Il Nebbiolo in Piemonte

Il Nebbiolo in Piemonte
Il Nebbiolo ?
È sicuramente una delle varietà più esigenti, tanto da essere accostato al Pinot nero di Borgogna, infatti
al di fuori del Piemonte difficilmente trova territori atti alle proprie qualità. Anche in Piemonte non è
scontato che dia grandi risultati, ma dove trova le condizioni ideali genera vini di grande carattere, in
grado di evolvere per una decina di anni e di trasmettere ai vini le unicità del territorio. Oggi, anche se
occupa solo l’8% della superficie, rappresenta il vitigno piemontese più importante, quello che genera,
sulle colline che circondano Alba, i vini d’invecchiamento più importanti.
Un vitigno che trae le proprie origini dalle “nebbie” autunnali che avvolgono le colline delle Langhe, nel
periodo in cui gli acini raggiungono la giusta maturazione. La leggenda narra di un monaco che coltivava
una piccola vigna da cui ricavava del vino ad uso personale. Un mattino trovò la vigna avvolta da una fitta
nebbia, collegò l’evento come un ammonimento da parte del Signore e subito smise di occuparsi della
vigna per dedicarsi alle preghiere. Quando arrivò il tempo della vendemmia la nebbia scomparve,
lasciando i grappoli oramai maturi a risplendere al sole. Del nebbiolo si hanno notizie sin dal 1268, anno in
cui lo si trova citato in un documento del castello di Rivoli. Anche nel '300 si parla dell'uva "Nubiola", così
me, nel '400 il Vescovo di Torino esigeva botti di Nebbiolo invece del canone d'affitto per le terre date
in affitto della chiesa.
Già nel 1924 nella raccolta “I vini tipici d’Italia”, Arturo Marescalchi cita “ … è il vino ricavato dal vitigno
Nebbiolo, nobilissimo padre di nobili e classici vini fini rinomati, dal Barolo al Barbaresco, dal Gattinara al
Ghemme, dal Carema al Sassella. È vera nobiltà di sangue quella che porta questo vitigno, poiché sia sui
colli delle Langhe che sulle morene d’Ivrea, sulle pendici della Valtellina o dovunque dà vini di grande
distinzione. Ma, come pare fatale, più la pianta è aristocratica e più perde di robustezza o di rendimento.
Infatti il vitigno Nebbiolo è molto delicato; tarda più degli altri a venire in pieno frutto; è di
germogliamento precoce e quindi esposto ai danni dei freddi primaverili e delle brine; poco resistente agli
attacchi delle crittogame, oidio e peronospora, esige un maggior numero di trattamenti. La tardiva
maturazione della sua uva lo espone ai danni delle muffe e del marciume nelle annate a periodo
vendemmiale umido. Infine la resa del mosto dell’uva Nebbiolo è minore di quella degli altri vitigni
piemontesi; il vino è di preparazione delicata e lenta. Ragioni tutte fatte per dimostrare la poca attrattiva
a diffondere la coltura di questo vitigno quando il viticultore mira piuttosto ai grossi redditi e ad
abbassare i costi di produzione. Ma il Nebbiolo rimane però un grande vitigno, e il suo vino è uno di quelli
da mettersi nel gran libro dei migliori prodotti che onorino il nostro paese”.
La degustazione
La serata sul “Nebbiolo in Piemonte” inizia con una sorpresa, la presentazione di un Nebbiolo vinificato in
Ticino. Prodotto da Enrico Trapletti, nelle sue vigne di Coldrerio, rappresenta il primo contatto con questo
vitigno. Trapletti ci conferma che il Ticino ha un legame stretto con il Nebbiolo, infatti era già presente
prima dell’attacco della filossera ed inseguito fu rimpiazzato dal Merlot.
Questo campione dalla botte rappresenta il frutto di vigne giovani della vendemmia 2007, un vino che ha
appena concluso la fermentazione malolattica e che secondo le previsioni dovrà sostare in barrique per
altri due anni. Presenta un frutto sincero e puro, logicamente dominato dalle sensazioni date dal legno
nuovo, aromi sorprendentemente puliti. È fine e gentile, con un’estrazione tannica che, visto il
potenziale, poteva forse essere un pò più spinta. Gustativamente presenta già un buon equilibrio,
caratteristiche che non si rispecchiano nelle convinzioni di Enrico.
