RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 8 ottobre 2014 (Gli articoli della presente rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli REGIONE (pag. 2) Gli enti locali bocciano la riforma Panontin (Piccolo) Parte la raccolta di firme per riavere il bonus bebè (M. Veneto) Sel rimproverato da Pd e grillini (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 4) Ferriera, subito gazzarra sul progetto Arvedi (Piccolo Trieste, 3 articoli) La crisi della cartiera Burgo, i sindaci fanno quadrato (Piccolo Trieste, 2 articoli) Cervignano, chiude l’Inail ed è bufera (M. Veneto Udine) Concussione alla Quiete per la nomina del direttore (M. Veneto Udine) Scuola, venerdì scatta il primo sciopero (M. Veneto Udine) Automotive, crescono gli impianti (M. Veneto Udine) Ideal Standard, i tempi si allungano (Gazzettino Pordenone) Premio a chi caccia l’operaio sgradito (Gazzettino Pordenone) Articolo 18, assemblee nelle fabbriche (M. Veneto Pordenone, 2 articoli) “Cassa” alla Savio, c’è la firma (M. Veneto Pordenone) Ospedale, disabili mai assunti (M. Veneto Pordenone) Poste sotto organico chiuse al pomeriggio (M. Veneto Pordenone) Pagamento Tasi, la Cisl accusa: «Troppa confusione» (Gazzettino Pordenone) Sanità, allarme di Ciriani: «Sempre più penalizzati» (Gazzettino Pordenone) Il Comune divorzia dall’Ater. Tolta la gestione di 88 alloggi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) REGIONE Gli enti locali bocciano la riforma Panontin (Piccolo) di Marco Ballico TRIESTE Nemmeno la versione corretta della riforma degli enti locali convince il Consiglio delle Autonomie. Le Province (con l’esclusione di Trieste che si astiene) votano contro. Ma si aggiungono anche gli altolà di qualche Comune, non tutti di centrodestra: Cividale, Santa Maria la Longa e Tarvisio si oppongono, Gorizia, Medea e Prata di Pordenone si astengono. E così, dopo tre ore di confronto a Udine, Paolo Panontin conta 10 voti a favore (ma ne servirebbero 12 per il via libera), 6 contrari e 5 astenuti su 21 votanti e si ritrova senza l’intesa degli enti locali. Uno stop politico che non impedirà all’assessore alla Funzione pubblica di chiedere alla giunta l’approvazione del ddl venerdì prossimo, ma che spinge Pietro Fontanini a parlare di «vittoria a difesa dello statuto regionale» e Ettore Romoli a sollecitare l’esecutivo a dimostrare rispetto istituzionale per l’organismo Cal». Panontin aveva peraltro provato a convincere sindaci (che oggi a congresso dovrebbero confermare Mario Pezzetta alla guida dell’Anci) e presidenti di Provincia sin dall’inizio dell’incontro. Proprio sulla base dei suggerimenti raccolti la scorsa settimana dalla commissione del Cal, la riforma contiene ora la previsione dei direttori come «organo di responsabilità manageriale» all’interno delle nuove Uti (Unioni territoriali intercomunali) e la precisazione delle sanzioni per i Comuni tra i 5mila e i 30mila abitanti che non vi aderiranno (la riduzione dei trasferimenti sarà in misura «non inferiore al 30%»). Ma, a fine dibattito, l’assessore aggiunge pure l’impegno alla costituzione di un Osservatorio che avrà il compito di coordinare il processo di rinnovamento del sistema delle autonomie locali. Mutuando quanto già previsto dall'accordo attuativo Stato-Regioni, l’ipotesi è quella un tavolo che metta assieme la Regione e la periferia, al fine di facilitare le amministrazioni comunali nell'attuazione dei processi previsti dall’articolato. Non basta. Perché le Province mantengono una posizione che Pantontin giudica «preconcetta e anacronistica» e qualche Comune piazza uno stop definito «politico». Nulla che possa però rallentare un iter che prevede l’approdo del testo in Consiglio nella seconda metà di novembre e la definizione di una proposta di nuova “geografia” delle autonomie per marzo 2015. Ma, di fronte alle sollecitazioni di Fontanini e del presidente del Cal Romoli, l’assessore apre un minimo varco a qualche giorno in più di ripensamento: «Se farò slittare l’approvazione in giunta? Lo deciderò con i colleghi». Sullo sfondo posizioni opposte tra chi parla di riforma «epocale» e chi invece tuona contro il «neocentralismo». Secondo Antonella Grim, in rappresentanza del Comune di Trieste, il voto del Cal «non deve fermare un percorso virtuoso che punta a una maggiore sinergia e integrazione tra i Comuni». Applausi arrivano anche dal Comune di Udine e da Pordenone. Mentre le Province, oltre che con Fontanini (che denuncia l’accentramento regionale di 61 funzioni oggi in capo all’area vasta), attaccano con Eligio Grizzo (Pordenone): «Il documento va rivisto». E Gennaro Falanga (Gorizia): «Su molteplici lacune presenti nel ddl non c’è stata risposta da parte dell’assessore». Trieste, con Maria Teresa Bassa Poropat, si limita all’astensione: «Il cuore delle attività delle Province andrà alla Regione, un riconoscimento a funzioni importanti svolte dagli enti di area vasta e, evidentemente, tutt’altro che marginali». Contrari e astenuti sollevano obiezioni anche circa le dimensioni minime richieste per le Unioni, il sistema della rappresentanza dei Comuni nell’Assemblea delle Uti, l’effettiva consistenza dei risparmi e l’efficienza dei servizi erogati dalle nuove aggregazioni. Ma un voto come quello di ieri attira anche l’attenzione sul ruolo del Cal. Boccia la riforma ma, di fatto, non la può fermare. In vista, inevitabilmente, un suo ripensamento. «Ho stralciato la materia da questa riforma ordinamentale spiega Panontin - perchè è necessario capire come si articoleranno le autonomie sulla base delle Unioni di Comuni, prima di decidere come ridisegnare il Cal in termini di funzioni e di rappresentanza». Parte la raccolta di firme per riavere il bonus bebè (M. Veneto) di Domenico Pecile UDINE L’esordio è fissato per questa mattina al mercato di Mortegliano. Sarà lì che il neonato “Comitato mamme del Fvg” inaugurerà la raccolta di firme regionale affinchè venga ripristinato il bonus bebè, l’assegno una tantum concesso per la nascita o l’adozione di un figlio e abolito nel 2014. Nel 2013 l’assegno variava dai 600 agli 810 euro in base al numero dei figli. Complessivamente, nel 2013 la Regione aveva stanziato per il bonus bebè 2,8 milioni di euro. La giunta Serracchiani ha giustificato il “taglio” con nuove misure di sostegno alle famiglie: il fondo solidarietà, finanziato nel 2014 con 11,5 milioni e la carta acquisti (social card) sostenuta con 3 milioni. Altri strumenti sono la Carta famiglia (nel 2014 sono stati stanziati 9 milioni), fondi per le famiglie per l’abbattimento delle rette pagate per la frequenza dei bambini ai servizi per la prima infanzia (4 milioni), il Fondo per l’autonomia possibile (32 milioni), il capitolo per il sostegno delle persone disabili (40 milioni euro). Ulteriori contributi sono previsti per gestori pubblici, privati e del privato sociale di nidi d’infanzia al fine di abbattere l’aumento delle rette, i 70 milioni destinati dalla Regione per i servizi sociali dei Comuni e i contributi per il trasporto scolastico e l’acquisto di libri di testo. Il Comitato è nato spontaneamente dal confronto tra alcune mamme che dibattono quasi quotidianamente sui problemi legati alla crisi economica. «Se si continua ad effettuare tagli - afferma Jessica Sbrissa, madre di due bambini, una delle organizzatrici del Comitato – ci chiediamo quale futuro possa avere questo Paese. La famiglia è l’architrave della società e dunque va sostenuta, incoraggiata e aiutata economicamente. Parlando tra noi abbiamo convenuto di aprire un comitato per raccogliere le firme». Il gruppo - che ha seguito con particolare interesse la manifestazione romana di sabato di piazza Campidoglio disseminata di passeggini vuoti per protestare contro il sindaco di Roma che ha deciso di togliere l’esenzione al pagamento della retta del