IX° INCONTRO INTERNAZIONALE DEL FORUM PAULO FREIRE Sentieri di emancipazione al di là della crisi Temi generatori del pensiero educativo e sociale di Paulo Freire Torino, 17-20 settembre 2014 ‘O mundo nao e’, o mundo està sendo’ ( Paulo Freire) Sede. Fabbrica delle ‘e’, gruppo Abele, Torino Ho potuto partecipare solo ai primi due giorni del convegno, giorni molto intensi di plenarie e gruppi. I partecipanti erano 272, oltre 80 stranieri fra cui molti brasiliani: i partecipanti erano ricercatori universitari, volontari ( molti giovani) di Libera, del gruppo Abele ( che animano progetti nelle scuole secondarie sulla legalità) , docenti e organizzatori degli Istituti Paulo Freire nel mondo, operatori del MLAL. Aderivano all’iniziativa Altromercato, la cooperativa Giolli ( teatro dell’oppresso), MCE, FIMEM, Amici di Nevé shalom, Libera, MLAL,… Il documento programmatico del convegno, steso da gruppo Abele, ‘Animazione sociale’, IPF Italia, è nel sito www.paulofreire.it dove saranno reperibili i materiali del convegno. Per il MCE Nuccia Maldera ( Torino) ha coordinato un gruppo ‘Scuola ed educazione critica’. Nel sito www.giollicoop.it Roberto Mazzini esprime una sua valutazione circa l’evento. Due giorni su quattro sono pochi per esprimere un giudizio complessivo, ma l’insieme delle energie e delle potenzialità nell’officina di corso Trapani fa ben sperare. Mi sembra che un innesto delle tecniche e delle pratiche della scuola attiva, della didattica operativa, del laboratorio adulto, potrebbe contribuire a rendere maggiormente efficace la stessa proposta di Freire. Ricordiamo che i movimenti brasiliani di scuola moderna hanno assunto a paradigmi le ‘tre effe’, Freinet, Freire, Ferreiro. Assemblea iniziale Si ricordano le fasi essenziali della pedagogia Freire: - la fase della ricerca ( i problemi essenziali vissuti dalla gente) - la fase dell’elaborazione ( la stesura del progetto coinvolgendo le famiglie) - la restituzione del problema ( tecniche: il cantastorie) da cui far emergere la situazione limite, intollerabile, per giungere alla coscientizzazione ( es.: problema di giovani e anziani) Introduzione di Piergiorgio Reggio (IPF Italia) ‘Un mondo globalizzato che riproduce esclusioni e disuguaglianze’ Negli anni ’70 la parola chiave era l’emancipazione: le lotte per i diritti civili, .delle donne, dei lavoratori, i movimenti internazionali. La pedagogia Freire non è un metodo ma una prospettiva, un orientamento per leggere i problemi sociali e politici sviluppando coscienza critica e processi di liberazione non individuali ma collettivi. Richiede un impegno educativo e sociale per la modifica delle situazioni. Abbiamo avuto educatori italiani che non hanno accettato il conformismo pedagogico scolastico ( Milani, Dolci,…) Il tema della globalizzazione è oggi in primo piano: una globalizzazione foriera di contraddizioni, che riduce gli spazi di umanizzazione. E’ diverso parlare di planetarizzazione, che implica il costituire coscienza eco-pedagogica, che richiede analisi critica. La crisi produce nuova esclusione e disuguaglianza e nel contempo riconferma le vecchie. Moacir Gadotti (IPF Brasile) nella sua introduzione ha affermato che ‘un altro mondo è possibile’ nella prassi che unisce teoria e azione concreta. Carlos Alberto Torres (IPF California) Il neoliberismo ha un impatto drammatico sull’educazione. La globalizzazione dei diritti umani propugnata dall’Unesco ha i suoi limiti nella: - globalizzazione del mondo contro il terrorismo ( ruolo degli USA) - globalizzazione del terrorismo - globalizzazione della società, dell’idea di conoscenza Occorre esplorare le connessioni tra democrazia ed educazione, cittadinanza ed educazione. L’educazione è pratica di ribellione, di cambiamento. Il pianeta è oppresso. La pedagogia degli oppressi richiede una nuova politica. Il sistema educativo va trasformato. Il pensiero pedagogico di Freire è eclettico, ad esempio prende dall’Illuminismo l’idea che l’individuo costruisce il proprio destino attraverso l’apprendimento della libertà. Non a caso accosta due parole inglesi