filo rosso, volo gabbiano di Luigi Dal Cin fisia si guarda intorno: da una parte il mare aperto, dall’altra la spiaggia del Poetto e la grande città di Cagliari, in alto il cielo azzurro brillante spazzato dal vento, in basso gli scogli e il ruggito del mare. Si sente sola. Efisia è un giovane gabbiano femmina che non ha ancora volato. Suo papà, come usa da millenni e millenni di Storia Gabbiana, l’ha portata in cima alla Sella del Diavolo perché possa lanciarsi. Le ha dato un bacio affettuoso ed è volato via, come usa da millenni e millenni eccetera eccetera. Quando un gabbiano raggiunge l’età giusta e, da solo, spicca il volo dalla Sella del Diavolo allora vuole dire che è diventato grande. Ma Efisia ha paura di gettarsi nel vuoto. Così si guarda intorno e socchiude le fessure degli occhi come a scrutare qualcosa di lontano. Sta cercando di capire dove si nasconda il coraggio, ma non riesce a vederlo, non riesce a scovarlo da nessuna parte. Poi si liscia le piume con il becco, tamburella la roccia con le zampe, scrolla le ali, lancia qualche grido, ma alla fine non si butta. “Efisia, tesoro, ti ho portato una cosa!”. Un vecchio gabbiano atterra accanto a lei con un gomitolo rosso. “Nonno Gavino Gabbiano! – esclama Efisia – Sei proprio tu?”. Nonno Gavino Gabbiano sorride, ma resta in silenzio Efisia non l’ha mai conosciuto, ma ne ha tanto sentito parlare: era scomparso in mare una notte di tempesta, poco prima che lei nascesse. E ora lo vedeva lì, in piume e ossa, proprio lì, accanto a sé. Uguale identico alle foto dell’Album di Ricordi Gabbiani. Nonno Gavino Gabbiano: ne aveva vissute di avventure straordinarie, lui... si diceva conoscesse il mare Mediterraneo esattamente come le sue piume. Aveva viaggiato su grandi velieri, visitato terre lontane, visto fiori dai colori straordinari, udito versi di animali sconosciuti, annusato profumi dolcissimi, assaggiato pesci dai sapori imprevisti. Tutti conoscevano nonno Gavino Gabbiano perché a tutti aveva raccontato del mare, dei suoi splendori e delle sue tempeste: cieli profondi, oceani immensi, isole che sembravano dipinte dal sole, spiagge da paradiso terrestre, ma poi ecco burrasche terrificanti con la forza delle acque sopra e sotto, e la nave su e giù, e le vele che stormivano come bandiere impazzite, e le corde che violente sferzavano i pennoni, e noi gabbiani tutti aggrappati con gli ar- tigli inchiodati al legno per non essere portati via nel grido buio della tempesta. E subito dopo bonacce interminabili con il vento senza fiato che ti suona nelle orecchie come lontane launeddas stonate, giorni e giorni di immutabile sole a picco a cuocerti il cervello. Ma lui, Gavino Gabbiano, stava sempre dritto sulla cima dell’albero maestro, sempre sull’attenti per intercettare i resti di pesce dei pranzi dell’equipaggio: cavoletti, è la dura vita del gabbiano clandestino, baby! E la sua storia era diventata una delle più belle Leggende Gabbiane che si conoscano a Cagliari. “Cos’è quel gomitolo rosso?” chiede Efisia. “È un oggetto molto prezioso – risponde nonno Gavino Gabbiano – ma da quando la nonna non c’è più lo offro ai giovani gabbiani pronti a volare. Oggi tocca a te!”. “Io però non mi sento pronta... – dice Efisia abbassando lo sguardo – Non riesco a buttarmi, ho tanta paura. È come se ci fosse un limite davanti a me, una specie di confine invisibile che non riesco a superare”. “Cavoletti! Lo conosco! – dice nonno Gavino Gabbiano – Dipende dallo sguardo...”. “Dallo sguardo?” chiede Efisia. “Sì: dipende tutto dal tuo sguardo!” risponde nonno lisciandosi tranquillo le penne bianche con il becco. Efisia lo guarda a becco spalancato: “Credevo dipendesse tutto dalla forza delle ali!”. “Prendi, ad esempio, il confine del nido in cui tutti noi gabbiani siamo nati! – riprende nonno – Cavoletti: a seconda del modo di vedere può diventare un limite insuperabile per chi si chiude su di sé con la paura di uscire, oppure la soglia di una nuova scoperta per chi invece si vuole aprire al mondo! E una volta usciti dal nido, ecco che si presenta un nuovo confine, e poi un altro...”