N. 11/2014 Novembre

N. 11/2014 Novembre
Armonizzazione: l’elenco dei primi adempimenti necessari
per l'avvio della riforma contabile
Ministero dell’Interno - Comunicato dell'11 novembre 2014
Trasparenza: modalità di pubblicazione dei dati di
bilancio e tempestività dei pagamenti
d.p.c.m. 22 settembre 2014
N. 11/2014 Novembre
INDICE
Armonizzazione: l’elenco dei primi adempimenti necessari
per l'avvio della riforma contabile
Ministero dell’Interno - Comunicato dell'11 novembre 2014
Pag. 1
Trasparenza: modalità di pubblicazione dei dati di bilancio
e tempestività dei pagamenti
d.p.c.m. 22 settembre 2014
Pag. 7
La carica di dirigente medico è compatibile con quella
di consigliere comunale
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 5583/2014
Pag. 10
Vietati i regali, anche di modico valore, se connessi
all’esercizio dell’attività d’ufficio
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20461/2014
Pag. 12
ISEE 2015: Il nuovo modello di DSU per la richiesta
di accesso alle prestazioni
Decreto del ministero del lavoro e delle politiche sociali del 7 novembre 2014
Pag. 14
Appalti: accesso agli atti negato se l’esito della gara
non è modificabile
Tar Lombardia Milano, sentenza n. 2587 del 30 ottobre 2014
Pag. 17
L’illegittima composizione della commissione giudicatrice
vizia in radice la procedura
Tar Calabria, Catanzaro, sentenza n 1630 del 9 ottobre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5441 del 4 novembre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5456 del 5 novembre 2014
Tar Umbria, sentenza n. 539 del 7 novembre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5732 del 21 novembre 2014
Pag. 19
N. 11/2014 Novembre
Armonizzazione: l’elenco dei primi adempimenti necessari per l'avvio della riforma contabile
Ministero dell’Interno - Comunicato dell'11 novembre 2014 (link)
di Federica Caponi
E’ stato pubblicato sul sito internet del Ministero dell'Economia e delle Finanze, l'elenco dei primi
adempimenti necessari per l'avvio della riforma contabile degli enti territoriali prevista dal d.lgs.
118/2011.
Nel 2015, tale decreto richiede i seguenti adempimenti alle regioni (esclusa la gestione sanitaria
accentrata), agli enti locali, ai loro organismi strumentali e ai loro enti strumentali in contabilità
finanziaria (anche se adottano la contabilità economico patrimoniale), che non hanno partecipato
alla sperimentazione:
 affiancare i nuovi schemi di bilancio di previsione e di rendiconto per missioni e programmi
(con funzioni conoscitive) agli schemi di bilancio annuale e pluriennale e di rendiconto
adottati nel 2014, che conservano la funzione autorizzatoria e valore giuridico ai fini della
rendicontazione. Entrambe le versioni del bilancio e del rendiconto riportano le medesime
risultanze contabili. Il bilancio pluriennale predisposto secondo lo schema adottato nel 2014 ha
valore autorizzatorio. Contestualmente, all’approvazione del rendiconto della gestione, a
decorrere dal 2015, gli enti locali articolati in Istituzioni approvano il rendiconto consolidato
(entro il termine del 30 aprile dell’anno successivo), e le regioni approvano il rendiconto
consolidato con il rendiconto del proprio Consiglio regionale e con eventuali propri organismi
strumentali (entro il 31 luglio dell’anno successivo);
 applicazione del principio contabile generale della competenza finanziaria (cd. potenziata) per
l’accertamento delle entrate e l’impegno delle spese;
 adozione del principio applicato della contabilità finanziaria,
 riaccertamento straordinario dei residui per adeguare lo stock dei residui attivi e passivi alla
nuova configurazione del principio della competenza finanziaria
 applicazione del principio contabile applicato della programmazione e predisposizione del
primo DEFR e DUP con riferimento al triennio 2016-2018.
Le prime attività necessarie per l’avvio della riforma nel 2015
L’ente deve adeguare il sistema informativo, contabile ed organizzativo.
In particolare, è necessario assumere tutte le possibili iniziative affinché i responsabili dei servizi
che provvedono all’accertamento delle entrate e all’impegno delle spese rispettino gli articoli 53 e
56 del d.lgs. 118/2011 (per le regioni) e gli articoli 179 e 183 del TUEL corretto e integrato dal d.lgs.
118/2011 (per gli enti locali).
Si deve:
a) garantire che l’accertamento e l’impegno siano registrati solo in presenza:
 di obbligazioni giuridicamente perfezionate (la registrazione è effettuata nello stesso
esercizio in cui sorge l’obbligazione),
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 dell’indicazione della scadenza ai fini dell’individuazione dell’esercizio di imputazione della
spesa (che è l’esercizio in cui l’obbligazione è esigibile). Costituiscono una deroga a tale
regola gli accertamenti e gli impegni riguardanti i servizi per conto terzi e le partite di giro
che sono registrati e imputati all’esercizio in cui l’obbligazione sorge;
 degli elementi della transazione elementare obbligatori di cui all’allegato n. 7 del citato
decreto (distinguendo quelli obbligatori dal 2015, da quelli obbligatori dal 2016).
Si sottolinea l’importanza del pieno coinvolgimento dell’ente nel suo complesso, e non solo degli
uffici ragioneria e bilancio, nell’attuazione della riforma contabile;
b) prevedere e disciplinare l’istituto della prenotazione dell’impegno, il cui ruolo è stato
fortemente rivalutato dalla riforma. La prenotazione della spesa è necessaria in tutti i casi in cui
si avvia una procedura di spesa, nelle more della formalizzazione delle obbligazioni
giuridicamente perfezionate, e come possibile strumento per la gestione del fondo pluriennale
vincolato;
c) attribuire evidenza contabile alla liquidazione della spesa e rispettare il principio applicato
della contabilità finanziaria n. 6.1 il quale prevede che “La fase della liquidazione presenta una
propria autonomia rispetto alla successiva fase dell’ordinazione della spesa. Pertanto, è
necessario superare la prassi che prevede, in ogni caso, la contestuale liquidazione ed
ordinazione della spesa. Si ribadisce che la liquidazione è registrata quando l’obbligazione è
esigibile”;
d) prevedere la corretta compilazione di tutti gli elementi degli ordinativi di incasso e di
pagamento, con particolare riferimento a quelli riguardanti la gestione dei vincoli di cassa (solo
per gli enti locali) e l’esercizio provvisorio;
e) aggiornare le procedure informatiche ai principi della riforma, in modo da consentire, in
particolare:
 la predisposizione e la gestione “parallela” degli schemi di bilancio;
 l’imputazione degli accertamenti e degli impegni agli esercizi successivi a quello in corso
(non limitandosi agli esercizi compresi nel bilancio pluriennale);
 la gestione del fondo pluriennale vincolato sia ai fini del bilancio autorizzatorio che ai fini del
bilancio conoscitivo. In particolare è necessario inserire il fondo pluriennale di entrata negli
schemi di bilancio autorizzatorio (annuale e pluriennale) del 2015, in tutte le componenti del
bilancio, compresi gli allegati, nei quali è prevista la voce relativa all’utilizzo del risultato di
amministrazione. Non è invece previsto l’inserimento del fondo pluriennale di spesa nel
bilancio autorizzatorio del 2015, in quanto tutti gli stanziamenti di spesa comprendono il
fondo pluriennale vincolato. Si sottolinea l’importanza delle procedure informatiche dirette a
gestire in modo sistematico, il fondo pluriennale vincolato;
f) concordare con il tesoriere le modalità di regolarizzazione dei sospesi riguardanti:
 le eventuali anticipazioni di cassa nel rispetto del principio applicato della contabilità
finanziaria n. 3.26,
 gli utilizzi degli incassi di entrate vincolate per il pagamento delle spese correnti, come
disciplinate dal principio applicato della contabilità finanziaria n. 10.