terzo figlio in poi - sta già pensando a una manifestazione regionale da tenersi fuori dal palazzo della Regione, a Udine. «Ma per fare questo insiste la Brissa - dobbiamo sensibilizzare i cittadini di tutto il Fvg, le associazioni di volontariato e quanti hanno a cuore il futuro della famiglia. Ma ci stiamo anche attivando per potere avere un incontro sia con l’arcivescovo di Udine, sia con la consigliere Pd Silvana Cremaschi, che sappiamo sensibili a queste problematiche». Il Comitato si dice certo che l’iniziativa avrà un ottimo seguito. E spera che oggi uno dei primi firmatari sia il sindaco di Mortegliano, Alberto Comand. Sel rimproverato da Pd e grillini (M. Veneto) UDINE «I sindacati nella loro autonomia fanno giustamente il loro lavoro di stimolo, condivisione e critica; le forze della maggioranza credo invece non possano dimenticare ciò che è stato fatto in questi mesi». Il capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale, Cristiano Shaurli, “bacchetta” il coordinatore di Sel, Marco Duriavig, che, condividendo le critiche del segretario Cgil, Franco Belci, alla giunta su Comparto unico e lavoro, ha chiesto un cambio di passo da parte della maggioranza che sarà formalizzato in occasione del prossimo incontro con Pd e Cittadini. «Ogni risorsa disponibile fra extragettito, bilancio e assestamenti è stata dedicata a lavoro, istruzione, sistema economico e creditizio. Si sta lavorando alacremente - continua Shaurli - per il piano di sviluppo industriale, ma si dà lettura pericolosamente superficiale se non si ricorda che nel frattempo non ci si è dimenticati di sostenere ammortizzatori sociali, microcredito, imprese giovanili, crisi industriali complesse, portualità, insieme a formazione, università e ricerca». Duriavig viene però contestato anche dal Movimento 5 stelle che sta raccogliendo le firme per una petizione del reddito minimo garantito, una soluzione che però non piace a Sel. Se da un lato i consiglieri Cristian Sergo ed Elena Bianchi apprezzano la scelta di Belci di sottoscrivere la petizione, si dicono «stupiti e interdetti di fronte alla dichiarazione di Duriavig, che ha sostenuto di non ritenerla una mossa vincente. Invitiamo il coordinatore regionale di Sel a leggere il testo della nostra petizione e, anzi, lo esortiamo a firmare e a far firmare quel testo ai simpatizzanti del suo partito. La raccolta firme che abbiamo promosso in questi mesi e che ci vede costantemente impegnati nelle piazze del Friuli - aggiungono - non è volta a promuovere la proposta di legge depositata in Consiglio regionale dal nostro Gruppo, bensì a chiedere alla Regione di istituire una forma di sostegno al reddito per i disoccupati». Secondo i grillini «il coordinatore di Sel è caduto nello stesso errore della presidente Serracchiani, che ha giudicato frettolosamente il nostro testo di legge senza nemmeno leggerlo e valutarlo nel merito - rimarca Bianchi. Non appoggiare la raccolta firme per la petizione vuol dire andare in contraddizione con l’ordine del giorno a firma lunga accolto dalla giunta due mesi fa. Limitarsi a dire che la nostra proposta è priva della copertura finanziaria, che deve essere garantita dalla maggioranza non certo dall’opposizione, è quanto meno riduttivo se paragonato al voto favorevole di Sel alla riforma sanitaria dell’assessore Telesca che, nonostante l’approvazione dell’Aula, ancora oggi non sappiamo quanto finirà per costare ai cittadini del Friuli Venezia Giulia», concludono gli esponenti del M5S. CRONACHE LOCALI Ferriera, subito gazzarra sul progetto Arvedi (Piccolo Trieste) di Gabriella Ziani È finito in gazzarra ieri al Circolo della stampa l’incontro congiunto del sindaco Cosolini e dell’amministratore unico di Siderurgica Triestina Francesco Rosato all’indomani della firma per l’acquisto della Ferriera da parte del gruppo cremonese Arvedi. Sarebbe dovuta essere una presentazione di quel che molti (sindaco in testa) considerano la più eccezionale buona notizia in campo economico-industriale non solo di Trieste, ma d’Italia, «dove ai tavoli sulle crisi complesse - ha detto Cosolini - si discute di funerali, non di soluzioni». Per quanto dalle domande del moderatore, il giornalista del Piccolo Silvio Maranzana, siano usciti spunti per capire di più e meglio che cosa Arvedi ha in mente, con quali e quanti soldi, con che progetti sulla cokeria (che inquina) e sul futuro laminatoio a freddo (che non inquina e promette lavoro a ulteriori 200 e più operai proiettando il totale a circa 680), dal pubblico comitati e cittadini sciolti hanno rumoreggiato quasi da subito, finendo con voci alterate a rinfacciare i propri morti. A un certo punto pochi erano più seduti al proprio posto, e il consigliere comunale Roberto Decarli (sempre in prima fila su Servola) si è altrettanto polemicamente alzato urlando: «Basta, e avanti con la Ferriera!». Servola respira, No smog e Circolo Miani hanno anche usato civilmente il microfono, ma per negare ogni novità e speranza: «Tutto come prima secondo Alda Sancin e gli altri -, cokeria, altoforno, Elettra, e con le stesse persone». Rosato è stato infilzato di domande sul suo ruolo, fino al 2011 direttore della Ferriera, poi a Piombino, «dal gennaio al giugno 2013 consulente del Comune - come ha spiegato lui stesso - e dall’ottobre consulente del gruppo Arvedi» che gli aveva chiesto, dopo la manifestazione d’interesse, di favorire l’incontro con Trieste, «cose che hanno sveltito i tempi». Per rassicurare Rosato ha elencato i restauri all’altoforno già in corso, e spiegato che «Arvedi intende risanare la cokeria, e tenerla in funzione solo se non inquinerà e non darà “disturbo”. C’è già un progetto da 8-10 milioni per dismetterla, stiamo cercando coke da comprare all’estero». Ma per soprappiù, richiesto di spiegare quale ruolo avrà Elettra, ha rivelato: «Prima Servola produceva quasi solo gas, Elettra ne richiedeva grandi quantità. Solo incidentalmente si produceva ghisa. Quel che contava era il gas. Ora la produzione per Elettra sarà solo del 10-20%». Cosolini, prima di arrivare ad apostrofare un cittadino con un sonoro “e adesso stia zitto”, ha elencato le partite che al Comune paiono vincenti: «Evitate una agonia senza fine e la chiusura con disastro occupazionale e ambientale che sembrava certa; garanzie sugli organici, continuità di sviluppo con laminatoio e logistica, 66,5 milioni per la bonifica, 5 ministri impegnati, 41 milioni di risorse». Rosato ha parlato di 172 milioni di investimento privato «di cui 120 per il laminatoio: capannone da 30 mila metri quadrati già in ristrutturazione e macchinari già ordinati negli Usa». Maurizio Fogar del Miani ha rinfacciato che i Lucchini, proprietari precedenti, «per due volte hanno promesso laminatoi». Rosato e Cosolini a una voce: «Ci ritroviamo fra due anni per verificare quanto è stato fatto». Pubblico scatenato: «Sei mesi, anzi un mese!». Di striscio è emerso che Rosato ha favorito un incontro, 15 giorni fa, tra Arvedi e la presidente del Porto Marina Monassi: «Si è parlato dei progetti del porto e dei nostri sulle aree demaniali». In Comitato portuale si voterà la richiesta di concessione per 30 anni presentata dalla nuova proprietà, cui è stata contestata anche la capacità economica («2,2 miliardi» la risposta). Come fare tutto ciò sarà scritto in un nuovo accordo di programma a Roma. Contestato. Fra sbandieramento di foto di camini e fumi. I sindacati: «Finito un periodo da incubo» All’indomani del passaggio di proprietà della Ferriera i sindacati fanno sforzo a trattenere segnali di vittoria. Una parentesi di soddisfazione se la danno. Già ieri, a poche ore dalla storica firma di compravendita, i dipendenti attivi in fabbrica e non “in cassa” hanno anch’essi firmato qualcosa: il foglio di dimissioni dalla Lucchini e quello di assunzione da parte della