RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 5 marzo 2015 (Gli articoli della presente rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli REGIONE (pag. 2) Ancora profughi da Gorizia a Tarvisio (M. Veneto) Scuola, dal prossimo anno ridotti gli organici in Fvg (M. Veneto) «A rischio l’esenzione dal super-ticket» (M. Veneto) Scontro sulle pulizie di Autovie (Piccolo) L’addio al superticket slitta di un mese (Piccolo) Fine vita, ecco le regole; registrazione gratis e nomina di un garante (M. Veneto) Udine e Gorizia Fiere in rosso. Tagli anche al personale (M. Veneto) «Sinistra, Sel e pezzi del Pd. Ecco l’alternativa a Renzi» (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 8) Lavinox, Lavoro a pieno regime, ma futuro incerto (M. Veneto Pordenone, 2 articoli) Ex dipendenti Ovvio, aiuto legale (M. Veneto Pordenone) Imat, per ora niente licenziamenti (M. Veneto Pordenone) Ospedale, urne disertate (Gazzettino Pordenone) «Centrale 118 sotto le soglie di sicurezza» (M. Veneto Udine) Latterie, più speranze di prorogare la "cassa" (Gazzettino Udine) Arvedi: «Emissioni zero dalla cokeria» (Piccolo Trieste) Vertenza Sertubi, urla e accuse in Comune (Piccolo Trieste) REGIONE Ancora profughi da Gorizia a Tarvisio (M. Veneto) di Vincenzo Compagnone GORIZIA Sarebbero ben 51 i profughi che, a tutt’oggi, dormono all’addiaccio a Gorizia non essendoci più alcun posto disponibile nelle strutture che finora hanno ospitato i richiedenti asilo. Il dato è stato fornito dalla Questura al sindaco, Ettore Romoli e, se corrispondesse al vero (c’è una discordanza, infatti, con la cifra fornita dai volontari che si occupano degli immigrati fuori convenzione: secondo loro i senzatetto sarebbero 22) farebbe salire a 311 gli afghani presenti in città. Aggiunti ai 237 ospitati al Cara e all’ex Cie di Gradisca si raggiungerebbe il numero di 548, cioè un terzo rispetto ai mille 600 presenti in tutta la regione. In ogni caso, un’enormità. A Gorizia 150 richiedenti asilo sono accolti al Nazareno, 53 nel dormitorio della Caritas di Piazzutta, 40 all’hotel Internazionale, 13 nella parrocchia della Madonnina, 5 in un alloggio messo a disposizione da privati. Questi sono quelli sicuri. Poi c’è il gruppo degli homeless. Secondo i volontari sarebbero quei 20-22 che, da alcuni giorni, dormono al Parco della Rimembranza. Sono arrivati domenica, non sono a conoscenza dell’ordinanza anti-bivacco (che comunque non è stata finora applicata) e verso sera si danno appuntamento presso le panchine, con borsoni e coperte. Ma, secondo la Questura, ce ne sarebbero anche altri 30 che si accampano nella zona del Castello, sotto qualche porticato, sulle rive dell’Isonzo. La situazione sembra fuori controllo, anche perché altre mini-ondate di profughi potrebbero arrivare nei prossimi giorni. Il sindaco Romoli è scatenato. «La preoccupazione delle istituzioni che si occupano del problema, su pressione del Pd – vedi gli interventi dell’onorevole Brandolin e del segretario provinciale Rossi – non è quella di dare un tetto a questi disgraziati, trasferendoli da qualche altra parte, ma solo di soddisfare le esigenze ideologico-elettorali di chi vuol richiudere subito il Cie di Gradisca, senza pensare che questa struttura consente di dare un tetto a persone che stanno sulla strada: è pazzesco». Il sindaco si riferisce al fatto che la possibilità concessa dal Viminale di trasferire in Toscana 27 profughi, ha fatto sì che, venerdì scorso, 27 persone siano state “prelevate” dal Cie (dove ne restano 37) anziché ridimensionare i “bivacchi” goriziani. «Un intervento illogico – tuona Romoli – come lo fu la tendopoli: allora si disse che non bisognava lasciare all’aperto i profughi, accusando il sottoscritto di insensibilità. Oggi, invece, siccome è più importante la chiusura del Cie che la situazione dei richiedenti asilo, arriva il “contrordine compagni” condizionando le scelte della Prefettura. Così decine di profughi rimangono senza tetto e servizi igienici e si trasferiscono invece quelli che avevano già un ricovero». Mentre Gorizia e Gradisca sopportano un carico insostenibile di profughi, nell’Isontino la rete di accoglienza diffusa è ferma ai 15 immigrati ospitati a San Canzian. Saltata l’opzione albergo Friuli di Grado, congelato l’arrivo di un pugno di immigrati nella struttura dell’Arcobaleno di Farra, in attesa che si concretizzi l’accordo per alloggi privati a Cormons, si attende il via libera per 25 richiedenti asilo all’ex caserma di Gabria, ma anche in questo caso la messa a norma dell’edificio continua a slitttare. Oggi tornerà a riunirsi in Provincia il Tavolo immigrazione, con sindaci e volontari. Scuola, dal prossimo anno ridotti gli organici in Fvg (M. Veneto) UDINE Sono 250 in Fvg i precari che hanno già presentato ricorso e attendono l’immissione in ruolo d’ufficio. E alla schiera potrebbe aggiungersi poco meno di un migliaio di persone che ha già maturato i 36 mesi di lavoro indicati dalla sentenza della Corte di Giustizia europea. Ora però tutto potrebbe essere vanificato. E l’Italia messa in mora. Dopo il sostanziale rinvio del tema scuola nel consiglio dei ministri di martedì e soprattutto l’apparente addio alla decretazione d’urgenza, i sindacati si dicono «disillusi». Perché «la scuola non si fa con gli spot. È ora di smetterla di prendere in giro le persone», tuonano unite Cgil, Cisl e Uil della scuola, attraverso le voci dei segretari regionali Adriano Zonta, Donato Lamorte e Ugo Previti. «Basta illudere i precari – protesta Previti –: servono risposte certe e sicurezza. Serve un decreto legge per l’immissione in ruolo. Altrimenti abbiamo soltanto perso tempo». Ma è già arrivato qualche segnale negativo dal ministero dell’Istruzione. È il caso del taglio agli organici di diritto, passati per il Fvg da 11.481 posti a 11 mila 459 per l’anno scolastico 2015/2016. «È inutile promettere le immissioni in ruolo e poi si tagliano posti – aggiunge Previti –. La buona scuola si fa dando prospettive serie alle persone». Secondo Lamorte, «ormai il piano assunzioni è saltato, fra l’altro nel silenzio assoluto circa la sorte dei precari del mondo degli assistenti, tecnici e amministrativi, gli Ata – incalza –. Quello che il governo ha licenziato è un documento senza senso». Il problema, ancora una volta starebbe nelle persone incaricate di guidare il cambiamento. «Le idee sono molto confuse, serve parlare con chi nella scuola ci lavora – prosegue Zonta –. Le scuole non sono pulite, nelle scuole c’è la polvere, manca la sicurezza, cadono a pezzi». Ad attaccare l’operato del governo Renzi è anche il leghista Mario Pittoni, responsabile federale dell’istruzione per il Carroccio: «Gli annunci di questo governo continuano a essere puntualmente smentiti dai fatti – lamenta –. Lo slittamento del decreto