g) superare la procedure di esecuzione della spesa attraverso il ricorso alla figura dell’istituto del
funzionario delegato (per le regioni che le avevano);
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h) adeguare il regolamento di contabilità dell’ente ai principi della riforma.
Deve essere effettuata la riclassificazione per missioni e programmi dei capitoli del PEG (enti
locali) e del bilancio gestionale (regioni e enti regionali).
Al fine dell’elaborazione del bilancio di previsione per missioni e programmi a carattere
conoscitivo, da affiancare al bilancio di previsione autorizzatorio predisposto secondo lo schema
vigente nel 2014, l’ente procede alla riclassificazione dei capitoli e degli articoli del bilancio
gestionale (regioni e enti regionali) e del PEG (enti locali) per missioni e programmi, avvalendosi
dell’apposito glossario. La nuova classificazione deve affiancare la vecchia, in modo da consentire,
a partire dal medesimo bilancio gestionale/PEG, l’elaborazione del bilancio di previsione secondo
i due schemi.
Anche se non obbligatorio nel 2015, è consigliata la riclassificazione dei capitoli anche in
considerazione del piano dei conti finanziario (quarto livello).
Infatti, considerato che sia il rispetto della classificazione per missioni e programmi, sia l’adozione
del piano dei conti finanziario comporta la necessità di “spacchettare i capitoli, si ritiene opportuno
effettuare tale operazione una volta sola.
Inoltre, dal piano dei conti deriva anche la classificazione per categorie di entrata e per
macroaggregati di spesa, necessari ai fini della predisposizione del rendiconto 2015, che dovrà
essere predisposto in entrambe le versioni.
L’organizzazione dell’attività di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, deve
essere effettuata in parallelo al riaccertamento ordinario ai fini del rendiconto 2014.
Al fine di consentire il riaccertamento straordinario dei residui, è necessario avviare per tempo una
ricognizione di tutti i residui, attivi e passivi, al 31 dicembre 2014, funzionale sia al riaccertamento
ordinario (da effettuare sulla base dell’ordinamento contabile vigente nel 2014), sia ai fini del
riaccertamento straordinario (da effettuare sulla base di quanto previsto dalla riforma).
Ai fini del riaccertamento straordinario, per ciascun residuo è necessario indicare se il residuo deve
essere definitivamente cancellato in quanto non corrisponde ad una obbligazione giuridicamente
perfezionata.
A1) Per tutti i residui passivi che corrispondono a impegni tecnici da classificare come “da
cancellare”, deve essere indicata la natura della fonte di copertura (vincolo da legge, da
trasferimenti, da debito, vincolati individuati dall’ente).
A2) Per i residui passivi costituiti da impegni assunti negli anni precedenti al fine di consentire
un “accantonamento contabile”, da classificare come “da cancellare”, deve essere indicata la
natura di “accantonamento” al risultato di amministrazione derivante dal riaccertamento
straordinario.
A3) Per tutti gli impegni che non corrispondono ad obbligazioni perfezionate, da classificare
come “da cancellare”, corrispondenti a :
 quadri economici relative a spese di investimento per lavori pubblici in parte impegnate a
fronte di obbligazioni giuridiche perfezionate, escluse le spere di progettazione;
 procedure di affidamento attivate, unitamente alle voci di spesa contenute nel quadro
economico dell’opera (ancorchè non impegnate);
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deve essere indicata la natura di spesa che, ancorchè da cancellare, consente la formazione del
“fondo pluriennale vincolato”;
Risulta, altresì, necessario indicare l’esercizio in cui l’obbligazione giuridicamente perfezionata è
esigibile (definita nel rispetto del principio applicato della contabilità finanziaria), con riferimento
al quale il residuo, dopo essere stato cancellato (non definitivamente) deve essere reimputato. Tali
residui sono da classificare come “da reimputare all’esercizio”.
Sulla base dei risultati della ricognizione, gli enti compilano gli allegati n. 5/1 e 5/2 del d.lgs.
118/2011, riguardanti la determinazione del fondo pluriennale vincolato e del risultato di
amministrazione al 1° gennaio 2015, che costituiscono allegati obbligatori della delibera di
riaccertamento straordinario. I prospetti di cui agli allegati n. 5/1 e 5/2 costituiscono un valido
ausilio per la determinazione del risultato di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato
derivante dal riaccertamento straordinario.
I residui attivi e passivi al 31 dicembre 2014 che sono incassati e pagati nel corso del 2015 prima del
riaccertamento straordinario (in conto residui), non devono essere oggetto di riaccertamento
straordinario e sono conservati tra i residui attivi e passivi al 31 dicembre 2014.
Pertanto, il sistema informativo contabile deve essere in condizione di eliminare dalla ricognizione
dei residui, tutti i residui incassati e pagati nel 2015, nelle more del riaccertamento straordinario.
Le modalità di determinazione degli incassi vincolati alla data del 31 dicembre 2014 sono indicate
nel citato principio 10.6.
Se le disponibilità liquide dell’ente alla data del 31 dicembre sono inferiori all’importo comunicato
al tesoriere, vuol dire che la differenza è stata utilizzata per il pagamento di spese correnti e, nel
rispetto di tale norma, è necessario che tale utilizzo delle giacenze vincolate sia oggetto di
registrazione contabile secondo le modalità previste nel principio applicato della contabilità
finanziaria n. 10.
