Torino . Auditorium Rai . Concerti 2013 •2014 11° ica La grande mussegno va sempre a 20.30 NAIO 2014 ore GIOVEDÌ 16 GEN NAIO 2014 ore 20.30 EN VENERDÌ 17 G Andrea Battistoni direttore Emmanuel Pahud flauto Musorgskij Khačaturjan Dvořák Rimskij-Korsakov 11 ° GIOVEDÌ 16 GEN VENERDÌ 17 G NAIO 2014 ore 20.30 ENNAIO 2014 ore 20.30 Andrea Battistoni direttore Emmanuel Pahud flauto Modest Musorgskij (1839-1881) Una notte sul Monte Calvo, quadro sinfonico (1867) (orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov, 1886) Durata: 12’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 29 gennaio 2010, Nicola Luisotti. Aram Khačaturjan (1903-1978) Concerto in re minore per flauto e orchestra (1967) (versione di Jean-Pierre Rampal del Concerto per violino e orchestra, 1940) Allegro con fermezza – Lento ma non troppo – Cadenza – Tempo I Andante sostenuto – Allegro – Andante Allegro vivace Durata: 38’ ca. Prima esecuzione Rai a Torino della versione per flauto; ultima esecuzione della versione per violino: 8 ottobre 1982, Vasilij Sinaiskij, Ruben Agaronjan. Antonín Dvořák (1841-1904) Vodnik (Lo spirito delle acque), poema sinfonico op. 107 (1896) (da K.J. Erben) Durata: 21’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 23 maggio 2008, Oleg Caetani. Nikolaj Rimskij-Korsakov (1944-1908) La grande Pasqua russa, ouverture su temi liturgici op. 36 (1888) Durata: 16’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 14 aprile 1995, Frank Shipway. Redazione a cura di Irene Sala Il concerto di venerdì 17 gennaio è trasmesso in collegamento diretto su Radio3 per il programma “Radio3 Suite”e in streaming audio-video su www.osn.rai.it Modest Musorgskij Una notte sul Monte Calvo, quadro sinfonico (orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov) Musica delle streghe Musorgskij cominciò a pensare a Una notte sul monte calvo nel 1858, in seguito alla lettura di un testo teatrale firmato dal barone Georgij Mengden. L’informazione è certa, visto che compare nella corrispondenza dello stesso compositore; ma è l’unico dato disponibile, perché dell’opera letteraria ci è pervenuto soltanto il titolo, La strega. Evidentemente per Musorgskij erano anni di grande interesse nei confronti dei soggetti di natura sinistra e demoniaca: negli stessi mesi sarebbe nato il progetto, mai portato a termine in realtà, di un’opera sul racconto di Gogol’, La notte di San Giovanni, con tanto di diavoli, streghe e assassinii cruenti. Pare che un intero atto della Strega fosse ambientato sul Monte Calvo - probabilmente il Monte Triglav della Russia meridionale - tra sabba di streghe e riti macabri di ogni genere. Ma uno stimolo non indifferente venne anche dalla sonorità funesta del Totentanz di Liszt, che Musorgskij ascoltò per la prima volta con grande interesse nel marzo del 1866. Il risultato è una pagina sinfonica che dice probabilmente tutto quello che avrebbe potuto dire l’opera teatrale. Il primo titolo dato dall’autore fu La notte di San Giovanni sul Monte Calvo; ma l’opera subì due ulteriori revisioni, prima (1872) per coro e orchestra, poi (1878) in vista di un ulteriore riadattamento teatrale, ancora una volta abortito (il soggetto doveva essere tratto da un altro racconto di Gogol’ intitolato La Fiera di Soročintsy); e così Musorgskij morì nel 1881 senza aver davvero smesso di lavorare su una delle sue opere migliori. La partitura fu pubblicata postuma solo nel 1886, con il nuovo titolo, Una notte sul Monte Calvo, e un’orchestrazione quasi totalmente rivista da Nikolaj Rimskij-Korsakov. Una genesi così complessa, e così densa di fonti divergenti, difficilmente ci consente di individuare nella musica di Musorgskij un preciso filone narrativo; potrebbe trattarsi della vicenda raccontata da Gogol’ nella Notte di San Giovanni, quando il giovane Pëtr perde la memoria di un assassinio efferato e, solo grazie all’intervento di una fattucchiera, riprende la tragica coscienza dell’accaduto; potrebbe trattarsi del rito oscuro celebrato tra le sinistre alture del Monte Calvo nella Strega di Mengden; o ancora del sogno descritto da Gogol’ nella Fiera di