molto simili word world ( parola mondo) Stimola a usare parole che leggono il mondo per farle nostre. Propone una simbologia alternativa e una nuova narratività. Una cittadinanza globale prevede partecipazione, educazione di qualità per tutti, scuole migliori per tutti i bambini ( obiettivi Unesco). Non ha avuto il tempo di confrontarsi con il neoliberismo sull’idea di cittadinanza globale. Luiza Cortesao ( IPF Portogallo) Sociologa, si occupa di successo formativo, analisi della riproduzione di ingiustizie nei contesti scolastici, consulente in Mozambico, Angola, Sao Tomé per l’Unesco. Intervento sul ruolo delle ‘trasgressioni’ nelle scienze umane e nel pensiero scientifico. Il pensiero di Freire è una forma di possibile trasgressione ai poteri dominanti. ‘Loro non sanno e non sognano che il sogno è motore della vita che sempre che un uomo sogna il mondo rimbalza e matura come una palla colorata nelle mani di un bambino Il sogno fa avanzare il mondo’ (…. poeta portoghese) Freire individua tre ferite narcisistiche dell’uomo moderno: - lo chock cosmologico ( Copernico) lo chock biologico ( Darwin: a fronte dl progetto originale il mito della genesi delle specie, la teoria dell’evoluzione) ) lo chock psicologico ( Freud) a cui si aggiunge la ‘ferita’ sociologica ( Bourdieu) applicata ai ‘creatori’ ( siamo il prodotto di un contesto che condiziona) Una lunga lotta ha contrapposto le scienze umane ai poteri accademici per essere accettate dalle scienze ‘pure’. La conquista di uno statuto delle scienze umane come scienze è un esempio di trasgressione. Altrettanto fa scandalo il carattere ‘domestico’ delle pratiche educative, la natura meticcia e poliglotta di concetti quali eterogeneità e temporalità. Ce n’è voluto perché si riconoscesse che le scienze umane sono un altro genere di scienza. L’opera di Freire è una continua trasgressione rispetto a: - politica e educazione ( l’ALFABETIZZAZIONE come un atto politico, un risveglio politico, non un ‘cosa fare’ neutrale ) - la lettura del mondo prima della lettura della parola ( nell’educazione la dicotomia fra mondo reale e parole della scuola produce cultura del silenzio, preclude l’esperienza ( esclusione della via, lotte, discriminazioni, crisi,..) cfr. Bernstein ‘Classi e controllo sociale’ ( 1970) - cultura- culture ( concetto antropologico: tutti hanno una cultura, ogni persona va valorizzata che si fonda sulla trasformazione, sulla produzione di oggetti artigianali; è una forma trasgressiva di intendere la cultura: valorizzazione delle radici culturali; negazione della dicotomia cultura erudita- cultura popolare, circolarità) - chiarezza e semplicità dell’espressione come forma democratica di comunicazione - rapporto teoria-pratica - importanza della contestualizzazione dell’azione educativa - l’’inedito viabile’ Wallenstein ( sociologo): nessuna analisi del sistema mondo può esser fatta al di fuori del contesto Il mondo è in crisi, le crisi sono molto lunghe. ‘Il risultato sarà determinato da una moltitudine di nano-azioni adottate da un’infinità di nano-attori in un’infinità di nano-momenti’. Si produce un ‘effetto farfalla’ ( il battito di una farfalla in un angolo del mondo produce effetti dall’altra parte del mondo- catastrofi’ cfr. Bateson) La tensione fra due soluzioni alternative penderà per l’una o per l’altra. Ciò che ognuno di noi fa è importante, può contribuire al cambiamento, ogni piccola azione in ogni momento ha effetti sul sistema. Carlo Nanni ( Università salesiana Roma) La pedagogia della speranza è la speranza della pedagogia. Si sono confrontati due modelli, la pedagogia della sinistra occidentale e la pedagogia della liberazione. In Italia abbiamo messo in carcere negli anni 70 1500 terroristi senza chiederci perché molti hanno scelto questa via. La liberazione è speranza, utopia, sogno. Maritain fece il tentativo di capire, leggere la contestazione come malessere di molti uomini e donne al di là della rivolta ‘contro i padri’. Oggi Galimberti parla di nichilismo, epoca delle ‘passioni tristi’. Sfide educative: sono aumentate le