Fonti Jean Bodin I l concetto di sovranità Jean Bodin (1529-96) rappresenta bene quella categoria di uomini di legge che fra il XVI e il XVII secolo accompagnarono l’evoluzione dello stato assoluto in Francia, teorizzandone le prerogative sovrane e fornendogli il personale burocratico-amministrativo. Nel 1576 uscirono i suoi Six livres de la République, un compiuto trattato di diritto pubblico destinato a un rapido successo, nonostante le accuse che gli furono rivolte per la sua propensione all’assolutismo regio. L’espressione “repubblica” del titolo è usata nel senso latino, come equivalente di “stato”. Bodin si occupa in effetti quasi solo del tipo di stato a regime monarchico. L’opera, prima della morte di Bodin, ebbe dodici edizioni e fu ripubblicata in latino nel 1586, ottenendo una più ampia diffusione europea; negli anni successivi seguirono le traduzioni in italiano, spagnolo, tedesco e inglese. Per sovranità s’intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato. [...] Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere infatti che a una o più persone venga conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono nient’altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dar loro il nome di prìncipi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo. [...] Infine, che diremo di colui che ricava dal popolo il potere assoluto a vita? Bisogna distinguere: egli può dirsi monarca sovrano quando il potere assoluto gli è conferito puramente e semplicemente, senz’alcun titolo di magistrato o commissario, senz’alcuna forma di precario:1 si può dire senz’altro che in questo caso il popolo si è spogliato del potere sovrano per fargliene dono e investirlo di esso. [...] Ma se il popolo concede il potere a vita a qualcuno solo in qualità di ufficiale o luogotenente o semplicemente per alleviarsi dell’esercizio del potere, costui non è sovrano, ma nient’altro che ufficiale, luogotenente, reggente, governatore o custode e depositario del potere altrui; [...] e s’egli oltrepassa il potere che gli è stato dato i suoi atti sono nulli, a meno che non siano ratificati, lodati e approvati da chi gli ha conferito il potere. [...] Adesso dedichiamoci all’altra parte della nostra definizione, e spieghiamo le parole “potere assoluto”. [...] La sovranità conferita a un principe con certi obblighi e a certe condizioni non è propriamente sovranità né potere assoluto, a meno che tali condizioni non siano le leggi di Dio e della natura. [...] Nel nostro Regno vediamo, all’avvento di un nuovo re, tutti i collegi e tutte le comunità domandare conferma dei loro privilegi, dei loro poteri, della loro giurisdizione; i parlamenti e le corti sovrane così come gli ufficiali particolari. Se dunque il principe sovrano è per legge esente dalle leggi dei predecessori, ancor meno egli sarà obbligato a osservare le leggi e le ordinanze fatte da lui stesso: si può ben ricevere la legge da altri, ma non è possibile comandare a se stessi. [...] Perciò alla fine degli editti e delle ordinanze vediamo le parole “poiché tale è il nostro piacere”, perché sia chiaro che le leggi del principe sovrano, siano pure fondate in motivi validi e concreti, non dipendono che dalla sua pura e libera volontà. Quanto però alle leggi naturali e divine,2 tutti i prìncipi della terra vi sono soggetti, né è in loro potere trasgredirle, se non vogliono rendersi colpevoli di lesa maestà divina, mettendosi in guerra contro quel Dio alla cui maestà tutti i prìncipi della terra devono sottostare. [...] J. Bodin, I sei libri dello stato, a c. di M. Isnardi Parente, vol. I, Utet, Torino 1964, pp. 345, 352-354 e 359 1. forma di precario: condizione di provvisorietà o temporaneità. 2. leggi naturali e divine: il contenuto dell’espressione non era così vago come potrebbe sembrarci oggi. L’autorità sovrana non era una forma di dispotismo, ma era anzi tenuta a esercitare un governo re- golare e giusto: in particolare il re era tenuto a non ledere senza giusto motivo la proprietà privata e doveva rispettare l’autonomia della famiglia. Ugualmente il sovrano aveva potere assoluto di fare e mutare le leggi senza il consenso dei sudditi, ma egli non poteva annullare una legge senza giusto motivo. © Pearson Italia spa
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