Scarica il libretto - Comunità montana valle San Martino

in copertina:
Franchino Gaffurio, frontespizio del libro “De Harmonia”,
Milano 1518 - (Bibliothèque nationale de France)
PRESENTAZIONE
Quest’anno la Rassegna giungerà alla sua decima edizione e completerà, con gli spettacoli in programma nei paesi di Monte Marenzo, Caprino Bergamasco, Carenno ed Erve, il tour culturale,
iniziato nel 2004, nei ventisei Comuni del nostro territorio.
A coronamento di questa esperienza decennale, non possiamo che
ringraziare tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo agli
eventi. Tutti coloro, poi, che hanno collaborato alla buona riuscita
degli spettacoli, spesso su base volontaria e per puro amore della
nostra terra e delle sue tradizione. Le autorità locali e le comunità
che hanno ospitato gli spettacoli rendendo disponibili forze e spazi
per la loro realizzazione.
Gli spettacoli, perfetto connubio fra letteratura, poesia, storia, musica - di cui “il Melabò” è magistrale interprete - si sono rivelati,
oltre che importanti momenti di socializzazione e aggregazione, un
felice pretesto per rivivere luoghi e spazi del nostro variegato territorio e per valorizzarne il patrimonio storico, artistico, culturale, naturalistico e paesaggistico.
Pensiamo di realizzare una pubblicazione che raccoglierà tutti i testi
dei libretti di sala stampati in questo decennio, raccontando così la
storia della rassegna e – soprattutto! – gli aneddoti, le vicende storiche, i personaggi importanti che hanno segnato, in modo diverso,
ma ugualmente profondo, la vita delle comunità che abitano nei
ventisei comuni del nostro territorio.
Siamo convinti che lo sforzo compiuto dalla Comunità Montana,
ha già portato frutti importanti, ma ancora di più ha seminato un
rinnovato interesse e spinto forze fresche all’approfondimento e al
rinnovamento della nostra cultura locale.
Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino
Il Presidente, Giovanni Codega
l’Assessore alla Cultura, Carlo Greppi
La Provincia di Lecco sostiene la decima edizione della rassegna
”Sulle rive del tempo”, che prevede quest’anno il coinvolgimento
dei comuni di Carenno, Erve, Monte Marenzo, oltre che Caprino
Bergamasco in provincia di Bergamo.
La rassegna è un percorso culturale, sociale e paesaggistico, che contribuisce a fare la storia di ogni comune, attraverso spettacoli poetico-musicali ideati dall’associazione Il Melabò, rendendo
protagonisti i luoghi dove si svolgono gli spettacoli.
La conoscenza del nostro territorio, delle sue tradizioni, della sua
storia, sono un collante fondamentale tra le vecchie e le nuove generazioni, permettendo la realizzazione di eventi culturali di pregio,
capaci di esaltare le bellezze della nostra provincia.
Un ringraziamento agli amministratori dei comuni coinvolti, alla
Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino e all’Associazione Culturale “Il Melabò”, sempre in prima linea nella valorizzazione del nostro territorio e delle nostre tradizioni popolari.
Provincia di Lecco
Assessore alla Cultura, Beni Culturali, Identità e Tradizioni
Marco Benedetti
Il Melabò
Monte Marenzo
ROSE ROSSE PER TE...LETON
Sala Civica
§
Viaggio poetico-musicale fra solidarietà umanitaria e ricerca scientifica
Sabato 21 giugno 2014
ore 21.00
Caprino Bergamasco
Giardino delle Suore Canossiane - Piazza Marconi
ANTONIO GHISLANZONI,
LO SCAPIGLIATO ETERNO
§
Viaggio poetico-musicale fra epigrammi blasfemi e libri proibiti
Sabato 28 giugno 2014
ore 21.00
Erve
Argine torrente Gallavesa
(vicino al parcheggio di Via Roma)
NOI TRE SI VA DOMANI IN VAL D’ERVE
Viaggio poetico-musicale fra tragici eventi e “spensierate escursioni”
§
Sulle rive del tempo è il titolo di una raccolta di poesie di Carlo Del Teglio, nella quale
il poeta - preoccupato davanti al veloce e “rapinoso suo corso”, che travolge ogni
cosa, compreso l’uomo e il poeta stesso - tenta di raccogliere i fili di una propria
scienza estetica e morale, per produrre un’estrema, abbagliante fiammata, prima che
il mondo piombi nel buio assoluto. Un’immagine questa, quanto mai lirica e suggestiva, che noi abbiamo eletto a ispirazione di questa nostra decennale rassegna dall’omonimo titolo, nata in collaborazione con la Comunità Montana del Lario
Orientale – Valle San Martino. L’abbiamo scelto, perché anche noi, come il poeta
premanese, siamo stati davanti all’urgenza di dover raccontare fatti, persone e cose
di ieri e di oggi. E quale specola migliore per raccontare, che quella di porsi sulle rive
del tempo? Proprio alla maniera del poeta, si direbbe. E così, anche noi, sulle rive
del tempo, ci siamo visti passare, davanti, una lunga schiera di personaggi e non solo,
anche luoghi, chiese, conventi, fabbriche, ville e giardini, concezioni e pensieri, che
abbiamo intervistato e raccontato con l’ausilio della musica e della poesia. Ma v’è di
più. Accanto alla poesia di Del Teglio, va citata un’altra importante guida al nostro
lavoro, la concezione che ci è derivata da La veglia di Finnegans (Finnegans wake) di James
Joyce, il romanzo che esibisce una particolare visione del tempo, il tempo come
monte e come riverrun, come fiume fluido che scorre incessante, metafora a cui abbiamo attinto a piene mani, nel corso dei nostri spettacoli. Di questa influenza, però,
si capirebbe assai poco, se non dicessimo quello che si cela dietro, e cioè, la concezione della storia quale Joyce trasse dalla meditazione su Vico, Bruno e Quinet, ora
come ciclicità dei giorni, ora come conflitto e riconciliazione degli opposti, ora come
flusso continuo. Soprattutto quest’ultima visione è quella che ci ha permesso di vedere uomini e cose in un perenne divenire. Da ciò, quel nostro obiettivo che non è
stato soltanto quello di sapere come eravamo, ma come siamo ora, o, per meglio dire,
come siamo diventati oggi. Quale immagine, allora, poteva dare l’idea del movimento
se non il viaggio? Per cui, più importante del titolo che annunciava il singolo spettacolo, era il sottotitolo, quello di Viaggio poetico-musicale, dato a ogni concerto che aveva
nel “tempo” il suo campo d’osservazione della realtà. Anche al nostro linguaggio è
toccato qualche volta di masticare…amaro (Del Teglio) dovendo esso fare i conti con
questa visione dinamica della realtà. È capitato che, anziché frutto di parole concrete,
esso sia stato il risultato di analogie, di evocazioni e di metafore, tanto che talvolta
abbiamo scritto L’età dei lumi, non per designare il periodo settecentesco dell’Illuminismo, ma l’epoca in cui le lumiere venivano alimentate con l’olio d’oliva; Elisir
d’amore, non per citare l’opera di Gaetano Donizetti, ma l’Elisir da “more”, che rimanda
al tempo della coltivazione dei bachi da seta nelle nostre zone; Verba volant cripta manent, al posto di scripta; Evarest al posto di Everest, sol perché ultimamente viene
scalato anche dalle donne; Gadda e il… Mahler di vivere, in un contesto in cui un musicista come Mahler, da nome proprio di persona, si trasforma in nome comune di
cosa. Un linguaggio, allora, più che disintegrato, reintegrato ad altro contesto, che ci
ha permesso, attraverso la deformazione, di recepire nuove possibilità semantiche.