Soročintsy, quando il protagonista immagina l’apparizione del diavolo, sotto forma di porco, tra la gente rubiconda di un tranquillo villaggio rurale. L’unica cosa certa è che Musorgskij cerca di dar vita al tema del grottesco satanico, immergendo le mani in quelle sonorità demoniache e torbide che Berlioz e Liszt avevano insegnato a tanti compositori dell’Ottocento. I quattro titoli inizialmente assegnati ai vari episodi della composizione alludono chiaramente a un’adunata di streghe, a un corteo di diavoli, a una messa nera e a un sabba. Tutti temi che ritornano in ognuno dei soggetti letterari passati per le mani di Musorgskij nel corso della stesura del brano orchestrale. I brividi dei violini che aprono la composizione, assieme alle fiammeggianti scintille dell’ottavino, ricordano l’atmosfera delle riunioni tra streghe ideate da Verdi, quasi negli stessi anni, per il Macbeth (1847-1865). Ma i movimenti pesanti dei contrabbassi hanno un sapore ben più spaventoso e tellurico. Il tema che prende forma tra fagotti e tromboni ha i tratti di una danza agghiacciante, al cospetto di un’entità che predilige festeggiare odorando il profumo della morte. Il grottesco battito di violini e viole “col legno” (sonorità già sperimentata da Berlioz, nella Symphonie fantastique, proprio per alludere a un mondo altro, complementare alla realtà degli uomini in carne e ossa) sembra quasi una furente cavalcata sulle scope. E poi c’è la messa nera, il culmine del rito oscuro, con il suo accenno di canto liturgico, rovesciato nella sonorità sinistra di un corale che stride nel registro dei legni. L’incubo svanisce solo in chiusura, quando lontani rintocchi di campane portano la voce confortante di una collettività umana che crede ancora in qualche valore spirituale. Clarinetto e flauto accolgono il nuovo giorno con un tema dolce, come può essere solo una parola amica successiva a una tragedia agghiacciante. E nel tremolante tintinnio dell’arpa si intravedono le prime luci dell’alba. Andrea Malvano (dagli archivi Rai) Aram Khačaturjan Concerto in re minore per flauto e orchestra Antonín Dvořák Vodnik (Lo spirito delle acque), poema sinfonico op. 107 (versione di Jean-Pierre Rampal del Concerto per violino e orchestra, 1940) (da K.J. Erben) Tra i concerti scritti dal compositore armeno Aram Khačaturjan, nemmeno uno è dedicato al flauto. E neanche il più celebre flautista del suo tempo, il francese Jean-Pierre Rampal, da lui stimato e apprezzato per l’evidente talento, riuscì a convincerlo a comporre un brano su misura per le sue doti (cosa che invece fecero, tra gli altri, Francis Poulenc, André Jolivet e Leonard Bernstein). Anzi: nel 1967 Rampal accettò la controproposta di Khačaturjan di arrangiare per flauto il suo più riuscito concerto per violino, composto nel 1940. Quell’estate Khačaturjan la trascorse in un rifugio in mezzo alla foresta fuori da Mosca, città in cui si era stabilito inizialmente per studiare in conservatorio con Nikolaj Mjaskovskij e successivamente per lavorarvi. Un periodo proficuo per il compositore: «Lavorai senza nessuna fatica», scrisse, «Spesso i miei pensieri e la mia immaginazione superavano la mano che stava ricoprendo il pentagramma di note. I temi mi venivano in mente con tanta abbondanza che fu difficile per me ordinarli in qualche modo». Gli ultimi poemi sinfonici Nel 1895 Dvořák tornava a Praga, dopo aver trascorso tre anni alla direzione del Conservatorio di New York. L’esperienza era stata davvero costruttiva: Dvořák era stato letteralmente assalito da fama, successo e benessere economico. Ma l’aria di casa gli era mancata incredibilmente. Dopo l’entusiasmo iniziale per le tradizioni musicali scoperte al di là dell’Oceano, testimoniato dal Quartetto “americano” e dalla Sinfonia “dal nuovo mondo”, la nostalgia della cultura esteuropea era riemersa con straordinaria intensità già a partire dal Concerto per violoncello e orchestra. Dvořák non sapeva vivere lontano dalla sua terra. Se non fosse stato estremamente dotato per la musica, probabilmente avrebbe rilevato la trattoria del padre, in un piccolo villaggio della Boemia. I