A tal fine, preso atto dell'utilizzo degli incassi vincolati, il tesoriere procede alla creazione dei
sospesi di entrata e di spesa riguardanti l'utilizzo degli incassi vincolati e li trasmette a SIOPE
utilizzando gli appositi codici provvisori, previsti a tal fine, dandone tempestiva comunicazione
all'ente.
A seguito della comunicazione dei sospesi in attesa di regolarizzazione, l'ente effettua la seguente
operazione:
a) impegna ed emette un ordine di pagamento, a regolarizzazione delle carte contabili, per
l'importo degli incassi vincolati che sono stati destinati alla copertura di spese correnti, sul
capitolo di spesa "Utilizzo incassi vincolati ai sensi dell'art. 195 del TUEL". L'ordine di
pagamento è versato in entrata al bilancio dell'ente e presenta l'indicazione di cui all'art. 185,
comma 2, lettera i), del TUEL, che trattasi di pagamento di risorse vincolate. L'entrata è
registrata attraverso l'operazione di cui al punto b);
b) accerta ed emette una reversale di incasso, a regolarizzazione delle carte contabili, di importo
pari alla spesa di cui alla lettera a), sul conto "Destinazione incassi vincolati a spese correnti ai
sensi dell'art. 195 del TUEL". L'ordine di incasso non presenta l'indicazione di cui all'art. 180,
comma 3, lettera d), del TUEL, in quanto trattasi di incasso di entrate libere.
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Acquisire le informazioni necessarie per la quantificazione del fondo crediti di dubbia esigibilità,
sia nel bilancio di previsione annuale e pluriennale (in ciascuna annualità), che come quota del
risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, nell’ambito del riaccertamento straordinario dei
residui.
Gli organismi strumentali degli enti territoriali e degli enti locali in contabilità finanziaria devono
adottare il medesimo ordinamento contabile dell’ente cui appartengono (principi contabili, piano
dei conti, affiancamento della contabilità economico patrimoniale, schemi di bilancio, ecc.), con la
medesima gradualità prevista per il proprio ente di riferimento.
In particolare, i comuni devono porre tutte le iniziative necessarie affinché anche le loro Istituzioni
adeguino il proprio ordinamento ai principi della riforma, anche al fine di garantire, a decorrere
dell’esercizio 2015, la predisposizione e l’approvazione sia del rendiconto della gestione dell’ente,
sia del rendiconto consolidato.
Un caso particolare è costituito dalle Istituzioni che, in difformità a quanto previsto dal TUEL,
hanno abbandonato la contabilità finanzia e adottano solo la contabilità economico patrimoniale.
Anche tali organismi sono tenuti, nell’esercizio 2015, ad adottare gli schemi di bilancio e di
rendiconto autorizzatori secondo la normativa previgente affiancati, a fini conoscitivi, dagli schemi
armonizzati. Tuttavia, al fine di evitare l’utilizzo degli schemi di bilancio per un solo esercizio, si
ritiene possibile che tali Istituzioni adottino direttamente lo schema di bilancio per missioni e
programmi con finalità autorizzatoria.
Gli enti strumentali degli enti territoriali in contabilità finanziaria (compresi quelli che adottano
sia la contabilità finanziaria che la contabilità economico-patrimoniale) devono adottare il
medesimo ordinamento contabile degli enti territoriali (principi contabili, piano dei conti,
affiancamento della contabilità economico patrimoniale, schemi di bilancio, ecc.), con la medesima
gradualità prevista per tali enti. Si rinvia pertanto a quanto indicato nei punti precedenti.
Gli enti strumentali che adottano solo la contabilità economico patrimoniale sono tenuti
all’applicazione dell’articolo 17 del DLgs 118/2011, il quale prevede la redazione:
 del budget economico;
 del rendiconto di cassa ai sensi dell’articolo 2428, comma 2, del codice civile;
 del prospetto della tassonomia se sono già soggetti alla rilevazione SIOPE.
Solo gli enti che già partecipano alla rilevazione SIOPE sono tenuti all’elaborazione del prospetto
da allegare al bilancio di esercizio e al budget, concernente la ripartizione della propria spesa per
missioni e programmi e gruppi cofog - la cd. Tassonomia.
Nelle more dell’avvio della rilevazione SIOPE gli enti in contabilità economico patrimoniale non
sono tenuti alla tassonomia.
Nel corso del 2015 gli enti devono avviare le attività necessarie per dare attuazione agli
adempimenti rinviati al 2016, con particolare riferimento a:
 l’aggiornamento delle procedure informatiche necessarie per la contabilità economico
patrimoniale;
 l’aggiornamento dell’inventario;
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


la codifica dell’inventario secondo il piano patrimoniale del piano dei conti integrato;
la valutazione delle voci dell’attivo e del passivo nel rispetto del principio applicato della
contabilità economico patrimoniale;
la ricognizione del perimetro del gruppo amministrazione pubblica ai fini del bilancio
consolidato.
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Trasparenza: modalità di pubblicazione dei dati di bilancio e tempestività dei pagamenti
d.p.c.m. 22 settembre 2014
di Alessio Tavanti
E’ stato pubblicato in G.U. n. 265/2014 il d.p.c.m. 22 settembre 2014 concernente “Definizione degli
schemi e delle modalità per la pubblicazione su internet dei dati relativi alle entrate e alla spesa dei bilanci
preventivi e consuntivi e dell'indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche
amministrazioni”.
Il provvedimento, adottato in attuazione degli articoli 29, comma 1-bis e 33, comma 1, del d.lgs.
33/2013, come modificati dal d.l. 66/2014, fornisce schemi e modalità con i quali le p.a. devono
rendere accessibili, sui propri siti internet istituzionali, sia i dati relativi alle entrate e alla spesa di
cui ai propri bilanci preventivi e consuntivi sia l’indicatore dei propri tempi medi di pagamento
relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture annuale e, a decorrere dal 2015, trimestrale.
Tali dati conformemente alle disposizioni del d.lgs. 82/2005 “Codice dell’amministrazione
digitale”, espressamente richiamate dall’articolo 7 d.lgs. 33/2013, devono essere pubblicati in
formato di tipo aperto che ne consenta l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo.
Di seguito un commento alle norme di interesse per gli enti locali e altri enti pubblici.
Articolo 2 - Pubblicazione dei dati relativi alle entrate e alla spesa
Gli enti locali devono pubblicare i dati relativi alle proprie entrate e spese secondo gli schemi
indicati nel presente d.p.c.m.
In particolare, le Amministrazioni in contabilità finanziaria pubblicano le entrate e le spese, di
competenza e di cassa, di cui ai propri bilanci di previsione e le somme accertate e incassate,
impegnate e pagate, di cui ai propri bilanci consuntivi.
