NEWSLETTER 17-2014

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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
DALLA "RESISTENZA" AGLI OGM, ALLA
"LIBERAZIONE" DELLO SCAMBIO DI
SEMI
In occasione della Festa della Liberazione, il Gruppo Coltivare Condividendo, in
collaborazione con il Laboratorio cittadino Casa dei Beni Comuni di Belluno, ha
organizzato un’iniziativa, che partirà dal pomeriggio, di condivisione e di libero
scambio delle sementi e delle piantine.
Non è, ovviamente, casuale la concomitanza con il 25 aprile: i promotori, infatti,
vogliono sottolineare la necessità di costruire un nuovo percorso di “resistenza”,
questa volta in difesa della biodiversità coltivata e della sovranità alimentare, oggi
sotto attacco dalle multinazionali e dalle lobbies che governano il mercato agroalimentare mondiale.
Prima di tutto contestando e disobbedendo le limitazioni
sulla libera circolazione dei semi imposte da leggi e
regolamenti che producono un catastrofico livellamento
della
loro
varietà,
a
discapito
del
patrimonio
rappresentato dalle sementi antiche e locali, e a totale
vantaggio delle multinazionali sementiere proprietarie dei
brevetti.
Lo stesso vale per quanto riguarda l’introduzione sempre
più massiccia di sementi OGM, in particolare per il mais,
che oltre a minacciare la biodiversità sono un vero e
proprio pericolo per la salute anche a causa dei pesanti
trattamenti erbicidi e chimici che vengono applicati a
questo tipo di culture.
Diffusione degli OGM e degli “ibiridi”, brevetti e blocco
della libera circolazione delle sementi sono tutte iniziative
che, se non fermate in tempo, ci porteranno ad un pericoloso monopolio, da parte delle
multinazionali del settore agroalimentare, della proprietà delle sementi e della loro
riproduzione e quindi, più in generale, del controllo sull’alimentazione.
E’ a rischio, di fatto, la nostra indipendenza e sovranità alimentare che va salvaguardata
proprio a partire dalla “liberazione” dello scambio delle sementi di specie e varietà tradizionali,
come principio base di un diritto più ampio che riguarda la difesa dell’autoproduzione
alimentare.
Fortunatamente, contro questi pericoli si stanno mobilitando sempre più realtà e soggetti in
tutto il paese, in vista anche dell’Expo 2015 di Milano, con iniziative che vanno dalla
salvaguardia e autoproduzione delle varietà locali fino ai sanzionamenti e alla distruzione dei
primi campi OGM che erano stati coltivati nella zona di Pordenone.
Iniziative di “custodia della biodiversità” che vanno sostenute e riprodotte sui propri territori,
per difendere i propri territori e il diritto alla loro autonomia, per promuovere un’agricoltura
relazionale, sostenibile e biologica e per rivendicare il diritto ad un’alimentazione sana per tutti
e tutte.
(da Altragricoltura Nord Est - aprile 2014)
LIBERTÀ DI STAMPA: 1835 GIORNALISTI
MINACCIATI
Cosa comporta riferire i contenuti di un’assemblea dei
soci della Fondazione della Banca popolare di Spoleto,
da cui è emersa una situazione che ha portato al
dissesto della Banca?
Querela per diffamazione a mezzo stampa e
applicazione della 684, ossia pubblicazione arbitraria di
dati coperti da segreto istruttorio.
Raccontare che nella carriera politica del figlio di un
esponente politico c’erano degli aspetti poco chiari e
aver riportato un dato poco preciso?
Pignoramento della testata.
Documentare fatti e misfatti di una classe politica locale che, improvvisamente negli anni
ottanta, è diventata una classe politica a livello nazionale?
Citazione civile e risarcimento danni.
Questi sono tre dei 1835 casi di giornalisti che, per il fatto di aver esercitato il dovere di
cronaca, si sono ritrovati vittime di violenza, abusi, intimidazioni allo scopo di limitare la libertà
di informazione. “In questo Paese, dicono i dati di OSSIGENO per l’informazione (l’osservatorio
FNSI-Ordine dei giornalisti sui cronisti sotto scorta e le notizie oscurate in Italia, ndr), il clima
di intolleranza contro le attività di informazione volte al pubblico interesse sta crescendo”.
Parola del suo presidente, Giovanni Spampinato. Dal 2006 (anno di costituzione
dell’osservatorio) a oggi si nota una non episodicità e solo nel 2014 sono stati censiti
centocinquantuno casi: tre ogni due giorni, con un incremento del 50 per cento rispetto alla
media degli ultimi tre anni.
Con queste modalità: minacce e avvertimenti, aggressioni e danneggiamenti, abusi del diritto,
fra i quali le querele pretestuose e le richieste di risarcimento poco motivate e altre azioni
legali strumentali. A questo si aggiungono ostacoli all’informazione che si realizzano senza
commettere reati o illeciti previsti dai codici ma con comportamenti che impediscono l’esercizio
della libertà di espressione e di parola previsti dall’articolo 21 della Costituzione.
Una sorta di censura camuffata. “L’Italia - dichiara Spampinato - è il Paese simbolo di come si
possano affermare forme di censura estese pur avendo delle leggi che le vietano”. Ma che
difendono molto debolmente i giornalisti e il diritto di espressione. Dando l’occasione al
fenomeno di diventare sempre più sommerso (se si conosce solo un caso su dieci). Come
conferma il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), Giovanni
Rossi: “Un fenomeno che non sempre riceve la giusta attenzione anche dalla categoria, dalle
istituzioni e dalla pubblica opinione”.
