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Osservatorio Territorio e Aree Urbane
Politiche territoriali Newsletter n. 11/2014
a cura di Giuliana Giovannelli e Alessandra Graziani
Sommario:
News dai territori:
Regione Emilia
Romagna:
News nazionali:
Politiche territoriali:
Politiche abitative:
Rapporti e studi:
Eventi:
Estero:
Sisma: La ricostruzione dei beni pubblici e culturali
Alluvione, in vigore il decreto che stanzia 210 MLN
Smart City, lanciato a Torino il Cluster Nazionale Tecnologie per le Comunità Intelligenti;
Novità nel nuovo DL Ambiente che sarà discusso al prossimo Consiglio dei Ministri;
Assoedilizia: “Urge una legge quadro nazionale sul consumo di suolo”;
Decreto emergenza abitativa: Approvato dal Senato con ulteriori modifiche al Codice dei
contratti
Quanto è smart la mia città rispetto alle altre? Lo spiega l'ISO;
Consumo di suolo, quando la cementificazione non incide sull'emergenza casa;
Moratoria alla cementificazione delle aree fragili. I "diritti edificatori" sono intoccabili ed
eterni? Articolo di Salvatore Lo Balbo;
Rigenerazione urbana, le proposte di Audis;
Convegno ‘Una legge quadro sul suolo per la tutela e la valorizzazione del paesaggio
italiano’. Per la Fillea è intervenuto Salvatore Lo Balbo;
SmartCities. Entro il 2015 un network di 10 grandi città in Gran Bretagna;
New York e il mega-piano di edilizia pubblica. Social housing o celle carcerarie?
News dai territori:
Regione Emilia Romagna: Politiche territoriali: Sisma: La ricostruzione dei beni pubblici e culturali
20/05/2014. I terremoti del maggio 2012 che hanno sconvolto l'Emilia hanno causato ingenti danni anche alle opere
pubbliche e ai beni culturali
A subire danni in seguito alle scosse di terremoto del maggio 2012 in Emilia sono stati anche i beni pubblici e culturali
e le conseguenti attività turistiche e, per l'appunto, culturali.
"La collaborazione tra Ministero, Regione, Amministrazioni locali e Diocesi realizzata in Emilia-Romagna per la gestione
del terremoto rappresenta un esempio virtuoso che sarà di riferimento per chiunque dovrà affrontare in futuro eventi
calamitosi" ha detto il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini.
549 milioni di euro per 664 interventi. Queste cifre rappresentano il quadro di sintesi dei tre piani operativi 2013-2014
che riguardano la ricostruzione o il recupero delle opere pubbliche e beni culturali danneggiati dal sisma in Emilia. Si
tratta della prima attuazione del "Programma per la riparazione e il ripristino delle opere pubbliche e dei beni culturali"
che prevede complessivamente 1.540 interventi per un importo di 1 miliardo e 354 milioni di euro. Le opere pubbliche
e i beni culturali che vi sono ricompresi (dalle chiese ai teatri, dalle scuole alle strutture sanitarie) sono state
individuati grazie ad un rilievo del danno effettuato dalla struttura del commissario delegato alla ricostruzione insieme
a Comuni, Direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e Conferenza episcopale dell'EmiliaRomagna.
Nel dettaglio, i piani operativi 2013-2014 prevedono:
- 131 milioni di euro per 179 interventi in opere pubbliche;
- 288 milioni di euro per 363 interventi per beni culturali soggetti a tutela;
- 122,6 milioni di euro per 122 interventi in edilizia scolastica e universitaria;
- 8 milioni accantonati per interventi in cui sono presenti proprietà miste pubblico/private.
Fino ad oggi sono stati presentati 226 progetti di cui 109 interventi riguardano beni soggetti alla tutela, 60 beni non
soggetti alla tutela e 57 con importo inferiore a cinquanta mila euro, mentre gli altri sono in fase di redazione.
Entro la fine dell'anno partiranno almeno una trentina di cantieri per quanto riguarda il piano delle opere pubbliche. A
titolo di esempio, tra i beni tutelati, saranno aperti i cantieri della Chiesa della Confraternita della buona morte a Finale
Emilia, del Torrione degli Spagnoli a Carpi, della Chiesa e convento di S. Paolo in Monte a Bologna e della Chiesa di
S.Pietro apostolo a Cento e, a Ferrara, della Chiesa di S.Apollonia, della Chiesa dei Santissimi Giuseppe, Tecla e Rita e
del Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah a Ferrara.
"La gestione del terremoto in Emilia-Romagna - ha sottolineato sempre Franceschini - è un'esperienza di cui tenere
conto per la legge quadro sulle calamità naturali che a breve presenterò al Consiglio dei ministri e che consentirà in
situazioni di emergenza di operare in un unico ambito normativo definito".
Fonte: sito internet edilio
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Regione Emilia Romagna: Alluvione, in vigore il decreto che stanzia 210 MLN
14/05/2014. I fondi, per il 2014 e 2015, sono destinati a contributi per danni ma anche a interventi urgenti per la
messa in sicurezza idraulica e il ripristino di opere pubbliche
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014 è stato pubblicato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74, recante
“Misure urgenti in favore delle popolazioni dell’Emilia-Romagna colpite dal terremoto e dai successivi eventi alluvionali
verificatisi tra il 17 ed il 19 gennaio 2014, nonché per assicurare l’operatività del Fondo per le emergenze nazionali”.
Il provvedimento, entrato in vigore ieri 13 maggio, stanzia 210 milioni di euro in favore delle popolazioni colpite dagli
eventi alluvionali verificatisi tra il 17 e il 19 gennaio scorsi nel territorio della provincia di Modena. I fondi, per gli anni
2014 e 2015, sono destinati a contributi per danni ma anche a urgenti interventi connessi alla messa in sicurezza
idraulica e per il ripristino di opere pubbliche.
Errani: “Fatto importante”
“Un fatto importante, che riconosce le giuste ragioni di un territorio già profondamente ferito dal terremoto del 2012.
Cominceremo subito insieme ai sindaci interessati a lavorare per dare a cittadini e imprese le risposte necessarie”, ha
commentato soddisfatto il presidente della Regione Emilia-Romagna e Commissario per la ricostruzione, Vasco Errani.
Il commissario straordinario potrà gestire il coordinamento degli interventi
“Il provvedimento – spiega il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio – serve a garantire
l’attuazione degli interventi per il ripristino e la ricostruzione, l’assistenza alle popolazioni e la ripresa economica
dell’area. Il commissario straordinario potrà inoltre gestire il coordinamento delle attività e degli interventi derivanti
dalle emergenze. Il governo continua quindi a seguire con attenzione il caso di quelle zone duramente colpite”.
Integrazione del Fondo per le emergenze nazionali
Inoltre, l'articolo 2 del decreto dispone che “Per l’anno 2014, al fine di assicurare l’operatività del Fondo per le
emergenze nazionali di cui all’articolo 5, comma 5 -quinquies della legge 24 febbraio 1992, n. 225, le risorse iscritte
nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri che risultano ancora disponibili in relazione alla mancata
attivazione degli interventi previsti da specifiche disposizioni legislative a seguito di calamità naturali affluiscono al
predetto Fondo. Conseguentemente tali interventi, individuati con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, da adottare d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono revocati. Dalla data di entrata in vigore
del presente decreto non sono più attivabili i mutui concessi in virtù di specifiche disposizioni normative adottate fino
al 31 dicembre 2011 per far fronte a interventi di spesa a seguito di calamità naturali a valere sulle risorse iscritte sul
bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, salvo quelli per i quali la procedura di attualizzazione sia già stata
avviata alla predetta data di entrata in vigore”.
Fonte: sito internet casa e clima
News nazionali:
Politiche territoriali: Riforma urbanistica, in arrivo la nuova legge quadro attesa da 72 anni
21/05/2014. Elaborata una bozza di disegno di legge con il riordino dei titoli autorizzativi in edilizia. Ruolo da
protagonista allo Stato e direttiva quadro territoriale con gli obiettivi strategici
Fiscalità immobiliare; trasferibilità dei diritti edificatori; pianificazione territoriale di area vasta; politica complessiva per
il rinnovo urbano; nuova politica per l’edilizia sociale residenziale pubblica e privata; testo unico dei titoli autorizzativi
in edilizia e semplificazione; quadro nazionale di pianificazione territoriale.
