AZIONE CATTOLICA ITALIANA DIOCESI DI ROMA “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo” (Gaudium et Spes, 22) ESERCIZI SPIRITUALI NELLA CITTÀ BASILICA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME 5 – 6 - 7 marzo 2015 “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” L’Azione Cattolica di Roma, anche quest’anno, offre un’occasione speciale di preghiera personale e comunitaria. Proponiamo gli Esercizi spirituali in città per vivere la Quaresima come tempo propizio per ascoltare e accogliere la Parola di Dio, luce e guida del nostro cammino. Quest’anno la nostra attenzione dovrebbe mirare al cuore: Allargate il cuore, per non mettervi a portare il giogo con gli infedeli” è scritto nell’introduzione tratta da un discorso di S. Agostino che introduce i nostri esercizi. Ce lo suggerisce Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima: «Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore… Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro». I nostri Esercizi non sono sufficienti, servono per prendere il ritmo, da mantenere poi in seguito. Per tre giorni, dal 5 marzo al 7 marzo, durante tre momenti della giornata, quando il nostro pensiero e le nostre attività sono rivolte agli innumerevoli impegni, siamo chiamati a trovare in maniera più intensa quell’occasione speciale per ascoltare, accogliere e parlare con il Signore. Il tema sul quale mediteremo “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” è una frase tratta dalla Gaudium et spes (n. 22). Ci porta a riflettere sulla realtà dell’uomo e della donna che può essere conosciuta a partire da gESù. Il libretto è una “regola” che ci guida sia nella preghiera personale al mattino e a metà giornata, sia nella preghiera comunitaria alla sera. La preghiera al mattino, prima di qualsiasi tipo di attività, prima di arrivare al lavoro, a scuola, in negozio o prima di iniziare a riordinare la casa. A metà giornata, quando mille preoccupazioni, dubbi e fatica hanno già la meglio sui nostri pensieri… fermarsi. Sì, per ritemprare il fisico, ma anche per chiedere al Signore, Lui che è nostro Padre nonostante tutto, la Sua benedizione e la Sua grazia affinché sia sempre il nostro riferimento. Alla sera, dopo che la giornata ci lascia esausti, un momento per ritirarci a parlare con Cristo Gesù, colui che ci ascolta intimamente e che rinvigorisce le nostre forze. Tutti insieme nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme dalle 19,00 alle 21.00 con la riflessione e la meditazione della Parola di Dio affidata alla cura di Don Antonio Magnotta, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile di Roma. Il libretto è anche un invito e un ausilio per quanti vorranno proporre gli esercizi nelle proprie realtà parrocchiali, associative, di gruppo, negli ambienti di lavoro e nella propria famiglia per sentirci parte di una storia universale, fratelli di tutti nella riscoperta della centralità di Cristo, nel quale tutti siamo stati creati. L’ AC di Roma Introduzione agli Esercizi Spirituali Da un Discorso di Sant’Agostino (Discorso 130) Perché mai dunque ci perdiamo dietro a tante considerazioni e cerchiamo di sapere che cosa dobbiamo chiedere nelle nostre preghiere per timore di non riuscire a pregare come dovremmo? Perché non diciamo piuttosto col salmo: Una cosa sola ho chiesta al Signore, quella sola io ricercherò: di restare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie di Dio e visitare il suo tempio? Lì tutti i giorni non si sommano col venire e col passare, e l'inizio dell'uno non è la fine dell'altro: sono tutti insieme senza fine, dove non ha fine neppure la vita a cui quei giorni appartengono. Per l'acquisto di questa vita beata la vera Vita beata in persona c'insegnò a pregare, ma non con molte parole, come se ci esaudisse di più quanto più siamo loquaci, dal momento che la nostra preghiera è rivolta a Colui che conosce, come dice il Signore medesimo, ciò che ci è necessario prima che glielo chiediamo. Potrebbe sembrare strano che, pur proibendo il multiloquio, Colui il quale conosce, prima che glielo chiediamo, ciò che ci è necessario, ci abbia esortato con tanta insistenza a pregare, da dire: Occorre pregare di continuo e non stancarsi Così dicendo ci propose l'esempio d'una vedova che, desiderando ottenere giustizia contro il proprio avversario, piegò un giudice iniquo ed empio col sollecitarlo spesso a darle ascolto, mosso non già da un senso di giustizia o di compassione, ma vinto dalla noia. Ci volle così ricordare che molto più sicuramente è disposto ad ascoltarci Dio, Signore misericordioso e giusto, quando preghiamo senza interruzione, dal momento che quella vedova, grazie alle sue assidue sollecitazioni, non poté essere trascurata neppure da un giudice iniquo. Ci volle anche insegnare quanto volentieri e benignamente è disposto a compiere i buoni desideri di coloro che Egli sa che perdonano i peccati altrui, se la vedova, che voleva le si facesse giustizia, raggiunse lo scopo desiderato. Anche quel tale, presso cui era giunto un amico da un viaggio e che non aveva nulla da servirgli a tavola, desiderando che da un altro suo amico gli fossero prestati tre pani, sotto i quali è adombrata forse la Trinità di un'unica sostanza, a forza di supplicare con grande petulanza e molestia, lo svegliò quando già dormiva coi suoi servitori, perché gli desse i pani che voleva. L'amico glie li diede più per evitare d'essere infastidito che per benevolenza. Volle il Signore che da questa parabola comprendessimo che se è costretto a dare chi, mentre dorme, è svegliato suo malgrado da un supplicante, tanto più benevolmente dà Colui che non dorme mai e stimola noi che dormiamo a fargli delle richieste. Cristo esorta: chiedete, cercate, bussate! A questo proposito troviamo anche scritto: Chiedete e otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto; poiché chi chiede riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto. Qual è tra voi quel padre che, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra o se gli chiede un pesce gli darà un serpente o se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi dunque, pure essendo cattivi, sapete dare ai vostri figli doni buoni, quanto più il Padre vostro celeste li largirà a voi quando glieli chiedete? Delle tre note virtù raccomandate dall'Apostolo la fede è simboleggiata nel pesce, sia a causa dell'acqua del battesimo, sia perché rimane integra in mezzo ai flutti di questa vita: ad essa si oppone il serpente, il quale con velenoso inganno persuase i progenitori a non credere a Dio; la speranza è raffigurata nell'uovo, perché la vita del pulcino non c'è ancora ma ci sarà, non si vede ancora ma si spera, poiché una speranza che si vede non è più speranza; all'uovo si oppone lo scorpione, poiché colui che spera la vita eterna, dimentica le cose che gli stanno dietro e si protende verso quelle che gli stanno davanti, mentre gli nuoce rivolgersi a guardare indietro; dallo scorpione però bisogna guardarsi nella sua parte posteriore, velenosa e armata di aculeo; nel pane è raffigurata la carità, ch'è la più grande di queste virtù, a quel modo che il pane è superiore per utilità a tutti gli altri alimenti: al pane si oppone la pietra, giacché i cuori duri respingono la carità. Anche se queste cose ammettono un'altra interpretazione più