nuova società, la Siderurgica Triestina, per intero del gruppo cremonese Arvedi. Momento epocale, che dopo oltre 20 anni di tremende battaglie (un sindacalista che li ha vissuti per intero confessa di essere in cura dal neurologo) plasticamente inaugura una nuova stagione. «Si va avanti - tira un sospiro Umberto Salvaneschi delle Fim-Cisl -, l’atto di compravendita recepisce l’organico di 380 addetti, l’accordo sindacale li porta a 410, i rapporti con Elettra sono risolti. Ci restano tante pratiche burocratiche, e soprattutto aspettiamo che l’Autorità portuale dia la concessione della banchina per 30 anni. Importante è anche il piano di risanamento - prosegue Salvaneschi -, la città si è sempre rivoltata contro la fabbrica dimenticando che i più interessati a un ambiente sano siamo noi, i lavoratori, i più esposti». «Si parte col piede giusto, il programma è ambizioso, ma soddisfacente» commenta esausto ma felice Franco Palman della Uilm, al quale in queste ore di sollievo scorre in mente un lunghissimo film: appena assunto, nel 1993 si ritrovò nella “marcia su Trieste per salvare la Ferriera” dell’epoca Illy. Da lì in giù, fra occupazioni di piazza e del Comune, promesse politiche (“chiuderemo la Ferriera”), contratti interni stravolti, trattative giorno e notte, proteste dei cittadini “imbrattati”, cambi di proprietà, crisi, fallimento, cause giudiziarie, cassa integrazione... «Situazioni devastanti - rievoca il sindacalista - nelle quali solo la professionalità dei lavoratori ha salvato la fabbrica, l’abbiamo tenuta su coi bulloni e col fil di ferro, e non è stato facile trattare fuori, con l’arroganza di tanti politici, e tenere la calma dentro. Certi giorni su 500 operai 200 avrebbero voluto spaccare tutto. Ma il gruppo Arvedi - aggiunge Palman - si era affacciato già nel 2007, forse non sapremo mai perché allora fece retromarcia. Avremmo risparmiato anni di guai per l’occupazione, per la salute». Ma i sindacalisti tengono le antenne ritte per mestiere e per istinto. «Il dubbio su come andrà lo avrò sempre - aggiunge Palman -, bisogna vedere se il progetto del nuovo laminatoio e dello sviluppo della logistica sulla banchina hanno gambe. Purtroppo al momento la cokeria rimane. Credo che in un paio d’anni potrebbe però anche venir chiusa». «Sì, “grazie a Dio”, siamo molto contenti. Ma personalmente sono ancora in cassa integrazione, da 7 mesi - commenta Luigi Isaia, rsu della Fiom-Cgil -, gli organici sono salvi, speriamo nella ri-assunzione veloce. L’altoforno è in ristruttrazione, ma sarà pronto a fine mese». «Rispetto a com’eravamo, la vendita è positiva - dice per la segreteria della Failms Cristian Prella -, però non brindiamo, è appena l’inizio di un lavoro che durerà mesi e anni. Del piano industriale abbiamo visto solo l’introduzione. Ci manca il libro intero. Dobbiamo capirne i punti nevralgici, che non sia solo un progetto per la fabbrica, ma anche per la città. Gli impegni firmati sono tanti - prosegue Prella - e sappiamo com’è difficile farli rispettare. Non si vive di “intenti”, ma di fatti». (g. z.) «Da qui il rilancio industriale della città» «Il passaggio della Ferriera di Servola al Gruppo Arvedi segna una vera svolta ed è un nuovo inizio per Trieste. È un grande risultato, sul quale esprimiamo la massima soddisfazione: da qui può partire il rilancio industriale della città». Lo affermano la segretaria regionale del Pd Fvg Antonella Grim e il segretario del Pd di Trieste Štefan Cok commentando la cessione dello stabilimento siderurgico triestino. Secondo Grim «quanto sta accadendo con la Ferriera è la dimostrazione che la determinazione e la compattezza delle istituzioni, unite alla serietà del Gruppo Arvedi e all'impegno delle parti sociali, fanno la differenza in crisi industriali così complesse e sono elementi vincenti. Quella della Ferriera è stata una partita lunga e difficile - evidenzia Grim - che ha richiesto sforzi importanti da parte di tutti, istituzioni, società, sindacati, lavoratori, e che non è ancora conclusa. Ma l'accordo siglato è la certificazione di un percorso vincente, che deve continuare mantenendo ben salde le tre priorità fissate sin dall'inizio: sviluppo economico, tutela occupazionale e risanamento ambientale. Priorità sulle quali fino ad oggi sono state fornite garanzie, e che tali devono rimanere anche in futuro». Secondo Cok «l'accordo siglato ieri è un risultato di fondamentale importanza perché, in una fase di crisi economica generalizzata come quella attuale, innanzitutto frena la perdita di posti di lavoro, ma addirittura, in prospettiva, apre a un possibile incremento occupazionale. Ma è un risultato importantissimo - continua Cok - anche per quel che concerne il risanamento ambientale dell'area, assolutamente indispensabile all'interno di una visione credibile del futuro industriale e logistico di Trieste. Regione, Provincia e Comune - sottolinea ancora il segretario provinciale del Pd - hanno dimostrato che cosa significhi operare con serietà e in sinergia, perseguendo con tenacia un obiettivo non facile da realizzare. Solo così - conclude Cok - è possibile dare risposte certe ai cittadini, che troppo spesso in passato hanno assistito a svariati annunci e promesse non mantenute». La crisi della cartiera Burgo, i sindaci fanno quadrato (Piccolo Trieste) DUINO AURISINA Impensabile che i territori di Duino Aurisina e Monfalcone possano assorbire il colpo, tremendo, di 400 lavoratori specializzati (600 con l'indotto) senza più occupazione. L'ipotesi, trapelata prima dell'illustrazione del nuovo piano industriale Burgo alle organizzazioni sindacali, è - per usare un eufemismo - “irricevibile”. E infatti i sindaci di Duino Aurisina Vladimir Kukanja e di Monfalcone Silvia Altran fanno subito quadrato, mettendosi a disposizione delle parti per scongiurare ogni ipotesi di chiusura o ridimensionamento dello stabilimento di San Giovanni di Duino. Mentre il consigliere regionale Igor Gabrovec si appella alla giunta Serracchiani affinché si faccia promotrice di un tavolo istituzionale con Burgo group per chiarire gli scenari. «Si sta ripetendo – esordisce Kukanja – il solito gioco di fine anno, quando regolarmente viene prospettato il problema della tenuta dei posti di lavoro. Per questo, in tempi non ancora sospetti e cioè a inizio 2014, avevamo, come Comune, preso contatto con Sergio Bolzonello, chiedendo e ottenendo un incontro nel corso del quale avevamo avanzato la necessità di indire un tavolo con la proprietà, per chiarire la situazione. Il vicepresidente della giunta Serracchiani ci aveva, in quell'occasione, assicurato che dopo le festività pasquali avrebbe fornito tutte le risposte, ma da allora non ne abbiamo più saputo nulla. Siamo – prosegue – molto preoccupati: nel caso in cui le notizie emerse trovassero riscontro, Duino Aurisina non sarebbe assolutamente in grado di gestire e supportare qualcosa come 400 persone senza più lavoro. Si dovrebbe come minimo pensare a una loro riqualificazione e successiva rioccupazione, ma in quali settori e realtà produttive?». Per questo Kukanja ritiene indispensabile coinvolgere anche l'ente monfalconese (“coinvolto forse più di noi nel problema, visto che la maggior parte dei lavoratori è isontina”). In scaletta, dunque, un primo contatto con la collega Altran, un confronto con le Rsu, eventualmente un odg in Consiglio e, a questo punto, una telefonata per sentire cosa dice Bolzonello. E Monfalcone? «Col sindaco duinese si sono già affrontati, in passato, momenti difficili della Burgo – così Altran – e ora non possiamo che metterci a disposizione di tutti gli interlocutori: azienda, sindacati e Regione attraverso l'assessorato alle Attività produttive. Per scongiurare una chiusura, che sarebbe drammatica». Altran è “a disposizione” per “mettere in campo occasioni di