Le Amministrazioni in contabilità economica pubblicano i ricavi e proventi e i costi, così come
rilevati nel proprio budget e nel bilancio d’esercizio.
Ciascuna P.A. pubblica i dati di cui al comma 1 nella sezione “Amministrazione trasparenteBilanci” di cui all’allegato A del d.lgs. 33/2013.
Le amministrazioni pubblicano dati e relativi metadati, in un formato tabellare di tipo aperto che
ne consenta l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo ai sensi dell’articolo 7 del d.lgs. 33/2013.
Articolo 5 - Schema da adottare e modalità di pubblicazione dei dati relativi alle entrate e alla
spesa di cui al bilancio preventivo e consuntivo degli enti locali
Nelle more dell’armonizzazione contabile, gli enti locali in contabilità finanziaria pubblicano i dati
relativi alle entrate e alla spesa del proprio bilancio preventivo e di consuntivo secondo lo schema
di cui all’allegato 3 del presente decreto.
Ciascun ente locale pubblica i dati entro 30 giorni dall’approvazione dei bilanci e dei consuntivi da
parte dei propri organi consiliari, secondo le modalità indicate dall’articolo 7 del d.lgs. 33/2013.
Articolo 6 - Schema da adottare e modalità di pubblicazione dei dati relativi alle entrate e alla
spesa di cui al bilancio preventivo e consuntivo delle altre amministrazioni in contabilità
finanziaria
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Per le altre amministrazioni in contabilità finanziaria di cui all’elenco ISTAT ex articolo 1, comma
2, della legge 196/2009, i dati relativi alle entrate e alla spesa sono pubblicati a preventivo e a
consuntivo secondo lo schema del Piano dei conti integrato di cui al d.p.r. 132/2013.
In particolare detta pubblicazione, in termini di competenza e cassa, deve essere in linea con il
contenuto dell’allegato 1.1 Piano finanziario, con una disaggregazione almeno sino al III livello,
secondo lo schema di cui all’allegato 4 del presente decreto.
I dati devono essere pubblicati entro 30 giorni dall’adozione dei bilanci e dei consuntivi da parte
dei propri organi, secondo le modalità indicate dall’articolo 7 del d.lgs. 33/2013.
Articolo 8 - Schema da adottare e modalità di pubblicazione dei dati relativi alle entrate e alla
spesa di cui al bilancio preventivo e consuntivo delle altre amministrazioni in contabilità
economica
Per le amministrazioni in contabilità civilistica, i dati relativi alle entrate e alla spesa sono
pubblicati, a preventivo e a consuntivo, secondo lo schema di cui al decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze 27 marzo 2013 recante “Criteri e modalità di predisposizione del budget
economico delle Amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica” (allegato 6 del decreto).
Ciascun ente pubblica i dati entro 30 giorni dall’adozione dei bilanci e dei consuntivi da parte dei
propri organi, secondo le modalità indicate dall’articolo 7 del d.lgs. 33/2013.
Articolo 9 - Definizione dell'indicatore di tempestività dei pagamenti
Le P.A. elaborano un indicatore annuale e, dal 2015, trimestrale dei propri tempi medi di
pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominati “indicatore annuale di
tempestività dei pagamenti” e “indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti”.
L’indicatore di tempestività dei pagamenti è calcolato come la somma, per ciascuna fattura emessa
a titolo corrispettivo di una transazione commerciale, dei giorni effettivi intercorrenti tra la data di
scadenza della fattura o richiesta equivalente di pagamento e la data di pagamento ai fornitori
moltiplicata per l’importo dovuto, rapportata alla somma degli importi pagati nel periodo di
riferimento.
A tal fine si intende per:
- “transazione commerciale”, i contratti, comunque denominati, tra imprese e pubbliche
amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la
prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
- “giorni effettivi”, tutti i giorni da calendario, compresi i festivi;
- “data di pagamento”, la data di trasmissione dell’ordinativo di pagamento in tesoreria;
- “data di scadenza”, i termini previsti dall’articolo 4 del d.lgs. 231/2002;
- “importo dovuto”, la somma da pagare entro il termine contrattuale o legale di pagamento,
comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta
equivalente di pagamento.
Sono esclusi dal calcolo i periodi in cui la somma era inesigibile essendo la richiesta di pagamento
oggetto di contestazione o contenzioso.
L’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti è utilizzato anche ai fini dell’attestazione da
allegare ai bilanci consuntivi di cui all’articolo 41, comma 1, del d.l. 66/2014.
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Articolo 10 - Modalità per la pubblicazione dell'indicatore di tempestività dei pagamenti
Le P.A. pubblicano l’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti entro il 31 gennaio
dell’anno successivo a quello di riferimento.
A decorrere dall’anno 2015, l’indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti è pubblicato
entro 30 giorni dalla conclusione del trimestre cui si riferisce.
Gli indicatori sono pubblicati sul proprio sito internet istituzionale nella sezione “Amministrazione
trasparente-Pagamenti dell’amministrazione” di cui all’allegato A del d.lgs. 33/2013, secondo le
modalità indicate dall’articolo 7 del medesimo decreto.
Articolo 11 - Disposizioni finali
Gli aggiornamenti degli schemi e delle modalità di pubblicazione dei dati relativi alle entrate e alla
spesa dei bilanci preventivi e consuntivi e dell’indicatore di tempestività dei pagamenti di cui al
decreto saranno adottati mediante decreti del Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
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N. 11/2014 Novembre
La carica di dirigente medico è compatibile con quella di consigliere comunale
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 5583/2014
di Federica Caponi
Le cariche in organi di governo locale sono incompatibili, per quanto riguarda il personale del
servizio sanitario nazionale, solo con l’incarico di vertice di direttore generale, direttore sanitario o
direttore amministrativo.
L’incarico di dirigente medico, anche di una struttura complessa, non impedisce di assumere la
carica di consigliere comunale di un ente con più di 15.000 abitanti .
Questo il principio sostenuto dal Consiglio di stato nella pronuncia in commento con la quale ha
accolto il ricorso di un medico avverso l’atto dell’azienda sanitaria con cui gli veniva contestata
l’incompatibilità tra le due cariche, ai sensi del d.lgs. 39/2013.
Il medico ha proposto ricorso al Tar, sostenendo che tale normativa non si applica ai dirigenti
medici di qualsivoglia livello, ma solo ai titolari degli incarichi di direttore generale, direttore
amministrativo e direttore sanitario.
Il Tar ha respinto il ricorso e l’interessato ha presentato appello al Consiglio di stato.
I magistrati amministrativi hanno preliminarmente ricordato che le norme che impongono limiti ai
diritti di elettorato attivo e passivo dei cittadini – e fra queste quelle in materia di incompatibilità –
sono di stretta interpretazione.
