© 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Banda Putiferio © 2014 Editrice ZONA LISCIO ASSASSINO edizione elettronica riservata Canzoni, racconti, poesie su omicidi seriali e sociali È VIETATA a cura di Daniele Manini qualsiasi Gianlucariproduzione Mercadante o condivisione di questo file © 2014 Editrice ZONA edizioneautorizzazione elettronica riservata senza e priva della numerazione di pagina dell’editore È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore ZONA Questo lavoro è dedicato alla grande lucidità di Luigi Bernardi e all’estro creativo di Roberto “Freak” Antoni © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Liscio assassino Canzoni, racconti, poesie su omicidi seriali e sociali di Banda Putiferio a cura di Daniele Manini e Gianluca Mercadante libro + CD - ISBN 978 88 6438 488 7 © 2014 Editrice Zona - piazza Risorgimento, 15 - Arezzo (Italy) telefono 338.7676020 - 0575.081353 (segreteria telefonica) www.editricezona.it - [email protected] in copertina: foto di Carlo Dulla cd registrato, mixato e masterizzato negli studi Keaton di Monza fonico: Roberto Barbini Progetto grafico: Akab & Serafina - [email protected] Finito di stampare nel mese di settembre 2014 da Digital Team - Fano (PU) Indice Vai col liscio ambrosiano!, di Luca Crovi 7 Le storie, i versi, le parole e soprattutto... il mal di pancia, di Gianluca Mercadante 13 Le storie Conto alla rovescia, di Stefano Massaron Dal mondo esterno, di Gianluca Morozzi Il gioco di Salvatore, di Samuel Giorgi La signora coi suoi motivi, di Eva Clesis Night Train, di Franco Limardi Voi non sapete cos’è l’amore, di Eliselle Zeta, di Gianluca Mercadante 19 25 35 47 59 71 79 © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione Le canzoni dell’editore Il signor Capone (Ballata di San Valentino), I versi Le varianti della resa, di Sergio Rotino A una convention di macellai, di Fabrizio Bianchi Il tizio con la pistola, di Daniele Manini Dieci modi per uccidere una donna senza ucciderla, di Alessandra Racca Piante d’appartamento, di Mario Bertasa di Barbini/Cappi Il signor Wallace Souza, di Barbini/Celi Il signor Guglielmo, di Barbero/Manini I signori del Sempione (Expo Milano 1906), di Barbini/Manini 89 91 93 95 98 107 110 113 116 I signori Eternit, di Barbini/Braga/Manini La signora coi suoi motivi, di Barbini/Manini Il signor “M” - Il mostro di qualunque pioggia, di Barbini/Pinketts Signor Seriale & Kamikaze Signora, di Barbini/Manini La signora Leonarda, di Barbini/Vallorani Il signor Raptus, di Barbini/Rezza Il signor Dad(d), di Barbini/Barzi Il signor Gaetano, di Barbini/Storti La signorina Doretta, di Barbini/Mercadante La signorina Kate Bender e famiglia, di Barbini/Demaria Madame Léonarde, di Barbini/Vallorani 120 124 126 129 132 135 137 139 143 © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata 146 149 È VIETATA Gli autori e gli interpreti qualsiasi riproduzione Gli autori del libro Banda Putiferio ringrazia o condivisione di questo file Bibliografia Discografia senza autorizzazione dell’editore 153 154 165 167 168 Vai col liscio ambrosiano! di Luca Crovi Devo dire che non sapevo nulla del liscio ambrosiano fino a quando non me ne ha parlato per la prima volta Daniele Manini davanti a una birra scura nella fumosa Stalingrado. Avrebbe potuto chiedermi di parlare delle origini del liscio romagnolo e in qualche modo avrei potuto mostrare di essere preparato sulla materia, visto che il mio babbo fu il primo a pubblicare in Italia da Camunia la biografia di Secondo Casadei, il maestro d’orchestra e violinista che spianò la strada al genere più amato nelle balere italiane. Fu lui che, rimescolando la tradizione zingara e quella mediterranea, portò nelle aie emiliane certe mazurche e certe polche, fu lui che dimostrò al nipote Raoul Casadei quanto poteva valere un’orchestra duellando a suon di musiche contro altre formazioni che cercavano di fargli le scarpe. E se Daniele Manini mi avesse chiesto di parlarvi del punk emiliano, della new wave toscana, del crossover milanese e del reggae e dello ska piemontese non mi sarei certo trovato a disagio, essendomene occupato spesso negli anni. Ma del liscio ambrosiano non ne avevo mai sentito parlare, anche se il leader