morti di bambini, il rapporto uomo-donna va totalmente ripensato, il ruolo della cultura digitale. Quale educazione liberatrice possiamo pensare per l’Italia? Spiragli: i BES non solo integrazione ma necessità di una cultura dell’inclusione che veda tutti sostenere le situazioni di fragilità, senza deleghe ( è un aspetto del tema più generale che è la pedagogia dell’inclusione) la ‘buona scuola’ di Renzi richiama la ‘buona vita’ del Vangelo, una società buona, giusta. Non ci sono solo i precari, l’inglese, l’informatica, l’impresa: c’è il problema del rapporto scuola-lavoro ma i due termini devono essere entrambi responsabili, anche l’impresa, non solo la scuola al servizio di…. Una pedagogia dell’autonomia, una pedagogia della speranza perché c’è un continuum fra apprendere- insegnare- conoscere- esprimere liberamente- scoprire l’inedito possibile, i temi generatori le tecnologie vanno prese per quanto permettono di conoscere, come via di apprendimento e conoscenza educazione ai principi e ai valori della Costituzione ( artt. 2-3-4) partecipazione, educazione democratica. Oggi la democrazia è problematica, e così l’educazione, non hanno automaticamente effetti di liberazione, possono tradursi in indottrinamento, seduzione. Azioni politiche: ‘nessuno educa nessuno, ci si libera insieme nel rapporto con il mondo’ Favorire la crescita dei ragazzi insieme Recalcati ‘L’ora di lezione’: dal padre edipico e simbolico ( che unisce) figlio Edipo a Icaro ( liberarsi del padre) a Narciso (consumismo) a Telemaco ( ricerca del padre come via per liberarsi assieme ) Mandela: la riconciliazione come via per il futuro ( se non c’è perdono non può esserci giustizia) Guevara: la ‘rivoluzione dell’amore’ Menegatti e Giancalli: ‘Il manifesto della generatività’ freiriani uniti per cercare il rigenerare/ricreare sfida del futuro: ‘generativi di tutto il mondo unitevi’ Gruppi del pomeriggio: approfondimento sui temi del forum 5 gruppi: * educare a emanciparsi dentro disuguaglianze e vulnerabilità con tre sottogruppi: scuola e educazione critica università in dialogo educazione nelle comunità territoriali * affrontare i problemi locali facendo leva sulla partecipazione dei cittadini * sviluppare coscienza eco-pedagogica e cittadinanza planetaria * educare a emanciparsi tra arte e comunicazione esistenziale * costruire spazi di giustizia in territori segnati da corruzione e illegalità GRUPPO COSCIENZA ECO-PEDAGOGICA E CITTADINANZA PLANETARIA ( coordinano Alessio Surian, It; Angela Antunes, Br) Surian La decolonizzazione non è finita, c’è ancora un colonialismo culturale che tocca i saperi e le forme di conoscenza, il rapporto conoscenza-economia-sviluppo. Non cambierà se non si esce dall’antropocentrismo ripensando il rapporto con l’ambiente ( eco pedagogia) ridiscutendo la categoria ‘sviluppo’ alla luce delle esigenze di giustizia sociale nella prospettiva freiriana praticando un’educazione allo sviluppo sostenibile. La Carta della terra dell’Unesco poggia su pilastri sociali, economici, ambientali, quasi mai anche culturali. Antunes L’Istituto Paulo Freire di Sao Paulo opera alla luce dell’ed. alla cittadinanza, dell’ed. popolare, dell’ed. degli adulti offrendo consulenza agli assessorati alle politiche educativa dove governano partiti democratici come il PT sviluppando progetti politico-pedagogici negli istituti scolastici pubblici per l’elaborazione del loro progetto educativo. Sembra che la dimensione ambientale interessi solo gli insegnanti di biologia, scienze, geografia, mentre noi proponiamo di porre al centro come filo conduttore la dimensione eco-social, coinvolgendo tutti coloro che si occupano di educazione, per una responsabilità condivisa, perché la dimensione ambientale non va separata da quella politica e socio-economica. Freire: educare è impregnare di senso la vita. La scuola deve ascoltare la vita degli alunni e della comunità circostante, trasformarsi da istituzione che fornisce informazioni in luogo di ascolto degli alunni, dei genitori, della comunità. Il primo aspetto da organizzare è la LETTURA DEL MONDO