Il d.lgs. 39/2013 all’articolo 12 dispone, fra l’altro, l’incompatibilità con determinate cariche elettive
negli enti locali degli “incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti
pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico”.
Al contempo, l’articolo 14 stabilisce l’incompatibilità, per il personale del servizio sanitario, solo
con riferimento agli incarichi di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario.
Pertanto, il legislatore ha dettato una disciplina speciale per il personale delle Aziende sanitarie
locali.
Peraltro, hanno chiarito i magistrati amministrativi, se i dirigenti medici rientrassero
automaticamente nella previsione generale dell’articolo 12 del citato decreto 39, vi rientrerebbero
anche, e a maggior ragione, i titolari dei tre incarichi di vertice. Non vi sarebbe stato dunque
bisogno di dettare una disciplina specifica per «comprendere» nel regime dell’incompatibilità questi
ultimi.
Il legislatore ha inteso dettare per il personale delle aziende sanitarie una disposizione speciale
che, “nel momento stesso in cui assoggetta al regime delle incompatibilità i tre incarichi di vertice,
implicitamente ma inequivocamente esclude da quel regime il personale ad essi subordinato, pur se rivestito
di funzioni denominate “dirigenziali”.
Il personale denominato “dirigente medico” dei vari livelli ha caratteristiche peculiari alquanto
diverse dalla generalità dei “dirigenti” delle pubbliche amministrazioni.
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Le caratteristiche essenziali della funzione dirigenziale, genericamente intesa, sono l’autonomia, la
discrezionalità, la potestà provvedimentale e gestionale, la preposizione gerarchica, e l’inerente
responsabilità.
I compiti dei medici che l’ordinamento del sistema sanitario denomina “dirigenti” dei vari livelli
corrispondono solo in senso assai parziale e relativo a questo schema generale.
Nella misura in cui un dirigente medico (pur se preposto ad una struttura complessa) gode di
autonomia e discrezionalità, tutto ciò attiene essenzialmente, o comunque prevalentemente, alla
sfera professionale tecnico-sanitaria.
Mancano, fra l’altro, competenze provvedimentali e gestionali, se non forse in misura del tutto
marginale e limitata al momento organizzativo interno del reparto.
Per queste ragioni il Consiglio di stato ha accolto il ricorso del dirigente medico e ha annullato
l’atto dell’azienda sanitaria che aveva dichiarato l’incompatibilità con la carica di consigliere
comunale di un comune con oltre 15.000 abitanti.
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N. 11/2014 Novembre
Vietati i regali, anche di modico valore, se connessi all’esercizio dell’attività d’ufficio
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20461/2014
di Alessio Tavanti
E’ vietato per il dipendente pubblico accettare, in ogni caso, compensi, regali o altre utilità che
siano connesse con la prestazione lavorativa, anche se di modico valore a titolo di corrispettivo per
compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza in commento con la
quale ha accolto il ricorso dell’Agenzia dell’Entrate avverso la sentenza che aveva disapplicato il
provvedimento disciplinare reso nei confronti di un dipendente originato da regali ricevuti
nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Nel caso di specie un dipendente dell’Amministrazione finanziaria, all’esito del procedimento
disciplinare instaurato a suo carico era stato sospeso dal servizio per dieci giorni e privato della
relativa retribuzione per aver accettato due maglioni in regalo da una società dallo stesso
ispezionata, per un valore complessivo di circa 72 euro.
Confermato in primo grado il provvedimento disciplinare emesso dall’Agenzia delle Entrate, la
Corte d’appello ha riformato la sentenza determinando la disapplicazione dello stesso.
Secondo il giudice d’appello era da ritenersi illegittimo il provvedimento disciplinare inflitto al
dipendente considerato il modico valore dei regali ricevuti comparabile ad uno sconto sul prezzo
di acquisto di merce di più alto valore, sconto a cui avrebbe comunque avuto diritto in virtù della
tessera di cui era in legittimo possesso.
Inoltre la medesima Corte d'appello ha ritenuto insussistente il presupposto del divieto di ricevere
regali da parte di funzionari dall'amministrazione finanziaria, costituito dall'eventualità che il
donante potesse trarre profitto da decisioni o attività inerenti l'ufficio.
Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza.
Secondo i giudici della Suprema Corte, nel caso di specie, trova applicazione l’articolo 23, lett. m)
del CCNL del comparto Ministeri del 1995 il quale annovera, fra i doveri del dipendente, quello di
“non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione
lavorativa“.
Tale disposizione contrattuale, come risultante dalla motivazione della sentenza impugnata, non è
stata presa in considerazione dal giudice dell’appello il quale ha preso a riferimento un precedente
decreto del Ministero della funzione pubblica del 31 marzo 1994 a cui la successiva contrattazione
collettiva ha evidentemente derogato.
Pertanto, secondo la Corte il principio di diritto da applicare al caso di specie è quello secondo cui
“il divieto previsto dall’art. 23, lett. m) del comparto Ministeri del 1995, di chiedere o accettare, a qualsiasi
titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa, non integra la previsione,
più limitativa, di cui al decreto del Ministero della Funzione Pubblica del 31 marzo 1994, ma prevale su di
esso quale fonte sovraordinata e successiva.
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N. 11/2014 Novembre
Da ciò consegue che al dipendente dell’Amministrazione finanziaria non è consentito, in alcun
modo, di beneficiare compensi, regali o altre utilità che siano diretta conseguenza della prestazione
lavorativa svolta.
Principio che, peraltro, trova attualmente conferma nell’articolo 4, comma 2, del dpr. 62 /2013, cd.
codice di comportamento dei dipendenti pubblici, secondo cui “Il dipendente non accetta, per sè o per
altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle
normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente
dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità,
neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio
da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, né da soggetti nei cui
confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto”.
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N. 11/2014 Novembre
ISEE 2015: Il nuovo modello di DSU per la richiesta di accesso alle prestazioni
Decreto del ministero del lavoro e delle politiche sociali del 7 novembre 2014
di Alessio Tavanti
E’ stato pubblicato in G.U. n. 267/2014 il Decreto 7 novembre 2014 del ministero del lavoro e delle
politiche sociali concernente “Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini
ISEE, dell'attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell'articolo 10, comma
3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159”.
Come noto l’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) rappresenta il parametro
attraverso il quale valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari per regolare
l’accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie erogate dai diversi livelli di governo.
In generale, tale strumento viene utilizzato ai fini dell’applicazione di tariffe differenziate in
relazione alla condizione economica oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non è ammesso
l’accesso alla prestazione.