“Siamo solo all’inizio di un percorso, conoscendoti siamo però sicuri che il tempo ti porterà
all’elaborazione di un grande Nebbiolo”.
Langhe Nebbiolo 2006
Azienda Armando Parusso – Manforte d’Alba
È una denominazione che comprende una vasta zona della provincia di Cuneo (94 comuni), dove si
estendono i vigneti meno pregiati. Si producono diversi tipi di vini riuniti sotto l'unica denominazione di
origine controllata "Langhe", differenziati dal nome del vitigno. Vini semplici e di scarso carattere.
Solo validissimi produttori riescono a conferire a questa denominazione un certo spessore, in genere sono
vini provenienti da giovani vigne o da declassazioni delle denominazioni di Barolo o Barbaresco.
Questo è il vino che precede la gamma dei Baroli di Marco Parusso, è un vino che “educa” il consumatore
al nebbiolo, ci spiega Marco. È il frutto delle raccolte dai giovani ceppi di Nebbiolo situate in località
Ornati a Castiglione Falletto, area non autorizzata alla denominazione Barolo.
In degustazione si presenta rubino scarico ma di bella lucentezza. Al primo naso emana sfumature di caffé
e tabacco che anticipano un frutto rosso di equilibrata maturazione. Al gusto è un vino nervoso e vibrante,
la struttura tannica è di bella presenza e di buona maturità, il finale è di bella soddisfazione e ben
rinfrescato. È un vino giovane che necessita di alcuni mesi di affinamento in bottiglia, una volta raggiunto
il giusto equilibrio darà belle soddisfazioni. Il rapporto qualità-prezzo è molto interessante. Consumo: dal
2009.
Nebbiolo d’Alba Valmaggiore 2004
Azienda Luciano Sandrone - Barolo
L’area destinata alla produzione del Nebbiolo d’Alba, come dice il nome, è compresa nei dintorni d’Alba,
limitatamente ai vigneti non compresi nei disciplinari del Barolo, del Barbaresco e del Roero. Sono vini
non troppo impegnativi e strutturati. Le migliori espressioni corrispondono ai vini prodotti nei vigneti ad
est del fiume Tanaro nei comuni di Priocca e Vezza d’Alba, dove importanti produttori elaborano vini
completi e di spiccate sensazioni.
Luciano Sandrone ha una forte passione per il Nebbiolo e per questo motivo dal 1994 vinifica, sotto questa
denominazione, le uve raccolte nella vigna Valmaggiore a Vezza d’Alba, 3 ettari che potrebbero anche
essere etichettati come Roero Valmaggiore. La collina è caratterizzata da forti pendenze, vigne esposte
verso sud–sud/ovest con impianti ad alta densità (8000 ceppi per ettaro) disposti su un terreno molto
sabbioso. Dopo il periodo estrattivo il vino riposa in fusti da 500 litri di secondo passaggio.
Si propone in una veste vivace di media intensità. Propone aromi che ricordano, l’amarena, la ciliegia
nera, i fiori appassiti, … note che si amalgamo bene con equilibrate sfumature speziate. Sensazioni che
con l’evoluzione confluiscono in un elegante ed intrigante bouquet. Al gusto si presenta ricco e morbido,
la trama tannica è vigorosa ma di bella estrazione, il finale è completo per sensazione e consistenza e
sempre ben rinfrescato da una piacevole acidità che conferisce al vino bevibilità. Una intrigante e
godibilissima espressione del vitigno.
Gattinara Osso San Grato 2001
Azienda Antoniolo - Gattinara
Il Gattinara si produce nell’omonimo comune situato in provincia di Vercelli, dove il Nebbiolo è detto
anche Spanna. Il vino in questa zona trova ha radici molto profonde nel passato, ma solo nell’ultimo
decennio alcuni produttori hanno trovato la forza e la volontà di evolversi per restare al passo con quelli
delle principali denominazioni piemontesi.
Fondata nel 1948 da Mario Antoniolo, l'omonima azienda agricola, si è imposta sin dall'inizio con l'obiettivo
della valorizzazione dei vini di Gattinara. La direzione negli anni '80 è stata assunta dalla signora Rosanna,
che con l'aiuto dei figli Lorella e Alberto, produce e imbottiglia i vini DOC e DOCG provenienti
esclusivamente dai vigneti di proprietà, superficie che raggiunge oggi 12 ettari per lo più occupati dal
Nebbiolo. "Osso S. Grato" è un cru che si estende su 5.5 ettari, qui i ceppi di Nebbiolo furono impiantati
all’inizio degl’anni ’60 su terreni di origine vulcanica rivolti verso sud, la resa è di 50 hl. per ettaro. Il vino
si stabilizza in botti di rovere di media capacità per un periodo di 30 mesi.
