Marzo 2014

P I Numer
E M O oN1T E
2014
RMarzo
E P O
R T
PIEMONTE
R E P O R T
L AV O R O , C I T TA D I N A N Z A , I D E N T I T À
s o m m a r i o
Editoriale
Ce ne faremo una ragione ...
di Gianni Cortese
pag. 03
Interventi
Intervista a Luigi Angeletti
La Redazione
pag.05
Un congresso che guarda al futuro
Carmelo Barbagallo
pag.07
Il lavoro: qualità e quantità Guglielmo Loy
pag.10
Il futuro dell’Europa
Nerio Nesi
pag.14
Nuovi assetti territoriali:
la città metropolitana
Piero Fassino
pag.15
Garanzia giovani: occasione per
dare ed avere risposte
Claudia Porchietto
pag.17
Sanità, doveva essere una rivoluzione,
invece era un calesse
Lorenzo Cestari
pag.18
Un congresso per il cambiamento Mauro Casucci
pag.20
Lavoro, giovani, progetti europei
e cassa in deroga
Teresa Cianciotta
pag.22
Dalle Province
Alessandria: gli effetti della crisi Aldo Gregori
pag.24
Asti: crisi, immigrazione, burocrazia
Armando Dagna
pag.25
Biella: crisi e piccoli segnali di ripresa
Cristina Mosca
pag.26
Ivrea: può il Canavese sviluppare
una vocazione turistica?
Luca Cortese
pag.28
Novara: la crisi è alle spalle
o sulle spalle?
Raffaele Arezzi
pag.29
V.C.O: segnali di ripresa? Non nel V.C.O
Franco Borsotti
pag.30
Vercelli: la crisi delle istituzioni locali
Piergiorgio Varini
pag.31
Enti e servizi UIL
Al via la collaborazione tra EnFAP
e Pegaso Università Telematica
di Ezio Benetello pag. 32
La vicenda Fondiaria SAI:
Costituzione di parte civile…
di Silvia Cugini
P eriodico
della
pag. 35
UIL P iemonte
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma1, CB-NO/TORINO - n° 1 Anno 2014
Piemonte Report
N. 1 - Anno 10 - Marzo 2014
Periodico della UIL Piemonte
Direzione, redazione, amministrazione:
Via Bologna, 11 - 10152 Torino
Comitato di Redazione:
Pasquale Carducci
Mauro Casucci
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Direttore responsabile: Marco Civra
Vicedirettore: Giovanni Cortese
Teresa Cianciotta
Impaginazione e stampa:
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Ambra Lo Sardo
Bimestrale - Spedizione in abbonamento postale- 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96
Maurizio Peverati
Registrazione Tribunale di Torino
n. 5991 del 20 settembre 2006
Sergio Collin
Domenico Paoli
Fernando Rosato
Francesco Ruggiero
Piemonte Report lascia agli autori la responsabilità delle opinioni espresse.
I manoscritti inviati non si restituiscono.
editoria l e
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editoria l e
Ce ne faremo una ragione…
Di Gianni Cortese, Segretario Generale UIL Piemonte
vazione, la riduzione dei costi
quisti, soprattutto dei cosiddet-
dell’energia, l’allentamento dei
ti beni durevoli.
vincoli burocratici e la semplifi-
Per quanto riguarda, invece, le
cazione delle procedure.
esportazioni, nel 2013, il valo-
Ci sembra, inoltre, che sia
re del Piemonte ha raggiunto
giunto il momento di riformare
la considerevole cifra di 41,4
le istituzioni, ridurne i livelli,
miliardi di euro, con un incre-
chiarire le competenze per li-
mento del 3,8% sul 2012, a
mitare drasticamente i conflit-
fronte del lieve calo nazionale
ti derivanti dall’attuale titolo V
dello 0,1%.
della Costituzione.
Bisogna, quindi, puntare deci-
Se poi si volesse intervenire per
samente sulla ripresa interna,
ridurre e accorpare le migliaia
immettendo risorse a beneficio
di società partecipate dal pub-
dei ceti più disagiati, che sono
Gianni Cortese
blico, con relativa soppressione
costretti a privarsi di beni e ser-
In prossimità dell’ingresso nel
dei consigli di amministrazione
vizi essenziali.
sesto anno della peggior crisi
saremmo ancora d’accordo.
Il governo Renzi ha annun-
che il nostro Paese ha vissuto
Altrettanto dicasi per una dra-
ciato, il 12 marzo scorso, un
dal dopoguerra del secolo scor-
stica riduzione delle decine di
cospicuo numero di provvedi-
so, la politica italiana sembra
migliaia di stazioni appaltanti
menti. Aspettiamo di verificare
aver imboccato un nuovo cor-
oggi presenti nelle Amministra-
se i benefici fiscali potranno
so, sicuramente per quanto ri-
zioni Pubbliche per l’acquisto di
riguardare anche i pensiona-
guarda la velocità di approccio
beni e servizi.
ti, ingiustamente dimenticati,
ai problemi.
Se all’elenco aggiungiamo la
se la flessibilità nei contratti a
La direzione del nuovo governo,
necessità di esercitare un ruolo
tempo determinato non favori-
affidata a Matteo Renzi, sembra
importante in Europa, per mo-
rà ulteriore precarietà e se le
caratterizzata dal dinamismo e
dificarne le politiche prevalen-
coperture finanziarie saranno
dalla irriverenza di chi ritiene
temente improntate ai bilanci
effettivamente esigibili. Intanto
di avere, in autosufficienza, le
(il cosiddetto fiscal compact),
registriamo positivamente l’at-
ricette idonee a contrastare la
si completa un paniere di in-
tenzione rivolta al mondo del
crisi. Noi siamo convinti che
terventi molto impegnativi ma
lavoro e, in particolare, la de-
sia necessario procedere ra-
ineludibili per sperare di favo-
terminazione nell’orientare la
pidamente
rire la crescita di cui c’è tanto
maggior parte delle risorse ver-
misure in grado di dare una
bisogno.
so i dipendenti. L’annunciato
scossa all’economia, attraverso
Il problema principale del no-
aumento della tassazione, dal
la riduzione della pressione fi-
stro Paese, come sappiamo, è
20 al 26%, sulle cosiddette ren-
scale ai lavoratori e ai pensio-
legato al continuo arretramento
dite finanziarie, con l’eccezione
nati. Riteniamo che siano an-
dei consumi nel mercato inter-
dei titoli di stato, è un’altra del-
che importanti: il sostegno alle
no, per mancanza di risorse e
le misure indicate inutilmente
imprese che intendono compe-
cadute di reddito derivanti da-
dal sindacato ai governi prece-
tere e mantenere l’occupazione,
gli effetti della crisi e, in parte,
denti, che dovrebbe prossima-
attraverso la ricerca e l’inno-
per la sfiducia che frena gli ac-
mente concretizzarsi.
all’assunzione
di
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editoria l e
E’ curioso registrare che le risorse disponibili annunciate
dal presidente Renzi non fossero state notate dal governo
Monti e da quello di Enrico Letta. Tant’è, se così fosse, saremmo lieti di sapere che esistono
opportunità e risorse finora
inutilizzate. D’altronde, è bene
ricordare quante iniziative unitarie abbiamo assunto alla fine
dello scorso anno per indurre il
Governo Letta ad osare di più
con la legge di stabilità, restituendo risorse a chi le tasse le
paga, per innescare una progressiva ripresa. Tutto è stato
inutile e i risultati sull’economia, ma sullo stesso governo
Letta, si sono visti.
Nell’approccio del nuovo governo, la cosa che riteniamo
ingiusta e sbagliata è l’atteggiamento del premier, quando
ritiene che si possa fare a meno
del confronto con il sindacato,
unico corpo intermedio rappresentativo di milioni di lavoratori
e pensionati.
Scoprire che per il presidente
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Renzi l’interlocuzione migliore
si sviluppa con il leader della
Fiom, desta in noi non poche
perplessità. Evidentemente le
relazioni personali (non quelle
industriali) del Segretario della
Fiom sono più convincenti ed
efficaci: ce ne faremo una ragione!
In coscienza, il sindacato, ma la
UIL in particolare, ha dimostrato, nei suoi 64 anni di storia,
i caratteri evidenti del riformismo, assumendo posizioni coraggiose e innovative, che hanno sempre cercato di conciliare
gli interessi dei propri rappresentati con quelli più generali
dell’Italia.
In questi lunghi anni di crisi,
abbiamo cercato di dare ascolto
e, quando possibile, risposte ai
tanti che non le hanno trovate
nella politica e nelle istituzioni. Siamo stati e siamo vicini ai
giovani, agli esodati, ai disoccupati, ai cassaintegrati, ai precari, ai tanti che quotidianamente
non trovano neanche più uno
sportello aperto per chiedere
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informazioni e l’assistenza per
istruire una pratica, a causa
dei tagli lineari sul personale e
perché oggi tutto deve svolgersi
per via telematica.
Mentre altri parlavano a vanvera di diritti, abbiamo difeso i
posti di lavoro con accordi volti a rendere competitive le nostre imprese e, qualche volta,
a togliere alibi a coloro che intendevano delocalizzare, nella
consapevolezza che quando le
fabbriche chiudono difficilmente riapriranno.
Siamo convinti, e ne daremo
prova anche nel nostro percorso congressuale, che anche il
sindacato debba fare passi importanti per adeguarsi ai tempi
e ai nuovi bisogni dei cittadini e
dei lavoratori.
Con questa consapevolezza riteniamo che il governo debba
cambiare idea su un’impostazione sbagliata dei rapporti con
il sindacato.
Rivolgiamo interessatamente al
governo Renzi gli auguri affinché possa riuscire dove gli altri
governi hanno fallito, anche per
la mancanza di coraggio, che
sicuramente non difetta all’attuale Presidente del Consiglio.
Gli antichi romani indicavano
con l’aggettivo felix (fortunato) le persone nate sotto buoni
auspici e destinate a compiere
grandi imprese.
Vedremo nel percorso del governo, costellato di insidie e
difficoltà, se il Presidente Renzi
saprà meritarsi l’appellativo di
felix.
Come sempre, noi giudicheremo dai fatti e non dai propositi.
I nterventi
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I nterventi
Intervista a Luigi ANGELETTI
Segretario Generale nazionale UIL
1) Angeletti, sembra che il
nuovo Governo guidato da
Matteo Renzi sia partito con
il piede giusto: la riduzione
delle tasse per i lavoratori dipendenti, nel mese di maggio
sarà finalmente una realtà.
Sono anni che la Uil chiede
questo provvedimento: soddisfatto?
R) Sì, sono soddisfatto. Dopo 4
anni di scioperi e manifestazioni, finalmente abbiamo trovato
un governo che ha fatto la cosa
giusta: ridurre le tasse ai lavoratori. È sicuramente il provvedimento migliore e rappresenta
una svolta nella politica economica. L’ultima riduzione, peraltro di entità inferiore, risale a
12 anni fa: poi è stato un susseguirsi di aumenti di tasse e,
quindi, della disoccupazione.
È sicuramente l’inizio, nessuno
pensa che ci possano essere dei
miracoli, però questa è la scelta
giusta: rilancerà i consumi,
la ripresa e l’occupazione. Ci
saranno sicuramente effetti
espansivi.
2) E i provvedimenti sul mercato del lavoro?
R) Per quel che riguarda i
provvedimenti sul mercato del
lavoro, si tratta di “una razionalizzazione e non di una rivoluzione. L’obiettivo di rendere
più agevoli le assunzioni non
può che essere condiviso. Per
quanto riguarda gli ammortiz-
go verso la svolta.
4) Segnali importanti giungono anche dalle scelte di contenimento dei costi della politica. Cosa ne pensi?
3) Come si deve proseguire,
ora?
R) Trovo che sia molto positiva
la decisione del Presidente del
Consiglio di avviare un’incisiva, profonda ed efficace riforma
della burocrazia - sabbia negli
ingranaggi della crescita - e di
procedere all’eliminazione delle
Province. Anche in questo caso,
si tratta di battaglie che, da
lungo tempo, vedono la Uil in
prima linea. Per dare più forza
a questo progetto di razionalizzazione della spesa, ci permettiamo di suggerire al Presidente
di prevedere anche un accorpamento delle società pubbliche
locali e dei Comuni, al di sotto
di una certa soglia di abitanti,
oltre a provvedere al drastico ridimensionamento delle stazioni
appaltanti.
R) Innanzitutto, bisognerà prevedere vantaggi fiscali anche
per i pensionati che sembra
siano stati esclusi dal provvedimento sulla riduzione delle
tasse.
Poi, si tratterà di fare un ulteriore passo avanti per la semplificazione e l’effettiva riduzione dei vincoli burocratici di
questo Paese. Ribadisco, però,
che siamo nella giusta direzione: è stato fatto non un “passetto”, ma un passo molto lun-
5) In questi anni abbiamo assistito a una seria crisi del sistema politico che non ha avuto
la capacità né la forza di fare
scelte adeguate alle effettive necessità del Paese. Quanto sono importanti le riforme
istituzionali anche per riattivare i processi economici?
R)La nostra attenzione ai processi che dovrebbero condurre
alla costruzione di nuovi assetti
istituzionali deve essere massima e fattiva. La definizione di
Luigi Angeletti
zatori sociali i cambiamenti saranno assolutamente graduali
e non stravolgeranno l’attuale
assetto. Cercheranno di espandere la copertura ai co.co.pro.
: una cosa importante, ma non
una rivoluzione. La riforma
Fornero verrà modificata, non
smantellata. Non c’è un rovesciamento di logica.
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I nterventi
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I nterventi
nuove regole, infatti, è fondamentale anche per rinnovare
l’incisività e l’efficacia della nostra azione a tutela di quelle
categorie che rappresentiamo
e che subiscono gli effetti del
deterioramento del quadro istituzionale. C’è sicuramente una
questione aperta che attiene
alla modifica della legge elettorale, ma non è questo l’unico
problema da risolvere.
6) Continua ad esserci, infatti, un problema di governabilità. Come va affrontato?
R)Negli ultimi anni, è stato dimostrato che non è sufficiente
la definizione di una maggioranza per assicurare la governabilità. La riforma elettorale,
dunque, deve essere propedeutica alla riforma della Costituzione materiale. In questo quadro, le modifiche delle
norme del Titolo V, con una
riduzione dei livelli decisionali istituzionali, e l’eliminazione
del Senato, nella sua configurazione e nelle sue funzioni
odierne, costituirebbero un
passo importante verso un riequilibrio e una maggiore fluidità del sistema. Oggi, siamo in
una condizione in cui, a causa
dell’incapacità della politica di
assumere decisioni, il potere
burocratico e, a volte, anche
quello giudiziario possono sterilizzare alcune scelte utili allo
sviluppo del Paese. Questo
meccanismo non funziona: i
cittadini ne subiscono i danni
e, poi, gli attriti si riverberano
sui corpi intermedi.
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7) Analizzando le difficoltà
della nostra economia, hai
avuto parole piuttosto dure
nei confronti di una certa tipologia di imprenditori. Quali sono le loro responsabilità?
grazie al quale è stata modi-
R)Io credo che se l’economia va
male è anche perché non tutti i
capitalisti sono poi così bravi a
fare il loro lavoro. Alcuni sono
troppo opportunisti e vogliono
fare affari solo quando sono sicuri di aver un tornaconto. A
questo proposito, è stata addirittura coniata un’espressione:
il capitalismo di relazione. Ciò
vuol dire che alcuni pensano
che, per fare gli imprenditori,
non sia necessario avere buone idee e investire, ma bisogna
avere buone relazioni. Così non
può funzionare. Fortunatamente, ci sono molti imprenditori che sanno fare bene il loro
mestiere e, in quei casi, i risultati si vedono.
cosa si dovrebbero sostanzia-
ficata la Costituzione materiale delle relazioni sindacali,
comporterà anche un rinnovamento del rapporto con
il sistema delle imprese. In
re queste diversità?
R) Da questa crisi economica le
imprese non usciranno uguali a se stesse: anzi, stanno già
cambiando. Ad oggi, noi non
abbiamo strumenti legali che
ci consentano di intervenire
nelle loro vicende e di influire
sulle decisioni che determinano
cambiamenti degli assetti strategici. È giunto il momento di
rimediare a questa lacuna. Le
aziende non sono tutte uguali e
non esiste una sola opzione per
potere partecipare all’evoluzione dei loro processi decisionali. Qualunque siano le soluzio-
8) Hai sostenuto che la recente definizione del Testo
Unico sulla rappresentanza,
ni specifiche e differenziate da
adottare, questa è una scelta
che occorrerà comunque fare. I nterventi
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I nterventi
Un congresso che guarda al futuro
Di Carmelo Barbagallo, Segretario Generale Aggiunto UIL
Tutti ormai sappiamo che la
crisi economica mondiale, seconda soltanto alla Grande Depressione del 1929, ha colpito
in maniera particolare i Paesi
più sviluppati investendo l’intera Europa. Torna in mente
il film “La vita è meravigliosa”
di Frank Capra in cui il tema
della crisi economica mette in
luce la crisi esistenziale del
protagonista che si spinge fin
quasi al suicidio. Capra mette
così al centro della vita sociale
il valore dell’individuo e l’idea
secondo cui nessun uomo può
essere considerato un fallimento. Ecco, in questi anni difficili,
sembra proprio essersi appannato il valore intrinseco dell’uomo e del lavoro come strumento di emancipazione, dignità e
partecipazione alla vita sociale
e allo sviluppo mondiale e del
proprio Paese.
Già dal 2009, una forte contrazione della produzione e della
domanda ha portato l’estendersi della crisi in tutti i Paesi del
mondo occidentale con gravi
recessioni e con vorticosi crolli
dei PIL. Una crisi che ha visto
tutti gli Stati esposti all’influenza dei mercati e degli organismi
economici sovranazionali. Noi
abbiamo sempre sostenuto che
non si potesse progettare uno
sviluppo basandosi esclusivamente sulla finanza anziché
sulla centralità del lavoro. Avevamo ragione.