Detto indicatore, introdotto nel 1998, è stato oggetto nel corso degli anni di numerosi interventi di
modifica fino al recente d.p.c.m. 159/2013 che ha apportato significative novità circa la
determinazione e il relativo sistema di controlli.
In particolare, tra le novità più rilevanti del nuovo ISEE ai fini della valutazione della situazione
economica, per ciascuna famiglia, rilevano:
 la valutazione di redditi ulteriori rispetto a quelli soggetti a Irpef precedentemente presi in
considerazione (esenti da imposta, gli assegni per il mantenimento dei figli, o gli affitti su
cui si paga la cedolare).
 il maggior peso degli immobili di proprietà, il cui valore sarà calcolato in base al valore
imponibile Imu, più alto del 60% rispetto all’indicatore ICI, utilizzato sino ad oggi.
 il controllo più incisivo circa i depositi, conti correnti, titoli di Stato, fondi e azioni. In
particolare l’amministrazione sarà in grado di accedere direttamente ai dati sulla giacenza
media dei conti correnti di ciascun richiedente, rendendo più difficoltoso evitare di indicare
i propri risparmi o investimenti.
 la nuova tipologia di detrazione per i redditi da lavoro dipendente o da pensione, che
saranno abbattuti del 20%.
 la riduzione delle detrazioni previste per il patrimonio mobiliare, che passano dagli attuali
€ 15.493 a € 6.000.
Il Decreto in commento, in attuazione delle disposizioni di cui al d.p.c.m. 159/2013 “Regolamento
concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della
situazione economica equivalente (ISEE)” predispone il nuovo modello di dichiarazione necessario
per ottenere l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), nonché le relative
istruzioni per la compilazione.
Dopo il parere positivo del Garante della Privacy (provvedimento n. 495 del 6 novembre 2014),
che aveva chiesto una implementazione della modulistica, attraverso specifica informativa ex
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N. 11/2014 Novembre
articolo 13 del d.lgs. 196/2003, affinché i cittadini fossero informati in modo chiaro sull’uso che
viene fatto dei loro dati, circa le finalità dei trattamenti e i soggetti cui tali dati possono essere
comunicati, la nuova Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), è pronta a introdurre il nuovo ISEE
2015, a partire dal 1 gennaio prossimo.
Rilevanti gli effetti attesi dal nuovo tipo di procedura che, in primo luogo, limita radicalmente i
dati “autodichiarati” dai contribuenti.
Infatti, molte informazioni su redditi e trattamenti previdenziali e assistenziali arriveranno
direttamente dal Fisco e dall’Inps.
Questa nuova procedura telematica di ricerca delle informazioni, infatti, si pone l’obiettivo di
eliminare le tante informazioni parziali o scorrette che finora hanno garantito trattamenti
privilegiati anche a soggetti che non ne avevano diritto.
In particolare il richiedente, ai fini dell’accesso alle prestazioni, deve presentare un'unica
dichiarazione sostitutiva (DSU) in riferimento al nucleo familiare, ai sensi del d.p.r. 445/2000,
concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'ISEE.
Tale dichiarazione conserva validità dal momento della presentazione fino al 15 gennaio dell'anno
successivo.
Le informazioni contenute nella DSU, come detto in precedenza, saranno in parte autodichiarate
(ad esempio informazioni anagrafiche, dati sulla presenza di persone con disabilità) ed in parte
acquisite direttamente dagli archivi amministrativi dell’Agenzia delle entrate (ad esempio reddito
complessivo ai fini IRPEF) e dell’INPS (trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari
erogati dall’INPS).
Nella gran parte delle situazioni sarà sufficiente compilare il cd. modello MINI, costituito dalla
prima parte del Modello Base e dalla prima parte del Foglio componente.
In alcuni casi, però, il modello MINI non è sufficiente.
Infatti, a seconda del tipo di prestazioni che il cittadino intende richiedere o delle particolari
caratteristiche del nucleo familiare, sarà necessaria la dichiarazione di informazioni aggiuntive.
In particolare, il modello MINI non può essere presentato quando ricorre una delle situazioni
seguenti:
 richiesta di prestazioni per il diritto allo studio universitario
 presenza nel nucleo di persone con disabilità e/o non autosufficienti
 presenza nel nucleo di figli i cui genitori non siano coniugati tra loro, né conviventi
 esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi o sospensione degli
adempimenti tributari.
In tali casi dovrà essere compilata la DSU nella sua versione estesa.
L’ISEE sarà calcolato sulla base dei dati dichiarati in DSU e di altri dati (ad es. redditi, trattamenti
economici, ecc.) rilevati direttamente negli archivi dell’Agenzia delle entrate e dell’INPS.
L’attestazione dell’ISEE sarà resa disponibile dall’INPS entro il decimo giorno lavorativo
successivo alla presentazione della DSU.
Nel caso in cui il dichiarante rilevi inesattezze nell’attestazione o non abbia ricevuto l’attestazione
medesima entro il quindicesimo giorno lavorativo, al fine di rettificare l’attestazione o integrare la
DSU per il calcolo dell’ISEE, dovrà compilare l’apposito modulo integrativo previsto a tal fine.
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N. 11/2014 Novembre
In alcune situazioni (ad esempio prestazioni socio-sanitarie, universitarie) le informazioni raccolte
consentono di calcolare ISEE specifici che meglio rappresentano le particolarità di tali prestazioni e
le caratteristiche del nucleo.
La DSU assume quindi un carattere modulare, in base alle informazioni che di volta in volta
occorre fornire al fine di ottenere ISEE specifici.
Di norma l’ISEE fa riferimento ai redditi dichiarati al fisco nell’anno precedente (i redditi cioè
percepiti nel secondo anno solare precedente la DSU; ad esempio, nel 2015 ai fini ISEE si
considerano i redditi percepiti nel 2013).
In alcune situazioni, in presenza di rilevanti variazioni del reddito a seguito di eventi avversi (ad
esempio, la perdita del posto di lavoro), tali redditi non riflettono la reale situazione economica del
nucleo familiare.
In tali casi viene introdotta la possibilità di calcolare un ISEE CORRENTE basato sui redditi degli
ultimi dodici mesi (anche solo degli ultimi due mesi in caso di lavoratore dipendente a tempo
indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa).
Alla variazione lavorativa di uno dei membri deve associarsi, ai fini del calcolo dell’ISEE
CORRENTE, una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo familiare
superiore del 25% rispetto alla situazione reddituale individuata nell’ISEE calcolato
ordinariamente.
Prima di chiedere il calcolo dell’ISEE CORRENTE dovrà pertanto essere già stata presentata una
DSU e ricevuta l’attestazione con l’indicazione dell’indicatore della situazione reddituale, sulla
base del quale verrà verificato il possesso dei requisiti per il calcolo dell’ISEE CORRENTE.