tenendo conto dei riferimenti che emergono, non solo a livello istituzionale, ma anche dei sogni, della proiezione nel futuro della comunità. ASSI ( che vanno interrelati): principio di convivenza ( ‘regole e disciplina’: come si vive con se stessi, con gli altri, come la comunità vive con gli altri) gestione democratica ( come rafforzare le relazioni fra le persone nella scuola) curricolo: l’organizzazione scolastica, l’identità, il tempo e lo spazio, i contenuti, fondamentale capire che siamo interdipendenti, che come esseri umani siamo legati alla terra ( identità terrestre), che il pianeta è la casa comune qualsiasi sia la nostra provenienza; i contenuti sono scelti in funzione di questi aspetti gestione sociale della conoscenza: incontro fra conoscenze informali e formali a livelli sempre più ampi ( locale, nazionale, internazionale): una gestione sociale della conoscenza contribuisce alla trasformazione della realtà dimensione valutativa: non sommativa, una valutazione dialogica ( di tutti i soggetti coinvolti nel progetto) che includa anche una valutazione delle relazioni; formativa ( come momento di apprendimento); continua ( monitoraggio per analizzare e cambiare) La Carta della terra è il riferimento chiave per la valutazione. Questa è la cornice che viene offerta agli enti locali. José Marin ( Perù- ricercatore Ginevra) L’ecopedagogia e la cittadinanza planetaria sono legate alla visione del mondo: a noi occidentali manca una visione in grado di assumere la sfida etica ed ecologica, e di conseguenza la dignità umana come problema. Lavoro di formazione di maestri indigeni a Iquitos ( Amazzonia peruviana) per un’educazione bilingue e interculturale. La prima forma di eco pedagogia si trova nella visione del mondo indigena che associa naturaambiente e cultura ( cfr. Lévy Strauss) L’occidente non forma a capire la natura ( sovrapposizione alle religioni e culture preesistenti della visione giudeo-cristiana che pone l’uomo al centro) producendo una visione del mondo da cui derivano credenze e conoscenze ( animismo, buddismo,..) Il rapporto natura-cultura dipende dalla visione del mondo e la crea. Per gli indigeni dell’Amazzonia la cultura si può costruire solo a partire dalla natura, l’uomo è una forma di vita fra le molte, non è al centro della creazione. L’uomo può scomparire, la natura continuerà. Il mito della scienza e della tecnologia crolla con Chernobyl producendo interrogativi su come controllare la radioattività e ricostituire la cappa dell’ozono. Tutto ha inizio nel 1492 con Colombo, si produce uno scontro tra visioni del mondo: gli indigeni pensano di essere parte della natura. Invece l’eurocentrismo dei conquistadores crea antropocentrismo assieme all’idea, che lo giustifica, di un Dio onnipotente. Nasce di qui il divorzio natura- cultura. E’ un divorzio tragico che assume i cristiani come parte dell’umanità, gli indigeni come animalità ( civilizzati e selvaggi). Derivano di qui i miti dello sviluppo, del progresso, la globalizzazione, che pervertono popoli e culture. L’ottica neoliberista suppone il lavoro come unica possibilità di dignità. Per assumere l’ecopedagogia bisogna reinventare la visione della terra ( la ‘pacha mama’, la madre terra) secondo la tradizione indigena che si fonda sul rispetto profondo degli altri, la collaborazione, la solidarietà ( siamo una specie fra le altre): una visione della dignità costruita sul rispetto, non sullo sfruttamento. Idea che nessuno può costruirsi da solo ( una metodologia individuale nasce all’individualismo, all’idea di ‘vincitori’ e ‘meritevoli’ prodotta dalla società dell’informazione). Il colonialismo ha colonizzato l’immaginario, civilizzato i ‘selvaggi’, creato sottosviluppo, povertà, imposto un modello di sviluppo, diffondendo un meccanismo sistematico di denigrazione delle popolazioni per poterle emarginare ( attraverso la classificazione). Come lavorare con gli alunni indigeni preda di una forma di auto denigrazione frutto di secoli di predominio? Occorre puntare sull’autostima, senza la quale non può esistere un’ecopedagogia, un’educazione