incontro tese a far pesare la posizione dei lavoratori”. «Nessuno è in grado, oggi, di gestire 400 disoccupati – conclude -: parliamo di dipendenti qualificati e specializzati. Io spero di riuscire a scongiurare ogni pericolo». Per Gabrovec l'impianto duinese “rappresenta ben due delle quattro linee più performanti di Burgo” ed è un sito integrato che “produce materia prima, la pasta legno, pure per l'impianto di Villorba”. E dopo la chiusura della vicenda- esuberi “ha prodotto fino a giugno le migliori performance di sempre”. «Poi – sottolinea - c'è stato un lento peggioramento e infine, dopo la fermata agostana, un drammatico tracollo, dovuto a modifiche impiantistiche che le rappresentanze dei lavoratori giudicano profondamente sbagliate». Insomma, “dal 2001 Duino ha già pagato”, con “la diminuzione di 400 addetti e la riduzione da due a tre linee, ricorrendo a contratti di solidarietà”. Urge un tavolo e la Regione deve attivarsi in tal senso. Ieri infine si è tenuta in fabbrica l'assemblea del comitato iscritti Cgil: «Abbiamo reso una valutazione critica, problematica e preoccupata della situazione - riferisce Adriano Sincovich, segretario generale -. Domani (oggi, ndr) la Cgil farà alla riunione di Rsu la sua proposta e, sia chiaro, non se ne starà con le mani in mano: metterà in campo tutto ciò che può per scongiurare una situazione che preoccupa nel merito ed è inaccettabile nel metodo, visto che si annunciano disastri ad di fuori dei normali meccanismi di informazione tra parti». Tiziana Carpinelli La Uilcom: «Vogliono spostare il lavoro» La Uilcom-Uil dello stabilimento di Duino ha definito «imbarazzante» l'intervista dell' ad di Burgo Group: «Non capiamo se siamo al limite dello sprovveduto o spregiudicato», scrivono in una nota, precisando di essere ancora in attesa che «l'Azienda convochi le Rsu e strutture sindacali nell’esecutivo di gruppo, per la presentazione del piano industriale. Le dichiarazioni «sono alquanto destabilizzanti, è incredibile come questa azienda tratti i suoi dipendenti come carne da macello - è scritto - Oggi l' azienda ha rincarato la pressione, dichiarando una fermata per Cigo su linea 2 dal 10 al 20 di ottobre. Siamo certi che questo sia un piano preciso, teso a spostare tutti gli ordinativi già programmati Linea 2 sugli altri siti del gruppo (Verzuolo e Villorba)». Cervignano, chiude l’Inail ed è bufera (M. Veneto Udine) CERVIGNANO La sede Inail di via Roma chiuderà a partire dal 30 giugno del prossimo anno ed è bufera. Il personale amministrativo sarà trasferito a Udine e gli utenti, si parla di un bacino che copre tutta la Bassa, da Fiumicello a Lignano, dovranno fare riferimento alla sede del capoluogo friulano. Il sindaco di Cervignano è già sceso in campo per cercare di evitare la chiusura. «Ho appreso della prossima chiusura della sede Inail di Cervignano – commenta Silvia Bradaschia, consulente del lavoro -. Lo ritengo un fatto grave, sia per l’inevitabile calo dell’afflusso di persone provenienti da tutta la Bassa, sia per i disagi che comporterà lo spostamento delle visite mediche a Udine per le persone infortunate. Senza contare le difficoltà per i professionisti nello svolgimento quotidiano delle relazioni con l’istituto». Il personale (tre infermieri, due medici e quattro amministrativi) non nasconde la preoccupazione. Stefano Tiberi, sindacalista, spiega: «Oltre al personale dobbiamo tutelare anche gli utenti, che saranno costretti a raggiungere Udine. L’amministrazione sta ristrutturando l’ex scuola di via Roma e, pur di mantenere la sede cervignanese, il sindaco sarebbe disposto ad offrire i nuovi locali ad un prezzo simbolico. Ora agiremo con Roma tramite un accordo che faremo, al più presto, con il direttore regionale». Cristiana Capobianchi, direttore della sede Inail Udine, conferma: «La sede di Cervignano, dal primo novembre, sarà trasformata in agenzia, con la temporanea localizzazione del personale nella sede di Cervignano. A partire dal 30 giugno 2015 è prevista la chiusura. Gli amministrativi confluiranno nella sede di Udine mentre, per quanto riguarda la creazione di un polo a Cervignano per erogare prestazioni sanitarie stiamo valutando». Il direttore regionale Fabio Lo Faro precisa: «È previsto che il polo sanitario venga riunificato nella sede di Udine. Se ci saranno sviluppi con il Comune valuteremo anche questa ipotesi. Attendiamo risposte formalizzate dal sindaco. Tutte le sedi sono state soggette alla riorganizzazione. La situazione più eclatante riguarda Cervignano, perché ci sarà una chiusura che si basa sul numero di assistiti, di posizioni assicurative e di prestazioni, inferiori rispetto ad altre sedi. Al di sotto della soglia stabilita a livello nazionale, non risulta opportuno mantenere in essere queste strutture». Il sindaco sottolinea che è fondamentale mantenere la sede Inail a Cervignano. «Ho formalizzato – dice - nel dicembre 2012, una proposta per ospitare l’Inail nell’ex scuola di via Roma a condizioni vantaggiose. In questi giorni, come convenuto con le organizzazioni sindacali, invierò nuovamente la proposta». Elisa Michellut Concussione alla Quiete per la nomina del direttore (M. Veneto Udine) di Luana de Francisco Pur di farsi nominare direttore generale dell’Asp “La Quiete”, nel maggio del 2009, non esitò a imporre a colui che avrebbe dovuto verificare l’ammissibilità delle domande di predisporre un bando “a sua immagine e somiglianza”. A prevedere, cioè, che il profilo professionale richiesto rispondesse in pieno ai suoi requisiti. Questo, almeno, è quanto ipotizza la Procura di Udine, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari avviate a carico di Salvatore Guarneri, 51 anni, residente a Pordenone, e, per l’appunto, attuale direttore generale dell’Azienda di servizi alla persona di via Sant’Agostino. Alla “correzione” in corsa del testo che sarebbe stato sottoposto poi al vaglio del Consiglio d’amministrazione della Quiete, secondo gli investigatori, avrebbe partecipato anche il vice presidente dell’Asp, Stefano Gasparin, 55 anni, di Udine. Per entrambi, l’accusa è di concorso nell’ipotesi di reato di concussione. Non basta. Guarneri risulta indagato anche per l’ipotesi di tentato abuso d’ufficio, in relazione a un episodio che l’avrebbe visto comunicare in anticipo a una candidata gli argomenti del concorso pubblico per un’assunzione a tempo determinato alla stessa Quiete. Circostanza poi non verificatasi, in quanto la “favorita” decise di non presentarsi alla prova, preferendo evitare di immischiarsi in una situazione palesemente illecita. Nell’inchiesta figura inoltre il nome di Michele Basso, 28 anni, di Udine. Coinvolto in qualità di allora presidente della “Fondazione Morpurgo Hoffman”, che nel 2012 subentrò alla fallita “Promoservice srl” nella gestione del personale della Quiete, dovrà rispondere proprio di un presunta irregolarità verificatasi nell’operazione che portò al riassorbimento della parte di dipendenti che erano stati posti in mobilità dopo la dichiarazione di fallimento. All’esito degli accertamenti condotti dai carabinieri, la Procura gli ha contestato l’ipotesi della truffa aggravata ai danni dell’Inps, per avere - questa l’accusa - consentito alla Fondazione di beneficiare dello sgravio dei contributi che avrebbero dovuto essere versati per i lavoratori nei due anni successivi alla loro assunzione. Gli indagati avranno ora venti giorni di tempo, per presentare memorie e documentazione relativa a investigazioni dei rispettivi difensori, oltre che per chiedere al pm di essere interrogati. Partita più di un anno fa sotto il coordinamento del sostituto procuratore Marco Panzeri, che per le indagini si è avvalso del lavoro dei carabinieri del Nucleo investigativo, l’inchiesta ha dunque puntato i riflettori su tre distinti filoni. L’episodio che