabilire quali sono le caratteristiche dei prodotti essenziali per il loro utilizzo sicuro ed adeguato Gli elementi in uscita dovranno essere documentati (ad es. in registrazioni di verifiche, validazioni, disegni tecnici, specifiche, istruzioni, schede di prodotto, cicli di lavoro, manuali di uso e manutenzione, piano di fabbricazione e controllo, tolleranze ammissibili, ecc) e approvati prima del loro rilascio. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, è stata aggiunta una nota con la quale si specifica che le informazioni relative a prodotti e servizi possono includere anche i dettagli per la conservazione dei prodotti. 7.3.4. Il momento in cui iniziamo a produrre un prodotto è sicuramente molto critico in quanto ad investimento di risorse, ecco perché la fase precedente, quella della progettazione, deve essere quanto più accurata e controllata possibile per assicurarsi in anticipo di rilasciare un progetto conforme ai requisiti e privo di criticità non valutate a monte. Il primo controllo richiesto è quello chiamato riesame e si fa prima della preparazione dei documenti o durante questa preparazione. Occorre effettuare riesami della progettazione e dello sviluppo rispetto a quanto si è pianificato. I riesami vanno pianificati a monte e, solitamente, vengono fatti nei momenti topici del progetto, alla fine delle fasi più critiche. Si fanno per due motivi: 1) valutare se i risultati della progettazione e dello sviluppo sono in grado di soddisfare i requisiti del cliente, quelli dell’organizzazione e quelli cogenti (fattibilità, completezza degli input, affidabilità, sicurezza, facilità d’uso, manutenzione, facilità di produzione, avanzamento del progetto e tempistiche, disponibilità di risorse, ecc) 2) individuare eventuali criticità e trovare le soluzioni (utilizzando, ad esempio, la tecnica FMEA) I riesami sono analisi critiche interdisciplinari che vengono condotte con tutti i rappresentanti delle funzioni coinvolte nelle fasi di progettazione e sviluppo. Si punta al miglioramento del progetto. Vanno mantenute registrazioni del lavoro fatto. Il riesame si può suddividere in: 1) riesame iniziale – ha come oggetto i requisiti in ingresso e include uno studio di fattibilità 2) riesame intermedio – può essere replicato più volte e viene effettuato, solitamente, al termine di fasi significative 3) riesame finale – effettuato dopo la realizzazione di un prototipo o di una preserie Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 7.3.5. Si devono effettuare verifiche per assicurarsi che gli ouput della progettazione e dello sviluppo siano compatibili con gli input. Le fasi di verifica vanno indicate nella pianificazione (il numero, le tipologie e i metodi per la verifica devono essere adeguati al prodotto che si realizza) e le registrazioni dei risultati delle verifiche e delle eventuali azioni necessarie vanno conservate. Alcuni metodi per effettuare una verifica possono essere: - controlli/collaudi su prototipi o parti/componenti - dimostrazioni pilota - verifiche della documentazione elaborata - calcoli alternativi - confronto con altri progetti - prove sperimentali Si valuta se lo scopo della progettazione/sviluppo è stato raggiunto, se l’esito delle scelte fatte ha portato ad un prodotto che si presume (sulla carta) essere in linea con i requisiti di ingresso. La verifica riguarda gli aspetti specifici del progetto. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 7.3.6. Occorre validare la progettazione e lo sviluppo per assicurarsi che il prodotto/servizio sia in grado di soddisfare i requisiti per l’applicazione specificata o prevista. Il controllo si fa sul prodotto (generalmente un prototipo), comparandolo con la lista dei requisiti iniziali. La differenza tra verifica e validazione che sembrano e suonano simili è che nella prima la verifica si fa sulla carta, nella seconda si fa sul prodotto. Si comporta come dovrebbe comportarsi? Occorre verificare se il requisito è applicabile o meno. La validazione è l’esame dell’adeguatezza all’uso cioè l’attività condotta prima della consegna o dell’uso del prodotto, in opportune condizioni che simulino le condizioni di utilizzo, allo scopo di valutare se lo stesso è rispondente alle esigenze esplicite o implicite dell’utilizzatore e se è in grado di soddisfare in condizioni operative (prototipo, pre-serie) determinati requisiti. Se il requisito è applicabile, la validazione va pianificata e andrebbe completata prima della consegna/utilizzo del prodotto/servizio. Le registrazioni dei risultati della validazione vanno conservate e devono dare evidenza, se applicabile, che la validazione è avvenuta prima della consegna o dell’utilizzo del prodotto/servizio. La responsabilità del progettista non finisce con l’emissione di disegni e della distinta di produzione, ma con l’accertamento dell’effettiva idoneità del prodotto, tenendo conto delle eventuali modifiche apportate ad esso in sede di messa a punto in officina o su campo. La validazione può consistere: - nella realizzazione di un prototipo o pre-serie - nell’erogazione di un servizio pilota - nel collaudo dell’opera prima della consegna - nella sperimentazione clinica - nella conferma da parte del destinatario del prodotto/servizio La validazione consiste nella definizione di una ricetta il cui risultato è da considerarsi conforme a priori, grazie a prove e dimostrazioni effettuate periodicamente secondo modalità stabilite. Gli elementi della ricetta sono: - personale competente - prassi definite - apparecchiature conformi alle specifiche Il tutto corredato da apposite registrazioni per permettere di ricostruire il processo effettivamente svolto. La validazione di un progetto, effettuata per verificare e garantire l’idoneità all’uso del prodotto nelle condizioni operative richieste e concordate con il Cliente, viene eseguita a pezzi costruiti per dimostrarne la conformità alla funzionalità, alla sicurezza e alle prestazioni definite in specifica. Si può effettuare in momenti ben precisi: 1) al momento del pre-montaggio quando gli uomini della Produzione verificano che i pezzi si interfaccino correttamente. 