Che gran bella sorpresa, a dire il vero non conoscevamo nè il vino nè il produttore, ma si rivela per
tipicità, franchezza, … un vero Nebbiolo. Il colore è granato scarico, colore che contraddistingue i vini
maturati in botti grandi. Olfattivamente si esprime con un carattere in continua evoluzione, cioè un
bouquet complesso di fiori e frutta secca, è terroso e presenta sfumature di sotto bosco, il tutto ben
rinfrescato da note di menta secca. In bocca è rigoroso e diretto, ha nerbo e una trama tannica non
finissima ma da Nebbiolo. Le sensazioni finali restano per lungo tempo lasciando la bocca ben asciutta. Un
vino non immediato e per amanti-conoscitori.
Carema Etichetta Nera 1999
Azienda Ferrando - Ivrea
Quanta fatica si fa qui a lavorare la vigna. Il comune di Carema è abitato da poche centinaia di anime, si
trova all’imbocco della Valle d’Aosta, i suoi vigneti sono posizionati su ripidissimi terrazzamenti scavati
nella roccia. Le vigne, coltivate con impianti a pergola in pietra, raggiungono i 700 metri d’altezza, pendii
che permettono esclusivamente pratiche manuali.
È una denominazione ai più sconosciuta, la superficie si estendo su soli 16 ettari, dove oltre alla
Cooperativa Sociale locale solo poche aziende riescono ad operare. La famiglia Ferrando è attiva da ben
cinque generazioni, infatti l’azienda fu fondata ne 1890. L’Etichetta Nera è il vino di maggior spicco,
prodotto esclusivamente nelle annate favorevoli, è frutto di una selezione delle migliori uve vendemmiate
nei 2.5 ettari di vigneto che i Ferrando lavorano a Carema; la produzione è di sole 3'000 bottiglie annue.
Si veste di colore granato di buona intensità. Gli aromi esprimono maturità e freschezza allo stesso tempo,
nel bicchiere si sviluppano note di cuoio, frutti di bosco, radici, liquirizia e nobili speziature. L’attacco in
bocca è morbido e carnoso, i tannini, benché sia passato quasi un decennio, sono ancora molto presenti
ma ben integrati nella struttura generale. Il finale di bocca accompagna l’insieme delle sensazioni per
lungo tempo. Molto buono.
Roero Roche d'Ampsej 2001
Azienda Matteo Correggia - Canale
Le terre collinari del Roero si estendono ad ovest del fiume Tanaro e della città di Alba, in provincia di
Cuneo. Il paesaggio è vario, ricco di vallate profonde, di versanti scoscesi, di colli variamente coltivati a
vite ed a frutteto. Il panorama è ricco di torri e castelli arroccati sulle cime delle colline, testimonianze
che raccontano l’epopea di Casati perennemente in lotta tra loro. Il nome trae le proprie origini dalla
Casata dei Rotàri, dinastia molto potente all’epoca che estendeva il proprio dominio sull’intera area,
terre che corrispondono agli attuali confini. I vini del Roero già in passato avevano un’importanza
rilevante fino raggiungere la tavola dei Duchi di Savoia. È l’ultimo dei grandi Nebbioli ad ottenere la
Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
L’azienda di Matteo Correggia, prematuramente scomparso alcuni anni fa, è ora diretta dalla moglie
Ornella e ha sede a Canale, il principale comune della zona. I 20 ettari sono occupati, in gran parte, dal
Nebbiolo, dal Barbera, dal Bracchetto e dall’Arneis, cioè le classiche varietà locali.
Il prestigio e l’orgoglio della cantina è dato dal Ròche d’Ampsej un vigneto di 3 ettari situato a Canale,
vigne collinari di 25 anni di età esposte da sud-est a sud-ovest.
Lo spettro olfattivo ci propone sfumature di viola appassita, prugna e mora ben mature, note che si
integrano bene con quelle boisé apportate dalla barrique dove matura il vino. L’entrata in bocca è
strutturata, ricca e grassa, chiusa da una forte ed aggressiva percezione dei tannini che rendono il finale
un po’ asciutto e ruvido e non molto elegante. Necessita di un’ ulteriore maturazione in bottiglia, anche
se pensiamo che non si ammorbidirà più di tanto, è un vino dallo stile moderno. Un vino ideale per piatti
succulenti.