E continua: “Siamo di fronte a un collasso della democrazia che apre la strada a una maggiore
aggressività nei confronti del mondo dell’informazione”. Quella che “scava, informa, denuncia”.
Fondamentale, ed essenza, in un Paese democratico che, quando manca, diventa miope. “La
democrazia - sostiene il vicesegretario FNSI, Daniela Stigliano - ha bisogno di un giornalismo
indipendente: tanto più i giornalisti vengono minacciati, tanto meno si può parlare di una
democrazia piena”.
Come fare? “Le norme devono essere più tutelanti, c’è una cultura da modificare e un
sindacato che deve essere più presente, ripensare i servizi che offre, che siano capaci di dare
risposte specifiche per ogni gruppo di soggetti, anche per i free lance e per quelli che lavorano
nell’online”, dice Stigliano.
Per il segretario di OSSIGENO per l’informazione, Giuseppe Mennella, qualche passo potrebbe
essere fatto: “Una buona legge sarebbe quella che rispetterebbe gli standard europei e
internazionali e della Corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo, che raccomanda come la pena
pecuniaria per i reati di diffamazione debba essere comminata in proporzione alla reale
consistenza patrimoniale ed economica dell’autore dell’articolo e dell’editore”.
Si, perché le pene in Italia sono decisamente sproporzionate alla condanna: molto alte rispetto
al danno e alle capacità finanziarie del soggetto coinvolto. Per far si che la libertà di
informazione dia seguito a quanto sostenuto da Arthur Schopenhauer nel 1851: “la libertà di
stampa dovrebbe essere condizionata dal più rigoroso divieto dell’anonimato”. Senza paura.
(da Altrenotizie - aprile 2014)
SOSTENIAMO CHI PRODUCE SENZA DISTRUGGERE
Se si cerca il verbo coltivare sul vocabolario si trova che
sia il significato agricolo sia quello figurato rimandano
entrambi alla parola cura, al curare, all’avere cura. Altre
definizioni parlano dell’usare premura, conservare e
accrescere.
Che si tratti di una pianta, di un’ambizione, di una
passione o di un’utopia il verbo ha sempre una
connotazione positiva, migliorativa. E indica la capacità
di non sprecare, non rovinare, non depauperare, non
sovrasfruttare. Esattamente quello che fa invece un
certo tipo di agricoltura che si è diffusa in tutto il mondo
– tanto per intenderci quella intensiva e tendenzialmente
monocolturale, quella di stampo industriale – e che non a caso, nelle parole dei suoi attori, ha
progressivamente smesso di “coltivare” per concentrarsi piuttosto sul “produrre”.
Chi è rimasto dunque a “coltivare” il nostro cibo? Sono quelli crescono il cibo e fanno sì che la
terra, l’aria e l’acqua, le risorse che servono a fornircelo, non si compromettano mentre
vengono impiegate. Sono i custodi di un pezzo di mondo, con il loro piccolo orto, la loro piccola
azienda agricola, i terreni sui quali seminano e generano il cibo per la loro famiglia o per
un’economia locale che non chiede che si distrugga per produrre, ma pretende che si conservi
la porzione di terra su cui si vive, grazie a cui ci si nutre.
Sono tanti per il mondo. Ho il privilegio di conoscerne molti, grazie alla rete internazionale di
Slow Food e di Terra Madre, e so che molti altri ancora ce ne sono. E credo siano in aumento.
Edgar Morin ha detto che «quando tutto deve ricominciare, in realtà tutto è già ricominciato»:
se l’agricoltura insostenibile, i processi di inquinamento e la distruzione del paesaggio hanno
passato il segno, allora significa che qualcuno ha già dato il via alla contro-tendenza.
Non sono pochi e non sono soli, stanno cambiando il mondo inventando, creando,
conservando; coltivando. Delle cose o persone che ci sono care si ha cura. È dunque ora che ci
torni cara la terra e questi nuovi, piccoli grandi eroi del nostro mondo ci stanno insegnando,
con tanta umiltà e competenza, come si può fare. Bisogna sostenerli in tutti i modi.
Carlo Petrini
(dalla Newsletter di Slow Food - aprile 2014)
C COME CONTADINI
Energie rinnovabili: in Basilicata Teknosolar, una
multinazionale spagnola, è arrivata con una
proposta: dateci la terra per costruire un impianto
solare e avrete una divisa da operaio. Un gruppo di
contadini si oppone.
L’ORO di Banzi è rosso come i suoi pomodori, giallo come le spighe di grano. Luccica e si
distende nel meraviglioso vuoto che separa questo lembo di Lucania dalla Puglia. È l’orizzonte
vasto del sud, pianura persa tra i monti. A Banzi e in tutti gli altri paesi dell’alta valle del
Bradano la zappa è la regina maestosa della vita. Amica fedele ma crudele, sacrificio perenne
ma anche salvezza di chi non ha altro tra le mani che le mani e il pomodoro e il grano in testa.
Nessuno finora veniva a cercare i contadini, anzi per dirla tutta chi può ha sempre cercato di
scappare da loro, da qui. L’emigrazione svuota le case, riduce le piazze a ritrovo di corpi ormai
inabili al lavoro e trasforma ogni viaggio verso nord in un miraggio. Poi, colpo di scena! È
successo che qualcuno ha finalmente bussato alla porta delle masserie.