suoi primi maestri erano stati quei musicisti ambulanti, che passavano tra gli avventori del locale, suonando melodie popolari, radicate nel cuore di quella cultura. Solo in un secondo momento era arrivato l’amore per i grandi monumenti della musica occidentale. Qualcosa di autenticamente boemo era destinato a rimanere sempre in ogni sua esperienza musicale. E così, dopo quei tre anni di dolorosa lontananza dalla patria, per Dvořák era giunto il momento di immergersi completamente nella cultura delle sue parti, riprendendo in mano i racconti dello scrittore boemo Karel Jaromìr Erben. Fino a quel momento i contatti con il genere del poema sinfonico erano stati piuttosto sporadici. Alcune ouvertures composte prima del periodo americano vi erano andate molto vicino (La mia patria, Nel regno della natura, Othello). Ma solo allora, a otto anni dalla morte, Dvořák si sentiva pronto per affrontare uno dei generi più frequentati dai compositori della seconda metà dell’Ottocento. Nacquero così, tra il 1896 e il 1897, i 4 poemi sinfonici ispirati alle ballate di Erben: Lo spirito delle acque, La strega di mezzodì, L’arcolaio d’oro e La colomba del bosco. Rampal si trovò davanti un lavoro fortemente caratterizzato dal punto di vista stilistico. Tutta la produzione musicale di Khačaturjan, infatti, sprigiona la passione per il folklore musicale della sua terra e le sue radici armene, mai abbandonate nonostante il trasferimento in Russia: «Sono cresciuto in un’atmosfera immersa nel folklore musicale; la vita delle persone, i loro costumi e celebrazioni, le loro gioie e sofferenze, le pittoresche melodie armene, azerbaigiane e georgiane, cantate e suonate dai musicisti popolari, tutto questo ebbe un grande effetto su di me.» Ma il concerto funziona benissimo anche per flauto. Partitura alla mano, Rampal lasciò praticamente intatto il materiale orchestrale e, oltre a trascrivere e adattare la parte solistica del violino alle caratteristiche espressive e tecniche del flauto, aggiunse alla fine dello sviluppo del primo movimento Allegro con fermezza una nuova cadenza. La melodia del flauto del secondo movimento (Andante sostenuto) sembra ricordare l’atmosfera intima e introspettiva dalla ninna nanna del balletto Gajaneh, composto da Khačaturjan nel 1942. Ha un aspetto improvvisativo ed energico la parte solistica del movimento finale Allegro vivace, che si chiude sulle veloci “volatine” del flauto. La prima esecuzione del concerto per flauto di Khačaturjan, nella versione di Jean-Pierre Rampal, avvenne nell’interpretazione del flautista francese con l’Orchestra Filarmonica di Toledo diretta da Serge Fournier il 3 novembre 1967. Il concerto trovò numerose successive esecuzioni ed entrò stabilmente nel repertorio dei flautisti: storica quella del gennaio 1982, sempre ad opera di Rampal, in occasione della celebrazione del suo sessantesimo compleanno, con la National Symphony Orchestra di Washington diretta dall’amico Mstislav Rostropovič. Irene Sala Lo spirito delle acque Rannicchiato al bordo di un lago, un folletto acquatico è intento a cucire il suo abito nuziale. Come sposa ha scelto una ragazza del villaggio: una vittima da irretire magicamente nel suo mondo, per poi impedirle di ritornare tra gli uomini. E infatti, proprio in quel giorno, una forza irresistibile spinge la giovane fanciulla al lago, con un cesto di panni sporchi da lavare. Ma il solo contatto con l’acqua provoca un sinistro scricchiolio nella passerella, e in un attimo la ragazza viene fagocitata dalle onde. Il folletto, soddisfatto per la piena riuscita del suo stratagemma, applaude allegramente e scende sul fondo del lago per congiungersi con la vittima. Per la ragazza e per il suo bambino neonato è l’inizio di un periodo di grave tristezza; il folletto non riesce a sopportare l’atmosfera plumbea che pesa sul suo matrimonio; e così scaglia addosso alla fanciulla terrificanti minacce. Ma la novella sposa non ha più niente da perdere: chiede di vedere un’ultima volta sua madre; il folletto acconsente: le concede di tornare per un giorno sulla terra, ma tiene il bambino in ostaggio. L’incontro