investe sia Guarneri, che all’epoca ricopriva soltanto il ruolo di direttore sanitario della Quiete, sia il vice presidente Gasparin, è il più remoto. Entrambi abusando del proprio potere, avrebbero costretto l’allora Responsabile del procedimento per la verifica dell’ammissibilità delle domande presentate dai candidati alla selezione pubblica per la nomina del nuovo direttore generale dell’Asp a modificare il testo del verbale che aveva già predisposto in bozza e che sarebbe stato portato all’attenzione del Cda. A stonare sarebbe stato un inciso relativo ai curricula dei partecipanti. E per l’esattezza l’indicazione, tra i requisiti richiesti per aggiudicarsi il posto, di «competenze e pregresse esperienze professionali non soltanto in ambito sociosanitario, ma anche di natura giuridico-amministrativo». Cioè in un settore nel quale Guarneri non avrebbe potuto vantare alcuna conoscenza. Da qui, la loro reazione: imperativa e, al tempo stesso, minacciosa. Stando alla ricostruzione accusatoria, infatti, dapprima avrebbero chiesto al responsabile come si fosse permesso d’inserire l’inciso nel verbale, lasciando intendere «conseguenze amare», qualora non avesse provveduto a eliminarlo. Poi, il solo Gasparin avrebbe rincarato la dose, dicendo al responsabile che per lui era giunto il momento di «cambiare aria», perchè i suoi uffici cominciavano «a puzzare». Infine, sarebbe stato proprio Gasparin ad afferrare il verbale, strapparne la pagina sgradita e gettarla a terra. Ponendo così fine a qualsiasi ulteriore discussione. Scuola, venerdì scatta il primo sciopero (M. Veneto Udine) É conto alla rovescia per il primo sciopero della scuola contro la riforma del governo Renzi. Venerdì è in calendario la protesta dei sindacati di base, in testa il Cub. Una protesta che porta in piazza anche i ragazzi del Movimento studentesco. Ma soprattutto una protesta che accomuna in modo unitario tutte le sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda). Sigle che per il momento si limitano alle assemblee a tappeto, ma che sono pronte allo scontro se il governo prosegue dritto per la sua strada. Nel mirino del Cub è il documento “La buona scuola”: 136 pagine che nelle intenzioni dovrebbero cambiare (in meglio) il destino dell’istruzione italiana. Un documento che Mauro De Agostini del Cub scuola Friuli chiama senza mezzi termini un «guazzabuglio di promesse vaghe e di misure che, se applicate, minerebbero la qualità della scuola pubblica e le condizioni di vita di chi ci lavora». Il Cub precisa che la stabilizzazione dei precari “storici” è una mossa d’anticipo rispetto alle decisioni della Ue: «L'Italia rischia pesanti sanzioni per l’uso abnorme del lavoro a tempo determinato – spiega De Agostini –: si preferisce quindi sborsare i 3 miliardi di euro necessari per l’immissione in ruolo, piuttosto che pagare la sanzione della Ue, che ammonterebbe a 4 miliardi. Manca completamente però la copertura sia per la stabilizzazione dei precari sia per le misure riformatrici promesse». C’è poi l’annoso nodo degli scatti di anzianità. «Il nuovo modello retributivo ne prevede l'eliminazione e la sostituzione con scatti “di competenza” destinati solo al 66 % dei docenti – precisa il Cub –. È una vera e propria truffa. Un facile calcolo evidenzia come con questo sistema i docenti “migliori” percepirebbero meno di quanto percepisce oggi un docente “qualunque” e intanto vengono nuovamente bloccati per il 2015 i contratti del pubblico impiego. Per il quinto anno consecutivo». Per queste ragioni i ragazzi del Movimento studentesco chiamano a raccolta i loro compagni. Venerdì concentramento alle 8 in piazzale Cavedalis e tre quarti d’ora più tardi in piazza Primo maggio. Corteo per le vie del centro storico e assemblea in piazza Libertà. Perché «nella riforma manca completamente il diritto allo studio – spiegano dal Movimento –. Si premierà la disponibilità allo sfruttamento dei docenti, sotto l’etichetta “produttività”, formalizzando un aumento dell’orario di lavoro che arriva anche a raddoppiare. Non vogliamo presidimanager, né la parificazione fra scuole pubbliche e private». Intanto Cisl Scuola, Flc Cgil, Uil Scuola, Snals e Gilda portano avanti assemblee e iniziative contro la proposta governativa che prevede per la scuola il blocco del contratto e la cancellazione degli scatti di anzianità in attesa che parta (dopo il 2018) il meccanismo degli aumenti per merito. Michela Zanutto Automotive, crescono gli impianti (M. Veneto Udine) TOLMEZZO A novembre partiranno i lavori per la realizzazione del laboratorio di standardizzazione e validazione dei fanali posteriori prodotti dall’Automotive Lighting ed entro tre mesi saranno conclusi. «È stata portata a termine - spiega il commissario della Comunità montana della Carnia, Lino Not - la procedura di gara per l’affidamento dei lavori di ampliamento della Automotive Lighting», che prevede appunto tale intervento per il quale l’ente comprensoriale aveva già reperito un finanziamento che ammonta a 240 mila euro. Ma altri sono gli interventi della Comunità montana per gli insediamenti produttivi in Carnia. Not, sentito il collegio di indirizzo, ha stanziato 117 mila euro per una serie di lavori necessari al mantenimento funzionale di alcuni immobili a destinazione industriale. Il commissario ha approvato i progetti definitivi per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria relativi al capannone della Refrion di Villa Santina, per un importo di 45 mila euro, e alla copertura del capannone della Automotive Lighting a Tolmezzo, per altri 30 mila; è stato inoltre completato il lavoro sugli impianti della Complast, per 42 mila. «Si tratta di aziende che operano con garanzia di prospettive occupazionali - commenta Not - e questi interventi sono a immediata cantierabilità. Sono importanti per permettere alle realtà industriali insediate nel nostro territorio di operare in modo ottimale. La scelta effettuata nel tempo dalla Comunità di realizzare immobili da destinare alle attività industriali ed artigianali si rivela ora di grande utilità, in momenti in cui c’è particolarmente bisogno di avere il sostegno degli enti preposti alla salvaguardia, valorizzazione del territorio montano e sviluppo socioeconomico». (t.a.) Ideal Standard, i tempi si allungano (Gazzettino Pordenone) PORDENONE - (d.l.) Slitta alla prossima settimana l’incontro tra la Coop Ceramiche Idealscala e il managemet della multinazionale. Le parti avevano ipotizzato la data di venerdì 10 ottobre: l’azianda avrebbe chiesto di spostare l’appuntamento. All’ordine del giorno del summit la bozza di piano industriale che la Cooperativa (anche con il supporto della società Bpi che sta continuano a lavorare per una possibile ripartenza) dovrebbe presentare a Ideal Standard. Sarà quella, infatti, la base sulla quale cominciare a ragionare sulle questione legate a capannone, impianti, marchio e volumi produttivi. Questioni che - seppure previste negli accordi siglati fin dal luglio scorso - fino a oggi non avrebbero ancora fatto nessun passo avanti. È chiaro che il tempo passa e la scandenza di fine anno - pur senza alcun vincolo - che le parti si erano date per cercare un possibile accordo sulla ripartenza si sta inevitabilmente avvicinando. Sul capannone, sugli impianti e sui marchi sembra di cogliere una maggiore disponibilità da parte dei vertici di Ideal Standard. Cooperativa (accompagnata probabilmente all’incontro da Confcoop e Legacoop, oltre che dal sindacato) e territorio cercheranno ovviamente di fare leva anche sulla "responsabilità sociale" dell’impresa che, ad agosto, ha chiuso l’attività con 400 lavoratori a casa. Si cercheranno quelle condizioni di favore per ottenere stabilimento e impianti sulle quali l’impresa si è impegnata negli accordi. Le questioni che invece sembrano più