PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) Cosa bolle in pentola? “Val d’Agri – fase 2 oltre gli 85.000 barili al giorno la 5a linea” Raddoppio del COVA (Fase 2): 129.000 barili/giorno e la nuova rete di pozzi” Documento - Relazione introduttiva degli organizzatori (Ola, WWF, L’Onda Rosa, Laboratorio per Viggiano, Libera Basilicata) Premessa Il nome della Valle del fiume Agri, area ove sono preesistenti vocazioni ambientali, agricole e turistiche, è anche sede dell’omonima concessione petrolifera “Val d’Agri”. La concessione è il risultato dell’unificazione, nel 2005, delle precedenti concessioni di coltivazione “Grumento Nova” e “Volturino” con i campi di sviluppo “Caldarosa” e “Costa Molina” autorizzati con VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) dai ministri del governo d’Alema, Edo Ronchi (Verdi) e Giovanna Melandri (Partito Democratico), proprio mentre le associazioni e le comunità portavano avanti, dai primi anni Novanta la necessità di salvaguardare questi territori con l’istituzione del parco nazionale Val d’Agri Lagonegrese. Il parco nazionale oggi denominato dell’Appennino Lucano, fu inserito come area di reperimento nella legge quadro in materia di aree protette (L.394/91), la cui prima proposta di perimetrazione fu presentata da WWF, Pro Natura e Legambiente l’11 Settembre 1993 a Viggiano, in località Fontana dei Pastori. Un parco che è stato istituito nel 2007, dopo un travagliato iter lungo 13 anni con DPR 8/12/2007), oggetto di continui ridimensionamenti di territorio dovute alle pressioni locali ma soprattutto agli intertessi delle compagnie petrolifere. Un parco nazionale oggi oggetto di continue deroghe e compromessi, in un conflitto di interessi pubblico-privati, spesso a vantaggio degli interessi del petrolio. Oggi il governo Renzi si appresta ad incrementare, proprio a partire dalla Val d’Agri, le estrazioni di idrocarburi estendendole all’intera Basilicata, interessata in terra ferma da 18 istanze per permessi, 11 permessi e 20 concessioni. In Val d’Agri, in base alla cosiddetta “risoluzione petrolifera” votata in Consiglio Regionale l’8 Aprile 2014, si intenderebbe portare la lavorazione di greggio presso il centro olio Val d’Agri a 129mila barili al giorno. Sono cifre, queste, però non sostenute in alcun documento ufficiale approvato istituzionalmente. Ovvero si vogliono estrarre dalla Val d’Agri ben 25mila barili al giorno di petrolio in più ai 104mila barili di petrolio al giorno sottoscritti negli accordi stipulati del 1998 dal Presidente della Giunta Regionale, Raffaele Di Nardo con l’amministratore delegato Franco Bernabè, prima, e, successivamente con i presidenti del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi e Massino D’Alema. Le estrazioni petrolifere italiane a partire dalla Val d’Agri e dalla Basilicata, sono oggi nella logica della SEN (Strategia Energetica Nazionale), il cuore fossile dell’hub energetico centro-meridionale italiano, luogo ove le attività prevalenti agricole sono state messe in subordine agli interessi petroliferi, almeno così come recita il commento all’art.16 della Legge sulle liberalizzazioni (Legge 27/2012) recepito oggi con il D.L. n. 133/2014 definito “sblocca Italia”. Tali risorse sarebbero destinate ad infrastrutture per un indefinito sviluppo occupazionale legato al petrolio, mentre nella stesura definitiva pubblicata in Gazzetta Ufficiale sparisce la nuova card carburante per i poveri, a valenza cioè di “coesione sociale”. Il decreto legge “sblocca Italia” sancirebbe anche lo svincolo delle somme delle royalties dal “patto di stabilità”, ma solo per “nuove estrazioni di petrolio e gas” dal sottosuolo lucano e per 4 annualità. Passando invece ad esaminare la concessione petrolifera Val d’Agri, essa è estesa su 660,15 Kmq ed è detenuta con la quota del 60,77 % da ENI, subentrata ad AGIP, e con la quota del 39,23 % detenuta dalla compagnia olandese Shell, subentrata alla Enterprise Oil Italiana nella titolarità della concessione. L’articolo 38 del D.L. n.133/2014 riporta in capo ai ministeri le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore, mentre per quelle in terra ferma, si fa riferimento a generiche “intese” con le Regioni interessate, considerando che i procedimenti per le attività petrolifere sono “unici”, in capo cioè al Ministero dello Sviluppo Economico, così come le procedure autorizzative (VIA) per istanze di ricerca, permessi di ricerca e concessioni che vengono riportati di competenza del ministero dell’ambiente e non più alle Regioni. Il breve “escursus” storico è necessario per comprendere l’evoluzione dello stravolgimento delle vocazioni ambientali, economiche e l’indentità originale della valle dell’Agri. Il