I segni di questa drammatica
situazione sono molti, i più
evidenti e traumatici riguardano il lavoro e il reddito: i cittadini sono stati costretti così a far
fronte alle difficoltà mettendo
mano ai propri risparmi e investimenti. Sono poi cambiati gli
stili di vita e i comportamenti
sui consumi, con evidenti ripercussioni sull’equilibrio tra
offerta e domanda. Circa un
italiano su due, oltre a vivere
una situazione difficile contin-
Carmelo Barbagallo
gente, è preoccupato per i propri figli, altamente scolarizzati
ma senza lavoro, oppure precari e molto spesso costretti a
raggiungere altri Paesi europei
per trovare un lavoro.
I costi della crisi, così, non si
distribuiscono
equamente.
Coinvolgono in modo più pesante quelli che hanno perso
il lavoro o ne sono ai margini,
come tutto il mondo precario
giovanile, o quelli che erano già
fuori dal mercato del lavoro con
un rischio maggiore per le donne. Ciò vale anche per i pensionati che oltre al calo del potere d’acquisto hanno subito le
conseguenze dei tagli al Welfare
ed è per questo che in questa
categoria è assolutamente indispensabile ripristinare il sistema di perequazione.
I dati Istat di questi giorni ci
confermano un trend ancora
negativo della disoccupazione che a gennaio è balzata al
12,9% mentre nel resto d’Europa si ferma, dato comunque
non confortante, al 12%. Sfioriamo quindi i 3,3 milioni di disoccupati ed è un dato drammatico raggiunto solo nel 1977.
Tra i giovani i senza lavoro
sono il 42,4%: 690 mila perso-
ne. Dato ancora più drammatico quello del Sud del Paese che
arriva ad un tasso di disoccupazione giovanile del 50%.
Questa crisi ha così eroso il
vecchio modello di sviluppo
senza trovarne uno alternativo
e la violenza della competizione
globale ha prodotto fratture nel
mondo dei diritti di cittadinanza e di rappresentanza collettiva dei lavoratori.
Questa situazione ha generato
un’emergenza e noi, che siamo orgogliosi di essere anche
il Sindacato dei cittadini, ce ne
dobbiamo assolutamente occupare: il riconoscimento del
principio di cittadinanza come
elemento unificante e qualificante del Sistema Paese. Tutto
ciò richiede un impegno a tutto
campo, partendo dai livelli nazionali e proseguendo nei livelli
territoriali in un ruolo del Sindacato aperto ad una visione e
ad una contrattazione europea
che riaffermi il valore del capitale umano.
Abbiamo deciso tutti insieme
di cambiare profondamente il
nostro modo di “fare sindacato” passando ad un “sistema a
rete” strutturato, progettato e
regolato nei rapporti e nell’attribuzione delle responsabilità.
Con questo nostro nuovo modello di organizzazione vogliamo puntare a raggiungere – in
modo migliore - un maggior
numero di lavoratrici e lavoratori, pensionati, giovani in cerca di lavoro: in una parola tutti
i cittadini. Allo stesso tempo
vogliamo rafforzare i rapporti
tra i gruppi dirigenti e le strutture, facendo patrimonio delle
diverse esperienze e sensibilità che da sempre riconosciamo
come valore. Per questo abbiamo deciso, all’interno del quadro generale strategico, alcuni adeguamenti organizzativi:
valorizzare le presenze dei luoghi di lavoro, rafforzare l’in7
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sediamento territoriale, ottimizzare il nostro impegno in
Europa, rendere più moderne
le nostre strutture orizzontali, creare maggiori sinergie nel
sistema delle Categorie, realizzare l’integrazione del “Sistema dei Servizi Uil”, coordinare
più efficacemente le politiche
di proselitismo, qualificare i
gruppi dirigenti anche attraverso la formazione, diffondere e
socializzare il sistema di comunicazione, perseguire un sempre più efficace utilizzo delle
risorse economiche. Questi gli
obiettivi definiti nella Conferenza di Organizzazione e dei Servizi dell’Ottobre 2012 che possiamo così sintetizzare: la UIL
ovunque, per tutti, di tutti, su
qualsiasi questione è al fianco
dei cittadini attraverso l’attività
delle Categorie, dei territori, dei
nostri servizi e degli enti strumentali di cui ci siamo dotati
nel corso degli anni.
Con questi nuovi innesti strutturali saremo certamente in
grado di affrontare un Congresso che dovrà guardare non a
quello che si è fatto ma a quello
che dovremo saper fare per il
futuro dei lavoratori e dell’Italia.
Siamo di fronte ad una crisi
della politica che non investe
solo il nostro Paese ma che da
noi ha assunto apici preoccupanti. L’idea che la politica non
sia più al servizio dei cittadini,
e quindi entità da combattere, è
ormai un sentire comune. Noi,
al contrario, crediamo nella politica. Essere un Sindacato laico ed indipendente non ha mai
voluto dire indifferenza nei confronti della politica. Al contrario
ci siamo costantemente identificati nei valori e nei principi
espressi dalla Sinistra sociale
europea. Per questo ci aspettiamo che la politica possa, al più
presto, riconquistare la fiducia
del Paese e tornare ad essere
la politica con la P maiuscola.
Vogliamo calarci nella politica e
dialogare con essa perché nessuno potrà mai convincerci che
sia indifferente scegliere una
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cosa piuttosto che un’altra.
Vogliamo tornare ad appassionarci come cittadini e come
rappresentanti del mondo del
lavoro. Pensiamo infatti che la
profonda crisi morale ed etica
in cui siamo precipitati possa
essere superata soltanto in una
nuova casa della politica che
ricostruisca un rapporto democratico con i cittadini anche
attraverso i rinnovati dettati costituzionali, la trasparenza nelle scelte ed un rinnovato valore
della legalità.
Il Governo dovrà quindi necessariamente confrontarsi con
noi non solo sul lavoro, che
dovrà tornare ad assumere un
ruolo centrale, ma anche sul
modello di sviluppo che immagina e su quali strumenti utilizzare per far fronte ad una crisi
che ha creato povertà e generato incertezze e preoccupazione.
Per quanto ci riguarda dovremo
essere in grado, lungo il percorso congressuale, di immaginare nuove strade per ricomporre
l’ormai frammentato mondo del
lavoro. Impegnarci perché si
torni ad una Società più solidale che guardi ai lavoratori, ai
precari, ai giovani ed al mondo
dei pensionati.
Questo è quello che ci attende
e la scelta di iniziare, fin dalle
prime stesure, a condividere in
modo ampio e partecipato con
tutto il gruppo dirigente le tesi
congressuali vuole essere il nostro rinnovato modo di vivere,
discutere ed elaborare la linea
politico-sindacale della Uil dei
prossimi anni.
Parleremo dell’Europa che sovrintende
qualsiasi
nostra
analisi: il modello europeo di
questi anni, basatosi su politiche liberiste e di austerità, ha
prodotto una grave recessione
e causato diseguaglianze nella
distribuzione delle ricchezze e
del benessere. Il modello sociale europeo, che poteva e doveva
essere un esempio per il resto
del mondo, ha finito per indebolirsi, poiché i governi hanno
erroneamente pensato che si
potesse superare la crisi riducendo i sistemi di protezione
sociale, le pensioni, la sanità ed
i diritti nel lavoro.
E’ quindi ormai evidente il fallimento delle politiche europee
che hanno inoltre accentuato
il divario tra il Nord ed il Sud
dell’Europa, determinando, per
quanto riguarda l’Italia, una
crisi generalizzata con un aggravamento maggiore nel Mezzogiorno che già subiva le difficoltà, ormai secolari, della
rinascita e dello sviluppo. Dal
nord al sud assistiamo a scene, cui non eravamo abituati,
di lavoratori, disoccupati cronici, imprenditori sul lastrico che
per sopravvivere affollano i centri della Caritas.
L’Europa che ha preteso sacrifici, che non è stata capace di
unificarsi realmente, dovrà trovare una nuova via. La Banca
Europea non potrà più soltanto
seguire l’andamento dell’inflazione ma dovrà essere dotata di
capacità monetaria per favorire
lo sviluppo dell’intera Europa
proprio per ricostruire la coesione sociale persa.
Per questi motivi dovremo immaginare nuovi modelli economici e sociali, uscendo da una
logica puramente difensiva,
riproponendo e riaffermando
la centralità di una reale democrazia economica del lavoro
e del sociale. In un momento
come questo la solidarietà tra
gli individui, le pari opportunità, i diritti di cittadinanza debbono tornare ad essere temi
centrali dello Stato che prima
di ogni altra cosa dovrà garantire alle persone più fragili un
livello di vita accettabile.
Infatti, al contrario di quanto
fosse necessario, l’intervento
dello Stato si è ridotto attraverso le privatizzazioni e la riduzione degli investimenti nella Pubblica Amministrazione,
continuando a criminalizzare
i dipendenti pubblici come se
tutto quello che stava avvenendo fosse derivato dal loro lavoro.
La Pubblica Amministrazione
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deve invece costituire il cardine del sistema politico e sociale
anche attraverso la valorizzazione delle competenze e dell’esperienza dei suoi lavoratori
che debbono tornare ad essere
riconosciuti quale irrinunciabile risorsa . Proprio per questo
dobbiamo pretendere la ripresa
immediata della contrattazione
per il rinnovo contrattuale ormai bloccato da anni.
Affronteremo il tema della fragilità, diventata ormai strutturale, del nostro sistema produttivo incapace di innovarsi
anche a causa dei mancati investimenti pubblici e privati. La
presenza delle grandi imprese
si è andata drasticamente riducendo fino a diventare quasi
residuale. Inoltre, la capacità
imprenditoriale del nostro sistema, caratterizzata da una
accentuata presenza di piccole e medie imprese, ha subito
le conseguenze di un sistema
complesso, spesso inaccessibile, di accesso al credito. In
questo contesto non c’è da stupirsi se, oltre all’aumento della
disoccupazione, sia cresciuto
il lavoro nero giunto al 12,2%.
Interi territori, da nord a sud,
sono stati investiti da una crisi industriale senza precedenti: dalle imprese con reali crisi
finanziarie, autenticamente in
pericolo, a quelle che invece
hanno scelto di delocalizzare
dove il costo del lavoro è più
basso ma dove anche i diritti
sono minori.
Per tutte queste ragioni occorre una politica industriale che
sia di nuovo caratterizzata dal
rilancio degli investimenti pubblici e privati, da una nuova era
di ricerca ed innovazione, anche tramite la green economy e
la sostenibilità ambientale, che
continui a puntare sulle storiche caratteristiche manifatturiere del nostro Paese.
Da anni sosteniamo che sia
indispensabile innovare e consolidare il sistema delle infrastrutture che rappresentano
un altro cardine per lo svilup-
po. Con l’aggravarsi della crisi
ed i tagli alla spesa pubblica, le
opere pubbliche hanno subito
un vero e proprio declino raggiungendo il -52% di interventi.
Su questo versante bisognerà
pretendere scelte certe ed organiche anziché specifici provvedimenti destinati a singole
opere così come fino ad oggi è
stato fatto.
Occorrerà poi intervenire con
decisione a favore di una nuova politica fiscale che affronti
alcuni nodi fondamentali: la riduzione delle tasse sul lavoro,
gli interventi sui trattamenti
previdenziali, il potenziamento
della tassa sulle transazioni finanziarie e un serio e concreto
impegno nel contrasto all’evasione fiscale.
Per quanto riguarda la previdenza abbiamo avuto profonde
divergenze con tutti gli ultimi
Governi. Abbiamo raggiunto il
culmine dopo il varo della Legge Monti-Fornero che per noi è
stata una mera operazione di
cassa (lo stato risparmierà circa 80 miliardi di euro in dieci
anni). Questa legge ha invece
causato un ulteriore impoverimento dei pensionati, ha creato
incertezze sui diritti, ha messo
in gravissime difficoltà il mondo degli esodati e quello dei
lavoratori non adeguatamente
protetti. In un momento come
questo la Riforma Fornero va
abolita. Abbiamo bisogno di ricostruire l’intero sistema pensando anche alle pensioni del
futuro. Dobbiamo ritornare ad
una previdenza che, oltre alla
sostenibilità finanziaria, reintroduca le caratteristiche di
flessibilità, gradualità e solidarietà. Dobbiamo far crescere
la previdenza complementare,
una delle migliori cose prodotte
dal dialogo sociale di questi ultimi anni, allargando la partecipazione dei lavoratori mediante
una reale esigibilità del loro diritto di voto.
Per ultimo, e non certo per importanza, vorrei accennare ad
uno dei grandi problemi che
affliggono il mondo del lavoro e
che ha bisogno di risposte concrete: la precarietà. Sosteniamo
l’estensione dei diritti ed un lavoro sempre meno precario non
solo per i giovani, che difficilmente trovano spazi, ma anche
per tutti coloro che sono stati
espulsi durante questi anni di
crisi. Non abbiamo preconcetti
ma siamo certi che ridurre diritti a chi ne possiede non ne
concede automaticamente a chi
non ne ha. Non vogliamo sottrarci al confronto ma non accetteremo che qualcuno decida
senza la nostra partecipazione
e condivisione su un tema che
riguarda direttamente gli interessi, la vita, i diritti e il futuro
di quel mondo di lavoratori che
continua ad attendere risposte
e che noi ogni giorno rappresentiamo.
Questi alcuni dei temi al centro del nostro dibattito congressuale, dove dovremo occuparci
anche di: scuola e formazione,
ricerca e sviluppo, diversità di
genere e pari opportunità, quadri e artigianato, handicap, diritto all’abitare, conservazione
dell’ambiente, green economy e
molti altri.
Abbiamo di fronte un momento
difficile che non ha precedenti
ma vogliamo accettare la sfida
ed assumerci le responsabilità che derivano dalla volontà
di tutelare al meglio il mondo
che rappresentiamo. La nostra
nuova sfida partirà certamente
da quello che saremo in grado
di decidere e costruire nel nostro prossimo Congresso. Un
Congresso che sono sicuro sarà
realmente partecipato, dove le
donne e gli uomini della nostra
Organizzazione sapranno mettere a disposizione le proprie
esperienze e le proprie idee.
9
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
Il lavoro: qualità e quantità
Di Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL
Guglielmo Loy
Sarebbe inutile fare la cronistoria del processo di revisione
sulla normativa lavoristica che
si è avuto negli ultimi 5 anni,
soprattutto a fronte dell’insufficiente risultato che ha prodotto.
Qualche titolo sarà sufficiente
a ricostruire i passaggi più significativi al fine di comprendere anche l’evoluzione del ruolo
della contrattazione e dei suoi
diversi livelli.
Abbiamo assistito al cambio di
tre Governi in un solo lustro
(segno evidente della instabilità politica che caratterizza il
nostro Paese), ognuno dei quali
ha apposto il suo “timbro” sul
tema del Lavoro, sia su “impulso” dell’Europa, sia per ideologia di partito, sia per quel
perverso meccanismo per cui
ad ogni cambio di poltrona, si
rimette mano a quanto è stato
fatto in precedenza.
Ed a ben vedere, è proprio sul
tema del lavoro che è maggiormente evidente questo atteggiamento. Prova ne è il continuo
cambiamento della normativa
sul lavoro che sta diventando il
leitmotiv di ogni programma di
10
Governo.
Il tutto celato dietro ad un virtuoso progetto che è quello di
creare e regolare il mercato del
lavoro, che dovrebbe avvenire
attraverso una immensa mole
di leggi, decreti legge (sempre
più numerosi, segno di evidente svilimento del ruolo del potere legislativo in luogo di quello
esecutivo!), circolari, interpelli, sentenze, ordinanze, che
vengono modificati dall’oggi al
domani, con evidente smarrimento degli addetti ai lavori e,
ancor più di chi, imprenditori
e lavoratori, deve pedissequamente seguire una normativa
in costante evoluzione.
Eppure da 5 anni a questa parte non possiamo certo dire che
è cambiata, come fu negli anni
’70, l’organizzazione del lavoro!
Si è così passati da una delegittimazione della contrattazione
collettiva, con chiaro nocumento per i lavoratori, attraverso
una forte apertura al “contratto
individuale”, anche in riferimento ai motivi di cessazione,
allo step successivo della legittimazione da parte della contrattazione di “prossimità” di
poter derogare, in casi tassativi, a leggi e alla contrattazione
di 1° livello, fino ad una delega
ampia a tutti i livelli di contrattazione.
Su quest’ultimo aspetto, condivisibile nel merito, c’è da fare
una riflessione di metodo. La
contrattazione non può assumere il ruolo di “semplice attuatore” di quanto deciso “unilateralmente” dal potere legislativo ed esecutivo.
Le Parti Sociali, non sono
“alunni” a cui dare il compitino
da svolgere.
Uno scarico di responsabilità
evidente, soprattutto in assenza
di una effettiva consultazione
e partecipazione del Sindacato nel decidere “dove”, “come”,
“se” e “quando” modificare.
Sono, questi, elementi importanti da valutare. Un esempio
per tutti ne è stato l’orientamento (Fornero docet), poi fortunatamente non attuato, di
modificare l’istituto della cassa
integrazione nel bel mezzo di
una crisi senza precedenti o il
nefasto effetto che sta producendo per molti giovani disoccupati, la riforma delle pensioni.
Occorre, quindi, sovvertire
quella che sta diventando sempre più una consuetudine che
vede il Sindacato come semplice “esecutore” di scelte già decise e non come “parte attiva,
partecipe e co-decisore” delle
scelte, siano esse di riforma,
che di semplice modifica.
A maggior ragione quando si
parla di lavoro, dove gli effetti
di scelte politiche errate, non
previamente condivise con le
Parti Sociali, si ripercuotono in
primis sui lavoratori ed, indirettamente, sul Sindacato tacciato di “assente ingiustificato”
nel processo decisionale.