conveniente, nondimeno Colui che sa concedere ai suoi figli i buoni doni, ci spinge a chiedere, a cercare, a bussare. La preghiera, esercizio di fede e speranza. Potrebbe far meraviglia che agisca così Colui che conosce ciò che ci è necessario prima che glielo chiediamo, se non comprendessimo che il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non conoscere, ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci. Questo bene è assai grande, ma noi siamo piccoli e angusti per accoglierlo. Perciò ci vien detto: Allargate il cuore, per non mettervi a portare il giogo con gli infedeli. Con tanto maggiore capacità riceveremo quel bene molto grande, che occhio non ha veduto perché non è colore, orecchio non ha udito perché non è suono, né è entrato nel cuore dell'uomo, perché tocca al cuore dell'uomo elevarsi fino ad esso, con quanto maggior fede crediamo ad esso, con quanto maggiore fermezza speriamo in esso, con quanto maggiore ardore lo desideriamo. Pregare sempre per mantenere il fervore. Noi dunque preghiamo sempre con desiderio continuo sgorgato dalla fede, speranza e carità. Ma a intervalli fissi di ore e in date circostanze preghiamo Dio anche con parole, affinché mediante quei segni delle cose stimoliamo noi stessi e ci rendiamo conto di quanto abbiamo progredito in questo desiderio e ci sproniamo più vivamente ad accrescerlo in noi. Più degno sarà l'effetto che sarà preceduto da un affetto più fervoroso. Perciò anche quel che dice l'Apostolo: Pregate senza interruzione, che altro significa se non: " Desiderate, senza stancarvi, di ricevere da Colui, che solo ve la può dare, la vita beata, che non è se non la vita eterna "? Se dunque sempre la desideriamo da Dio nostro Signore, non cesseremo nemmeno di pregare. Ecco perché in determinate ore noi distogliamo il nostro pensiero dalle preoccupazioni e dagli affari, che ci fanno intiepidire in qualche modo il desiderio, e lo rivolgiamo alla preghiera eccitandoci con le parole dell'orazione a concentrarci in ciò che desideriamo per evitare che il desiderio, cominciato a intiepidirsi, si raffreddi del tutto e si spenga completamente qualora non venisse ridestato con più fervore. Perciò il medesimo Apostolo disse: Le vostre domande siano manifeste presso Dio. Queste parole non vanno intese nel senso che debbano essere conosciute da Dio, il quale senz'altro le conosceva prima che fossero formulate, ma nel senso che siano note a noi presso Dio per incoraggiarci, non presso gli uomini per vantarci. Oppure vanno forse intese anche nel senso che siano note agli angeli che stanno alla presenza di Dio, affinché in qualche modo le offrano a lui e lo consultino in merito ad esse e ciò che hanno conosciuto di dover compiere per suo ordine lo apportino a noi in modo manifesto od occulto come hanno conosciuto da Dio essere a noi conveniente. Disse infatti l'angelo all'uomo: E dianzi, quando tu e Sara pregavate, io ho presentato la vostra preghiera al cospetto della luminosa grandezza di Dio La preghiera non è multiloquio. Stando così le cose, non è male né inutile pregare a lungo quando abbiamo tempo, cioè quando non sono impedite altre incombenze di azioni buone e necessarie, sebbene anche in quelle azioni, come ho detto, bisogna pregare sempre con quel desiderio. Infatti il pregare a lungo non equivale, come credono alcuni, a un pregare con molte parole. Una cosa è un parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole desiderio. Anche del Signore infatti sta scritto che passò la notte a pregare e che pregò assai a lungo. E nel fare così, che cos'altro voleva se non darci l'esempio, egli che nel tempo è l'intercessore opportuno, mentre nell'eternità è col Padre colui che ci esaudisce? La preghiera sia breve ma fervorosa. Dicono che in Egitto i fratelli fanno preghiere frequenti si, ma brevissime, e in certo modo scoccate a volo, affinché la tensione vigile e fervida, sommamente necessaria a chi prega, non svanisca e perda efficacia attraverso lassi di tempo un po' troppo lunghi. E con ciò essi dimostrano che la tensione, come non dev'essere smorzata se non può durare a lungo, così non dev'essere interrotta subito se potrà persistere. Siano bandite dall'orazione le troppe parole ma non venga meno il supplicare insistente, sempre che perduri il fervore della tensione. Usare troppe parole nella preghiera è fare con parole superflue una cosa necessaria: il pregare molto invece è bussare con un continuo e devoto fervore del cuore al cuore di Colui al quale rivolgiamo la preghiera. Di solito la preghiera si fa più coi gemiti che con le parole, più con le lagrime che con le formule. Iddio pone le nostre lagrime al suo cospetto e il nostro gemito non è nascosto a lui, che tutto ha creato per mezzo del Verbo e non ha bisogno di parole umane. Spiegazione del Pater noster. A noi dunque sono necessarie le parole perché richiamiamo alla mente e consideriamo che cosa chiediamo, ma non dobbiamo credere che con esse si suggerisca qualcosa al Signore o lo si voglia piegare ai nostri voleri. Quando diciamo: Sia santificato il tuo nome, eccitiamo noi stessi a desiderare che il nome di lui, ch'è sempre santo, sia considerato santo anche presso gli uomini, cioè non sia disprezzato, cosa questa che non giova a Dio ma agli uomini. Quando diciamo: Venga il tuo regno, il quale, volere o no, verrà senz'altro, noi eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno, affinché venga per noi e meritiamo di regnare in esso. Quando diciamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, noi gli domandiamo l'obbedienza, per adempiere la sua volontà, a quel modo che è adempiuta dai suoi angeli nel cielo. Quando diciamo: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, con la parola oggi intendiamo " nel tempo presente ", in cui o chiediamo tutte le cose che ci bastano indicandole tutte col termine " pane " che fra esse è la cosa più importante, oppure chiediamo il sacramento dei fedeli che ci è necessario in questa vita per conseguire la felicità non già di questo mondo, bensì quella eterna. Quando diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, richiamiamo alla nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di ricevere questa grazia. Quando diciamo: Non c'indurre in tentazione, ci eccitiamo a chiedere che, abbandonati dal suo aiuto, non veniamo ingannati e non acconsentiamo ad alcuna tentazione né vi cediamo accasciati dal dolore. Quando diciamo: Liberaci dal male, ci rammentiamo di riflettere che non siamo ancora in possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste ultime parole della preghiera del Signore hanno un significato così largo che un cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel pronunciarle emette gemiti, versa lacrime, di qui comincia, qui si sofferma, qui termina la sua preghiera. Con queste parole era opportuno affidare alla nostra memoria le verità stesse. Il Pater compendia le invocazioni Testamento. dei santi dell'Antico Ora, tutte le altre parole che diciamo, sia quelle che formula da principio il sentimento di chi prega per renderlo più vivo, sia quelle cui rivolge l'attenzione in seguito per accrescerlo, non esprimono altro se non quanto è racchiuso nella preghiera insegnataci dal Signore, se la recitiamo bene e convenientemente. Chi però dice cose che non abbiano attinenza con questa preghiera