contro l’autodenigrazione: un’educazione affettiva, emotiva, intuitiva, sociale, svalorizzata dal cognitivismo, al razionalismo. La nostra società ha prodotto l’autismo (grande intelligenza ma basso controllo dell’emotività assenza di socialità). Bisogna imparare a condividere, collaborare, costruirsi reciprocamente, convincersi che tutti sanno qualcosa, che non esiste una verità definitiva, dei proprietari della conoscenza. Secondo gli Indios Ashami la verità é come l’acqua, come la luce, tutti hanno un poco di luce Dobbiamo decolonizzare e defolklorizzare l’immaginario, i saperi, per poter decolonizzare il potere. Non c’è ecopedagogia se non attraverso una rottura del sistema di potere ( il lavoro del colibrì, ogni colibrì porta la sua goccia d’acqua). Il Perù non sostiene le scuole indigene nonostante l’art. 169 della Convenzione di Ginevra. Il presidente Alan Garcia propose la privatizzazione dell’Amazzonia, già abbondantemente colonizzata nell’acqua, nella natura dalle varie Nestlé e Monsanto. Partecipante del Messico Serve un cambiamento della conoscenza recuperando il sapere, la cultura delle popolazioni autoctone, rimettendo in discussione le nostre categorie anche linguistiche, non chiamando ‘indigene’ o ‘indie’ le popolazioni, ma ‘originarie’ ( la lingua quechua ha denominazioni, ad es. per la patata, fondamentali per loro, che mal si integrano con le nostre, hanno tutta una serie di rimandi simbolici) ; ed economiche, di organizzazione delle comunità ( tendiamo a sovrapporre a forme di vita e lavoro più antiche formule come il cooperativismo non ben accette e funzionali). Che rispetto siamo in grado di assicurare abbandonando la nostra idea della nostra supremazia? Carlos Alberto Torres Immaginando un dialogo fra Hannah Arendt e Paulo Freire. La Arendt si chiese come fu possibile la violenza nazista, commessa non da criminali ma da persone comuni, intelligenti: scienziati, professori, autorità. Come poterono pianificare lo sterminio? Studio di una comunità umana in un contesto culturale che ha prodotto l’idea di soluzione finale, una violenza legittimata. Anche noi stiamo praticando una ‘soluzione finale’ verso gli animali, le foreste, le popolazioni indigene. Freire studia le relazioni oppressore- oppresso: in un ambiente culturale di dominazione, l’oppresso fa sua la cultura dell’oppressione. Freire propone una pedagogia della liberazione dalla cultura del dominio. L’uomo antropocentrico che ospitiamo in noi è colonizzatore della natura, un uomo che non sente compassione, compartecipazione verso tutte le forme di vita non umane, non toccato dal disboscamento come non lo fu allo sterminio. Manca di rispetto e considerazione per le migliaia di forme di vita che scompaiono. Gli spazi sociali che contribuiscono a formare l’uomo antropocentrico sono vari, fra cui, in particolare, la scuola, contesto da problematizzare, in quanto forma in una pedagogia antropocentrica attraverso tutte le materie. Diamo ai bambini e ai giovani il messaggio che il pianeta è nostro, che appartiene agli umani, che l’ambiente è risorsa da sfruttare per i nostri bisogni. Si crea così un ostacolo epistemologico a capire come funziona la dinamica del pianeta, impedendo la formazione di una sensibilità affettiva verso tutte le altre forme di vita. I comportamenti alimentari, l’allevamento di animali,… tutto è finalizzato all’uomo. Un’ecopedagogia richiede di rimettere in questione i nostri comportamenti, in base ai quali tutti i prodotti alimentari sono frutto di spoliazione, i prodotti di bellezza per l’igiene vengono sperimentati su animali, scelte giustificate dalla pedagogia antropocentrica ( si vedano i manuali di biologia e scienze). La globalizzazione ha esacerbato queste forme, giungendo a vere e proprie manifestazioni di crudeltà. I formatori e le famiglie sono cresciuti nel modello antropocentrico, non in quello ‘ecocentrico’: sono necessari nuovi concetti, nuovi paradigmi per la cittadinanza davvero planetaria. Ci sono due infanzie, una urbana, occidentale ( il rapporto con gli animali è di paura o