Sono questi, in sintesi, i temi affrontati nella prima bozza di disegno di legge per la riforma urbanistica, messa a punto
dalla commissione del ministero delle Infrastrutture nel contesto della riforma del titolo V della Costituzione, che
prevede tra l'altro l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva sul governo del territorio, in particolare sui
principi quadro della legislazione.
Riforma attesa dal 1942
Composto da 21 articoli, lo schema di disegno di legge del Governo interviene su una materia finora disciplinata ancora
– nei principi - dalla vecchia legge urbanistica n. 1150 del 1942. Prima di passare all'esame della commissione
Ambiente della Camera, la bozza di Ddl dovrà ottenere il concerto di tutti i ministeri interessati e poi andare al
Consiglio dei Ministri per il via libera.
Programmi speciali di intervento dello Stato
Il provvedimento attribuisce un nuovo ruolo allo Stato, che potrà adottare “programmi d’intervento speciali, anche a
valenza territoriale, al verificarsi di particolari condizioni di necessità, coordinando la sua azione con quella delle
Regioni”. Ciò allo scopo di “rimuovere condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, di superare situazioni di
degrado ambientale e urbano, di promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e di solidarietà sociale
coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile, e di favorire la rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi
naturali e tecnologici e la riqualificazione ambientale dei territori danneggiati”.
Indirizzi e obiettivi nella direttiva quadro territoriale (Dqt)
A tal fine la bozza di disegno di legge prevede una direttiva quadro territoriale – DQT - che “definisce gli obiettivi
strategici di programmazione dell’azione statale e detta indirizzi di coordinamento al fine di garantire il carattere
unitario e indivisibile del territorio”. La durata della Direttiva quadro territoriale sarebbe di 5 anni con aggiornamento
ogni 3 anni.
Fonte: sito internet casa e clima
Centro Studi
Politiche territoriali: Smart City, lanciato a Torino il Cluster Nazionale Tecnologie per le Comunità Intelligenti
20/05/2014. Lo scorso 15 maggio, in occasione della seconda edizione di Smau Torino, è stato lanciato il Cluster
Nazionale Tecnologie per le Comunità Intelligenti, una rete nazionale, guidata da Fondazione Torino Wireless, in
rappresentanza della Regione Piemonte, che coinvolge nove regioni con oltre 90 partner tra imprese, centri di ricerca e
amministrazioni locali che collaborano sul tema delle città Intelligenti.
L’obiettivo è sviluppare sinergie e progetti di innovazione, sostenere la competitività del Paese nell’agenda
dell’innovazione europea e condividere buone pratiche per risolvere le sfide sociali che caratterizzano le aree urbane e
metropolitane, come, ad esempio mobilità, sicurezza e monitoraggio del territorio, energia e ambiente, salute e
benessere, cultura e turismo, istruzione e formazione e molto altro.
Dimensione internazionale rispetto ai Distretti Tecnologici
“I cluster ereditano dai Distretti Tecnologici la capacità di progettazione e la metodologia di coordinamento di reti di
imprese, università e centri di ricerca, andando ad agire sulla dimensione internazionale che il distretto non sempre
era in grado di raggiungere”, ha spiegato Rodolfo Zich, Presidente del Cluster Smart Communities e di Fondazione
Torino Wireless.
“Il cluster inoltre è in grado di stimolare nuovo know how e sviluppare nuovo capitale, il network capital che sempre
più caratterizza i modelli di crescita territoriale. Questo significa – ha aggiunto Zich - che è necessario coinvolgere tutti
gli attori dello sviluppo: governi territoriali, grandi e piccole imprese, università, enti di ricerca”.
Nuovo modello di politica industriale
Roberto Moriondo, direttore all’innovazione e ricerca della Regione Piemonte, ha evidenziato che “Il Cluster Tecnologie
per le Smart Communities, insieme agli altri Cluster nazionali, sono step fondamentali per dare impulso al nuovo
modello di politica industriale, un modello che vede l'interconnessione fra industria, ricerca, università come
inopportunità che, se colta correttamente può portare le regioni a scalare la dimensione territoriale per concorrere a
creare un ecosistema dell'innovazione.”
Accordo di collaborazione tra l'Anci e il Cluster Smart Communities
In questo ambito, è stato siglato l’ accordo di collaborazione tra l'Anci, l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, e il
Cluster Smart Communities. “La collaborazione si concretizzerà nello studio, la promozione, la messa a sistema e
standardizzazione delle applicazioni sviluppate nei singoli territori, in particolare quelli delle aree metropolitane,
sostenendo le pratiche di reale riuso di quanto sviluppato, anche allo scopo di non duplicare investimenti e sistemi”, ha
precisato Francesco Profumo, presidente dell’Osservatorio Nazionale ANCI sulla Smart City. L’accordo – ha sottolineato
Profumo - ha un significato importante per il Paese. L’osservatorio Anci, in questo può rappresentare il catalizzatore in
grado di raccogliere i risultatati dell’innovazione e redistribuirli sul territorio avviando così un processo di rinnovamento
a livello nazionale”.
A breve in CdM il Piano Nazionale per le Smart Communities
Mario Calderini del Comitato tecnico Agid nel suo intervento ha posto l'accento su “due importanti messaggi a livello
politico, il primo è la conferma della centralità dei cluster tecnologici, tra cui quello delle smart communities, nelle
nuove politiche del Ministero dell’Università e della Ricerca e del Ministero dello sviluppo economico, il secondo è il
rilancio del Piano Nazionale per le Smart Communities, previsto dal Decreto Sviluppo 2.0, che sarà portato al Consiglio
dei Ministri in tempi brevi. Il Piano include le linee di indirizzo sul tema Smart Communities da parte del Governo. Il
Piano dovrà prevedere, per far fiorire in Italia il mercato delle smart communities, un repertorio di modelli di ingaggio
pubblico-privato, una codificazione di strumenti finanziari e lo stimolo all’utilizzo di nuovi metodi di procurement, ad
esempio per impedire le gare al massimo ribasso. Oltre a questi aspetti, è necessario inserire lo statuto di cittadinanza
intelligente con i diritti elementari di cui deve godere il cittadino, poiché sono i cittadini l’anima e il corpo delle smart
city.
Fonte. sito internet casa e clima
Politiche territoriali: Novità nel nuovo DL Ambiente che sarà discusso al prossimo Consiglio dei Ministri
12/05/2014 - Deroghe alle norme sul permesso di costruire e al Codice Appalti per non perdere i finanziamenti europei
destinati alla riqualificazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici pubblici. È l’obiettivo del
nuovo DL Ambiente, che nei prossimi giorni sarà all’esame del Consiglio dei Ministri.
Secondo il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Delrio, a rischio ci sarebbero circa 5
miliardi di euro di fondi europei 2007-2013, che Bruxelles potrebbe decidere di disimpegnare a causa della scarsa
capacità di gestione e dei ritardi nella programmazione degli interventi e nella spesa.
Per evitare che questo accada e accelerare la spesa, il decreto prevede, fino al 31 dicembre 2015, una serie di poteri
derogatori a favore dei soggetti pubblici che si sono aggiudicati le risorse comunitarie per programmi nazionali,
interregionali e regionali di riqualificazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici pubblici.
I poteri derogatori riconosciuti a questi soggetti pubblici sono quelli previsti dal dpcm 22 gennaio 2014, varato all’inizio
dell’anno per accelerare gli interventi di messa in sicurezza delle scuole.
In pratica, se le novità fossero confermate dal CdM, gli interventi potrebbero essere effettuati con procedure
semplificate, senza bisogno di richiedere il permesso di costruire a meno che non comportino il cambio di destinazione
d’uso dell’immobile o il mutamento della sagoma degli edifici vincolati ai sensi del Codice dei Beni Culturali.
I lavori potrebbero essere appaltati subito, senza aspettare i 35 giorni successivi all’aggiudicazione definitiva e non
verrebbe interrotto il termine di 30 giorni per l’approvazione, l’aggiudicazione provvisoria, l’approvazione del contratto
e i controlli prima della stipula.
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In sede di presentazione delle offerte, si potrebbe decidere di non effettuare controlli sulla capacità economico
finanziaria e tecnico organizzativa delle imprese. Per velocizzare la realizzazione degli interventi, i tempi per la
presentazione delle offerte o delle domande di partecipazione potrebbero essere dimezzati.
Verrebbe inoltre estesa la portata dei lavori in economia, normalmente limitata ad alcune lavorazioni o a casi
particolari, in cui il corrispettivo è calcolato sulla base dei materiali impiegati e delle ore di manodopera degli operai.