nasconde la mancanza delle coperture finanziarie: in questo modo Renzi si prepara a scaricare la responsabilità dell’eventuale flop sugli avversari politici parlando di “ostruzionismo”». Michela Zanutto «A rischio l’esenzione dal super-ticket» (M. Veneto) UDINE Le nuove regole decise sull’Isee a livello nazionale ed entrate in vigore il primo gennaio scorso sono sicuramente più eque delle precedenti, ma hanno reso più lunga e complessa l’elaborazione delle dichiarazioni. Da qui il rischio che i Centri di assistenza fiscale del Friuli Venezia Giulia (oltre all’Inps) non siano in grado di far fronte alla domanda di dichiarazioni, tenuto conto che alla presentazione dell’Isee è legata anche l’esenzione dal superticket sanitario. A lanciare l’allarme le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil, che chiedono alla giunta regionale l’adozione di misure per far fronte all’emergenza e rendere effettivamente esigibile il diritto all’esenzione. Richieste che saranno dettagliate in occasione di una conferenza stampa in programma questa mattina a Udine. «La ricaduta sui cittadini del taglio dei ticket per le prestazioni sanitarie - replica indirettamente l’assessore regionale alla Salute e al welfare, Maria Sandra Telesca - sarà seguita dalle strutture della Regione: ovviamente è necessario che anche tutti gli altri attori coinvolti, pubblici e privati, contribuiscano a facilitare l’attuazione di una misura così richiesta e attesa». «La platea dei potenziali beneficiari - aggiunge Telesca - è stata stimata in circa 200 mila soggetti, molti dei quali già usufruiscono di altre tipologie di sostegno, che presentano o hanno già presentato domanda di elaborazione dell’Isee in tutti i centri a ciò abilitati. L’entrata in vigore della misura è fissata per il primo maggio, giorno entro il quale gli interessati dovranno essere in possesso della documentazione attestante il proprio Isee. Con questo documento sarà subito possibile accedere direttamente ai benefici». L’assessore Telesca ribadisce «l’importanza della collaborazione dei soggetti preposti alle procedure amministrative connesse con l’erogazione della documentazione». Riferendosi ai casi segnalati di false dichiarazioni Isee, Telesca ha indicato che «la Regione intende potenziare il sistema delle verifiche, già svolte attraverso le Aziende sanitarie che fanno i controlli sulle autocertificazioni. Siamo impegnati a evitare qualunque forma di abuso, che inevitabilmente poi danneggerebbe chi ha effettivamente bisogno». Scontro sulle pulizie di Autovie (Piccolo) TRIESTE Il servizio di pulizie di Autovie venete, dopo una gara d’appalto, passa di mano. E i sindacati si ritrovano sul piede di guerra. Il motivo? I vincitori riducono, e non di poco, il personale impiegato. A denunciarlo è la Filcams Cgil che ha già chiesto incontro urgente alla Regione in merito all’esito della gara d’appalto della concessionaria autostradale. «Il nuovo appalto triennale, partito il primo marzo, ha visto infatti una drastica riduzione delle attività e dei contratti individuali d’assunzione del personale» spiega il sindacato. E aggiunge di aver rifiutato con fermezza quella riduzione: «Nell’incontro tenutosi il 23 febbraio non è stato raggiunto un accordo con le ditte assegnatarie della nuova gara, Miorelli service e Pulitori e Affini. Non essendoci le condizioni per definire il passaggio del personale al minor impatto possibile, infatti, abbiamo espresso una posizione di totale dissenso a quanto proposto dalla ditta capofila, la Miorelli Service, che ha prefigurato un taglio delle ore lavorative pro capite dal 30 al 50%». La nuova gara, continua la Filcams Cgil, ha previsto «una revisione delle attività la cui quantificazione ad oggi non risulta ancora chiara. L’Ati, inoltre, ha vinto la gara con un ribasso del 30%, che non tiene conto delle ripercussioni sulla forza lavoro». Da qui la richiesta di un confronto con la Regione, socio di maggioranza di Autovie, «ribadendo la totale contrarietà a quanto proposto e riservandosi di agire in tutte le sedi per la tutela del personale coinvolto, in linea con il mandato ricevuto dai lavoratori». L’addio al superticket slitta di un mese (Piccolo) TRIESTE L’operazione è confermata nei termini in cui la giunta Serracchiani, sin da fine 2014, l’aveva annunciata. Ma c’è uno slittamento di un mese. Le nuove regole, e i conseguenti “sconti”, sui ticket sanitari in Friuli Venezia Giulia partiranno non da inizio aprile ma dal primo maggio. Maria Sandra Telesca, nel ribadire i contenuti della riforma, fa peraltro sapere che i “furbetti” non avranno vita facile. Il superticket da 10 euro, è noto, non sarà più a carico dei cittadini con un Isee inferiore ai 15mila euro, un limite che ha consentito alla Regione di individuare in circa 200mila i potenziali beneficiari del provvedimento. L’intenzione dell’amministrazione, avverte però l’assessore alla Sanità, anche alla luce delle rinnovate modalità decise a livello governativo per il calcolo dell’Isee, è di «potenziare il sistema delle verifiche, già svolte attraverso le Aziende sanitarie che fanno i controlli sulle autocertificazioni». Questione di equità, rimarca Telesca: «Siamo impegnati a evitare qualunque forma di abuso, che inevitabilmente poi danneggerebbe chi ha effettivamente bisogno». Entro inizio maggio, dunque, gli interessati dovranno risultare in possesso della documentazione attestante il proprio Isee. Con questo documento, conferma Telesca, sarà subito possibile accedere direttamente ai benefici. L’appello dell’assessore è alla buona volontà di tutti nel mettere a punto la novità: «La ricaduta sui cittadini del taglio dei ticket per le prestazioni sanitarie sarà seguita dalle strutture della Regione, ma ovviamente è necessario che anche tutti gli altri attori coinvolti, pubblici e privati, contribuiscano a facilitare l'attuazione di una misura così richiesta e attesa». Con 5 milioni di euro stanziati in Finanziaria la Regione si farà carico dell’abolizione del superticket. La seconda partita è quella che riguarda invece gli utenti con Isee superiore ai 15mila euro. In questo caso la giunta ha deciso per una rimodulazione degli importi. Per prestazioni di valore inferiore ai 5 euro non si pagherà alcun ticket al servizio pubblico, mentre si dovrà mettere mano al portafogli per 1,5 euro per prestazioni tra i 5 e i 10 euro, 3 euro per quelle tra i 10 e i 15 euro, 4,5 euro tra i 15 e i 20 euro, e così via fino a superare gli attuali 10 euro nel caso in cui le prestazioni costino oltre i 35 euro, con il massimo di 20 euro per quelle sopra i 70 euro. (m.b.) Fine vita, ecco le regole; registrazione gratis e nomina di un garante (M. Veneto) di Anna Buttazzoni TRIESTE La registrazione sarà gratuita. È prevista la nomina di un fiduciario o di un amministratore