2) durante il collaudo presso la sede del costruttore (FAT Factory Acceptance Test) che viene seguito da uomini della Produzione in collaborazione con l’Ufficio Tecnico. E’ in questa fase che si può vedere se quanto progettato rispetta in pieno i requisiti del cliente. 3) durante il collaudo presso la sede del Cliente (SAT Site Acceptance Test). E’ in questa fase che si può verificare sul campo se quanto progettato rispetta in pieno i requisiti del cliente perché il nostro prodotto viene calato nel suo ambiente finale, interfacciandosi, eventualmente, con altri dispositivi. 4) durante il periodo di garanzia nel quale si mantiene traccia di tutti gli interventi fatti e delle motivazioni. L’assenza di questi interventi è un’ulteriore validazione del lavoro fatto. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 7.3.7. Se, nonostante tutti i controlli di cui sopra, la progettazione necessita di modifiche, fatele in tutta tranquillità ma tenetene traccia e, soprattutto, rifate tutti i controlli richiesti per assicurarvi che tutto sia a posto. Occorre identificare le modifiche fatte in sede di progettazione e sviluppo e vanno conservate le registrazioni. Le modifiche devono seguire lo stesso iter delle progettazioni (riesame che dovrà tenere conto degli effetti su componenti e prodotti già costruiti, verifica, validazione) e devono essere approvate. Il riesame deve comprendere la valutazione degli effetti che tali modifiche hanno sulle parti componenti e sui prodotti già consegnati. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 7.4. Il concetto di approvvigionamento può, in senso lato, dividersi in due rami: • • approvvigionamento vero e proprio (di materie prime, semilavorati, ecc) outsourcing, cioè affidamento all’esterno di una o più fasi del processo I vertici dell’organizzazione devono stabilire, attraverso la definizione delle politiche aziendali, cosa comprare all’esterno (comprese le lavorazioni da esternalizzare) e da quali tipologie di fornitori (criteri per la valutazione del fornitore). Le organizzazioni possono ricorrere all’outsourcing, cioè all’affidamento all’esterno di una o più fasi di processo) per diversi motivi: 1) perché all’interno dell’organizzazione manca la capacità tecnica per costruire un certo prodotto/semilavorato (ad es. mancano i macchinari necessari o il know-how) 2) perché il flusso di lavoro all’interno dell’organizzazione è già completo (le risorse sono già tutte saturate) 3) perché effettuare certe lavorazioni all’interno dell’organizzazione costerebbe di più che farle effettuare da un terzista. 4) perché sul mercato ci sono organizzazioni specializzate per l’attuazione di tali processi che assicurano maggiori competenze, economie di scala e migliore qualità Va ricordato che la responsabilità finale dei processi affidati all’esterno in outsourcing è sempre dell’organizzazione che li ha affidati (vd. punto 4.1). Questo significa che i processi affidati in outsourcing: - vanno pianificati ed evidenziati nel Sistema di Gestione della Qualità - vanno definite e controllate le modalità di controllo di questi processi mediante criteri di accettazione - se si tratta di processi critici devono essere definite le modalità di validazione Come si fa controllare un processo affidato in outsourcing? Se abbiamo le competenze per farlo possiamo fare un audit di verifica presso il fornitore, se non le abbiamo dobbiamo procurarcele istruendoci o ricorrendo ad uno specialista che sia in grado di gestire gli aspetti tecnici (capitolati, specifiche, ecc) Per poter gestire al meglio gli acquisti (di materiale o di lavorazioni esterne) è fondamentale la pianificazione. Andranno identificati i tempi di lead time lunghi e i rischi legati ai singoli fornitori per poter intervenire adeguatamente a seconda dei casi. Occorre superare il concetto di ispezione passiva della fornitura a favore di un coinvolgimento attivo dei fornitori in programmi di miglioramento qualitativo. 7.4.1 I capitoli relativi all’approvvigionamento sono molto importanti. Non dimentichiamoci che stiamo spendendo il denaro dell’organizzazione! Prima di comprare qualcosa dovremo cercare di valutare il fornitore dal quale abbiamo intenzione di comprarla, assicurarci di avere ben chiari i requisiti di ciò che vogliamo comprare ed effettuare un controllo sul prodotto/servizio acquistato che sarà proporzionale alla sua criticità. Occorre essere certi che i prodotti approvvigionati siano conformi ai requisiti specificati. Per ottenere questa certezza andranno fatti dei controlli sia sui fornitori sia sul prodotto/servizio acquistati. Per quanto riguarda i fornitori, occorre definire i criteri per la loro selezione, la loro valutazione e la loro rivalutazione. Le registrazioni di queste azioni consisteranno nei risultati delle valutazioni e nelle azioni conseguenti intraprese. Il processo di valutazione e qualificazione del fornitore si compone di 3 momenti: a) valutazione del fornitore (raccolta informazioni, accertamento sul posto, valutazioni di campioni di prodotto e delle performance del prodotto, ecc) b) iscrizione del fornitore nell’elenco dei fornitori qualificati c) mantenimento dell’iscrizione del fornitore nell’apposito elenco (subordinato ad un’attività di verifica periodica che l’organizzazione