Barolo 2004
Azienda Armando Parusso – Manforte d’Alba
Barolo è con Barbaresco il vino piemontese più conosciuto nel mondo. La denominazione occupa una
superficie di circa 1'500 ettari in corrispondenza con i migliori vigneti di Barolo, La Morra, Castiglione
Falletto, Monforte e Serralunga d’Alba, Grinzane Cavour, Verduno, Novello, … comuni situati a sud-est di
Alba. Vista l’estensione e i parametri del disciplinare non molto restrittivi non tutti i vini presentano un
carattere e una struttura di prima qualità. Solo i produttori che hanno elevato i loro parametri qualitativi,
selezione delle uve e rendimenti limitati, oltre che ad un’attenta vinificazione, sono in grado di esprimere
le vere potenzialità di alcuni territori.
Marco Parusso dirige, con l’aiuto della sorella, la rinnovata cantina situata nell’anfiteatro della Bussia a
Monforte d’Alba. È una persona che non ha timore nel difendere con veemenza le proprie convinzioni e
che non si adagia sugli allori ma è in grado di mettersi in discussione ad ogni vendemmia, modificando le
proprie scelte, se necessario. Se in vigna è da considerare un artigiano in cantina si trasforma in un
tecnico che sfrutta al massimo la tecnologia a disposizione, il tutto per dare vini di grande eleganza,
finezza, equilibrio e digeribilità. Questo vino rappresenta il Barolo “classico” ed è il frutto di una cuvée
delle giovani vigne dei suoi prestigiosi “crus” di Monforte d’Alba e Castiglione Falletto: Mariondino, CosteMosconi e Bussia.
Questo vino è un bèbè appena nato, infatti è commercializzato solo da pochi giorni. L’annata è di quelle
da incorniciare ed offre ai produttori locali, grandi speranze per il futuro. Cromaticamente presenta un
colore rubino vivace e di bella estrazione. Gli aromi necessitano tempo ed ossigenazione per affinarsi. Poi
nel bicchiere si susseguono sensazioni di frutta rossa matura con ricordi di cassis, ciliegia ed un’equilibrato
dosaggio dell’uso della barrique. Al gusto esprime con coerenza la filosofia di Marco Parusso, è armonico
nelle sue componenti e invoglia alla consumazione, la struttura è vellutata, anche se naturalmente da
ammorbidire; una bella freschezza e una piacevole nota minerale completano un ricco finale. Sicuramente
è un vino che non avrà paura a sfidare il tempo, ma che sfata la radicata convinzione che il Barolo sia un
vino difficile da affrontare, e da consumare solo dopo un decennio.
Barbaresco Bric Ronchi 1999
Azienda Albino Rocca - Barbaresco
Nell’area del Barbaresco la lavorazione della vigna è di antichissime origini infatti era già praticata in
epoca romana grazie alle colonie che abitavano la zona. La zona di produzione si sviluppa sulle colline che
sovrastano il fiume Tanaro a nord-est della città di Alba, nei territori di Barbaresco, Treiso e Neive. Qui il
“Nebiùl” era già citato nel 1200 e occupava gran parte della coltivazione in quanto il Barbera ed il
Moscato non erano ancora conosciuti. Alla fine degli anni ’50, grazie alla fondazione della cooperativa i
Produttori del Barbaresco ha inizio la vera storia di questo vino, perché, fino ad allora, le uve erano
vinificate come vino generico da pasto. Negli anni ’60 grazie al genio di Angelo Gaja il Barbaresco
raggiunge la ribalta internazionale, vini tuttora tra i più prestigiosi al mondo.
Angelo Rocca prosegue il lavoro in queste terre iniziato dal padre Albino, è una persona fine e discreta,
sempre disponibile a parlare del proprio lavoro. Le pratiche sia in vigna che in cantina sono sempre
attente e finalizzate ad ottenere vini di struttura che favoriscano classe e finezza. Due sono i crus
occupati dal Nebbiolo da Barbaresco: il Vigneto Loreto ed il Bric Ronchi.