Sarebbe quindi il caso di assumersi, tutti, una grande responsabilità: quella di guardare ad un mercato del lavoro in
cui è la contrattazione collettiva ad individuare e regolare gli
interessi, diritti e doveri di chi
rappresenta. O quanto meno,
se l’intenzione è quella di rivisitare le norme lavoristiche, di
rendere pienamente partecipi
al processo decisionale, e non
solo meramente consultivo, le
Parti Sociali. In sostanza sosteniamo che la vera Innovazione,
di cui c’è gran bisogno, non
I nterventi
passa dalla (ennesima) salvifica
legge sul lavoro ma dal pieno
dispiegarsi della contrattazione. E’ più vivo, moderno, realistico, adeguare alle tantissime
specificità che caratterizzano
il nostro sistema produttivo ed
economico il “rapporto” tra impresa e lavoratore o “mettere le
mutande al mondo” con una
norma generalista o generica?
Questo è il tema vero che il paese ha di fronte ed al quale anche la UIL deve dare una risposta. Resta ferma la necessità di
indicare degli obiettivi condivisi
a partire dal come si possa dare
la speranza, alle persone, di costruirsi un percorso che porti
alla continuità di reddito e di
lavoro.
Quindi, principi generali fissati
da regolazioni aperte e semplici
e poi forte declinazione contrattuale anche per gestire le crisi
e favorire (o rilanciare) nuove
imprese, in coerenza anche con
l’accordo sul modello contrattuale del 2011.
Gli indicatori del mercato del
lavoro, le comunicazioni obbligatorie, il monitoraggio sulla
Riforma sul Lavoro e sugli ultimi strumenti messi in atto per
creare occupazione, ci confermano che non sono le Riforme
sul lavoro, più o meno organiche, né le continue modifiche
alle modalità di accesso al mercato del lavoro, né l’apertura
ad una maggiore flessibilità, né
misure incentivanti le imprese,
né il tanto ideologico superamento dell’art. 18, le condizioni
di una “rinascita” occupazionale.
La crisi è mondiale, ma mentre
alcuni Paesi stanno ripartendo,
noi no.
Le delocalizzazioni, le vendite
a terzi Paesi dei nostri marchi,
l’apertura del sistema imprenditoriale italiano a chi fa concorrenza sleale all’interno, una
pressione fiscale alle stelle,
PIEMONTE
R E P O R T
l’assenza di serie politiche industriali di lungo periodo, possano determinare un rilancio
occupazionale?
Abbiamo idea di quante aziende nascono e muoiono negli
ultimi anni? Quanti lavoratori
sono stati espulsi dal mercato
del lavoro con o senza sostegno al reddito? Quanti lavoratori sono in cassa integrazione?
Quante sono le piccole e piccolissime aziende che continuano ogni anno ad attivare la
cassa integrazione in deroga?
E quanti giovani sono alla disperata ricerca di un lavoro da
troppo tempo? Ma, soprattutto,
ci ricordiamo che pur in presenza di un mercato del lavoro
molto flessibile, il lavoro nero
continua a resistere sottraendo diritti ai lavoratori e risorse
spendibili in politiche anche
occupazionali?
Il saldo di crescita delle aziende
nel 2013 è stato dello 0,2% (384
mila attivazioni e 372 mila cessazioni), il più basso dal 2007.
Nel corso del 2013 sono state
presentate oltre 2,1 milioni di
domande di disoccupazione,
incluse Aspi e Mini Aspi, con
un aumento del 33,8% rispetto al 2012. Soffrono il disagio
occupazionale oltre 3 milioni di
disoccupati (tra cui 635 mila
giovani tra i 15 e 24 anni), a cui
si aggiungono oltre 10 milioni
di inattivi, di cui 4,4 milioni di
giovani (per scoraggiamento e
motivi familiari). E se il disoccupato che ha raggiunto il requisito contributivo previsto
dalla normativa vigente sull’Aspi, ha una seppur minima forma di indennità, l’inoccupato è
escluso da qualunque forma di
ammortizzatore sociale.
Lo strumento della cassa in deroga che, con tutte le sue problematicità, si è rilevata uno
strumento efficace per tutte
quelle aziende piccole e piccolissime che rischiavano di chiu-
I nterventi
dere con l’inevitabile perdita di
centinaia di migliaia di posti di
lavoro, è riuscita a salvaguardare, nel 2013, oltre 130 mila
unita di lavoro. E, complessivamente, la cassa integrazione
ha tutelato 500 mila posti di lavoro, ed i lavoratori interessati sono annualmente circa 1,6
mln.
Sul fronte giovani, la situazione
è maggiormente preoccupante,
se paragonata agli altri Paesi
europei, poiché il rischio dei ragazzi italiani di rimanere disoccupati è molto più alto (fino a
4 volte) rispetto ai giovani europei e, altra anomalia italiana, il
numero dei giovani scoraggiati
è più alto dei disoccupati.
Qui il problema è essenzialmente collegato ad alcune cause
principali: da una parte abbiamo cause di tipo “strutturali”
come l’inefficienza del sistema
di incontro domanda e offerta;
la sempre più alta incidenza di
attivazioni di rapporti di lavoro
flessibili (che hanno raggiunto,
nel 2013, l’80%); bassa spesa per investimenti in formazione dei giovani; una riforma
previdenziale che posticipando
l’età pensionabile, posticipa di
anni anche la possibile entrata nel mercato del lavoro dei
giovani. Dall’altra una causa
“congiunturale” quale l’ evidente calo della domanda interna
di lavoro dovuto alla crisi che,
purtroppo, alimenta, sempre di
più, la cosiddetta “fuga dei cervelli”, fenomeno alimentato ulteriormente dallo scarso investimento in Ricerca e sviluppo
e innovazione.
La “Garanzia Giovani” potrebbe, nel momento in cui verrà
attuata, e con il contributo attivo anche del Sindacato, costituire un importante aiuto per i
giovani. Una Garanzia Giovani
che, se ben strutturata, può
porre le basi anche alla tanto
auspicata riforma dei Servizi
11
I nterventi
per l’Impiego, da pensare come
luogo di incontro delle richieste
delle aziende e delle offerte dei
potenziali lavoratori (sistema
che all’estero funziona) e non
solo come servizio attestante lo
“status di disoccupato”.
Anche in vista di un potenziale superamento delle Province,
sarebbe forse opportuno riflettere, sin da oggi, su come riorientare e riformare il nostro
sistema di servizi per l’impiego.
Inoltre resta il tema di conciliare politiche attive, passive e
sistema dei controlli sulle une e
sulle altre (esempio per tutti ne
è la cassa in deroga. Chi controlla se un’azienda non continua ad utilizzare quel lavoratore che beneficia della stessa?),
che potrebbe attuarsi con la
costituzione di una Rete nazionale che si rapporti con le Regioni mettendo a fattor comune
elementi e dati di conoscenza
dei singoli territori, rendendo
efficiente il servizio pubblico.
Il dato certo è che, anche a
fronte di continue modifiche
alla normativa lavoristica, anche in presenza di snellimenti e
semplificazioni su alcune tipologie contrattuali, nonché forti
incentivazioni contributive e
retributive per l’apprendistato,
dal 2010 al 2013, il saldo tra
attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (compreso l’apprendistato) è, annualmente, di segno
negativo.
PIEMONTE
R E P O R T
Se questi sono i dati, se questo è il prodotto di normative
che hanno cercato di dare una
“sferzata” in positivo all’occupazione, occorre forse domandarsi se sono le leggi che non
hanno funzionato o se, invece,
la causa reale non sia da altra
parte.
Non è demagogia, a fronte dei
dati, dire che con il calo costante di consumi, c’è assenza di
lavoro. E non è demagogia sostenere che se la pressione fiscale è troppo alta, il rischio è il
black out del sistema.
Mentre è demagogico sostenere
che l’occupazione riparte da un
ulteriore e radicale cambiamento della normativa sul lavoro.
Sulla proposta di un contratto
di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti?
Si tratta di un’idea già cavalcata da altri in tempi in cui la crisi
non era così forte, senza darne
effettiva attuazione. Il motivo?
Abbastanza comprensibile. Se
si partisse dall’assunto che l’unica tipologia contrattuale fosse questa senza altre tipologie
di ingresso che le gravitano intorno in maniera concorrente,
forse si potrebbe ragionare su
un’idea di un contratto “universale” che potrebbe avere una
sua ragion d’essere. Ma mettere
in campo un nuovo contratto,
lasciando praticamente inalterato il quadro attuale, equivar-
I nterventi
rebbe ad ingrossare e rendere
ancora più complesso quel labirinto che è la normativa sul
mercato del lavoro.
In Italia il problema del lavoro,
non va dimenticato, che diventa anche un problema sociale.
7 milioni di giovani under 35
vivono con i genitori. Segno di
una impossibilità del giovane a
sostenersi da solo e a costruirsi
un futuro come uomo. E’ evidente che ciò fa il paio con l’altissima percentuale di rapporti
di lavoro flessibili che vengono
accesi, soprattutto, ai giovani.
Per sopperire a tale situazione, non solo rimane il tema del
contrasto alla cattiva flessibilità/precarietà (Partite Iva, co.co.
pro etc), ma anche il tema del
maggior costo, in termini salariali, di alcuni contratti temporanei.
La Riforma Fornero ha contribuito, in parte, ad attenuare
alcune storture presenti in alcune forme di ingresso, come
nel caso del lavoro intermittente e collaborazioni a progetto, e
attraverso l’introduzione di un
costo contributivo aggiuntivo
(1,4%) a carico delle aziende,
novità che sono sicuramente
dei primi passi verso una migliore regolazione della flessibilità. Ma il passo che si dovrebbe fare è anche un altro:
compensare la “temporaneità”
di un rapporto di lavoro, con
una retribuzione più alta per
il lavoratore. E’ questo il giusto
Rapporti di lavoro ATTIVATI per TIPOLOGIA CONTRATTUALE
TIPOLOGIA CONTRATTUALE
Periodo gen-set
anno 2009
Periodo gen-set
anno 2010
Periodo gen-set
anno 2011
Periodo gen-set
anno 2012
Periodo gen-set
anno 2013
Var %
2012-2013
Tempo Indeterminato
1.698.953
1.410.965
1.426.680
1.378.364
1.210.521
-12,2
Apprendistato
233.136
236.682
236.074
220.020
187.801
-14,6
STABILI FORME ONTRATTUALI
1.932.089
1.647.647
1.662.754
1.598.384
1.398.322
-12,5
Tempo Determinato
4.856.603
4.988.722
5.068.862
5.002.315
4.993.575
-0,2
Contratti di Collaborazione
592.937
650.864
668.395
626.979
505.635
-19,4
Altro**
65.888
481.633
628.247
733.971
435.664
-40,6
INSTABILI FORME C ONTRATTUALI
5.515.428
6.121.219
6.365.504
6.363.265
5.934.874
-6,7
TOTALE
7.447.517
7.768.866
8.028.258
7.961.649
7.333.196
-7,9
Elaborazione UIL su fonte “Note trimestrali C.O.”- Ministero del Lavoro
** “Altro” comprende contratto di formazione lavoro (solo P.A.); lavoro interinale (solo P.A.); contratto di agenzia a tempo indeterminato e determinato;
contratto intermittente a tempo indeterminato e determinato; lavoro autonomo nello spettacolo.
12
I nterventi
scambio tra esigenza di flessibilità dell’azienda e rischio del
lavoratore.
Certamente rispetto alle modalità di ingresso nel mercato del
lavoro, possono essere apportate, e dovrebbero essere attuate,
alcune modifiche. Ma ciò, semplicemente in una logica regolatoria dei rapporti di lavoro.
E’ nota la nostra contrarietà
ad un contratto a tempo determinato “acausale” a maggior
ragione se l’assenza di causale viene decisa a livello di contratto individuale. Si dovrebbe
pensare ad una temporaneità
collegata alla sola stagionalità
ed a ragioni sostitutive “certe”.
Si potrebbe riflettere sull’apertura di Partite Iva solo per coloro che sono iscritti ad albi,
registri, ruoli o elenchi professionali qualificati, con corrispondenza tra iscrizione e lavoro svolto.
Sull’apprendistato, c’è da valorizzare necessariamente quello
di 1° livello, sottoutilizzato e
sottostimato per troppi anni.
C’è poi il problema dell’annuale e progressiva flessione, pur a
fronte di significative semplificazioni e agevolazioni, dell’apprendistato professionalizzante, che sconta la concorrenza di
altri istituti e forme di accesso
al lavoro non sempre applicate
in maniera corretta.
Quindi, la riflessione che andrebbe fatta è di apportare modifiche “strutturali” dove an-
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
drebbero realmente fatte, e lievi
ma sostanziali correzioni su ciò
che non funziona.
Crediamo che pensare di riformare o modificare l’esistente,
non può nascere dal semplice
“va fatto perché l’Europa ce lo
chiede” o perché c’è una delega
procrastinata da anni che deve
essere attuata.
Ciò in quanto le ricadute possono essere molto pesanti per
i lavoratori e potenziali lavoratori.
Giuste o sbagliate che siano
state le riforme e novità lavoristiche di questi ultimi anni, ci
domandiamo se ci sia bisogno,
così come viene chiesta da alcune parti, di maggiore flessibilità rispetto a quella attualmente vigente nel nostro ordinamento; se si possa derogare
alla legislazione nazionale e alla
contrattazione collettiva, anche
attraverso un contratto individuale.
Sono domande che non possono che vederci contrari, ma che
ci dobbiamo porre perché queste sono le proposte di riforma
in campo, oltre a quella di un
contratto di inserimento a tutele crescenti.
Inoltre, se l’intento è semplificare ed eliminare le storture, non è un Codice del lavoro
composto da pochi articoli, che
può fare la differenza.
Poiché quei pochi articoli, il nostro legislatore ci insegna, con
un Decreto Legge, una legge/
omnibus/mille proroghe, una
Legge di Stabilità, possono, in
pochissimo tempo, diventare
nuovamente un Codice di 1000
articoli.
L’elemento preoccupante che si
nasconde dietro a questa inesauribile rivisitazione del diritto del lavoro, è la inettitudine/
incapacità a mettere in atto
politiche volte alla ripresa economica del sistema Italia. Ed è
questo di cui avrebbe realmente bisogno il nostro mercato del
lavoro.
A margine, quindi, di una riflessione su ciò che serva o non
serva ai fini di una migliore
regolazione del mercato del lavoro, il nodo centrale è ciò che
serve al nostro sistema occupazionale per ripartire.
Ed è indubbio che c’è l’esigenza
di “rimettere in circolo il denaro”, e ciò lo si può fare solo rimettendo in tasca a lavoratori e
pensionati, in primis, una parte
di risorse assorbite dall’elevato
carico fiscale, che non assicura, per giunta, neanche un sistema di welfare sociale ed assistenziale adeguato.
Occorrerebbe ragionare, inoltre, su politiche industriali
“studiate” che puntino sulle nostre eccellenze, primo tra tutti
il manifatturiero “Made in Italy”
ed investimenti in infrastrutture che consentano di dare lavoro e rendere agevole la mobilità
lavorativa.
Rapporti di lavoro CESSATI per TIPOLOGIA CONTRATTUALE
TIPOLOGIA CONTRATTUALE
Periodo
gen-set anno 2009
Periodo gen-set
anno 2010
Periodo gen-set
anno 2011
Periodo gen-set
anno 2012
Periodo gen-set
anno 2013
Var %
2012-2013
Tempo Indet.
1.536.731
1.549.644
1.566.339
1.541.305
1.462.646
-5,1
Apprendistato
210.518
185.133
185.618
158.746
138.328
-12,9
STABILI FORME ONTRATTUALI
1.747.249
1.734.777
1.751.957
1.700.051
1.600.974
-5,8
Tempo Determinato
4.073.242
4.047.306
4.210.165
4.163.319
4.118.832
-1,1
Contratti di Collaborazione
508.680
573.346
591.176
591.446
503.753
-14,8
Altro**
55.638
387.708
526.425
711.135
452.690
-36,3
INSTABILI FORME CONTRATTUALI
4.637.560
5.008.360
5.327.766
5.465.900
5.075.275
-7,1
TOTALE
6.384.809
6.743.137
7.079.723
7.165.951
6.676.249
-6,8
Elaborazione UIL su fonte “Note trimestrali C.O.”- Ministero del Lavoro
** “Altro” comprende contratto di formazione lavoro (solo P.A.); lavoro interinale (solo P.A.); contratto di agenzia a tempo indeterminato e determinato;
contratto intermittente a tempo indeterminato e determinato; lavoro autonomo nello spettacolo.
13
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
Il futuro dell’europa
Di Nerio Nesi, Presidente della Associazione Nazionale Riccardo Lombardi
Nerio Nesi
PREMESSA
Siamo nel mezzo di un cambiamento epocale. L’asse dello
sviluppo e del potere si sta spostando velocemente dall’Occidente all’Oriente. Nei Paesi che
chiamavamo “in via di sviluppo” si sta concentrando la parte
più rilevante del Pil mondiale, i
maggiori flussi in investimento
e anche nuove capacità tecnologiche, di cui la recente missione della Cina sulla Luna è
un esempio simbolico.
L’Occidente è in via di deindustrializzazione, ma mentre gli
Stati Uniti stanno reagendo
con politiche che favoriscono
una ripresa della attività manifatturiera, l’Europa sembra
ampliare di giorno in giorno il
proprio ritardo competitivo, afflitta da istituzioni deboli, crisi di identità e leadership che
sembrano incapaci di elaborare un progetto di sviluppo delle
istituzioni comunitarie in grado
di rispondere alle speranze e ai
bisogni degli Stati e dei cittadini.
La crisi ha messo alle corde le
stesse basi del sistema politico
e sociale europeo e sta erodendo le fondamenta della coesione
14
sociale soprattutto nei Paesi del
Sud Europa, Italia compresa.
Reagire a questo declino si può
e si deve. Ma per farlo occorre
riprendere a crescere. E per
crescere occorre tornare a competere.
**
*
Se non torna a crescere, l’Europa non è destinata soltanto
a ridurre il proprio benessere e
a mettere in pericolo il proprio
modello di vita, ma rischia di
non essere più una protagonista sulla scena mondiale. E’
stato calcolato che tra vent’anni, proiettando al 2034 gli attuali trend di crescita, nessun
Paese europeo farà più parte
del G8.