della Banda Putiferio sostiene che sia stata la musica che ha cullato per anni la vita della Ligéra (la criminalità dell’epoca) nella mia città. Sospettando che anche qualcuno di voi possa essere curioso di scoprire alcuni segreti di questo genere musicale inizio a illustrarvene le origini. Le informazioni non sono farina del mio sacco ma le ha fornite un mio basista di fiducia in cambio di due stecche di sigarette e della tessera di una delle più prestigiose bocciofile di Milano. Il liscio ambrosiano nacque nei primi del ’900 su suggestione dei valzer viennesi che si ballavano nelle corti reali e nei palazzi dei nobili. Il popolo allora non aveva la possibilità di avere un’orchestra e si “accontentava” dei piani e organetti meccanici che giravano per le piazze e i mercati, e improvvisava balli e feste nei ritrovi di allora. L’avvento dei circoli operai ricreativi portò poi all’arrivo di musicisti “orecchianti” che non avevano studiato musica ma che avevano un talento © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore incredibile per l’improvvisazione e che riproducevano, imitavano e improvvisavano melodie, anche solo dopo averle ascoltate una volta sola. Questi musici suonavano il piano con cadenze e dinamiche del tutto identiche agli strumenti meccanici. Il più noto e definito inventore del liscio ambrosiano fu un tale Paggio (Pagèt, in milanese) il quale, secondo le testimonianze dell’epoca, era il più preciso nell’imitazione del piano meccanico. Magari il nome Paggio vi farà venire in mente la figura di un preciso e reverente servo di corte, ma la tradizione narra invece che il Pagèt era un uomo eccentrico e portato alla mondanità. Erano gli anni ’30 e le canzoni milanesi venivano arrangiate coi quattro tempi base del liscio ambrosiano: valzer, mazurka, polka e scottish (una sorta di pre-foxtrot). Altri nomi di maestri del liscio ambrosiani, non rimasti nella storia, erano Il Carlone, Emilio De Giorgi, Enrico Ponzoni, e i “maestri non vedenti” dove andavano a lezione, ma anch’essi suonavano: Scotti, Bregani, Cleto Venturati, Pierino Porta, Teresio Callegari, Gianni Sali, Enzo Crosti. I locali dove principalmente si ballava questi ritmi erano: La cuccagna (via Cuccagna, angolo via Muratori), La Beveratura (via Carità), I Figli del Lavoro (via Lomazzo). Il locale della Ligèra era lo Zirotti (via Poliziano), dove si ballava col coltello sotto i tavoli. Dopo quella generazione venne Vittorio Pinotti, anche lui cieco, considerato da molti l’inventore del liscio ambrosiano, ma che in realtà era un allievo del Paggio e da lui aveva imparato tutti i rudimenti di questa magia musicale lombarda. Pinotti va però ricordato perché rimane l’unico compositore originale del genere, in quanto tutte le altre canzoni venivano “arrangiate” per il ballo ambrosiano, che consisteva in una sorta di medley di ritmi e canzoni differenti intervallate dal grido “cambio!”, sicuramente mutuato dal francese “changer la dame!”, degli autori di musette d’oltralpe. La canzone più nota di Pinotti è Buli de la riva (con testo di Giannina Pizzamiglio capace di conquistare il prestigioso Premio D’Anzi) e in genere molte delle sue canzoni furono composte in dialetto milanese. Come ci ricorda la maestra di danza Linda Ruotto del Circolo Arci Corvetto: «Sono molte le testimonianze storiche della diffusa pratica del ballo © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore ambrosiano a partire dagli anni ’50, ma le origini sembrano essere precedenti. Si caratterizza per la sequenza senza interruzione in un unico brano di quattro balli (con tempo in 4/4) tipici del liscio: la polka, il walzer, la mazurca e il foxtrot. La difficoltà consiste nel passare da un ballo all’altro senza perdere il tempo. Circa alla fine degli anni ’60 il ballo tradizionale ambrosiano entra in crisi a favore delle prime discoteche, che incontravano maggiormente le esigenze del pubblico giovane. In generale vi è stato un progressivo indebolimento dovuto al disinteresse dei giovani verso i balli da sala». Oggi si può ancora ballare il liscio ambrosiano in alcuni locali di Milano: il Circolo Arci Corvetto in via Oglio, dove sorgeva la Cooperativa Casette, l’Ente Sport Popolare Cagnola, in via Varesina, e