La sigillata focese (Phocaean Red-Slip/Late Roman C Ware)

La sigillata focese (Phocaean Red-Slip/Late Roman C Ware)
1. Inquadramento generale
Le caratteristiche dell'impasto della sigillata focese e della sua tecnica di produzione sono note da
tempo1. L'impasto varia in colore dal rosso scuro violaceo al rosso arancione. E duro, compatto,
liscio al tatto e dalla frattura netta. Molto spesso presenta inclusi calcarei bianchi o gialli di varia
grandezza, che possono arrivare a dare un effetto puntinato, specialmente nel caso degli esemplari
con colore di fondo più scuro. Il rivestimento, che quasi sempre copre tutta la superficie a cui
aderisce bene fino al punto di fondersi con essa, è una versione sottile della stessa argilla
dell'impasto, e presenta più o meno lo stesso colore. Generalmente è opaco, anche se può assumere
un'iridescenza metallica. L'orlo si differenzia a volte dal resto del vaso perché, essendo rimasto
esposto nell'impilamento durante la fase di cottura, ha assunto un colore grigio o nero, oppure, nel
caso della presenza di molti inclusi calcarei, biancastro. L'interno dei vasi è ben pulito, mentre
l'esterno mostra spesso evidenti segni di lavorazione.
L'inquadramento di questa ceramica dato da Hayes resta molto valido ancora quasi un quarto di
secolo dopo la sua pubblicazione originaria2. La sua tipologia di dieci forme (Figg. 1-5), delle quali
la 3 e la 10, da essa derivata coprono la maggioranza della produzione, e il suo repertorio di motivi
decorativi stamp~gliati sono ancora utilizzati universalmente. E sintomatico che in un'opera che
revisiona ampiamente il lavoro di Hayes per quanto riguarda la ceramica africana ci si sia limitati,
per la sigillata focese, a dare un breve sunto delle pagine di Hayes3, e ancora che lo stesso Hayes
non abbia sentito la necessità, in una recente pubblicazione, di aggiungervi nuovi elementi4.
Nuovi dati sono tuttavia emersi sui siti di produzione. Le officine focesi sembrano responsabili della
quasi totalità delle esportazioni5, il che giustifica la nuova denominazione di "Phocacan Red-Slip
Ware" o sigillata focese, che va affermandosi nelle pubblicazioni recenti. Esiste però almeno un
altro sicuro centro di produzione, a Grynion, un centro costiero a nordovest di Focea e la probabilità
di una moltitudine di altri ancora6.
Per quanto riguarda la cronologia si possono aggiungere soltanto leggeri ritocchi, come quelli che
lo stesso Hayes ha anticipato in apertura di questo convegno7. La datazione delle prime varianti
della forma 3, già problematica per Hayes8, rimane tuttora dibattuta. Il contesto di S. Giacomo degli
Schiavoni suggerisce a Roberts, per esempio, che la versione evoluta, di grandi dimensioni, della
forma 3 non sia contemporanea alle forme 1 e 2 ma che dehha cominciare dopo 1420/4309. Al
contrario altri studiosi vorrebbero anticipare la cronologia della forma 3 ad una data alquanto
precedente la metà del V secolo10. Va tuttavia segnalato che l'ampia anticipazione dell'inizio di
1
La prima definizione di questa classe, come "Late Roman C Ware", risale a WAAGÉ 1933, p. 298. Lo stesso autore la
descrive di nuovo inWAACÉ 1948, p.48. Una delle descrizioni più complete si trova in HAYES 1972, pp. 323-324. Più
recentemente c'è ancora quella di MAYET-PICON 1987, pp. 130 e 135 (tab. 1 con i risultati delle analisi dell'impasto).
2
HAYES 1972, pp. 323-370; HAYES 1980, pp. 525-527.
3
CARANDINI 1981; altrettanto fa Raynaud 1993.