con il mondo degli umani è straziante; madre e figlia si attardano a commiserare il proprio dolore, e non si avvedono del crepuscolo avanzante. A tarda sera sentono bussare alla porta: è il folletto, venuto a reclamare la sua sposa. La mamma lo caccia brutalmente; ma dopo pochi minuti dal lago si leva una roboante tempesta, che scaglia con violenza un oggetto contro la porta della casupola: è il cadavere decapitato del bimbo. Sei sezioni compongono il percorso musicale ideato da Dvořák a partire dal testo di Erben. Lo spirito delle acque è ritratto da un tema sinuoso, che risuona come un sinistro presagio di morte. Mentre una melodia ingenua affidata ai clarinetti dipinge la spontanea superficialità della ragazza. La madre, invece, avverte fin da subito un terrificante presentimento; e il suo tema avanza con una mestizia penosa, che preannuncia la tragedia imminente. La tristezza che opprime il fondo del lago è punteggiata da un cromatismo discendente di clarinetti e viole, che sembra scivolare sempre più in basso: un’idea che si lascia sprofondare, senza nemmeno cercare di riemergere a contemplare la luce del sole. Ma la tragedia non tarda a esplodere, abbattendosi definitivamente su un tonfo di tromboni, timpani e contrabbassi: è l’apparizione di una tempesta, che passa e si porta via anche la forza di reagire. All’orchestra non resta che contemplare la tragedia, materializzando un clima di lamentoso sbigottimento lunare pennellato dai timbri di corno inglese, clarinetto basso e oboi. Andrea Malvano (dagli archivi Rai) Nikolaj Rimskij-Korsakov La grande Pasqua russa, ouverture su temi liturgici op. 36 Negli anni ’50-’60 del XIX secolo, a San Pietroburgo si formava il cosiddetto “Gruppo dei Cinque”, unito dalla passione per la musica russa più vera e popolare e dal rifiuto per la formazione musicale accademica e occidentale. Tranne Milij Balakirev, che era musicista, gli altri componenti del gruppo provenivano da mondi che con la musica avevano poco da spartire: Cérar Cui era esperto e insegnante in materia di fortificazioni militari, Modest Musorgskij aveva seguito la carriera militare e ministeriale, Nikolaj Rimskij-Korsakov era un ufficiale di marina e Aleksandr Borodin era medico e professore di chimica. Sulla scia di quel nazionalismo e quella voglia di affermare il patrimonio musicale etnico russo, inaugurato da Michail Glinka, i “Cinque” studiarono teoria e composizione privatamente, raggiungendo livelli di preparazione all’altezza di chi aveva sostenuto il percorso di studi canonico. Tra tutti, Rimskij-Korsakov fu il più aperto alla musica occidentale: scrisse un trattato di armonia e un manuale di orchestrazione, fu maestro di composizione e strumentazione al conservatorio di San Pietroburgo e tramandò una solida tradizione didattica russa. Tra i suoi allievi si annoverano, infatti, Igor Stravinskij, Sergej Prokof’ev e Aleksandr Glazunov. Nel 1888, Rimskij-Korsakov dedicò «alla memoria di Musorgskij e Borodin», scomparsi prematuramente, La grande Pasqua russa (in origine Svetliy prazdnik ovvero Giorno di festa splendente), eseguita per la prima volta sotto la sua direzione a San Pietroburgo il 3 dicembre di quell’anno. La composizione fu sottotitolata ouverture di Pasqua su temi dell'Obikhod, rimandando alla raccolta di canti russi ortodossi pubblicata da Aleksej Födorovič L’vov, da cui sono tratti i motivi principali: l’inizio del Salmo 68 "Sorga Iddio, si sperdano i suoi nemici" e i versetti del Vangelo di Marco che raccontano la gioiosa Resurrezione di Cristo. Ciò che più interessa al compositore, è mettere in luce l’aspetto pagano della nota funzione religiosa, come annotato nell’autobiografia: «Nella composizione, reminiscenze di profezie vetero-testamentarie e dell'annuncio della Buona Novella si uniscono ad una rappresentazione generale della messa di Pasqua e di tutta la sua "allegrezza pagana". Dico ciò in piena consapevolezza; infatti nelle danze di Giubilo del re David alla vista della Terra Promessa, di cui ci parla la Bibbia, non si esprime in fondo la stessa situazione emotiva di una danza pagana di fronte