decreto stabilisce che il Governo, in caso di “inerzia” delle Regioni, avoca a sé i titoli minerari pendenti (alla data di entrata in vigore del presente Decreto Legge relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi) di quelli cioè non definiti entro il 31 dicembre 2014 dalle Regioni (comma 4 articolo 38). Trascorso “inutilmente” il termine del 31 dicembre 2014, “la Regione deve trasmettere – recita il decreto – la relativa documentazione al Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico”. In parole povere o la Regione applica da sola lo “sblocca trivelle” entro il 31 dicembre 2014, oppure vi provvederà direttamente il governo, applicando i poteri sostituitivi per la Regione “inadempiente”. “Le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale – è scritto nell’articolo 38 - rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi decreti autorizzativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell’autorizzazione ha effetto di variante urbanistica“. Questa nuova politica governativa non chiarisce le sorti future delle royalties che dovrebbero confluire in un fondo unico costituito presso il MISE che comprenderebbe il 7% destinato in precedenza a Regioni e Comuni, con l’aggiunta di un ulteriore 3%. Le nuove compensazioni ambientali verrebbero ridefinite dal governo nell’ottica della revisione del Titolo V della Costituzione (articolo 117, lettera V ) che riporta allo Stato le competenze in materia di idrocarburi ed energia. Il decreto legge “sblocca Italia” anticipa i termini del conflitto di attribuzione concorrente in materia energetica e la stessa riforma del Titolo V della Costituzione, il cui iter ha già ricevuto il voto favorevole nel Senato. La tavola rotonda promossa da Ola, WWF, Laboratorio per Viggiano, l’Onda Rosa di Viggiano e Libera Basilicata si tiene in un momento storico importante. Una fase cioè in cui rilevanti sono le problematiche ambientali legate all’inquinamento delle falde idriche e dell’aria (tre “eventi -incidenti” nel giro di 1 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) una settimana, il 26 agosto 2014, il 1 Settembre 2014 e il giorno8 Settembre 2014) con problematiche di vitale importanza per il futuro non solo della Val d’Agri ove la riproposta dei conflitti ambientali, sociali, economici intersecano il tema dello sfruttamento del territorio e i temi del petrolio. Un territorio divenuto oggetto di contesa tra beni comuni ed interessi di parte. Ma cosa “bolle in pentola in Val d’Agri”? VAL D’AGRI - LA FASE 2: OLTRE LA V LINEA E GLI 85.000 BARILI DI PETROLIO AL GIORNO (WWF Basilicata) Il WWF Basilicata ha oramai da anni tra le sue priorità la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini della Val d’Agri i cui territori sono interessati dalle attività di estrazione petrolifera e dalle operazioni connesse. Nella situazione attuale non è realistico insistere sull’azzeramento totale delle operazioni di coltivazione del petrolio, ma non si può e non si deve assolutamente aumentare la produzione attuale degli idrocarburi in Regione dallo statu quo, cioè 85mila barili al giorno in Val d’Agri, in quanto tale scelta porterebbe a conseguenze nefaste sia per l’ambiente che per la salute dei cittadini. Com’è noto, però, i piani nazionali e regionali sono ben altri: raddoppiare la produzione in cambio di eventuali vantaggi economici per la Regione e lo Stato che attualmente importa più del 90% del fabbisogno nazionale di idrocarburi (2milioni di barili al giorno). In realtà è arduo affermare che aumentando in Italia la produzione, non solo in Basilicata, ci si può liberare dal fabbisogno energetico nazionale, in quanto nel sottosuolo abbiamo poco petrolio e di pessima qualità. A titolo di esempio si pensi che l’Iraq attualmente estrae oltre 4 milioni di barili al giorno e di buona qualità. Un altro dato importante sul petrolio è che gli USA producono tanto petrolio e gas dal fracking (rottura violenta delle rocce scistose con getti d’acqua fortissimi e conseguente estrazione di gas e petrolio) che potrebbero esportarlo in parte, per cui il prezzo mondiale del petrolio tende a scendere e converrebbe importarlo piuttosto che produrlo. L’ENI e le sue consociate vogliono dimostrare invece che producono petrolio in Italia e contribuiscono ad alleggerire la bolletta energetica nazionale, ma, a parte i danni ambientali e alla salute dei cittadini non contribuiscono significativamente a risolvere il problema energetico italiano; è vero invece che traggono profitti enormi perché in Italia è facile estrarre più che in altre nazioni e le royalties sono tra le più basse al mondo. In Val d’Agri ,nonostante i massicci investimenti in campo petrolifero si assiste impotenti