aggressività) una indigena ( diverso rapporto con gli animali). Sheila Se cambiamo il nostro modo di percepirci sulla terra cambiamo anche il nostro modo di relazionarci con le altre forme di vita acquisendo in solidarietà, in relazione. Siamo prigionieri di visioni del mondo che dissociano l’uomo dalla natura. Leonardo Boff: ‘L’uomo non è SULLA terra, E’ terra’ Siamo formati di acqua, i sali nei nostri muscoli sono gli stessi della terra, l’aria che respiriamo è quella che produce la fotosintesi. Come far sì che le esperienze positive siano messe in rete per trasformarsi in scelte politiche? Convertire le esperienze locali in politica pubblica? ( bisogna cambiare lo stato, organizzare politiche di rete, federare le politiche locali con la strategia della formica la saggezza del colibrì). Occorre uscire dal determinismo che impregna la nostra cultura. Pensare alle persone come soggetti attivi di trasformazione. Freire: siamo esseri storici. E’ lo stato che ha bisogno di noi. Ricostruire relazioni di co-appartenenza attraverso la valorizzazione delle culture originarie e i loro comportamenti ( cultura popolare). Esperienza di Sao Paulo 570 istituti pubblici di Sao Paulo sono coinvolti nel bilancio partecipativo dei bambini secondo il metodo Freire. I bambini hanno la responsabilità di cambiare il mondo. Cerchiamo un diverso apporto con l’agricoltura perché, comunque, dobbiamo mangiare, forme non violente, l’agricoltura biologica, organica, naturale. Chiedersi da dove viene l’acqua, come la si tutela, dove va a finire quella che si scarica. Riscattare i saperi dei contadini. Evidenziare le contraddizioni, cercare la coerenza. Da dove viene il cibo, le banane della mensa, da dove vengono i vestiti, quanta energia si impiega per il trasporto: domande ‘semplici’ ma complesse. Mettere in rilievo l’apporto delle scelte individuali, le ‘nano-azioni’. Le nostre attività sono debitrici a degli sponsors progressisti/neoliberistiche sono anche produttori di armi. Gli ‘indigeni’ ripongono spesso fiducia in politici anche di sinistra che una volta al governo fanno il contrario di quanto avevano promesso, gestiscono il potere in modo contraddittorio ( v. l’Ecuador, Lula,…). Diversi interventi sottolineano l’importanza di non esprimere solo valutazioni negative ma, nonostante la crisi, di evidenziare possibilità, positività, desideri. Freire: dove denunci devi anche annunciare. Surian Una certa sinistra ha trattato l’ambiente come risorsa da sfruttare nella prospettiva dell’emancipazione di una parte dell’umanità. La prospettiva interculturale ricerca alleanze in chiave di complementarietà evitando la logica binaria del capitalismo e le false contrapposizioni oralità- scrittura, uomo-donna, occidente-sud, passato-modernità, sviluppo-sottosviluppo,… che producono esclusioni. La natura è un sistema vivente-intelligente, dotato di spiritualità, armonia. Il neoliberismo privatizza l’educazione, la salute, esclude l’apporto del sociale, persegue la deresponsabilizzazione dello stato. Impone un pensiero unico, l’uomo convertito in numero, in statistiche, escludendo il sogno, l’utopia. Prospettive - come sentirci terra- natura, capaci di costruire un altro mondo possibile valore dell’educazione biocentrica emancipatrice solidale dignità di tutti i viventi recuperare i saperi dei popoli originari prospettiva interculturale della complementarietà coerenza, affrontare le contraddizioni, accettare la complessità interdipendenza sostegno alle buone pratiche per le politiche pubbliche ottica dell’ecopedagogia trasversale a tutte le discipline ( erronea divisione fra scienze fisiche e umane- sociali ) lavorare sull’autostima Gruppi del 18 mattina: pratiche e riflessioni ( alla riscoperta di Paulo Freire) Pratiche e riflessioni: alla (ri)scoperta di Paulo Freire 4 gruppi: * Educazione degli adulti in prospettiva freiriana * Saperi popolari e costruzione della conoscenza * Freire e l’educazione superiore * Pedagogia freiriana, movimenti sociali e politica SAPERI POPOLARI E COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA ( coordinano