4
HAYES 1992, pp. 5-7
5
EMPEREUR-PJCON 1986, p. 145; MAYET-PICON 1986, p. 133.
6
EMPEREUR-PICON 1986, pp. 143-45. La notizia dell'identificazione di un'officina a Efeso sulla base di scarti di
fornace e materiale di seconda e terza scelta viene messa in dubbio dalla contemporanea rivendicazione della
produzione a Efeso di vari altri prodotti ceramici che non possono tutti provenire dallo stesso centro: OUTSCHAR
1993, p. 43.
7
Cfr. REYNOLDS 1995, P. 147, per una presentazione schematica delle datazioni dei tipi.
8
HAYES 1980, p. 526.
9
ALBARELLA et al. 1993, p. 171.
10
WILLIAMS 1989, p. 46, in particolare; cfr. anche WILLIAMS-ZERVOS 1982, p. 136.
questa forma, e in generale della sigillata focese, suggerita da Bottger sulla base della stratigrafia di
Fig. 1
Iatrus-Krivina, è infondata in quanto le datazioni della stratigrafia di quel sito risultano inaffidabili,
Fig. 2
mentre la proposta di Opait di porre l'inizio della forma Hayes 3 al 375-435 non viene suffragata da
argomenti11.
11
BOTTGER 1982, pp. 60-62; OPAIT 1985, p. 159. MACKENSEN 1991 è tutto volto a demolire gli argomenti di
Bottger e pure la proposta di Opait viene scartata (p. 94 con nota 82).
Fig. 3
F
ig. 4
2. La diffusione in Italia
La conoscenza della diffusione della sigillata focese in Italia ha progredito molto rispetto al 1972,
quando Hayes segnalò, sia pur dubitativamente, un esemplare a Ventimiglia e accennò a qualche
esemplare in Sicilia, Lucania e Puglia e a Cosa12, e ancora rispetto al 1980, quando lo stesso
studioso riportò notizie di presenze della classe in Puglia, a Sepino e a S. Giovanni di Ruoti e
12
HAYES 1972, pp. 326, e p. 416, con nota 4.
Fig. 5
accennò a materiale ravennate13. Ora la sigillata focese è attestata, con sicurezza o probabilità, su 40
siti della Penisola, della Sicilia e della Sardegna (cfr. l'elenco delle attestazioni in Italia con la
relativa carta di diffusione: Fig. 6).
La sigillata focese si profila dunque come l'unica presenza orientale largamente diffusa tra la
ceramica fine tardoantica in Italia14. E ancora difficile però valutare la sua importanza. Le
13
HAYES 1980, p. 526
Si attesta la sigillata cipriota tardoantica per ora su tre siti italiani, sempre in associazione con la sigillata focese. Si
tratta di Classe (con tre frammenti attribuiti a Hayes 1, che sono invece Hayes 2: MAIOLI 1983, pp. 90, 106); Valle del
Biferno (un esemplare Hayes 2: CANN-LLOYD 1984, pp. 431-433); Oppido Lucano (frammenti non specificati:
GUAETIERI FRACCHIA 1995, p. 129); Sperlonga (SAGUÌ 1980, p.494, nota 49). Dall'ultimo sito provengono due
14
attestazioni della classe in molti siti, specialmente quelli più a nord, sembrano consistere in pochi
esemplari. Viene da chiedersi tuttavia quanto ciò dipenda in generale dalla nascita piuttosto recente
d'interesse per la tarda antichità, e specificamente dal mancato riconoscimento della classe15.
D'altronde esistono siti dove si sa che la sigillata focese raggiunge una certa consistenza. La villa di
Agnuli a Mattinata offre il caso più impressionante, con la focese addirittura maggioritaria, al
57,86%16. Ad Otranto essa è in rapporto di circa 1:3 rispetto alla sigillata africana 17, mentre a Napoli
conta una massima presenza percentuale di 9,1% nell'ambito della ceramica fine a Carminiello ai
Mannesi, tra gli ultimi decenni del V e l'inizio del VI secolo18.