. “Già...” dice Efisia scrollando le ali. Nonno Gavino Gabbiano le accarezza la testa con un’ala: “Da millenni e millenni di Storia Gabbiana noi siamo sempre vissuti sul confine tra la terra, il mare e il cielo”. Efisia si guarda intorno: da una parte il mare, dall’altra la città di Cagliari, in alto il cielo, in basso gli scogli. “Eppure – continua nonno – ogni mio nuovo viaggio è cominciato proprio da lì, dal margine tra terra, mare e cielo che, se guardato nel modo giusto, magicamente si trasformava nel centro di partenza per una nuova straordinaria avventura di conoscenza e di cultura. E così, cavoletti, trovavo il coraggio per superare il confine, che subito si trasformava nella soglia spalancata su un mondo nuovo da scoprire! Coraggio, in fondo basta un passo!”. “Ma io sono così goffa a fare i passi – dice Efisia tamburellando la roccia con le zampe – guarda come dondolo sulle mie gambe!”. Nonno Gavino Gabbiano sorride: “A piedi le distanze per noi gabbiani sono troppo lunghe. La soluzione Efisia è alzarsi in volo: passare sulla terra leggeri. E quando voli sei libera di andare ovunque, non come una locomotiva che deve correre sui binari o un’automobile che deve seguire la strada. Bisogna imparare a volare!”. “Ma io, nonno, ho paura. Mi hanno raccontato che ci sono anche delle cornacchie...”. “È perché non le conosci! – sorride nonno – Una cornacchia, una volta, mi ha salvato la vita! Se fai un passo per volare allora sì che potrai conoscere tutte le comunità di uccelli: i gabbiani di città, i pavoni di Monte Urpinu, i fenicotteri di Molentargius, la Compagnia dei Cinguettanti dell’Orto Botanico... cavoletti, vedrai: sarà stupendo avere nuovi amici tutti differenti che hanno in comune con te la capacità di attraversare i confini in volo, come fa il vento! Il segreto è puntare in alto, alzarsi in volo! Coraggio Efisia, lanciati e, cavoletti, non ti sentirai più sola: ti sentirai parte di una comunità che vola!”. Gli occhi di Efisia brillano. Poi però abbassa lo sguardo. Ha ancora tanta paura e non si lancia. Nonno Gavino Gabbiano allora le porge con il becco il gomitolo di filo rosso. Efisia lo afferra con una zampa: “Cos’è?” chiede ancora. “Una volta, dopo una burrasca, ho trovato sulla spiaggia una corda caduta da una nave. In quella corda era intessuto un filo rosso e, cavoletti, mi è venuta subito un’idea! Così ho sfilato quel filo e ne ho fatto un piccolo gomitolo per la nonna”. “E cosa se ne faceva la nonna?” chiese Efisia incuriosita. “Ogni volta che dovevo partire per un nuovo viaggio la nonna che rimaneva sul molo teneva il gomitolo e mi porgeva un capo del filo. Io la baciavo, e poi lo stringevo nel becco. E mano a mano che mi allontanavo dal porto il gomitolo che teneva la nonna si srotolava: così anche se attraversavo il confine del mare potevo rimanere unito a lei. Finché poi il filo finiva e io allora, dalla nave, lo riavvolgevo per consegnarlo alla nonna ad ogni nuova partenza. Ma durante ogni nuovo viaggio sfilavo di nascosto del nuovo filo rosso dal cordame di bordo e lo annodavo a quello che avevo già, in modo che il filo fosse sempre più lungo: così, ad ogni nuova partenza, potevo rimanere unito alla nonna ogni volta di più. Ora questo gomitolo è per te Efisia, perché anche tu possa superare il confine e possa unire il mondo che attraverserai volando. Io terrò il gomitolo, e quando si sarà srotolato, resterò qui ad attenderti”. “Ma quanto è lungo ora questo filo?” chiede Efisia. “Questo filo è lungo come la mia vita unita alla vita della nonna” risponde nonno Gavino Gabbiano. Efisia decide che è giunto il momento. Prende il filo con il becco. Lo tiene stretto. Sente che quel filo rosso le dà coraggio. Si sporge dalla cima. Guarda in basso gli scogli. Sente il mare ruggire. Chiude gli occhi. Fa un passo nel vuoto. Efisia si è tuffata dalla Sella del Diavolo. È tutta una vertigine: Efisia ape gli occhi e grida di felicità. Poi spalanca le ali. Il vento la sostiene. Vola. Il papà e la mamma di Efisia la stanno osservando da lontano, e sono commossi. “La mia bambina!” sussurra mamma gabbiana asciugandosi una lacrima con la punta dell’ala. Il papà la stringe forte a sé. Efisia supera il mare. “Se sono riuscita a superare il mare, ora nessun confine mi fa più paura!”