Sarebbero infine allentati i vincoli sui tempi per le comunicazioni in caso di provvedimento di diniego. Al momento,
infatti, il responsabile unico del procedimento (RUP) o l’autorità competente, prima di adottare un provvedimento di
diniego, deve comunicarne i motivi agli interessati, che hanno a disposizione dieci giorni per la presentazione delle loro
osservazioni. La comunicazione del RUP interrompe i termini per la conclusione del procedimento, che iniziano a
decorrere nuovamente dopo la presentazione delle osservazioni.
Fonte: Paola Mammarella, sito internet edilportale
Politiche territoriali: Assoedilizia: “Urge una legge quadro nazionale sul consumo di suolo”
12/05/2014. Colombo Clerici: regole per la riforma del regime dei suoli e la disciplina dei diritti edificatori e della
perequazione urbanistica
“La questione del consumo del suolo derivante dall'attività edilizia è di grande attualità. Urge una legge quadro
nazionale che fissi i principi generali per il riconoscimento degli interessi legittimi legati alla pianificazione territoriale:
in altri termini ponga le regole per la riforma del regime dei suoli e parallelamente disciplini i cosiddetti diritti edificatori
e la perequazione urbanistica”.
La ha evidenziato il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, in un suo intervento pubblicato sabato scorso
nella rubrica CasaCittàSocietà su Il Giorno.
Come perimetrare l'indice di urbanizzabilità
“Nella pianificazione territoriale e nella programmazione edilizia in Italia, con un Paese che localmente viaggia a due o
più velocità, con un riferimento all'ente comunale che è storico-convenzionale (in molti comuni, ad esempio nel
meridione, il territorio è enorme, la popolazione scarsa, il dinamismo socio economico ridotto; in altri il territorio è
scarso, sovraffollato e la tendenza alla crescita assai marcata) il problema della parametrazione dell'indice di
urbanizzabilità del suolo è molto complesso.
Certamente non si può procedere con criteri uniformi, né riferirci unicamente al rapporto tra superficie comunale ed
aree urbanizzate.
Il problema si pone almeno su due piani.
Da un lato, sotto il profilo della salvaguardia delle aree libere; d'altro lato sul piano della limitazione dell'aumento dei
carichi insediativi nelle aree già urbanizzate, massimamente all'interno del tessuto urbano consolidato, ed ancor più
nei centri di antica formazione.
Concentrazione delle volumetrie
Una via di uscita può esser rappresentata dalla concentrazione delle volumetrie: ma, se si può parlare di densificazione
nelle zone urbane di cintura, non così ci si deve orientare nei centri antichi.
Qui il tessuto urbano, non permettendo modificazioni sostanziali dell'assetto precostituito, non si presta a sopportare
carichi insediativi aggiuntivi.
Trasferibilità dei diritti edificatori
Nelle aree di espansione, poi, occorre riconoscere legislativamente la vigenza del principio di perequazione, con
conseguente riconoscimento della trasferibilità dei diritti edificatori: ma esclusivamente nell'ambito di zone urbane
omogenee dal punto di vista oggettivo, presentanti cioè una medesima vocazione edificatoria.
Per le medesime ragioni non si può ammettere una traslazione dei diritti edificatori e dei relativi volumi edilizi a livello
di intero territorio comunale.
Pianificazione
Nella pianificazione territoriale, il riferimento legislativo al livello comunale è storico-convenzionale e non è ormai la
scala adeguata per realizzare i grandi obiettivi di pianificazione urbana ed a maggior ragione di salvaguardia dei valori
agricolo-urbano-paesaggistico-ambientali del Paese, fra i quali certamente si annovera il patrimonio-suolo.
E' necessario inoltre che si introducano principi ed istituti volti a subordinare gli interventi di nuova produzione edilizia,
comportanti insediamenti di volumi edilizi aggiuntivi, ad un momento non solo pianificatorio, ma anche
programmatorio.
Per consentire al Comune di verificare, non solo la correlazione fra strutture edilizie di godimento ed infrastrutture di
servizio, bensì anche la congruenza del rapporto tra gli interventi stessi e la situazione socio-economica della città: in
altri termini con riferimento ad effettivi fabbisogni di funzioni e di strutture, oggettivi ed accertati - cioè alla domanda
del mercato.”
Fonte: sito internet casa e clima
Politiche abitative: Decreto emergenza abitativa: Approvato dal Senato con ulteriori modifiche al Codice dei contratti
15/05/2014 - Nella seduta di mercoledì 14 maggio il Senato ha approvato - con 133 voti favorevoli e 99 contrari - il
disegno di legge di conversione del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 su emergenza abitativa, mercato delle
costruzioni ed Expo 2015; il provvedimento passa ora all'esame della Camera che deve convertirlo in legge entro il 27
maggio prossimo.
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Parecchie le modifiche introdotte ed in particolare quelle dell’articolo 12 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di
qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici” con cui viene data una soluzione al problema delle categorie principali,
delle categorie specialistiche e superspecialistiche nell’appalto dei lavori pubblici. Il problema era nato a seguito della
sentenza n. 3014/2013 del Consiglio di Stato che aveva generato il successivo annullamento, con Decreto del
Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013, dell’articolo 109, comma 2 (in relazione all'allegato A, e, in particolare,
alla «Tabella sintetica delle categorie»), dell’articolo 107, comma 2 e dell’articolo 85, comma 1, lettera b), numeri 2 e
3) del Regolamento n. 207/2010 di attuazione del Codice dei contratti.
Qui di seguito il nuovo testo dell’articolo 12, interamente sostitutivo dell’articolo 12 del decreto-legge n. 47/2014, che
introduce ulteriori nuove modifiche al Codice dei contratti e al Regolamento di attuazione:
“1. Si considerano strutture, impianti e opere speciali ai sensi dell’articolo 37, comma 11, del codice di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le opere corrispondenti alle categorie individuate nell’allegato A del medesimo
decreto con l’acronimo OG o OS di seguito elencate: OG 11, OS 2-A, OS 2-B, OS 4, OS 11, OS 12-A, OS 13, OS 14,
OS 18-A, OS 18-B, OS 21, OS 25, OS 30.
2. In tema di affidamento di contratti pubblici di lavori, si applicano altresì le seguenti disposizioni: a) l’affidatario, in
possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel
bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito come categoria prevalente può, fatto salvo quanto previsto
alla lettera b), eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l’opera o il lavoro, anche se non è in
possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in
possesso delle relative qualificazioni;
b) non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria
prevalente, se privo delle relative adeguate qualificazioni, le lavorazioni, indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara
o nella lettera di invito, di importo superiore ai limiti indicati dall’articolo 108, comma 3, del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 5 maggio 2010, n. 207, relative alle categorie di opere generali individuate
nell’allegato A al predetto decreto, nonché le categorie individuate nel medesimo allegato A con l’acronimo OS, di
seguito elencate: OS 2-A, OS 2-B, OS 3, OS 4, OS 5, OS 8, OS 10, OS 11, OS 12-A, OS 13, OS 14, OS 18-A, OS 18-B,
OS 20-A, OS 20-B, OS 21, OS 24, OS 25, OS 28, OS 30, OS 33, OS 34, OS 35. Le predette lavorazioni sono comunque
subappaltabili ad imprese in possesso delle relative qualificazioni. Esse sono altresì scorporabili e sono indicate nei
bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di tipo verticale. Resta fermo, ai sensi dell’articolo
37, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il limite di cui all’articolo 170, comma 1,
del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 per le categorie di cui al comma 1 del
presente articolo, di importo singolarmente superiore al 15 per cento; si applica l’articolo 92, comma 7, del predetto
regolamento.
3. I commi 1 e 3 dell’articolo 109 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010
sono abrogati. Sono soppressi l’ultimo periodo delle premesse dell’allegato A del predetto decreto e la tabella sintetica
delle categorie del medesimo allegato. I richiami, contenuti nelle disposizioni vigenti, all’articolo 107, comma 2, del
predetto regolamento, annullato dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2013, si intendono riferiti alle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo. Il
richiamo, contenuto nell’articolo 108, comma 1, ultimo periodo, all’articolo 109, commi 1 e 2, del predetto
regolamento, si intende riferito al comma 2 del presente articolo.
4. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara
sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché,
in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.
5. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adottate,
secondo la procedura prevista dall’articolo 5, comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
le disposizioni regolamentari sostitutive di quelle contenute negli articoli 107, comma 2, e 109, comma 2, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, annullate dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2013. Alla data di entrata in vigore delle disposizioni
regolamentari sostitutive di cui al precedente periodo cessano di avere efficacia le disposizioni dei commi da 1 a 4.
6. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla
base delle disposizioni di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 24 aprile 2014, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2014.
7. Sono fatti salvi i bandi e gli avvisi di gara per l’affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori pubblicati a
decorrere dalla data di efficacia del decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2013 e fino alla data di entrata
in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui al comma 6, nonché gli atti, i provvedimenti
e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi bandi e avvisi. La salvezza riguarda i profili concernenti la
qualificazione richiesta per la partecipazione alle procedure di affidamento con riferimento alle categorie di lavorazioni
a qualificazione obbligatoria e alle categorie di cui all’articolo 37, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163.
8. All’articolo 37 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 13 è abrogato.
9. All’articolo 92 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, il comma 2
è sostituito dal seguente:
“2. Per i raggruppamenti temporanei di cui all’articolo 34, comma 1, lettera d), del codice, i consorzi di cui all’articolo
34, comma 1, lettera e), del codice ed i soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettera f), del codice, di tipo
orizzontale, i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per
l’impresa singola devono essere posseduti dalla mandataria o da un’impresa consorziata nella misura minima del 40
per cento e la restante percentuale cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella
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misura minima del 10 per cento. Le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta,
possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal
consorziato. Nell’ambito dei propri requisiti posseduti, la mandataria in ogni caso assume, in sede di offerta, i requisiti
in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna delle mandanti con riferimento alla specifica gara. I lavori sono
eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle
stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione
posseduti dalle imprese interessate".
10. Le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 si applicano anche alle procedure ed ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si
indice una gara risultino già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure ed ai contratti in cui, alla suddetta
data, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte.
11. Al fine di garantire adeguate condizioni di concorrenza nella qualificazione degli operatori economici alle procedure
di affidamento di incarichi di verifica dei progetti di opere pubbliche, all’articolo 357, comma 19, del regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, le parole: "tre anni" sono sostituite dalle seguenti:
"cinque anni".
Alla luce del nuovo testo dell’articolo 12 occorre notare come dall’elenco delle strutture, impianti e opere speciali di cui
all’articolo 37, comma 11 del Codice dei contratti non sia riportata la categoria specialistica OS 32 (Strutture in legno)
inserita, invece, nell’art. 2 del D.M. 24/4/2014.
C’è anche da osservare come la stessa catgoria OS 32 originariamente presente nell’elenco di cui all’articolo 1 del
citato D.M. 24/4/2014 tra le categorie di lavorazioni a qualificazione obbligatoria sia sparita dall’elenco contenuto
nell’articolo 12, comma 2, lettera b) del decreto-legge 24 marzo 2014, n. 47.
Fonte: Paolo Oreto, sito internet lavori pubblici
Rapporti e studi: Quanto è smart la mia città rispetto alle altre? Lo spiega l'ISO
21/05/2014. Nasce un nuovo standard ISO per la progettazione delle città. Offre indicatori per la gestione urbana, un
metodo per testare i progressi e una piattaforma per condividere best practice
Il processo di riorganizzazione e riprogettazione urbana è inarrestabile. Le città di tutto il mondo guardano
all'efficienza, alla sostenibilità e all'ottimizzazione dei servizi come ai principali obiettivi da raggiungere nei prossimi
decenni, sopratutto in vista del fenomeno inarrestabile dell'inurbamento che, stando alle recenti stime, porterà nelle
città entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale. Ma come fare a verificare che le strategie applicate ai centri
urbani funzionino? Come si possono monitorare i progressi compiuti, confrontandoli con quelli di altre città? E
sopratutto, in base a quali criteri possono essere messe in atto politiche urbanistiche a lungo termine?
Nuova ISO per una progettazione urbana efficiente
E' per rispondere a queste domande, offrendo un valido aiuto a progettisti, urbanisti, politici, governatori- insomma a
tutti coloro che a vario titolo giocano un ruolo importante nella pianificazione urbana- che è nato lo standard ISO
37120:2014. Parte di una nuova serie, in via di sviluppo, di standard internazionali che hanno l'obiettivo di incentivare
un approccio olistico ed integrato alla crescita sostenibile e sicura degli ambienti urbani, la nuova ISO si compone di
una serie di indicatori che forniscono alcune linee guida per una progettazione urbana efficiente. E che possono essere
applicate ovunque. Perché il principale obiettivo dello standard è proprio quello di tracciare un percorso percorribile
ovunque e da chiunque per raggiungere un'uniformità a livello mondiale.
Non offre una misurazione ma un modello
Lo standard, attivo dallo scorso 15 maggio, non dà giudizi di valore né tantomeno fornisce un metodo di misurazione
numerica. Non vi sono punteggi da raggiungere né medaglie da vincere. Lo strumento offre un modello con cui
affrontare le sfide urbane, suddivise in vari campi: economia, educazione, energia, ambiente, finanza, gestione delle
emergenze, salute, amministrazione, svago, sicurezza, telecomunicazioni, trasporti, gestione dei rifiuti e del sistema
idrico e fognario. E fornisce al contempo un metodo di prova per testare le “prestazioni” delle città e per monitorarne i
progressi.
Una piattaforma per condividere esperienze e best practice
Ma l'aspetto più interessante e quello su cui si insiste maggiormente è quello della condivisione di dati ed esperienze.
Ritenendo il confronto fra città e quindi fra i diversi approcci ad esse applicate, di fondamentale importanza per un
vero sviluppo a livello globale, gli sviluppatori dello standard hanno creato una piattaforma, che può essere condivisa,
in cui è possibile tenere traccia delle proprie inziative e registrare i progressi compiuti, ma anche segnalare le proprie
“best practice”, che possono essere prese ad esempio dagli altri.
Fonte: sito internet casa e clima
Rapporti e studi: Consumo di suolo, quando la cementificazione non incide sull'emergenza casa
13/05/2014. Il tasso di consumo di suolo è salito dal 2,9% degli anni '50 al 7,3% attuale, con la diffusione di case
inutili e inaccessibili per chi ne avrebbe bisogno. Il dossier di Legambiente
Un’invasione di case insicure, fragili, non coibentate, energeticamente costose e spesso vuote e inutili, insieme a
capannoni, autostrade, parcheggi, cave e strade continuano a cancellare importanti porzioni del nostro territorio.
In tre anni abbiamo perso, secondo Ispra, ben 720 chilometri quadrati di suolo. Nemmeno la crisi ferma questa
epidemia cementificatoria, che devasta il Paese senza incidere per nulla sull’emergenza casa che riguarda ben 650mila
famiglie che per reddito e condizioni avrebbero diritto ad un alloggio di edilizia popolare.
Centro Studi
I dati sono contenuti nel dossier di Legambiente “Basta case vuote di carta” che analizza il consumo di suolo nel nostro
Paese e la diffusione delle case inutili e inaccessibili per chi ne avrebbe bisogno. L’associazione oggi lancia inoltre
stopalconsumodisuolo.crowdmap.com, un portale nazionale che ha già raccolto le segnalazioni di oltre 100 aree in
pericolo, con informazioni, foto, video e segnalazioni relative al consumo di suolo nel nostro Paese per realizzare una
mappa condivisa e sempre aggiornata delle aree da salvare.
“Senza un serio impegno politico la situazione non cambierà – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati
Dezza -. Servono subito provvedimenti specifici per frenare il consumo di suolo e per la riqualificazione del patrimonio
edilizio con chiari obiettivi di efficienza energetica e sicurezza antisismica. Non servono altre case di carta in periferia,
insicure e invivibili, ma nuove politiche per ripensare periferie degradate e dismesse con procedure che permettano
finalmente di avviare progetti innovativi”.
Tasso di consumo di suolo al 7,3%
Il tasso di consumo di suolo – si legge nel dossier di Legambiente – negli anni ’50 era pari al 2,9%. Oggi siamo al
7,3%. Dei 22mila chilometri quadrati urbanizzati in Italia, il 30% è occupato da edifici e capannoni, il 28% da strade
asfaltate e ferrovie. Tra le città con le superfici più cementificate troviamo Napoli e Milano (con oltre il 60%) seguite da
Pescara e Torino (oltre il 50%) e poi da Monza, Bergamo, Brescia e Bari con oltre il 40% di superficie
impermeabilizzata.