In difesa di pomodori lenticchie e cicoria: Canio Nozza lo hanno cercato nei campi, lui era
sul trattore in quella immensa prateria gialla. “Sono venuti dei signori che mi hanno chiesto la
terra, la mia terra. Mi hanno spiegato cosa volevano fare: un impianto solare termodinamico,
una cosa grandissima. E mi hanno detto che la loro iniziativa avrebbe garantito diversi posti di
lavoro. Sicché potrei avere un lavoro nuovo. Però i conti non mi tornano. Io un lavoro ce l’ho, e
ho anche la fortuna di dare lavoro agli altri”.
Canio ha rifiutato lo scambio che i tecnici della Teknosolar, una multinazionale spagnola, gli
proponevano: tu abbandoni la zappa e noi ti diamo una divisa da operaio. Specchi
termodinamici contro pomodori, olio diatermico al posto dei legumi, megawatt in sostituzione
dei pelati, energia solare invece che pane. Finisco tra questi ribelli dei tempi moderni nell’alta
valle del Bradano, un paesaggio infrequente di orizzonti lontani. Alle otto del mattino hanno già
due ore di fatica nelle braccia e il legittimo pensiero che il mondo stia raggiungendo la cima del
paradosso.
“Ci hanno detto che le energie rinnovabili fanno bene perché non inquinano e non finiscono
mai. Ma anche i miei pomodori non inquinano, e le lenticchie e la cicoria, la vedi quell’insalata
riccia? E anche la capra che mangia l’erba poi fa il latte e io lo vendo. Lei trova l’erba ogni
giorno e fa il latte ogni giorno, finché campa. E il grano si miete ogni anno, tra giugno e luglio,
e ogni anno ricresce. Col grano fai il pane e col pane ti sfami sempre. Allora dimmi: c’è
qualcosa di più basilare, essenziale, improcrastinabile del cibo?
Secondo me esisti solo se mangi, perché se non mangi muori. E se muori non esisti più, mi
sembra. E allora prima di pensare alle altre cose devi badare a che il cibo finisca nel tuo piatto.
Quindi io penso questo: la fame non finisce mai, ma se tu mi proponi gli specchi solari su
questa terra coltivata a grano, pomodori, legumi e insalata, significa che il grano e i pomodori
e i legumi e l’insalata non ci saranno più. Se consumi tutta la terra che hai cosa ti resta in
mano? Lo specchio?”.
Si chiama land grabbing: è la scelta vorace del grande capitalismo mondiale che si tuffa nel
mercato delle fonti rinnovabili per acchiappare quanti più pezzi di questo mondo. Non solo
pendii dolci di colline basse ma ben esposte al sole, non solo montagne spalancate al vento.
Servono pianure, e servono grandi anzi grandissime. Le imprese hanno iniziato a conquistare il
deserto africano, sono passati ai campi di pascolo, poi ai terreni irrigui dell’Europa continentale
più povera, quella dell’Est. La scorpacciata non è finita e hanno adocchiato queste piane del
sud d’Italia, e ora si trovano qui, tra Banzi e Palazzo San Gervasio, nella valle del Bradano.
La zappa sfama ma non dà vita dignitosa. Ed ecco – perfetta – la proposta della Teknosolar
che al governo regionale è parsa così magnifica da mostrare non solo interesse, ma
accondiscendenza, partecipazione costituente, emozione, quasi un sentimento d’affetto. La
multinazionale espropria 255 ettari di terreno coltivato e ci installa 8640 specchi parabolici che
saranno sostenuti da novemila pali.
Avrà necessità di acqua, perché ne consumerà 16 litri al secondo. Trasformerà i contadini in
guardiani o netturbini, scala minima del livello gerarchico, camerieri della modernità, 25 ne
servono non di più, e il grande campo pomperà energia: 50 megawatt al costo più basso di
mercato. Moneta sonante, energia che naturalmente vola via, qui non serve si dirige altrove,
sui mercati che rendono.
Spunteranno mega tralicci al posto del grano: Serviranno mega-tralicci, e software
moderni. Altro che grano! “Hanno bisogno di ridurre il dislivello naturale facendo dei
terrazzamenti, quindi dovranno trasportare 400 mila metri cubi di terra da un luogo all’altro.
Avranno bisogno di olio (si arriverà a 2300 tonnellate di olio diatermico) e di acqua (16 litri al
secondo)”, dice Gerardo Liberatore, ingegnere.
Il mega impianto, questo nuovo mostro verde, vaporizzerà tra 25 anni. Entro un quarto di
secolo questa tecnologia d’avanguardia sarà superata, incompatibile, ingestibile. E dunque
bisognerà rottamarla. Tra un quarto di secolo l’area verrà dismessa e a questi contadini lucani,
nel frattempo trasformati in operai, è stata offerta la spigola d’oro dell’incoscienza: “Ci dicono
che quando dismetteranno l’impianto ci sarà posto per una grandissima area commerciale.
Potrebbero venire supermercati, o industrie. Sono degli impostori e la loro proposta è
vergognosa”, dice Domenica Cancellara.
Sono 50 partite Iva, piccoli imprenditori della terra che fanno mercato con i loro prodotti e
conducono una guerra di civiltà e di buon senso. “Scorticano i nostri terreni, tolgono lo strato
più fertile per mettere i loro specchi. Ma distruggono la nostra identità, la nostra storia, il
nostro lavoro”, dice Domenico. È la solita corsa a un progresso che non fa progredire, un
continuo miraggio che si rincorre senza criterio e che bolla come conservatori coloro che
vogliono usare discernimento, prudenza, cautela prima di decidere che la loro vita va buttata al
macero.
In dieci anni il Sud ha ricevuto e speso circa 100 miliardi di euro: fondi europei che dovevano
servire a dare infrastrutture, iniziative industriali, tecnologia e innovazione. Oggi cosa c’è? Il
nulla. C’è che questa montagna di soldi ha affamato invece che arricchire. Il continuo
saccheggio delle risorse, come quelle messe a disposizione dalla famigerata legge 488
(contributi a fondo perduto per attività produttive), non ha insegnato nulla.