deve compiere per assicurare che il fornitore abbia mantenuto nel tempo quei requisiti che gli hanno permesso di essere incluso nella lista) Un fornitore potrà dunque trovarsi in una di queste situazioni: - fornitore non qualificato: è un fornitore che non può fornire prodotti/servizi all’organizzazione perché non è risultato essere qualificato per queste attività - fornitore sospeso: è un fornitore che è stato qualificato in passato ma che non ha superato la verifica periodica. Viene sottoposto dunque ad un periodo di osservazione durante il quale l’organizzazione deciderà se ri-qualificarlo o meno - fornitore qualificato: ha superato con successo il processo di qualificazione ed è stato inserito nella lista di fornitori qualificati Il fornitore può essere qualificato tenendo presenti questi aspetti: MISURE DI QUALITA’: - resi/scarti su pezzi forniti - misurazioni effettuate in accettazione o rilevazione delle prestazioni - certificazioni - referenze - organizzazione/struttura - capacità tecnica - controlli effettuati in progettazione/produzione - velocità nell’emissione dell’offerta - gestioni reclami efficace - documentazione fornita (cataloghi, listini, documentazione tecnica) - dati patrimoniali e finanziari - conformità alle specifiche TEMPESTIVITA’: - affidabilità nelle consegne (tempestività, completezza) - ritardo medio - tempo di ciclo (è l’intervallo che intercorre tra l’istante in cui l’ordine appare al fornitore e l’istante in cui il prodotto è reso disponibile al cliente) AFFIDABILITA’ VOLUMI: - scostamento medio ordinato/consegnato DISPONIBILITA’: - scostamento medio tra richiesto e concordato - flessibilità (capacità di variare le quantità rispetto ai valori concordati, capacità di anticipare/ritardare le spedizioni, capacità di adattarsi al sistema di ricezione del cliente) ELASTICITA’: - lotto minimo accettato dal fornitore COSTO: - prezzi - sconti - dilazioni PUNTEGGIO DI FORNITURA: - collaborazione tecnica - facilità di comunicazione - possibilità prove congiunte - assistenza post-fornitura - modalità di pagamento - resa merce - numero di magazzini - presenza in zona - qualità manutenzione e immagazzinamento - ampiezza della gamma (in senso orizzontale=modelli base offerti per ogni prodotto e in senso verticale=numero di varianti al modello base) - grado di coperture delle scorte (numero di prodotti tenuti a scorta ed entità delle scorte per ogni singolo prodotto) I fornitori si potranno dividere in più gruppi quali, ad esempio: 1) fornitori imposti dal cliente 2) fornitori certificati 3) fornitori di beni/servizi ad alta complessità che, pur non essendo certificati, hanno una struttura (tecnica ed organizzativa) adatta a fornire i beni secondo le modalità richiesti dall’organizzazione 4) fornitori che forniscono beni/servizi a bassa complessità e con i quali non sono mai stati riscontrati particolari problemi 5) fornitori potenziali (nuovi, in stand-by perché hanno ricevuto delle NC, ecc) Per quanto riguarda i prodotti/servizi, i controlli dovranno essere correlati alla tipologia di prodotto/servizio acquistato, agli effetti che il prodotto/servizio acquistato potrà avere sulla realizzazione del prodotto/servizio finale, alla storia conosciuta del fornitore (prestazioni pregresse, presenza sul mercato, ecc), ecc. Non è un requisito nuovo ma rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si richiede di stabilire criteri di selezione, valutazione e rivalutazione dei fornitori. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Ci possono essere diversi modi di valutare i fornitori: 1) autovalutazione (questionario inviato al fornitore) + storico + forniture 2) autovalutazione (questionario inviato al fornitore) + storico + forniture + consegne 3) autovalutazione (questionario inviato al fornitore) + non conformità 4) costi della qualità (costi per il trattamento delle parti di fornitura respinte, costi dovuti all’accertamento in seguito a lamentele, costo controlli al ricevimento) 7.4.2 Non basta assicurarsi di aver capito quello che il Cliente ci chiede, dobbiamo anche essere sicuri di trasmettere al fornitore le richieste relative a ciò che vogliamo ottenere. Le informazioni per l’approvvigionamento devono essere complete ed adeguate all’acquisto da fare. Va specificato come si svolgerà il processo di approvazione del prodotto/servizio, va valutato se è necessario verificare la qualificazione del personale del fornitore e i requisiti del Sistema di Gestione della Qualità. Tutti i requisiti specificati vanno verificati prima di comunicarli al fornitore. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 7.4.3. Questo requisito richiama il punto 7.4.1 e ci ricorda che vanno stabiliti a monte i criteri per controllare i prodotti/servizi approvvigionati. I controlli in ingresso potranno essere di diverso tipo, ad es.: 1) free-pass: per i prodotti dotati di certificato di conformità 2) master-lot: prelievo statistico e a campione 3) controllo totale ma comunque, andranno sempre specificati a monte i criteri utilizzati per effettuarli. Qualora si intenda effettuare verifiche presso il fornitore occorre precisarne le modalità all’interno dei requisiti di approvvigionamento. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 7.5.1. La produzione e l’erogazione di servizi devono avvenire in condizioni controllate. Questo vuol dire che le persone devono sapere cosa fare, eventualmente anche tramite istruzioni di lavoro e che devono avere gli strumenti giusti per poterlo fare. Per assicurarmi che tutto sia sotto controllo, dovrò effettuare i controlli e i monitoraggi necessari anche durante la spedizione del prodotto, la sua consegna al cliente finale e le attività di post-vendita. La produzione e l’erogazione di servizi vanno pianificate prima del loro svolgimento e vanno controllate. Le finalità di questo requisito sono due: 1) garantire la ripetizione dei processi 2) garantire un livello di prodotti costante Occorre rendere disponibili: - le informazioni necessarie sul prodotto - le istruzioni di lavoro necessarie, i cicli di produzione - macchine e apparecchiature idonee mantenute in buono stato di manutenzione - materie prime/semilavorati conformi - ambiente di lavoro adeguato - personale addestrato e/o qualificato - dispositivi e attività di monitoraggio e misurazione - attività di monitoraggio, misurazione, rilascio, consegna e assistenza post- vendita. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 7.5.2. I processi speciali, cioè quelli che originano un output che può essere verificato solo una volta che è già presso il cliente, dopo l’installazione o l’utilizzo, necessitano di una validazione che non va assolutamente confusa con la validazione della progettazione. Vanno validati tutti quei processi produttivi o di erogazione di servizi i cui output non possano essere verificati nei modi tradizionali (con attività di misurazione e monitoraggio). Alcuni esempi di processi da validare, perché eventuali carenze si evidenzierebbero solo dopo la consegna del prodotto, sono: incollaggio, saldatura, trattamenti superficiali, verniciatura, attività di insegnamento, sterilizzazione, intrattenimento dal vivo. La validazione deve provare che i processi sono in grado di raggiungere i risultati pianificati. La validazione è necessaria solo quando: 1) i prodotti sono di alto valore o impattano sulla salute 2) quando i difetti del prodotto si possono evidenziare solo durante l’utilizzo dello stesso (se non si può fare una verifica del prodotto) 3) quando i processi non possono essere ripetuti 4) quando non è possibile fare una verifica del prodotto Per validare questi processi occorre: 1) definire i criteri per analizzare e approvare i processi 2) definire i criteri per approvare le apparecchiature necessarie e per qualificare il personale 3) stabilire quali metodi e procedure occorrono per descrivere correttamente le attività 4) definire i requisiti necessari per le registrazioni 5) stabilire quando rivalidarli (se questi processi subiranno dei cambiamenti andranno validati nuovamente) Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si richiede la validazione dei processi ogni volta che gli output non possono essere verificati. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 7.5.3 I prodotti, i materiali e i componenti, quando appropriato, vanno identificati in modo univoco lungo tutte le fasi di realizzazione del prodotto mediante apposizione di opportuni codici/elementi identificativi. Deve, inoltre, essere identificato lo stato di avanzamento dei prodotti per quanto riguarda i controlli, le misurazioni e i monitoraggi eseguiti (deve essere evidente lo stato del prodotto). Qualora poi sia richiesta la rintracciabilità (per legge, per contratto o per necessità interne) occorre essere in grado di correlare i materiali con i documenti collegati per ricostruirne la storia (dal ricevimento alla spedizione), seguirne l’utilizzo o l’ubicazione. Le finalità sono: 1) mantenere nel tempo registrazioni atte a collegare un prodotto con la documentazione di dati raccolti 2) possibilità di risalire alle caratteristiche del prodotto (parti costitutive, risultati controlli, processi produttivi, ecc) 3) possibilità di eseguire richiami dei prodotti. La rintracciabilità è di tre tipi: - rintracciabilità in ingresso: occorre conoscere le diverse fonti di approvvigionamento di una materia prima che questa venga lavorata - rintracciabilità durante il processo (chi è l’operatore di turno su una certa macchina, il collaudatore, ecc) - identificazione della destinazione dei prodotti (a quali clienti sono stati spediti i diversi lotti) Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). 7.5.4. Bisogna aver cura delle proprietà del cliente (parti fornite dal cliente per essere incorporate nella fornitura completa, prodotti dei clienti ai quali viene prestato un servizio/lavoro, casi di assistenza tecnica, proprietà intellettuali, ecc) che vanno identificate in modo inequivocabile, verificate al momento dell’accettazione per verificarne l’adeguatezza, protette durante la permanenza all’interno dell’organizzazione movimentandole con mezzi adeguati e conservandole correttamente e salvaguardate. Qualora le proprietà del cliente siano perse, danneggiate o ritenute inadeguate all’utilizzo, queste situazioni vanno comunicate al cliente e le relative registrazioni conservate. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiariscono meglio i concetti di “protetto”, “salvaguardato” e di proprietà intellettuale. 7.5.5. Va mantenuta la conformità dei prodotti/servizi fino alla consegna finale. Non basta, dunque, costruire un buon prodotto, bisogna anche assicurarsi che il prodotto rimanga integro in tutte le fasi della sua lavorazione e fino alla consegna finale. Come lo faremo è un problema nostro ma bisogna farlo. Nella conservazione devono rientrare: l’identificazione univoca, la movimentazione (tipologia di mezzi, sistemi di carico, criteri di sicurezza, manutenzione), l’imballaggio (natura del prodotto da spedire, mezzi di trasporto, istruzioni di imballaggio, pesi e ingombri, identificazione e segnalazioni), l’immagazzinamento e protezione (corretta conservazione, sistemi di carico, criteri di sicurezza, condizioni ambientali, metodi di rotazione del magazzino come il F.I.F.O.). Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiarisce meglio questo requisito relativo alla conservazione dei prodotti per tutte le tipologie di prodotto. 