evangelica, anche se non prega illecitamente, prega in modo carnale e non so come quelle cose non si dicano in modo illecito, dal momento che ai rinati nello Spirito conviene pregare solo in modo spirituale. In realtà chi dice: Sii conosciuto fra tutti i popoli, come lo sei fra noi, e: I tuoi profeti siano riconosciuti fedeli, che altro dice se non: Sia santificato il nome tuo? Chi dice: O Dio delle virtù, convertici, mostra il tuo volto e saremo salvi, che altro dice se non: Venga il tuo regno? Chi dice: Guida i miei passi secondo la tua parola e non permettere che l'iniquità mi abbia completamente in suo potere, che altro dice se non: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra? Chi dice: Non darmi né povertà né ricchezza, che altro dice se non: Dacci oggi il nostro pane quotidiano? Chi dice: Ricordati, o Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine, ovvero: Signore, se ho fatto questo, se c'è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a chi mi faceva male, che altro dice se non: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Chi dice: Allontana da me le passioni del ventre e fa che il desiderio dell'impurità non s'impossessi di me, che altro dice se non: Non c'indurre in tentazione? Chi dice: Strappami dai miei nemici, o Dio, e liberami da coloro che si levano contro di me, che altro dice se non: Liberaci dal male? E se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore. Pertanto nel pregare ci è permesso domandare le medesime cose con altri termini, ma non dev'essere permesso di domandare cose diverse. Si possono chiedere onori e ricchezze? Queste sono le preghiere che senza alcun ondeggiamento di dubbio dobbiamo elevare per noi, per i nostri cari, per gli estranei e per gli stessi nemici, benché nel cuore di chi prega spunti e s'innalzi un sentimento diverso per l'una o l'altra persona a seconda dei rapporti più o meno stretti di parentela o di amicizia. Ma se uno nella preghiera dice per esempio: " Signore, moltiplica le mie ricchezze " o: " Dammene tante quante ne hai date a questo o a quello " ovvero: " Accresci i miei onori, fa che in questo mondo io sia assai potente e famoso " o altre simili cose, e le desidera ardentemente senza avere lo scopo di volgerle a vantaggio degli uomini secondo il volere di Dio, costui, a mio avviso, non trova affatto nella preghiera insegnataci dal Signore nessuna espressione compatibile con questi desideri. Perciò si abbia almeno il pudore di chiedere ciò che non si ha pudore di desiderare oppure, se si ha pudore anche di desiderarlo ma la passione ha il sopravvento, quanto sarà meglio chiedere al Signore che ci liberi anche da questo male della cupidigia, dato che gli diciamo: Liberaci dal male! La preghiera sia avvalorata dalle opere buone. Eccoti, a quanto io posso giudicare, non solo con quali disposizioni ma anche cosa si debba chiedere nella preghiera, e non sono io a insegnartelo, ma Colui che si degnò d'insegnarlo a, tutti noi. Bisogna cercare di ottenere la vita beata e chiederla a Dio. Che cosa sia l'essere beato si è discusso a lungo da molti: ma che necessità abbiamo di rivolgerci a molti autori e di attingere a molte fonti? Nella Scrittura di Dio è detto brevemente e con verità: Beato il popolo, il cui Signore è Iddio. Per potere appartenere veramente a questo popolo e giungere alla contemplazione di Dio e vivere con Lui senza fine, il fine del precetto è l'amore che viene da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera. In un'altra enumerazione di queste tre virtù invece della " coscienza buona " si trova: " la speranza ". La fede dunque, la speranza e la carità conducono a Dio colui che prega, cioè colui che crede, spera, desidera e considera nella preghiera del Signore che cosa Gli debba chiedere. I digiuni, l'astinenza dai piaceri, la mortificazione delle passioni carnali, senza tuttavia trascurare la salute, e soprattutto le elemosine sono di grande aiuto a chi prega, sicché possiamo dire: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato il Signore con le mie mani, di notte, in presenza di Lui, e non mi sono ingannato. Come mai difatti si potrebbe cercare Dio incorporeo e impalpabile con le mani, se non venisse cercato con le opere? Utilità delle sofferenze. Forse vorrai ancora domandarmi perché l'Apostolo abbia detto: Noi non sappiamo che cosa dire nelle preghiere per pregare come dovremmo. Non è assolutamente da credere ch'egli o quelli a cui rivolgeva queste parole ignorassero la preghiera insegnataci dal Signore. Perché crediamo dunque che l'Apostolo abbia detto una cosa simile, che non avrebbe potuto dire né a caso né bugiardamente, se non perché le molestie e le tribolazioni del mondo giovano per lo più a guarire il bubbone della superbia o a mettere a prova e ad esercitare la pazienza, a cui è riserbato un premio più splendido e più ricco quando è stata provata e sperimentata, o giovano infine a mortificare e a estirpare ogni specie di peccati? Tuttavia noi, poiché non sappiamo a che cosa giovino queste prove, desideriamo di essere liberati da ogni tribolazione. L'Apostolo stesso mostra di non essere esente neppure lui da questa ignoranza, benché forse sapesse pregare come si deve; infatti allorché, per non farlo insuperbire a causa del singolare privilegio delle rivelazioni, gli fu data una spina nella carne, un angelo di Satana che lo schiaffeggiasse, pregò tre volte il Signore perché lo allontanasse da lui, senza sapere purtroppo che cosa chiedere come conviene. Finalmente udì la risposta di Dio perché non avveniva quello che un si gran santo chiedeva e perché non conveniva che si realizzasse: Ti basti la mia grazia, poiché la forza si perfeziona nella debolezza. Ignoriamo quel che ci giovi domandare. 14. 26. In queste tribolazioni dunque, che possono giovare o nuocere, noi non sappiamo che cosa chiedere perché la nostra preghiera sia come si conviene; ma tuttavia, poiché sono prove dure, amare, che ripugnano alla sensibilità della nostra natura, noi preghiamo, con un desiderio comune a tutti gli uomini, che esse vengano allontanate da noi. Ma a Dio nostro Signore dobbiamo (dare) questa prova d'amore: che cioè, se non allontana le prove del dolore, non dobbiamo per questo credere di essere trascurati da Lui, anzi speriamo piuttosto beni più grandi con la santa sopportazione dei mali. Così si perfeziona la virtù nella debolezza. Ad alcuni impazienti il Signore Iddio concesse, sdegnato, ciò che chiedevano, come, al contrario, non esaudì benignamente l'Apostolo. Leggiamo infatti che cosa chiedessero gli Israeliti e in che modo fossero accontentati. Ma appagata la brama, la loro sfrenata ingordigia fu gravemente punita. Alla loro richiesta concesse anche un re secondo il loro cuore, come sta scritto, non secondo il suo cuore. Concesse anche al diavolo ciò che gli chiese, perché il suo servo venisse tentato e messo alla prova. Esaudì anche degli spiriti immondi, i quali lo pregavano che una legione di demoni fosse mandata in un branco di porci. Queste cose sono state scritte perché qualcuno per caso non s'inorgoglisca, qualora sia esaudito, quando chiede con impazienza qualche cosa che sarebbe più vantaggioso non chiedere, né si abbatta e disperi della misericordia divina nei suoi riguardi qualora non venga esaudito, quando chiede qualche cosa da cui, ricevendola, potrebbe