difficili da affrontare rigurdano i volumi produttivi - dai quali fare ripartire l’attività - e una strutturazione della stessa cooperativa, attraverso una serie di figure manageriali, che possa contribuire a dare gambe alla coop alla quale hanno aderito oltre 300 lavoratori. Sarebbe però il tema dei volumi quello più difficile da affrontare: Ideal Standard dovrebbe lasciare sul territorio una certa quantità di "suoi" volumi produttivi impegnandosi poi ad acquistarli dalla futura cooperativa. Una disponibilità su cui ci si musurerà nel prossimo incontro. Intanto, si sta cercando altre quantità di volumi produttivi nel mercato internazionale: ma non è facile poiché il tipo di produzine guarda più ai mercati low cost che ai Paesi ad alto costo. Premio a chi caccia l’operaio sgradito (Gazzettino Pordenone) Ammalarsi di lavoro fino a restare intrappolato nella depressione più nera. Non è di malattie professionali dovute all’esposizione a sostanze pericolose o causate da sovraccarichi di lavoro che deve rispondere un imprenditore di Prata, ma di mobbing. Un mobbing finalizzato al licenziamento di un operaio. I giorni del dibattito sull’articolo 18 erano ancora lontani quando a Raul Bardella, 59 anni, all’epoca titolare della fallita B&B Group Srl, viene contestato di aver vessato e perseguitato un operaio. Di averlo sommerso di sanzioni disciplinari che faceva notificare attraverso ufficiali giudiziari. Di averlo ingiuriato e umiliato fino a causargli «lesioni colpose gravissime». Ieri al processo è emerso che avrebbe persino convocato i capi reparto promettendo un premio di 2 mila euro a chi fosse riuscito a mandar via il dipendente. La vittima delle angherie è un siciliano di 47 anni residente ad Azzano Decimo. Il rapporto di lavoro con Bardella sarebbe sempre stato teso. Le prime sanzioni disciplinari risalgono al 2003/04, risolte grazie a un accordo sindacale. Nel 2008 l’operaio si infortuna a una mano e quando torna al lavoro cominciano i tormenti. Il suo caso viene approfondito dal Servizio di prevenzione sui luoghi di lavoro. A occuparsene è il responsabile Carlo Venturini, che ha confermato al giudice Licia Consuelo Marino di aver ottenuto da uno psichiatra la certificazione della malattia professionale: disturbo depressivo ansioso reattivo legato con alta probabilità alla condizione lavorativa. L’Inail inizialmente riconosce un’inabilità del 6%, che salirà al 14% quando le condizioni di salute dell’operaio peggiorano (è utente del Centro di salute mentale). Tra i testimoni anche l’ex sindacalista della Cgil, Silvio Comparin. «Gli contestavano le cose più strane - ha riferito - Era diventato il capro espiatorio dell’azienda. Gli arrivavano sanzioni disciplinari ogni 2/3 giorni, mai visto nulla di simile». Un ex compagno di lavoro ha parlato di ripetute ingiurie. La più ricorrente era "terrone di m... devi tornare a casa". È stata raccolta anche la testimonianza della moglie dell’operaio. La donna ha parlato di una situazione di grande tensione: «Ogni sabato mattina arrivava l’ufficiale giudiziario. Davanti ai bambini ci notificava i provvedimenti disciplinari più strani: lo multavano dicendo che andava in bagno senza permesso o perchè si abbronzava sul lavoro. Ogni volta veniva sospeso per giorni o settimane». Ha ricordato il dolore del marito quando è stato escluso dalla cena aziendale di Natale o quando l’azienda è stata tappezzata di bigliettini in cui erano fotocopiati gli estremi delle sanzioni disciplinari. Erano sparsi ovunque. Anche nei bagni. La donna ha parlato anche del premio di 2 mila euro promesso ai capi reparto. Uno dei capi ieri avrebbe dovuto testimoniare, ma è deceduto. «Quando andò in pensione - ha testimoniato la donna - chiese scusa a mio marito e gli raccontò di quei 2 mila euro». Quando l’azienda è fallita ed è stata costituita un’altra società, l’operaio siciliano non era nella lista dei dipendenti migrati nella nuova realtà produttiva ed è rimasto senza lavoro. Articolo 18, assemblee nelle fabbriche (M. Veneto Pordenone) Un percorso unitario di assemblee nelle fabbriche, nonché di riunioni pubbliche, per informare lavoratori e cittadini su quanto il governo intende realizzare coi titoli contenuti nel disegno di legge delega, che non contempla solamente la questione relativa all’articolo 18, ma anche altri argomenti fondamentali che riguardano il mercato del lavoro. E’ quanto hanno organizzato, in maniera unitaria, i segretari provinciali dei metalmeccanici di Pordenone, Gianni Piccinin (Fim), Maurizio Marcon (Fiom) e Roberto Zaami (Uilm). Si parte dalle fabbriche più grandi della provincia: oggi sono in programma le assemblee all’Electrolux Professional di Vallenoncello e alla Zml di Maniago. In quest’ultimo sito, le riunioni saranno convocate anche domani. La prossima settimana sarà la volta della Savio, dell’Electrolux di Porcia e della Inossman di Maniago. Nella zona industriale della città del coltello, sarà organizzata anche una campagna di volantinaggio: la data è ancora da definire, ma tra le giornate ipotizzate figurano quelle di venerdì e lunedì. Le assemblee all’Electrolux sono in calendario per il 17 ottobre: al di là delle questioni relative alla legge delega, i lavoratori saranno informati anche su quanto emergerà dal tavolo di coordinamento azienda-sindacato di martedì prossimo (tra le varie questioni da affrontare quella della mobilità per gli addetti di Porcia). Con queste iniziative unitarie, i metalmeccanici della provincia intendono «lanciare un segnale forte e fungere da stimolo pure per le altre categorie»: sono, infatti, i primi del territorio ad avere messo in campo simili azioni. «Su questi importanti argomenti la voce del sindacato è unitaria – hanno dichiarato i segretari provinciali nell’incontro di ieri per illustrare le iniziative –: da qui la necessità di una strategia comune. Il grave attacco all’articolo 18 è soltanto l’elemento più evidente dell’aggressione ai diritti dei lavoratori. Il controllo a distanza e la possibilità di demansionare le maestranze, uniti all’idea di superare i contratti nazionali attraverso la definizione del salario minimo per legge e la contrattazione di secondo livello attraverso la defiscalizzazione del salario discrezionale, mettono in evidenza la volontà di arrivare a una generale riduzione degli stipendi, come sta già accadendo nel pubblico impiego». I segretari hanno sottolineato che «per fare ripartire la crescita e frenare l’esodo degli imprenditori all’estero è necessario un piano di investimenti pubblici. Importanti risorse potrebbero essere recuperate in primis attraverso la reintroduzione del reato di falso in bilancio, nonché l’introduzione del reato penale di esportazione illecita di capitali all’estero. Bisogna sostenere la ripresa, inoltre, attraverso la riduzione della tassazione sul lavoro. Serve un progetto articolato di politiche industriali, individuando i settori con maggiore contenuto di innovazione e quelle imprese che, investendo in progetti e riorganizzazioni, salvaguardano i livelli occupazionali». Giulia Sacchi Scatto in avanti della Fiom. Sciopero oggi in tre aziende I lavoratori degli stabilimenti metalmeccanici di Casagrande (Fontanafredda), Safop (Porcia) ed Emmeti (Fontanafredda) saranno i primi, oggi, a incrociare le braccia, in difesa dell’articolo 18. Due le ore di sciopero organizzate dalle Rsu Fiom: il via è fissato per le 10. Sarà organizzato anche un volantinaggio nelle vicinanze della Casagrande. A metà della settimana scorsa il segretario Maurizio Marcon aveva riunito il direttivo della federazione degli operai Cgil: la decisione è di otto ore di sciopero a livello provinciale per il settore della metalmeccanica. Al centro della protesta anche l’intera partita delle modifiche allo stato dei lavoratori e le proposte del capo del governo Matteo Renzi per cambiare le regole del mercato del lavoro. «Abbiamo concertato un pacchetto di otto ore di sciopero – ha dichiarato Marcon – cui le Rsu possono decidere se aderire. Si partirà con un paio d’ore, dalle 10 e alle 12». Anche le altre sigle sindacali – Fim Cisl e Uilm – non escludono la possibilità di organizzare iniziative analoghe, di concerto coi lavoratori. E’ possibile che nel corso delle assemblee la richiesta di organizzare scioperi arrivi dalle stesse maestranze. E se i metalmeccanici pordenonesi hanno deciso di fare sentire la propria voce, non è detto che non possano essere presto seguiti da altre categorie.