Questa, nelle sue linee essenziali, la nostra rassegna Sulle rive del tempo, consistente in
un viaggio dal passato al presente, mai in senso inverso, che ci ha consentito, parlando
della nostra storia, di imbatterci sempre in noi stessi, meta e traguardo di ogni nostra
singola ricerca.
Sabato 10 Maggio 2014
ore 21.00
CALENDARIO
PRESENTAZIONE
ETIMOLOGIA DI UN TITOLO
Domenica 20 luglio 2014
Carenno
ore 15.30
Museo di Ca’ Martì (Museo del Muratore)
Visita guidata al Museo del Muratore
a cura dell’Associazione Amici di Ca’ Martì
ore 17.00
Museo di Ca’ Martì (Museo del Muratore)
LA VALLE DEI MURATORI
Viaggio poetico-musicale fra “case sapienti” e paesaggi rurali
IN OCCASIONE DI OGNI SPETTACOLO SARÀ ALLESTITA UNA MOSTRA DI
QUADRI A CURA DI BIANCA BANFI
INGRESSO LIBERO
ROSE ROSSE PER TE...LETHON
Sabato 10 maggio 2014
ore 21.00
Sala Civica
Monte Marenzo
ROSE ROSSE PER TE...LETHON
Viaggio poetico-musicale fra solidarietà umanitaria
e ricerca scientifica
Gianfranco Scotti (attore)
Chiara Claudi (attrice)
Daniela De Francesco (soprano)
Roberto Fumagalli (pianoforte)
Sono oltre vent’anni che Monte Marenzo, ameno paese della
Valle San Martino, detiene in Italia un primato che fa onore ai
suoi cittadini e in particolare agli organizzatori della Maratona
Telethon che annualmente, in autunno, si svolge in Provincia di
Lecco, tesa a favorire la raccolta fondi per la ricerca nel campo
delle malattie genetiche. È dal 1992 che i fratelli Fontana, Angelo
e Gerolamo, con la Polisportiva prima, e con la Uildm (Unione
italiana lotta alla distrofia muscolare) dopo, organizzano manifestazioni e convegni, ovunque, nelle piazze, nei teatri, e incontri
nelle scuole di ogni ordine e grado nella Provincia di Lecco per
sensibilizzare gli studenti sul tema delle malattie genetiche e la
necessità della raccolta fondi per aiutare la Ricerca. Un’attività, la
loro, nel segno della solidarietà e dell’impegno civile e sociale,
resa possibile da una loro indubbia capacità a coinvolgere altre
associazioni e altri enti in una vasta azione di volontariato. Preziosa risorsa in un paese come l’Italia dove la ricerca scientifica
risulta ostacolata, tanto a causa degli scarsi finanziamenti dello
stato, quanto dai pochi investimenti, diremmo, quasi inesistenti,
delle case farmaceutiche, che non vedono lauti profitti nella cura
delle malattie rare. Il Melabò, allora, partendo proprio dall’evidenza di questi dati, intende approfondire il significato e l’importanza di queste iniziative, in letteratura, attraverso letture tratte
dalla stampa locale e da autori come Giuseppe Pontiggia, Italo
Calvino, Giacomo Leopardi, Eugenio Montale; e in musica attraverso compositori come Beethoven, Mozart e Puccini, ma
anche Lennon, Parra, Dylan, Jackson, tutti compositori che
hanno vissuto la musica quale strumento di affermazione della
libertà e della fratellanza.
Lo spettacolo sarà impreziosito da una mostra di quadri curata da Bianca Banfi
I fratelli Angelo e Gerolamo Fontana: il primo, storico presidente della Polisportiva di Monte Marenzo, un’associazione nota non solamente nel piccolo
paese della Valle San Martino, ma in tutto il territorio nazionale, grazie alle sue
numerosissime iniziative; il secondo, presidente della sezione lecchese della
Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che l'ha portata ad essere prima in Italia nella raccolta fondi Telethon.
Gerolamo Fontana
Gerolamo da ragazzo non si limitava a giocare a calcio,
ma assieme al gemello Angelo ha spronato i coetanei
a ricavare con pala e piccone un campo di gioco da una
cava di ghiaia abbandonata. Nel ’68 ha dato inizio a
un'avventura nel sociale che è andata sempre più crescendo nel tempo: da promotore dello sport tra gli
adolescenti e i giovani (attraverso la Polisportiva), offrendo oltre al gioco opportunità di relazioni educative
e formative, a instancabile organizzatore di eventi,
feste, momenti di incontro e socializzazione.
Per anni, non c'è stata una sola emergenza umanitaria
nel mondo (terremoti, alluvioni, ecc.) che non abbia
visto Gerolamo in prima fila a raccogliere fondi, stimolare la solidarietà con gesti concreti, portare nella nostra piccola comunità
l'attenzione verso i grandi temi e le criticità del nostro tempo.
Segnato profondamente dalla malattia del figlio Fabrizio, ha cominciato a dedicarsi, sempre con la stessa totalità e generosità, in favore delle campagne di
Telethon, a sostegno della ricerca scientifica per vincere gravi malattie genetiche. Diventato presidente della neonata sez. Uildm della Provincia di Lecco,
nel 2006, dopo essersi impegnato dal ’92 con la sezione Uildm di Bergamo,
continua tuttora l’incarico con risultati di assoluto rilievo a livello nazionale,
che non riguardano solo i fondi raccolti, che pure ammontano alla straordinaria
cifra di due milioni e mezzo di euro, ma l’aver coinvolto migliaia di donatori,
centinaia di volontari grandi e piccini, decine di associazioni, amministrazioni
locali e istituzioni, nonché un nutrito gruppo di personalità dello sport, dello
spettacolo e della scienza nel ruolo di testimonial di questo grande progetto.
Gerolamo è andato nelle scuole in compagnia di prestigiosi ricercatori come
Roberto Maggi a incontrare generazioni di studenti, per parlare loro di malattie
rare, motivandoli e educandoli ad assumersi impegni nel sociale, e promuovendo l’integrazione scolastica verso i ragazzi diversamente abili.
Ora, ha ricevuto l’onorificenza di commendatore della Repubblica dal Capo
dello Stato, un’onorificenza che riconosce a Gerolamo la capacità e la sensibilità
dimostrata in quarantasei anni di presenza attiva in un territorio ben più ampio
della comunità di Monte Marenzo, anche se questa rimane il suo riferimento
fondamentale.
LA STORIA
LA STORIA
I FRATELLI FONTANA
Un riconoscimento che, attraverso Gerolamo, premia anche un progetto, una
visione del mondo, nonché un modo di concepire la vita e la realtà di moltissime altre persone e di tante altre associazioni.
Angelo Fontana
Da oltre quarant’anni Angelo è presidente della Polisportiva di Monte Marenzo
e promuove e organizza con costante impegno ed entusiasmo innumerevoli
attività in favore della comunità di Monte
Marenzo (in particolare per ragazzi, anziani e disabili), nonché interventi in aiuto
di popoli lontani, segnati da guerre e calamità.