L’Europa non può rischiare di
diventare, come diceva Metternich dell’Italia prerisorgimentale, una mera “espressione
geografica”, a disposizione delle
multinazionali finché i redditi reggeranno e poi un’area in
declino irreversibile che non
sarà più in grado di attivare investimenti e resterà forse solo
una meta di vacanze per i ricchi
americani e asiatici e per i nuovi ricchi africani.
Non possiamo accettare questo
destino. Anche perché abbiamo tutte le caratteristiche per
invertire la rotta. L’Europa è
ancora oggi il maggior mercato
mondiale di consumo con oltre
300 milioni di consumatori a
reddito medio-alto; ha ancora
oggi un formidabile complesso
di capacità industriali, tecnologiche, di ricerca; è il maggior
concentrato mondiale di cultura, arte, bellezza. Ed ha ai propri confini, dal Medio Oriente
all’Africa, un’area di 250 milioni di persone che, pur travagliata da conflitti politici, etnici
e religiosi, ha cominciato a svilupparsi. Un recente sondaggio
dell’Economist tra 217 multi-
nazionali di 45 Paesi ha indicato che nei prossimi 10 anni la
crescita media annua dell’Africa sub-sahariana sarà del 4,8%
seconda solo al 6,4% dell’Asia
(Giappone escluso).
L’Europa non può vivere di rendita. Non può rassegnarsi a leadership indecise e litigiose, incapaci di concepire e realizzare
progetti di sviluppo e crescita.
Rischierebbe di vedere deperire
le due grandi “invenzioni sociali” che ha regalato al mondo: i
sistemi del welfare e la stessa
democrazia politica.
I sistemi del welfare non possono reggere senza un adeguato
meccanismo di accumulazione.
Lo dimostra lo schiacciamento
che stanno subendo in questi
anni di crisi i ceti medi europei.
Analogamente, non possiamo
rischiare che democrazie lente e inefficienti siano superate
economicamente da regimi più
o meno autoritari, che potrebbero esercitare pericolosissime
fascinazioni su segmenti sempre più vasti di cittadini europei attirati dal populismo, dalla
demagogia e dal rifiuto dei tradizionali metodi della democrazia rappresentativa.
Che fare?
Occorre innanzitutto colmare
il distacco tra i cittadini e le
istituzioni europee. Può farlo
solo l’area progressista di ogni
Paese europeo, che deve avere
una visione comune “un’altra
Europa” e un obiettivo comune:
meno diseguaglianze, più solidarietà.
Occorre restituire agli Stati nazionali il loro ruolo non soltanto
economico, ma anche politico,
per puntare sulla crescita e sul
lavoro mediante piani di investimento da parte degli Stati
stessi e della Unione Europea
in quanto tale.
Bisogna rafforzare i poteri del
I nterventi
Parlamento e del Governo europeo, nell’ambito della costruzione di una grande e potente
Europa Federale.
Infine occorre un coordinamento effettivo delle politiche
economiche e di sviluppo, l’armonizzazione delle regole fiscali
e degli standard sociali, la creazione di un bilancio federale
dell’Unione, la lotta agli squilibri e alle diseguaglianze tra aree
con diversi livelli di produttività
e di competitività. Molto si può
fare nell’ambito dei Trattati esi-
PIEMONTE
R E P O R T
stenti, ma va progettato, con
“gradualismo e realismo” un
nuovo patto istituzionale tra i
Paesi membri.
Il ruolo dell’Italia
Il nostro Paese, che non è solo
uno dei sei Paesi fondatori
dell’Unione europea, ma è ancora la seconda manifattura
europea dopo la Germania e tra
le prime dieci al mondo e resta
un grande Paese esportatore,
ha un ruolo decisivo da svolgere per la ripresa dell’Europa.
I nterventi
Dobbiamo mettere in ordine
i problemi in casa nostra, affrontare i nostri squilibri sociali, finanziari, economici, istituzionali, fare finalmente le riforme annunciate e non fatte per
troppo tempo.
A questo riguardo, vorrei dare
un modesto consiglio ai nostri
attuali governanti: attenzione a
non fare troppi annunci, a creare troppe illusioni, perché le
riforme annunciate e non fatte
producono frustrazione e sfiducia.
Nuovi assetti territoriali: la città metropolitana
Di Piero Fassino, Sindaco di Torino
Piero Fassino
Il principio di sussidiarietà - che
informa di sé il lavoro di chi amministra e di chi in generale governa situazioni complesse- rappresenta nella sua estrema semplicità, la sintesi di quanto sia
necessario compiere ogni giorno
per rispondere alle esigenze delle
nostre comunità, ed è insieme la
base concettuale da cui muovere
per immaginare un rinnovamento dell’architettura istituzionale
degli Enti Locali.
Questo principio individua la necessità di spostare funzioni compiti e risorse al livello più vicino a
quello presso il quale si formano
i bisogni. Una necessità normata
che però trae origine dalla richiesta precisa dei cittadini stessi,
che individuano nel proprio Comune il riferimento primario e
più vicino per la risoluzione dei
propri problemi.
E’ evidente tuttavia che per le realtà più piccole - e in Italia i Comuni sotto i 5.000 abitanti sono
moltissimi- si renda necessario
poter avere un raccordo istituzionale e fisico a cui guardare per
arrivare alla soluzione migliore e
più efficace. Il principio che si delinea è dunque quello per cui gli
enti su un piano di parità portano
al livello locale superiore ciò che
non riescono a risolvere, chiedendo aiuto all’istituzione superiore
per i problemi che non riescono a
gestire da soli .
Tutto questo, possibilmente e
data la situazione presente di
crisi economica, in una chiave di
rispetto istituzionale e senza aggravio di costi.
Se poi, da una parte, il problema è porre la giusta attenzione ai
temi capillari di una realtà sempre più complessa amministrativamente , dall’altra è importante
tener conto dell’altra dimensione
politica con cui ci si deve confrontare, una dimensione imposta
dalla globalizzazione e dalle sue
sfide, per così dire.
Lo Stato nazionale, infatti, pur
restando sempre, il luogo della
legittimazione democratica, rischia di non riuscire a fronteggiare compiutamente i processi di
globalizzazione e di essere troppo
lento per guidare efficacemente le
dinamiche –anche minime- che
si basano sui sistemi locali.
La fase attuale, caratterizzata da
una consuetudine e da un dialogo tra enti che supera la tradizionale impostazione gerarchica a
favore di un coordinamento sufficientemente forte per affrontare
le sfide della globalizzazione senza smarrire identità e potenzialità, ha dunque bisogno di trovare
una catalizzazione forte e che non
abbia aggravio di costi.
Quale dunque il punto di caduta
di queste contraddizioni? Come
trovare una risposta a questa esigenza?
La Città metropolitana può costituire una risposta corretta e forte.
L’articolo 114 della Costituzione,
così come modificato dalla legge
costituzionale n. 3 del 2001, che
annoverava la Città metropolitana tra gli enti costitutivi della
Repubblica e l’articolo 23 del decreto “Salva – Italia”, emanato lo
15
I nterventi
scorso dicembre dal Governo nazionale che fissa entro la fine di
quest’anno, il termine per disciplinare con legge Statale o Regionale il trasferimento ai Comuni
delle funzioni oggi esercitate dalle
Province rappresentano le coordinate entro cui muoversi.
La sfida infatti è quella di governare territori vasti e problemi
complessi, a cui già oggi i territori
rispondono in modo aggregato.
Le politiche che riguardano i rifiuti, l’acqua, i trasporti sono gestite infatti da ambiti territoriali
e gestionali come consorzi fra i
comuni. In altre parole, la realtà
ha già superato la necessità normativa ponendo problemi a cui
è stato necessario rispondere in
una logica di sussidiarietà e con16
PIEMONTE
R E P O R T
divisione.
Le città metropolitane potrebbero diventare poi centri nevralgici della produzione di cultura e
innovazione, forti vettori dell’internazionalizzazione del Paese, e
insieme i luoghi in cui più evidenti e più urgenti si manifestano i
problemi di natura ecologica, sociale, economica propri di società
complesse e multietniche. Cartine di tornasole di una realtà in
mutamento rapido e che chiede
risposte nuove.
Penso alle città metropolitane
come organismi capaci di spingere le aree omogenee alla creazione delle unioni di comuni, come
strumenti utili a unire le forze in
previsione della sfida globale a
cui tutti siamo chiamati.
I nterventi
Nella globalizzazione, infatti,la
sfida e’ tra territori e non solo tra
imprese, e attualmente il processo istituzionale e’ in ritardo
rispetto ai processi reali ed economici, e sconta inoltre una invasività degli enti Regione nelle
politiche gestionali dei territori,
mentre esse dovrebbero avere un
ruolo strategico generale di coordinamento delle politiche.
Proporre la città metropolitana
poi ha il valore chiaro di metter
mano alla riorganizzazione delle
aree di sovrapposizione che uno
stato napoleonico ed estremamente burocratizzato ha costruito e alimentato , riducendo il costo della spesa degli Enti Locali.
Si provi a immaginare che l’attuale Provincia, in questo caso la
Città Metropolitana, non sia più
un ente eletto dai cittadini ma sia
un ente eletto dai Consigli Comunali dei comuni che appartengono alla provincia, dando luogo a
un “ente di secondo livello” dove
tutti siano rappresentati secondo
il proprio peso e la propria demografia, come esiste in tutta Europa, capace di assorbire le funzioni di tutti quelli che ci sono oggi
(consorzi, ambiti, comunità montane etc…), differenziato secondo
gli ambiti di riferimento metropolitano o altro.
Per questo l’adesione da parte dei
Comuni sarà un aspetto importante e non formale.
Per occuparsi di problemi di area
vasta come trasporti intercomunali, viabilità metropolitana, organizzazione di strade e scuole,
occorrerà avere una visione allargata che tenga conto delle esigenze mutate rispetto ai decenni
scorsi.
Per questo – e per poter dare corpo a questa riforma essenziale- si
è sempre sottolineata l’esigenza di
nuovi assetti istituzionali per l’area vasta, di una revisione dell’esistente che li sappia valorizzare,
nel rispetto delle loro identità,
delle loro storie, dell’esperienza
amministrativa che esprimono.
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
Garanzia Giovani, occasione per dare vere risposte
Di Claudia Porchietto, assessore al lavoro della Regione Piemonte
Claudia Porchietto
La garanzia giovani non è solo
una occasione unica per dare
una risposta ai giovani in cerca di lavoro ma è anche l’ultimo treno per la politica di mettere mano, in modo concreto,
ai servizi per il lavoro. Non
può sfuggire ad alcuno che
non si può accendere la speranza di migliaia di giovani,
ormai già fortemente disillusi,
se poi entrando in un centro
per l’impiego o in una agenzia
interinale non si riscontra una
netta cesura con il passato. La
Garanzia Giovani deve parlare
ai ragazzi, ai neet, agli studenti offrendo loro una speranza
e una occasione concreta di
mettere i piedi nel mondo del
lavoro. Ecco perché come Regione Piemonte abbiamo deciso di investire 5,6 milioni
di euro in una sperimentazione straordinaria che anticipi
quanto disporrà il Governo su
YG. Vorremmo consegnare ai
nostri figli un sistema diverso,
innovativo, “rock”. Tratteggio
una fotografia di come dovrebbero essere i servizi per l’impiego del futuro in Piemonte
che usciranno dalla sperimentazione piemontese. Partiamo
dai soggetti che si candideranno ad offrire il servizio. Dovranno sottoscrivere una “Carta della Qualità”, nella quale si
impegneranno a rispettare degli standard ben precisi di presa in carico e di accompagnamento dei giovani. I soggetti
incaricati avranno un nome e
cognome diventando dei veri e
propri “case manager”. È giusto responsabilizzare gli operatori: troppo spesso i curriculum non arrivano alle aziende
per un eccessivo filtro da parte
di chi dovrebbe agevolare l’incontro domanda e offerta. Gli
accreditati alla G.G. Piemonte
saranno oggetti di valutazione
da parte dei fruitori. Penso che
questa costituisca una vera e
propria rivoluzione copernicana che spero lascerà in dote
alle prossime amministrazioni
un “borsino della qualità” e ad
un “rating” pubblico per tutti
coloro che gestiscono servizi
per l’impiego. Inoltre partiranno a breve dei corsi di formazione intensivi per gli operatori: è necessario specializzarsi
ancora di più per fornire servizi adeguati. Abbiamo stretto
un accordo con Finmeccanica,
la quale parteciperà con la sua
filiera, alla edizione primaverile di IOLavoro. Gli operatori
potranno affiancare i reclutatori e i responsabili personale
del grande gruppo metalmeccanico in modo da comprendere fino in fondo cosa chiede
un’azienda e il perché alcuni
ragazzi vengono scartati.
Per quanto riguarda i ragazzi
che aderiscono alla Garanzia
Giovani si tratterà invece di
una vera e propria attivazione.
Che prevede diritti e doveri: il
diritto di essere seguiti come
si deve, sostenendoli nella costruzione di un profilo professionale sulla persona; ma
dall’altro anche l’idea che per
trovare lavoro bisogna essere
pronti e dinamici. Iscrivendosi
al portale che verrà presentato in occasione delle Olimpiadi
dei Mestieri (World Skill) che
si terranno in Piemonte dal 9
all’11 aprile si potrà accedere
oltre ad attività di orientamento, anche a proposte di lavoro
in Italia e all’estero, a formazione finalizzata all’occupazione e a tirocini di qualità.
In ogni momento inserendo il
proprio codice fiscale si potrà
accedere alla propria situazione e vedere se il proprio cv è
oggetto di verifica da parte delle aziende. Verrà inoltre lanciata una sperimentazione in un
quartiere di Torino dove basterà avere uno smartphone per
ricevere informazioni da parte di quei datori di lavoro che
hanno aderito alla GG perché
cercano mano d’opera. Immagino che nel giro di un paio di
anni si potrà passeggiare tranquillamente per strada e se si
ha lo smartphone acceso e si
è scaricato l’applicativo IOLavoro si potrà ricevere in presa
diretta l’offerta, in modo di potersi candidare di persona.
Fondamentale sarà infine il fatto di avere una cabina di regia
regionale. L’Agenzia Piemonte
lavoro avrà il compito di lavo17
I nterventi
rare sull’ingaggio di aziende
che cercano personale. Riuscire a trovare e studiare sinergie
con il mondo dell’impresa, integrando misure regionali volte al rafforzamento del capitale
umano sarà importantissimo
per produrre reali ricadute occupazionali. Durante i 6 giorni
di IoLavoro vengono collocati
circa 4500 giovani, in un anno
nei Cip solo 700.
Il Jobs Act per l’Italia è già qui,
PIEMONTE
R E P O R T
parte dal Piemonte e confido
che possa diventare un modello anche per le altre regioni
dopo una fase di normale rodaggio. Questo non per essere
i primi della classe ma per assicurare un sistema di servizi
più efficiente e coerente ai costi che sosteniamo per tenerlo
in piedi. Qualcuno, in particolare le Province, vorrebbero dirottare le risorse europee
della Youth Guarantee esclu-
I nterventi
sivamente per autosostenere
e difendere il sistema, il Piemonte vuole che questi fondi servano a fornire politiche
concrete per i giovani e non
per altre assunzioni di massa
pre elettorali. Partiamo dagli
obiettivi e poi vediamo se abbiamo bisogno di nuove risorse umane. La scommessa è di
estendere poi il sistema a tutte le persone e non solo ai giovani tra i 18 e i 29 anni.
Sanità doveva essere una... “Rivoluzione”
invece era un calesse
DI Lorenzo Cestari – Segretario regionale UIL Piemonte
scorporo degli ospedali dalle
ASL, la riorganizzazione della
rete ospedaliera, la revisione del
sistema della continuità assistenziale…fino a spingersi ( in
campagna elettorale) a promettere l’emanazione di una legge
sulla non auto sufficienza.
Lorenzo Cestari
Ci stiamo avvicinando alle prossime elezioni regionali e sicuramente il tema della sanità sarà
uno degli argomenti che più
scalderanno il clima politico.
La riforma sanitaria è stato il
cavallo di battaglia dell’Amministrazione Cota: doveva essere
addirittura una rivoluzione.
Ricordiamo ancora i proclami
del Presidente che promettevano in poco tempo di portare
la sanità fuori dalla politica, lo
18
Invece sono stati anni in cui si
sono avvicendati tre Assessori,
continue polemiche tra le stesse forze politiche che avrebbero dovuto sostenere la riforma
della maggioranza, una sfilza
di continui tagli ai servizi per i
cittadini. Cosi pezzo dopo pezzo
la tanto decantata riforma sanitaria, sotto il peso del piano di
rientro imposto dal ministero
dell’economia attraverso il “Tavolo Massicci”, si è trasformata
nel piano di Commissariamento
della regione Piemonte.
Cosa ha determinato questa
situazione? In primis sicuramente un astratto decisionismo
che rasentava il “miracolismo”
dove invece doveva essere costruito un clima di corresponsabilità del complesso e articolato mondo della sanità, che di
fronte ai pesanti deficit doveva
essere coinvolto, chiamato alle
proprie responsabilità, per rendere sostenibile un sistema che
richiedeva e richiede una profonda riorganizzazione. Invece
è stata imboccata la strada ideologica dello scorporo della rete
ospedaliera dal territorio, della
costruzione di un aggiuntivo livello di governante del sistema
con le Federazioni sanitarie (
poi dicharate illegittime ), della
destrutturazione continua del
sistema socio – assistenziale,
che ha creato le condizioni di un
perenne scontro con il sistema
degli Enti Locali, sino ad arrivare alla quotidiana impugnazione
delle delibere regionali e le varie
sentenze del TAR che hanno impallato l’intero sistema.
Altro grave errore politico è stato
quello di non contrastare la logica del Piano di rientro imposto
dal tavolo tecnico del Ministero
dell’Economia: Una logica che
veniva denunciata con proclami
vittimistici in Piemonte senza
sviluppare una critica costruttiva a livello nazionale. Cosi i ripetuti tagli hanno strangolato il
I nterventi
sistema sanitario piemontese,
senza apportare i tanto decantati
risparmi che l’Assessore non politico Monferrino descriveva nelle
sue famose slides, contribuendo
a dare un’immagine del sistema
sanitario regionale allo sbando,
demotivando gli operatori.