Nel 2014, inoltre, ancora in gran parte d’Italia non esistono controlli e sanzioni rispetto ai consumi delle abitazioni
(ossia le verifiche degli attestati di prestazione energetica che per la Direttiva sono obbligatori) e quindi si condannano
le famiglie a spendere migliaia di Euro per case fredde d’inverno e calde d’estate. Malgrado dibattiti e impegni, ancora
non è in vigore il libretto del fabbricato e non si hanno informazioni nemmeno per edifici in zone a rischio sismico e
idrogeologico, o controlli mirati relativi ai materiali e alle tecniche di costruzione utilizzate. In questa situazione, il
settore dell’edilizia vive una drammatica crisi occupazionale con oltre 600mila posti di lavoro persi e migliaia di
imprese chiuse. C’è quindi urgente bisogno di un progetto che tenga assieme gli obiettivi e le politiche per tre grandi
questioni strettamente connesse tra loro: il consumo di suolo, l’emergenza casa e la rigenerazione urbana.
Emergenza casa
Rispetto all’emergenza casa, negli ultimi 5 anni sono stati emessi oltre 311mila sfratti, e milioni di famiglie vivono
condizioni di grave disagio per pagare le rate del mutuo o dell’affitto nonostante siano 2milioni e 700mila le case vuote
su tutto il territorio italiano (contro le 700mila nel Regno Unito per fare un esempio). Servono nuove politiche, con
risorse stabili per riqualificare il patrimonio edilizio pubblico in locazione e per creare nuovi alloggi negli ambiti di
riqualificazione, con nuovi strumenti urbanistici e fiscali da affidare ai Comuni per gestire il patrimonio immobiliare.
Interventi che mancano completamente nel Decreto Lupi sulla casa in corso di approvazione in Parlamento.
Rigenerazione urbana
Rispetto alla riqualificazione urbana, nel nostro Paese continua a risultare impossibile realizzare ambiziosi progetti in
aree degradate o dismesse, o che riguardino condomini, per normative che impediscono o rendono costosi e
complicatissimi interventi invece fondamentali. Eppure sono oltre 2milioni e 500mila gli edifici residenziali sui quali
sarebbe urgente intervenire. 865mila sono gli edifici residenziali in aree ad alto rischio sismico, per un totale di circa
1,6 milioni di abitazioni, mentre il totale degli edifici residenziali a rischio medio ed alto raggiunge i 4,7 milioni, con
punte elevatissime in Sicilia (oltre 1,2 milioni di edifici) ed in Campania (quasi 800 mila edifici). Gli edifici residenziali a
rischio frane ed alluvioni sono oltre 1,1 milioni (2,8 milioni di abitazioni e 5,8 milioni di persone che ci abitano), in
particolare in Campania ed Emilia-Romagna dove si trovano rispettivamente 442 mila e 416 mila abitazioni, per un
totale di oltre 300.000 edifici residenziali e 2 milioni di residenti coinvolti.
Monitoraggio sulla cementificazione
Il portale stopalconsumodisuolo.crowdmap.com è un sito semplice ed accessibile a tutti per monitorare luoghi che
rischiano di non esserci più se, non si cambiano le politiche, cancellando previsioni di piani urbanistici, progetti di
grandi infrastrutture, piccole e grandi lottizzazioni che minacciano il suolo superstite di mezzo secolo di aggressioni alle
terre fertili e alle aree naturali.
“Il nostro obiettivo – ha sottolineato Damiano Di Simine, responsabile della campagna #stopalconsumodisuolo di
Legambiente dal blitz all’Expo di Milano – è di far capire l’urgenza di intervenire per fermare il consumo di suolo,
attraverso politiche che puntino anche sulla rigenerazione urbana come opportunità per uscire dalla crisi economica.
Con questo portale vogliamo far conoscere le tante situazioni in Italia di progetti edilizi e infrastrutturali che
cancellerebbero aree agricole e paesaggi. Chiediamo a Governo e Parlamento di scegliere questi temi come priorità di
questa fase di legislatura. Per questo continueremo a mobilitarci con i cittadini per fermare il consumo di suolo e
contribuire ad avviare serie politiche per recuperare le periferie dando una casa a chi ne ha bisogno”.
Fonte: sito internet casa e clima
Eventi: Moratoria alla cementificazione delle aree fragili. I "diritti edificatori" sono intoccabili ed eterni? Articolo di
Salvatore Lo Balbo
20/05/2014. Nel corso dell’ultimo congresso nazionale della Fillea-Cgil, tenutosi il 2 e 3 aprile u.s., abbiamo approvato
un documento programmatico dove si sostiene la necessità di procedere ad una “moratoria degli interventi pubblici
delle opere di impermeabilizzazione sulle aree limitrofe a coste, fiumi, laghi, sistemi franosi, infrastrutture finalizzate
alla mobilità. Questo intervento, che il Governo deve assumere prioritariamente e con valenza decennale, deve essere
accompagnato da azioni di bonifica delle aree di cui sopra, di quelle di interesse nazionale e di tutte quelle
compromesse dalle attività umane”.Questa nostra proposta si accompagna, almeno per gli stessi luoghi, ad una
moratoria o revoca dei diritti di edificazione concessi ai privati. E’ opportuno ricordare che i primi a sostenere la
necessità di avere una moratoria delle costruzioni sono stati il Prof. Salvatore Settis e il Capo della Protezione Civile
Franco Gabrielli.
Centro Studi
Il dibattito attuale tende ad assegnare ai diritti di edificazione, maturati dalle scelte effettuate dagli amministratori
locali attraverso gli strumenti urbanistici approvati da un organo elettivo, un’intoccabilità e, per alcuni versi, una sorta
di eternità.
I soggetti che sostengono tale diritto, non revocabile e non modificabile su aree urbane definite edificabili e su
concessioni rilasciate dagli uffici comunali, sono proprietari delle aree, costruttori, avvocati, notai, ingegneri, architetti,
geometri, amministratori pubblici. Ovviamente ci sono anche soggetti che operano nell’ombra o alla luce del sole per la
realizzazione di affari, come i sensali o mediatori di aree da edificare, i tangentisti e i mafiosi.
Non faccio di tutta l’erba un fascio. So benissimo che tra queste categorie professionali e di cittadini ci sono tante
persone per bene e anche amministratori e associazioni di rappresentanza che sono sostenitrici di un diverso modello
di sviluppo, ma ogni giorno diventa sempre più ingombrante e a tratti arrogante il rumore che i difensori dei diritti di
edificazione acquisiti fanno, sostenendo che bisogna essere moderati nel discutere di consumo di suolo e che
addirittura sarebbero catastrofiche le conseguenze occupazionali.
Il conflitto d’interesse è evidente. Ed è altrettanto evidente che l’Italia deve imboccare con chiarezza la strada di
rivalutare e valorizzare al massimo i suoli impermeabilizzati e non i suoli ancora non impermeabilizzati. Non è un
problema semantico. E nemmeno si può attendere che qualche istituto ci dia una immagine magari 1:1 per convincerci
che le case, i capannoni, l’impermeabilizzato, il costruito è così sovradimensionato in proporzione ai cittadini e alle loro
attività sociali ed economiche che è solo per INTERESSE che si può sostenere la necessità di dover impermeabilizzare
ancora di più. Se carenze ci sono, esse sono sul fronte delle infrastrutture utili alla mobilità lenta o veloce dei cittadini
e delle merci, capaci di fornire pari opportunità di servizi a tutto il paese.
L’Italia vive uno dei momenti più drammatici della sua storia. .
I governi, di fronte ad uno scenario economicamente disastroso, hanno adottato provvedimenti (per la CGIL sbagliati e
controproducenti) che hanno colpito con durezza diritti acquisiti come quello alla contrattazione nel pubblico impiego (i
contratti pubblici sono bloccati da 6 anni e si parla di bloccarli fino al 2020), il diritto alla pensione è stato fortemente
modificato da provvedimenti parlamentari che hanno allungato i tempi e modificato il corrispettivo economico, con il
risultato che si va in pensione non prima di 67 anni e con meno soldi, le modalità di assunzione sono continuamente
modificati nella direzione di diminuire i diritti dei lavoratori, il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni è
giornalmente falcidiato, i tassi di disoccupazione reali sono superiori al 20% e gli investimenti pubblici si sono
fortemente assottigliati.
Sono in tanti coloro che, di fronte ad una crisi economica, finanziaria, produttiva e di modello di sviluppo, hanno
sostenuto e hanno lavorato perché in Italia si affermasse una notevole riduzione dei diritti, dei salari, dello stato
sociale nel mondo del lavoro. Tra questi ci sono anche quelli che sostengono che i loro diritti per impermeabilizzare il
suolo sono intoccabili. Essi minacciano il ricorso alle vie legali, proteste, disastri economici e incremento della
disoccupazione, accampando che la “valorizzazione” (maggior valore fondiario) del proprio suolo sia intoccabile. Capita
che gli stessi siano idealmente per la riduzione del consumo di suolo, ovviamente quello degli altri.