avere un'afflizione più dolorosa oppure, corrotto dalla prosperità, andare completamente in rovina. In tali circostanze non sappiamo dunque che cosa chiedere per pregare come dovremmo. Se perciò accadrà l'opposto di quanto chiediamo, sopportando pazientemente e ringraziando Dio in ogni caso, non dobbiamo avere il minimo dubbio ch'era più opportuno ciò che ha voluto Dio, di quel che avremmo voluto noi. L'esempio ce l'ha dato il divino Mediatore quando disse: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice. Ma poi, modificando la volontà umana assunta nella sua incarnazione, soggiunse subito: Tuttavia (sia fatto) non ciò che voglio io, o Padre, ma ciò che vuoi tu. Ecco perché giustamente per l'obbedienza di uno solo molti sono costituiti giusti Chiunque chiede al Signore e cerca d'ottenere l'unica cosa, senza la quale non giova nulla qualunque altra cosa abbia ricevuta pregando come si deve, la chiede con certezza e sicurezza, né teme ch'essa gli possa nuocere quando l'abbia ricevuta. Questa cosa infatti è l'unica vera vita e la sola beata: cioè il poter contemplare, immortali per l'eternità e incorruttibili nel corpo e nello spirito, le delizie di Dio. In vista di questa sola cosa si cercano e si desiderano onestamente tutte le altre. Chi l'otterrà, possederà tutto ciò che vuole né potrà allora chiedere cosa che non sarà conveniente. In essa è la sorgente della vita, di cui ora dobbiamo avere sete nella preghiera, fino a che viviamo nella speranza e non vediamo ancora ciò che speriamo, sotto la protezione delle ali di Colui, al cui cospetto è tutto intero il nostro desiderio, che è quello di saziarci dei ricchi beni della sua casa, di dissetarci al fiume delle sue delizie. In lui infatti è la fonte della vita e nella luce di Lui vedremo la luce, quando il nostro desiderio sarà saziato dai suoi beni e non vi sarà più da chiedere con gemiti, ma solo da possedere con godimento. Ma poiché essa è la pace che supera ogni intendimento, anche quando la chiediamo nella preghiera, non sappiamo che cosa chiedere per pregare come si conviene. Quando infatti una cosa non riusciamo a immaginarla com'è in realtà, certamente non la conosciamo; tutto ciò che s'affaccia al pensiero lo rigettiamo, lo rifiutiamo, lo disapproviamo, sappiamo che non è quello che cerchiamo, quantunque non sappiamo ancora che cosa sai specificamente. Si può desiderare Dio conoscendolo imperfettamente. 15. 28. C'è dunque in noi una, per così dire, dotta ignoranza, dotta in quanto illuminata dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza. Difatti l'Apostolo dopo aver detto: Se ciò che non vediamo lo speriamo, l'aspettiamo mediante la pazienza, subìto soggiunse: Allo stesso modo anche lo Spirito ci viene in aiuto nella nostra debolezza, poiché non sappiamo che cosa dobbiamo chiedere nella preghiera per pregare come si deve; ma lo stesso Spirito supplica per noi con gemiti ineffabili: Colui però che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, poiché esso intercede per i santi secondo (il volere di) Dio . Ciò non si deve intendere nel senso di credere che lo Spirito di Dio, che nella Trinità è Dio immutabile e unico Dio col Padre e col Figlio, supplichi per i santi a guisa di uno che non sia quello che è, cioè Dio; infatti è detto " supplica per i santi " poiché induce i santi a supplicare, allo stesso modo ch'è detto: Il Signore Dio vostro vi prova, per conoscere se lo amate, cioè " per farvi conoscere ". Lo Spirito Santo spinge dunque i santi a supplicare con gemiti ineffabili ispirando in essi il desiderio di un bene tanto grande, ma ancora sconosciuto, che aspettiamo mediante la speranza. Come potrebbe essere espresso un bene ignoto quando lo si desidera? Se lo si ignorasse del tutto, non sarebbe oggetto di desiderio; e se d'altro canto lo si vedesse, non sarebbe desiderato né domandato con gemiti. 5 MARZO LA NOSTRA UMANITA’ E’ SVELATA DAL MISTERO DEL VERBO INCARNATO Preghiera del mattino INNO Nella santa assemblea, o nel segreto dell'anima, prostriamoci, e imploriamo la divina clemenza. Dall'ira del giudizio liberaci, o Padre buono; non togliere ai tuoi figli il segno della tua gloria. Ricorda che ci plasmasti col soffio del tuo Spirito: siam tua vigna, tuo popolo, e opera delle tue mani. Perdona i nostri errori, sana le nostre ferite, guidaci con la tua grazia alla vittoria pasquale. Sia lode al Padre altissimo, al Figlio e al Santo Spirito com'era nel principio, ora e nei secoli eterni. Amen. Salmo 80 Esultate in Dio, nostra forza, * † acclamate al Dio di Giacobbe. Intonate il canto e suonate il timpano, * la cetra melodiosa con l'arpa. Suonate la tromba nel plenilunio, * nostro giorno di festa. Questa è una legge per Israele, * un decreto del Dio di Giacobbe. Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe, * quando usciva dal paese d'Egitto. Un linguaggio mai inteso io sento: † «Ho liberato dal peso la sua spalla, * le sue mani hanno deposto la cesta. Hai gridato a me nell'angoscia e io ti ho liberato, † avvolto nella nube ti ho dato risposta, * ti ho messo alla prova alle acque di Meriba. Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire; * Israele, se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un altro dio * e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore tuo Dio, † che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto; * apri la tua bocca, la voglio riempire. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, * Israele non mi ha obbedito. L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore, * che seguisse il proprio consiglio. Se il mio popolo mi ascoltasse, * se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici * e contro i suoi avversari porterei la mia mano. I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi * e la loro sorte sarebbe segnata per sempre; li nutrirei con fiore di frumento, * li sazierei con miele di roccia». Lettura del giorno (Luca 16, 19-31) In quel tempo, Gesù disse ai farisei: « C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi ». INVOCAZIONI: Uniti nella preghiera di lode, celebriamo l'amore di Dio Padre, che si è rivelato nel Cristo suo Figlio e diciamo con fede: Ricordati, Signore, di questa tua famiglia. Donaci di comprendere in modo vivo e profondo il mistero della tua Chiesa, - perché diventi per noi e per tutti sacramento universale di salvezza. Padre di tutti gli uomini, aiutaci a promuovere il vero progresso della comunità umana, - e a cercare in ogni cosa il tuo regno e la tua giustizia. Suscita in noi la sete del Cristo, - che si è offerto a noi come sorgente di acqua viva. Rimetti a noi i nostri debiti, - guida i nostri passi nella giustizia e nella sincerità. Padre Nostro ORAZIONE O Dio, che salvi i peccatori e li chiami alla tua amicizia, volgi verso di te i nostri cuori e donaci il fervore del tuo Spirito perché possiamo esser saldi nella fede e operosi nella carità. Per il nostro Signore. Per la meditazione durante la giornata Salmo 1 Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Non così, non così i malvagi, ma come pula che il vento disperde; poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina. Meditazione Il redentore dell’uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia Siamo anche noi, in certo modo, nel tempo di un nuovo Avvento, ch'è tempo di attesa. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio...», per mezzo del Figlio-Verbo, che si è fatto uomo ed è nato dalla Vergine Maria. In questo atto redentivo la storia dell'uomo ha raggiunto nel disegno d'amore di Dio il suo vertice. Dio è entrato nella storia dell'umanità e, come uomo, è divenuto suo «soggetto», uno dei miliardi e, in pari tempo, Unico! Attraverso l'Incarnazione Dio ha dato alla vita umana quella dimensione che intendeva dare all'uomo sin dal suo primo inizio, e l'ha data in maniera definitiva _ nel modo peculiare a Lui solo, secondo il suo eterno amore e la sua misericordia, con tutta la divina libertà _ ed insieme con quella munificenza che, di fronte al peccato originale ed a tutta la storia dei peccati dell'umanità, di fronte agli errori dell'intelletto, della volontà e del cuore umano, ci permette di ripetere con stupore le parole della sacra Liturgia: «O felice colpa, che meritò di avere un tanto nobile e grande Redentore!» Quando, attraverso l'esperienza della famiglia umana in continuo aumento a ritmo accelerato, penetriamo nel mistero di Gesù Cristo, comprendiamo con maggiore chiarezza che, alla base di tutte queste vie lungo le quali, conforme alla saggezza del Pontefice Paolo VI, deve proseguire la Chiesa dei nostri tempi, c'è un'unica via: è la via sperimentata da secoli, ed è, insieme, la via del futuro. Cristo Signore ha indicato questa via, soprattutto quando _ come insegna il Concilio _ «con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo». La Chiesa ravvisa, dunque, il suo còmpito fondamentale nel far sì che una tale unione possa continuamente attuarsi e rinnovarsi. La Chiesa desidera servire quest'unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull'uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di quell'amore che da essa irradia. Gesù Cristo è la via principale della Chiesa. Egli stesso è la nostra via «alla casa del Padre»(88), ed è anche la via a ciascun uomo. Su questa via che conduce da Cristo all'uomo, su questa via sulla quale Cristo si unisce ad ogni uomo, la Chiesa non può esser fermata da nessuno. Questa è l'esigenza del bene temporale e del bene eterno dell'uomo. La Chiesa, per riguardo a Cristo ed in ragione di quel mistero che costituisce la vita della Chiesa stessa, non può rimanere insensibile a tutto ciò che serve al vero bene dell'uomo, così come non può rimanere indifferente a ciò che lo minaccia. L'uomo così com'è «voluto» da Dio, così come è stato da Lui eternamente «scelto», chiamato, destinato alla grazia e alla gloria: questo è proprio «ogni» uomo, l'uomo «il più concreto», «il più reale»; questo è l'uomo in tutta la pienezza del mistero di cui è divenuto partecipe in Gesù Cristo, mistero del quale diventa partecipe ciascuno dei quattro miliardi di uomini viventi sul nostro pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre. La Chiesa non ha altra vita all'infuori di quella che le dona il suo Sposo e Signore. Difatti, proprio perché Cristo nel mistero della sua Redenzione si è unito ad essa, la Chiesa deve essere saldamente unita con ciascun uomo. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis PREGHIERA DELLA SERA NELLA BASILICA DI S. CROCE Invocazione allo Spirito Santo Vieni, o Spirito Santo e donami un cuore puro, pronto ad amare Cristo Signore con la pienezza, la profondità e la gioia che tu solo sai infondere. Donami un cuore puro, come quello di un fanciullo che non conosce il male se non per combatterla e fuggirlo. Vieni, o Spirito Santo e donami un cuore grande, aperto alla tua parola ispiratrice e chiuso ad ogni meschina ambizione. Donami un cuore grande e forte capace di amare tutti, deciso a sostenere per loro ogni prova, noia e stanchezza, ogni delusione e offesa. Donami un cuore grande, forte e costante fino al sacrificio, felice solo di palpitare con il cuore di Cristo e di compiere umilmente, fedelmente e coraggiosamente la volontà di Dio. Amen. Beato Paolo VI Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Galati (2, 15.21) Fratelli, noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno». Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile! Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano. Meditazione ed Adorazione Intercessioni Celebriamo la misericordia del Padre che ci ha illuminati con la grazia dello Spirito Santo, perché la nostra vita risplenda con la luce della fede e delle opere. Preghiamo insieme e diciamo: Santifica, Padre, il popolo redento da Cristo. Fonte e artefice di ogni santità, unisci più intimamente a Cristo, mediante il mistero eucaristico, i vescovi, i presbiteri e i diaconi, - perché si ravvivi in loro la grazia, che hanno ricevuto con l'imposizione delle mani. Insegna ai tuoi fedeli a partecipare in modo attivo e consapevole alla mensa della parola e del corpo di Cristo, - perché esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto mediante la fede e i sacramenti. Fa' che riconosciamo la dignità di tutti gli uomini, che Cristo ha redenti a prezzo del suo sangue, - e rispettiamo la libertà di coscienza dei nostri fratelli. Fa' che gli uomini imparino a frenare la cupidigia di danaro e di potere, - e si aprano generosamente alla comprensione e all'aiuto del prossimo. Abbi pietà dei fedeli, che oggi hai chiamato a te da questa vita, - concedi loro l'eredità eterna nel tuo regno. Padre Nostro Benedizione Eucaristica 6 MARZO L’UNITA’ TRA FEDE E VITA Preghiera del mattino INNO Nella santa assemblea, o nel segreto dell'anima, prostriamoci, e imploriamo la divina clemenza. Dall'ira del giudizio liberaci, o Padre buono; non togliere ai tuoi figli il segno della tua gloria. Ricorda che ci plasmasti col soffio del tuo Spirito: siam tua vigna, tuo popolo, e opera delle tue mani. Perdona i nostri errori, sana le nostre ferite, guidaci con la tua grazia alla vittoria pasquale. Sia lode al Padre altissimo, al Figlio e al Santo Spirito com'era nel principio, ora e nei secoli eterni. Amen Salmo 147 Glorifica il Signore, Gerusalemme,* loda, Sion, il tuo Dio. Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, * in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Egli ha messo pace nei tuoi confini * e ti sazia con fior di frumento. Manda sulla terra la sua parola, * il suo messaggio corre veloce. Fa scendere la neve come lana, * come polvere sparge la brina. Getta come briciole la grandine, * di fronte al suo gelo chi resiste? Manda una sua parola ed ecco si scioglie, * fa soffiare il vento e scorrono le acque. Annunzia a Giacobbe la sua parola, * le sue leggi e i suoi decreti a Israele. Così non ha fatto * con nessun altro popolo, non ha manifestato ad altri * i suoi precetti. Dal Vangelo secondo Matteo (21,33-43.45-46).In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli? ». Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.» Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo. Ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta. INVOCAZIONI Invochiamo con fiducia il Cristo salvatore, che ci ha redenti con la sua morte e risurrezione: Signore, abbi pietà di noi. Tu che sei salito a Gerusalemme per sostenere la passione e così entrare nella tua gloria, - guida alla Pasqua eterna la tua Chiesa pellegrina sulla terra. Tu che, trafitto dalla lancia, hai emanato sangue ed acqua, simbolo dei sacramenti della tua Chiesa, - guarisci le nostre ferite con la forza vitale della tua grazia. Tu che hai fatto della croce un albero di vita, - concedi i suoi frutti di salvezza ai rinati nel battesimo. Tu che dal patibolo della croce hai perdonato al buon ladrone, - perdona anche a noi peccatori. Padre Nostro ORAZIONE Accompagna con la tua benevolenza, Padre misericordioso, i primi passi del nostro cammino penitenziale, perché all'osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito. Amen. Per la meditazione durante la giornata Salmo 104 Il Signore chiamò la carestia su quella terra, togliendo il sostegno del pane. Davanti a loro mandò un uomo, Giuseppe, venduto come schiavo. Gli strinsero i piedi con ceppi, il ferro gli serrò la gola, finché non si avverò la sua parola e l’oracolo del Signore ne provò l’innocenza. Il re mandò a scioglierlo, il capo dei popoli lo fece liberare; lo costituì signore del suo palazzo, capo di tutti i suoi averi. Meditazione Nella Messa vi è un'espressione fra le più ricche di contenuto teologico e spirituale, a anche, d'altra parte, una delle più importanti; chiude infatti il Canone, e chiudendo il Canone ci dice in poche parole quello che è la Messa. Poiché la Messa è la presenza stessa dell'atto redentore che riassume tutte le cose, questa espressione ci insegna quella che è la vita spirituale, la nostra medesima vita, ci insegna come dobbiamo viverla e per quale fine dobbiamo vivere. Per Ipsum et cum Ipso et in Ipso, est tibi, Deo Patri Omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria. Per Lui, con Lui ed in Lui, è a Te, Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria. Termine della Messa e di tutta la vita: ogni onore e gloria al Padre nell'unità dello Spirito, ma per la mediazione del Cristo. Per Cristo, con Cristo, in Cristo. Per Cristum non vuol dire che si vive per nostro Signore, ma che si vive per mezzo di nostro Signore. Tutta la nostra vita intanto è soprannaturale, è una vita veramente di grazia, in quanto trae la sua forza divina dal Cristo: è per mezzo del Cristo che noi viviamo rivolti al Padre Celeste. Ma non si vive rivolti al Padre celeste che se viviamo col Cristo, oltre che per mezzo di Lui. E sarà perfetta la nostra vita soprannaturale quando vivremo per il Padre Celeste essendo nel Cristo, una sola cosa con Lui, talmente unito al Cristo da essere identificati in qualche modo a Lui stesso. Il progresso della vita spirituale sta precisamente in queste tre piccole preposizioni: per, cum, in. "Non possiamo pensare di vivere la nostra vita cristiana e tanto meno di raggiungere la santità, che mettendoci al servizio di qualcosa, di qualcuno, impegnandoci in un'opera, lavorando. Non si vive per vegetare soltanto. Essere santi non vuol dire moltiplicare le preghiere, fare tanti atti di mortificazione: vuol dire compiere il nostro dovere fino in fondo, per rispondere alla divina volontà con tutto l'essere nostro, nella dedizione totale di tutta la vita. Nostro Signore ci chiama per mandarci nella sua vigna. Tu potrai compiere l'opera più umile, più nascosta, più apparentemente insignificante, eppure proprio dal tuo lavoro, che appare di così poco conto, acquista una sua capacità, una sua efficacia anche il lavoro degli altri. Se si ferma una rotella, si ferma tutto: magari è una rotellina piccola piccola che ferma argani grandi, immensi. Gesù ha lavorato, e noi lavoriamo con Lui. La vita della maggior parte degli uomini è collaborazione con Cristo in un lavoro umile come il suo. Noi, più che vivere con Cristo nel suo apostolato, nella sua vita pubblica, dobbiamo vivere con Lui nella sua vita nascosta. La missione nostra non è tanto quella di farlo presente in quanto predica agli uomini o li risana, quanto quella di vivere il lavoro stesso che Gesù ha vissuto per trenta anni, per la massima parte della sua vita, perché così anche la massima parte degli uomini avrebbe dovuto collaborare con Lui, unirsi a Lui nel lavoro più comune, più ordinario". LA SACRALITA' DI TUTTE LE COSE Attraverso tutte le cose vivere il rapporto con Dio "Ritornare davvero nel paradiso di Dio, far sì che tutte le cose non siano più impedimento e diaframma, non siano più velo che nasconde il Signore, ma tutte piuttosto rivelino il suo volto, tutte piuttosto ci introducano alla Sua presenza, sicché attraverso tutte le cose l'anima viva costantemente in unione con Lui. Non - badate - nonostante le cose, ma attraverso di esse l'anima viva l'unione con Dio, perché molto spesso noi viviamo in unione con Dio - anche perennemente - ma nonostante le cose. L'atteggiamento dell'anima è un atteggiamento adorante. E' il senso della maestà divina che mi conquista: di fronte alla bellezza e alla fragilità del fiore è l'umiltà di Dio che mi conquista. Voi siete sempre di fronte al Signore: atteggiamento di umiltà riverente, di rispetto, di silenzioso tremore di fronte a tutte le cose". Se crediamo, tutto è segno di Dio "Le nostre opere, la nostra preghiera non sono capaci di rompere la nostra solitudine. E' così, eppure non è così, perché Dio, pur trascendendoci infinitamente, si è unito a noi. Non si sa qual è la misura della Sua cooperazione alla nostra azione. Le cose stesse, pur non somigliando a Dio, sono segno della Sua bontà e misericordia. La nostra preghiera è la parola che rivolge lo Spirito Santo al Padre; nella nostra opera è Cristo che vive in noi. Tutto può esser un segno di una comunione di Dio con noi. Qualunque sia la vita che facciamo, sia che sperimentiamo o no l'azione di Dio, dobbiamo aver fiducia nel fatto che Dio è con noi. Dio ti ama. Se credi, tutto è segno dell'amore di Dio. Come in cielo non resta che Dio, così attraverso tutti i segni l'anima non vede che l'amore, non possiede che l'amore. Amore immenso, infinito, eterno: l'amore stesso di Dio". Divo Barsotti Preghiera della sera INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza: donami lo sguardo e l ’udito interiore, perché non mi attacchi alle cose materiali ma ricerchi sempre le realtà spirituali. Vieni in me, Spirito Santo, Spirito dell’amore: riversa sempre più la carità nel mio cuore. Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di verità: concedimi di pervenire alla conoscenza della verità in tutta la sua pienezza. Vieni in me, Spirito Santo, acqua viva che zampilla per la vita eterna: fammi la grazia di giungere a contemplare il volto del Padre nella vita e nella gioia senza fine. Amen. Sant’Agostino Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi ( 2Cor 5, 17-21) Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Meditazione ed Adorazione INVOCAZIONI INTERCESSIONI Adoriamo il Salvatore del genere umano, che morendo distrusse la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita, e chiediamo umilmente: Santifica il popolo redento con il tuo sangue, Signore. Gesù Salvatore, fa che completiamo in noi con la penitenza ciò che manca alla tua passione, - per condividere la gloria della tua risurrezione. Per intercessione della Madre tua, consolatrice degli afflitti, consolaci della tua consolazione divina, - perché, da te consolati, diffondiamo la gioia in quelli che sono nel dolore. Fa che in mezzo alle lotte e alle prove della vita, ci sentiamo partecipi della tua passione, - per sperimentare in noi la forza della tua redenzione. Tu che ti sei umiliato facendoti obbediente fino alla morte e alla morte di croce, - donaci