Quanto aveva ragione Gramsci: la storia insegna ma ha cattivi scolari. Infatti, dopo l’era delle
fabbriche trasformatesi in capannoni vuoti, lamiere vergognose, cemento inutile e sporco, è
giunta l’ora della corsa all’energia rinnovabile. “Prima le pale eoliche, conficcate a terra come
croci, poi il fotovoltaico e infine il termodinamico. Il Sud è terra di conquista e non si
smentisce. Ha fame e non chiede di partecipare agli affari, avanza solo la pretesa di
un’elemosina per essere felice”, dice Vitantonio Iacoviello, animatore di mille battaglie
ambientaliste.
Per arrivare alla porta del sindaco di Banzi, attraverso il meraviglioso centro storico salvato
dall’alluminio anodizzato e dalle superfetazioni urbanistiche. Nicola Vertone, il sindaco, non è
molto alto, ha la carnagione scura e gli occhi di un marrone intenso. Dice: “In passato mi sono
fermamente opposto all’apertura di una porcilaia, poi mi sono battuto per evitare che venisse
installata una centrale a turbogas dieci volte più grande del termodinamico, nel 2010 ho
rifiutato la richiesta di avviare una ricerca petrolifera nel mio territorio. Adesso, con questa
proposta, io devo riflettere: dal mio paese stanno partendo tutti e devo fare qualcosa. Sono
figlio di emigrante, ho conosciuto l’asino e la zappa, mia madre ha fatto la vedova per una vita
e davanti alla possibilità di dare lavoro e un futuro a chi scappa, lei mi chiede perché dico sì?”.
È la solita, disperata lotta per la sopravvivenza. Questo sindaco pensa, com’è naturale, al suo
paese, e anche un pugno di salari decenti sono oro. Ciascuno fa la sua corsa solitaria verso la
salvezza, dimenticando quel che un loro conterraneo, Francesco De Rosa, che insegna italiano
in un liceo, ricorda: “Furono realizzati gli invasi di Acerenza e Genzano per dare all’agricoltura
un futuro sostenibile, una crescita possibile. Hanno speso miliardi di lire ma quegli invasi,
ultimati negli anni ‘90, sono ridotti ad acquitrini”.
Ecco il punto dell’ignavia collettiva, della colpa di questo Sud: nessuno chiede la resa del
conto, nessuno ha più memoria di quegli invasi, nessuno bada al costo dell’inefficienza, alla
vergogna di quello spreco, ai nomi che lo hanno firmato e al risultato che esso determina.
Che è riassunto dalle parole di Savino Lioy, una vita
“Produco latte, pomodori e legumi. La terra dà lavoro
mucca si mungeva amano e ce lo pagavano 180 lire al
mungere, e la possibilità di conservarlo: ci offrono 50
ritardo. Sei mesi se va bene. E questa volta neanche ci
con la zappa e sei ettari da coltivare:
ma non valore. Negli anni 80 il latte di
litro. Oggi abbiamo le macchine con cui
centesimi al litro, pagandoci sempre in
siamo, ancora sto aspettando.
E sai cosa faccio io con 50 centesimi? Compro un chilo di mangime che una pecora consuma al
giorno. I pomodori me li pagano otto, a volte nove centesimi al chilo. E con due quintali di
grano venduto riesco a pagare un quintale di concime. Ecco qua che uno poi s’incazza. Ma io
m’incazzo per avere di più dal mio lavoro e dalla mia terra che, al contrario degli specchi, dà
sempre da mangiare”.
Scritto da Antonello Caporale su Il Fatto Quotidiano del 5 aprile 2014
Leggiamo insieme su questa questione il Punto di vista di Franco Zecchinato, Presidente
del Tamiso, e di Michele Monetta, Presidente UPBIO, e guardiamo anche un
interessante video di Olambientalista/Organizzazione Lucana Ambientalista
SOS API: QUEL BOTTINO AVVELENATO. COCKTAIL DI PESTICIDI
TOSSICI NEL POLLINE EUROPEO
Pesticidi tossici nel polline. Due terzi del polline prelevato
dalle api nelle campagne europee risulta contaminato da
un cocktail di sostanze tossiche. Si tratta di pesticidi, fungicidi e
insetticidi killer il cui impiego è comunemente diffuso in
agricoltura. A rivelarlo è il
più recente rapporto di
Greenpeace: Api, il bottino avvelenato.
Si tratta del rapporto più vasto nel suo genere in termini di aree
geografiche interessate e di numero di campioni prelevati. Il polline
analizzato proviene da 12 Paesi europei, Italia compresa. Tra le
sostanze tossiche individuate troviamo insetticidi, acaricidi,
fungicidi ed erbicidi prodotti da aziende agrochimiche come Bayer,
Basf eSyngenta.
Nei 100 campioni di polline prelevati sono state rinvenute 53
diverse sostanze chimiche (consulta QUI la tabella dei
risultati). L'EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza
Alimentare), ormai più di un anno fa, aveva confermato la pericolosità dei pesticidi
neonicotinoidi. In Italia, nel polline raccolto vicino ai vigneti risulta un abbondante presenza
di fungicidi. In Spagna troviamo DDE, un prodotto tossico derivante dalla degradazione
del DDT. In Germania e Polonia ecco neonicotinoidi e pesticidi killer delle api. Ne consegue che
api e insetti impollinatori risultano esposti ad un potente cocktail di sostanze nocive.