Per quanto riguarda la cronologia delle importazioni di questa classe in Italia, esse appaiono
concentrarsi soprattutto nella seconda metà del V secolo e nella prima metà del VI. Gli esemplari
databili prima della metà del V secolo - forme 1, 2 e 4 - sono rari, anche se non assenti. Sono
frequenti quelli degli anni centrali e finali del V secolo: forme 3B-E, 4, 5 e 8. Sono ancora ben
rappresentati i tipi databili alla prima metà o agli anni centrali del VI secolo: forme 3F, 3H, 6, 7 e
forse 9. Finora la forma tipica del tardo VI secolo e della prima metà del VII, la Hayes 10, è
attestata su quattro siti: Mattinata, Otranto, Portus e Albenga.
E’ opportuno considerare il mercato della sigillata focese in Italia nel quadro più ampio delle
esportazioni in Occidente19. Nell'area occidentale, ma ad est dell'Italia, la sigillata focese compare ad
Olimpia, luogo normalmente rifornito di ceramica fine da fonti occidentali (prima con la sigillata
italica e poi con le produzioni C e D dell'africana20. È attestata, soprattutto con la forma Hayes 3, sul
versante orientale dell'Adriatico, dall'Albania fino in Slovenia21. Ad ovest dell'Italia le attestazioni
della sigillata focese sulla costa meridionale della Francia si collegano bene con le sue presenze
lungo il Tirreno in Italia: è notevole che compaiano non soltanto esemplari della forma 3 ma anche
della 1022. La Penisola Iberica ha attestazioni lungo le coste mediterranee e in Portogallo, tra le quali
soltanto pochi esemplari di forma identificabile non appartengono alla Hayes 323. La classe è
attestata sulla costa atlantica della Francia, a Bordeaux24. Infine la sua presenza su siti celtici
frammenti Hayes 2 di vasi diversi, conservati all'Istituto d'Archeologia dell'Università di Roma "La Sapienza". Rimane
da vedere se le ricerche future porteranno a un quadro di presenze più che occasionali, come è successo negli ultimi due
decenni per la sigillata focese, anche se è difficile che possa mai rivaleggiare con essa. Ancor più isolate sono le
attestazioni di frammenti egiziani a Rosignano Marittimo (Pasquinucci et al., in questo volume) e Classe (MAIOU 1983,
pp. 90, 106) e nell'ultimo caso l'identificazione è peraltro molto dubbia.
15
Cfr. ROTH-RUSI 1990, p. 938, per la supposizione che spesso in Occidente la classe non sia stata riconosciuta in
quanto presenza minoritaria.
16
Volpe et al., in questo volume.
17
ZEZZA 1983, p. 257; il confronto tra le quantità indicate per la sigillata africana da GIANNOTTA 1992, p. 48 (92
esemplari) e quelle per la sigillata focese a p. 59 (34 esemplari: ma le singole attestazioni riportate sommano 32)
conferma questo dato.
18
SORICELLI 1994, pp. 148-149.
19
19 Per un primo inquadramento, con 19 siti, cfr. MAYET-PICON 1986, pp. 130-131. ROTH-RUBI 1990 discute la
sigillata focese nel quadro della ceramica fine tardoantica dell'Occidente: cfr. in particolare pp. 937-938. Da ultimo
REYNOLDS 1995 comprende questa classe: cfr. specificamente pp. 34-36 e la carta di distribuzione a fig. 162.
20
Cfr. MARTIN 1996, p.128, per una prima notizia sulla presenza della classe. Si tratta di un frammento Hayes 1, due
frammenti Hayes 3 e sette frammenti pertinenti a quattro vasi non identificabili.