di sostegno. Il testamento biologico avrà valore sia che si tratti di un semplice foglio scritto e firmato di proprio pugno oppure del modulo da compilare che viene messo a disposizione da diverse associazioni (dal gruppo Luca Coscioni a “Per Eluana”). L’importante è che la firma sul documento avvenga davanti a un responsabile della propria Azienda sanitaria. La legge approvata martedì dal Consiglio rende chiare le regole sull’istituzione del registro regionale per le Dat, cioè le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, la definizione tecnica per indicare il biotestamento. Non solo. La norma prevede anche la procedura che un cittadino deve seguire nel caso voglia presentare il proprio testamento biologico o voglia esplicitare l’intenzione di donare organi e tessuti dopo la morte. Ecco come funziona. Prima di tutto la legge esplicita la necessità che il cittadino abbia una compiuta informazione sul biotestamento, informazione che si acquisisce, ad esempio, parlando con il proprio medico di famiglia. Il paziente può quindi rivolgersi alla propria Azienda sanitaria e presentare un semplice atto nel quale dichiara a quali cure intende oppure no essere sottoposto nel caso non fosse in grado di esprimersi. La firma dev’essere autografa e autenticata, che significa datare e sottoscrivere il proprio testamento davanti al personale dell’Azienda sanitaria, personale cui il compito sarà affidato dalle singole aziende. Il paziente può anche indicare l’autorizzazione a comunicare l’esistenza del suo biotestamento a chiunque ne faccia richieste oppure solo a determinati soggetti. Nell’atto il cittadino può nominare uno o più fiduciari o un amministratore di sostegno, persone cui è affidato l’impegno di far rispettare le sue volontà. Anche quel soggetto dovrà firmare il testo che contiene la dichiarazione anticipata di trattamento. Il biotestamento entrerà in vigore nel momento in cui il paziente non sarà più in grado di decidere e potrà essere revocato o modificato in qualunque momento. Se cambierà residenza, da una regione all’altra o anche solo da un’Azienda sanitaria all’altra, il biotestamento resterà valido. Registrare il documento, autenticare la firma e ogni altro adempimento saranno gratuiti. Chi conserverà le dichiarazioni? Saranno le singole Aziende per l’assistenza sanitaria a creare la banca dati nella quale custodire i biotestamenti. La banca dati sarà protetta e l’accesso riservato. La legge non esplicita cosa debba essere indicato sulla tessera sanitaria. Servirà un regolamento di attuazione, che sarà adottato dalla giunta di Debora Serracchiani e che definirà il modo in cui conservare il biotestamento nelle Aziende sanitarie, le modalità di trasmissione alla banca dati e anche l’accesso e la consultazione delle dichiarazioni anticipate. Alcuni consiglieri sostengono che sulla tessera sanitaria dovrà essere registrato il luogo in cui è depositato il documento, mentre altri spingono affinché il biotestamento sia registrato direttamente sulla tessera. L’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca non si è schierata, ma ha assicurato tempi brevi per l’istituzione del registro e la definizione delle regole. Il nodo della legge è la decisione del medico se tenere conto oppure no dell’atto. Il Consiglio regionale non può definire la materia, è competenza del Parlamento. Certo è che sarà anche difficile per un professionista ignorare la dichiarazione delle volontà di un paziente. In quel caso si spalancherebbero le porte delle aule giudiziarie, eventualità che Stefano Pustetto, esponente di Sel, primo firmatario della proposta di legge, ritiene un errore. «La strada dei giudici è sbagliata, perché vuol dire che la politica non ha saputo decidere», ha detto il vendoliano. La legge regionale, quindi, fa da apripista, in attesa che il Parlamento faccia la propria parte, perché altre Regioni seguiranno la strada inaugurata dal Fvg. Che soprattutto ha compiuto una scelta politica chiara. «Apprezzo molto la decisione del Consiglio, che dimostra grande attenzione alla persona, ai suoi bisogni e alle sue sensibilità anche nei momenti più difficili della vita», ha commentato ieri il sindaco di Udine Furio Honsell. Udine e Gorizia Fiere in rosso. Tagli anche al personale (M. Veneto) UDINE Il bilancio di Udine e Gorizia Fiere è in rosso. A quanto pare, profondo rosso. Al punto che l’approvazione del documento contabile slitterà di un mese: prevista dallo statuto fra marzo e aprile, arriverà solo a maggio. Perché prima deve essere affrontato il nodo della riorganizzazione societaria. In altre parole tagli. Tagli che potrebbero colpire anche l’organizzazione interna della spa partecipata dal pubblico, cioè il personale. Se il 2013 ha chiuso con un disavanzo di 125 mila euro, peggio fa il 2014. Mancano i numeri, ma la china è chiara. Nonostante l’ultimo anno non sia stato avaro di appuntamenti. Tredici quelli in programma, a fronte dei dodici in calendario per il 2015. L’anno scorso è cominciato come di consueto con Udinesposa, proseguendo con Agriest focus land, ExpoMeGo, il Fbs show dedicato a fitness, sport e benessere, e poi Young, PolliceVerde, Udine motori, A tutta birra, la fiera dell’elettronica, Mittelmoda, Casa moderna, Idea Natale e la mostra ornitologica Aof. A latitare è il salone delle specialità enogastronomiche e alimentari Good, in calendario quest’anno. Apparentemente sospesa Eos, l’Exposition of sustainability: evento biennale escluso però dalla programmazione 2015. Detto della crisi friulana, è impossibile non guardare a Pordenone. In una regione di un milione e 200 mila abitanti la compresenza è da tempo vissuta malvolentieri. Soprattutto a Udine dove si guarda con un pizzico di speranza al rinnovo delle cariche della Fiera di Pordenone, in calendario ad aprile. Detto che le nuove regole escluderebbero Alvaro Cardin dalla riconferma (è già in quiescenza, a meno che non decida di lavorare gratuitamente), si apre la corsa alla poltrona principale della Fiera. Poltrona che fino a ora è stata occupata da un contrario alla fusione. Pordenone guarda soprattutto ai bilanci. Dopo il rosso di un milione registrato nel 2013, il 2014 ha un segno più per circa 70 mila euro. E le prospettive, grazie al forte apporto di visitatori dal Veneto, sono positive. Con questi numeri, il matrimonio con Udine e Gorizia Fiere è chiaramente sconsigliato. Ma Pordenone per prima ha fatto ricorso alla cassa integrazione per i propri dipendenti nel 2013, una cassa integrazione per così dire “morbida” che è andata a ritoccare il monte ore di ciascun dipendente. Insomma, il possibile approdo a un ente fieristico regionale si gioca tutto in primavera. Come detto a Pordenone la posizione del presidente è in dubbio e pare lo sia anche quella dell’Ad Pietro