(g.s.) “Cassa” alla Savio, c’è la firma (M. Veneto Pordenone) Oggi nella sede di Unindustria sarà siglato da azienda e organizzazioni sindacali l’accordo sulla cassa integrazione ordinaria per la Savio macchine tessili (450 lavoratori). A causa di un rallentamento del mercato internazionale, si rende necessaria infatti una fermata collettiva: cinque le giornate di chiusura in programma per ottobre. In linea di massima (dopo l’incontro odierno il quadro sarà più chiaro), le prime dovrebbero essere quelle del 16 e 17 ottobre. Stando a quanto dichiarato dall’azienda, dovrebbe usufruire dell’ammortizzatore la totalità dei dipendenti: anche su tale questione, comunque, i sindacati chiederanno lumi. Il tavolo a Unindustria sarà l’occasione pure per fare il punto su novembre: le previsioni non sono infatti incoraggianti ed è possibile che si rendano necessarie altre giornate di stop. «Nell’incontro l’azienda ci comunicherà in primis il numero degli addetti interessati dall’ammortizzatore – ha dichiarato il sindacalista Gianni Piccinin (Fim Cisl) –. Inoltre, cercheremo di capire cosa potrebbe accadere a novembre, anche per rassicurare i lavoratori». Al di là delle difficoltà – piccole – legate all’andamento altalenante del mercato, Savio è un’azienda che funziona (le ultime giornate di cassa ordinaria risalgono al 2009) e sta investendo per essere competitiva: nel prossimo triennio sono in programma investimenti per 25 milioni di euro. Quattro i progetti in cantiere, uno dei quali, se andrà a buon fine, porterà ricadute positive sul sito di Pordenone. Gli altri interessano, invece, realtà diverse del gruppo. I dettagli non sono stati ancora illustrati, in quanto l’azienda l’ha ritenuto prematuro.(g.s.) Ospedale, disabili mai assunti (M. Veneto Pordenone) La questione, annosa, le organizzazioni sindacali l’avevano posta alla direzione del Santa Maria degli Angeli fin dal suo insediamento. L’ospedale, infatti, non ha mai ottemperato alla legge 68 del 1999, quella che prevede l’inserimento nelle categorie protette. Stando ai parametri fissati per legge – i numeri vengono calcolati anche sulla base del personale medico – le persone da assumere sarebbero addirittura 105 alle quali andrebbero ad aggiungersi 18 orfani. Senza calcolare il personale medico – su quale sia il parametro da seguire c’è più di una discussione – i numeri sono destinati a dimezzarsi, ma sono comunque importanti. «Il problema è datato nel tempo e mi è stato subito posto all’attenzione dai sindacati quando mi sono insediato – spiega il direttore generale Paolo Bordon –. In questi mesi ci abbiamo lavorato, ci siamo confrontati anche con la Provincia, e abbiamo predisposto una bozza di regolamento che lunedì presenteremo alle organizzazioni sindacali perché intendiamo procedere in modo progressivo. Altro per ora non posso dire, è prematuro». Il problema per altro non interessa solo l’azienda ospedaliera di Pordenone, ma anche le altre della regione. La questione è stata affrontata anche dall’azienda per i servizi sanitari e dal Cro, che hanno trovato la quadra del cerchio. Ora tocca all’ospedale (o meglio agli ospedali visto che Pordenone riunisce anche i piccoli del territorio). La legge prevede che i datori di lavoro privati e pubblici con più di 15 dipendenti al netto delle esclusioni, siano tenuti ad avere alle proprie dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette (disabili) iscritti in appositi elenchi gestiti dall'Agenzia del lavoro della provincia di riferimento. Inoltre, l’articolo 18 della Legge 68/99 prevede che i datori di lavoro che occupano oltre 50 dipendenti abbiano l’obbligo di assumere: vedove e orfani del lavoro, per servizio, di guerra e i profughi italiani, nella misura di un'unità nel caso d’aziende che occupano da 51 a 150 dipendenti e nella misura dell’1 per cento per le restanti (percentuale che si aggiunge al 7 per cento previsto per l’assunzione dei disabili). (m.mi.) Poste sotto organico chiuse al pomeriggio (M. Veneto Pordenone) CASARSA DELLA DELIZIA L’utenza, alle prese con un momento non facile sul fronte pagamenti (leggi scadenze Tasi), dovrà riprogrammare l’accesso all’ufficio postale. Da lunedì prossimo all’ufficio di Casarsa della Delizia addio al turno pomeridiano. Si chiude alle 13.30. È Paolo Riccio, storico sindacalista di Uil-poste, a dare l’alluncio. «Casarsa chiude un turno perché manca il personale. Anche ieri, l’ufficio postale era pieno di gente, in fila». Riccio, dando conto del disagio segnalato da un paio di giorni, ha lanciato l’allarme: «Manca l’organico e funzionano soltanto due sportelli. Lunedì sarà peggio: ci dispiace dirlo, ma la programmazione del personale sulle sedi provinciali è da rivedere». Le ferie imposte e il sottorganico delle Poste sono i due fattori che Riccio vorrebbe risolvere. «Casarsa è penalizzata – Uil poste chiede di rimpolpare l’organico – Due impiegati e il turno antimeridiano non bastano. Anche allo sportello di San Giovanni la chiusura è alle 13.30 tutti i giorni». Il sindacalista non giustifica questa scelta. Le scadenze delle tasse locali, bollette e pensioni ingrossano le file negli uffici postali. Intanto, a Casarsa, gli sportelli aperti lavorano per smaltire i flussi a numeri alti. Fila di gente a fisarmonica: i tempi di attesa sono variabili a Casarsa, come altrove. «I problemi sono diffusi in numerosi sportelli provinciali – Riccio fa “pressing” e spera in un cambio di marcia – Il problema è dovuto al fatto che alcuni uffici nella Pedemontana hanno un plus in organico mentre nella Bassa mancano risorse umane. Si tratta di una maldistribuzione: andrebbe rivista». Organico insufficiente, dunque, ma la stretta della crisi vieta le assunzioni. Numerosi postini sono supplenti e il turnover non fa bene all’efficienza aziendale. «I maggiori problemi sono stati segnalati lunedì scorso, ma qualche rallentamento era già stato evidenziato la settimana passata – sottolinea Riccio – Spostare impiegati altrove, per potenziare altri sportelli, può creare guai a catena». La coda si può mettere in conto spesso davanti a molti sportelli postali del pordenonese: a Casarsa, Sacile, Fontanafredda a Nave ci sono stesse scene. «L’ingorgo dovuto a bollette e pensioni aumenterà i disagi a Casarsa, nelle prossime settimane – prevede Riccio – Bisogna intervenire per riequilibrare la situazione». I primi giorni di ogni mese sono quelli della fila. Lunedì è una giornata da bollino rosso. Chiara Benotti Pagamento Tasi, la Cisl accusa: «Troppa confusione» (Gazzettino Pordenone) PORDENONE - Tra pochi giorni (il 16 ottobre) scade il termine per versare l’acconto del 50% della Tasi per i Comuni che hanno deliberato le aliquote e le hanno pubblicate sul sito del ministero delle Finanze entro la data del 18 settembre. Il saldo del rimanente 50% andrà versato il 16 dicembre. «Si ricorda - spiega Daniele Morassut, presidente Sistema Servizi Cisl Pn - anche che il 16 dicembre sarà l’ultima data utile per pagare l’imposta in un'unica soluzione per gli immobili dei Comuni che non hanno deliberato l’aliquota secondo i tempi previsti. La Tasi è dovuta per le abitazioni esenti da Imu per le abitazioni principali e relative pertinenze. Si