lo spirito di obbedienza e di mansuetudine. Trasfigura i corpi dei nostri defunti a immagine del tuo corpo glorioso, - ammetti un giorno anche noi nella Gerusalemme del cielo. Padre Nostro 7 MARZO RIMANERE CON COLUI CHE SEMINA GIOIA NELLA NOSTRA STORIA Preghiera del mattino A te, Maria, fonte della vita, si accosta la mia anima assetata. A te, tesoro di misericordia, ricorre con fiducia la mia miseria. Come sei vicina, anzi intima al Signore! Egli abita in te e tu in lui. Nella tua luce, posso contemplare la luce di Gesù, sole di giustizia. Santa Madre di Dio, io confido nel tuo tenerissimo e purissimo affetto. Sii per me mediatrice di grazia presso Gesù, nostro salvatore. Egli ti ha amata sopra tutte le creature, e ti ha rivestito di gloria e di bellezza. Vieni in aiuto a me che sono povero e fammi attingere alla tua anfora traboccante di grazia. San Bernardo SALMO 8 O Signore, nostro Dio, † quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: * † sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti † affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, * per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, * la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi * e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, * di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, * tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, * tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, * che percorrono le vie del mare. Dal Vangelo di Luca In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» INVOCAZIONI Rendiamo grazie sempre e in ogni luogo al Cristo salvatore, e rivolgiamo a lui la nostra comune preghiera: Soccorrici con la forza del tuo Spirito, Signore. Custodisci la castità del nostro corpo e del nostro cuore, - perché siamo tempio vivo dello Spirito Santo. Rendici fin d'ora disponibili all'aiuto fraterno, - fa' che tutto il giorno trascorra nell'adesione piena alla tua volontà. Rendici solleciti non del cibo che perisce, - ma di quello che dura per la vita eterna e che tu ci dai. la Madre tua, rifugio dei peccatori, interceda per la nostra salvezza, - e ci ottenga il perdono dei peccati. Padre Nostro ORAZIONE O Dio, che per mezzo dei sacramenti ci rendi partecipi del tuo mistero di gloria, guidaci attraverso le esperienze della vita, perché possiamo giungere alla splendida luce in cui è la tua dimora. Amen. Per la meditazione durante la giornata Salmo 102 Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Meditazione Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! E’ forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede, perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa! “Essere” catechisti! Non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro da catechista perché mi piace insegnare… Ma se tu non sei catechista, non serve! Non sarai fecondo, non sarai feconda! Catechista è una vocazione: “essere catechista”, questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto: “La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”. E quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E questo non è facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo. Ed “essere” catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore non si compra nei negozi, non si compra qui a Roma neppure. Questo amore viene da Cristo! E’ un regalo di Cristo! E’ un regalo di Cristo! E se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà, Che cosa significa questo ripartire da Cristo per un catechista, per voi, anche per me, perché anch’io sono catechista? Cosa significa? Io parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi gesuiti… uno, due e tre! 1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, avere questa familiarità con Gesù: Gesù lo raccomanda con insistenza ai discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il dono più alto di amore, il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tralci e dice: rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la familiarità con Cristo. Rimanere in Gesù! E’ un rimanere attaccati a Lui, dentro di Lui, con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù. La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. Ricordo, tante volte in diocesi, nell’altra diocesi che avevo prima, di aver visto alla fine dei corsi nel seminario catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: “Ho il titolo di catechista!”. Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola stradina! Chi ti aiuterà? Questo vale sempre! Non è un titolo, è un atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! E’ uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Io vi domando: Come state alla presenza del Signore? Quando vai dal Signore, guardi il Tabernacolo, che cosa fate? Senza parole… Ma io dico, dico, penso, medito, sento… Molto bene! Ma tu ti lasci guardare dal Signore? Lasciarci guardare dal Signore. Lui ci guarda e questa è una maniera di pregare. Ti lasci guardare dal Signore? Ma come si fa? Guardi il Tabernacolo e ti lasci guardare… è semplice! E’ un po’ noioso, mi addormento... Addormentati, addormentati! Lui ti guarderà lo stesso, Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicuro che Lui ti guarda! E questo è molto più importante del titolo di catechista: è parte dell’essere catechista. Questo scalda il cuore, tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle uscite che ho fatto, qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente giovane, e mi ha detto: “Padre, piacere di conoscerla, ma io non credo in niente! Non ho il dono della fede!”. Capiva che era un dono. “Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice lei?”. “Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui! Niente di più”. E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore! Capisco che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno può domandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? Questa è una domanda che vi lascio: “Come vivo io questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù?”. Ho dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo! 2. Il secondo elemento è questo. Secondo: ripartire da Cristo significa imitarlo nell’uscire da sé e andare incontro all’altro. Questa è un’esperienza bella, e un po’ paradossale. Perché? Perché chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro, ma è sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica… Così diventiamo anche noi se rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell’amore. Dove c’è vera vita in Cristo, c’è apertura all’altro, c’è uscita da sé per andare incontro all’altro nel nome di Cristo. E questo è il lavoro del catechista: uscire continuamente da sé per amore, per testimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo è importante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spinge a uscire. Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole diastole”: unione con Gesù - incontro con l’altro. Sono le due cose: io mi unisco a Gesù ed esco all’incontro con gli altri. Se manca uno di questi due movimenti non batte più, non può vivere. Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono. Questa parolina: dono. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono della fede e lo dà in dono agli altri. E questo è bello. E non se ne prende per sé la percentuale! Tutto quello che riceve lo dà! Questo non è un affare! Non è un affare! E’ puro dono: dono ricevuto e dono trasmesso. E il catechista è lì, in questo incrocio di dono. E’ così nella natura stessa del kerigma: è un dono che genera missione, che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo diceva: «L’amore di Cristo ci spinge», ma quel “ci spinge” si può tradurre anche “ci possiede”. E’ così: l’amore ti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli altri. In questa tensione si muove il cuore del cristiano, in particolare il cuore del catechista. Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di catechista: unione con Gesù e incontro con l’altro? Con questo movimento di “sistole e diastole”? Si alimenta nel rapporto con Lui, ma per portarlo agli altri e non per ritenerlo? Vi dico una cosa: non capisco come un catechista possa rimanere fermo, senza questo movimento. Non capisco! 3. E il terzo elemento – tre - sta sempre in questa linea: ripartire da Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante, specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza. Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo lo porta ad avere i suoi schemi ben chiari e a giudicare tutto e tutti con questi schemi, in modo rigido. Ha tutto chiaro, la verità è questa. E’ rigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di andare a predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la sente. Andare là! Ma io ho tutta la verità qui!. Non se la sente…Ninive è al di fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo mondo. E allora scappa, se ne va in Spagna, fugge via, si imbarca su una nave che va da quelle parti. Andate a rileggere il Libro di Giona! E’ breve, ma è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nella Chiesa. Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri schemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete una cosa? Dio non ha paura! Sapevate questo voi? Non ha paura! E’ sempre oltre i nostri schemi! Dio non ha paura delle periferie. Ma se voi andate alle periferie, lo troverete lì. Dio è sempre fedele, è creativo. Ma, per favore, non si capisce un catechista che non sia creativo. E la creatività è come la colonna dell’essere catechista. Dio è creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non è rigido! Ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere fedeli, per essere creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E perché devo cambiare? E’ per adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta tranquillo, finisce per essere una statua da museo: e ne abbiamo tanti! Ne abbiamo tanti! Per favore, niente statue da museo! Se un catechista è rigido diventa incartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole essere codardo, statua da museo o sterile? Qualcuno ha questa voglia? Quello che dirò adesso lo ho detto tante volte, ma mi viene dal cuore di dirlo. Quando noi cristiani siamo chiusi nel nostro gruppo, nel nostro movimento, nella nostra parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi e ci succede quello che accade a tutto quello che è chiuso; quando una stanza è chiusa incomincia l’odore dell’umidità. E se una persona è chiusa in quella stanza, si ammala! Quando un cristiano è chiuso nel suo gruppo, nella sua parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si ammala. Se un cristiano esce per le strade, nelle periferie, può succedergli quello che succede a qualche persona che va per la strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti stradali. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non una Chiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il coraggio di correre il rischio per uscire, e non un catechista che studi, sappia tutto, ma chiuso sempre: questo è ammalato. E alle volte è ammalato dalla testa…. Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dice quello! Gesù dice: Andate, io sono con voi! Questa è la nostra bellezza e la nostra forza: se noi andiamo, se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, con vero spirito apostolico, con parresia, Lui cammina con noi, ci precede, – lo dico in spagnolo – ci “primerea”. Il Signore sempre ci “primerea”! Ormai avete imparato il senso di questa parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io. La Bibbia dice, il Signore dice nella Bibbia: Io sono come il fior del mandorlo. Perché? Perché è il primo fiore che fiorisce nella primavera. Lui è sempre “primero”! Lui è primo! Questo è fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare lontano, in una estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtà Lui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede. Ma voi sapete una delle periferie che mi fa così tanto male che sento dolore - lo avevo visto nella diocesi che avevo prima? E’ quella dei bambini che non sanno farsi il Segno della Croce. A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno farsi il Segno della Croce. Questa è una periferia! Bisogna andare là! E Gesù è là, ti aspetta, per aiutare quel bambino a farsi il Segno della Croce. Lui sempre ci precede. Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vi dico grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella Chiesa, nel Popolo di Dio in cammino, perché camminate con il Popolo di Dio. Rimaniamo con Cristo - rimanere in Cristo cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di tracciare strade nuove per l’annuncio del Vangelo. Papa Francesco Preghiera della sera INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO O Spirito Santo, sei tu che unisci la mia anima a Dio: muovila con ardenti desideri e accendila con il fuoco del tuo amore. Quanto sei buono con me, o Spirito Santo di Dio: sii per sempre lodato e benedetto per il grande amore che aflondi su di me! Dio mio e mio Creatore è mai possibile che vi sia qualcuno che non ti ami? Per tanto tempo non ti ho amato! Perdonami, Signore. O Spirito Santo, concedi all’anima mia di essere tutta di Dio e di servirlo senza alcun interesse personale, ma solo perché è Padre mio e mi ama. Mio Dio e mio tutto, c’è forse qualche altra cosa che io possa desiderare? Tu solo mi basti. Amen Santa Teresa d’Avila Dal Vangelo di Giovanni ( 15, 1-17) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». Meditazione e Adorazione Invocazioni Glorifichiamo la Provvidenza di Dio Padre, che ha cura di tutte le sue creature, e diciamo con umiltà e fiducia: Salva, Signore, tutti i tuoi figli. Datore di ogni bene e fonte di verità, riempi del tuo Spirito il nostro Papa N. e il collegio dei vescovi, - custodisci nella vera fede il popolo affidato al loro servizio pastorale. Unisci nella carità coloro che mangiano lo stesso pane della vita, - perché la Chiesa, tuo mistico corpo, si edifichi nell'unità e nella pace. Aiutaci con la tua grazia a spogliarci dell'uomo vecchio corrotto dalle passioni ingannatrici, - rivestici dell'uomo nuovo, creato secondo Dio nella vera giustizia e santità. Fa' che i peccatori tornino alla casa del Padre, per i meriti del Cristo salvatore, - e partecipino ai benefici della sua redenzione. Fa' che i nostri fratelli defunti ti lodino senza fine nella gloria del paradiso, - dove anche noi un giorno speriamo di cantare le tue misericordie. Padre Nostro
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