Inizia giovanissimo nel 1968, e con l'aiuto
di alcuni volenterosi ma soprattutto di suo
fratello Gerolamo trasforma una cava di
ghiaia abbandonata in un impianto da destinare a manifestazioni sportive e ricreative, che è tuttora lo spazio ricreativo del
comune.
Con l’attività della Polisportiva, Angelo ha
avviato alla pratica sportiva generazioni di
ragazzi, favorendo non solo la loro crescita
personale e atletica ma soprattutto opportunità di socializzazione e relazioni
educative e formative.
In pochi anni le sue iniziative sono andate ben oltre la promozione dello sport
e delle attività di tempo libero. Non si sono più contate le manifestazioni sportive, i momenti di festa, gli incontri promossi all’interno della polisportiva dei
centri di socializzazione per disabili, degli istituti di ricerca per vincere gravi
patologie.
L'impegno di questo sodalizio ha in più occasioni valicato i confini comunali,
per testimoniare con concreti aiuti il sostegno di popolazioni e persone lontane,
colpite da calamità naturali (ricordiamo tra tutti il terremoto dell’Irpinia, nonché l’ultimo in Emilia) e dalla guerra, come dimostrano le iniziative promosse
durante la guerra nella ex Jugoslavia. Numerose e significative le sue campagne
contro il fumo, per la sicurezza nelle strade, per la difesa delle barriere architettoniche, per la difesa dei diritti umani e per la dignità della persona anche
laddove le circostanze sembrerebbero non favorirla, come nella già citata casa
circondariale di San Vittore per esempio, dove Angelo, in collaborazione con
una ditta di Monte Marenzo, ha fornito pittura e pennelli per tinteggiare i raggi
e le celle delle carceri milanesi.
Angelo Fontana è stato nominato cavaliere della Repubblica dal Capo dello
Stato Giorgio Napolitano, a riconoscimento dell’impegno profuso nel sociale
da più di quarant’anni a questa parte.
ANTONIO GHISLANZONI, LO SCAPIGLIATO ETERNO
Caprino Bergamasco
Sabato 21 giugno 2014
ore 21.00
Giardino delle Suore Canossiane - P.zza Marconi
ANTONIO GHISLANZONI,
LO SCAPIGLIATO ETERNO
Viaggio poetico-musicale
fra epigrammi blasfemi e libri proibiti
Gianfranco Scotti (attore), Laura Pozone (attrice)
Daniela De Francesco (soprano), Roberto Fumagalli (pianoforte)
È un percorso poetico-musicale che si incentra sulla figura e l’opera
di Antonio Ghislanzoni, il poliedrico scrittore nato a Lecco nel 1824
da genitori di Maggianico e morto a Caprino Bergamasco nel 1893.
Si tratta di un artista che la critica ufficiale relega da sempre nella posizione di autore minore nella letteratura del Secondo Ottocento, la
cui attività poetica, compresa quella di librettista di opere liriche e di
polemista, “riconduce a momenti collaterali tipici della scapigliatura”.
Eccone alcuni giudizi: da Gilberto Finzi, che legge l’opera di Ghislanzoni “in relazione all’affermarsi della scapigliatura e alla sua frantumazione in posizioni e iniziative anche diverse e contrastanti fra loro
ma riconducibili in genere a un atteggiamento di rifiuto o di insofferenza verso i valori della società borghese e i modelli letterari che li
rappresentavano; a Ermanno Paccagnini che lo definisce un anticipatore della Scapigliatura; a Gaetano Mariani, per il quale, il poeta è capace solo di accogliere l’esteriorità massiccia degli atteggiamenti sia
umani sia letterari di un Praga, di un Tarchetti, di un Boito, ma gli
sfugge di solito il senso più vero delle loro posizioni, né fa nulla per
penetrarlo”. Eppure non sembrerebbero estranee a Ghislanzoni,
anche opinioni in sentore di futurismo e di post-modernismo, come
nella prefazione al suo “Libro proibito”, o ancora nel suo romanzo ambientato nel 1977 in un’Europa immaginata Unita, dal titolo: “Abracadabra. La storia universale”, dove è possibile cogliere alcune sue
posizioni sull’arte, sulla sintassi, sul lessico, sullo stile, sui partiti, sulla
religione, sulle donne, sul popolo, sulla folla, sullo stato, che non paiono poi così lontane, sia da certi proclami del movimento marinettiano, sia dalla rivoluzione dei costumi del nostro tempo. Il Melabò,
allora, prendendo spunto dai giudizi della critica che presentano un
Ghislanzoni scapigliato moderato, ma soprattutto dai suoi due libri
appena citati, intende rivisitare l’opera del poeta lecchese: in letteratura, attraverso gli epigrammi del Libro proibito e i brani di prosa di
Abracadabra, non trascurando, naturalmente, il resto della sua produzione; e in musica, attraverso brani da opere di Verdi, Ponchielli, Boito,
Petrella, di cui egli stesso è stato il librettista.
Lo spettacolo sarà impreziosito da una mostra di quadri curata da Bianca Banfi
LA STORIA E I LUOGHI
ANTONIO GHISLANZONI,
CAPRINO BERGAMASCO E LA SCAPIGLIATURA
Gian Luca Baio (da: Ghislanzoni genius loci di Caprino Bergamasco)
“Sono trascorsi poco più di cento anni da quando Ghislanzoni diceva di vivere in un paese
di fiori e di contesse e Neera affermava che un poeta vorrebbe andare a Caprino per cantare
e un filosofo per vivervi. Sebbene siano mutate le condizioni storiche ed economiche e di
contesse, poeti e filosofi a Caprino non vi sia più traccia, tuttavia vorremmo continuare
sempre a contornarci di questi giardini di delizia e di decoro quale migliore esperienza, per
trasformarci da visitatori e consumatori in viaggiatori dei luoghi dell’anima: nell’immagine
del giardino si delineano ancora i nostri archetipi profondi”.
Giorgio Rota
Antonio Ghislanzoni è da considerarsi il genius locis di Caprino, uno degli scapigliati più
rappresentativi che visse un po’ tutta la parabola del movimento: il poeta, romanziere e
giornalista Antonio Ghislanzoni, lecchese di
nascita, interpretò, subì e incarnò tutte le contraddizioni dell’intellettuale italiano dell’epoca
che, non più cortigiano al soldo di un principe
mecenate, si trovò per la prima volta a rapportarsi con le esigenze del mercato editoriale
e della pubblicistica di massa, che richiedeva,
in cambio del sostentamento, ben determinati
“prodotti” e opere d’ingegno. Antonio Ghislanzoni visse, nel primo quindicennio unitario, a Milano la fase più acuta di questo clima
culturale, ma ad un certo punto, schiacciato
in parte dagli ingranaggi perversi di una committenza sempre più vampiresca e da un quadro culturale che si faceva via
via succube della stessa, abbandonò la metropoli ambrosiana e si ritirò nella
calda atmosfera della provincia lombarda; prima a Mariga, poi al Porto di
Malgrate, quindi e definitivamente a Caprino Bergamasco, la “piccola Parigi”
della Valle San Martino.