Queste impostazioni hanno costruito le condizioni per l’indebolimento politico dell’Amministrazione Regionale ma, cosa
più importante ancora, hanno
diminuito l’efficienza del sistema e la possibilità della garanzia dell’universalità del diritto
alla cura per i cittadini. Oggi
curarsi in Piemonte costa più
che tre anni fa, le liste d’attesa
per visite specialistiche e per la
residenzialità degli anziani non
autosufficienti e disabili si sono
allungate ulteriormente.
In questi anni le organizzazioni
sindacali unitariamente hanno
sempre responsabilmente sostenuto la necessità di riorganizzare l’intero sistema sanitario e
socio – assistenziale, ma hanno
anche sempre denunciato la deriva puramente “ingegneristica”
della riforma, la mancanza di
dialogo con le amministrazioni
locali, l’inesistente volontà di
costruire quel sistema di strutture alternative (Centri di assistenza Primaria) che avrebbe
potuto facilitare l’abbandono
della visione ospedalecentrica
del sistema.
Ricordiamo la campagna che
attraverso le nostre organizzazioni dei pensionati ha prodotto la consegna di oltre 250.000
cartoline al Presidente Cota per
la legge sulla non autosufficienza. Ricordiamo anche le 30.000
persone in piazza Castello che
un anno fa hanno raccolto il
nostro appello per difendere
la sanità e il welfare pubblico.
Non ci siamo limitati ad inizia-
PIEMONTE
R E P O R T
tive movimentistiche, abbiamo
saputo costruire un fronte che
ha fortemente contrastato il
piano di destrutturazione della
L.R.1/2004, quella c che definisce il sistema integrato dei servizi socio – sanitari, coinvolgendo l’ANCI . i Consorzi dei servizi
socio – sanitari , le associazioni
dei cittadini.
Le Giunte Regionali passano
ma i problemi per i cittadini
restano. Chiunque vincerà alle
prossime elezioni dovrà dare le
risposte e affrontare i problemi
che la passata Amministrazione
ha aggravato con una politica di
soli tagli e appesantimento dei
costi per i cittadini.
La campagna elettorale in corso
deve rappresentare un’occasione per le organizzazioni sindacali di confrontarsi con le forze
politiche per mettere al centro
i problemi dei cittadini su temi
cosi essenziali per la coesione
sociale della nostra comunità.
Il nostro sistema socio – sanitario richiedeva e richiede di
essere messo in sicurezza sotto l’aspetto della sostenibilità
garantendo efficienza ed efficacia. Quello che non vorremmo
è di assistere dopo le elezioni
al solito rimpallo di responsabilità di “buchi” finanziari con
cui giustificare ulteriori tagli di
servizi. Non vorremmo assistere
alla eterna diatriba, che porterebbe a scontri su astratti modelli, riaprendo la questione di
un Piano Socio – sanitario che
verrebbe presentato come la risoluzione di antichi problemi.
Vorremmo vedere fare le cose,
non discutere delle cose.
Non c’è più da discutere della deospedalizzazione, bisogna
realizzarla, anche con la riconversione dei piccoli ospedali e la
creazione dei centri di Assisten-
I nterventi
za Primaria: bisogna farlo coinvolgendo la responsabilità degli
Enti Locali, non con la politica
dei due tempi…prima la chiusura dell’ospedale… e poi forse il
CAP. Bisogna farlo tenendo fortemente legato il sistema dell’ospedale con il territorio sviluppando quel sistema socio – sanitario che permette di alleggerire la pressione sulla struttura
ospedaliera, vista come ultima
spiaggia per molti anziani affetti
da patologie croniche. Occorre
potenziare le strutture residenziali, ma anche le cure domiciliari per garantire la continuità
assistenziali.
E’ necessario fare le cose mettendo la sordina alle lobby e agli
interessi di parte, costruendo
una governance forte del sistema, incentrata sulla responsabilità e sulla valutazione delle
azioni dei dirigenti e degli operatori, garantendo capacità di
governo a tutti i livelli, promuovendo una visione di aree sovraaziendale che permetta risparmi reali di gestione a parità di
servizi per i cittadini.
La prossima Giunta si troverà di fronte organizzazioni sindacali determinate a chiedere
cambiamenti concreti che riteniamo essenziali per difendere
il diritto dei cittadini ad essere
curati. Bisognerà affrontare la
sfida epocale dell’invecchiamento della popolazione piemontese
che, accompagnata al problema
delle risorse, rischia di mettere
in discussione il carattere universalistico del diritto alla cura.
I nostri obiettivi principi saranno la costruzione di un sistema
di Centri di Assistenza Primaria
e una legge sulla non autosufficienza per gli anziani e i disabili,
che contenga l’indicazione del
finanziamento certo ed esigibile.
Fatti non parole.
19
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
Un congresso per il cambiamento
DI Mauro Casucci, Segretario Organizzativo UIL Piemonte
1989, quando rivolse l’attenzio-
mentandone la partecipazione
ne al “Sindacato dei Cittadini”.
ed il coinvolgimento di RSU ed
Spesso la UIL ha proposto i temi
del cambiamento, regolarmente
in anticipo sui tempi delle nostre consorelle, CGIL e CISL.
In questi casi la UIL interveniva
in profondità e con efficacia anche sulla sua struttura organizzativa, individuando un nuovo
modello a sostegno dell’impegno
politico che voleva realizzare.
Mauro Casucci
le, a fronte di un importante
La UIL Piemonte si prepara a
progetto politico, ci presentia-
celebrare il X° Congresso che si
mo con un nuovo modello orga-
svolgerà il 30 giugno e il 1° lu-
nizzativo.
glio 2014, a Torino, preceduto
dalle assemblee degli iscritti, dai
congressi provinciali e regionali
di categoria e da quelli delle Camere Sindacali Territoriali.
Già la conferenza regionale di
organizzazione, nel 2013, ha
deciso profondi cambiamenti
nella UIL del Piemonte evidenziando ciò che ci è parso inade-
I 318 delegati al Congresso della
guato per un nuovo modello di
Unione Regionale saranno eletti
Sindacato e abbiamo deciso la
con il coinvolgimento degli oltre
strada da percorrere.
152.000 iscritti del Piemonte.
Il vecchio modello orizzontale e
Si discuterà della nuova Rap-
verticale di sindacato “spesso
presentanza e della Partecipa-
separato” tra confederazione e
zione del Sindacato attraverso
categorie è da sostituire con un
un sistema di relazioni evoluto
modello a rete, in cui aumen-
rispetto al passato, che si ri-
tare l’efficienza e la produttivi-
volge al sistema politico, indu-
tà, destinando meglio le risorse
striale e amministrativo che
per favorire il conseguimento di
necessitano di forti ed obbligati
risultati sulla base di progetti
cambiamenti.
comuni e responsabilità condi-
Si tratta di una sorta di pas-
20
In questa stagione congressua-
vise.
saggio epocale, come quella del
E’ evidente l’esigenza di rivedere
lontano 1981, quando la UIL,
la composizione degli organismi
nel suo Congresso “dall’antago-
decisionali, come i nuovi Con-
nismo alla partecipazione” o nel
sigli Confederali Territoriali au-
RSA, di giovani e donne, di pensionati che collaborano nelle leghe di quel mondo UIL rappresentativo
nella contrattazione
territoriale e sociale.
Sarà possibile quasi raddoppiare numericamente la composizione dei Consigli assicurando
le presenze necessarie a garantire un reale cambiamento.
Altro questione importante è il
livello di governo della presenza UIL sul territorio. Se fino ad
oggi ogni struttura confederale
territoriale aveva una sorta di
autonomia
politico-gestionale,
in futuro le decisioni di carattere politico, organizzativo, di
gestione dei servizi saranno
adottate su impulso del livello
regionale.
Le nuove Camere Sindacali Territoriali avranno un ruolo di
coordinamento, di rappresentanza, di realizzazione del proselitismo, con Segreterie snelle,
nei componenti ed Esecutivi
rappresentativi delle categorie
più significative.
In sintesi il sistema organizzativo UIL del Piemonte dovrà
svilupparsi secondo il seguente
modello:
-consigli confederali territoriali
ampi, per assicurare il massimo
del coinvolgimento di categorie,
servizi, rappresentanze;
-segreterie ridotte nei compo-
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
nenti per assicurare il massimo
della velocità e dell’operatività;
-esecutivi territoriali come momento di confronto ed elaborazione composti dalla segreteria
confederale e dalle principali
categorie;
-una governance della UIL regionale volta ad assicurare coordinamento, indirizzo, vigilanza e obiettivi.
Per realizzare questo progetto
siamo partiti dall’esame della
situazione politica, organizzativa e finanziaria delle attuali
nove Camere Sindacali del Pie-
la presenza UIL nei territori an-
monte.
che con centri servizi adeguati a
La Conferenza di Organizzazione aveva già deciso che era
necessario procedere ad un
accorpamento di alcune realtà
rispondere ai molteplici bisogni
delle centinaia di migliaia di cittadini che si rivolgono a noi, è
stata condivisa e fatta propria.
fasi del percorso.
La novità delle scelte, non solo
organizzative risiede nella consapevolezza politica del profondo periodo di cambiamenti in
atto che richiede, nei rapporti
territoriali, secondo un criterio
L’esigenza di svolgere un ruolo
con la nostra gente, risposte
che non teneva conto delle scel-
di rappresentanza nei luoghi di
plurime e non limitate ai servizi.
te di altri o di eventuali nuovi
lavoro e nella società, non solo
assetti istituzionali ed ammini-
nei capoluoghi ma anche in
strativi.
tutti i centri più importanti del
Abbiamo proceduto e sono in
territorio, anche per le politiche
corso le fasi operative dell’ac-
attive di proselitismo è presente
Noi pensiamo ad un futuro con
un Sindacato forte coinvolto
nelle decisioni delle imprese,
che estende le tutele contrattuali anche ai lavoratori di quel-
corpamento delle Camere Sin-
e condiviso vivamente da tutti.
dacali di ASTI con CUNEO, di
Ora è necessario impegnarsi per
non siamo presenti, che misura
BIELLA con VERCELLI, di NO-
realizzare ogni possibile siner-
la propria rappresentatività con
VARA con VERBANIA.
gia ad iniziare dal “sistema ser-
regole democratiche condivise e
Dobbiamo dire che in tutte le
vizi della UIL”, tenendo presenti
non imposte per legge o dai Tri-
fasi di coinvolgimento dei grup-
costi e produttività valorizzando
bunali.
pi dirigenti sul progetto di ac-
anche i volontari pensionati op-
corpamento
portunamente formati.
abbiamo
trovato
grande collaborazione, a testi-
le piccole e medie aziende in cui
La UIL deve essere capofila in
Piemonte di un grande progetto
Nel progetto un ruolo essenziale
politico, proiettato nel futuro,
dovrà essere svolto dalle catego-
perché nella nostra regione sto-
rie, che al di là delle autonomie
ricamente si sono sperimentate
La scommessa di avere struttu-
e quindi della facoltà di seguire
le grandi trasformazioni della
re territoriali finanziariamente
il percorso degli accorpamenti,
società post industriale italiana
ed organizzativamente autosuf-
non possono che essere coin-
che ne hanno accompagnato il
ficienti, in grado di aumentare
volte a tutti i livelli e in tutte le
cambiamento.
monianza della correttezza delle
motivazioni a base delle scelte.
21
I nterventi
PIEMONTE
R E P O R T
I nterventi
Lavoro: giovani, progetti europei, cassa in deroga.
Di Teresa Cianciotta, Segretaria Regionale UIL Piemonte
Teresa Cianciotta
Da diverso tempo, aprendo i
giornali o ascoltando i servizi
televisivi sulla crisi occupazionale abbiamo la sensazione di
essere sempre in prima linea.
L’allarme sembra non avere
mai fine e i dati confermano
una disoccupazione record. Mi
chiedo dove è la fine del tunnel
più volte annunciata dai politici, per ora sono solo parole.
A livello regionale, insieme alle
Istituzioni, stiamo cercando di
dare risposta a questo allarme
con diversi progetti mirati a
creare occupazione e difendere
i posti di lavoro.
Cosa è già stato fatto in Piemonte?
CASSA INTEGRAZIONE IN
DEROGA. Facendo un bilancio della cassa integrazione
in deroga del Piemonte a dicembre risultavano presentate
17.599 domande che facevano
riferimento a 45 mila lavoratori
coinvolti, ovvero 35 mila ore di
22
richiesta. Il dato delle ore autorizzate dalla Regione, non è
confrontabile con quelli degli
anni precedenti in quanto in
tali anni l’autorizzazione era
sulle ore richieste (a preventivo) mentre, da aprile 2013 la
gran parte delle autorizzazioni
regionali è riferita alle ore effettivamente utilizzate (mediamente il 40% di quelle richieste). Dunque, anche il dato
registrato dall’Inps nazionale, nella comparazione con gli
anni precedenti, risulta inevitabilmente incompleto. Il dato
medio regionale ci dice che il
95% delle domande e delle imprese richiedenti, l’87% dei lavoratori e il 79% delle ore, sono
riferite ad aziende che non potrebbero accedere alla Cigs,
cosa che conferma la necessità di una riforma della legge
92/2012 (legge Fornero), che
da risposte molto parziali alle
esigenze dei territori. Le parti, in Piemonte, già nel 20112012, hanno rivisto il sistema
di funzionalità e dei criteri di
utilizzo della cassa integrazione in deroga ponendo dei limiti.
Ricordo a noi tutti che la deroga nasce per coprire imprese e
lavoratori che non hanno diritto agli ammortizzatori classici,
si legava alla legge finanziaria,
oggi legge di stabilità, sapendo
che comunque doveva tutelare
l’occupazione. Non possiamo
affermare, come sostengono
alcuni politici, che non abbiamo più bisogno di questo polmone, manca però una politica
seria che ci supporti nell’individuare e attuare le politiche
attive più efficaci per dare risposte occupazionali.
Con la Provincia di Torino stiamo inoltre definendo interventi mirati alla riqualificazione
e reinserimento lavorativo di
persone occupate a rischio di
perdita del posto di lavoro attuando quanto deliberato lo
scorso anno dalla Regione nel
Programma operativo regionale del Fondo sociale europeo
(POR FSE) 2007-2013. Saranno finanziati i servizi standard
al lavoro: attività di consulenza, accompagnamento e orientamento, e servizi formativi
che prevedono interventi di
aggiornamento, rinforzo delle
competenze professionali, con
durata fino a 120 ore erogabili
a gruppi e/o a “piccoli gruppi.
Le tematiche dei corsi di formazione verranno individuate
analizzando i dati in possesso
della Provincia sulle assunzioni dell’ultimo periodo, cercando il più possibile di far coincidere la domanda delle imprese
piemontesi con l’offerta.
I destinatari degli interventi sono lavoratori/lavoratrici
percettori di ammortizzatori
sociali, dando priorità a coloro
che sono prossimi alla conclusione dell’ammortizzatore,
ovvero già entrati nell’ultimo
semestre di fruizione della cassa integrazione per procedure
concorsuali (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa,
amministrazione straordina-
I nterventi
ria) o cessazione di attività e
agli over 30 spesso esclusi dagli altri interventi di riqualificazione. La gestione dei servizi
di ciascun progetto integrato
è affidata ad un unico soggetto che potrà raggruppare,
attraverso la costituzione di
un’associazione
temporanea
di scopo o d’imprese, gli operatori in possesso dei requisiti
necessari all’erogazione delle
attività.
OCCUPAZIONE GIOVANILE:
La UIL ha condiviso con la
Regione l’iniziativa Garanzia
Giovani Piemonte e parteciperà attivamente al percorso delineato che si rivolge ad ogni
giovane residente o domiciliato
in Piemonte che abbia compiuto i 15 anni. Iscrivendosi al
Portale GGP della regione, che
conterrà tutte le informazioni
per l’iscrizione e la partecipazione alle iniziative regionali e
nazionali, i giovani potranno
ricevere proposte di lavoro in
Italia e all’estero, formazione
e tirocini finalizzati all’occupazione, partecipare a percorsi
specialistici di orientamento
sulla domanda delle imprese
e sulle opportunità formative
per la qualifica professionale,
il post diploma e il post laurea.
L’obiettivo del 2014 è di coinvolgere almeno 12.000 giovani,
organizzare delle edizioni speciali di IoLavoro, creare piattaforme ed applicazioni per
“informare e agire”. Finanziato
con 5,6 milioni della programmazione dei fondi sociali europei 2007-2013, si tratta della
prima sperimentazione concreta in Italia dell’intervento
PIEMONTE
R E P O R T
chiesto dalla Unione Europea
per dare una risposta concreta
alla disoccupazione giovanile.
Oltre che sul portale, si potrà
aderire a Garanzia Giovani
Piemonte presso l’Agenzia Piemonte Lavoro, i “punti giovani”
allestiti nei Centri per l’impiego, gli operatori accreditati e le
agenzie formative che esporranno un apposito logo, le
scuole e le Università. A giorni
partirà il portale ed è prevista
una Carta dei servizi “per individuare standard qualitativi
dei servizi offerti ai giovani”.
Le imprese virtuose avranno
un ‘Bollino garanzia giovani’.
I centri per l’impiego organizzeranno un apposito spazio
dedicato (youth corner), l’Agenzia Piemonte Lavoro punti
informativi. Particolare riguardo verrà dato alla personalizzazione dei servizi: la durata e
l’articolazione del percorso individuale saranno concordate
dal giovane e dal case manager
cui è stato affidato dall’operatore che lo ha preso in carico
e che è tenuto al rispetto degli standard qualitativi delle
prestazioni definite nel piano
di azione invidiale concordato, il giovane potrà esprimere
il grado di soddisfazione riscontrato. Il tutto codificato
in una Carta dei servizi che
richiede il rispetto di regole e
standard qualitativi ben definiti. Concludendo deve essere
chiaro che la fonte principale
di finanziamento è il Fondo Sociale Europeo pur sapendo che
l’Europa con la programmazione 2014-2020 ha mutato le
regole per gli accessi. Giustamente, i finanziamenti saranno maggiormente vincolati alla
I nterventi
realizzazione effettiva (e non
alla partenza) dei progetti con
particolare attenzione ai risultati sull’occupazione.