La Balera dell’Ortica, in via Amadeo. Lo so che adesso, dopo quello che avrete appreso su questa originale musica, vi verrebbe voglia di ballarla o di assistere a esibizioni che la riguardano: non preoccupatevi, nei luoghi che abbiamo citato vi sarà facile avvicinarvi a questo universo sonoro, ma potrà anche capitarvi di assistere alle pirotecniche esibizioni che Claudio Merli riesce ogni tanto a organizzare fra le Colonne di San Lorenzo, con decine e decine di ballerini che davanti alla basilica danzano con velocità e ritmo che rimandano a una Milano di altri tempi. E un giusto mix di musiche adatto a un vero e proprio spettacolo è quello che ha approntato per l’occasione la Banda Putiferio, che mescola valzer, cha-cha-cha, tango, swing, polka, valzer, mazurka, maxise e scottish. Esibizioni divise in due tempi, un intervallo e un bis (che per ragioni tecniche viene nominato bonus track) che propongono una galleria di ritratti criminali unica nel suo genere: dal Signor Capone di Brooklyn, abituato a far stragi con i suoi gangster a San Valentino, al signor Wallace Souza di Manaus, che fa affari con i narcos e ama filmare omicidi in diretta per alzare l’audience del suo programma tv; dal sottotenente William Calley, che sterminò con il napalm centinaia di inermi vietnamiti, ai Signori del Sempione, disposti a tutto per costruire un traforo; dai Signori Eternit capaci di diffondere il cancro con il loro amianto alla Signora con i Suoi Motivi ispirata ai Delitti esemplari di Max Aub. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore E poi mostri che vengono dalla pioggia, serial killer, kamikaze, la saponificatrice di Correggio, personaggi che si fanno prendere dai raptus più strani, farmacisti che hanno un debole per gli allucinogeni, anarchici che attentano alla vita dei re d’Italia... Insomma la Banda Putiferio ha fatto del suo meglio per raccogliere un suo speciale museo degli orrori, collezionando casi e storie singolari che, anche se riraccontate con ironia, non possono che inorridirci e spaventarci. Per raccontarle il gruppo capitanato da Daniele Manini ha fatto sua la sua scuola di maestri delle murder ballads meneghine, come il Signor J e il Signor G, ha fatto sua la scuola del teatro di San Vittore di Giorgio Strehler cantato da Ornella Vanoni, ha imparato mosse, posture e cantati da Fred Buscaglione e Renato Carosone, ha ricaricato la melodia del liscio con il punk ironico e al vetriolo dei CCCP (pensate alla classica O Battagliero!). E allora, non resta che sedere anche voi nella speciale balera allestita dalla Banda Putiferio aspettando che il capo orchestra comandi ad alta voce: «Vai col liscio!». È una frase che ha inventato Raoul Casadei ma che anche a noi meneghini piace, non fa veni’ voglia de vusa’ ma de bala’ cui scarpet’ de tennis! © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 1963, Danze San Novo - Milano (foto di Virgilio Carnisio) Le storie, i versi, le parole e soprattutto... il mal di pancia di Gianluca Mercadante Se esiste qualcosa che ho giurato e stragiurato di non fare mai nella vita, questo qualcosa è la curatela di un’antologia. I mal di pancia che si sono presi illustri curatori, incaricati di selezionare altrettanto illustri autori da coinvolgere in un progetto a più voci, lo sanno soltanto loro – e, per quanto mi riguarda, il mal di pancia possono pure tenerselo, già che ci sono. Si può invidiare tutto, ma il mal di pancia no. Brutta gente, gli scrittori (presenti esclusi...). Quanto ai poeti, non saprei, del resto chi si è occupato di selezionare quelli raccolti in questo volume è Daniele Manini, l’anima dei Banda Putiferio, la pazza band di Monza con la quale collaboro da anni, lasciandomi travolgere dall’entusiasmo che infondono in ogni loro nuova esperienza musicale, esperienza che finisce poi con l’espandersi ad altri linguaggi artistici, quali il teatro, il fumetto, la narrativa. E la poesia, naturalmente. Ma, ripeto, per i poeti non posso garantire. Per gli scrittori sì, quanto meno perché uno in particolare lo vedo tutte le mattine riflesso sullo specchio del bagno. Non è una bella partenza, credetemi. Soprattutto se con quel cespuglio atomico di capelli, e la tipica espressione stampata