Anche i diritti dei lavoratori e dei pensionati sembravano intangibili, eppure sono stati toccati. Se è successo ciò per
affrontare la crisi in maniera sbagliata, si possono toccare anche i diritti di edificazione per una causa nobile, quale il
consumo di suolo zero.
Moratoria mirata e ritiro dei diritti di edificazione in quelle aree che giornalmente sono coinvolte dagli effetti non delle
calamità naturali ma della cementificazione del territorio, possono essere adottati anche senza la necessità di avere
nuovi provvedimenti legislativi. I soggetti pubblici che hanno il potere di governare il territorio possono operare in tale
direzione; basta fare le adeguate scelte politiche ed amministrative. Come si dice in Italia da un po’ di secoli: errare
humanum est, perseverare autem diabolicum
Postilla
Lo Balbo scrive che «Il dibattito attuale tende ad assegnare ai diritti di edificazione, maturati dalle scelte effettuate
dagli amministratori locali attraverso gli strumenti urbanistici approvati da un organo elettivo, un’intoccabilità e, per
alcuni versi, una sorta di eternità». Quanti sostengono la tesi dell’intoccabilità dei “diritti di edificabilità” derivanti da
strumenti urbanistici approvati da un organo elettivo mentono, per ignoranza o per interesse. L’edificabilità concessa
dagli strumenti urbanistici approvati è tranquillamente annullabile da un successivo piano urbanistico, a condizione di
essere adeguatamente motivato (si vedano in proposito la mia nota
eil parere del prof. Vincenzo Cerulli Irelli,
entrambi del 2004 e la sentenza del Consiglio di Stato del 2012). Credo che occorra invece un intervento legislativo
nazionale se si voglia, come sarebbe del tutto ragionevole, ottenere l’annullamento dell’edificabilità in un’area per la
quale l’amministrazione pubblica abbia già rilasciato il permesso di costruire. In tal caso ritengo che si dovrebbe
indennizzare il proprietario oppure consentirgli di realizzare il suo intervento su una diversa area.
Fonte: sito internet Eddyburg.it
Eventi: Rigenerazione urbana, le proposte di Audis
19/05/2014. Quattro proposte dall' Associazione Aree Urbane Dismesse per favorire una politica più orientata alla
riduzione del consumo di suolo e una sburocratizzazione delle pratiche
"Nonostante l'evidente condivisione generale delle strategie sulle rigenerazione urbana, le difficoltà economiche creano
problemi all'avvio delle singole iniziative già programmate. È necessario l'impegno dei comuni, ma anche che a livello
centrale si ponga finalmente mano alla revisione della legislazione urbanistica generale.” Con queste parole Gabriele
Giacobazzi, Assessore alla Programmazione e gestione del territorio del Comune di Modena, ha 'aperto' il Convegno
Nazionale di Audis (Associazione Aree Urbane Dismesse) “Rigenerare Italia. Ruoli, obiettivi, strumenti per ripartire
dalle città”, tenutosi lo scorso 16 maggio a Modena.
Centro Studi
Documento di proposte per la rigenerazione urbana
Un'occasione per presentari dati e prospettive della situazione italiana, ma sopratutto per presentare il “Documento di
proposte per la rigenerazione urbana” redatto da AUDIS . “Con questo documento – ha sottolineato Elisabetta Meucci,
Elisabetta Meucci, Presidente AUDIS e Assessore alle Politiche del Territorio e Patrimonio non abitativo del Comune di
Firenze – presentiamo un pacchetto di proposte finalizzate a rilanciare gli interventi di rigenerazione urbana. Vuole
essere una piattaforma sulla quale confrontarsi e possibilmente raggiungere una vasta condivisione di tutti gli
interlocutori interessati.
Riportiamo integralmente le quattro proposte.
1. Verso la crescita zero
La recente proposta di legge governativa sulla riduzione del consumo di suolo conferma l’obiettivo di ridurre il consumo
di suolo arrivando nel 2050 alla crescita zero. Obiettivo da perseguire in tempi lunghi e attraverso tappe intermedie,
secondo limiti e scadenza che vengono demandati a successivi atti e documenti concordati tra governo centrale e
regioni.
Purtroppo molto spesso nel nostro paese i migliori propositi si sono arenati e dissolti per le inadempienze politiche e
amministrative. Si ritiene quindi necessario che già in sede legislativa venga stabilito un primo step del processo
indicando un obiettivo parziale da raggiungere entro i prossimi dieci anni.
In linea di massima si assume un valore massimo di nuovo suolo utilizzabile pari al 10% della superficie già
urbanizzata. In un quadro generale molto variegato da nord a sud ciò significa che alcuni comuni virtuosi (pochi per la
verità, ma in costante aumento in particolare tra i Comuni capoluogo) che nei loro piani già rispettano questo standard
non dovranno comunque prevedere nuovi sviluppi, mentre la gran parte dei comuni, dove i piani generalmente
prevedono incrementi del costruito superiori al 10% dovranno procedere ad attuare adeguate riduzioni. Sarà
opportuno altresì prevedere uno step intermedio a cinque anni dall’entrata in vigore della legge per l’adozione di una
variante che verifichi lo stato di avanzamento del processo;
In ogni caso l’urbanizzazione di nuove aree deve essere preceduta da una valutazione della indisponibilità di aree già
urbanizzate suscettibili di trasformazione. A tale scopo si ritiene utile imporre una moratoria di almeno un anno per
interventi ex novo, anche al fine di verificare nel dettaglio lo stato e le prospettive delle aree di rigenerazione.
2. Dalla regolazione alla rigenerazione
Dopo 50 anni di piani orientati a governare lo sviluppo tocca ora ai piani della rigenerazione. E’ pensabile che il sistema
di pianificazione sia assolutamente neutrale, cioè vada bene per tutte le stagioni? Certamente no. Anche l’apparato
strumentale va cambiato orientandolo sui nuovi obiettivi (riduzione consumo di suolo, rigenerazione urbana,
riqualificazione aree dismesse, rinnovo edilizio, sostenibilità energetica e ambientale), finalmente sanciti da norme di
legge.
Si impone quindi una revisione generale della legislazione statale (riforma urbanistica) e regionale ancorata ai seguenti
criteri:
• superare le pianificazioni separate per perseguire l’unità territorio: società,
ambiente, paesaggio;
• sopra il comune un solo livello di pianificazione, quello regionale. Un
semplice piano programma con proiezioni territoriali;
• piani di area vasta solo dove sono necessari (aree metropolitane,
conurbazioni, aree a urbanizzazione diffusa, ecc.);
• decisa spinta verso l’intercomunalità, anche mediante l’imposizione di misure
coercitive ai comuni renitenti;
• a livello comunale abbandonare senza rimpianti il doppio sistema di
pianificazione, un documento di pianificazione strategica o programmatica al
posto del piano strutturale e piani d’intervento di area e/o settore;
• piani diversi per realtà diverse: per i piccoli comuni, tornare al programma di
fabbricazione rivisitato;
• modificare l’approccio agli standard per rispondere alle nuove domande
passando dal criterio quantitativo a quelli qualitativi e prestazionali: social
housing, servizi pubblici e privati, corridoi verdi, mobilità leggera, ecc;
• ancorare la programmazione degli interventi alla possibilità di reperire risorse
tramite sinergie tra differenti fonti di finanziamenti.