Piergiorgio Reggio, It e Edgar Coelho, Br) La pedagogia Freire come pedagogia del dialogo, del dare la parola, per far nascere nuova conoscenza/coscienza ( ‘se tu non sei non sono neanch’io) Cos’è, oggi, cultura popolare? Presentazione di due esperienze in Brasile una in una comunità di quilombos, ex schiavi fuggiaschi che vivevano in villaggi nascosti. Rivisitazione attraverso l’animazione di comunità della cultura del terreiro del candomblé implicando tutti i sensi, la musica, l’arte, raccogliendo storie di vita di persone significative della comunità ( l’ostetrica, la persona più anziana,…) e recuperando l’artigianato popolare, l’acconciatura dei capelli,… Temi: cantinho da comunidade, donne e agroecologia, nascentes e agro biodiversità, popoli originari, l’infanzia, giochi e brincadeiras, mesa da patilha, sicurezza alimentare e tradizione. L’altra esperienza è stata condotta in una comunità ‘caiçara’ di pescatori prodotto di una mescolanza fra indigeni, colonizzatori, schiavi negri nelle zone costiere di Rio, Sao Paulo, Paranà, S.ta Catarina nord. Vivono di piccola agricoltura, pesca, estrazione, caccia e, ora, turismo. Esperienza di animazione di comunità. Progetto ‘L’amorosità ( in senso freiriano) nei cerchi dei saperi’ io ti do tu mi dai, troca e partilha: messa in comune di saperi. Nell’area non ci sono scuole ( analfabetismo), la migrazione forzata verso i centri urbani comporta perdita di identità culturale. Le Università in Brasile dispongono di 100 ore di lavoro sul territorio, nelle comunità ( extençao) Un’equipe multidisciplinare ha vissuto nella comunità e istituito una scuola non riconosciuta dallo stato. La comunità coi suoi saperi costituisce il curricolo. L’idea del cerchio nasce dalla tecnica tradizionale di pesca, una tecnica artigianale ecologica ( reti rotonde) su imitazione di una tecnica di pescatori giapponesi all’inizio del secolo scorso. Gli operatori nella scuola hanno creato un alfabeto e un lessico caiçara composta dagli attrezzi. Simbolicamente, il mulino del villaggio diventa la scuola, frequentata di bambini, perché gli adulti non hanno fiducia di poter imparare ormai, anche se avrebbero bisogno di imparare a leggere e scrivere per ottenere le licenze di pesca. In un primo momento gli educatori fungono da scriba e da lettori, poi i bambini sono diventati via via autonomi. Scrivevano sulla sabbia della spiaggia. . Solo nel periodo della coppa mondiale la scuola è stata riconosciuta e ha avuto un insegnante statale per due mesi. La comunità non sapeva cosa fosse l’organizzazione di una scuola, di quanti insegnanti ci fosse bisogno, della necessità di una mensa, di una biblioteca. La scuola è stata una provocazione al sistema ufficiale che ha decretato che lì non c’erano le condizioni per istituire una scuola. Il gruppo dell’Università ha dimostrato che invece le condizioni c’erano. Sfruttando le conoscenze agricole della comunità si è coltivato un orto, si è praticato l’artigianato caiçara ( cesteria, ceramica, barche,..), fatto arte, musica, proiezione di documentari, racconti dei nonni. Ma l’aspetto centrale è stato la presa di coscienza dei problemi e la conseguente mobilitazione della comunità per i suoi diritti. Il progetto prevedeva riscatto, la risignificazione e la valorizzazione delle conoscenze tradizionali, la loro reintegrazione. Un’università ‘della strada’. I partecipanti al gruppo sono stati invitati a stilare delle domande: ne è uscita una gamma sui saperi popolari oggi, sulla legittimazione degli interventi esterni in una comunità tradizionale, su come il sapere di ciascuno può essere utile agli altri, sul lavoro con la ‘lingua madre’, su come si pongono i ricercatori rispetto ai saperi tradizionali, sugli effetti di cambiamento prodotti, sulla gestione dei conflitti all’interno della comunità e con i ricercatori, sul rapporto fra tradizione da conservare e innovazione- ricerca, su cosa pensiamo sia ‘popolare’ oggi in Italia, sul rapporto parole della scuola- parole della vita, sul sapere dell’esperienza rispetto al sapere dei genitori, sulle diverse