Piccinetti. «Vedremo se sarà riconfermato», dicono i beninformati. Da questo punto di vista Udine è in una botte di ferro. L’anno scorso è arrivata la conferma triennale per la presidente Luisa De Marco, con i nuovi ingressi in cda per la Camera di Commercio di Andrea Cumini (arredo e fashion) e Cristian Vida (alimentare). Nuova nomina anche per il Comune di Udine con Katia Mignogna (sociale). Invariati i rappresentanti di Provincia (Massimiliano Bassi) e Unione artigiani (Enrico Pivotti). Michela Zanutto «Sinistra, Sel e pezzi del Pd. Ecco l’alternativa a Renzi» (M. Veneto) di Domenico Pecile UDINE Paolo Ferrero, ex ministro alle Solidarietà sociali nel governo Prodi e segretario nazionale di Rifondazione comunista, sarà oggi in Fvg per alcuni appuntamenti politici. Il più importante sarà la presentazione del libro “La truffa del debito pubblico” (alle 18 nella sala dell’enoteca Serenissima di Gradisca d’Isonzo). «Truffa perché - spiega Ferrero - il debito pubblico è causato dagli interessi da usura che siamo costretti a pagare nonostante qualcuno in malafede si ostini a puntare il dito contro i costi della sanità e della scuola pubblica o di altro ancora». Per Ferrero questo è uno dei cavalli di battaglia della sinistra. E su questo dichiara che il premier greco Tsipras è l’unico leader in questo momento a poter far uscire la Grecia dalla disoccupazione e dalla crisi. La sua è una fiducia totale nei confronti di Tsipras e nella sua sfida all’Europa. Perchè? «Uno dei punti fondamentali del suo programma è che il debito pubblico, almeno per il 50-60 per cento dei debiti pubblici, venga assunto dalla Banca centrale europea e gestito dalla Bce». Provi a calare tutto ciò nel caso-Italia per far capire che cosa significherebbe. «Lo scorso anno la Bce prestava soldi alle banche private allo 0,05 per cento di interesse». Un prestito praticamente gratuito? «Certamente e questo avviene nel mentre, sempre lo scorso anno, lo Stato italiano ha pagato sul suo debito pubblico, di circa 2 mila miliardi, un tasso medio del 4 per cento. Se l’Italia potesse ricevere i soldi direttamente dalla Banca centrale al tasso dello 0,05 per cento, come appunto propone Tsipras e come accade in tutto il mondo, noi avremmo pagato 1 miliardo di interessi anziché 80. Insomma, abbiamo regalato 79 miliardi agli speculatori. Lei capisce che si tratta di una cifra pazzesca che va oltre tutte le ruberie che ci sono in giro». Secondo lei, dunque, la soluzione è allo stesso tempo così facile e percorribile? «I soldi ci sono e li stiamo regalando. Tsipras dice che bisogna smetterla di regalare gli euro delle tasse agli speculatori. Quel denaro va gestito dalla Banca centrale europea. Ma tutto questo s’interseca con un altro problema». Quale? «Che dalla Lega a Grillo, da Renzi a Berlusconi tutti parlano d’altro». E secondo lei per quale motivo tutti i leader politici, tranne lei, parlerebbero d’altro? «Perché nessuno mette in discussione il potere delle banche. La Lega di Salvini, ad esempio, che spara a zero contro L’Europa, ha votato i trattati di Mastricht e di Lisbona. Rifondazione è stato l’unico partito a votare contro. La verità è che siamo di fronte a demagoghi che prendono in giro gli italiani». Duri e puri, voi di Rifondazione. E anche con molte certezze. Però la gente non vi segue, non vi vota. E così siete rimasti davvero in pochi. «La gente non è informata. Lo sa che io sto in televisione in orari improponibili, vale a dire quando i bambini sono a letto e che sui telegiornali riesco a essere presente qualche minuto, ma ogni tanto tempo?». Mentre Salvini, tanto per citare un “uomo televisivo”... «Salvini è stato eletto a competitor di Renzi e quindi va in tv a colazione, pranzo e cena. Renzi lo vuole lì perchè così sa che vincerà per “anta” anni. A Renzi serve un competitor così: razzista, di destra-destra e filorusso». Beh, una strategia, quella renziana, da vero leader. O no? «Renzi è del tutto interessato a non far sapere cosa fa la sinistra. Noi, ripeto, chiediamo di fare funzionare la Bce come le Federal reserve. Invece, si spostano soldi dalle tasche dei poveri a quelle dei ricchi e in questo modo si dice, anzi, Renzi dice, che serve privatizzare il privatizzabile perché non ci sono soldi». Analisi rigidamente marxista, la sua? «Sì, ma non è colpa mia se Marx aveva visto bene molte cose». Lei, prima, ha fatto un breve passaggio sulla Russia. Cosa ne pensa dell’attuale situazione? «Il mio giudizio su Putin è negativo perché non è un parente stretto della democrazia». Sull’Ucraina...? «Sull’Ucraina Puntin ha totalmente ragione, perché vuole che rimanga una specie di “ponte” tra Russia ed Europa centrale e che sia obbligatorio che resti pure neutrale e federale. In Ucraina, da parte degli Usa, c’è un tentativo di rifare un muro di Berlino ai confini della Russia per dividerla dall’Europa». Due parole sull’omicidio di Boris Nemtsov? «Non ho elementi per pronunciarmi. Certo è che il clima in Russia non è di grande spolvero democratico...». Torniamo a Tsipras che, mi pare di capire, è il vostro modello. Cosa state facendo in Italia per emulare il suo progetto politico? «Stiamo lavorando con Sel e altre forze di sinistra cercando di vedere se è possibile aprire un processo costituente della sinistra medesima». Anche con tronconi del Pd? «Beh, Civati, ad esempio, non c’entra nulla con Renzi. Dialoghiamo con tutti quelli contrari al liberismo». Renzi descritto da Ferrero in poche parole? «Un liberista molto più a destra della Dc». Addirittura? «Fanfani in confronto era uno di Lotta continua: ha realizzato 350 mila alloggi pubblici, mentre Renzi privatizzerebbe tutto. Renzi è il classico uomo di destra anche se queste etichette sono ridicole». Di quale destra, se mi permette? «La destra si divide in razzista, conservatrice sui valori morali, e poi quella innovativa, un po’ spregiudicata sugli stessi valori morali, ma neoliberista». Serracchiani? «Renzi in gonnella. Non mi pare abbia portato novità particolari». Intanto, però, Rc anche in Fvg è fuori dai giochi «Essendo fuori dalle istituzioni la visibilità mediatica è bassissima. Noi stiamo comunque lavorando per rimettere in piedi una sinistra che sia punto di riferimento per i tanti precari, i senza lavoro e i senza futuro. Vogliamo ridare una speranza e fare come la Grecia. Tutte le cose che sta facendo Renzi con e l’abolizione dell’articolo 18, aggravano la crisi riducendo il potere dei lavoratori». Stroncatura senza appello. «Renzi sta peggiorando le condizioni di vita dei lavoratori». CRONACHE LOCALI Lavinox, Lavoro a pieno regime, ma futuro incerto (M. Veneto Pordenone) CHIONS Sono rientrati tutti e 214 al lavoro su tre turni sì, ma il loro stato d’animo non è dei migliori. Anzi. Ieri è ripartita, a pieno ritmo, la produzione nel sito di Villotta