21
Cfr. MACKENSEN 1987, pp.237-239, per un elenco di attestazioni; DVORZAK SCHRUNK 1989, pp.97-101, indica
l'importazione sistematica della sigillata focese a Spalato, che durò forse più a lungo che altrove nell'area adriatica a
giudicare dalla presenza di un esemplare Hayes 10; nel suo studio riporta anche molto materiale da altri siti del versante
orientale dell'Adriatico; anche VIDRTH PERKO 1992, p.95, dà indicazioni per attestazioni della focese in Slovenia, che
si datano al VI secolo.
22
Cfr. ROTH-RUSI 1990, pp. 960-961, per un riassunto con relativa bibliografia su Marsiglia e Saint-Estève. Per un
quadro più completo di siti con attestazioni, senza però la relativa bibliografia, cfr. C.A.T.H.M.A. 1991, p. 28, fig. 2.
Cfr. anche REYNOLDS 1995, p. 162, per Marsiglia.
23
JARREGA DOMINGUEZ 1991, pp. 85-87, presenta un inventario di esemplari di sigillata focese in Spagna, in cui Si
hanno, oltre a esempiari Hayes 3 e non identificati, un numero non specificato di Hayes 2,4 e 10A; NIETO PRIETO
1984, p.543, conosce un esemplare di Hayes 2C e tre di Hayes SA nell'intera Penisola Iberica; MAYET 1991, pp. 375376, pubblica ancora un esemplare Hayes 6 (?), due Hayes 8 e uno Hayes 10. Cfr. anche REYNOLDS 1995, p. 162.
24
MAYET PICON 1986, p.130, con nota 8.
nell'Ovest dell'Inghilterra, in Galles e addirittura in Irlanda, testimonianza di contatti marittimi
diretti con il mondo mediterraneo, è nota da molto tempo25. Si tratta dunque di un fenomeno esteso a
tutte le coste mediterranee e perfino atlantiche dell'Europa occidentale26.
Recentemente il Reynolds ha tentato di stabilire differenziazioni nei flussi commerciali tra l'Oriente
e l'Occidente lungo rotte caratterizzate dalla presenza di diversi insiemi di prodotti ceramici
orientali27. Secondo questo schema le attestazioni della sigillata focese in Italia sarebbero dovute a
due rotte primarie e ad una secondaria. L'Italia meridionale e la Sicilia, dove Siracusa in particolare
avrebbe funzionato da centro di ridistribuzione, farebbero parte di una delle rotte primarie:
dall'Oriente ad Alicante e Cartagena, lungo la quale sono attestate anche ceramiche comuni orientali
e la lucerna del tipo Bailey Q 333928. Ravenna sarebbe stata rifornita forse secondariamente,
attraverso Cartagine e la Sicilia orientale, piuttosto che direttamente dall'Oriente come la costa
dalmata29. L'altra rotta primaria proposta per l'Italia riguarda i flussi verso Napoli e Roma,
caratterizzata dalla presenza di molte anfore orientali ma di poca sigillata focese30, e da tenere
distinta dalla rotta verso Marsiglia, dove la sigillata focese sarebbe più frequente31. Il tentativo di
individuare tendenze specifiche è lodevole, anche se rimane da verificare quanto si possano
accettare le rotte suggerite per l'area occidentale. Mentre non sembrano esserci dubbi sul diverso
approvvigionamento dell'area britannica e del Mediterraneo occidentale, in quanto nei siti britannici
prevalgono nettamente le importazioni orientali rispetto a quelle africane, si può dubitare su altri
punti e quindi sulle conclusioni che ne derivano. Per esempio, la sigillata focese sarebbe più
frequente, secondo Reynolds, a Marsiglia rispetto a Napoli, e ciò farebbe pensare a rotte di
rifornimento distinte. Ma lo è veramente? L'attestazione della sigillata focese lungo tutta la costa
tirrenica costituisce piuttosto un argomento contrario.