RIPROGRAMMAZIONE
CEN-
TRI PER L’IMPIEGO: in tutta
la Regione Piemonte si sta sperimentando un nuovo tipo di
sportello per l’impiego gestito
da Provincia e agenzie accreditate. Ciò permette ai lavoratori
che si recano agli sportelli di
avere una risposta anche tecnica più veloce ed efficace.
CONDIZIONE FEMMINILE: il
24 marzo abbiamo partecipato
alla quarta assemblea nazionale delle donne Uil a Roma.
Le donne del Piemonte hanno
dato un forte contributo alla
stesura del documento finale proprio in merito ai temi
dell’occupazione. Stiamo predisponendo manifestazioni e
azioni in riferimento alla possibile abrogazione della legge
194 (libertà di scelta sull’aborto). La domanda è: chi deve
essere libero di scegliere? I
professionisti o le donne che
devono gestire il proprio corpo? Tornando al tema dell’occupazione femminile occorre
portare avanti, anche al nostro
interno, una progettazione che
venga incontro ai nuovi bisogni. Con il gruppo delle donne
Uil Piemonte lavoreremo sui
temi: opportunità per le donne, apprendimento e crescita;
attenzione ai bisogni delle persone e della famiglia; organizzazione degli orari e flessibilità;
autonomia, rispetto e fiducia.
23
da l l e
PIEMONTE
R E P O R T
provincie
Gli effetti della crisi nella provincia di Alessandria
Di Aldo GREGORI, Segretario Generale CST Alessandria
Aldo Gregori
Nonostante la diminuzione delle
ore cassa integrazione rispetto
al 2012, i segnali non sono positivi. Forte preoccupazione c’è
per i cassaintegrati in deroga (un
migliaio di aziende coinvolte con
circa 3000 lavoratori interessati)
motivata anche dalla proposta
del Governo che vuole rivedere
questo istituto con il rischio di
trovarci di fronte ad un ulteriore
incremento della disoccupazione. Il dato della cassa, apparentemente positivo, in realtà deve
essere letto con preoccupazione
perché occorre tenere conto che
molte aziende sempre più in difficoltà hanno esaurito la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali, trovandosi quindi
costrette a licenziare. A tutto
questo vanno sommati i dati relativi all’aumento delle aziende
che falliscono o cessano l’attività per svariati motivi. Il saldo fra
iscrizioni e cessazioni è di -743
unità. Negativo a questo punto
il tasso di crescita -1,61%. Alessandria è la provincia piemontese con il tasso di crescita delle
imprese più basso. Le uniche
24
aziende a crescere sono le società di capitali più dedite all’export
e, fortunatamente, Alessandria si
mantiene in prima linea sul commercio estero. Dall’inizio dell’anno abbiamo verificato un notevole aumento di domande di Aspi
e mobilità, sono quasi 38.000 le
persone senza lavoro per un tasso di disoccupazione del 13%.
La grave crisi economica che negli ultimi anni sta interessando
il nostro paese, ha contribuito
ad indebolire il potere d’acquisto
di molti nuclei familiari, ponendoli in una posizione di disagio
quotidiano e creando un vero e
proprio disagio sociale. Questa
triste realtà la tocchiamo con
mano anche nel nostro territorio, aggravata dalla situazione di
dissesto, dove i bisogni primari
vengono messi in discussione da
questa crisi. Il bisogno primario
più evidente è quello dell’emergenza abitativa, sulla quale gravano le problematiche legate agli
affitti, alle spese per la casa e
agli sfratti per coloro che non riescono a fare fronte alle passività
accumulate. Gli sfratti nel 2011
sono stati 673, l’anno scorso 833
e nel 2013 sono stati più di 900
(sfratti esecutivi). Con la riduzione del salario dovuto alla crisi,
la spesa per l’affitto rappresenta
il 60% degli introiti, ciò significa
o si mangia o si paga il locatario. Sono circa 400 le famiglie in
città che lottano con il rischio di
uno sfratto imminente, a causa
dell’assenza di politiche abitative
efficaci per fronteggiare il progressivo peggioramento delle condizioni di vita di moltissime fami-
glie, con il conseguente rischio di
perdere la propria abitazione per
morosità incolpevole. Questa situazione, comune sempre a più
famiglie in città, potrebbe riguardare chiunque di noi domani. I
posti di lavoro sono sempre meno
ed il potere contrattuale anche di
chi ha un lavoro è sempre più
basso. Il reddito di molte famiglie non basta più per vivere dignitosamente ma, per assurdo, è
sufficiente per essere esclusi da
alcuni bandi, per ricevere sussidi o per finire troppo in basso
in graduatoria per vedere riconosciuta un’abitazione. Un disagio
sociale che diventa un onere per
la società e che si ripercuote su
tutto il tessuto sociale, lenito solo
dall’apporto di alcune associazioni di volontariato che si fanno carico dell’emergenza.
In questo quadro di criticità dove
aumentano le morosità, gli accessi alla Caritas, verifichiamo
per assurdo che Alessandria, che
è in dissesto con i cittadini in sofferenza, detiene il primato d’avere (in tutta la provincia) il costo
più elevato delle case - 2700 euro
al mq - con un elevatissimo numero di alloggi sfitti, circa 9000.
C’è qualcosa che non funziona in
questa società, si sta sottovalutando un fenomeno che potrebbe
implodere da un momento all’altro con effetti non immaginabili;
invece di ridistribuire la ricchezza, si sta ridistribuendo la povertà. Come sindacato ci siamo,
combattiamo, denunciamo arginiamo, ma non è sufficiente, da
soli non ce la facciamo.
PIEMONTE
da l l e
R E P O R T
provincie
Asti: crisi, immigrazione, burocrazia
Di Armando DAGNA, Segretario Generale CST Asti
Armando Dagna
La crisi che ha investito il nostro
territorio ha una visibilità diversa a seconda dei soggetti che ne
sono colpiti. La triste sequenza di
chiusure a partire dalla Way Assauto non sembra interrompersi
e anche gli ammortizzatori sociali sono in esaurimento dopo anni
di massiccio utilizzo.
La visibilità dei drammi connessi
alla perdita del lavoro, dell’esaurimento dei redditi disponibili ha
effetti anche sulla tenuta della
coesione sociale. Esiste però una
realtà meno evidente che è quella
legata alla migrazione e all’arrivo
di persone da paesi comunitari e
non.
Ad Asti ci sono 24.073 uomini
e donne stranieri, di cui 5.031
di origine albanese. I figli di questi nati ad Asti sono stati 320
nel 2013. In Piemonte sono oltre
26.000 i titolari di impresa non
italiani.
Nel 2012 (ultimi dati disponibili)
su un totale 25.303 avviamenti
al lavoro nella nostra Provincia ,
ben 8.996 sono stati di lavoratori non in possesso della cittadinanza italiana ovvero il 35.55%.
Il peso nell’economia e nelle dinamiche del mercato del lavoro è
evidente e non privo, in qualche
caso, di effetti distorsivi con una
rincorsa verso basso di condizioni lavorative, e retributive. I
settori che più sono interessati
dall’utilizzo di persone provenienti da paesi extra UE sono
quelli dell’agricoltura per il 37% ,
delle costruzioni 9,22% e dei servizi con il 29,5%. Essi non sono
solo numeri ma hanno una storia, creano relazioni e, in qualche modo, modificano il tessuto
connettivo della comunità in cui
operano. Sono poco visibili per
questo, ogni tanto, assieme ai
drammi da prima pagina è utile
raccontare alcune storie. Anche
esse fanno parte di quel mondo
dei vinti che sempre più spesso
colonizza le nostre contrade e
rende più evidente il declino del
territorio e della società, e non
solo in termini economici.
La storia che raccontiamo appresso, non è solo la storia di un
immigrato, ma anche quella di
tanti altri lavoratori, anche italiani, che subiscono un sistema
nel quale burocrazia soffocante
e inefficiente, rischi sul lavoro,
lavoro nero, violazione di norme
e evasioni fiscali sono all’ordine
del giorno e non danneggiano
soltanto il singolo lavoratore ma
tutto il sistema Italia.
Riformare questo sistema gravemente ammalato non avrebbe
costi, ma creerebbe ricchezza per
tutti, lavoratori e Imprese serie.
Il lavoratore in questione, che
chiameremo Adan è nato in una
cittadina dell’Albania. In quel
paese risiedono ancora la moglie
con due bambini. Nel 2003 Adan,
come molti altri suoi compatrioti,
parte per raggiungere l’Italia in
cerca delle condizioni minime per
garantire la sopravvivenza alla
sua famiglia. Nel corso degli anni
in Albania ha imparato molti mestieri, industriandosi nell’arte
della sopravvivenza in mezzo ai
sommovimenti politici, sociali ed
economici che hanno interessato
il Paese dagli anni ’80 in poi.
Arriva a Foligno e viene impiegato in quel vasto settore che è
l’edilizia. Non è più individuo ma
un’ombra, un numero fra le migliaia di lavoratori che, come lui,
sono addetti di un settore fortemente precario ma che, per gli
immigrati con una professionalità difficilmente certificabile, funziona come “agenzia di lavoro” informale e garantisce, comunque,
un reddito. Per inseguire il lavoro
si sposta in tutta la provincia di
Perugia vivendo al “minimo” per
poter mandare quanti più soldi
possibile alla sua famiglia.
Dopo il tragico terremoto dell’aprile del 2009, come molti altri,
raggiunge l’Aquila, dove si ferma
fino al 2012 lavorando nei cantieri della ricostruzione. Gli vengono
versati a titolo di lavoro prestato
e disoccupazione 228 settimane
circa, 4 anni su 9. Anche questa
è l’Italia: un Paese dove più della
metà del reddito di interi settori è
refrattario alla legalità.
Quando i cantieri di quel pezzo
martoriato del Paese si fermano,
Adan decide di risalire verso il
Nord ed arriva ad Asti. Nella nostra ridente città ha la sensazione di aver trovato finalmente un
po’ di fortuna: trova lavoro, e in
più i suoi nuovi titolari lo ospitano in un bed & breakfast. Inizialmente, per cinque mesi, viene
pagato con i voucher, nonostante non svolga lavoro agricolo ma
25
PIEMONTE
da l l e
R E P O R T
edile. Adan non si insospettisce, abituato com’è a lavorare
in quella zona in cui la legalità e
la trasparenza sono più formali
che sostanziali. Successivamente gli viene finalmente sottoposto
un contratto di lavoro vero: è a
tempo determinato come operaio agricolo, ma lui non ci fa caso,
dato che per la prima volta gli
viene proposta un’assunzione.
Continua così la sua attività di
operaio edile, fino a quando l’incanto si rompe. Adan si infortuna lavorando, e in ospedale i medici stabiliscono una prognosi di
47 giorni. Ma viene “abbandonato” dalla ditta: non solo non viene
seguito dal datore dei lavoro, ma
viene anche invitato a non presentarsi più al cantiere.
E qui comincia il pellegrinaggio
per emergere, per farsi riconoscere e non restare invisibile. Adan
si rivolge all’Inps, che lo manda
all’Ispettorato del lavoro dove viene raccolta la denuncia e gli viene
proposto un tentativo di conciliazione. Passano i giorni e i mesi.
Adan non ha diritto alla disoccupazione, nel frattempo gli viene
tagliato il gas nell’abitazione, non
ha più soldi neppure per mangiare, mentre la convocazione si
fa attendere. Finalmente, dopo
mesi, arriva l’agognato incontro
presso l’Ispettorato, che però si
traduce in un “nulla di fatto”, se
non la proposta di miseri mille
euro per chiudere la lite.
È una storia come tante che viene narrata ai nostri uffici, alle
Caritas, qualche volta a qualche
associazione di volontariato ma
dovrebbero sorgere alcuni interrogativi: perché l’Inps, a cui non
risultano a tutt’oggi versamenti
a nome del lavoratore, ha ero-
provincie
gato l’indennità di malattia? E i
controlli sulla sicurezza del cantiere in cui lavorava Adan sono
stati fatti? Chi ha dato e verificato i permessi di costruzione?
Si deve aspettare un dramma
o un gesto eclatante per accorgersi che un essere umano, un
lavoratore, è stato raggirato e
costretto all’indigenza? Nel Vangelo il “titolare” di Papa Francesco, di cui orgogliosamente questa terra (astigiana) si vanta di
aver dato gli avi, disse: “Ciò che
farete al più piccolo dei miei fratelli l’avrete fatto a me”. E allora
quando le Istituzioni, la politica,
gli organi di controllo apriranno
gli occhi: la legalità e la giustizia
assicurate a tutti dalla nostra
Costituzione richiedono responsabilità e la presa in carico. La
domanda finale, allora, è una
sola: quando?”.
Biella: crisi e piccoli segnali di ripresa
Di Cristina MOSCA, Segretaria C.S.T. di Biella
Cristina Mosca
In un Paese dove la crisi sembra
senza fine e l’emergenza sociale è sempre all’ordine del giorno,
Biella,“ tra ‘l monte e il verdeggiar
de’ piani”, così decantata dal Carducci, non è certo esente dalle
ripercussioni e dal peggioramento economico che hanno colpito
Italia. Città laboriosa e industriale, grazie anche ai numerosi corsi d’acqua presenti sul territorio,
26
ha costruito e fondato il suo sviluppo principalmente sul tessile,
meccano-tessile e sulla produzione laniera. L’iniziativa famigliare
trasformatasi in imprenditoria, la
nascita dei primi movimenti operai
hanno fatto sì che il territorio biellese si trasformasse in un distretto dove la produzione e l’altissima
qualità dei filati e dei tessuti è riconosciuta in tutto il mondo. Oggi,
facendo riferimento agli ultimi dati
relativi all’andamento economico
nazionale risulta che: il PIL è sceso
dell’8% in soli sei anni; i consumi
sono tornati indietro di quindici
anni, al 1997; la produzione industriale si è ridotta ad un quarto; gli
occupati sono scesi di 1 milione
e 400 mila; Naturalmente dietro
questi dati si celano persone: uomini e donne; non esodati, inoccupati, disoccupati, etc, etc... , quasi
si volesse togliere un volto, un pre-
sente ed un futuro a chi improvvisamente si trova a dover fare i
conti con una precarietà che porta
alla disperazione interi nuclei famigliari. L’Italia, Biella hanno ricostruito il Paese partendo dal lavoro. Il lavoro, parola fondante nella
nostra Repubblica, da lì dobbiamo
ripartire noi ridando centralità al
problema del lavoro che manca! È
certamente doveroso notare come
le trasformazioni in corso abbiano almeno due ripercussioni importanti: da un lato la difficoltà di
inserimento dei giovani nell’industria locale, dall’altro la complessa
ricollocazione di chi ha perso lavoro. In un territorio dove il tessile
rappresenta il 40% circa dell’economia (13.000 tra lavoratrici e lavoratori) ogni volta che una ditta
si trova in difficoltà, dichiarando
un esubero, diventa sempre più
difficile trovare un’occupazione.
da l l e
Dunque è certamente passato il
tempo delle illusioni dove si poteva ancora sperare nella riqualificazione dei servizi. E’ bene tuttavia mettere in luce alcuni aspetti
positivi nonostante la situazione
critica: nell’ultima elaborazione di
Unioncamere Piemonte è emerso
che il territorio biellese nel IV trimestre 2013 ha chiuso in positivo
con una inversione di tendenza
nel periodo luglio-settembre. Inversione dovuta all’incremento del
mercato estero mentre il mercato
interno è tuttora stagnante. In un
contesto, come quello di oggi, in
cui le imprese devono affrontare
importanti sfide, profondi e continui cambiamenti organizzativi e
delle condizioni di lavoro, l’attuale
modello, senza una giusta ridefinizione di alcuni valori, non sarà
in grado di riacquistare competitività e di tornare a creare valore
e benessere per le persone e per il
nostro Paese. Le difficoltà dell’industria a fronteggiare il nuovo
contesto competitivo globale possono essere ben analizzate guardando a due fenomeni in particolare: all’andamento stagnante
della produttività e alla perdita di
competitività sui mercati internazionali. Dobbiamo ridare centralità all’economia reale fondata sul
lavoro e sulla produzione. Bisogna
affrontare i problemi giorno per
giorno, non tralasciando il lungo
periodo, con strumenti economici-finanziari che vadano incontro
alle lavoratici ed ai lavoratori con
ammortizzatori sociali esigibili ed
aiuti alle imprese che accettano
la sfida di rimanere nel mercato.
Dobbiamo salvare il lavoro, non
possiamo permetterci di destrutturare tutto il sistema produttivo.