7.6. Per fornire evidenza della conformità dei prodotti, occorre individuare quali monitoraggi e misurazioni operare e con quali dispositivi. Occorre che: 1) le apparecchiature siano tarate, ad intervalli specificati (basati sul buon senso e sui risultati della taratura precedente), a fronte di dispositivi riferibili a campioni nazionali o internazionali 2) sia identificato lo stato di taratura degli strumenti 3) le apparecchiature siano protette da aggiustamenti/regolazioni che potrebbero invalidare la taratura 4) in assenza di riferimenti riconosciuti devono essere registrati i criteri adottati per la taratura 5) siano registrati i risultati della taratura. La stato della taratura deve essere evidente quando utilizzo lo strumento (utilizzare etichette, ecc). Spiegare cosa riportare, ecc 6) sia riverificata la validità di precedenti misure in caso di esito negativo della taratura (l’apparecchio non è conforme ai requisiti). Occorre adottare azioni opportune per gli apparecchi e i prodotti coinvolti. Questo requisito si discosta dagli altri perché non è direttamente coinvolto nella produzione di un prodotto o di un servizio ma è stato incluso nel capitolo 7 perché può essere escluso. Si può utilizzare come ulteriore guida la ISO 10012-1 e la ISO 10012-2 Occorre decidere: 1) quali misure controllare 2) quali apparecchiature gestire in maniera controllata 3) definire le catene metrologiche aziendali 4) come eseguire la taratura degli strumenti e con quali procedure di riferimento 5) come bilanciare le incertezze di misura in base alla realtà aziendale di appartenenza I documenti utilizzabili sono: - la scheda strumento: che permette di gestire correttamente la registrazione degli interventi e di facilitare il processo di conferma metrologica - etichette: permettono l’immediata evidenza dello stato dello strumento e della sua utilizzabilità - istruzioni: costituiscono i documenti di riferimento per l’utilizzo, la manutenzione, la taratura, ecc - scadenziari: sono il mezzo per gestire in modo programmato gli interventi di taratura e manutenzione Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, dal paragrafo a) viene tolto il riferimento al punto 4.2.4. Per quanto riguarda i dispositivi di monitoraggio e misurazione, si chiariscono meglio le esigenze relative agli strumenti dotati di software mediante l'aggiunta di una nota che spiega che dimostrare che un software funzioni a dovere comprende operazioni quali verifica e gestione della sua configurazione. CAP.8 8.1 I processi di misurazione, analisi, monitoraggio e miglioramento devono essere pianificati prima della loro attuazione. Questi processi dovranno: - dimostrare che i nostri prodotti/servizi sono conformi - che il nostro Sistema di Gestione della Qualità è conforme ai requisiti - che il nostro Sistema di Gestione della Qualità migliora di continuo la propria efficacia Non basta raccogliere dati se non sappiamo come utilizzarli. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si richiede di definire e pianificare le misure e i monitoraggi che si vogliono implementare. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 8.2.1. I processi di misurazione, analisi, monitoraggio e miglioramento devono essere pianificati prima della loro attuazione. Questi processi dovranno: - dimostrare che i nostri prodotti/servizi sono conformi - che il nostro Sistema di Gestione della Qualità è conforme ai requisiti - che il nostro Sistema di Gestione della Qualità migliora di continuo la propria efficacia Non basta raccogliere dati se non sappiamo come utilizzarli. Non è un requisito nuovo ma, rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si richiede di definire e pianificare le misure e i monitoraggi che si vogliono implementare. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, mediante l'aggiunta di una nota si chiarisce cosa si intenda per monitoraggio e misurazione della soddisfazione del cliente. Ottenere input da questionari, dati relativi alla qualità dei prodotti consegnati, opinioni dei consumatori, analisi dei clienti perduti, gestione delle garanzie, ecc. sono tutti modi per mantenere monitorato questo indicatore. 8.2.2. Gli audit vanno programmati mediante l’utilizzo di un piano di verifiche ispettive (definendo i criteri, l’estensione, la frequenza e le modalità) tenendo presente quanto è importante per la qualità l’area che andiamo ad esaminare e quali risultati abbiamo avuto nella verifica precedente. Ogni area andrebbe verificata almeno una volta all’anno anche se questo la norma non lo chiede esplicitamente. Va verificato se il Sistema è conforme ai requisiti della norma, ai requisiti dell’organizzazione e ai requisiti del cliente, se è applicabile e applicato in maniera efficace, se è efficace e se è migliorabile. Non dobbiamo però perdere di vista i requisiti di salute e sicurezza, le norme cogenti, ecc anche se la norma non lo chiede esplicitamente. Le verifiche periodiche servono anche per mantenere il focus sulla qualità perché troppo spesso le organizzazioni si dimenticano di adempiere ai propri doveri non appena hanno ottenuto il certificato, salvo poi ricordarsene due mesi prima della verifica da parte dell’ente certificatore. Vanno definiti i criteri alla base degli audit (scopo, frequenza, metodologie, ecc) Le verifiche ispettive devono essere effettuate da personale super partes che non abbia, cioè, legami diretti con l’area esaminata. Gli auditor dovranno conoscere molto bene il Sistema di Gestione della Qualità e le tecniche di conduzione di una v.i.i. I risultati delle v.i.i. andranno documentati ed allegati agli atti e dovranno basarsi su evidenze oggettive (pertanto non smentibili dalla controparte), non su impressioni o opinioni personali. Responsabilità, modalità operative e requisiti per la pianificazione e per la conduzione delle v.i.i., per la documentazione dei loro risultati e la conservazione delle relative registrazioni vanno precisati in una procedura apposita. I responsabili delle aree sottoposte a verifica dovranno incaricarsi di portare a termine le azioni necessarie per eliminare le NC rilevate e le loro cause nel tempo stabilito. Una verifica ispettiva interna, infatti, è veramente efficace solo se è seguita dall’adozione di tempestive azioni correttive per eliminare le cause delle carenze emerse. Le azioni successive devono prevedere la verifica dell’attuazione delle azioni predisposte e la comunicazione dei risultati di questa verifica. Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, nelle note il riferimento alle norme ISO 10011-1, ISO 10011-2 e ISO 10011-3 è sostituito con quello alla ISO 19011. 8.2.3. Occorre monitorare e, se possibile, misurare, i processi del Sistema di Gestione della Qualità, definendo quali metodologie intendiamo adottare per compiere questo lavoro. Va data evidenza dell’individuazione di variabili significative, vanno definiti valori di riferimento con i quali confrontarsi e/o condizioni per lo svolgimento del processo e tolleranze ammesse. Occorre dimostrare che i processi sono in grado di raggiungere i risultati pianificati. Qualora i risultati pianificati non venissero raggiunti, devono essere adottate correzioni ed intraprese azioni correttive per assicurare la conformità dei prodotti. Non vanno, dunque, monitorate e misurate solo le caratteristiche di un prodotto/servizio ma anche quelle del processo. E’ un requisito nuovo. Rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994 si richiede di misurare e monitorare i processi per dimostrare la capacità del Sistema di raggiungere i risultati pianificati. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, si chiarisce meglio che questo paragrafo si concentra sui processi e si identificano le relazioni con il paragrafo 8.2.4. Mediante una nota, infatti, si precisa che i metodi per il monitoraggio dei processi vanno scelti pensando al loro impatto sulla conformità del prodotto e sul SGQ dell'organizzazione. 8.2.4. I prodotti vanno misurati e monitorati per assicurarsi che i relativi requisiti siano stati soddisfatti. I controlli da effettuarsi in fasi appropriate dei processi di realizzazione del prodotto (in accettazione, in process, finali), vanno pianificati a monte definendo le caratteristiche oggetto del controllo, i valori di riferimento (se applicabili), le condizioni per lo svolgimento del processo, le tolleranze ammesse, la frequenza dei controlli, la qualificazione degli operatori che effettuano i controlli, i documenti sui quali registrare i risultati dei controlli, le strumentazioni più idoneee per effettuare i controlli, i responsabili del rilascio del prodotto, ecc. La scelta di quando, quanti e quali controlli eseguire dipende da: - criticità del prodotto approvvigionato - affidabilità ed adeguatezza del fornitore - facilità di verifica ad un certo stadio di produzione - impatto sui costi (personale, attrezzature, ecc) I controlli possono dunque essere: - al 100% - a campione Vanno mantenute registrazioni che devono indicare le persone che autorizzano il rilascio dei prodotti. Le modalità per dare evidenza del superamento dei controlli possono essere: - attestati di prova - certificati - modulistica compilata - cicli di lavoro spuntati e firmati - registrazioni computerizzate - ecc. Anche la nuova norma, come la precedente, ci chiede di assicurarci che i prodotti siano conformi. I controlli vanno pianificati a monte e registrati. Alla fine dello svolgimento di ogni processo ci deve essere una misurazione e/o un monitoraggio, un’analisi ed un’azione conseguente. Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, vengono chiariti i requisiti per il “rilascio dei prodotti”. 8.3. La non conformità è il mancato soddisfacimento di un requisito, cioè di un’esigenza o aspettativa che può essere espressa, implicita o cogente. Si differenzia dal difetto che è il mancato soddisfacimento di un requisito attinente ad un utilizzo specificato. Le azioni da intraprendere potranno essere: -interne (da adottarsi quando la NC non incide sulla sicurezza del consumatore né sull’immagine/perdita di clienti) -esterne (da adottarsi quando occorre per questioni di sicurezza del consumatore il richiamo/ritiro dei prodotti dal mercato) Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do (Esecuzione). I prodotti non conformi ai requisiti specificati devono essere identificati, tenuti sotto controllo per evitare che entrino nel ciclo produttivo e che vengano consegnati erroneamente al cliente, va stabilito cosa fare per gestire l’errore che si è verificato, va preparata tutta la documentazione del caso, i prodotti non conformi vanno valutati con tutte le funzioni interessate, vanno prese decisioni relativamente al prodotto/servizio e va definita la responsabilità di queste decisioni, i prodotti non conformi vanno corretti da personale competente, in alcuni casi sottoposti ad approvazione da parte dei clienti, registrati per poter condurre analisi dei dati, riverificati. Le non conformità possono essere: 1) casuali 2) sistematiche 3) indipendenti dalla volontà dell’organizzazione Una procedura deve precisare le modalità e le responsabilità ed autorità relative alla gestione dei prodotti NC. I prodotti non conformi vanno trattati in uno dei seguenti modi: - adottando azioni atte ad eliminare le NC (rilavorazione, cioè l’azione su un prodotto non conforme, per