I motivi dell'importazione della classe in Italia e in generale in Occidente durante questo periodo
sono ancora da spiegare. In precedenza si suggeriva che la causa dell'impianto della produzione
della sigillata focese e della sua importazione in Occidente fosse la fondazione del regno dei
Vandali in Africa, che avrebbe interrotto o comunque danneggiato i rapporti commerciali tra
l'Africa e le regioni rimaste imperiali32. Recentemente si tende a usare maggiore cautela, suggerendo
una concomitanza di fattori, uno dei quali sarebbe stato eventualmente costituito dai Vandali33.
Prima dell'arrivo dei Vandali, già verso il 400, la sigillata focese era la ceramica fine preferita a
Costantinopoli34 e, come abbiamo visto, ci sono segni della sua importazione anche in Italia. La
domanda del nuovo mercato costantinopolitano potrebbe aver dato l'impulso decisivo per il sorgere
della sigillata focese35. È possibile anche che questa ceramica beneficiasse dello sfruttamento
dell'allume a Focca come merce di accompagnamento36.
Meno attenzione è stata data alla fine delle importazioni in Occidente. Per la Penisola Iberica si è
proposto di vederla in rapporto con la riconquista bizantina delle regioni meridionali e con la
conseguente interruzione di relazioni tra l'impero e il regno visigoto37: ipotesi che perde forza di
25
25 HAYES 1972, pp.422-423; HAYES 1980, p. 525. FULFORD 1989 discute la questione delle importazioni nelle
isole britaniche e fornisce la bibliografia relativa. Cfr. anche REYNOLDS 1995, p.162.
26
Sembra essere rara in Africa settentrionale: REYNOLDS 1995, p. 162, conosce tre esemplari di Hayes 3.
27
REYNOLDS 1995, pp.132-135.
28
Ibid., p 133
29
Ibid., pp. 133-134, con le importazioni alla villa di S. Giovanni di Ruoti considerate come possibile riflesso di questi
traffici verso Ravenna
30
Ibid., pp 133-134
31
Ibid., pp. 134-135.
32
WAAGÉ 1948, p. 56; D ANDRIA 1977, pp. 79 e 86.
33
Cfr. in particolare MACKENSEN 1987, pp. 240-241. SORCE 1994, p. 141, si limita a notare la concomitanza.
NIETO PRIETO 1984, pp. 544-545, nega la rottura dei rapporti tra l'Africa e la penisola iberica, accettando al massimo
un certo calo nelle importazioni africane, che avrebbe lasciato qualche spazio alla sigillata focese.
34
HAYES 1992, pp. 5-7.
35
HAYES 1992, p. 7.
36
EMPEREUR-PICON 1987, p. 145.
37
NIETO PRIETO, p. 547
fronte alla constatazione che le importazioni della sigillata focese cessano in tutto il Mediterraneo
occidentale, con pochissime eccezioni, intorno alla metà del VI secolo.
Attestazioni della sigillata focese in Italia (Fig. 6)
1 - Marano: un esemplare 3C (cfr. Villa, in questo volume)
2 - Invillino: tre esemplari 3E, uno 3F, uno probabilmente 3F e due simili a 3F (MACKENSEN
1987, pp. 235 -236)
3 - Comacchio: un esemplare 3E/F (ALFIERI 1966, p. 29, fig. 10h. L'identificazione è dovuta a
MACKENSEN 1987, p. 237)
4 - Ravenna: un esemplare 3E/F (MACKENSEN 1987, p. 239, nota 60)
5 - Classe: dieci esemplari 3E/F (MAIOLI 1983, pp. 90, 94, 104-106.C)
6 - Castelfidardo: un esemplare 3E, due 3E/F, due 3F, e uno di fondo stampigliato (MERCANDO
1979, pp. 148-149. Cfr. MACKENSEN 1987, p,237, nota 57, per le attribuzioni specifiche degli
esemplari Hayes 3; SORICELLI 1994, p. 141, per l'identificazione del frammento di fondo
stampigliato)
7 - Portorecanati: un esemplare 3F (MERCANDO 1979, p. 254. Cfr. MACKENSEN 1987, p. 237,
per l'identificazione)
8 - Val Pescara: vari esemplari di 3D, 3E e 3H da sette località (cfr. Siena e Troiano, in questo
volume)
9 - San Giacomo degli Schiavoni/Valle del Biferno: un esemplare 1A, due 1B, sei 2A, tre 3 (varianti
piccole) da San Giacomo (ALBARELLA et al. 1993, pp. 167-171); altri esemplari lA-lD e 2 da San
Martino in Pensilis e altri siti nella Valle del Biferno (ibid., p. 170); un esemplare di 1A, due 2,
cinque 3 (di cui quattro antichi) dal territorio del Biferno Valley Survey (CANN-LLOYD 1984, pp.