dell’ex Lavorazioni Inox, in capo alla newco Lavinox, che, in seguito al fallimento, ha siglato un contratto d’affitto d’azienda per 4 mesi. Il momento tanto atteso dai dipendenti, che dopo l’annuncio-choc della scorsa settimana si sono trovati senza un lavoro, è arrivato, ma questo non basta a placare le preoccupazioni per un futuro su cui incombono tanti interrogativi. La ripresa non è sufficiente, insomma, per allontanare i pensieri sul domani. Tutti e 214 lavoreranno, su tre turni da otto ore, sino a mercoledì, ma dopo cosa accadrà? L’azienda ha commesse e vanta clienti del calibro di Electrolux Professional, ma è anche vero che, prima del crac, era ricorsa all’utilizzo dei contratti di solidarietà. Non c’era lavoro per tutti e oggi la situazione non è cambiata. La ripresa. Dopo che il 23 febbraio, data che rimarrà indelebile nelle menti degli addetti, sono stati fatti uscire dalla fabbrica alle 16, perché l’azienda era fallita, ieri i dipendenti hanno varcato nuovamente i cancelli dello stabilimento. I primi a entrare, alle 5.30, sono stati gli operai del turno mattutino. La giornata è proseguita senza intoppi a livello produttivo. Obiettivo lavorare il più possibile, per recuperare il gap negativo che si è determinato e dare risposte ai clienti, in attesa del materiale che hanno ordinato. Il più importante è il Professional, ma ce ne sono pure altri, che hanno rassicurato i vertici sul fatto che continueranno a fare riferimento al sito di Villotta per gli acquisti. Alle 13.30 cambio turno: in fabbrica gli addetti che hanno operato sino alle 21.30, per lasciare poi il posto a quelli del notturno. Quest’ultimo turno è stato ripristinato ieri per accelerare la produzione: prima del crac era stato soppresso. Dalle 7 alle 16, hanno invece operato le maestranze a giornata. La preoccupazione. Nel primo pomeriggio, Paolo Teso, direttore di stabilimento (ricopriva questo ruolo anche prima del crac), ha convocato i dipendenti per fare il punto della situazione e spiegare meccanismi e percorso del fallimento. Negli occhi dei lavoratori si leggeva la preoccupazione. «Ci sono mille interrogativi, soprattutto sul futuro – ha dichiarato la Rsu di Cgil Angela De Marco –. Le maestranze sono contente di essere tornate al lavoro, ma allo stesso tempo sono consapevoli che quella appena individuata è una soluzione-tampone. Sanno che ambiente e soprattutto prospettive non sono più quelli di prima. Le incertezze, che già erano presenti, dopo il fallimento sono aumentate. Lo stato d’animo è facilmente intuibile». Mercoledì, a Unindustria, si discuterà della gestione del carico di lavoro e degli addetti. Da valutare il ricorso alla cassa ordinaria. Giulia Sacchi Prestiti agevolati per superare l’emergenza CHIONS Prestiti agevolati da parte di Friuladria e Bcc Pordenonese per consentire ai 214 dipendenti dell’ex Lavorazioni Inox, che sino a metà aprile rimarranno senza spettanze, di fare fronte alle spese fisse che, pur in assenza di liquidità, devono comunque sostenere. Questa la proposta di cui si è discusso nell’incontro di ieri, convocato dal sindaco Federica Della Rosa, a Chions, tra sindacati, Rsu, Unindustria e i primi cittadini di 26 dei 43 Comuni di provenienza e residenza dei lavoratori dell’azienda. Non ancora scartata la possibilità che siano i municipi a intervenire con misure di sostegno al reddito, anche se questa ipotesi potrebbe difficilmente concretizzarsi a stretto giro, considerati patto di stabilità, difficoltà di bilancio e altri vincoli. Ma con quali modalità le maestranze dovranno restituire i soldi (si è ipotizzato un massimo di 2 mila 500 euro) agli istituti di credito? Due sono le vie: la prima prevede un rientro rateizzato, la seconda la surroga sulle spettanze che gli addetti devono ancora ricevere e che rientrano nel fallimento. Quest’ultima, però, appare l’ipotesi più remota, in quanto difficile da concretizzare in tempi stretti. Bisogna attendere indicazioni dalla curatela, che sta espletando le varie procedure relative al crac. Possibili lunghe attese, insomma, che aggraverebbero un quadro già drammatico per i lavoratori e le loro famiglie, a corto di liquidità. Da qui le garanzie da parte degli amministratori sul fatto che le porte dei municipi restano aperte: i sindaci valuteranno i singoli casi e, attraverso anche il coinvolgimento dei servizi sociali, verificheranno quali strade alternative possono essere percorse. Dal canto suo, la Provincia sta valutando le possibilità legate al sistema del microcredito. «Un percorso in divenire – ha dichiarato il sindaco Della Rosa –. Le banche hanno dato disponibilità immediata all’accensione dei prestiti ai singoli (è bene ricordare che si tratta di rapporti privatistici). Come amministratori, abbiamo assicurato massima disponibilità alla valutazione dei singoli casi. Invitiamo quindi i cittadini a prendere appuntamento al più presto per verificare quali soluzioni adottare, compatibilmente coi vincoli cui gli enti sono sottoposti». Della Rosa ha ricordato che «a Chions ho istituito il fondo sociale comunale, ma non possiamo utilizzarlo perché non abbiamo ancora pronto il bilancio di previsione 2015. La situazione è complicata perché i municipi hanno le mani legate, ma cercheremo comunque di fornire le risposte che addetti e famiglie si attendono». «Al di là della proposta delle banche, valuteremo altri percorsi assieme alle istituzioni – ha concluso la Rsu di Cgil Angela De Marco –. Soluzioni che gravino il meno possibile sulle tasche dei dipendenti».(g.s.) Ex dipendenti Ovvio, aiuto legale (M. Veneto Pordenone) ROVEREDO IN PIANO Pieno sostegno della Regione agli ex dipendenti Ovvio, ai quali la proprietà non sta pagando le spettanze: 300 mila euro la cifra complessivamente dovuta tra mensilità arretrate, Tfr, liquidazione e incentivo all’esodo. Un aiuto che si tradurrà, innanzi tutto, nell’immediato intervento degli uffici regionali anche dal punto di vista legale: si valuterà la possibilità che tale azione sia affiancata dallo stesso ente superiore, nonché dal Comune di Roveredo in Piano. Il municipio è in credito di 50 mila euro con la società (Semeraro holding srl) per tributi locali non versati e di ulteriori importi (dovuti in questo caso dall’immobiliare) per il mancato pagamento dell’Imu dal 2013 in poi. «Abbiamo la piena consapevolezza – hanno spiegato Regione e Comune agli ex dipendenti Ovvio presenti all’assemblea – che soltanto un’azione rapida e congiunta consentirebbe, qualora si riuscisse a decretare il fallimento della società, di garantire ai dipendenti le spettanze se non altro attraverso l’accesso al fondo di garanzia Inps». Al tavolo era presente anche la segretaria provinciale della Filcams Cgil Daniela Duz, che aveva seguito la vertenza sindacale sino alla sua conclusione, sei mesi fa. La