agli idoli degli dei? E tutto quello scampanio che si fa in Russia la mattina di Pasqua non sembra forse voler accompagnare un'immaginaria danza religiosa? Erano proprio questi tratti leggendari e pagani della festa pasquale che volevo esprimere nella mia Ouverture, questo passaggio repentino dall'atmosfera cupa e misteriosa del Venerdì Santo alla gaia sfrenatezza, pagana e religiosa allo stesso tempo, del giorno di Pasqua». Melodie e ritmi della composizione lasciano assaporare il gusto per il folklore russo, che affonda le sue radici nei canti, nelle danze popolari e nelle liturgie religiose. La mistica e lugubre melodia del Venerdì Santo (affidata in successione ai legni, ai tromboni e agli archi, e infine ai fagotti e alla tuba), contrasta con il carattere di danza festosa dell’Allegro agitato, che conduce alla tanto attesa Resurrezione domenicale, accompagnata da scampanio e squillo di trombe celesti: “Resurrexit, cantavano i cori degli angeli nel cielo al suono delle trombe degli arcangeli e al fruscio delle ali dei serafini”. La grande Pasqua russa offre una preziosa istantanea “sociale” di chi, come RimskijKorsakov, ha vissuto in prima persona l’evento russo ortodosso; «[…] una messa mattutina di Pasqua, in una grande chiesa stipata fino all'inverosimile di uomini di tutte le classi sociali, mentre numerosi pope celebrano contemporaneamente l'ufficio divino». Irene Sala Andrea Battistoni Nato a Verona nel 1987 Andrea Battistoni è uno dei giovani emergenti del panorama musicale internazionale. Consegue nel 2006 il diploma in violoncello. Nella direzione d'orchestra si perfeziona con Gabriele Ferro e ha preso parte a masterclass di Alberto Zedda e Gianandrea Noseda. Dal Marzo 2013 è Primo Direttore Ospite del Teatro Carlo Felice di Genova. Dal 2010 al 2013 ricopre lo stesso incarico per il Teatro Regio di Parma. In pochissime stagioni è già stato ospite dei più prestigiosi Teatri e Festival internazionali, dirigendo un repertorio molto eterogeneo come La bohème, Il viaggio a Reims, Il matrimonio segreto, Attila, La traviata, Nabucco, Macbeth, Falstaff. Notevole impressione hanno suscitato i suoi debutti con la Filarmonica della Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Tokyo Philharmonic Orchestra, il Maggio Musicale Fiorentino. Al Teatro alla Scala di Milano ha debuttato con una produzione storica delle Nozze di Figaro e al Teatro Regio di Parma con Stiffelio. Fra gli altri impegni ha diretto Trovatore alla Deutsche Oper di Berlino, Bohème a Napoli e Valencia e Macbeth a Genova. è già stato ospite dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in occasione del concerto per la Festa della Repubblica nel 2011 e del concerto di chiusura del Prix Italia nel 2013. Emmanuel Pahud partecipano al concerto VIOLINI PRIMI *Alessandro Milani (di spalla), °Marco Lamberti, °Giuseppe Lercara, Antonio Bassi, Irene Cardo, Claudio Cavalli, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Fulvia Petruzzelli, Matteo Ruffo, Lynn Westerberg, Valerio D’Ercole, Alessandra Génot, Efix Puleo, Laura Vignato. VIOLINI SECONDI Nato a Ginevra nel 1970, il flautista svizzero-francese ha cominciato a studiare all’età di sei anni. Ha vinto il “Premier Prix” del Conservatorio di Parigi e ha proseguito i suoi studi con Aurele Nicolet, vincendo molti primi premi internazionali. A ventidue anni è stato nominato primo flauto dei Berliner Philharmoniker, ruolo che ricopre tuttora. Svolge un’intensa attività solistica e ha suonato con le maggiori orchestre al mondo, quali London Philharmonic, Tonhalle di Zurigo, Bayerischer Rundfunk, Orchestra del Mariinskij, Camerata Salzburg, Deutsche Kammerphilharmonie, Washington National Symphony e NHK Symphony di Tokyo. Tra i maggiori direttori con cui ha lavorato spiccano Claudio Abbado, Sir Simon Rattle, David Zinman, Lorin Maazel, Valery Gergiev, Pierre Boulez, John Eliot Gardiner, Daniel Harding, Paavo Järvi e Mstislav Rostropovič. Nella stagione 2013/14 Pahud sarà solista con le orchestre: Berliner Philharmoniker, Orchestre de Chambre de Paris, Potsdam Kammerorchester, Filarmonica Nazionale Ungherese e