3. La rigenerazione come intervento di pubblico interesse
Il principio è già presente nei Progetti di Legge di Lombardia e Veneto, ma più a livello di sentiment che di concept, e
va quindi irrobustito in maniera decisa. I proprietari delle aree dismesse spesso sono assenti o assenteisti, quasi
sempre perché le hanno pagate troppo e preferiscono tenerle ferme aspettando tempi migliori. Peggio ancora, nel caso
di aree pesantemente inquinate dove i proprietari non ci sono più e le aree sono diventate “les sites orphelins”, i siti
orfanelli come dicono i francesi. Occorre rimettere in circolazione le aree dismesse, eliminando o riducendo il peso
della rendita fondiaria. Questa una possibile procedura suggerita, da inserire nelle nuove leggi in corso di approvazione
e nelle procedure di pianificazione:
•
In sede legislativa va stabilito che gli interventi di rigenerazione considerati strategici per la città siano considerati
di pubblico interesse;
• il Comune mediante piano operativo individua gli ambiti di rigenerazione considerati strategici e li classifica di
pubblico interesse;
• il Comune perseguendo lo scopo di acquisire aree e/o servizi di pubblico interesse, ma anche allo scopo di un
miglioramento ambientale, mette in gara gli interventi più significativi indicando i criteri di qualità e gli obiettivi
Centro Studi
pubblici prioritari riferiti alle singole aree (parametri urbanistici ed ambientali, servizi e dotazioni pubbliche necessari
studiati caso per caso) e sollecitando gli operatori a intervenire;
•
i soggetti interessati presentano un progetto rispondendo ai criteri di qualità e indicando anche l’indennità di
esproprio dell’area, i costi di demolizione e bonifica, per l’adeguamento infrastrutturale, la dotazione di servizi pubblici
e social housing, gli oneri di preurbanizzazione ed urbanizzazione, eventuali extra-oneri;
• i progetti vengono selezionati con procedura di evidenza pubblica e approvati attraverso accordo di programma;
• al proprietario dell’area rimane comunque il diritto di prelazione.
4. Procedure semplificate per l’approvazione dei progetti di riqualificazione delle
aree e immobili di rigenerazione
Gli interventi di riqualificazione di aree e immobili dismessi, anche non strategici, vanno agevolati semplificando ed
abbreviando le procedure di approvazione, eliminando le lunghe e complesse trattative tra pubblico e privato e
garantendo agli operatori la certezza dei risultati. AUDIS, in quasi 20 anni di attività, ha monitorato le buone pratiche
realizzate (ma anche quelle da scartare), un lavoro che consente di individuare procedure, modalità e parametri
standardizzati proposti nella Matrice e nel Protocollo della qualità urbana di AUDIS.
I principali passaggi per andare in questa direzione possono essere:
a) Emanazione da parte delle regioni di un atto amministrativo o legislativo nel quale si definiscono modalità e
parametri standard per gli interventi di rigenerazione urbana:
- mantenimento del volume esistente per l’edilizia civile, salvi i casi nei quali si
dimostra utile aumentare la densità;
- possibile riduzione dei volumi per gli edifici industriali (i grandi capannoni dove non
si può mantenere lo stesso volume) per i quali andrebbe considerato non il volume
ma la SLP eventualmente raddoppiata;
- liberalizzazione delle destinazione d’uso, compreso il commerciale e le grandi
strutture di vendita, perché gli interventi ricadono in zone centrali ed è ormai necessario e urgente contrastare il
trasferimento delle funzioni più pregiate fuori città;
definizione di standard urbanistici di tipo prestazionale, incluse le quote di social housing, laddove realmente utili a
ricomporre città (prevedendo altrimenti anche forme di monetizzazione).
b) Adozione di protocolli di qualità e di sostenibilità urbanistica, sociale, economica, culturale, energetica ed
ambientale. Buoni esempi in questa direzione sono la Matrice e il Protocollo AUDIS per la scala urbana e le diverse
certificazioni (LEED, Casa Clima, Itaca, ecc.) per la scala edilizia.
c) Sviluppo del progetto urbanistico-edilizio mediante concorso, sulla base dei parametri e dei protocolli citati.
d) Realizzazione dell’Anagrafe dei siti contaminati integrata alla pianificazione e gerarchizzazione dei siti da
riqualificare. Il cronico e sempre più grave problema della mancanza di un’anagrafe dei siti contaminati, che sia
adeguata e integrata con gli strumenti urbanistici continua a concentrare importanti investimenti in pochi siti,
abbassando l’efficienza di investimento e circoscrivendo i benefici a sistemi isolati all’interno dell’intero sistema sociale.
Sarebbe invece auspicabile:
- una strategia di investimento che impiegasse una prima parte di capitali per completare il sistema anagrafico dei siti
contaminati e dismessi esteso a tutto il territorio nazionale;
alla luce di questa anagrafe, applicare una fase di gerarchizzazione dei siti in base ai costi di bonifica e/o alle
problematiche ambientali al fine di consentire di utilizzare minori risorse con maggiore efficienza;
- nello specifico caso delle riqualificazioni urbane, la gerarchizzazione dei siti potrebbe completarsi con la stima di un
“indice di incidenza” della bonifica sull’operazione totale, sulla base di indicatori specifici e di un sistema di indagini
standardizzato;
la nuova strategia di investimento su larga scala, supportata da un sistema anagrafico efficiente, potrebbe fungere
da volano per far ripartire il sistema della riqualificazione e delle bonifiche anche per gli investitori più piccoli e per le
opere di minore entità, ma molto più numerose.
Una proposta di strumento concreto può essere:
- il finanziamento, anche attraverso un meccanismo misto pubblico-privato, di un
pacchetto di indagini standard su larga scale, a costo fisso, che possano quantificare un indice di incidenza della
bonifica sull’operazione di riqualificazione e di stimare una forbice di investimento in base alle intenzioni progettuali
future;
il pacchetto di indagini ed il risultante indice potrebbe essere certificato dalle istituzioni che si fanno garanti sia
dell’interesse pubblico, certificando lo standard utilizzato, sia dell’interesse privato dando certezza della procedura.
Un’opportunità in questo senso, per alcune categorie di impianti produttivi, può essere rappresentata dalla “relazione
di riferimento” della direttiva IED, recentemente recepita dalla legge 46/2014 e sulla quale l’UE ha appena varato le
linee guida per la sua elaborazione.
e) Rimane la questione degli extra-oneri, in molti casi necessari per l’adeguamento della rete infrastrutturale.
Questione complessa e difficile da risolvere se si segue la strada dell’incameramento del plusvalore generato dal
cambio d’uso; anche perché molto spesso il valore dell’area non rappresenta un plusvalore ma un minusvalore.
Occorre ancorare gli extra-oneri a dati certi come gli oneri di urbanizzazione, che in questa fase di crisi come massimo
possono essere raddoppiati;
f) Istituire una task force regionale per assistere i comuni nelle trattative con i privati su queste problematiche così
complesse, con presenza degli Ordini professionali, associazioni culturali più impegnate sul fronte della rigenerazione
urbana (INU, AUDIS, ecc.), le quali mettano a disposizione degli enti locali professionalità che possano aiutarli nella
valutazione dei progetti, con costi a carico dei privati sviluppatori (ad esempio spese istruttorie calcolate in percentuale
sull’importo dell’intervento);
Centro Studi
g) Definire tempi di attuazione della procedura contingentati, mediamente circa sei mesi dalla presentazione dei
progetti;
h) Tutto questo è necessario ma non sufficiente. Bisogna abbattere i costi della rigenerazione per rendere il recupero
dell’esistente concorrenziale con i costi del nuovo. Ad esempio:
- le bonifiche possono rientrare negli oneri primari, come costo di
preurbanizzazione (vedi piano strutturale di Firenze);
- possono essere introdotti sgravi fiscali per il recupero del patrimonio edilizio
esistente;
- oltre alla limitazione del 10% per l’utilizzo di nuove aree non urbanizzate (vedi
sopra) può essere introdotto un incremento degli oneri per gli interventi in aree verdi.
i) Libertà di adesione alla nuova procedura da parte del proponente; chi non ritenesse valido o utile rispettare i criteri
definiti, potrebbe continuare a passare per le procedure tradizionali.
Fonte: sito internet casa e clima
Eventi: Convegno ‘Una legge quadro sul suolo per la tutela e la valorizzazione del paesaggio italiano’. Per la Fillea è
intervenuto Salvatore Lo Balbo
7/05/2014. Il disegno di legge sul consumo di suolo promosso dall’Aissa, Società Scientifiche Agrarie, e ispirato alla
Soil Thematic Strategy dell’Unione Europea, diventa un convegno dal titolo Una legge quadro sul suolo per la tutela e
la valorizzazione del paesaggio italiano, che si tiene il 13 maggio a Roma presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari.
Ce lo chiede l’Europa, e per una volta non è una qualche forma di supplizio economico, ma la richiesta di seri
provvedimenti per la protezione del suolo italiano. “Una legge quadro per la protezione e la gestione sostenibile del
suolo”, dice Fabio Terribile, professore di Pedologia presso l’università “Federico II” di Napoli e presidente della Società
Italiana di Pedologia.
“Nel nostro Paese il degrado del suolo ha raggiunto livelli drammatici”, si legge nel comunicato stampa del convegno
“Eppure il suolo è un elemento essenziale del nostro paesaggio e produce beni e servizi non sostituibili quali cibo,
biomasse, materie prime, biodiversità, filtro per le acque, stoccaggio di carbonio.”