431-434)
10 - Sepino: un esemplare 8 (HAYES 1980, p. 526; BERGAMINI 1985-86, p. 109)
11 - Mattinata: esemplari 3, 5, 6, 7 e 10A (Volpe et al., in questo volume)
12 - Egnazia: molti esemplari 3, tra cui due 3B/C e uno 3E (D'ANDRIA 1977, pp. 7980. Le
attribuzioni si hasano sulle illustrazioni a Tav. I. 4-6)
13 - Oria: un esemplare 3B(?) e alcuni frammenti non identificabili (YNTEMA 1993, pp. 40, 97,
106 e 115)
14 - Valesio: alcuni frammenti non specificati (YNTEMA 1993, p. 40, nota 26, e ID. 1995, p. 275,
nota 13: ambedue con riferimento a BOERSMA 1990, p. 95, fig. 12, che non ho potuto consultare)
15 - Otranto: un esemplare 1D, uno 3B, quattordici 3C, uno 3D, tre 3E, dieci 3F, uno 3H, uno 4, uno
5, uno 8, e frammenti di fondo non identificati (SALVATORE 1982, p. 60; ZEZZA 1983, pp. 2s22s4 e 260); un esemplare 3B, otto 3C, uno 3D, due 3E, otto 3F, uno 3G, quattro 3 (varianti piccole),
tre 3 (non meglio identificabili), tre proloabili 3, uno 10A (GIANNOTTA 1992, pp. 59-61)
16 - Vitigliano: due esemplari 3C e uno 3E (BELOTTI 1994, p. 260)
17 - Torre S. Giovanni di Ugento: non specificato (GIANNOTTA 1992, p. 59)
Fig.6 – Siti con attestazioni di sigillata focese.
18 - Alezio: un esemplare 3C (GIANNOTTA 1981, p. 229)
19 - Cutrofiano: un esemplare 1A, due 3B, tre 3C, tre 3D, due 3E, due 3F, un 3 non meglio
identificabile, tre non identificati (MELISSANO 1990, pp. 271-272 e 289290)
20 - Metaponto: quantità non specificate di 3, 5 e 6 (GIANNOTTA 1980, pp. 78, 80); due esemplari
3B, uno 3B/C, due 3C, uno 3D, uno 3F, due 3(?), tre fondi non identificati (SALVATORE 1982, p.
57; GIARDINO 1983, pp. 22, 25-26, 29-30, 35; MAYET-PICON 1986, p. 130)
21 - Oppido Lucano: quantità non specificate di 3 (GUALTIERl-FRACCHIA 1993, p. 322; 1995, p.
129)
22 - S. Giovanni di Ruoti: 42 frammenti, di cui otto esemplari 3C, cinque 3E, due 3F, due 3 non
meglio identificabili e quattro non identificabili (HAYES 1980, p. 526; SALVATORE 1982, p. 58;
FREED 1983, pp. 94, 96, 97; SMALL-FREED 1986, pp. 120-121, con l'indicazione di 42
frammenti; Freed, in SMALL-BUCK 1994, pp. 84, 102-103; REYNOLDS 1995, p. 341, con
l'indicazione dei tipi in forma tabellare)
23 - Sibari: un esemplare 3C e uno 3F (Sibari 1974, n. 299, p. 280, figg. 224 (229) e 287 (8019),
identificato da MACKENSEN 1987, p. 237, nota 56, sulla base dell'ultima fig., come 3C; n. 65, p.