Il problema di base si trova nell'agricoltura, che utilizza
sostanze pericolose per le api e per l'ambiente senza tenere
conto della necessità di proteggere gli insetti impollinatori. E'
così che le api risultano esposte a veleni micidiali: E' dunque
giunto il momento di un cambiamento radicale verso
un'agricoltura più sostenibile in tutta Europa.
In segno di protesta, gli attivisti di Greenpeace hanno aperto
un'enorme striscione di fronte al quartier generale della
Bayer, in Germania, con la scritta "Bayer, smettila di
ucciderci". Greenpeace sottolinea che le industrie
agrochimiche sono le maggiori responsabili del declino delle api nell'attuale modello agricolo
industriale.
Leggi anche: Moria delle api: proroga allo stop dei pesticidi
(da Greenme.it - aprile 2014)
VOGLIAMO BENE ALLA NOSTRA TERRA:
IMPARIAMO A GESTIRE GLI SPRECHI
Ieri era la Giornata della Terra e tra i concetti principali è emersa la necessità di modificare il
nostro modo di vivere, di consumare; insomma, di cambiare partendo dai piccoli e più semplici
gesti quotidiani, come dividere la spazzatura, scegliere che cosa avere nel piatto in base alla
stagione, al territorio e alla disponibilità del mercato, passando per una gestione intelligente
degli sprechi, in ogni ambito, sia energetico che alimentare.
Se parliamo di sprechi alimentari i dati emersi sono sconcertanti, secondo le Nazioni Unite un
terzo di tutto il cibo prodotto non viene consumato, la quantità sarebbe all’incirca 1 miliardo e
300 milioni di tonnellate all'anno. Negli Stati Uniti, ogni anno, viene buttato via il 40% del cibo.
Secondo l’ONU questa quantità di cibo sprecata sarebbe da sola sufficiente a sfamare tutti i
poveri del pianeta. A questa situazione veramente paradossale va aggiunto il fatto che tale
spreco di cibo genera miliardi di gas nocivi, che inquinano l’atmosfera al pari delle produzioni
degli stati più industrializzati.
Una volta presa coscienza della situazione, qualche provvedimento è stato attuato, almeno nel
mondo anglosassone. In occasione della Giornata della Terra sono stati pubblicati, nell’edizione
internazionale del New York Times, i risultati delle numerose campagne lanciate dal palazzo di
vetro e da altre organizzazioni. A quanto sembra dai dati statistici qualcosa comincia a
cambiare. Il Regno Unito, nonostante i continui sprechi, dal 2007 a oggi ha ridotto del 21% i
suoi rifiuti alimentari. La Tesco, la più grande catena di supermercati britannica, ha ridotto i
suoi sprechi e a oggi manda al macero solo lo 0,87% dei suoi prodotti.
E in Italia com’è la situazione? Si sta facendo qualcosa per la gestione sostenibile degli sprechi
alimentari? In Italia la situazione, guarda caso, è confusa. Perché? Perché ancora non sono
stati attuati veri e propri piani anti-spreco nazionali e, soprattutto, perché la legge vieta la
donazione di cibo, il cibo avanzato viene considerato un rifiuto e quindi va smaltito. Il caso di
spreco più scandaloso nel nostro paese riguarda uno degli alimenti base: il pane.
Ogni giorno vengono prodotti in Italia 72.000 tonnellate di pane e ne vengono buttati via
13.000 quintali. Spiega Claudio Conti, presidente di Assipan, che il problema nasce soprattutto
dalla grande distribuzione: «I colleghi hanno iniziato a dire sì ai supermercati e a produrre
come veniva loro chiesto. I supermercati vogliono avere gli scaffali pieni fino all’ultimo minuto
prima della chiusura, quindi l’avanzo viene reso al panificatore, il quale si prende la
responsabilità dello smaltimento, che non viene pagato. Ogni giorno circa il 25% del pane
prodotto viene buttato».
Nello specifico, la circolare del ministero della Salute del 20 marzo 2003 impone al produttore
stesso lo smaltimento dell’invenduto. Basta un semplice ragionamento per capire come potrà
essere gestita la situazione degli sprechi. Slow Food porta avanti da sempre il discorso sullo
spreco, dando suggerimenti su come nutrirsi in modo sostenibile e su come evitare di sprecare.
In merito all’argomento dello spreco alimentare vi suggeriamo di scaricare la guida Il nostro
spreco quotidiano, proviamo a fare noi quello che spesso le istituzioni ancora ignorano.
(dalla Newsletter di Slow Food - aprile 2014)
NUOVO OSPEDALE? UN DANNO PER LA
SALUTE PUBBLICA
In Consiglio Regionale Veneto, a Venezia, solo il consigliere
Pettenò ha votato contro l’allocazione di 150 milioni per tre
anni per il nuovo Ospedale a Padova.
Qui a Padova tutto tace, quasi rassegnati all’inevitabile, tutto
deciso e tutti contenti, sembra. La popolazione invecchia,
per fortuna. Gli acciacchi e le patologie cronico-degenerative
(diabete, ipertensione, artrosi, insonnia, ipoacusia, cataratta,
ecc.) permettono di solito una vita dignitosa, rimanendo a
casa propria fino quasi alla fine, a condizione che vi sia una rete sociale e sanitaria vicina,
accessibile e gratuita.