. Il filo rosso che tiene stretto nel becco diventa sempre più lungo, mano a mano che il gomitolo si srotola nella zampa di nonno Gavino Gabbiano. Efisia si sente invasa da una tale felicità che si lancia in picchiata, per pura gioia, come una capretta ansiosa di precipizi. Accosta le ali al corpo, e si lascia cadere giù, sempre più giù, guadagnando via via velocità, giù, sempre giù, seguendo una traiettoria verticale, sempre più veloce, giù, con il vento che fischia nelle orecchie e il becco dritto a tagliare l’aria, e il filo rosso come la scia di un aereo, giù, sempre più giù, verso lo splendore della spiaggia del Poetto, con la vertigine in ogni fibra del corpo, per poi aprire le ali all’ultimo momento e virare con grande eleganza a piume distese; e poi palme, e canne al vento, e lo stagno di Molentargius, e sa genti arrubia, e l’odore dell’acqua salmastra, e poi su di nuovo rasente le pendici di Monte Urpinu, e superata la cresta rocciosa a dominare tutta la pianura, giù ancora a sfiorare con la punta delle ali le cime dei pini, e via, con il cuore inebriato, ad attraversare tutta la città bianca, i vicoli e le piazze, i tetti e le cupole, i resti antichi e le vedute mozzafiato, quartiere dopo quartiere. Un grido di Efisia, basta un suo grido di gioia perché tutti gli uccelli di Cagliari si alzino in volo in un unico stormo. E intanto quel filo rosso che tiene nel becco sembra cucire tutto insieme: immaginazione e realtà, nonno Gavino Gabbiano e i suoi genitori, il nonno sulla nave e la nonna sul molo, il mare e la terra, la propria storia e quella degli altri uccelli, tutti i racconti che ha ascoltato, tutte le differenti culture che attraversano la città... “Una delle caratteristiche che fanno di Cagliari una città unica al mondo – diceva sempre nonno Gavino Gabbiano – è che su questo suolo hanno trovato casa quasi tutti i grandi popoli del Mediterraneo, e ciascuno di loro ha portato qui la propria cultura. È per questo che Cagliari, ancora di più rispetto alle altre città italiane, è ricca di una storia straordinaria e brilla di una bellezza multiforme: ogni popolo differente che arrivava aggiungeva infatti la propria cultura e la propria arte a quelle che già c’erano, epoca su epoca, strato su strato”. Come in un sogno, Efisia vola in una meravigliosa vertigine. E quel filo rosso unisce i popoli, le epoche, gli strati, le storie, i respiri, le differenze, i frammenti delle paure e dei sentimenti spezzati, unisce le speranze, unisce i quartieri di Cagliari, unisce Cagliari al territorio e all’intera Sardegna, unisce Cagliari all’Europa. Li unisce con un filo rosso fiammante. Efisia oggi ha imparato a volare al di là. E con quel filo rosso fiammante sta creando un nuovo paesaggio, per tutti. * Efisia, nonno Gavino Gabbiano e i loro amici torneranno con il romanzo ‘Sotto le ali del vento’ per raccontarvi nuove avventure tra i tesori di Cagliari. ‘Sotto le ali del vento’ scritto da Luigi Dal Cin e illustrato da Pia Valentinis, sarà pubblicato a febbraio 2015 da Lapis Edizioni, prodotto dal Consorzio Camù Centri d’Arte e Musei con il supporto del Comune di Cagliari nell’ambito delle attività per la Candidatura di Cagliari Capitale Europea della Cultura 2019, e promosso in collaborazione con Libreria Tuttestorie e Monumenti Aperti. www.cagliari-sardegna2019.eu
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