337, figg. 321 (65) e 369 (1246), identificato dallo stesso studioso, sulla base dell'ultima fig., come
3F)
24 - Cancana: un esemplare 8 (HAYES 1972, p. 416, nota 4; REYNOLDS 1995, p. 163, per
l'indicazione del tipo)
25 - Siracusa: non specificato (HAYES 1972, p. 416, nota 4)
26 - Nicotera: un esemplare non specificato (SORICELLI 1994, p. 141)
27 - Napoli: un esemplare 3B e uno 3E da Largo S. Aniello (D'ONOFRIO-D'AGOSTINO 1987, p.
100); un esemplare 1D o 3, uno 3C, due o forse tre 3D, uno 3E, forse uno 3F, uno 3 non meglio
indentificabile e undici esemplari non identificabili da Carminiello ai Mannesi (SORICELLI 1994,
p. 143. Per notizie preliminari su due frammenti cfr. ARTHUR-VECCHIO, p. 221)
28 - Ischia: non specificato (SORICELLI 1994, p. 141)
29 - Cuma: non specificato (SORICELLI 1994, p. 141)
30 - Ligures Baebiani: numero non specificato di esemplari di 1 (ALBARELLA et al. 1993, p. 170)
31 - Sperlonga: un frammento 3C piccolo, tredici frammenti di tre esemplari 3E, due frammenti di
un esemplare 3F piccolo (conservati nel Laboratorio della Sez. di Archeologia dell'Università di
Roma "La Sapienza", dove li ho potuti controllare; cfr. Saguì 1980, pp. 494-495, nota 49)
32 - Ostia: sei frammenti 3F (forse da un unico vaso) e due frammenti di fondo da Pianabella (che
pubblicherò prossimamente)
33 - Portus: due frammenti 10A dello stesso vaso e un frammento non identificabile (per l'ultimo
cfr. Martin, in questo volume) (la ceramica fine e le anfore di questi saggi sono in corso di studio a
mia cura)
34 - Roma: un esemplare probabilmente 3 dalla Schola Pracconum (WHITEHOUSE et al. 1982, pp.
57, 83; REINOLDS 1995, p. 329, per l'identificazione); esemplari 3H e 9, nonché frammenti di
fondo non identificabili dall'area del tempio della Magna Mater (CARIGNANI et al. 1986, pp. 3031)
35 - Porto Torres: frammenti non specificati (VILLEDIEU 1986, p. 152, nota 5)
36 - Cosa: un esemplare 3F e altri non specificati (cfr. FENTRESS et al. 1991, p. 216, per il primo;
HAYES 1972, p. 416, fa riferimento ad una "manciata" di esemplari)
37 - Rosignano Marittimo: non specificato (cfr. Pasquinucci et al., in questo volume)
38 - Varignano: un esemplare 3 (BERTINO 1975-76, p. 279; l'attribuzione è dovuta a Hobart, in
FENTRESS et al. 1991, p. 216, nonché a SORICELLI 1994, p. 141, con formula dubitativa)
39 - Albenga: esemplari 3C, 3H e 10A (cfr. Gandolfi, in questo volume)
40 - Ventimiglia: vari esemplari 3C e 3D (cfr. Gandolfi, in questo volume); forse un esemplare 1D
(LAMBOGLIA 1950, p. 176, fig. 101.12; ID. 1963, p. 177 - forma 33 -; HAYES 1972, p. 326, è in
dubbio sull'attribuzione, per cui cfr. anche p. 416)
ARCHER MARTIN
Bibliografia
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