Epidemiologi, demografi, esperti di salute pubblica, assessori alla sanità, tutti indicano
nei servizi sanitari di base il fattore sanitario più importante per una vita lunga e in discreta
salute. Questo significa medici di Medicina Generale appoggiati da infermieri del distretto per
visite, analisi e medicazioni a domicilio; poliambulatori con possibilità di analisi di laboratorio e
strumentali e con specialisti consultabili in tempi ravvicinati; carrozzine e girelli distribuite ai
tanti nostri anziani con qualche disabilità (certe piazzette di quartiere al mattino ne sono
simpaticamente piene).
Tutte queste cose sono presenti e potenziabili. Significa inoltre accessi brevi all’ospedale per
Day Hospital, Day Surgery, esami e terapie impegnative. E possibilità di ricoveri, sempre più
brevi, in reparti di 2° livello ad alta tecnologia e ad alto costo, per gli interventi chirurgici
maggiori, o gli inevitabili aggravamenti.
Sono considerazioni condivise da tutti, quasi banali per chi vuole programmare il Servizio
Sanitario a favore della popolazione di oggi, e ancor più se si tiene di conto del prossimo
futuro. Le risorse, i soldi di tutti, possono e devono essere indirizzate a questo tipo di Servizio
Sanitario, non a favorire interessi di aziende private (magari riunite in cordata o al
carro di qualche lobby), di Primari, di Professori di Facoltà, di politici e
amministratori.
Il nuovo ospedale vincolerà i nostri soldi per la sanità per i prossimi 10 anni, con una
ricaduta modesta sulla nostra generale salute, anzi con un peggioramento dei servizi sanitari di
base a cui verranno necessariamente tolte risorse finanziarie e umane. I soldi sono pochi: o
vanno di qui o vanno di là.
Claudio Carrara, medico di medicina generale, specialista in igiene e sanità pubblica
EX CASERME: DA VUOTI URBANI A CENTRI DELLA SOCIALITÀ
Spesso, camminando per il nostro Paese, siamo attratti
dai
cosiddetti “vuoti
urbani”:
spazi
inutilizzati,
sottoutilizzati o abbandonati al degrado, attualmente
privi di identità e relazioni, frutto di insediamenti come
capannoni, industrie, magazzini, vecchie officine,
laboratori o caserme.
Molte di queste zone fantasma sono beni appartenenti
al Demanio Militare per i quali il Ministero della Difesa
ha recentemente ordinato un’accelerazione alla loro
dismissione, seguendo quando stabilito dal federalismo
fiscale.
Tali aree, se recuperate e riutilizzate, possono essere messe a disposizione della collettività
grazie a progetti che mirino a creare e ricostruire relazioni sociali, produrre cultura, arte,
stimolare l’artigianato, l’agricoltura, forme di lavoro autogestite e attività imprenditoriali
giovanili. In Italia esistono già diversi casi di città virtuose, ad esempio Pisa, in cui il Municipio
dei Beni Comuni ha occupato e ridato alla città gli immobili dell’ex-distretto militare Curtatone
e Montanara, ribattezzato come Distretto 42.
Ulteriori casi di comuni virtuosi sono Reggio Emilia, Venezia e Bari. In quest’ultimo è
situata l’ex Caserma Rossani che diverrà un grande spazio di aggregazione culturale, sociale e
sportivo. Anche Bologna si sta impegnando per ridar vita a queste entità spesso definite come
“non-luoghi”,
attraverso
la conversione
dell’ex
area
militare
Staveco in
sede
universitaria,offrendo servizi adeguati sia agli studenti che al resto della popolazione che vive
nei dintorni.
Più vicino a noi è invece l’esperienza del Comune di Vigodarzere, il quale sta per ottenere quasi
definitivamente la concessione d’uso per scopi di Protezione Civile comunale e di distretto, e un
magazzino provinciale per il Genio Civile per finalità di Protezione Civile all’interno dell’ex
deposito militare chiuso dal 2008. Oltre a queste destinazioni d’uso, attraverso un Piano di
Valorizzazione, si potranno decidere le sorti dei rimanenti spazi dell’ex caserma.
Molteplici sono anche nel Comune di Padova le aree militari totalmente o parzialmente
inutilizzate, come la Caserma Romagnoli e Prandina. La prima, abbandonata a seguito della
legge che sospese il servizio di leva obbligatorio, presenta vari edifici militari e aree verdi
ricche di alberi. Non solo: essa si colloca in un contesto in cui sono presenti importanti
elementi naturali-paesaggistici - come il Parco Brentella - dal quale si può raggiungere l’argine
della Brentella, con le sue attività sportive e di tempo libero. A sud dell’ex Caserma, l’Istituto
Agrario rappresenta un importante luogo di formazione in campo agro-alimentare e punto
vendita di prodotti a Km0.
Anche i 49.000 mq dell’ex Caserma Prandina, che il PRG del 1957 destinava a parco pubblico,
restano ad oggi uno spazio sottratto alla cittadinanza. L’area, temporaneamente affidata alla
Prefettura, ai Vigili del Fuoco e alla Forestale, è largamente abbandonata ed al suo interno vi è
un grande spazio verde e numerosi fabbricati del Novecento, classificabili come archeologia
industriale di un certo pregio, che – anche per evitarne il degrado – potrebbero essere affidati
in auto-recupero a cooperative di giovani per avviare attività culturali, coworking, ecc.
Rivitalizzare luoghi abbandonati creando occasioni per ripristinare il tessuto sociale e attività
con finalità culturali, sociali, ricreative e di interesse collettivo, è un modo per creare fenomeni
di solidarietà sociale, ma soprattutto lavorativa e di sostegno economico.