Il trasferimento a Caprino di Ghislanzoni non comportò tuttavia uno spegnersi della sua prolifica attività editoriale: il continuo desiderio di non uscire
dal dibattito culturale e l’esigenza di far quadrare sempre il precario bilancio
domestico, fecero sì che il periodo caprinese fosse veramente ricco di opere
e di scritti in tutti quegli ambiti in cui si era precedentemente cimentato e talvolta dissipato.
Prima di giungere a Caprino, Antonio Ghislanzoni aveva già prodotto moltissimo: romanzi, racconti e novelle in prosa, libretti per musica (“Aida”) e
aveva partecipato alla redazione e alla fondazione di giornali e riviste importanti.
I tredici anni di permanenza nel paese orobico, furono tuttavia altrettanto intensi, anche per quanto concerne l’attività librettistica che è quella che, in ultima analisi, rende ancora Ghislanzoni, se non celebre, noto in tutto il mondo.
Soprattutto, però, l’attività giornalistica, da sempre passione e cardine del suo
impegno militante, darà in questo periodo, proprio a Caprino, il frutto estremo
e per certi versi sofferto e forse amato: l’ideazione, redazione e pubblicazione
della “Posta di Caprino”.
Il giornale-rivista “La Posta di Caprino” iniziò le sue pubblicazioni il 15 luglio
1890 e venne redatto e pubblicato per tre anni, fino al dicembre del 1892.
La redazione di questo giornale rappresenta il ritorno attivo di Ghislanzoni al
mondo del giornalismo da cui si era progressivamente distaccato dopo il 1880
e il suo definitivo arrivo a Caprino Bergamasco. “La Posta di Caprino”, miniera
infinita di notizie, recensioni, commenti e brani poetici, fu redatta quasi interamente dalla stesso Ghislanzoni ed è da considerarsi a tutti gli effetti un giornale “personale”, cioè emanazione ed espressione di un solo compilatore;
riviste o giornali di questo tipo si incontrano nel Settecento, alle origini del
giornalismo moderno.
Nel primo numero della “Posta” lo scrittore afferma che a Caprino un giornale
“era il solo accessorio che le mancasse per avere diritto di chiamarsi città” e all’elegante
centro della provincia bergamasca il poeta lecchese dedicò innumerevoli articoli. La rubrica intitolata Cronachetta di Caprino rappresenta un vero e proprio
tesoro di informazioni sulla vita civile, economica politica e religiosa del piccolo centro bergamasco dell’ultimo decennio del XIX secolo.
Non esistono ufficiali testimonianze di cosa significasse per la cittadinanza
caprinese la presenza di Ghislanzoni e del suo giornale in paese, ma è indubbio
che proprio il suo impegno giornalistico e la sua naturale propensione alla libertà di pensiero e all’onestà intellettuale, lo costrinsero a diventare, suo malgrado, emblema della parte più progressista della compagine cittadina.
LA "FUCINA GHISLANZONI" DI CAPRINO BERGAMASCO
Oggi, in prima fila a mantenere vivo il ricordo di Antonio Ghislanzoni, troviamo l'Associazione culturale "Fucina Ghislanzoni" di Caprino Bergamasco,
fondata nel 1993, in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte
di Antonio Ghislanzoni, avvenuta appunto a Caprino nel luglio del 1893.
Aroldo Benini, studioso dell'opera ghislanzoniana, aveva allora riunito attorno
a sé alcune persone interessate al passato e alle tradizioni, per allestire un convegno e una mostra sullo scapigliato lecchese. Da quel timido inizio è nato il
primo gruppo di ricercatori che, consci del valore letterario ed umano dello
scrittore ottocentesco, hanno poi continuato in prima persona l'attività intorno
alla sua figura, con l'intento di favorire e divulgare gli studi e sviluppare le conoscenze sulla sua opera di poeta, romanziere e giornalista. A questo primo
nucleo altri studiosi si sono aggiunti negli anni, colpiti dalla medesima passione.
La Fucina Ghislanzoni ha all’attivo convegni, concerti, mostre, incontri su personaggi dell’arte e della cultura in rapporto con questo territorio, presentazioni
di libri e varie pubblicazioni tra le quali il carteggio ghislanzoniano e la ristampa
integrale del periodico «La Posta di Caprino», scritto e diretto da Ghislanzoni
dal 1890 fino a pochi mesi prima della morte.
IL GIARDINO DI VILLA VIMERCATI-SOZZI
La Villa Vimercati-Sozzi, oggi sede delle Suore Canossiane, risale al XVII secolo.
Residenza del conte Carlo Sozzi e del maestro di musica Luigi Sozzi sino al 1892
(quando la proprietà passerà a Francesco Benedetti, rettore del collegio di Celana, per accogliere una sezione femminile del collegio affidata alle Madri Canossiane), la villa, che ha subito trasformazioni nel Settecento e nell’Ottocento,
è dotata di un prezioso giardino all’italiana.
«[...] La prima parte del giardino è strutturata con quattro aiuole delimitate dalle
basse siepi di Bosso ripartite al centro da una fontana. In asse prospettico con la facciata
laterale, il viale termina con un padiglioncino, costruito architettonicamente con i carpini
modellati a colpi di cesoia. In origine, protetta da questa vegetazione, trovava collocazione al centro una statua a soggetto mitologico, con spazi laterali per la sosta. Manufatto tipico dell’architettura virtuale del giardino barocco, connota uno spazio specifico
adatto all’osservazione, al ricovero temporaneo ed alla contemplazione. Parallelamente
alla delimitazione geometricamente disegnata del giardino, come una lunga galleria a
carpineto di collegamento tra il Palazzo e l’estremità del giardino. In un gioco di domesticazione raffinata si crea così un legame visuale tra edificio, giardino e natura,
quale espediente necessario per fondere spazio architettonico e spazio naturale.
[...] Dirimpetto alla facciata principale, attraverso il cortile ghiaiato e il prato, ci si
affaccia così alla balaustra, dalla quale con uno sguardo si abbraccia, in primo piano,
l’antica torre medievale di Cisano, immersa in una collina boscata, ed oltre il pendio
del colle che forma l’alveo del torrente Sonna. Un sicuro espediente, questo, per disporsi
ad ammirare scorsi o quadri d’ambiente non preimpostati, ma ritagliati dalla realtà,
spingendosi sempre più lontano fin dove il paesaggio diventa spazio dell’immaginazione.
Una fitta barriera di cedri deodara, tassi, con una macchia a canneto, distribuita lungo
il confine est della proprietà, ne occulta lo sguardo indiscreto, assicurando una completa
privacy, necessaria per rappresentare la perfetta scenografia agli ospiti sempre numerosi
e illustri.
Il maestro di musica Luigi Sozzi nel ruolo di gran cerimoniere ospitò egregi personaggi,
capeggiati da Antonio Ghislanzoni, quali i musicisti Gomes, Ponchielli, Puccini, Catalani, i pittori Bignami, Gola, Bazzaro, Pizzi e innumerevoli altri. Così lo stesso
Ghislanzoni poteva dire: “... mentre per le contrade melanconiche e pei giardini si effondeva un’aura di suoni paradisiaci”».