La DSU potrà essere presentata direttamente all’Ente che fornisce la prestazione sociale agevolata,
al Comune, ad un centro di assistenza fiscale (CAF) o alla sede INPS competente per territorio.
Il richiedente la prestazione agevolata potrà comunque presentare la dichiarazione, in via
telematica, direttamente all’Inps, collegandosi al sito Internet www.inps.it.
Il portale ISEE sarà disponibile nella sezione del sito “Servizi on-line” – “Servizi per il Cittadino” al
quale il cittadino potrà accedere utilizzando il PIN dispositivo rilasciato dall’INPS.
Nel portale ISEE il cittadino potrà presentare la propria DSU tramite un percorso di acquisizione
telematica assistita che sarà di supporto in tutta la fase di inserimento delle informazioni da
autodichiarare.
Una volta presentata la DSU, il dichiarante riceverà una ricevuta di avvenuta presentazione da
parte dell’ente acquisitore e non l’ISEE calcolato.
Per il calcolo dell’ISEE sarà necessaria la completa acquisizione degli altri dati da parte dell’INPS e
dell’Agenzia delle entrate.
Nelle stesse modalità gli altri componenti il nucleo familiare possono richiedere all'INPS, nel
periodo di validità della DSU, la sola attestazione riportante l'ISEE.
L'INPS rende altresì disponibile al dichiarante mediante posta elettronica certificata l'attestazione
riportante l'ISEE, il contenuto della DSU, nonché gli elementi informativi necessari al calcolo
acquisiti dagli archivi amministrativi.
L'indirizzo di posta elettronica certificata é indicato dal dichiarante nell'apposita sezione “Modalità
ritiro attestazione ISEE” all'atto della sottoscrizione della DSU.
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N. 11/2014 Novembre
Appalti: accesso agli atti negato se l’esito della gara non è modificabile
Tar Lombardia Milano, sentenza n. 2587 del 30 ottobre 2014
di Manuela Ricoveri
L’istituto del cd. accesso civico non è invocabile dal concorrente di una gara pubblica per accedere
ad atti e documenti prodotti dall’impresa aggiudicataria.
Questo il principio espresso dal Tar Lombardia, Milano, sez. IV, con la sentenza in commento.
Nel caso di specie, un’impresa classificatasi sesta in una gara d’appalto relativa al servizio pulizia,
pur non avendo impugnato l’esito della selezione, aveva comunque richiesto l’accesso alla
documentazione prodotta dall’aggiudicataria della gara.
Rispetto all’accesso agli atti di gara, l’articolo 13 del d.lgs. 163/2006 (accesso agli atti e divieti di
divulgazione) detta un vero e proprio micro sistema normativo per il settore delle procedure di
affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, più restrittivo rispetto a
quello della legge 241/1990.
In primo luogo, l’accesso è consentito esclusivamente al concorrente che abbia partecipato alla
selezione pubblica.
E’, dunque, precluso l’accesso qualora la richiesta sia formulata da un soggetto terzo, che pure
dimostri di avere un interesse differenziato, alla stregua della legge generale sul procedimento.
In secondo luogo, la norma individua analiticamente i casi in cui opera il divieto assoluto di
accesso agli atti di gara, tra i quali quello relativo a richieste di accesso agli elementi tecnico
progettuali delle offerte presentate delle imprese partecipanti.
Ciò al fine di evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare
l’accesso per finalità meramente esplorative, ovvero per avvalersi delle specifiche conoscenze
possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato.
È consentito, però, l’accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei
propri interessi, in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale
viene formulata la richiesta di accesso.
L’esigenza di riservatezza è, quindi, recessiva di fronte all’accesso, laddove il diritto sia esercitato
per la difesa di un interesse giuridico.
Come evidenziato dai giudici amministrativi, le condizioni per l’accesso agli atti di gara, anche
dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 33/2013, restano disciplinate dall’articolo 13 del codice dei
contratti e dagli articoli 22 e seguenti della Legge 241/1990.
Con il Testo unico sulla trasparenza amministrativa il legislatore ha introdotto il cosiddetto
“acceso civico” attraverso il quale chiunque ha il potere di controllare la conformità dell’attività
dell’amministrazione con possibilità, in caso di omessa pubblicazione dei dati e delle informazioni
obbligatorie ai sensi del d.lgs. 33/2013, di pretendere l’adempimento all’obbligo di pubblicità.
Gli obblighi di trasparenza previsti nel decreto si riferiscono esclusivamente ai documenti formati
dall’amministrazione.
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N. 11/2014 Novembre
Pertanto, i giudici amministrativi hanno escluso che la norma sull’accesso civico possa ampliare i
diritti che spettano ai partecipanti alle gare.
Per quest’ultimi l’accesso al progetto tecnico dell’impresa vincitrice è possibile solo se richiesto per
la tutela di situazione giuridiche soggettive, ovvero in vista della difesa in giudizio.
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N. 11/2014 Novembre
L’illegittima composizione della commissione giudicatrice vizia in radice la procedura
Tar Calabria, Catanzaro, sentenza n 1630 del 9 ottobre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5441 del 4 novembre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5456 del 5 novembre 2014
Tar Umbria, sentenza n. 539 del 7 novembre 2014
Consiglio di stato, sentenza n. 5732 del 21 novembre 2014
di Manuela Ricoveri
La nomina a membro della commissione di gara del responsabile unico del procedimento
contrasta con l’articolo 84, comma 4, del d.lgs. 163/2006, che prescrive che i commissari diversi dal
presidente non devono aver svolto alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo
relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
Conseguentemente, quando il Rup sia soggetto diverso dal Presidente della stessa commissione
giudicatrice, egli non può far parte del particolare organismo collegiale deputato alla valutazione
delle offerte.
Questo il principio espresso dal Tar Calabria, Catanzaro, con la sentenza n. 1630 del 9 ottobre 2014,
con la quale ha accolto il ricorso presentato da una ditta avverso l’illegittima composizione della
commissione di gara, nella quale era presente il responsabile del procedimento.
Come evidenziato dai giudici amministrativi la disposizione di cui all’articolo 84, comma 4, del
d.lgs. 163/2006, a tutela della trasparenza e dell’imparzialità dell’azione amministrativa nella gara
pubblica, impedisce la presenza nella commissione di gara di soggetti che abbiano svolto
un’attività idonea ad interferire con il giudizio di merito sull’appalto, in grado cioè di incidere sul
processo formativo della volontà che ha condotto alla valutazione delle offerte potendone
condizionare l’esito (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 4438/2011).