La frazione Ronchi circonda la bella cantina, la proprietà comprende un blocco unico di 5 ettari. Le vigne,
di età variante tra i 40-60 anni ed innestate da papà Albino, guardano verso sud-est ad un’altezza di circa
240 metri e poggiano su terreni di origine calcarea.
Si presenta con un bellissimo colore granato molto luminoso che non dà segni di cedimento. Esprime
intensi aromi che esaltano note terrose, sottobosco, tartufo, frutta nera e secca completate da una
equilibrata sfumatura boisé. Al gusto è austero e rigoroso, carnoso e masticabile, la trama tannica,
sebbene siano passati diversi anni dalla vendemmia, mostra un incredibile vigore, ma una nobile
estrazione che lo rendono un vino di lunga durata. Un vino che sembra ancora scontroso ma che ha grande
personalità e potenzialità, raggiungerà il perfetto equilibrio solo tra alcuni anni. Grande Barbaresco che
probabilmente non piacerà agli amanti dei vini immediati, ma fa niente, piace tantissimo a noi.
Barolo Cannubi Boschis 1998
Azienda Luciano Sandrone - Barolo
La tradizione locale prevedeva di imbottigliare sotto un’unica etichetta i vini provenienti dalle varie
parcelle, pur se vinificate separatamente. Negli ultimi 10-15 anni si è invece diffusa l’usanza di
denominare i vini con il nome della singola vigna, cosi da rappresentare in modo fedele le caratteristiche
conferite dai diversi “terroirs”. Da questo momento vari crus come il Cannubi a Barolo, il Brunate e il
Cerequio a La Morra, il Monfortino a Serralunga d’Alba e il Bussia a Monforte d’Alba sono divenuti
d’importanza assoluta.
Luciano Sandrone è una persona gentile, discreta, che ha saputo imporsi grazie alle sue grandi qualità. Pur
non vantando tradizioni famigliari, il padre era falegname, inizia da giovane il lavoro in vigna ed in cantina
per le più conosciute aziende di Barolo, fino a diventare indipendente con la vendemmia 1978, anno in cui
furono prodotte esclusivamente 1'500 bottiglie andate subito a ruba. La sua bellissima cantina si trova
nella parte bassa di Barolo, di fronte alla collina di Cannubi, dove si dice, sia nato il Barolo. Oggi con
l’aiuto del fratello Luca e della figlia gestisce 26 ettari, parte di proprietà e parte in affitto, parcelle che
si sviluppano nelle terre di Barolo, Monforte d’Alba, Novello e Vezza d’Alba. Vigneti che hanno contribuito
ad affermare a livello internazionale i vini delle Langhe. La capacità produttiva annua si attesta sulle
100'000 bottiglie oggi distribuite in tutto il mondo. Questa è la quantità ideale per garantire una
eccellente qualità, infatti non tutta la produzione è imbottigliata, dopo le selezioni circa il 10-15% dei vini
sono venduti sfusi”.
Luciano ha una forte passione per il Nebbiolo e per questo motivo nei primi anni ’80 acquisisce 2 ettari di
vigne sulla collina di Cannubi in frazione Boschis, vigneto di rinomanza internazionale. La superficie è
frazionata in 9 piccole parcelle con piccole variazioni di esposizione, infatti le uve sono vendemmiate in
tre fasi diverse in genere nella seconda settimana di ottobre.
Rappresenta un’istituzione dell’enologia italiana, un vino di grande eleganza.fascino e discrezione; sono
anche i concetti che racchiudono la personalità di Luciano Sandrone. I profumi sono discreti, caldi e dolci:
confettura di ciliegie, more e prugna, integrate con sfumature di chiodi di garofano e liquirizia, … il tutto
rinfrescato da una vena balsamica. L’attacco è morbido e soave, la percezione tannica è ancora ben
presente ma vellutata e ben rinfrescata da un’equilibrata acidità e da una piacevole sapidità. Il lungo
finale ne conferma l’assoluta distinzione. Grande vino.
Questa sera abbiamo assaggiato dei vini diversi in tanti particolari, fattori che confermano come il
Nebbiolo sia in grado di esprimere l’unicità del territorio piemontese.Vini magari non immediati e di non
facile interpretazione ma con una loro personalità decisa e spiccata.
Noi sposiamo appieno la citazione di Gabriele Bava, relatore della serata: “Si può girare il mondo per
conoscere altri vini, ma a morire si ritorna in Borgogna o in Piemonte….”
Stefano & Giorgio