Tratto dalla relazione al Convegno “Il patrimonio culturale della Valle San Martino. Ricerche,
strumenti, valorizzazione” 28-29 maggio 2005, Convento di Santa Maria del Lavello, Calolziocorte (a cura di Fabio Bonaiti e Gian Luca Baio)
NOI TRE SI VA DOMANI IN VAL D’ERVE
Sabato 28 giugno 2014
ore 21.00
Erve
Argine del torrente Gallavesa
(vicino al parcheggio di Via Roma)
NOI TRE SI VA DOMANI IN VAL D’ERVE
Viaggio poetico-musicale
fra tragici eventi e “spensierate escursioni”
Gianfranco Scotti (attore), Laura Pozone (attrice)
Paola Luffarelli (voce e chitarra), Roberto Fumagalli (pianoforte)
Proprio cent’anni fa, il 28 giugno del 1914 si consumava un
assassinio che avrebbe dato inizio alla prima guerra mondiale:
l’uccisione a Sarajevo dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, per mano di Gavrilo Princip, uno
studente di nazionalità serba, membro della Giovane Bosnia,
un gruppo politico che mirava all'unificazione di tutti gli "jugoslavi" (Slavi del sud). Gian Luca Baio, vi ritorna a quella
drammatica giornata – attraverso un suo bellissimo articolo,
pubblicato sul quotidiano La Provincia di Lecco, il primo novembre 2009 nella pagina della Cultura – dove descrive, contemporaneamente a quell’evento, anche una passeggiata di
Sibilla Aleramo, Clemente Rebora e Michele Cascella, nelle vicinanze di Erve, lungo il torrente Gallavesa, che si svolgeva
proprio in quello stesso tragico 28 giugno. I tre, scrive Baio,
ricorderanno a lungo quella giornata di giugno trascorsa insieme: serena e così lontana da quel proiettile e da quei colpi
di rivoltella che non avrebbero però tardato a farsi udire anche
nelle loro esistenze. A questo racconto che trae la sua linfa dal
violento contrasto fra la guerra e la pace, intende soffermarsi
il Melabò, in letteratura, attraverso quanto lo stesso Baio ci
suggerisce nel suo scritto (non solo le bellezze del paesaggio
montano, ma anche momenti della vita e dell’opera di tre degli
intellettuali più ispirati e di talento che si stavano affermando
nel panorama culturale nazionale); e in musica, attraverso brani
e canzoni che hanno fatto da colonna sonora a quello scorcio
di secolo.
Lo spettacolo sarà impreziosito da una mostra di quadri curata da Bianca Banfi
Gian Luca Baio
Nelle sale del museo del castello di Konopište – nella Repubblica Ceca, nei pressi
della città di Benešov, a 50 km a sud di Praga – si conserva ancor oggi un prezioso
cimelio: il proiettile che il nazionalista serbo Gavrilo Princip esplose a Sarajevo contro
l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo; l’assassinio dell’erede al trono dell’impero d’Austria Ungheria e della moglie Sophie, avrebbe causato, di lì a un mese, lo
scoppio della più aspra e sanguinosa guerra che mai fosse stata combattuta in Europa, la prima – per le sue cruciali conseguenze – a essere definita “mondiale”: lo
stori-co e clamoroso attentato avvenne il 28 giugno 1914, esattamente cento anni fa.
E proprio in quello stesso giorno – una serena domenica di prima estate – del tutto
ignari dell’evento terribile che si andava profilando nella capitale bosniaca e che non
avrebbe tardato a segnare profondamente anche le loro esistenze, tre degli intellettuali
più ispirati e di talento che si stavano affermando nel panorama culturale italiano, si
trovavano nelle vicinanze di Erve, lungo il torrente Gallavesa, per una spensierata
escursione “alpestre” che fosse occasione per approfondire e accrescere la loro sincera amicizia, allacciata solo da poche settimane: l’allegra brigata artistico-letteraria
era formata dal pittore paesaggista Michele Cascella, dal poeta Clemente Rebora e
dalla scrittrice Sibilla Aleramo, che otto anni prima, nel 1906, aveva scosso l’Italia
con la pubblicazione del libro-manifesto “Una donna”,
racconto in forma di romanzo della prima parte della
sua tormentata e trasgressiva giovinezza.
Rebora aveva conosciuto l’Aleramo il 14 giugno 1914
a Milano e il 24 di quello stesso mese aveva presentato
l’amico Cascella alla nota scrittrice, come si ricava da
un breve messaggio manoscritto fattole recapitare dallo
stesso Rebora: “Se non le fosse di noia, si verrebbe
oggi, dopo le 17, a casa sua, con Michele [Cascella],
che tanto desidera conoscerla. Ecco: noi si passa, anche
per un semplice saluto”; mentre una lettera sempre
tratta dall’epistolario di Clemente Rebora – indirizzata
alla madre e datata 27 giugno – ci permette da un lato
di misurare tutto l’entusiasmo del poeta lombardo
verso i due amici e dall’altro di cogliere ragguagli sulla
preparazione di quell’escursione tra i monti lecchesi: “Ho vissuto fino in fondo quella
forza grandissima che è Michele C[ascella]; e insieme a lui, una nuova grande amica,
Sibilla Aleramo (della quale ti darò Una donna, bellissimo romanzo lirico): noi tre anzi
si va domani in Val d’Erve”.
Fu proprio Rebora a proporre la Val S. Martino, i dintorni di Erve e probabilmente
la “Capanna Alpinisti Monzesi al Resegone” – inaugurata solo alcuni anni prima, nel
1911 – quale meta per una “scampagnata” fuori Milano; egli infatti ben conosceva
questa porzione di territorio del medio corso dell’Adda per avere trascorso a Calolzio,
LA STORIA
LA STORIA
ERVE E IL PROIETTILE CHE CAMBIÒ
LA STORIA DEL MONDO
con la famiglia, alcune estati della sua infanzia, ospite della modesta casa del contadino Carlo Galbusera, uomo semplice ma di profonda fede religiosa che il fanciullo
elesse a “guida” e modello di quelle estati serene, tanto da dedicare a Carlo contadino
– tempo dopo, nel 1922 – “Al tempo che la vita era inesplosa”, una delle poesie più
liriche e compositivamente equilibrate di tutta la raccolta “Canti anonimi”.
Non sappiamo con precisione come trascorse quella giornata di riposo nel bel mezzo
della natura incontaminata della Val d’Erve, ma fu occasione decisiva per favorire
l’intenso dialogo emotivo che si venne a instaurare tra di loro se ancora molti anni
dopo, Rebora – scrivendo alla scrittrice nel giugno del 1923 – la richiama alla memoria
e la fissa come momento iniziale della loro amicizia e della “corrispondenza di sentire” che venne vicendevolmente a crearsi: “Grazie, Sibilla, per l’Endimione [poema
drammatico pubblicato dalla Aleramo in quell’anno e dedicato a Gabriele D’Annunzio]: davvero vi ho ritrovato in quest’opera imperterrita: e non v’importi poco ch’io
ve lo dica, perché leggendola paragono il saputo di voi – dal sonno sotto i pini di
Val d’Erve ai piedi del Resegone fino alla vostra angoscia di Pegli”.
Da quel giorno l’amicizia tra i tre divenne molto stretta, quasi fraterna: “Ho riarso
insieme con due potenti personalità: Michele Cascella e Sibilla Aleramo, coi quali
vivo da otto giorni come nell’eternità; con essi ci si capisce prendendo insieme una
birra”, ebbe subito a scrivere Rebora, con entusiasmo, a suo fratello Piero; tanto
stretta che tra la scrittrice e Cascella sbocciò un appassionato amore che culminò in
un vero e proprio legame, durato per circa un anno, fino a che il vagabondare emotivo
di Sibilla indirizzasse altrove il proprio cuore, verso Giovanni Boine.