accezioni di popolare, come sapere costruito dall’esperienza o in senso regressivo di identità ristretta. Si racconta di un’esperienza con studenti di un’università in Messico in cui è stata costruita una linea del tempo chiedendo quanti milioni/migliaia di anni fa è iniziata la costruzione di conoscenze, tenendo conto che 5000 anni fa è iniziata l’agricoltura, che la rivoluzione scientifica ha 400 anni. E prima? Quando nasce la cultura? Gruppi del 18 pomeriggio: corsi brevi ( lavorare con l’approccio freiriano) Corsi brevi: lavorare con l’approccio freiriano 5 corsi * Temi generatori e la lettura del mondo * L’insegnamento delle lingue * Ecopedagogia: esperienze a scuola e sul territorio * Lavoro socio-educativo con l’infanzia * L’opera di Paulo Freire: idee e pratiche TEMI GENERATORI E LA LETTURA DEL MONDO ( presenta Ana Ines Souza, Br) Sentieri di emancipazione al di là della crisi ‘E tu mi vieni a dire che l’uomo muore lontano dalla vita lontano dal dolore …. Ma io ti voglio dire che non è mai finita che tutto quel che accade fa parte della vita’ Il testo, la poesia, aiutano a uscire dalla realtà e a riflettere. La canzone cosa dice sul mondo contemporaneo? Cosa dice sul tema ‘generatore’ dell’incontro ( ‘ o mundo nao è, o mundo està sendo’) Da ‘Pedagogia degli oppressi’: ‘non c’è utopia vera al di fuori della tensione tra la denuncia di un presente ogni volta più intollerabile e l’annuncio di un futuro da crearsi, costruito politicamente, esteticamente ed eticamente, da noi, uomini e donne’. Due dimensioni interrelate, denuncia e annuncio, disumanizzazione e umanizzazione. Che tipo di uomo stiamo costruendo e per quale società? Desideriamo trasformare la realtà svelandola per l’emancipazione umana. Che realtà deve essere svelata? Come ci relazioniamo con la realtà degli altri? Un’immagine cosa ci suggerisce? Quelli sopra il tavolo, quelli di sotto ( uomini e donne? Europei e non europei?) Un’altra immagine: due bambini di condizioni diverse disegnano quello che per loro è cibo ( il ricco e il povero) Che decodifica facciamo? Come fare lo svelamento della realtà? Immagine di Mafalda che si misura la testa per vedere quanto contiene: una testa riempita = travaso di nozioni, bombardamento, confusione. La scuola in questo modo tende a formare persone d’ordine, obbedienti. Addomestica, ammaestra. E’ un’educazione verticale. Come può essere un’educazione orizzontale? Persone ‘con’ gli altri, non ‘sugli’ altri. Scuola che pratica la problematizzazione, il dialogo di saperi, la coscientizzazione. Il vero dialogo modifica sua l’educatore che l’educando. ‘Nessuno educa nessuno’, ci si educa attraverso il dialogo e il mondo. Il dialogo è l’anima, la matrice della democrazia in Freire. E’ l’essenza dell’educazione come pratica di libertà Si è oppressi e oppressori insieme, occorre espellere l’oppressore da noi ( il paradosso dell’oppresso). L’azione dialogica implica umiltà, rispetto delle differenze, ma non delle disuguaglianze sociali, impegno per la trasformazione della realtà. Il dialogo è esigenza esistenziale in quanto incontro di uomini che danno nome al mondo. Esistere è dare nome al mondo ( pronunciar): denominare è già modificare. Il dialogo comincia con la ricerca del contenuto programmatico. Il punto di partenza dell’educazione popolare è l’ascolto dell’altro. Capire la visione del mondo dell’altro, che non è la mia, capire come le persone interpretano la loro realtà, aprendo a discorsi più ampi ad es. quando le persone si autoaccusano di insuccessi, della loro disoccupazione,… Perché questa pedagogia non entra nella scuola? Perché non si lavora su cos’è la realtà ( il senso che diamo alle emozioni, il non avere idee predeterminate circa cosa ricercare, ma il costruirle insieme con chi si vuole educare,..), non si ricerca insieme cosa si vuole investigare? Sembrano domande fintamente ingenue o provocatorie. Dalla visione del mondo delle persone si ricavano i TEMI GENERATORI, che non sono delle concezioni arbitrarie, ma ipotesi di lavoro da verificare.
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