Tale disposizione, dunque, è indirizzata anche ai funzionari dell’amministrazione appaltante che
predispongono gli atti della gara o ne siano comunque responsabili (in tal senso, Cons. Stato, sent.
2191/2014; Tar Lazio, sent. 10778/2012; Tar Sardegna, sent. 477/2009).
In rigorosa applicazione di detto principio, la giurisprudenza ha sostenuto l’impossibilità, per il
Rup, di far parte della commissione giudicatrice.
Al contrario, non sussiste alcuna incompatibilità tra le funzioni di Rup e quelle di Presidente della
commissione giudicatrice, posto che la disposizione prevede limiti solo per i commissari diversi
dal Presidente (Tar Puglia, sentenza n. 174/2013).
L’incompatibilità è stata ribadita recentemente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5441 del 4
novembre 2014.
In questo quadro ricostruttivo, assume particolare rilevanza l’orientamento meno rigoroso
espresso dal Consiglio di stato nella sentenza n. 5456 del 5 novembre 2014 secondo cui, al
contrario, nelle procedure di appalti pubblici non vi è una incompatibilità assoluta e insuperabile
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N. 11/2014 Novembre
tra le funzioni di responsabile del procedimento e quelle di componente di commissione di gara,
poiché le prime non attengono a compiti di controllo, ma soltanto a verifica interna della
correttezza del procedimento.
Ne consegue che non c’è sovrapposizione né identità tra controllato e controllante e le due
funzioni restano compatibili tra loro.
La pronuncia, in particolare, non si riferisce solo alla questione del Rup che assume la presidenza
della commissione, ma riguarda, più in generale, la possibilità per il Rup di assumere le funzioni
di semplice membro della commissione, quindi anche non Presidente.
Allo stesso modo, nell’ambito degli enti locali non sussiste un rigido divieto di partecipazione dei
dirigenti alle commissioni di gara.
Infatti, il rafforzamento del modello della responsabilità dirigenziale innescato dal processo di
privatizzazione del pubblico impiego, sottolinea l’opposta esigenza che il dirigente segua
direttamente le procedure del cui risultato è tenuto a rispondere.
In questa logica va annoverato il disposto dell’art. 107 del d.lgs. 267/2000, che prevede tra le
attribuzioni di competenza dirigenziale il potere di presiedere le commissioni di gara e di stipulare
i contratti in correlazione con la responsabilità per l’esito delle gare medesime.
In generale, si evidenzia che i vizi relativi alla composizione della commissione giudicatrice
possono essere utilmente fatti valere solo nel momento in cui i relativi lavori si siano completati in
senso negativo per il soggetto inciso, in tal modo ingenerando in lui l’interesse all'impugnativa.
Il principio, in altre parole, è che il provvedimento di nomina della commissione giudicatrice può
essere impugnato dal candidato solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni
concorsuali e la nomina del vincitore, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e
diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica altrui: la verifica effettiva del
pregiudizio sofferto dal candidato può difatti utilmente compiersi solo al momento
dell’approvazione della graduatoria.
Il suesposto principio di diritto, secondo cui il termine per l’impugnazione degli atti del
procedimento diversi dall’esclusione dalla partecipazione o dai giudizi negativi formulati dalla
commissione decorre dalla data di conoscenza del relativo esito, coincidente col provvedimento di
approvazione della graduatoria, è stato ritenuto applicabile come regola generale anche ai concorsi
pubblici finalizzati all’assunzione di personale (Tar Sardegna, sez. I, 5 giugno 2013, n. 459 e Cons.
Stato, sez. V, 30 aprile 2014, n. 2252).
Si suggerisce, dunque, alle stazioni appaltanti, di prestare particolare attenzione al regime delle
incompatibilità al momento della nomina dei componenti della commissione, tenuto conto che
l’illegittima composizione della commissione vizia in modo insanabile tutti gli atti e le operazioni
di gara e la stessa aggiudicazione.
Infatti, il vizio di composizione della commissione giudicatrice di un appalto pubblico, derivante
dalla presenza di un commissario in posizione soggettiva di incompatibilità, non è suscettibile di
sanatoria attraverso la sola rinnovazione dell’approvazione degli atti di gara da parte di altro
soggetto diverso da quello cui si riferisce l’incompatibilità, perché esso investe tutti gli atti e le
operazioni di gara in relazione ad un radicale difetto di legittimazione ad operare della
commissione, e può essere rimosso soltanto mediante la rinnovazione parziale della gara ad opera
di altra commissione.
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N. 11/2014 Novembre
Pertanto, la sopravvenuta incompatibilità di un commissario nel corso delle operazioni travolge
per illegittimità derivata tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del
servizio.
La diretta conseguenza è la decadenza e la necessaria sostituzione di tutti gli altri commissari.
Ciò al fine di evitare che l’attività del commissario dichiarato incompatibile possa avere inciso nei
confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un
determinato esito valutativo (Consiglio di stato, sentenza n. 5732/2014).
E’ utile evidenziare che il comma 12 dell’articolo 84 prevede che “in caso di rinnovo del procedimento
di gara a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluni dei
concorrenti, è riconvocata la medesima commissione”.
Tale previsione normativa contiene un’enunciazione di principio, posta a presidio della celerità e
del buon andamento dell’amministrazione, e sottintende che nell’ipotesi di rinnovazione
dell’intera gara la conoscenza degli atti e delle operazioni già effettuate possa giovare alla celere
rinnovazione del procedimento, a condizione che ciò non si risolva nella compromissione della
garanzia di imparzialità, valore altrettanto preminente negli affidamenti pubblici.
Nella disciplina normativa antecedente l’entrata in vigore del Codice dei Contratti pubblici
mancava una norma ad hoc, tanto che parte della giurisprudenza riteneva che la rinnovazione, per
esigenze di imparzialità delle operazioni di valutazione, dovesse essere sempre effettuata da una
commissione a composizione diversa.
Tuttavia, in sede di gara, così come nei concorsi, la riconvocazione della medesima commissione
potrebbe minare i principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa di valenza
costituzionale e comunitaria.
Questo accade, ad esempio, quando la sentenza di annullamento ha accolto censure legate al
contrasto tra i componenti o per incompatibilità.
In tali circostanze, la riconvocazione della medesima commissione in applicazione dell’articolo 84,
comma 12, sarebbe lesiva dei principi di imparzialità, trasparenza e par condicio e presterebbe il
fianco ad eccezione di incostituzionalità.
La norma, pertanto, non impone sistematicamente la riconvocazione della medesima commissione,
potendo la stazione appaltante optare per la nomina di un nuovo organo valutativo (Tar Umbria
nella sentenza n. 539/2014).
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