Il ricordo del singolare sodalizio amicale consolidatosi “ai piedi del Resegone”, fu
anche alla base dell’intreccio dell’ultimo romanzo dell’Aleramo, intitolato “Il frustino”
(ripubblicato da Interlinea nel 2009), dove – come lei ricorda nel suo diario – si muovono, con mutate generalità, tutti i protagonisti di quell’inebriante e sincera amicizia:
“Io adombrai nel romanzo Il frustino la figura di Rebora col nome di Emanuele
Orengo, e quella di Michele Cascella con il nome di Donato Gabri”.
I tre ricordarono a lungo quella giornata di giugno trascorsa insieme: serena e così
lon-tana da quel proiettile e da quei colpi di rivoltella che non avrebbero però tardato
a farsi udire anche nelle loro esistenze: Michele Cascella fu inviato al fronte nel 1915
e vi rimase fino al ’18, realizzando alcuni disegni che riproducono la tragica vita in
trincea, mentre Rebora – chiamato alle armi e subito profondamente traumatizzato
dall’esperienza “non dicibile” di quel “mostruoso intontimento” – compose una
delle più intense e “ungarettiane” liriche della nostra letteratura, ispirate alla Grande
Guerra (“Viatico”): “O ferito laggiù nel valloncello, / tanto invocasti / se tre compagni interi /
cadder per te che quasi più non eri, / tra melma e sangue / tronco senza gambe / e il tuo lamento
ancora, / pietà di noi rimasti / a rantolarci e non ha fine l’ora, / affretta l’agonia, / tu puoi
finire, / e conforto ti sia / nella demenza che non sa impazzire, / mentre sosta il momento, / il
sonno sul cervello, / lasciaci in silenzio. / Grazie, fratello”.
E Sibilla? Sullo sfondo di quei lugubri anni di guerra, visse la storia d’amore più febbrile e drammatica della sua vita, quella con il poeta “folle” di Marradi, l’orfico Dino
Campana: costantemente immersa nella sua intima e personale “guerra” con la vita,
la società borghese e maschilista del tempo e in fondo un poco con se stessa, durante
il suo lungo, appassionante e appassionato viaggio chiamato amore.
Domenica 20 luglio 2014
ore 15.30
Carenno
Museo di Ca’ Martì (Museo del Muratore)
LA VALLE DEI MURATORI
VISITA GUIDATA AL MUSEO DEL MURATORE
a cura dell’Associazione Gruppo Muratori e Amici Ca’ Martì
ore 17.00
LA VALLE DEI MURATORI
Viaggio poetico-musicale
fra “case sapienti” e paesaggi rurali
Gianfranco Scotti (attore), Laura Pozone (attrice)
Paola Luffarelli (voce e chitarra), Roberto Fumagalli (pianoforte)
Parlare di Carenno, come città o valle dei muratori, dove dal
2008 sorge il Museo Ca’ Martì che ne documenta la storia, la
memoria, la vita e il lavoro dei muratori di Carenno e della Val
San Martino tra Ottocento e Novecento, nonché i percorsi
che conducono ai luoghi e ai segni legati al lavoro dei muratori
(edifici, nuclei, cave), ci rimanda alle Città invisibili di Italo Calvino, il celebre romanzo dove si descrivono le piante, i palazzi,
i ponti, i fiumi, le abitudini, le caratteristiche delle cinquantacinque città visitate da Marco Polo, durante il suo viaggio in
Asia.
A proposito della pianta urbanistica di Carenno si parla di
“case sapienti”, costruite fra Otto e Novecento da maestri muratori bergamaschi, tanto sapienti da costituire ancora oggi
una valida testimonianza di sviluppo razionale, in un territorio
a mezza montagna posto a 635 metri, in un’interessante scenografia paesaggistica che conserva luoghi in cui si respira ancora l’aria di una realtà contadina e montana di un tempo e
rende possibili brevi escursioni di carattere naturalistico. Il Melabò, allora, prendendo spunto da questa interessantissima testimonianza, intende rivisitare il paesaggio e le “case sapienti”
di Carenno, in letteratura attraverso brani tratti dal volume Muratori della Valle San Martino accanto a poesie e passi di Neruda,
Hikmet, Viviani, Pratolini, Di Donato; e in musica, attraverso
brani della tradizione popolare che si ispirano alla fatica e all’arte dei muratori.
Lo spettacolo sarà impreziosito da una mostra di quadri curata da Bianca Banfi
Angelo Borghi, Gabriele Medolago
Alcune riflessioni
[...] Nello scenario generale la valle San Martino è una contrada molto aperta
e accogliente, quale importante zona di confine e di diuturno percorso verso
Lecco, Como, Milano, Bergamo, e proprio per questo la Valle è raggiunta nei
secoli dalla pratica e dall’influsso delle maestranze dei laghi e particolarmente
dell’Intelviese e del Ticino, diffusissime in tutta la Lombardia e qui presenti
con una frequentazione sempre intensa fino all’avanzato Ottocento. È probabile che questo abbia presto dato origine a maestri della Valle di cui abbiamo indizi per il secolo XV; in seguito però sono ancora i ticinesi ad
occuparsi delle maggiori architetture, si insediano anche con vere dinastie,
affiancando la particolare perizia delle famiglie della Valle nel lavoro di cavatura, scalpelli-natura, muratura. Nel secolo XVIII sembra avviarsi una vera
autonoma caratteristica dei lavoratori della Valle, forse anche stimolata sia
dalla decadenza economica dell’agricoltura e dei lavori e dell’artigianato tipi
particolarmente della montagna, sia dalle aumentate necessità dell’edilizia,
quella degli opifici e quella della residenza borghese; e questo forse a partire
da Carenno, dato che l’utilizzo della finitura a spolverino era già ricercata a
Bargamo nel 1819.
La grande stagione neoclassica, è con ogni probabilità il momento di acquisizione di esperienza e di caratterizzazione professionale per numerosi maestri, che infatti si proiettano in Valsassina, Val Brembana, Bergamo e dintorni
con un grande bagaglio di capacità nella muratura e nello stucco.
Quando poi alcune intraprese diventano particolarmente significative, e questo fra Ottocento e Novecento, il lavoro dei muratori, come quello dei cavatori e scalpellini, con una ammirevole flessibilità, diventa un volto specifico
per diverse realtà della Valle, e si diffonde con assoluta fermezza, sia nelle
lontane trasferte della emigrazione, sia nelle città di Bergamo e Lecco, in ditte
considerate fra le più affidabili.
Diventa cioè una tradizione, un tratto distintivo, che oggi possiamo riconoscere e che, al di là della documentazione scritta, si concreta e si stratifica
nella memoria [...] emergendo alla coscienza della popolazione e quindi irrobustendo fino alla contemporaneità principi, abilità e fatti della sua peculiare
competenza.