Duz ha preso spunto dal caso dei lavoratori Ovvio per una valutazione più generale della situazione del commercio nel Pordenonese, dove si stanno moltiplicando le realtà in crisi che richiedono l’attenzione della Regione. «La chiusura di un punto vendita che aveva una risonanza extraprovinciale – ha affermato la segretaria Filcams – si inserisce in un contesto generale in cui rientrano le vertenze di Mercatone Uno, delle Coop operaie di Trieste e delle Coop carniche». Alle istituzioni la Duz ha chiesto un impegno maggiore del semplice cambio di destinazione d’uso dell’area commerciale roveredana a rischio svuotamento: «Si valuti una riconversione declinata come un patto sociale teso al reinserimento nel mercato lavoro delle persone che vengono espulse dalle realtà in crisi». In chiusura, la segretaria ha invitato a riflettere sull’insussistenza del decreto sulle liberalizzazioni di orari e aperture. «Ha peggiorato le condizioni di vita dei lavoratori, facendo morire il piccolo commercio senza portare incrementi di occupazione e fatturato».(m.pa.) Imat, per ora niente licenziamenti (M. Veneto Pordenone) FONTANAFREDDA Si va verso la solidarietà, alla Imat di Fontanafredda, azienda del Gruppo Marcegaglia che ha dichiarato 100 esuberi tra i 240 dipendenti. Eccedenze che, almeno per ora, si continueranno a gestire attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali. A oggi, sono soltanto 35 gli addetti che hanno aderito alla mobilità volontaria con percorsi incentivanti. Non c’è comunque la volontà, da parte dell’azienda, di forzare le uscite. In poche parole, non si parla di licenziamenti. I due anni di cassa integrazione straordinaria scadranno a luglio: prima di questo termine, le organizzazioni sindacali e i vertici aziendali faranno il punto della situazione per capire quale strada percorrere. Tra le ipotesi, quella appunto di ricorrere alla solidarietà. L’anno scorso, il Gruppo aveva giocato la carta della mobilità volontaria, ma solamente un terzo degli addetti in esubero aveva optato per l’uscita dall’impresa. In autunno, erano 33 i dipendenti che avevano scelto questo percorso: il numero delle eccedenze, però, restava ancora molto elevato. L’azienda aveva quindi stabilito di prorogare sino a fine anno l’incentivo di 18 mila euro lordi per intercettare nuove maestranze interessate a lasciare Imat. Un’operazione che ha consentito di alzare il numero degli interessati di poche unità, passando quindi a 35. Nell’incontro dei giorni scorsi coi sindacati, l’azienda - una delle tre aziende del Gruppo specializzata nella produzione di componenti e sistemi per la refrigerazione - ha confermato il piano industriale, che punta alla realizzazione di nuovi prodotti, per sganciarsi dalle componentistiche dell’elettrodomestico e ampliare quindi la gamma. L’impresa, insomma, intende sviluppare produzioni sostitutive per darsi una prospettiva. Già l’anno scorso aveva annunciato di volersi concentrare su scaldabagno elettrici con tecnologia a pompa di calore e spingere sui totem, nuovi distributori di caffè. «Imat vuole affiancare alla produzione legata agli elettrodomestici nuovi prodotti, che consentano di sopperire al calo che si è registrato – ha fatto sapere il sindacalista di Cisl, Antonello Lenardon –. Per mettere in atto il piano industriale serve tempo, ma l’azienda è fiduciosa. Ha ribadito che si tratta di un progetto valido, su cui vale la pena continuare a lavorare. L’auspicio è che le nuove produzioni diano riscontri positivi in termini di volumi». L’impegno concreto da parte dell’azienda per cercare di recuperare volumi e quote di mercato, seppur in una situazione generale altalenante, è dunque concreto. Giulia Sacchi Ospedale, urne disertate (Gazzettino Pordenone) Si chiuderanno nel pomeriggio di oggi le urne per il rinnovo delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) negli enti locali, statali, scuola e sanità. Domani sarà organizzato lo spoglio in tutti i seggi e la commissione elettorale proclamerà i risultati. Da martedì scorso si è votato in oltre settanta enti tra uffici pubblici, Comune, Provincia, scuole, ospedali e distretti sanitari territoriali. Nella serata di ieri, al termine della seconda giornata di voto, il quorum era ancora piuttosto basso nell’ospedale di Pordenone (aveva votato solo il 37%, 536 sui 1.474 dipendenti) mentre negli altri ospedali (Sacile, Maniago, Spilimbergo, San Vito) e nell’ex Azienda6 il quorum era già stato superato. La partecipazione complessiva a livello di Azienda unica 5, a ieri, era del 45%. L’affluenza di oggi nell’ospedale di Pordenone farà la differenza. Nell’ultima elezione di tre anni fa, quando le aziende sanitarie erano separate, il quorum era stato superato: nell’Ass6 la partecipazione al voto era stata del 67%, mentre negli ospedali del 55%. Per questo le organizzazioni sindacali ritengono che anche stavolta il quorum venga raggiunto: anche se con una certa difficoltà. Nel caso in cui il quorum (50% più uno dei dipendenti affinché le elezioni siano valide) non dovesse essere superato la consultazione dovrà essere ripetuta entro trenta giorni. Ma c’è ancora la giornata di oggi per aumentare la presenza dei dipendenti alle urne. Complessivamente, tre anni fa, il quorum complessivo dell’intero comparto degli enti locali e del pubblico impiego, fu abbondantemente superato toccando il 60 per cento della partecipazione dei lavoratori al voto. Soglia già superata ieri, invece, al Cro di Aviano e in quasi tutti gli enti locali, come i Comuni e la Provincia. Percentuali piuttosto elevate anche nei circa cinquanta istituti scolastici in cui i sindacati hanno organizzato i seggi. Nell’intero territorio provinciale i dipendenti chiamati alle urne sono quasi dodicimila: 6.700 negli uffici dello stato e degli enti locali (tra questi 3.500 in sanità) oltre a circa 5.500 dipendenti della scuola, tra docenti e personale Ata. Per questo rinnovo il sindacato confederale (Cgil, Cisl e Uil) e le diverse sigle sindacali autonome nei vari comparti hanno schierato un autentico esercito di oltre mille candidati. Evidentemente quello del delegato sindacale è ancora un ruolo ambito. «Centrale 118 sotto le soglie di sicurezza» (M. Veneto Udine) di Anna Rosso UDINE «Il 118 di Udine lavora sotto le soglie di sicurezza indicate dalla normativa nazionale di settore, sia per quanto riguarda il personale, sia per i mezzi di soccorso a disposizione. E la domenica mattina, ormai da tempo, nella zona del Cividalese c’è una sola ambulanza a causa di una decisione presa tempo». Con queste parole il sindacato degli infermieri Nursind replica a quanto dichiarato dal direttore della centrale operativa 118 e dell’elisoccorso Elio Carchietti il quale invece, in un’intervista al nostro quotidiano, ha sottolineato che «il 118 non è