(Puoi leggere l'articolo completo cliccando QUI)
Anna Lorenzetto, Legambiente Padova
(da Ecopolis Newsletter - aprile 2014)
QUEST'ANNO SIAMO TUTTI INVITATI A DUE
MANIFESTAZIONI CHE SI TERRANNO NEL
PARCO DI VILLA LOREDAN A STRÀ (VE)
dove saranno presenti gli stands di:
INCONTRO BIOLOGICO
e
BIO-BAR
nei giorni:
26-27-28 APRILE
WEEK END STRABIOLOGICO: tema annuale "L'APE E IL
MIELE"
2-3-4 MAGGIO
SALUTE ALLE ERBE: tra erbe aromatiche, erbe spontanee e
spezie dal mondo
VENERDI' 2 MAGGIO - ORE 20.00
SERATA CULTURAL-GASTRONOMICA: “Le erbe dei nostri veci“
dedicata alle tradizioni contadine nell'uso delle erbe, impiegate da sempre con
sapienza e rispetto nel nostro territorio veneto.
LA PRENOTAZIONE È OBBLIGATORIA
per info: 333-9593002 Davide
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"un passo indietro, per andare avanti"
QUI potete scaricare il programma con tutti gli orari e gli appuntamenti
IL 28 E 29 APRILE FIRENZE OSPITA IL
FESTIVAL DEI SEMI, DEL CIBO E DELLA
DEMOCRAZIA DELLA TERRA.
CON VANDANA SHIVA PER UNA NUOVA
ECONOMIA
Il Festival costituisce una tappa della “Carovana dei semi” una manifestazione itinerante
pensata da Vandana Shiva che porterà in Europa la voce di chi vuole un agricoltura libera da
veleni e da OGM e a favore dei semi locali e delle biodiversità.
Perché i semi della libertà?
Navdanya International è impegnata da anni nella “Campagna Globale per i semi della
libertà” per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi sull’importanza di difendere le
sementi locali, un bene collettivo quindi libero da brevetti e monopoli.
Perché un Festival?
Promosso da Seed Freedom, Navdanya International, la Fierucola con il Patrocinio della
Regione Toscana e di Banca Popolare Etica è un evento aperto a tutte le associazioni e
istituzioni che lavorano sui semi, sul cibo e per la democrazia della terra.
Un programma pensato per tutti, dai bambini ai produttori e organizzato in collaborazione con:
Rete Semi Rurali; Donne in Campo; Museo di Storia Naturale, sezione Orto Botanico di Firenze;
Community Garden con Orti Dipinti; Peliti; Associazione Italiana per l'Agricoltura Biodinamica;
Coordinamento Toscano Produttori Biologici; Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica;
Rete dei mercati contadini; Associazione Permacultura Firenze; AAM Terra Nuova; Biblioteca
delle Oblate; Sportello Eco Equo con Orti Volanti, Forum Nazionale Agricoltura Sociale, El
Tamiso, Federbio,Coop La Terra e il Cielo con Carta di Arcevia, Seed Vicious aderente Grow the
Planet, Arcoiris, Prof. Concetta Vazzana e Stefano Benedettelli Università di Firenze,
Laboratorio Sismondi Università di Pisa; Adipa; Greenpeace Firenze e altre in via di adesione.
Saranno inoltre presenti esponenti di altre associazioni europee tra cui Demeter, Red de
Semillas, Arche Noah, Open House.
La Carovana
Il 26 Aprile la comunità “Peliti” celebra in Grecia una giornata di Scambio delle varietà locali di
Semi; Il 27 Aprile la Carovana parte dalla Grecia e sarà a Firenze il 28 e 29 aprile; il 30 farà
tappa a Genova per l’incontro con Terra! Onlus, e una visita agli orti comunitari della città per
poi ripartire in direzione della Francia, dove dal 1° al 4 maggio si terranno le Giornate
Internazionali dei Semi a cura di Kokopelli.
La carovana è organizzata grazie alla collaborazione delle associazioni Peliti (Grecia), Seed
Freedon, Global Moviment, Navdanya International e Kokopelli (Francia).
La Promessa dei bambini
Il Festival si apre all’Orto Botanico con la firma della “Promessa” tra i bambini e ragazzi e
Vandana Shiva, insieme agli agricoltori custodi. La consegna alle giovani generazioni dei semi
da parte degli agricoltori è un gesto simbolico che richiama le più antiche tradizioni di
condivisione dei saperi.
Piazza SS. Annunziata, nel cuore di Firenze, è la sede del Festival. Incontri, dibattiti, il mercato
della Fierucola e della rete dei mercati contadini con la vendita e lo scambio di semi
autoprodotti, laboratori, musica.
Scarica QUI il programma della manifestazione
NAVDANYA INTERNATIONAL ITALIA - Via de' Pucci 4 - 50122 Firenze
Tel 055-286552 - http://www.navdanyayainternational.it/ - [email protected]
(da Navdanya International - aprile 2014)
AGRICOLTURA. SEMINE OGM, TAR RIGETTA LE MOTIVAZIONI DEL
RICORSO DI FIDENATO
Legambiente: “Sentenza storica. L’Italia è libera da Ogm”
ROMA - Una grande vittoria per l’agricoltura italiana di
qualità: il Tar del Lazio ha confutato tutte le
motivazioni che secondo l’agricoltore friulano Fidenato,
che vorrebbe seminare liberamente mais biotech,
avrebbero dovuto far cadere il decreto interministeriale
di agosto per il quale
“la coltivazione di varietà di MAIS MON 810,
proveniente da sementi geneticamente modificate è
vietata nel territorio nazionale fino all'adozione di
misure comunitarie di cui all'art.54, comma 3, del
Regolamento CE 178/2002 e comunque non oltre
diciotto mesi dalla data del presente provvedimento".