in faccia di chi si farebbe altre dieci ore di dormita no-stop dopo una nottata a battere tasti, ci devi convivere minuto per minuto, trecentosessantacinque giorni all’anno, senza straordinari, d’accordo, ma pure senza ferie e senza mutua. Non parliamo di stipendi – o di royalties editoriali, nel caso specifico degli scrittori, per carità d’Iddio. Perciò, garantisco: brutta gente, gli scrittori. Gente difficile da mettere d’accordo, intendo dire, niente di personale. Gente che spesso, quando gli chiedi un racconto per un’antologia che stai curando, è capace di promettertene uno entro i tempi concordati, per poi ignorare le tue successive e sempre più pressanti richieste, siccome i tempi concordati, quegli stramaledetti, son già finiti da un bel pezzo e oltre. Del racconto in questione non s’è letta una riga. E giù col mal di pancia. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Ma, a dispetto delle mie iniziali perplessità di fondo, le persone che io e Daniele Manini abbiamo voluto a bordo per questo progetto il mal di pancia ce l’hanno risparmiato, aderendo al tema in modo onesto e consapevole – e non senza quel sano, epidermico entusiasmo che è benzina per questo genere di prodotti letterari. Sì, crediamo che alla fine sia stata messa insieme una gran bella squadra, anzi: una squadra doppia, in un certo senso, se consideriamo per un attimo scisse e indipendenti le parti narrative e poetiche del volume. Ah, ecco, giusto: vediamo un secondo di quante e quali parti si compone, il volume. Una prefazione servirà pur a qualcosa, in fin dei conti. Nella sezione “Le storie” troverete i racconti, nella sezione “I versi” troverete le poesie, nella sezione “Le parole” troverete infine i testi che compongono l’ultimo album dei Banda Putiferio qui allegato, di cui questo libro, per quanto fisicamente più ingombrante di un cd, è figlio. Tutto molto semplice. Se d’altro canto non esistesse la musica dei Banda Putiferio, e la ricerca che questa volta ha spinto i monzesi musici a ripercorrere le tracce storiche e le ambientazioni sonore del liscio ambrosiano e della Ligèra milanese, è piuttosto probabile che nessuna delle seguenti pagine sarebbe stata scritta, inclusa quella che state leggendo ora. A proposito: sarei dell’idea di apprestarmi a togliere il disturbo, di là c’è fermento. Sapete – ma sia chiaro: qui lo dico e qui lo nego, eh? – per quanto potessi pensarne male, creare un’antologia è stata un’esperienza che non stento a definire interessante. Addirittura catartica, sì, in un certo qual modo che sinceramente non saprei spiegare meglio di non spiegarlo affatto. Ma ci provo, giusto per dovere: è un po’ come mettere insieme una squadra di calcio, se capite cosa intendo. Capite cosa intendo? Io, francamente, no. Di calcio non ci capisco una fava. Capisco di scrittori, però, e di scritture, siano esse votate alla prosa o alla poesia. E vi garantisco che in questo libro di scritture ne troverete molte, tutte diverse. Eppure, similmente alla scaletta decisa per un disco, o alla sopracitata formazione calcistica, ogni testo vive di vita propria © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore fino alle ultime righe, momento in cui sembra voler anticipare il testo successivo. Così fino alla fine dei novanta minuti. Così fino all’ultima nota. Così fino all’ultima pagina. Quello che non troverete in questo libro, semmai, è proprio lui: il liscio ambrosiano, sebbene l’amico Luca Crovi l’abbia sviscerato poco fa, rivelandovene un mondo dal retrogusto ormai epico. Agli autori dei testi qui antologizzati si è invece proposto di analizzare la figura criminale dell’assassino attraverso una serie di testi che ne rileggano le molte sfaccettature alla luce di una sensibilità contemporanea. Insomma: vedi titolo. Il liscio lo si è affidato al disco – nonché ai teatri italiani, in una pièce di prossima uscita, una commedia musicale che racconterà l’universo della Ligèra visto oltre sessant’anni dopo, e dunque di nuovo secondo un odierno sentire. Gli assassini ce li siamo presi noi. Col loro carico esistenziale, con l’illuminata decadenza di cui si rendono specchio attraverso lo strumento magico della finzione narrativa, che filtra le malattie di ogni epoca della storia umana per mezzo delle infinite variazioni sul tema delle solite, misere, ma in qualche misura eccezionali vicende che viviamo fuori dalla carta. Da lì, ci muoviamo in qua, verso la pagina, come viaggiatori spaesati, aprendo con ansia i bagagli che di volta in volta riempiamo con le poche cose utili a raccontare ciò che si è visto, sentito, immaginato o vissuto: un pugno di parole, qualche cicatrice invisibile che ancora brucia, e un assassino da scovare perché perda la sfida che s’illude di portare a termine. O perché possa vincerla al posto nostro. Mal di pancia permettendo, s’intende. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 1969, via Santa Marta - Milano (foto di Virgilio Carnisio) © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata Le storie È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Conto alla rovescia di Stefano Massaron Guardateli. Vi prego, guardateli soltanto un attimo. Sì, quei due ragazzi che stanno uscendo in questo momento dalla bocca grigia delle scale della metropolitana. Lei è spigliata, solare, radiosa. Lui è vivace, sorridente, divertito. Mano nella mano, dipingono il ritratto della felicità. In molti si voltano a guardarli. Si parlano, si baciano, si sorridono. Scherzano, si prendono in giro. Alle loro spalle, il tramonto è ormai solo un ricordo rossastro nel cielo scuro della sera. Sono felici, non vi pare? Non mi prendereste sul serio se vi dicessi che questi due ragazzi moriranno tra cinque minuti. Sembra impossibile, vero? Eppure è così. Avviciniamoci. Solo un po’ . Sentite il profumo dei capelli di lei? Lacca. Forse anche uno shampoo alle erbe. Un buon odore, un odore che fa venir voglia di camminare con passo più rapido, più vivo. Lui ha il giubbotto di jeans. Se guardate bene sopra il colletto rivoltato all’insù, coglierete il barbaglio di un orecchino che riflette i neon dei negozi e i fari delle automobili quando passano. È di quelli minuscoli, a perlina. Deve averglielo regalato lei. Oh, dio, ascoltatela ridere! Il suono della sua risata non vi fa venire una strana nostalgia per qualcosa che non avete mai avuto ma che forse vi sarebbe piaciuto avere? Quattro minuti. Aumentate il passo. Non perdiamoli. Voglio sentire cosa si dicono. Chissà da quanto tempo si conoscono. Pochi giorni, o forse anni. La voglia con cui si guardano è di quelle che non se ne vanno mai. Forza, raggiungiamoli... adesso, che la piccola folla che aspetta l’autobus li ha costretti a rallentare un po’ . Ascoltiamo. – Sei scemo. Oh dio ma come si fa? Smettila! Ti guardano tutti. – Guardano te, vuoi dire. Cammini come un’indossatrice. Lei ride, lo spinge lontano, poi lo riprende. – Io sono un’indossatrice, stupido! –, lo spinge via di nuovo. – D’accordo. E io sono un elastico, allora. Piantala di tirarmi! © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Si abbracciano. Davanti all’entrata della chiesa, due signore si scostano per farli passare. Loro non se ne curano. Sono abituati ad avere la strada libera. O forse non se ne sono neppure accorti. Hanno altro a cui pensare... e si vede. Si baciano: un contatto rapido delle labbra, due sorrisi che si uniscono trasformandosi in risatine divertite. Barcollano, perché il bacio impedisce loro di guardare dove stanno andando. Ridono ancora. – Fermati. Mi stai facendo venire il mal di pancia. Lui si ferma e l’abbraccia. Allunga una mano dietro di sé, forse inconsapevolmente, per appoggiarsi al muro di mattoni rossi della chiesa. Lei si preme contro di lui. Questa volta, dai loro sorrisi spuntano le lingue: visibili solo per un brevissimo istante, subito scompaiono nel segreto di un altro bacio. Lei chiude gli occhi. Si lascia andare. Lui le accarezza i capelli. Avete visto come le sue narici si sono dilatate impercettibilmente per inalare il profumo di lei? Avete visto? Sono pronto a scommettere che lui non se n’è neppure accorto, preso com’è dalla sofficità di quel corpo premuto contro il suo. Qualcuno di voi se la sente di dargli torto? Tre minuti. Lei si scosta bruscamente, gli pizzica la pancia. Lui ride. Tra le loro labbra c’è lo spazio di un capello, i loro volti ravvicinati confinano le luci della sera in una sagoma multicolore che si restringe sempre più, trasformandosi con grazia irriverente in un altro bacio. Questa volta, però, lei tiene gli occhi aperti. – Dimmi ancora come sono i miei occhi –, gli sussurra a fior di labbra. Oh, dio... non è sembrato anche a voi di poter quasi sentire sulle vostre labbra la carezza lieve del suo fiato? Lui tira indietro la testa di qualche centimetro. – Qualcosa di abbagliante –, dice serio. Ma osservatelo bene: lo vedete anche voi? I suoi stanno sorridendo al posto delle labbra. – Ho incontrato te, donna fatale, e la mia vita s’è perduta in un oceano di deliziose sofferenze. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Lei inarca la schiena, rovesciando la testa all’indietro. La sua risata è limpida, i suoi denti sono bianchi e perfetti dietro le labbra soffici e piene. Non vorreste stringerla, anche solo per un attimo? Sentire per una frazione di secondo il ritmo del suo cuore contro il vostro petto, attutito dallo spessore morbido del seno? Avere la consapevolezza, solo per un istante, che quel cuore batte per voi? Lei lo bacia ancora. Avete visto? Un riflesso candido, fuggevole, già scomparso. È la mano, la mano di lei che gli accarezza l’inguine con la violenza innamorata del desiderio. Non vorreste toccare anche voi quel gonfiore emozionato? Non vorreste sentire, anche solo per un attimo, la ruvidità lisa di quei jeans sfregarvi contro il palmo della mano, avendo la sfrontata certezza d’esser voi la causa di quel turgore splendido e improvviso? – Quando mi baci. – Sì? – Fragore assordante. Rombo di tuono nelle mie orecchie. – Scemo! –, lei lo spinge via, ridendo. Lo costringe a riprendere a camminare. – Questa te la potevi risparmiare. Sono meglio quelle che scrivono sulle cartine dei Baci Perugina. Il che è tutto dire. – Grazie tante –, lui si ferma, si rivolge a un pubblico che non c’è. – Uno fa il romantico e questa è la risposta! Lei ridacchia. – Smettila! Ci guardano tutti! –, gli bacia il collo. Abbracciati, girano l’angolo. Due minuti. Aspettate. Fermatevi un istante. Lasciamoli andare un po’ avanti, d’accordo? Dietro di noi è arrivato l’autobus. La gente si affolla davanti alle porte e sale disciplinatamente. Aspettiamo ancora un secondo. Diamo ai due innamorati qualche metro di vantaggio. Ecco, può bastare. Andiamo, svoltiamo l’angolo anche noi. Vento in faccia. Un po’ umido, trattiene un presagio di primavera. O forse è l’odore dei capelli di lei. Non è possibile distinguerli l’uno dall’altro. Comunque, non ha importanza, vero? © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore I due ragazzi si sono fermati ancora, a ridosso della siepe che separa il campetto dell’oratorio dalla strada. Possiamo anche fare a meno di avvicinarci: il vento soffia verso di noi, portandoci i loro sussurri. – Non ho voglia di andare a quella festa. Mi sa di pacco. Bacio. Le mani si cercano, si trovano, si stringono. Forte. Le nocche diventano bianche, le dita si arrossano. Vedete come trema il mento di lui? È l’emozione, che altro potrebbe essere? E la linea del collo di lei... una curva protesa verso l’alto, una linea attiva di totale abbandono. Non è bellissima? – Anche a me. Non ci andiamo. Cinema? Discoteca? Birreria? Sesso? Lei ride. Anche lui. Si guardano. Si stringono. Lei giocherella con l’orecchino di lui, rigirandolo nel lobo con le dita sottili e delicate. – Mi sono innamorata di uno scemo, mio dio. Lui la rovescia con forza, mimando un tango appassionato. – Cosa verrà dopo di me, bambola? Lei inizia una risata, poi s’interrompe. Diventa quasi seria. Il suo sorriso esita, passando in un lampo da un’espressione di scherno complice a una di struggente felicità. – Il nulla –, dice guardandolo da sotto in su. Le sue iridi raccolgono per un istante la luce dei lampioni. Lui non sa più cosa dire. Forse si è reso conto che, in quest’attimo che purtroppo è già trascorso, lei gli ha detto qualcosa di molto più profondo e sentito di quanto sembrasse in apparenza. La risolleva. La guarda negli occhi. – Ti amo. Un minuto. L’istante si protrae, i loro sguardi si caricano di una tensione tanto palpabile da vincere il vento. Le mani fremono, dipingendo nell’aria gesti sospesi, incompiuti. Chiudono gli occhi, tutt’e due nel medesimo istante, forse per impedire alla marea che li ha travolti di abbandonarli troppo in fretta, o forse per assaporarla e riviverla intimamente sullo schermo delle palpebre chiuse. Guardate: questa volta, il bacio che si scambiano è teso, immobile. Sofferente, perché deve esprimere ciò che le parole non riescono più a definire. – Dolcissima. Andremo dove vuoi. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Lei non riesce a parlare. Annuisce soltanto. Lo prende per mano. Riprendono a camminare. Lui la stringe a sé, passandole un braccio intorno alle spalle. Il suo gesto solleva il giubbotto di jeans, che sale a metà schiena scoprendo il verde smeraldo di una felpa di cotone. Trenta secondi. – Lo dai la settimana prossima, l’esame? –, chiede lei. – Se non mi stremi di sesso tutte le sere. – Cretino! –, lei fa il gesto di andarsene, poi ride. Ormai conoscete la sua risata fresca, spontanea. È il suono che, ne sono sicuro, vorreste udire nel giorno più triste della vostra vita. Non c’è bisogno di dirlo, vero? Basta ascoltare. – Vieni qui! –, lui mima una rincorsa, la prende, la bacia. Lei finge di lottare, poi si abbandona. Nelle loro labbra si stempera il sovraccarico di emozioni che li ha storditi poco fa. – Cosa farei senza di te. – Il pagliaccio. – Confermo. È per questo che non ti lascerò mai. Lei lo spinge in avanti. Verso la strada. – E meno male. Dieci secondi. Sono scesi dal marciapiede. Attraversano. Guardate i loro piedi, come cadono sulla prima striscia pedonale all’unisono, quasi stessero marciando. I loro sguardi si cercano ancora. Un altro bacio, un’esitazione. Una carezza. Cinque secondi. Le loro teste si voltano di scatto. I loro occhi si spalancano all’improvviso. Tre secondi. Qualcosa di abbagliante. Due. Fragore assordante. Rombo di tuono. Uno. Il nulla. © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata I versi È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Le varianti della resa di Sergio Rotino © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata 1 hanno assaltato le facce degli avventori con urla ringhi male parole spintonato i contenuti lasciatogli addosso tracce di [unto la morchia pesante dei motori con cui sono arrivati a questa destinazione fatto quanto dovevano fare dandosi ragione cercandola insistite volte nello sguardo [degli spaventati ché quelli a dire sì certamente sono abituati a mettere nebbia dentro la stretta opinione a dirsi persino lontani dall’atto caso mai servisse navigare nel [fiotto degli sputi calasse poi il sole o nascesse ancora infine dettate le condizioni per ordine per grado superiore attraverso le voci loro affidate soddisfatti del niente avverato [hanno voltato le spalle mestamente feroci verso un altrove muto veloci sono ripartiti È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 2 incartano di parole quelle promesse che ognuno vorrebbe sentirsi dire la grotta dei tesori il carnevale pronto per dopodomani capace di durare in eterno farci scavalcare da fermo la rima bruta inverno-inferno le avvolgono ben strette nel già detto nel pontificato poi nel possibile sentito dire mai del già fatto o di una luce di progetto mosso in direzione del divenire niente si fa prossimo allora ma attorno come per magia nessuno ascolta seriamente della speranza prossimamente sicura nessuno vuole fare a meno non si alza la testa non si prende parola e loro i comprensivi di tanto coro vanno agiscono rapidi proprietari dell’inesatto alzano la voce fanno il lavoro © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 3 non credono al buio ma solo a quella pressione leggera che il buio dona ai movimenti loro al dito sulla morsa del cane tirato facendoli materiale scollato dalla pesantezza del dover essere vera forma del pensiero comunque intriso seppure poi dopo di color nero seppia sparso a macchia su quanto adesso è forma chiara e susseguente sparo © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata Le canzoni È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 1969, Trattoria via Ascanio Sforza - Milano (foto di Virgilio Carnisio) PRIMO TEMPO Efferati mandanti e mandatari Il signor Capone (valzer lento - 4’ 38”) Il signor Souza (cha-cha-cha - 3’ 46”) Il signor Guglielmo (tango & swing - 4’ 08”) I signori del