carente, anche se va riorganizzato». Si tratta di un “botta e risposta” che si inserisce nell’ambito delle riflessioni e delle polemiche sul funzionamento della sanità friulana - e in particolare dell’emergenza - seguite alla morte di Erik Tuan, 47 anni, residente a Ponteacco di San Pietro al Natisone e colpito la sera di mercoledì 25 febbraio da un’ischemia miocardica acuta, come è emerso dai primi risultati dell’esame autoptico. Tale accertamento è stato effettuato dal medico legale Antonello Cirnelli su richiesta della Procura di Udine che ha avviato un’indagine. «Solo il Signore sa se un intervento più tempestivo di un’ambulanza con personale qualificato - spiega Carlo Filippetto, delegato Rsu del Nursind - avrebbe consentito di salvare la vita di Erik Tuan. Ma di sicuro le modalità con le quali si è svolto il servizio di soccorso mettono in evidenza gravi carenze di personale e mezzi. Ci sono stati ritardi, come ha ammesso lo stesso direttore». Secondo le linee guida ministeriali, l’arrivo dei soccorsi in emergenza (codici giallo e rosso) va garantito entro venti minuti nelle aree extraurbane ed entro otto minuti in ambito cittadino. Mentre a Ponteacco sono trascorsi, almeno stando alle verifiche condotte finora, circa ventisette minuti. E prima a casa Tuan si era presentata la guardia medica. «Momenti di criticità - prosegue il rappresentante del Nursind - avrebbero potuto verificarsi ben prima, visto che c’è una sola ambulanza disponibile al mattino nei giorni festivi nell’area di Cividale. Più di qualche volta dunque si è rischiato che accadesse qualcosa di irreparabile per le persone. Insomma - sottolinea -, finora la situazione è stata sottovalutata. È necessario organizzare un sistema dell’emergenza in grado di rispettare i tempi indicati dalla normativa. Invece ora, se ci sono due emergenze in contemporanea, ciò non è possibile». Inoltre, il Nursind pone l’accento anche sul rapporto tra mezzi di soccorso e numero di abitanti. «In base alle indicazioni nazionali - riferisce il delegato Rsu - ci dev’essere un mezzo di soccorso ogni trentaquarantamila abitanti. E se pensiamo che la centrale di Udine serve un bacino di circa 160mila utenti con tre ambulanze di giorno e due di notte il calcolo è presto fatto. E si capisce che con i numeri proprio non ci siamo. Inoltre, anche se qualcuno dice il contrario - puntualizza ancora il delegato -, le richieste della popolazione sono in costante aumento». Secondo il Nursind «solo la centrale di Udine ha numeri così risicati e solo le ambulanze friulane sono spesso senza infermiere...e ne va della qualità del servizio al cittadino». La legge Balduzzi nel 2013 ha indicato precisi percorsi diagnostici e terapeutici in caso, per esempio, di infarto e ictus. È previsto un immediato trasferimento in un ospedale di primo livello, dotato di un reparto specialistico, come l’Emodinamica. «In pratica - conclude il sindacalista l’infermiere raggiunge il paziente, fa un elettrocardiogramma e in pochi secondi lo trasmette all’ospedale. Qui un cardiologo lo valuta e decide cosa fare. I primi minuti e, più in generale, le prime due ore dall’evento acuto sono decisive per cercare di contenere i danni ed evitare che il quadro si complichi». Il Pm chiede i tabulati e di sentire il personale CIVIDALE Non soltanto la documentazione sanitaria relativa alle patologie pregresse e agli interventi chirurgici affrontati in passato da Erik Tuan. Il giorno dopo l’autopsia sul 47enne di Ponteacco, morto la sera di mercoledì scorso, a seguito dell’infarto che lo ha colto mentre si trovava a casa, il pm Viviana Del Tedesco ha delegato ai carabinieri di Cividale l’acquisizione delle cartelle cliniche e anche delle registrazioni audio della Centrale operativa del 118 relative alla richiesta di intervento fatta dalla moglie subito dopo il malore. Partita da Udine, dove era stata dirottata per un servizio, l’unica delle due ambulanze a disposizione della zona di Cividale in servizo quel giorno, era arrivata 40 minuti dopo la chiamata. L’altra era rimasta parcheggiata nel piazzale dell’ospedale, per la temporanea indisponibilità di personale. Sul caso, la Procura ha avviato un’inchiesta contro ignoti per le ipotesi di reato di omicidio colposo e di rifiuto di atti d’ufficio. L’obiettivo è chiarire se l’arrivo tempestivo dei soccorsi avrebbe potuto evitare il decesso. Da qui, la necessità di esaminare anche i tabulati del 118 per una ricostruzione puntuale dei fatti. Ma anche la delega a sentire a sommarie informazioni testimoniali il personale intervenuto a Ponteacco quella sera. Ieri, il magistrato ha firmato il nulla osta alla sepoltura. L’esame autoptico eseguito martedì dal medico legale, Antonello Cirnelli, ha fatto risalire il decesso a un’ischemia miocardica acuta, verificatasi su un preesistente quadro clinico gravemente compromesso da problematiche cardiache. Un infarto fatale, insomma. Nel procedimento sono presenti quattro parti offese: la famiglia, rappresentata dall’avvocato Elisabetta Basso, e, per l’ospedale, Mauro Delendi, commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Udine, Giampaolo Canciani, direttore sanitario, ed Elio Carchietti, responsabile del 118, tutti difesi dall’avvocato Rino Battocletti. (l.d.f.) Latterie, più speranze di prorogare la "cassa" (Gazzettino Udine) Paola Treppo Buone notizie per i dipendenti dello stabilimento di Latterie Friulane acquisito da poche settimane da Parmalat. È stato raggiunto infatti il tetto del reimpiego del 30% del personale in cassa integrazione straordinaria. Si tratta della prima condizione necessaria per poter accedere al secondo anno di Cigs, come previsto inizialmente in base all'accordo sindacale siglato nel marzo del 2014. Il «traguardo», che non era affatto scontato, potrebbe però non essere sufficiente per ottenere altri 12 mesi di cassa integrazione. Tutto dipenderà, infatti, dalle disponibilità finanziarie del Ministero. L'azienda presenterà in ogni caso l'istanza, restando poi in attesa di una risposta da Roma. Se la domanda sarà accolta, allora per le maestranze ci sarà «respiro» per un altro anno; in caso contrario, invece, il 18 marzo, quindi mercoledì prossimo, si procederà con la messa in mobilità di 89 addetti diretti, per la durata di uno, due o tre anni, in base all'anzianità di servizio. Intanto le organizzazioni sindacali attendono di poter esaminare il piano industriale di Parmalat per lo stabilimento con sede a Campoformido. Il documento potrebbe essere pronto, e quindi illustrato, entro la fine di questo mese, o al massimo entro i primi giorni di aprile, dopo i festeggiamenti di Pasqua. L'azienda, inoltre, sta lavorando a un incisivo piano di marketing per rilanciare il marchio Latterie Friulane. Il brand, infatti, non è ancora riuscito a recuperare terreno