altre. Suonerà in concerti da camera con vari artisti, tra cui Trevor Pinnock, e con il suo gruppo “Les vents francais”. Nel 1993 Pahud, insieme a Eric Le Sage e a Paul Meyer, ha fondato il Festival cameristico “Musique à l’Empéri” di Salon de Provence, del quale è stato celebrato il 20° anniversario. Nel 1996 ha firmato il contratto in esclusiva con EMI Classics, una collaborazione che si sta rivelando come il contributo più significativo alla musica per flauto finora registrata. Ha all'attivo più di venti registrazioni che hanno ricevuto eccellenti recensioni e vinto numerosi premi discografici, quali Diapason d’Or, Radio France “Recording of the Year”, Echo Klassik, Fono-Forum e TV-Echo. Nel 2009 ha ricevuto il titolo di “Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres”. è per la prima volta ospite dell'OSN Rai. *Paolo Giolo, Enrichetta Martellono, Valentina Busso, Carmine Evangelista, Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Antonello Molteni, Enxhi Nini, Vincenzo Prota, Francesco Sanna, Elisa Schack, Isabella Tarchetti. VIOLE *Luca Ranieri, Geri Brown, Matilde Scarponi, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Alberto Giolo, Margherita Sarchini, Marco Nason, Elena Saccomandi, Maurizio Redegoso Kharitian, Silvia Vannucci. VIOLONCELLI *Massimo Macrì, Giuseppe Ghisalberti, Ermanno Franco, Giacomo Berutti, Stefano Blanc, Pietro Di Somma, Michelangiolo Mafucci, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino. CONTRABBASSI *Cesare Maghenzani, Gabriele Carpani, Silvio Albesiano, Luigi Defonte, Antonello Labanca, Maurizio Pasculli, Virgilio Sarro, Roberto Bevilacqua. FLAUTI *Giampaolo Pretto, Fiorella Andriani, Carlo Bosticco. OTTAVINO Carlo Bosticco OBOI *Carlo Romano, Sandro Mastrangeli. CORNO INGLESE Franco Tangari CLARINETTI *Cesare Coggi, Franco Da Ronco. CLARINETTO BASSO Salvatore Passalacqua FAGOTTI *Andrea Corsi, Cristian Crevena, Mauro Monguzzi, Bruno Giudice. CONTROFAGOTTO Bruno Giudice CORNI *Stefano Aprile, Marco Panella, Bruno Tornato, Marco Tosello. TROMBE *Roberto Rossi, Daniele Greco D’Alceo, Roberto Rivellini. TROMBONI *Enzo Turriziani, Devid Ceste. TROMBONE BASSO Gianfranco Marchesi TUBA Daryl Smith TIMPANI *Claudio Romano PERCUSSIONI Maurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Massimiliano Francese, Andrea Vigliocco. ARPA *Donata Mattei *prime parti ° concertini Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra, avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI. Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite e iscrivetevi subito! Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito www.amiciosnrai.it o scrivendo a [email protected]. La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure il martedì e il giovedì dalle 10 alle 12, telefonando al 335 6944539. 20° Si informa il gentile pubblico che a causa di sopravvenuti impegni fuori sede dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, il concerto di mercoledì 16 aprile 2014 (turno blu), sarà spostato a venerdì 18 aprile 2014. L'orario resta invariato. CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2013/14 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. Alessandro Milani suona un violino “Francesco Gobetti” del 1711, messo gentilmente a disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano. Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione "riduzioni". 12 ° GIOVEDÌ 23 GEN VENERDÌ 24 G NAIO 2014 ore 20.30 ENNAIO 2014 ore 20.30 Juraj Valčuha direttore Arcadi Volodos pianoforte Ferruccio Busoni Nocturne Symphonique op. 43 (Elegia n. 2) Béla Bartók Quattro pezzi per orchestra op. 12 Pëtr Il'ič Čajkovskij Concerto n. 1 in si bemolle minore op. 23 per pianoforte e orchestra CARNET da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori Adulti: 24,00 euro a concerto Giovani: 5,00 euro a concerto SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani) INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani) BIGLIETTERIA Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861 [email protected] - www.osn.rai.it
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