“Oggi il suolo italiano è sottoposto a pressioni ambientali crescenti i cui effetti si manifestano nella perdita delle sue
insostituibili funzioni e negli allarmanti segni del suo degrado: erosione, diminuzione della materia organica,
compattazione, salinizzazione, frane, alluvioni, perdita di biodiversità, contaminazione, consumo di suolo da
urbanizzazione”.
“Per contrastare questo degrado”, aggiunge Terribile, “e questa enorme frammentazione ed eterogeneità del quadro
gestionale e conoscitivo, con il contributo di AISSA, ha preso vita un’iniziativa legislativa (Senato, ddl 1181) al fine di
dotare l’Italia di una legge quadro per la protezione e la gestione sostenibile del suolo.
La legge quadro proposta mira a cucire una trama coerente di conoscenza e di supporto alla gestione del suolo italiano
entro cui comporre e far dialogare i diversi attori che decidono sulla destinazione d’uso di questa risorsa. Inoltre la
legge mira ad aumentare la produttività multifunzionale dei suoli e, più in generale, del paesaggio italiano”.
In Italia combattere il degrado è difficile perché il suolo è gestito da una grande pluralità di attori (Ministeri, Regioni,
Province, Comuni, ecc.) ed è caratterizzato da un quadro conoscitivo “assolutamente frammentato ed eterogeneo”.
“Questo convegno”, conclude il Prof. Terribile, “si propone come momento di riflessione critica, di aggiornamento e di
confronto interdisciplinare, intersettoriale ed interistituzionale sul tema del suolo e della sua gestione.
E’ stato l’occasione per illustrare, con casi reali applicati, cosa si potrebbe ottenere se il nostro Paese si dotasse di una
legge quadro sul suolo in piena operatività”.
Per la Fillea è intervenuto Salvatore Lo Balbo.
Fonte:sito internet salviamo il paesaggio.it
Estero: SmartCities. Entro il 2015 un network di 10 grandi città in Gran Bretagna
21/05/2014. Un grande network dell'Internet of Everything (IoE) che connetta dieci tra le più grandi e importanti città
della Gran Bretagna entro il 2015. È l'imponente progetto annunciato da Arqiva che si pone l'obiettivo di realizzare
città intelligenti dotate di super connettività wireless e soluzioni Machine to Machine (M2M) per sviluppare nuovi servizi
destinati a cittadini e imprese.
Birmingham, Bristol, Edimburgo, Glasgow, Leeds, Leicester, Liverpool, Londra, Manchester e Sheffield sono le
metropoli scelte per la realizzazione di network IoE per la fine del 2015, grazie alla partnership con Sigfox che prevede
la fornitura di soluzioni smart energy, per l'automazione e la domotica (smart home) basso consumo.
Le case stesse e quindi le città saranno più connesse, ma soprattutto consumeranno meno energia che i tradizionali
sistemi wi-fi e bluetooth. "Una nuova infrastrutture nazionale per l'internet delle cose che attraversi e connetta le più
grandi città del Regno Unito - ha spiegato l'ad Wendy McMillan - grazie a nuove soluzioni per l'efficienza energetica, la
riduzione dei consumi e l'aumento dei potenziali delle batterie dei dispositivi utilizzati, che così durano di più e faranno
spendere meno".
Puntando su riduzione dei consumi e aumento delle prestazioni delle apparecchiature utilizzate, questa strategia si
rivolge ad un nuovo tipo di smart cities, sempre più connesse, ricche di servizi su rete mobile e caratterizzate
dall'interconnessione di un numero crescente di oggetti intelligenti, in grado di scambiarsi dati e favorire lo sviluppo di
applicazioni a vantaggio di consumatori e imprese.
Centro Studi
"Se si riesce ad allungare la durata effettiva della vita degli apparecchi di almeno 20 anni, migliorandone l'efficienza,
diminuiscono anche gli interventi e i costi da sostenere, rendendo le periferiche più economiche e accessibili - ha
sottolineato McMillan - con il duplice risultato di veder crescere la IoT urbana e i progetti smart city, sviluppando
sempre nuove applicazioni per cittadini e aziende".
Praticamente, un network di oggetti intelligenti a basso potenziale che è in grado di aumentare il raggio di
connessione e la porzione di città coperta da servizi, consumando meno energia e quindi aumentando la vita stessa
degli apparecchi connessi (le batterie durano più a lungo).
Pensiamo agli smart watch, ai sensori domestici indoor e outdoor, ai tablet, agli smartphone e agli altri smart device
che già abbiamo in casa e che si integrano nell'ambiente urbano (lampioni, semafori, parcometri, pensiline degli
autobus e altro ancora), sono le batterie il loro punto debole, sottoposte ad un continuo stress energetico per le
sempre nuove funzionalità di questi straordinari apparecchi.
La partnership Arqive - Sigfox è mirata proprio alla nascita di una rete di infrastrutture wireless che connetta le città
più grandi della Gran Bretagna, singolarmente e tra loro, e che consenta, in termini di efficienza energetica e minor
impatto ambientale, di allungare la vita degli smart device connessi consumando meno e lavorando in maniera più
efficace
Fonte: sito internet edilio
Estero: New York e il mega-piano di edilizia pubblica. Social housing o celle carcerarie?
09/05/2014. L'attesissimo piano prevede la realizzazione di 200.000 abitazioni in social housing con un investimento di
41 mld di dollari. Ma il rischio è che si perda la qualità del costruito
A distanza di meno di una settimana dall'annuncio del piano di edilizia pubblica agevolata per la città di New York da
parte del sindaco italoamericano Bill De Blasio, arrivano le prime polemiche.
41 mld di dollari per 200.000 alloggi in social housing
Il piano, fortemente atteso come banco di prova delle promesse del sindaco, la cui vittoria alle elezione dello scorso
anno molto era dipesa dal fatto di aver messo in primo piano il tema della disuguaglianza sociale, è senza dubbio
ambioso. Con un investimento di 41 mld di dollari- tra fondi federali (8,2 miliardi) e finanziamenti privati (30 miliardi)il progetto prevede la realizzazione, in dieci anni, di 200.000 nuove unità abitative per cittadini di medio o basso
reddito, di cui il 60% da ristrutturazione di edifici esistenti e il 40% da nuove costruzioni. Coinvolgendo tutti e cinque i
boroughs: Manhattan, Queens, Brooklyn, Staten Island e Bronx.
Studio sulle fasce di reddito
Il piano contiene uno studio sulle fasce di reddito dei cittadini di New York, in rapporto ai canoni di mercato per alloggi
in locazione, quartiere per quartiere. Su questa base si prevede di individuare aree/immobili da ristrutturare su cui
realizzare alloggi con diverse fasce di canone agevolato, tarati su diverse fasce di reddito delle famiglie: il mix chiave
dovrebbe essere il 20% di alloggi per cittadini a reddito molto basso e estremamente basso (definitivi da certe face di
rapporto affitto di mercato-reddito), il 58% per fasce di reddito basso, l'11% per fasce di reddito moderato e l'11% per
fasce di reddito medie.
Un piano poco innovativo, che punta sulla quantità e non sulla qualità
Alle resistenze da parte dell'establishment finanziario, estremamente radicato nella Grande Mela, che de Blasio
necessariamente dovrà fronteggiare, si unisce la polemica di Aaron Betsky (nella foto) che, sulle pagine della rivista on
line Architech, organo ufficiale dell'American Istitute of Architechts, spiega perché il piano del sindaco è carente e poco
innovativo. Il giornalista esperto in Architettura riferisce come il grande progetto del sindaco punti molto sulla quantità
e pochissimo sulla qualità. Sono troppi gli immobili che si vogliono realizzare, in una città così densamente popolata
come New York, e le case saranno molto più simili a delle celle piuttosto che a delle abitazioni. Dimostrando in questo
modo di non conoscere affatto il concetto di 'qualità della vita'. Betsky ci tiene ad evidenziare il fatto che dal
documento emerge una chiara assenza di un lavoro di studio preliminare e di collaborazione con progettisti e architetti,
che sarebbero stati sicuramente in grado di suggerire un modello urbano più integrato e consapevole. Sono stati
tralasciati, secondo l'esperto, molti aspetti, come la qualità del costruito, il rispetto dell'ambiente e in generale
l'inserimento di un piano dedicato al social housing all'interno di un progetto urbanistico più ampio.
Fonte: sito internet casa e clima