renderlo conforme ai requisiti o la riparazione, cioè l’azione su un prodotto non conforme per renderlo accettabile per l’utilizzo previsto) - autorizzandone l’uso, il rilascio (cioè l’autorizzazione a procedere alla fase successiva di un processo), l’accettazione con concessione (cioè l’autorizzazione ad utilizzare o rilasciare un prodotto anche se non è conforme ai requisiti specificati) da parte di chi ha titolo per farlo o, se applicabile, dal cliente o la deroga (cioè l’autorizzazione, concessa prima della produzione, a scostarsi dai requisiti di un prodotto specificati in origine). Ricordiamo che una concessione è, di regola, limitata alla consegna di un prodotto con caratteristiche non conformi, entro limiti specificati e per un tempo o un numero concordato di prodotti. Una deroga è, di regola, rilasciata per un numero limitato di prodotti, per un tempo limitato e per uno specifico utilizzo - adottando azioni atte a precluderne l’utilizzo o l’applicazione originariamente previste per il prodotto (declassamento) - scartandoli Vanno conservate registrazioni sulla natura delle NC e sulle azioni susseguenti intraprese. Quando un prodotto NC viene corretto deve essere riverificato per dimostrarne la conformità ai requisiti. Quando un prodotto NC viene rilevato dopo la sua consegna o dopo l’inizio del suo utilizzo occorre adottare appropriate azioni in merito agli effetti, reali o potenziali, derivanti da tali NC. Non è un requisito nuovo. Rispetto alla UNI EN ISO 9001:1994, però, si richiede che quando un prodotto non conforme è individuato dopo la spedizione, si intraprendano azioni per mitigare l’effetto della non conformità. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). Rispetto alla versione precedente della norma, quella del 2000, la parte relativa alla scoperta della non conformità dopo la consegna del prodotto al cliente passa da riflessione conslusiva a punto d) dell'elenco presente in questo paragrafo. 8.4. Questo paragrafo ci spiega cosa dobbiamo fare con tutti i dati che ci è stato chiesto di raccogliere fino ad ora. I dati devono aiutarci a prendere delle decisioni, altrimenti sono inutili. Si richiede di individuare, raccogliere ed analizzare i dati relativi all’andamento del Sistema di Gestione della Qualità (dati relativi alla soddisfazione del cliente, dati relativi alla conformità ai requisiti, andamento dei processi, dati relativi ai fornitori, ecc) per dimostrare che il Sistema è adeguato alle esigenze dell’organizzazione ed efficace. Tramite questi stessi dati dovremo essere in grado di identificare dove c’è lo spazio per i miglioramenti. I dati dovranno consentire il loro confronto nel tempo ai fini del miglioramento continuo. Da cosa si riconosce un’organizzazione vitale? Dalla sua FLESSIBILITA’ nell’adattare i propri processi alle necessità del cliente, dall’EFFICACIA, dall’EFFICIENZA, dal controllo che si può esercitare sui suoi processi (riducendone la varianza). I dati necessari dovranno essere: - disponibili su richiesta - facilmente accessibili - facilmente archiviabili - forniti puntualmente e su base regolare E’ un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Check (Controllo). 8.5.1. Attraverso le nostre dichiarazioni (la politica della qualità), i nostri target (gli obiettivi), le verifiche, le analisi dei dati, le azioni correttive e preventive e le revisioni del Sistema dobbiamo assicurarci di migliorarlo continuamente. Non basta assicurare la rispondenza ai requisiti pianificati del processo, occorre migliorare le prestazioni su base continuativa. Vanno definite e messe in atto le modalità per ottenere miglioramenti (semplificazione dei processi, riduzione delle tempistiche, ecc) e si deve verificare l’efficacia dei miglioramenti stessi. Si richiede di dare evidenza dei metodi utilizzati per migliorare continuamente l’efficacia del Sistema di gestione della qualità attraverso l’utilizzo degli elementi definiti dalla norma quali l’adeguamento e lo sviluppo della politica della qualità e degli obiettivi, la valorizzazione dei risultati delle verifiche ispettive interne, i dai riesami della Direzione, le azioni correttive/preventive. I fattori strategici di successo sono: - innovazione - qualità - servizio - efficienza E’ un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Act (consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). Per migliorare davvero bisogna, prima di tutto, identificare i principali motivi che ci spingono verso il bisogno del cambiamento, perché saranno proprio loro che dovranno sostenerci lungo il nostro difficile percorso e che dovranno sostenerci spingendoci a migliorarci sempre e comunque. Una volta individuato il “perché” vogliamo cambiare, resta da definire l’obiettivo che vogliamo porci per poter scegliere la metodologia più adatta al suo raggiungimento e formare un gruppo di lavoro adatto a lavorare sul miglioramento auspicato. Tutte le fasi descritte sopra, dovranno essere definite dai vertici dell’organizzazione perché la leadership, uno degli otto principi della qualità, altro non è che la capacità di far cambiare le organizzazioni facendole progredire e migliorandole. Ma cosa vuol dire davvero “migliorare”? L’attività di miglioramento può vertere sul recupero di efficacia o sull’ottenimento di una maggior efficienza. Per migliorare l’efficacia, conviene partire da quelli che sono i desideri dei nostri clienti e verificare cosa si può fare per soddisfarli meglio. Per aumentare, invece, l’efficienza, si possono riesaminare le operazioni compiute dall’organizzazione sllo scopo di eliminare quelle che non creano valore aggiunto, riducendo i costi dovuti alla mancanza di qualità. I miglioramenti si possono ricercare in