La sentenza del Tar si rifà al principio di precauzione in quanto sono state evidenziate le
conseguenze potenzialmente negative per l’ambiente derivanti dalla contaminazione del mais
Mon 810. “Questa sentenza – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio
Cogliati Dezza - serve innanzitutto a ripristinare la legalità: nessuno può coltivare
impunemente OGM in Italia. Il Governo Italiano si impegni quindi nel semestre europeo
affinché l’UE adotti una nuova regolamentazione che consenta agli Stati membri di vietare
coltivazioni OGM anche per ragioni economico-sociali”.
(da Dazebaonews.it - aprile 2014)
A ZURIGO IL PRIMO TAKE-AWAY
SOLO BIOLOGICO.
La Svizzera è uno dei Paesi più interessanti al
mondo per la distribuzione e il consumo di
prodotti biologici. E quindi non stupisce che dalla
Svizzera arrivi la notizia del primo take-away di
food bio.
In un centro commerciale all’interno della
stazione di Zurigo, la seconda catena della GDO
elvetica, la Migros (con una ’s’ sola perché la
Migross con doppia ’s’ è un distributore italiano)
aprirà entro sei settimane il primo take-away di
questo genere, probabilmente non solo in
Svizzera ma nel mondo (riferendosi in modo specifico alle iniziative della grande distribuzione).
Ha annunciato Rolf Fuchs, portavoce di Migros: “Sarà come un normale take-away, con pasti
caldi e freddi e bevande. La differenza, però, è che in questo punto vendita tutti gli alimenti
proverranno da agricoltura biologica”. L'assortimento comprenderà succhi di frutta, frullati,
insalate e altri articoli del genere, con un'offerta che verrà via via ampliata. Migros aprirà in via
sperimentale questo take-away - di 40 metri quadrati - il 14 giugno prossimo.
AZIENDE APERTE: AIAB RILANCIA PRIMAVERA BIO
L’agricoltura italiana ha nella famiglia il suo fulcro e anche il suo futuro. Secondo l’ultimo
censimento Istat, infatti, su un totale di 1.620.844 aziende agricole e zootecniche, circa il 99
per cento fa ricorso a manodopera familiare. Percentuali che ben inquadrano il panorama
prevalente dell’agricoltura made in Italy, fondata sulla qualità, sulla tipicità, sul legame con il
territorio.
Nell’anno nominato dall’ONU ‘Anno internazionale
dell’agricoltura familiare’, AIAB, l’Associazione
Italiana per l’Agricoltura Biologica, in linea con le
celebrazioni che si terranno in tutto il mondo, ha
deciso di dedicare proprio all’agricoltura familiare e
contadina italiana, l’edizione 2014 della ‘Primavera
Bio’, la campagna nazionale per promuovere il
biologico.
La Primavera Bio vede tutte le sedi regionali dell’AIAB impegnate a promuovere - direttamente
nelle aziende – iniziative che hanno al centro il biologico. Un approccio concreto per far
conoscere ai cittadini la produzione di cibi di alta qualità, salvaguardando l’ambiente e il
territorio. E anche tanti consigli pratici per coloro che stanno avviando orti e giardini urbani e
sono alla ricerca di suggerimenti e ispirazioni.
AIAB, proprio ricordando che la dimensione media di un’azienda in Italia è di circa 8 ettari, ben
al di sotto, dunque, dei 30 ettari che rappresentano la misura di un'azienda di grandi
proporzioni, coglie l’occasione per sottolineare ancora una volta l’importanza del modello
familiare nella produzione di cibo. Così, dal 25 aprile al 25 maggio, molte aziende biologiche in
tutta Italia aprono le porte a cittadini, studenti, insegnanti e tutti coloro che vorranno
conoscere più da vicino il mondo del biologico. In omaggio all’agricoltura familiare che in Italia
è rappresentata dalla quasi totalità delle aziende.
‘L’agricoltura familiare - dice Maria Grazia Mammuccini, vicepresidente AIAB – è tuttora il
modello più diffuso e più sostenibile per quanto riguarda la produzione alimentare in Europa e
nel mondo. Le aziende agricole a conduzione familiare producono beni pubblici e privati,
garantiscono una produzione alimentare efficiente, creano occupazione, pur conservando lo
stile di vita delle comunità rurali, ma anche le risorse naturali e la biodiversità. Gli agricoltori
familiari sono ben integrati nella rete territoriale e culturale locale e spendono i propri
guadagni soprattutto nei mercati locali e regionali, generando molti posti di lavoro
direttamente o indirettamente legati all’agricoltura'.
Obiettivo della Primavera Bio è dare la possibilità di conoscere la realtà delle aziende agricole
familiari, accorciando le distanze tra tessuto urbano e rurale e promuovendo un rapporto più
stretto e diretto tra consumatori e produttori. ‘Perché siamo convinti – dice ancora
Mammuccini - che il cambiamento degli stili di vita può avvenire solo con l’alleanza tra tutti i
soggetti coinvolti e ricostruendo connessioni tra la città e il territorio rurale’.
Il calendario è ricco di iniziative in tutte le regioni italiane: si va dalle visite alle degustazioni di
alimenti biologici, ai laboratori per adulti e per bambini, ai corsi di preparazione di alimenti.
Per un colpo d’occhio completo visitare il sito: www.primaverabio.aiab.it
(dal Bollettino Bio di Greenplanet - aprile 2014)
…per questa settimana è tutto, ma vi
lascio in buona compagnia…con le ricette
di Eleonora che ci parla di:
Farro e Orzo con erbette di campo!
Buon appetito!!!!