Ci vogliono riforme strutturali che
permettano alle imprese di tornare a crescere e all’economia di
ripartire. Abbiamo bisogno di ridar vita a un’epoca che rimetta a
centro la persona, dobbiamo avere
più coraggio e agire sulla base di
una visione più vasta rispetto alla
PIEMONTE
R E P O R T
scarsa lungimiranza con cui si è
affrontate le crisi che si sono succedute. Per recuperare la competitività va rafforzato l’apparato
produttivo, l’occupazione ed il livello dei redditi/retribuzioni, occorrere dare vita ad un nuovo “sistema di relazioni industriali”, che
concorra a creare maggiore valore
aggiunto. E’ importante investire
sul fattore umano ed in particolare
sulla persona: per essere “strutturale” e duraturo nel tempo, infatti,
il recupero di competitività e produttività del sistema deve passare attraverso una riconsiderazione, non solo dei fattori economici
ed organizzativi che interessano
l’impresa, ma anche dei “fattori
umani”, sociali e di relazione, che
interessano le persone che lavorano nell’impresa. E’ necessario
iniziare ad intendere la flessibilità
come capacità delle organizzazioni e delle persone, di cambiare, di
adattarsi a situazioni o condizioni
diverse in chiave di miglioramento
e di crescita delle condizioni di lavoro o di vita. Riponendo al centro
la persona, si può così acquisire
una più alta consapevolezza delle
risorse e capacità di ogni singolo,
in modo da creare una progettazione dei tempi di vita e lavoro più
pertinente, facendo emergere il
bagaglio esperienziale di ognuno
non solo in ambito lavorativo, ma
in ogni campo della vita. Il 2014
è l’anno dedicato dall’Unione Europea alla “Conciliazione della
Vita Professionale e Familiare”:
affinché il tema dell’armonizzazione vita-famiglia-lavoro divenga il
perno centrale della nuova organizzazione aziendale, è indispensabile realizzare un’integrazione
di tale strumento in tutti i settori
rilevanti, introducendola come finalità nei piani di coordinamento
locale e nei provvedimenti di tutti
i settori. Bisogna rendersi conto
che l’attuale modello organizzativo non è completamente in grado di soddisfare i bisogni espressi dalla società e dal territorio e,
provincie
senza un’adeguata modifica, non
cesseranno nemmeno una volta
superata l’attuale crisi economica. In Italia la spesa per ricerca e
sviluppo rappresenta l’1,3% per
cento del Pil, un valore nettamente inferiore a quello dei Paesi europei più avanzati. L’Italia investe
molto meno di tutti gli altri paesi
ed è lontana dai Paesi-locomotiva
dell’innovazione anche per quanto
riguarda la quota di imprese che
innovano, di addetti in ricerca e
sviluppo e di intensità brevettuale;
investe poco anche per l’istruzione
e la formazione ed è in fondo alla
classifica per numero di laureati
in discipline tecnico-scientifiche.
La scarsa crescita di produttività e
la perdita di competitività hanno,
quale causa-effetto, quello della
difficile sostenibilità da parte delle
imprese italiane degli attuali livelli del costo del lavoro (soprattutto
per quanto concerne l’incidenza
del cosiddetto “cuneo fiscale”), fattore visibilmente riscontrabile nel
frequente spostamento dei redditi
e dell’occupazione verso altri Paesi
con livelli del costo del lavoro più
bassi rispetto a quelli italiani.
Alla luce di quanto sopra, sarà
estremamente difficile realizzare
una netta inversione di tendenza in favore dello sviluppo e della
crescita del Paese senza un’azione
efficace ed incisiva soprattutto del
Governo, volta ad incrementare
nuovi indirizzi programmatici e
relativi piani di intervento per una
rapida modernizzazione del Paese,
dove investimenti pubblici e privati concorrano a far ricrescere nuovamente la produttività e la competitività del Sistema Italia. A tal
riguardo occorre tracciare le linee
guida di una riforma strutturale
del sistema fiscale, che lo renda
più equo ed in grado di incentivare efficacemente gli investimenti
e l’occupazione, senza gravare in
modo del tutto sproporzionato
sulle imprese, sui lavoratori e sui
pensionati.
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PIEMONTE
da l l e
R E P O R T
provincie
Ivrea; può il Canavese sviluppare
una vocazione turistica?
Di Luca Cortese, Segretario Generale C.S.T. di Ivrea
ne agro-alimentare ma no solo)
le architetture di epoca roma-
potrebbero avere nell’ottica di
na, ai numerosi castelli (quello
valorizzare un territorio come il
ducale di Agliè insieme a quel-
nostro e della creazione di nuovi posti di lavoro.
Le difficoltà che, in passato e
La terra canavesana, ricca di
storia passata (basti pensare
alle vicende di Re Arduino di
Ivrea, primo re d’Italia) e recente (con l’unicità industriale
dell’esperienza Olivettiana), ha
da sempre saputo coniugare
due nature tra loro apparentemente antitetiche: quella agricola e quella produttiva e manifatturiera. Quest’ultima si è
alle bellezze naturali (come il
mensionato molto le potenzia-
fronte piemontese del Parco
lità dell’area canavesana sono
Nazionale del Gran Paradiso e
da
principalmente
le valli Orco e Soana, Sacra e
nell’eccessiva frammentazione
Val Chiusella) e alla produzione
ricercarsi
pacità, da parte degli imprenditori del settore e della politica
eno-gastronomica (che vanta
marchi importanti come l’Er-
locale, di fare sinergia per ten-
baluce di Caluso ed il Carema,
tare di creare qualcosa di simi-
entrambi d.o.c), legata anche a
le ad un “marchio canavese”.
un crescente numero di azien-
Ma oggi qualcosa sembra che
de agricole che hanno amplia-
si stia muovendo anche grazie all’opportunità che l’EXPO
2015 può offrire: infatti un
gruppo di imprenditori affian-
to i loro orizzonti commerciali
trasformando
in
agriturismo
alcune splendide cascine otto-
cati dalle istituzioni territoria-
centesche, in Canavese ci sono
li (il comune di Ivrea, insieme
tutte le premesse affinché un
pesantemente
alla Fondazione A. Olivetti, sta
nel corso degli ultimi decenni e
progetto di sviluppo turistico
avanzando la candidatura della
proprio a partire dalla parabo-
del territorio non debba essere
città quale sito Unesco in quan-
la discendete della Olivetti, che
to città industriale del XX seco-
ha però saputo lasciare dietro
lo) sta lavorando per mettere a
di sé un piccolo e importan-
punto una presenza organizza-
te patrimonio nell’ultima sfida
ta all’interno della Esposizione
nio di crisi generata dalle artifi-
che fu intrapresa: le telecomu-
Universale, con l’obiettivo di
ciose e complesse speculazioni
nicazioni.
valorizzare un territorio che sa-
finanziarie, potrebbe essere an-
Oggi il Canavese ha sì la ne-
rebbe in grado di offrire molto
cessità di rilanciare la propria
dal punto di vista turistico.
che quella di ritornare alla con-
vocazione
ed
A partire dall’evento forse più
industriale ma non può trascu-
famoso che è lo Storico Car-
rare l’importanza che alcuni
nevale
settori quali ad esempio quello
spettacolare
turistico (legato alla produzio-
arance) per passare attraverso
ridimensionata
28
Rivara, Rivarolo e molti altri),
in quest’ambito, hanno ridi-
del territorio e nella scarsa ca-
Luca Cortese
li di Mazzè, Masino, Montalto,
manifatturiera
(accompagnato
battaglia
destinato a fallire.
Forse una strategia per cercare
di uscire da oltre un quinquen-
cretezza del territorio e alla sua
valorizzazione: una ricchezza
dalla
che, se ben amministrata, nes-
delle
sun banchiere, per quanto abile, potrebbe portarci via.
PIEMONTE
da l l e
R E P O R T
provincie
Novara: la crisi è alle spalle o sulle spalle?
Di Raffaele Arezzi, Segretario Generale C.S.T di Novara
Raffaele Arezzi
Qualche settimana fa, osservando
l’andamento dei dati della produzione relativi al terzo trimestre del
2013, qualche osservatore economico e alcuni media, giornali e televisioni, hanno più o meno entusiasticamente segnalato una seppur
timida ripresa per il nostro Paese.
Si trattava per lo più di settori impegnati su produzioni per l’esportazione e, anche nella Provincia di
Novara, si poteva e si possono riscontrare analogie con queste analisi di mercato.
Infatti dalla lettura della 168a indagine congiunturale sull’industria
manifatturiera della Camera di
Commercio di Novara si può constatare come, nell’ultimo trimestre
del 2013 , il manifatturiero rispetto
allo stesso trimestre dell’anno precedente, abbia realizzato un più
1,2% nei confronti degli ordinativi
esteri a cui ha corrisposto un più
1,0% di fatturato verso l’estero. A
testimonianza che nel panorama
manifatturiero della provincia sussistono sia produzioni con contenuti tecnologici di alto livello, (valvolame e rubinetterie per esempio)
sia produzioni di alta qualità come
quelle del tessile abbigliamento di
alta moda: Gucci, Versace, Zama
Sport, Zegna o Herno solo per ci-
tare alcuni fra i marchi più noti a
livello internazionale
Questi risultati, seppur apprezzabili, non sono però sufficienti a rallentare o invertire l’andamento della crisi dell’attività produttiva nel
suo insieme che, certamente causata dalla stagnazione del mercato
interno, fa registrare nello stesso
periodo preso in considerazione
un calo del fatturato totale pari a
– 1,6%, il che determina, conseguentemente, un ridotto utilizzo
degli impianti ( 60,3%) con pesanti
ricadute sull’occupazione.
Non devono trarre in inganno i numeri relativi alle richieste di ammortizzatori sociali: molte attività
produttive sono purtroppo scomparse dall’elenco delle aziende attive, mentre sono in costante aumento i fallimenti e altre procedure
concorsuali.
La testimonianza più concreta e
nello stesso tempo preoccupante è
resa dai livelli ormai raggiunti della
disoccupazione nella nostra provincia: 12,4%, a fine 2013, e addirittura il 42,1% fra i giovani dai 15
ai 24 anni.
Un dato in continua crescita, quello di chi perde il proprio posto di lavoro si somma a chi non lo trova e
, da qualche tempo, si arricchisce (
si fa per dire) di un altro aspetto negativo: il tentativo da parte di un’azienda multinazionale, la MEMC,
di recuperare competitività riducendo il costo del lavoro tagliando
del 15% il salario dei propri dipendenti, mediante l’annullamento di
alcuni accordi aziendali.
Le difficoltà occupazionali e la conseguente perdita del reddito creano
alle famiglie problemi che diventano sempre più insostenibili: dalla
morosità incolpevole, sempre più
presente nelle cause di richieste di
sfratto che, in Provincia nel primo
semestre del 2013 avevano raggiunto le 379 unità, alla difficoltà
di molti nell’affrontare spese per la
cura della salute propria o dei fa-
migliari, soprattutto i più anziani,
fino al ricorso ad associazioni, oltre che alle Istituzioni e parrocchie,
per procurarsi un pasto: parevano,
fino a qualche tempo fa problemi
che non sarebbero mai appartenuti
a questa ricca provincia del Nord.
Oggi non e più cosi e sempre di più,
come UIL, raccogliamo nei nostri
uffici crescenti richieste di aiuto
alle quali vorremmo poter dare risposte risolutive.
Continuiamo
la nostra fattiva
partecipazione ai tavoli istituzionali, come quello prefettizio per il
sostegno alle situazioni economicamente più svantaggiate, o quello in corso di perfezionamento per
un intervento a sostegno di chi,
seppur incolpevolmente, rischia di
perdere, oltre che il reddito, anche
un tetto per la propria famiglia.
Attribuiamo, inoltre, grande importanza al Tavolo della governance delle politiche sociali di recente
costituzione, che prendendo in
considerazione il concetto di “ nuove povertà”, mette in relazione la
precarietà economica con la conseguente insicurezza che caratterizza
sempre più anche la realtà sociale
nella nostra Provincia.
Certo non basta il nostro impegno
di Sindacato dei Cittadini, che continueremo a garantire a tutti e soprattutto a quelli fra noi più svantaggiati, ma occorre anche per questa Provincia, che il nuovo Governo, mantenendo fede alle dichiarazioni del suo Presidente, operi per
realizzare la prima indispensabile
riforma: abbassare il fardello fiscale su salari e pensioni, restituendo
potere d’acquisto, liquidità preziosa
per la ripresa del mercato interno,
rilancio dello sviluppo e, soprattutto, più fiducia nel nostro futuro,
affinché questa crisi così pesante
non gravi più sulle nostre spalle,
ma pian piano la si possa lasciare
alle spalle, concretamente.
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PIEMONTE
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provincie
Segnali di ripresa? Non nel V.C.O.
Di Franco Borsotti, Segretario Generale C.S.T. V.C.O.
Franco Borsotti
I seppur timidi segnali di ripresa
che in questi ultimi tempi vengono sbandierati dal governo italiano non riguardano di certo la
provincia del V.C.O.; e non traggano in inganno i numeri della
Cassa Integrazione che la danno
in calo, il vero dramma è che molte aziende hanno finito i periodi
consentiti, un vero dramma per
le famiglie.
A supporto di quanto sopra, alcuni dati della Camera di Commercio:
- il numero delle aziende continua a diminuire. Infatti, nel 2013,
le nuove iscrizioni sono state 850
e le cessazioni 970, con un saldo di – 0,84%, dati considerati in
linea con quelli regionali (ad eccezione di Novara che ha un dato
leggermente positivo ) ma in controtendenza con il dato nazionale.
La contrazione colpisce tutti i settori: si salvano solo il comparto delle
attività immobiliari ( + 22 imprese
) e quello turistico che registra un
lieve calo ( - 5 unità ); pesanti i cali
nel settore delle costruzioni ( - 110
unità ), del manifatturiero ( - 66 ) e
del commercio ( -35 )
30
Complessivamente al 31/12
2013 le imprese registrate erano
13.585; la sfiducia colpisce maggiormente i piccoli imprenditori
che puntano a società di persone
o individuali; crescono invece le
società di capitali ( SRL o SPA )
ma sempre con dati molto bassi.
Infatti, se il dato nazionale è del
28%, nel VCO si ferma al 16%:
quasi 6 imprese su 10 in provincia rimangono a carattere individuale.
A conferma delle difficoltà che
il territorio attraversa vi sono le
previsioni degli Industriali per il
primo trimestre 2014: solo l’ 8%
degli imprenditori prevede nuovi
occupati, mentre il 21% prevede
tagli occupazionali, dato peggiore degli ultimi 4 anni. Si prevede
un incremento della CIG pari al
34,2% ( nel trimestre precedente
era al 22,5% ), anche in questo
caso un dato che non si registrava
Dal 2010. Il 36,8% prevede di ridurre la produzione, mentre solo
il 15,8% prevede un incremento.
Diminuisce anche la previsione
degli ordini; solo il 13% li prevede in crescita, il 34,2 li prevede il
calo; anche questo è il dato peggiore degli ultimi 12 mesi.
L’export segnala un dato peggiorativo, il 22,6% prevede un aumento mentre il 19,3% un calo
con +3,3%, dato positivo nei confronti dell’ultimo trimestre, ma
molto più basso rispetto agli ultimi 12 mesi.
Questi dati non comprendono le
ultime novità:
- la Lagostina, marchio storico
del territorio già passato in mani
francesi, nonostante
l’aiuto ricevuto dalla Regione, ha annunciato 25 esuberi.
- La Plastipac, azienda tra l’altro
gestita dal presidente dell’ Unio-
ne Industriale, ha già annunciato
il taglio di 20 posti di lavoro su
130 e chiede la riduzione del salario differito per mantenere lo
stabilimento a Verbania.
- La Cross Rail, circa sessanta
unità, azienda privata di trasporto su rotaia, intende delocalizzare
l’attività a Briga nel Canton Vallese.
- La Techbau, azienda edile collegata a ex Cover mette a rischio
altri 15 posti.
In questo contesto sorride la vicina Svizzera. Infatti (dati della
SonntagsZeitung) negli ultimi 5
anni in Canton Ticino, sono state aperte oltre 4.500 ditte da imprenditori italiani. Su un totale di
14.697 aziende sono 4.528 quelle
italiane, quasi un terzo.
Va ricordato che la provincia del
V.C.O. nel 2012 era stata riconosciuta area a crisi complessa ma,
con un continuo rimbalzo di responsabilità tra Provincia, Regione
e Governo centrale, non ha portato nessun risultato concreto.
La situazione istituzionale attuale non è certo la più indicata a
risolvere la situazione; il Comune capoluogo è retto da un Commissario Prefettizio, la Provincia
ha evitato il commissariamento
ma non naviga certo in buone acque, ed il territorio aspetta da ben
17 anni quella che sarebbe una
vera boccata di ossigeno, cioè la
partenza della bonifica del sito
Syndial di Pieve Vergonte per la
quale si era in attesa del Ministro
dell’ambiente Orlando il giorno
18 febbraio ma, nel frattempo il
governo Letta è caduto, quindi
altro tempo perso a discapito di
posti di lavoro sia per l’immediato
che per il futuro.
da l l e
PIEMONTE
R E P O R T
provincie
La crisi delle istituzioni locali
Di Piergiorgio Varini - Segretario Generale C.S.T. di Vercelli
Piergiorgio Varini
Il nostro Paese, come altri in situazione di crisi, ha adottato negli ultimi anni politiche di austerity che
hanno provocato una forte riduzione della spesa pubblica attraverso
tagli lineari. Questo ha inciso notevolmente sia sulla garanzia dei servizi ai cittadini sia sulle condizioni
di lavoro del personale impegnato
negli stessi.
Queste politiche, inevitabilmente,
hanno aggravato una crisi delle
Istituzioni che, a livello territoriale,
non riescono a rispondere ai bisogni sempre più complessi dei cittadini.
Una crisi istituzionale che mette
in discussione i modelli di autonomia e favorisce un progressivo e
pericoloso accentramento affidato,
peraltro, quasi esclusivamente al
controllo finanziario attraverso la
riduzione della spesa che, invece di
premiare i comportamenti autonomi e responsabili, accentua l’ingessatura dei meccanismi burocratici
e pretende di governare il pluralismo sociale ed economico del paese con norme imposte dall’alto.
Chi risente di più di questi tagli è il
sistema delle autonomie locali aumentando in modo preoccupante i
casi di crisi dei Comuni e la parali-
si delle Province nell’erogazione dei
servizi di propria competenza.
Qualsiasi processo di riordino
istituzionale, seppur necessario,
rischia di essere fallimentare se
costruito in un’ottica di ulteriore
riduzione delle risorse a disposizione.
Non di questo si ha bisogno ma di
un sistema amministrativo che, al
contrario, valorizzi e accompagni
le energie espresse dal territorio e
che, a livello nazionale, le coordini in un modello unitario (ma non
unico) di sviluppo.
L’esigenza di ottimizzare le risorse
disponibili passa necessariamente
per la revisione dei livelli istituzionali decisionali e di spesa del nostro sistema amministrativo, che
non può essere condotta in modo
frammentario e penalizzando i servizi nella loro dimensione universalistica e nei loro requisiti di essenzialità.
Negli ultimi anni vi è stato un continuo deterioramento delle relazioni tra Stato ed istituzioni territoriali, a causa di scelte soprattutto
economiche che hanno fortemente
penalizzato regioni, province e comuni.