moltissimi campi. Tra questi citiamo l’ambito delle metodologie di lavoro, quello della qualità del prodotto, la produttività, la sicurezza dei lavoratori, ecc. Il miglioramento può avvenire in due modi: - mediante piccoli cambiamenti fatti da tutto il personale, senza soluzione di continuità (kaizen) - mediante un’innovazione data dallo sforzo di pochi ricercatori, progettisti ed esecutori, che si concretizza in cambiamenti sostanziali ed episodici PREPARARSI AL MIGLIORAMENTO Prepararsi a migliorare, significa prepararsi a cambiare qualcosa. Del cambiamento abbiamo già parlato e abbiamo anche già detto che, per sostenerlo, occorre strutturare bene le fasi che lo contraddistinguono. I “killer” che uccidono la nostra voglia di migliorare, infatti, sono molti e si identificano in strategie poco chiare, priorità in conflitto tra loro, mancanza di coordinamento, poca credibilità da parte dei vertici, mancanza degli skill necessari, ecc. Vediamo dunque, come deve essere affrontato un progetto di miglioramento, fase per fase. Fase di pianificazione: 1) per prima cosa occorrerà decidere cosa si vuole cambiare in base alle esigenze dei clienti, ad un’analisi fatta utilizzando il principio di Pareto, ai suggerimenti raccolti dai dipendenti e ai risultati rilevati con gli indicatori 2) una volta deciso cosa fare, bisognerà fare un’analisi dei rischi e dell’impatto che il nuovo progetto avrà su costi e benefici 3) andrà formulata poi una vision e andrà decisa la metodologia da utilizzare per migliorare 4) si dovranno poi scegliere le persone che lavoreranno sul progetto che dovranno avere come caratteristica comune la voglia di cambiare 5) si pianificherà e si erogherà un’eventuale formazione dei partecipanti al gruppo 6) quando il discorso risulterà chiaro a livello direzionale, occorrerà spiegare perché occorrono i cambiamenti e illustrare i costi e i rischi che il non miglioramento comporterebbe 7) andranno poi definiti i processi sui quali impatterà il cambiamento così come andranno definiti, per ognuno di essi, gli obiettivi di miglioramento che dovranno essere misurabili e la tipologia di monitoraggio da associare per tenere sotto controllo l’avanzamento dei lavori 8) si realizzerà un’as-is della situazione di partenza, comprensiva di un eventuale diagramma di flusso descrittivo del processo da migliorare 9) si identificheranno i gap da colmare, rispetto agli obiettivi posti Fase di raccolta dati: 1) si dovranno identificare le cause che impediscono al processo di raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti Fase di progettazione: 1) per capire come si può progettare un miglioramento, si potranno effettuare sedute di brainstorming per tirare fuori idee innovative o si potranno effettuare studi di benchmarking per verificare come lavorano le organizzazioni eccellenti 2) questa è la fase nella quale si dovrà progettare come eliminare le attività prive di valore aggiunto 3) andrà impostata la misurazione dei risultati Fase di implementazione: 1) si consiglia di condurre prima un progetto pilota per valutare eventuali aggiustamenti da fare. Solo in seguito il miglioramento andrà implementato su larga scala 2) i miglioramenti progettati andranno implementati e testati 3) occorrerà esaminare se i risultati ottenuti ricadranno o meno all’interno dell’area prevista Fase di stabilizzazione: 1) i miglioramenti fatti andranno stabilizzati e proceduralizzati per farli diventare uno standard 8.5.2 La correzione è l’azione per eliminare una NC rilevata, l’azione correttiva è l’azione per eliminare la causa di una non conformità rilevata. La norma ci chiede di attivarci per eliminare le cause sistematiche delle non conformità in modo da assicurarci che non si ripetano in futuro. Le azioni da compiere sono definite “correttive” e sono dei provvedimenti adottati per correggere condizioni pregiudizievoli per la qualità e precluderne la ripetizione. Va redatta una procedura che specifichi: - come si identificano le N.C. - come si effettua il loro riesame - chi ha la responsabilità di coordinare il lavoro, di controllare lo stato di avanzamento e di documentare il tutto - come si individuano e come si raggruppano le cause delle N.C. - come ci si assicura che le N.C. non si ripetano - come si registrano le azioni attuate - come si riesaminano le azioni correttive attuate per verificarne l’efficacia - come si archiviano i dati Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Do/Act (Esecuzione/consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento). Spesso conviene tralasciare l’urgente per dedicarsi all’importante, passando dalla cultura dell’emergenza alla cultura del progetto. Se si fa una buona manutenzione non c'è bisogno di fare lavori straordinari. 8.5.3. La norma ci chiede di attivarci per fare in modo che non si verifichino non conformità. Bisogna saperle prevedere per fare in modo che non si verifichino. Le azioni da compiere sono definite “preventive” e sono dei provvedimenti adottati per prevenire condizioni pregiudizievoli per la qualità e precluderne il verificarsi. Va redatta una procedura che spieghi come: - come si identificano le potenziali N.C. - come si individuano le loro cause - chi ha la responsabilità di coordinare il lavoro, di controllare lo stato di avanzamento e di documentare il tutto - come si fa in modo che le N.C. non si verifichino - come si registrano le azioni attuate - come si riesaminano le azioni preventive attuate per verificarne l’efficacia - come si archiviano i dati Non è un requisito nuovo. Prendendo come riferimento il ciclo PDCA siamo nella fase di Act (consolidamento dei risultati raggiunti e miglioramento).
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