Sempione (polka recitata - 3’ 20”) I signori Eternit (canzone valzer - 4’ 21”) © 2014 Editrice ZONA Intervallo edizione elettronica riservata La signora coi suoi motivi (i quattro tempi ambrosiani - 2’ 54”) SECONDO TEMPO È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore Abitudinari e di circostanza Il signor “M”. Il mostro di qualunque pioggia (canzone mazurka - 5’ 19”) Signor Seriale e Kamikaze Signora (canzone polka - 2’ 53”) La signora Leonarda (canzone valzer - 4’ 42”) Il signor Raptus (machiche - 1’ 45”) Il signor Dad(d) (scottish & swing - 3’ 01”) Il signor Gaetano (polka a due voci - 5’ 15”) La signorina Doretta (tango cantato - 5’ 09”) La signorina Kate Bender e famiglia (country & scottish - 4’ 55”) Bonus track Madame Léonarde (versione in francese - 4’ 42”) Consulenza sui profili criminali di Eleonora Mistretta Il signor Capone (Ballata di San Valentino) (Barbini/Cappi) È la notte di San Valentino d’ogni altra più fredda sarà sette uomini in un magazzino cosa mai riscaldare potrà? © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata Se vuoi bere un bicchiere di whisky ti rivolgi all’Organizzazione. Ma se non vuoi correre rischi vallo a chiedere al signor Capone. Nella notte di San Valentino, la più fredda di tutte le notti, gli emissari di un assassino si vestirono da poliziotti. È VIETATA qualsiasi riproduzione Eran quattro di blu vestiti, solo quattro potevan bastare: o condivisione di questo file sette uomini un po’ infreddoliti sono facili da eliminare. senza autorizzazione Nella notte di San Valentino quattro killer sono già entrati dell’editore dentro un gelido magazzino, tutti e quattro di mitra armati Figurava come un’ispezione: «I liquori son contrabbandati!» Ma i sicari del signor Capone per ben altro eran stati pagati. Nella notte di San Valentino pochi istanti son sufficienti e ai lor piedi stan, lì vicino, sette uomini ormai morenti Gli assassini sono scappati, quattro ombre vestite di blu, ma là dentro, morti ammazzati, sono in sette a non vivere più © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata A Chicago se vuoi un liquore devi bertelo di contrabbando. Al Capone è il solo signore, solo lui è rimasto al comando. È la notte di San Valentino d’ogni altra più fredda sarà. Sette uomini in un magazzino cosa mai risvegliare potrà? È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file Info senza autorizzazione dell’editore Alphonse Gabriel Capone, meglio conosciuto come Al “Scarface” Capone (Brooklyn, 17 gennaio 1899-Palm Island, 25 gennaio 1947), è stato un criminale statunitense, di origine italiana; è considerato un simbolo del gangsterismo americano e della crisi della legalità che gli Stati Uniti dovettero affrontare nel corso degli anni Venti. Profilo Mafie. Malattie che portano all’omicidio in serie per cause legate a presunte mancanze di rispetto e onore a un sistema di prevaricazione e taglieggiamento che sfocia in favoritismi e soprusi, prevalentemente riferiti a personaggi con poteri politici ed economici. Molto diffuse in Italia, Cina, Russia e Stati Uniti. Come una sorta di nuovo culto, influenzano la vita di gran parte del sistema sociale mondiale. Esecuzione Daniele Manini: voce alcolica Roberto Barbini: piano, fisa, musica proibita e antico piano giocattolo Massimo Braga: contrabbasso con custodia senza mitra Alessandro Stufano: chitarre gangster Simone Riva: batteria incalzante Trio Sbergia: cori etici Andrea Carlo Cappi: testo attinente Sergio Rossi: voce intro di tratta dal film Banditi a Milano di Carlo Lizzani (De Laurentis, 1968) © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore 2014, Arci Corvetto - Milano (foto di Carlo Dulla) © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata sito ufficiale www.putiferio.it youtube www.youtube.com/user/MrBandaPutiferio/videos È VIETATA facebook www.facebook.com/banda.putiferio qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore www.editricezona.it [email protected] © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore © 2014 Editrice ZONA edizione elettronica riservata È VIETATA qualsiasi riproduzione o condivisione di questo file senza autorizzazione dell’editore
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