In una fase caratterizzata da una
forte crisi economica e dall’esigenza di razionalizzazione e riorganizzazione dell’assetto istituzionale
del territorio, è indispensabile valorizzare le autonomie locali come
istituzioni pubbliche in grado di garantire diritti fondamentali dei cittadini, capaci di porsi come motore
di sviluppo delle economie locali.
In questo quadro, appare indispensabile:
- La valorizzazione delle funzioni
e delle competenze di regolazione
delle istituzioni pubbliche;
- Il riordino dell’amministrazione
periferica dello Stato;
- Il riordino di enti strumentali,
agenzie, società partecipate e consorzi
non strettamente collegati alle funzioni istituzionali;
- La tutela e la valorizzazione dei
lavoratori nei processi di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni.
È necessario superare la disciplina frammentaria e disorganica
dell’ordinamento locale, che ha
contraddistinto i diversi provvedimenti che si sono susseguiti fino
ad oggi, delineando un processo organico che, partendo da una
precisa definizione delle funzioni
e dei ruoli e da una visione chiara
dell’assetto globale da realizzare,
crei un sistema integrato di livelli
istituzionali capace di governare e
indirizzare i processi sociali ed economici attraverso servizi efficienti,
funzionali ai cittadini e al territorio.
Un sistema integrato che deve essere disciplinato da una Carta delle
Autonomie che definisca, evitando
inutili sovrapposizioni e duplicazioni, le future funzioni delle future
Città Metropolitane e dei Comuni,
attribuendo alle prime le sole funzioni di area vasta e rendendo obbligatoria (prevedendo incentivi), la
gestione associata dei servizi per i
Comuni, al fine di promuovere la
realizzazione di economie di scala
efficaci.
L’associazionismo comunale deve
essere perseguito e rilanciato, in
conformità con i progetti di sviluppo locale, al fine di creare condizioni economiche idonee alla gestione
ottimale di determinate funzioni.
Allo stesso tempo sarebbe opportuno incentivare, ove sussistono le
condizioni geografiche, la fusione
dei Comuni più piccoli per creare
comunità che possano gestire più
facilmente l’amministrazione del
territorio, mettendo in comune
mezzi, professionalità e risorse.
31
da l l e
PIEMONTE
R E P O R T
provincie
Al via la collaborazione tra EnFAP
e Pegaso Università Telematica
Di Ezio Benetello, Amministratore Delegato Enfap Piemonte
mato il 23 dicembre 2013 la
nostra sede di Grugliasco è diventata anche sede Pegaso per
il Piemonte, ovvero un centro
qualificato per lo svolgimento
di progetti didattici, educativi e formativi dell’Università
Telematica Pegaso. Significa
quindi che EnFAP Piemonte è
ora il punto di riferimento della regione Piemonte per tutti gli
iscritti Pegaso o per coloro che
desiderano ricevere informazioni o iscriversi alle proposte formative dell’università online.
Ezio Benetello
Nel numero di ottobre 2013 ci
eravamo salutati con la promessa e l’impegno di contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi comuni
previsti dal Documento Strategico unitario per la programmazione dei fondi europei a finalità strutturale 2014-2020.
In concerto con il codice di condotta europeo, abbiamo infatti
sempre creduto che la valorizzazione delle risorse sia la condizione primaria per avviare un
processo di sviluppo locale in
grado di creare occupazione e
contribuire all’uscita della crisi
in tempi rapidi.
A distanza di circa sei mesi
possiamo affermare che i buoni
propositi si sono trasformati in
fatti tangibili, concretizzandosi nella collaborazione tra EnFAP Academy, suddivisione di
EnFAP Piemonte specializzata
in Ricerca, Sviluppo e Innovazione e l’Università Telematica Pegaso, un Ateneo costruito sui più moderni ed efficaci
standard tecnologici in ambito
e-learning. Con l’accordo fir32
Che cos’è Pegaso e come funziona?
Istituita con Decreto Ministeriale del 20 aprile 2006, Pegaso
è un’università telematica che
consente di frequentare i corsi
e conseguire i relativi titoli di
studio online. È completamente equiparabile a un qualsiasi
Ateneo statale: i titoli accademici conseguiti al termine dei percorsi di studio hanno lo stesso
valore legale di quelli rilasciati
dalle Università tradizionali,
ciò che cambia è la metodologia
didattica che in Pegaso si basa
sulle più moderne tecnologie
e-learning. Ciò consente agli
iscritti di scaricare dispense e
materiale di studio direttamente online e di assistere a lezioni
e interagire con docenti e altri
studenti in un ambiente totalmente virtuale.
I servizi offerti da EnFAP
Piemonte
Il nostro ente, in qualità di ECP
(E-learning Center), si pone
quindi da intermediario tra lo
studente e l’università offrendo un supporto concreto, “in
presenza” e totalmente gra-
tuito. Nello specifico offriamo
servizi di:
- Promozione dei servizi e
dell’offerta formativa promossa dall’Ateneo
- Informazione riguardo procedure, documenti e passaggi burocratici necessari per
l’iscrizione e per il percorso
formativo scelto
- Supporto durante tutto l’iter formativo, dall’iscrizione
sino al termine del proprio
percorso di studi
- Sede di esami per tutti gli
iscritti del territorio piemontese
In collaborazione con il nostro
Job Placement, il nostro ente
assicura un costante servizio
di Orientamento in ingresso,
itinere e in uscita. Gli orientatori di EnFAP Academy aiutano
così gli iscritti a individuare il
percorso formativo più idoneo
alle proprie competenze e spendibile nel mercato del lavoro.
E valutano, in forma del tutto
gratuita e nel rispetto della normativa vigente, il riconoscimento dei crediti formativi maturati
attraverso pregresse esperienze
lavorative o curriculari.
L’accordo siglato tra EnFAP e
Pegaso prevede inoltre condizioni agevolate per gli iscritti/dipendenti UIL e i loro famigliari attraverso rette concorrenziali con le tariffe applicate dalle università pubbliche
e costante supporto gratuito
per tutti gli iscritti.
I percorsi formativi
Le proposte formative dell’Università Telematica Pegaso comprendono:
- 9 corsi di laurea triennali e
servizi
-
-
-
-
-
magistrali
65 master di 1˚ e 2˚ livello rivolti a laureati
10 corsi di perfezionamento
post diploma e post laurea
in ambito salute/sicurezza e
scuola
109 corsi di alta Formazione rivolti a diplomati che vogliano sviluppare competenze professionali qualificate
38 esami singoli
Corsi di inglese e EIPASS
(ECDL)
I corsi di laurea a cui è possibile iscriversi di dividono in
lauree triennali da 180C CFU
(Ingegneria Civile, Scienze Turistiche, Economia Aziendale,
Scienze dell’Educazione e delle
Formazione e Scienze Motorie),
lauree Magistrali Biennali da
120 CFU (Management dello
Sport e delle Attività Motorie,
Scienze Economiche e Scienze
Pedagogiche) e laurea Magistrale a Ciclo unico da 300 CFU
(Giurisprudenza).
Nessun percorso è a numero chiuso e quindi non sono
richiesti test di ingresso e tutti prevedono lo svolgimento di
esami in presenza direttamente
presso la sede EnFAP Piemonte.
Per informazioni è inoltre attivo
un numero dedicato per gli
iscritti UIL: 3421900977
(disponibile in orario di ufficio)
L’Università Telamatica Pegaso
è anche promotrice del Corso
in Perfezionamento in Scienze
Criminologiche, Investigazioni
e Security che, grazie al successo delle precedenti edizioni,
è stato calendarizzato anche
per l’anno 2014/2015. Nato da
una collaborazione ormai consolidata tra EnFAP Piemonte e
UIL Polizia, il corso ha una durata complessiva di 60 ore, divise in 15 incontri di 4 ore ciascuna in orario 15,00 – 19,00.
PIEMONTE
R E P O R T
La frequenza è a cadenza quasi
sempre bisettimanale, il giovedì, e nel periodo compreso tra l’
8 maggio 2014 e il 29 gennaio
2015.
Le lezioni si svolgeranno presso l’Aula Magna dell’Istituto
Elio Vittorini di via Crea 30 a
Grugliasco e saranno tenute da
esperti del settore tra cui criminologi, psicologi, grafologi e
appartenenti alle Forze dell’Ordine. Al termine del corso verranno rilasciati un attestato
di frequenza e la certificazione
BLSD.
La giornata inaugurale dell’8
maggio sarà introdotta da
Gianni Cortese a cui seguiranno un mio intervento e quelli
di Oronzo Cosi, Segretario Generale Nazionale UIL Polizia e
Pietrino Fresi, Segretario Provinciale UIL Polizia.
Il corso è aperto a tutti e ha
un costo di 200 euro ma anche in questo caso sono previste tariffe agevolate per gli
iscritti UIL. In particolare
per il personale in regola con
il tesseramento UIL Polizia per
l’anno 2013/2014 il corso è
gratuito; per gli iscritti UIL FPL
la quota di partecipazione è
di 80 euro; e per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine o
per coloro che svolgono attività
nell’ambito della sicurezza il
costo è di 150 euro.
È inoltre in fase di definizione
l’eventuale riconoscimento di
CFU da parte dell’Università
Telematica Pegaso. Per informazioni e iscrizioni è possibile
rivolgersi a EnFAP Piemonte:
0113139779, enfap.to@enfap.
piemonte.it. Gli appartenenti
alla Polizia di Stato possono invece contattare direttamente il
Coordinatore Organizzativo del
Corso nella persona di Mauro
Palladino, Dirigente Sindacale
per la Formazione UIL Polizia:
3313757235
Obiettivi per il futuro
ui l
Insomma, molti degli obiettivi
prefissati sono stati raggiunti ma è ovviamente nostra
intenzione non fermarci. La
collaborazione con Pegaso è
destinata a consolidarsi e a
coinvolgere sempre più ambiti. Intendiamo trasformare
la sede EnFAP di Grugliasco
in un vero e proprio campus
universitario dotato di locali
attrezzati, laboratori infor matici e di ricerca e servizi
bibliotecari online. Diventerà
quindi un centro di sviluppo
e crescita dell’Università, ponendosi come intermediario e
collante tra mondo accademico, studenti e mondo del lavoro. Nei progetti di prossima
realizzazione rientra anche
l’apertura nelle sedi di Asti e
Alessandria di ECP Pegaso in
modo da fornire un supporto
più capillare a livello regionale. E infine implementeremo
le nostre attività di ricerca
soprattutto nel campo della
Neuroscienza, Sicurezza sul
Lavoro e Informatica attraverso la creazione di Laboratori
Congiunti Pegaso/EnFAP for mati da gruppi di lavoro misti.
Tali gruppi saranno costituiti
da personale EnFAP Piemonte, studenti in stage formativo, dottorandi o assegnisti di
ricerca. Sotto la responsabilità di EnFAP Piemonte e con la
tutorship scientifica dell’Università UniPegaso, si dedicheranno allo sviluppo di attività
di ricerca specifiche in collaborazione con Università,
Organismi di ricerca, laboratori di ricerca pubblici e privati. Oltre a incentivare l’occupazione giovanile è quindi
nostra intenzione formare
figure specializzate capaci di
offrire un contributo significativo alle nuove richieste del
mercato del lavoro attraverso
competenze specifiche e altamente spendibili.
33
servizi
34
PIEMONTE
R E P O R T
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PIEMONTE
servizi
ui l
R E P O R T
La vicenda Fondiaria SAI:
Costituzione di parte civile
Di Silvia Cugini, Presidente Adoc Piemonte
Le indagini della Procura della
Repubblica, secondo Adoc, hanno fatto emergere alcune specifiche e gravissime ipotesi di reato:
la falsità del bilancio del 2010
e la manipolazione del mercato
conseguente alla diffusione del
bilancio falso. Le falsità secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica sono state
enormi ed hanno determinato
un danno ad oltre 12.000 azionisti per più di 250 milioni di euro.
Silvia Cugini
L’Adoc Piemonte sta promuovendo un’importante azione collettiva legata alla vicenda Fondiaria
Sai. L’adesione dei consumatori
è necessaria non solo per ottenere il risarcimento dei danni
subiti, ma anche per affermare
i fondamentali principi della correttezza e della legalità nell’esercizio delle attività economiche
che devono essere rispettati dagli amministratori, dai sindaci e
dai revisori delle società quotate.
Tutti gli azionisti che hanno acquistato azioni Fonsai o Milano
assicurazioni prima del 30 gennaio 2012 sono legittimati a costituirsi parte civile ed a richiedere il risarcimento del danno
conseguente all’acquisto delle
azioni ad un prezzo superiore
rispetto al valore effettivo o alla
mancata vendita in ragione delle
rassicuranti informazioni diffuse
dalla compagnia.
L’ultimo aggiornamento risale
al 26 febbraio 2014, data in cui
il Tribunale di Torino ha rinviato proprio al 10 aprile prossimo il processo contro Jonella
Ligresti, ex presidente Fonsai,
accusata di falso in bilancio
e manipolazione del mercato,
per consentire la riunione, con
gli altri tronconi del processo.
In merito all’apertura del giudizio nei confronti di Jonella Ligresti, l’Adoc si ritiene molto soddisfatta perché abbiamo ottenuto
di vedere respinta la richiesta di
patteggiamento, che consentirà
di portare a termine il giudizio
anche nei confronti di Jonella
Ligresti. Anche l’avvenuto sequestro di 2,5 milioni di euro a
Gioachino Paolo Ligresti, è frutto
dell’attività svolta dalla Procura
della Repubblica anche sulle sollecitazioni delle associazioni di
consumatori, ed in particolare di
Adoc Piemonte.
Tutte le informazioni sono reperibili sul portale www.adocpiemonte.it, sito che è stato scelto
dal Tribunale per dare notizia,
mediante pubblici proclami, a
tutti gli azionisti dell’opportunità di costituirsi parte civile, fino
all’udienza fissata per il 10
aprile 2014.
35
UIL Piemonte Via Bologna, 11 Torino
I nostri servizi li trovi qui!
La UIL è “Il Sindacato dei Cittadini” che
tutela i bisogni collettivi ed individuali
dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani.
La UIL Piemonte, per far fronte alla pesante crisi che investe la nostra Regione, ha presentato una serie di proposte
a difesa dell’economia piemontese e del
suo sistema produttivo, dell’occupazione e dei redditi da lavoro dipendente e
da pensione, sollecitando anche le Amministrazioni Locali ad intervenire concretamente sviluppando la contrattazione sociale.
Contestualmente, la UIL Piemonte fa
fronte alla richiesta di maggior tutela individuale offrendo il proprio supporto a
tutti coloro che sono chiamati a districarsi tra adempimenti e procedure in
materia fiscale e previdenziale oppure
necessitino di orientamento in materia
professionale, di tutela in qualità di consumatore o inquilino, di assistenza ed
indirizzo in quanto immigrati.
La Confederazione, le categorie ed i servizi della UIL sono impegnati, anche in
questo modo semplice e concreto, a testimoniare la loro vicinanza agli iscritti
che, confidiamo, possano essere sempre più numerosi e con un livello di soddisfazione crescente.
SEDE
SEGRETERIA
GENERALE
INDIRIZZO
SERVIZIO
Via Bologna 11
SEDE CENTRALE
Via Bologna 9
Via Bologna 11
IMMIGRATI
ITAL
CAF
MOBBING
ADA
CAF
CAF UILP
UNIAT
ADOC
CAF/ITAL
CAF/ITAL
CAF/ITAL
ITAL
UILP FONDI
SPECIALI
ITAL
CAF
Via Bologna 15
Via Bologna 15/a
TORINO
Via Parma 10
Via Barletta 135/a
Via Bernardino Luini 52
Via Gottardo 65/b
Via Massena 19/e
Via S. Chiara 41
Via Sidoli 16/bis
Grugliasco, corso Allamano
126/a
TELEFONO
FAX
011.2414111
011.2417161
011.2417190
011.2417103
011.2417123
011.2417121
011.2417123
011.4364269
011.4363827
011.2417182
011.2417161
Numero verde 800055114
011.280392
011.280392
011.231896
011.280392
011.4364184
011.4364184
011.4364331
011.4364373
011.351967
011.3271714
011.2215594
011.259555
011.2051291
011.2427992
011.5174155
011.5174155
011.5175100
011.5617195
011.5214515
011.3161714
011.4364832
011.3161739
ITAL
011.3160757
011.3143231
UILP
ENFAP
011.3161742
011.3139779
011.3083967
011.9311152
0122.640726
011.5787963
011.9415385
011.9173580
011.9211654
011.4081595
AVIGLIANA
BUSSOLENO
CARMAGNOLA
CHIERI
CHIVASSO
CIRIE’
GRUGLIASCO
Via Della Repubblica 16
Via Traforo 63
Largo Umbria 22
Via S.Agostino 6
Via Platis 7
Via Andrea Doria 16/7
Via Michelangelo 59
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
CAF
011.9327695
0122.640726
011.5787963
011.9415385
011.9101140
011.9202784
011.4081595
MONCALIERI
Corso Roma 18/20
ITAL
CAF
011.4081750
011.6403026
NICHELINO
ORBASSANO
Via Juvarra 37
Strada Torino 12/b
ITAL
SEDE ZONALE
CAF
011.6405138
011.6207014
011.9004007
011.6275000
011.9000834
Via Castellazzo 44
Via Cravero 12
Via Fossano 16
Via Volturno 17/b
Via Volturno 28/a
Piazza Pagliero 2
ITAL
SEDE ZONALE
SEDE ZONALE
ITAL
CAF
SEDE ZONALE
011.9034530
0121.70244
011.2761832
011.9573873
011.9575735
011.8972144
011.9034817
0121.375982
011.2761832
011.9573873
011.9595931
011.8011940
Via Zanellato 30
SEDE ZONALE
011.4525750
011.4525750
PINEROLO
RIVALTA
RIVOLI
SETTIMO
TORINESE
VENARIA
011.4081750
011.6405138
Consulta sul nostro sito la guida ai servizi per tutti i cittadini e le convenzioni riservate agli iscritti.
www.uil.it/uilpiemonte