precisa che per abitazione principale s’intende la casa di categoria catastale (A) nella quale il contribuente e il suo nucleo familiare normalmente dimora e risiede. Spesso sono assoggettati a Tasi anche tutti gli altri immobili come le case affittate, sfitte o seconde case, pertinenze. I cittadini devono fare molta attenzione alle delibere decise dai Comuni per verificare sia le aliquote da applicare che le eventuali esenzioni previste. Ricordiamo che in provincia di Pordenone, quasi tutti i Municipi hanno deliberato in tempo utile per il versamento stabilito per il prossimo 16 ottobre, tuttavia in alcuni risulta che i cittadini non hanno ancora ricevuto alcuna comunicazione circa la compilazione del bollettino, le aliquote o le eventuali esenzioni previste. Permangono quindi ancora incertezza e confusione, per i cittadini contribuenti e i tempi per mettersi in regola non sono infiniti. I cittadini che intendono mettersi in regola- spiegano ancora dalla Cisl evitando sanzioni, possono eventualmente rivolgersi al comune di residenza o ai soggetti abilitati, Caf o professionisti. Il calcolo non è facilissimo, si dovrà tener conto di diverse variabili per calcolare l’imposta dovuta. Al fine di agevolare i cittadini, il Caf Cisl ha predisposto un servizio di assistenza in tutte le principali sedi della provincia. Chi fosse interessato può procedere alla fissazione di un appuntamento, sapendo che il termine utile è il prossimo 16 ottobre». Sanità, allarme di Ciriani: «Sempre più penalizzati» (Gazzettino Pordenone) Sanità provinciale, l’opposizione di centrodestra picchia duro. A scendere in campo è il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani. «Oltre al miraggio del nuovo ospedale di Pordenone attacca - e con la confusione che si creerà con l’accorpamento tra Azienda ospedaliera e sanitaria (Ass6) e la riforma appena approvata, la sanità pordenonese rischia di perdere importanti risorse». Ciriani va avanti. «Con un emendamento ad hoc – spiega – chiedevo, che nella distribuzione dei fondi fosse mantenuto il sacrosanto principio, introdotto in passato con la giunta Tondo e frutto di una lunga battaglia condotta a favore della nostra provincia, che prevedeva il riequilibrio delle risorse assegnate storicamente con particolare riferimento all’Azienda ospedaliera territoriale di Pordenone, in quanto l’assegnazione solo su base storica delle spese comporta delle inevitabili diseguaglianze. Infatti a partire dal 2011 le Linee per la gestione del Servizio sanitario regionale prevedevano che all’area vasta di Pordenone venisse assegnata una "quota di riequilibrio" del valore di circa 2 milioni e 300 mila euro che si sarebbe completato nell’arco di un decennio, superando il meccanismo della spesa storica che non garantiva l’equità territoriale. Per dimostrare ulteriormente quanto ho evidenziato avevo chiesto all’assessore Telesca delle simulazioni sui nuovi criteri che intende adottare, ma che non abbiamo mai visto». Poi l’affondo del consigliere di Fratelli d’Italia. «L’emendamento è stato però bocciato, analogamente ad altro presentato da altri colleghi del centrodestra – conclude Luca Ciriani - grazie al voto contrario dei consiglieri di centrosinistra del pordenonese che, improvvisamente dimenticati di quanto dichiaravano in campagna elettorale, hanno obbedito alle indicazioni del partito incuranti dell’ulteriore grave danno per la sanità pordenonese». Il Comune divorzia dall’Ater. Tolta la gestione di 88 alloggi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain Era un rapporto duraturo. E sembrava essere quasi indissolubile. Ma il “matrimonio” fra Comune di Gorizia e Ater è fallito. Miseramente. Lo si apprende da una delibera appena approvata dalla giunta comunale e intitolata molto chiaramente “Atto quadro per recesso convenzione da Ater”. Tutto è legato alla gestione degli 88 alloggi comunali (affidata appunto all’Ater) che l’esecutivo Romoli considera «non efficiente». Ma inquadriamo la vicenda con l’aiuto del sindaco Romoli, l’assessore Pettarin e la dirigente Cisint. Il 26 giugno scorso, l’Ater inviò una lettera al Comune in cui distettava la convenzione per l’affidamento della gestione degli alloggi di proprietà comunale e comunicava la possibilità di proseguire la collaborazione a nuove condizioni. «Va detto che la nostra convenzione (che fu siglata nel 2002) era diversa dalle intese siglate fra Ater e gli altri Comuni isontini - spiegano Pettarin e Cisint - perché prevedeva risorse per la gestione ma anche per la manutenzione degli appartamenti». In pratica, il corrispettivo dovuto ad Ater per l’espletamento dei compiti era di 635 euro ad alloggio più Iva nella misura di legge, di cui 406,40 euro più Iva (per un totale di 43.631,10 euro per la gestione completa degli 88 alloggi) e 228,60 euro sempre più Iva ad alloggio (per un totale di 24.542,50 euro) per l’effettuazione delle manutenzioni ordinarie. Ma, ad un certo punto, il Comune di Gorizia ha appurato che degli 88 alloggi di sua proprietà, 15 risultavano «sfitti causa il cattivo stato manutentivo: e parte di questi - si legge nella delibera giuntale - risultano non abitati da diversi anni, per cui si renderà necessario procedere ad una verifica dello stato degli stessi ed agire di conseguenza». Significa che, molto probabilmente, il Comune chiederà i danni. «Chi pagherà la mancata manutenzione? In qualche maniera dovremo tutelarci», fa sapere il sindaco Ettore Romoli che non nasconde il suo profondo malcontento per la situazione che si è venuta a creare. Ma proseguiamo nella lettura della delibera. «La nuova bozza contrattuale proposta da Ater prevede invece: il totale introito degli affitti degli 88 alloggi di circa 90.000 euro da parte dell’Ater, senza dare garanzie - si legge nel documento approvato dalla giunta - di un’esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria adeguata in quanto avverranno sulla base di previsioni di utilizzo nell’ambito del piano finanziario relativo all’intero patrimonio di edilizia sovvenzionata di proprietà e/o gestito dall’Ater stessa. Per gli interventi di manutenzione straordinaria quali ad esempio: il riatto degli alloggi, la sostituzione dei serramenti, la sostituzione delle caldaie, il rifacimento delle coperture, etc, l’Ater si è riservata la facoltà di relizzarli entro i limiti di risorse definite dal piano finanziario, e laddove siano riscontrate necessità manutentive eccedenti quelle sopradescritte, Ater concorderà con il Comune le modalità di intervento ed il costo resterà a carico della proprietà». «In pratica - spiega l’assessore comunale Guido Germano Pettarin - si propone che tutti gli onori vadano all’ex Iacp e gli oneri siano scaricati al Comune di Gorizia. Così, non va. Le condizioni, come da nuova proposta, sono chiaramente antieconomiche e non danno nessuna garanzia per la valorizzazione e conservazione del patrimonio comunale: il fatto dei 15 alloggi oggi sfitti è la chiara dimostrazione di una gestione non efficiente». Ergo, il Comune ha preso atto della disdetta prodotta da Ater e l’ha fatta propria non ritenendo di convenienza per l’amministrazione una prosecuzione di tale rapporto «a evidenti condizioni più onerose delle attuali con un minore controllo sull’esecuzione delle manutenzioni e cons eguente conservazione degli immobili», si legge a chiare lettere nella delibera. Alternative alla gestione Ater? «Gestione in economia che potrà consentire al Comune l’affidamento, a congrui prezzi, della gestione completa a competenti ditte terze tramite avviso pubblico di manifestazione di interesse seguito da gara tra gli interessati sulla base del bando che contemplerà tutte le condizioni contrattuali della convenzione», si legge nella delibera. Sì, il matrimonio è naufragato.
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