(da: Muratori della Valle San Martino - Cattaneo Editore, Oggiono, 2009
a cura di Angelo De Battista e Cristina Melazzi)
LA STORIA
LA STORIA
I MAESTRI DELLA COSTRUZIONE E DELLA PIETRA
NELLA VALLE SAN MARTINO
IL MUSEO CA’ MARTÌ
Una storia di lavoro, un Museo ed un percorso
Dal mese di maggio 2008 sorge
a Carenno (Lecco), paese di
1520 abitanti della Valle San
Martino, un piccolo importante
Museo dedicato ai muratori, secondo un progetto di ricerca e di
intervento avviato dal Comune
nel 2004 con il sostegno di Provincia di Lecco, Comunità Montana e altri partner.
Accanto al lavoro di indagine
storico-etnografica, si è realizzata la ristrutturazione di un edificio del centro storico, tradizionalmente chiamato Ca’ Martì, quale sede
museale e si è parallelamente definito nel territorio un percorso di ‘archeologia del lavoro edile’ correlato al museo. Uno sguardo non solo rivolto al passato: la memoria dei ‘saperi ‘di mestiere’, fatti di conoscenza e di manualità,
di tradizione e creazione, può offrire un prezioso contributo nel cammino
verso un futuro sostenibile, fondato su un rapporto virtuoso tra uomo e ambiente, oggi di assoluta attualità.
Dal museo al territorio
Abbiamo chiamato Valle dei muratori un percorso ideale e reale che, partendo
dalla sede museale di Ca’ Martì, conduca a rintracciare e conoscere luoghi e
segni legati al lavoro dei muratori nel territorio di Carenno, avendo come
orizzonte l’intera Valle San Martino.
In paese il percorso individua sedici tappe significative che toccano edifici o
nuclei di particolare interesse del centro abitato e, nell’ambiente naturale circostante, alcuni tra i luoghi che fornivano le risorse per l’attività edilizia.
Ad ogni tappa il visitatore trova un pannello illustrativo.
(Dal sito www.casamarti.it)
Le campane e i campanari
[...] Ciò che vorremmo qui rilevare è da un lato la significativa consistenza
dell’interesse musicale, in particolare ‘di gruppo’, nei paesi della Valle San
Martino, dove ancora oggi sono attive bande e corali; dall’altro come l’indagine etnografica, per sua stessa natura, finisca in realtà per toccare la molteplicità degli aspetti della cultura complessiva di un gruppo sociale.
Così, una ricerca attorno a un mestiere, cioè alla cosiddetta ‘cultura materiale’,
Le campane e i campanari.
[...] La nascita e la morte, le feste, i pericoli, la vita religiosa e l’aggregazione
civile, il tempo della liturgia e della fatica: tutto era scandito dal suono delle
campane.
Senza di esse la comunità non poteva regolare e condividere le cadenze del
lavoro e i ritmi della vita quotidiana domestica. Erano le campane che la mattina svegliavano i contadini e gli operai nella prima industrializzazione, ed
erano sempre le campane che segnavano il mezzogiorno ed il rientro serale.
Sempre le campane avvisavano di calamità, suonavano contro il maltempo, chiamavano ai riti, alle benedizioni e alle processioni, ai momenti di
affidamento ai Santi e alla Madonna, che dovevano
proteggere le colture dalla tempesta.
Le campane erano perciò strumento di identificazione ed il loro legame con la vita, la concretezza, i
ritmi e i valori delle comunità locali, era totale. Il
compito di suonare le campane, secondo regole
precise e calendari ben strutturati, era affidato al
campanaro, un musicista cioè preparato nell’arte
campanaria, assunto, spesso, dopo un concorso, per
scandire i tempi e accompagnare la vita delle nostre
comunità e per regolare e avvisare per tutto quanto
riguardava le ricorrenze religiose e i momenti di vita
civica.
[...] Fare il campanaro richiedeva preparazione perché in
alcuni casi era una vera professione.
[...] il campanaro doveva studiare utilizzando lo strumento detto “campanine”.
Queste sono una sorta di xilofono che ha i risonatori intonati secondo una
scala di modo maggiore, come sono in modo maggiore le scale dei concerti di
campane. Su questo strumento il campanaro suona con dei martelletti e memorizza i movimenti che poi ripeterà, indentici, ma con maggior vigoria e utilizzando i pugni, sulla tastiera dell’allegrezza (tastiera collegata alle campane).
Un lungo tirocinio su di questo strumento era indispensabile per imparare,
mantenere e migliorare il proprio repertorio. Repertorio che in un campanaro
abile e preparato arriva tranquillamente a diverse decine di brani, tenuti tutti
a memoria, senza trascrizioni, e con l’aggravante che la maggior parte delle
musiche non ha titolo.
Da: Muratori e Musicanti Cristina Melazzi, Valter Biella, Giorgio Foti
(Muratori della Valle San Martino - Cattaneo Editore, Oggiono, 2009
a cura di Angelo De Battista e Cristina Melazzi)
Gianfranco Scotti, attore. Nel 1959 ha fondato il Civico Seminario Manzoniano e di Arte Scenica. Collabora a periodici locali e ha pubblicato numerosi
volumi riguardanti Lecco e il suo territorio. Ha promosso e diretto il “Vocabolario italiano-lecchese e lecchese-italiano” realizzato nel 1992 e ripubblicato
nel 2001. Ha collaborato al “Dizionario storico illustrato di Lecco e della sua
provincia” e pubblicato una guida di Villa Manzoni al Caleotto, uno studio
sull’architettura Liberty a Lecco e uno sui cognomi lecchesi. Ha scritto articoli
e saggi su Carlo Porta e Tommaso Grossi. Da circa trent’anni tiene recital portiani e di altri grandi autori milanesi, come Balestrieri, Tessa, Grossi e Barrella.
Laura Pozone, attrice. Si è diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo
Grassi di Milano e ha frequentato workshop con Leo Muscato, Giovanni Veronesi, Roberto Traverso, Ambra Pittoni, Cristina Pezzoli, Emma Dante, Serena Sinigaglia. Nel 2009 ha vinto il concorso teatrale femminile “La parola e
il gesto”; nel 2011 il premio del pubblico e la menzione speciale della giuria al
concorso di prosa Salicedoro. Ha partecipato a numerosi spettacoli e produzioni teatrali lavorando su autori come Molière, Paolo Rossi, Gioachino Rossini, Ruzante, von Schligen, Dario Fo. Numerose le collaborazioni televisive.
Chiara Claudi , attrice e insegnante di voce diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Ha lavorato come attrice al Piccolo
Teatro di Milano con Massimo Popolizio ne “Le Rane”, per la regia di Luca
Ronconi, con Andrea Jonasson ne “La storia della bambola abbandonata”, per
la regia di Strehler ripresa da Jonasson. Ha lavorato anche con Valeria Ciangottini e Paolo Bonacelli nel “Victor o i bambini al potere” per la regia di Mario
Missiroli allo stabile di Sardegna, e sempre per la regia di Missiroli ha lavorato
anche in “Operetta Italiana”. Ha recitato in alcune fiction tv: Incantesimo9,
Giorni da leone con Luca Barbareschi, Imperia la grande cortigiana, Nati ieri.
Per il cinema ha lavorato con Paolo Virzì in “Tutta la vita davanti”. Specializzata in voce, ha studiato e studia con i maestri della Roy Hart Theatre: Kevin
Crawford, Ivan Midderigh, Marie Paul Marthe, Richard Armstrong, Kaya Anderson, Albino Bignamini e Noah Pikes. Ha studiato canto con varie insegnanti. Ha frequentato il corso di Alta formazione in Vocologia Artistica con,
fra gli altri, il dottor Franco Fussi, la dottoressa Silvia Magnani e il dottor Alfonso Borragàn, presso l’Università di Bologna. Attualmente studia counselling
Psicosintetico presso l’istituto di Psicosintesi di Milano.