dopo il crollo di vendite derivato dallo scandalo aflatossine: oltre al blocco delle produzioni, in diversi clienti affezionati al latte e ai trasformati di Latterie è venuta a mancare la fiducia, nonostante la campagna di «rassicurazione» avviata già con la gestione della presidente Del Piero. La situazione è complicata anche per un concomitante calo, a livello nazionale, del consumo del latte, e anche dello yogurt, al pari di altri generi di prima necessità, come la pasta. Regge, invece, la vendita di formaggio a pasta dura: è su questo ultimo, il particolare sul Montasio Dop che esce dallo stabilimento di Campoformido, che punta Parmalat. Si guarda anche al piazzamento dei trasformati sul mercato estero, anche se l'operazione non risulta semplice né attuabile in tempi brevi. Arvedi: «Emissioni zero dalla cokeria» (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana «L’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Servola è complementare ai nuovi impianti produttivi». Lo sottolinea in una nota il Gruppo Arvedi nella stessa giornata in cui la Terza commissione del Consiglio comunale discute una petizione dei cittadini corredata di 250 firme che ne chiede la chiusura e soprattutto due giorni dopo un’incandescente Consiglio comunale in cui Alessandra Barocci, responsabile del Gruppo Arvedi per gli aspetti ambientali aveva precisato che potrà essere presa in considerazione la chiusura dell’area a caldo solo se l’inquinamento persisterà. Stando alla nota inviata ieri da Cremona però, anche in base alle sperimentazioni che sono state fatte in queste settimane, l’eventualità è con somma probabilità, da escludere fin d’ora. «Il Gruppo Arvedi - si legge nella nota - intende raggiungere i massimi livelli di compatibilità ambientale con la ferma determinazione a ottenere performance ambientali che vadano ben oltre i limiti massimi indicati dalla normativa europea (Bat)». Arvedi precisa che ha deciso «di realizzare un progetto innovativo per l’aspirazione e la captazione delle emissioni fuggitive fisiologicamente prodotte da tutte le cokerie (anche le più moderne) con la fondata consapevolezza di raggiungere gli obiettivi previsti». «La progettazione è terminata - aveva specificato Barocci in Consiglio - abbiamo investito 4 milioni di euro e ordinato l’impianto. Funzionerà a regime alla fine dell’anno». «L’impianto è stato concepito - è stato ribadito ieri da Cremona - per aspirare, captare, depolverizzare e filtrare le emissioni fuggitive di tutte le aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti. Si tratta solo di un primo passo cui seguiranno ulteriori investimenti. Un progetto innovativo sul quale il Gruppo cremonese investe risorse e applica tecnologie avvalendosi delle migliori professionalità, affinché sia garantita la prosecuzione dell’attività dell’area a caldo in condizioni di totale compatibilità ambientale. Un impegno prioritario - conclude la nota - che potrà assicurare la coesistenza della produzione della ghisa con l’attività logistica e la lavorazione di finitura di prodotti siderurgici». L’area a caldo è stata come detta al centro ieri anche di un’animata discussione in Terza commissione presieduta da Mario Ravalico. La situazione dei residenti, anche a commento della petizione che ne chiede la chiusura, è stata illustrata da Ettore Bellanti dell’associazione Nosmog. Spetterà ora all’aula, nei prossimi giorni, esprimersi sulla petizione con un voto. L’altra sera sono state bocciate dal Consiglio due mozioni che chiedevano la chiusura dell’area a caldo: una dei Cinquestelle e l’altra di Sel. E a proposito di quest’ultima il segretario regionale della Cgil, Franco Belci, sottolinea che «meraviglia che una forza politica come Sel, che fa parte della maggioranza in Comune e dice di aver a cuore l'occupazione, sia in prima fila a sostenere una posizione che fa leva sull'emotività. Sel commenta Belci - si esprime in due lingue: con una in Comune, con l'altra in Regione, e con altrettanti silenzi dei vertici politici provinciale e regionale: in questo modo ci si tengono aperte tutte le porte ma non si fa chiarezza rispetto ai cittadini». Vertenza Sertubi, urla e accuse in Comune (Piccolo Trieste) Invettive tra lavoratori, accuse ai sindacati anche vicendevoli, attacchi alle istituzioni, urla e porte sbattute. Nervi tesi anche ieri mattina nel corso della Commissione capigruppo in Consiglio comunale che ha voluto fare il punto sulla questione Sertubi. Il 31 dicembre anche l’ultimo gruppo di lavoratori espulsi dall’azienda (trasformata dalla proprietà indiana in semplice centro di distribuzione e vendita di tubi) ha chiuso i due anni di cassa integrazione ed è entrato in mobilità. Oltre una ventina di operai ha partecipato all’incontro e alcuni hanno lamentato di non essere stati chiamati dalle istituzioni per partecipare ai corsi di formazione e poter essere ricollocati. «I sindacati hanno firmato accordi che ci hanno messi in mezzo alla strada - ha accusato Alfonso Senatore - non è obbligatorio ora voler essere riassorbiti in Ferriera, c’è Pasta Zara, Illycaffé, c’è il Porto Vecchio». Adele Pino, assessore provinciale al Lavoro ha spiegato che dei 113 lavoratori usciti da Sertubi, 89 hanno seguito il percorso di ricollocamento, 30 di questi hanno avuto un rapporto di lavoro perlopiù a tempo determinato e a oggi 19 risultano avere un’altra occupazione con una percentuale (19 su 89) del 22%. «Con la legge Rilanciaimpresa la Regione ha preso un impegno con tutti i disoccupati - ha sottolineato l’assessore Loredana Panariti - ci stiamo dando da fare affinché il Friuli Venezia Giulia sia attrattivo per gli imprenditori e la formazione sia fatta in accordo con le imprese per un rapido assorbimento dei disoccupati». «Abbiamo scelto la strada più difficile - ha rimarcato il sindacato Roberto Cosolini - non una semplice difesa dell’attuale organico della Ferriera, dando la possibilità all’imprenditore di fare siderurgia pulita di modo che possano diventare 700 i posti di lavoro nel comprensorio dei Servola». Stefano Borini (Fiom-Cgil), Antonio Rodà (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) hanno chiesto alle forze politiche unanimità nella richiesta di mantenimento del ciclo integrale in Ferriera, ma anche azioni per attrarre nuovi investimenti nelle aree non più utilizzate da Sertubi. «É grazie a me e a Michele Pepe se qualche risultato è stato ottenuto», ha rivendicato Maurizio Granieri rsu di Fim-Cisl. Dei consiglieri comunali, Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) ha chiesto un incontro con Arvedi per mettere le basi per l’assorbimento a Servola dei disoccupati di Sertubi, Roberto Antonione (Gruppo misto) ha chiesto un Tavolo regionale specifico su Sertubi. (s.m.)
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