Daniela De Francesco, soprano. Dopo il diploma in canto al Conservatorio
Paganini di Genova con Norma Palacios ha conseguito i diplomi di Animatore
Musicale e di Animatore Sociale esperto in Musicoterapia. Dotata di una voce
duttile spazia dalla lirica alla musica antica, dal jazz alla liederistica, dalla musica
leggera alla New Age. Ha frequentato corsi e seminari con Floriana Cavalli,
Marilyn Turner, Lia Serafini, Zahary Mednikarov, Coco Leonardi (Comuna
Baires Argentina). Intensa l’attività concertistica in Italia e all’estero. Ha partecipato a prestigiose rassegne musicali come “Musica e Natura” nella Svizzera
tedesca, la Sagra Musicale di Soviore (La Spezia), la Rassegna Concertistica di
Zuoz (Svizzera), il Festival “Tra lago e monti” (Valsassina), Musica in Villa a
Limbiate (MI), Incontri Musicali (Oggiono), I Concerti di Primavera a Castellanza, la rassegna di Palazzo Litta in Milano, e a numerose rassegne organistiche. Ha cantato in Santa Maria Maggiore a Bergamo con l’Orchestra da
Camera Barocca. Nel 1995 e nel 2004 è stata ospite del Teatro Filodrammatici
di Milano nella rassegna “I Concerti della Domenica”. Nel 2006 ha interpretato
il ruolo di Madam Krone nell’opera “Der Schauspieldirektor” di Mozart presso
il Teatro della Tosse di Genova. Numerose le esperienze in sala di incisione.
Ha realizzato alcuni CD tra i quali “Gershwin e dintorni” con il musicista Giuseppe Mazzoleni. Ha partecipato a programmi televisivi sulle reti Fininvest ed
è stata ripresa più volte dalle reti RAI. Intensa l’attività didattica. Con Lina
Morstabilini ha fondato e dirige il coro femminile CorolLario di Dervio.
CURRICULUM
I LUOGHI
può imboccare poi il versante del patrimonio comunicativo, espressivo, delle
relazioni umane e della socialità legata al tempo libero: di quell’insieme cioè
di dati ‘immateriali’ che è stato definito patrimonio culturale ‘intangibile’.
GLI ARTISTI
Roberto Fumagalli, pianista. Si è diplomato a pieni voti a Verona con Shuto e si è perfezionato a Pescara con Paolo Bordoni. Si è qualificato fra i migliori allievi dei corsi straordinari tenuti da Aldo Ciccolini e Joaquìn Achùcarro presso Palazzo Borromeo di Cesano Maderno
nel 2004, 2005, 2006 e ha suonato in Sala Aurora di Palazzo Borromeo nell'ambito della stagione concertistica Cantieri musicali. È stato vincitore di noti concorsi nazionali per pianisti
soli-sti, fra cui il “Vidusso” (primo premio 2002) e il “Città di Vicopisano” (primo premio
2003). Ha suonato per la Stagione Concerti 2005/06 della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Svolge attività solistica, cameristica e didattica. È laureato in Ingegneria logistica e della produzione presso il Politecnico di Milano.
Paola Luffarellichitarrista. Ha studiato con Paolo Cherici e si è diplomata al Conservatorio
di Novara. Si è perfezionata con David Russell e Bruno Giuffredi e ha studiato canto con
Mary Lindsey, Laura Fedele e Roberta Gambarini. In qualità di vocalist ha collaborato con
prestigiosi musicisti come Francesco Manzoni, Marco Mistrangelo, Silvana Renzini, Paolo e
Marco Brioschi, Stefano Bagnoli, Sante Palumbo, Kal Dos Santos, Massimo Pintori. Nel 1994
ha fondato il quintetto di jazz moderno VOCALAND che ha ottenuto riconoscimenti in
impor-tanti concorsi come “W il Jazz” (Milano 1999) e “Premio Massimo Urbani” (Urbisaglia
2001). Con la flautista Barbara Cavicchioni ha vinto il terzo premio al Concorso Chitarristico
“Città di Voghera” (1997) e con il Trio Image (flauto, violino e chitarra) ha conseguito il primo
premio al concorso internazionale di Casarsa Ligure (1999). Nel 2006 primo premio al “Baltic-Nordic Harmonica Festival” di Parnu in duo con l’armonicista Gianluigi Mattavelli. Ha
collaborato con Sandro Cerino, Lucio Terzano, Arrigo Cappelletti, Vittorio Marinoni, Francesco D’Auria, Stefano Dall’Ora, Marco Castiglioni, Stefano Salvador, Flaviano Braga, Maurizio Aliffi, Simone Mauri, George e Stephanie Ibanez, Marco Gamba, Flavio Minardo e
Gianluca Sambataro. Dal 2006 collabora con l’Ensemble vocale italo-svizzero “Ancore d’Aria”.
Per le Edizioni Sinfonica ha pubblicato Piccoli divertimenti per due chitarre e per la “Latkill
Music Publisher” di Londra ha curato le revisioni chitarristiche della musica da camera di
Claudio Decorti. Ha al suo attivo alcune registrazioni, fra cui: “Monocromia” - Marco Allevi
Project (Mingus Live); “Fasi Comunicanti” - Daniela Panetta (Modern Times); “En Voyage”
- Vocaland (Caligola Records); “AAA cantautori cercasi” (Anni Verdi); ”Teptalidum” - Ancore
d’Aria (Indies).
Il Melabò.
Associazione culturale senza scopo di lucro nata dalla collaborazione tra alcuni professionisti che hanno dato il loro contributo in diversi ambiti culturali: dalla critica letteraria a quella musicale, dall’attività concertistica a quella
teatrale e didattica. Si propone di valorizzare, utilizzando quale originale strumento di lettura della realtà il rapporto tra la musica e la parola, alcuni momenti significativi della cultura a partire da quella locale. Dal mese di maggio
2009 ha la propria sede operativa a Olginate nel Convento di Santa Maria la
Vite, prezioso monumento del XIII secolo.
§
IL MELABÒ
Bianca Banfi, pittrice. Ha iniziato l’attività pittorica negli anni Settanta seguendo alcuni corsi
di disegno e figura presso l’Accademia Carrara di Bergamo. Ha poi iniziato un percorso artistico come acquarellista, sotto la guida del maestro Gianni Secomandi. I suoi temi prediletti
sono la figura, il verde, il paesaggio lombardo e l’acqua. L’evolversi della sua pittura, mediante
la tecnica ad olio, fa sì che i suoi personaggi si trasformino in case, siti antropizzati nelle sfumature dell’ocra. L’evoluzione dal paesaggio al ritratto, avviene in tempi recenti all’indomani
di una felice incursione nel mondo del teatro, dove incontra i personaggi in cui, studiandone
le caratteristiche fisiche e le pieghe dell’animo, si immedesima. Dall’esperienza teatrale Bianca
riporta la necessità di riprodurre anche sulla tela le persone e i personaggi che la circondano.
[www.ilmelabo.it - [email protected]]