allo spopolamento dei paesi “polvere” del cratere petrolifero della nostra Regione, al fatto che essa è oggetto di occupazione territoriale e sfruttamento da parte di chi vuole arricchirsi impadronendosi delle risorse che essa offre. Che fare quindi per impedire l’aumento delle estrazioni? L’arma più potente è l’informazione: con essa si esplica una opposizione intransigente al piano nazionale del raddoppio e alle sciagurate politiche regionali che vogliono perpetuare sul territorio lo sfruttamento delle estrazioni petrolifere per ricavare più royaltes e renderle sufficienti alla sopravvivenza di questa Regione povera ma allo stesso tempo ricca di altre risorse. Ma si può vivere solo di royaltes? Il WWF ha più volte denunciato infatti l’incapacità degli enti territoriali di elaborare ed attuare altre politiche di sviluppo coerenti con le risorse locali, che sono l’agricoltura e le attività connesse, il turismo legato all’ambiente, l’artigianato, i prodotti tipici,la cultura. Dal punto di vista dei risvolti economici appare evidente che lo sfruttamento petrolifero è tendenzialmente conflittuale con lo sviluppo turistico e può avere impatti negativi sullo sviluppo della filiera agroalimentare. Per realizzare questo sviluppo ci vogliono persone adatte, competenze, capacità, volontà di vincere la sfida dei nostri tempi. Dal punto di vista economico, insomma, non è vincente barattare il valore delle nostre risorse naturali, petrolio ed acqua in primis, perché i sistemi naturali sono destinati ad esaurirsi presto lasciando un territorio depauperato ed abbruttito. Le attività petrolifere finiscono con il mortificare proprio quelle valenze del territorio più di altre in grado di avviare l’area verso la sostenibilità ambientale ed economica. In definitiva, più che parlare di aumenti delle attività estrattive esortiamo l’intera classe dirigente lucana a raddoppiare gli sforzi per monitorare e rendere sicure le attività già in essere per evitare altri danni all’ambiente ed alla salute dei lucani. La Basilicata quindi faccia come le altre regioni italiane, ad incominciare da Puglia ed Abruzzo, che hanno ribadito con fermezza le proprie posizioni contro le estrazioni sia su terraferma che off shore e dia un impulso chiaro per una politica energetica “carbon free!”, cioè libera da energia ricavata da fonti fossili. Il WWF sta agendo a livello globale per contrastare nuovi investimenti sulle estrazioni di idrocarburi promuovendo la Campagna “Ci tieni al futuro ? Riprendi l’energia! (Seize your power) rivolta ai cittadini per chiedere alle istituzioni finanziarie e ai governi del mondo di agire immediatamente investendo nell’energia rinnovabile e nell’efficienza energetica. Riassumendo in cinque punti la questione petrolifera in Val d’Agri si può dire questo: 1.il petrolio che si produce in Val d’Agri è scadente in qualità e quantità, è difficile da estrarre perché posto in profondità (5.000 metri); 2.sia dai pozzi che dal COVA vengono emesse sostanze nocive e dannose all’agricoltura, alle persone, agli esseri viventi. Ricordiamone qualcuna: - H2S idrogeno solforato; nitrati (NOx), composti organici volatili(VOC), idrocarburi policiclici aromatici(PAH), composti non metanici(NMHC), polveri pericolose. 3 - vi è il pericolo di inquinamento delle acque (falde, sorgenti); 4 - è sicuro l’inquinamento delle acqua di strato reiniettate nei pozzi dismessi (Costa Molina 2) o accumulate nei depuratori di Pisticci Scalo; 5 - per quanto riguarda idrogeologia e sismicità la Val d’Agri è a rischio sismico elevato , è a rischio di stabilità idrogeologica e di subsidenza. Stuzzicare i delicati equilibri geologici può innestare terremoti anche di magnitudine elevata. E’ successo in California, in Colorado, in Russia. Può succedere anche qui. In riferimento ai monitoraggi sulle matrici ambientali, c’è da ricordare che, benché questi fossero previsti già nell’accordo del 1998, e benché il primo centro Olio (L.P.T. Monte Alpi 1, per separazione di olio e gas con una lavorazione di 2.517 barili/giorno) fosse attivo già dal lontano 1992 (fonte: “Il totem nero” – Enzo Vinicio Alliegro, pag 100-103), il 2 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) primo monitoraggio continuativo su alcune matrici ambientali , risale al 2000 (18 anni dopo l’entrata in funzione del primo centro olio) con le ricerche della società consortile Metapontum Agrobios: acque superficiali, profonde e sedimenti, nonché dei suoli e biomonitoraggio, mentre sugli alimenti il monitoraggio dura solo 2 anni (2009 e 2010). Al 2006 (14 anni dopo) risale invece la prima centralina dell’Arpab che effettua il solo monitoraggio ufficiale della qualità dell’aria nell’area circostante del centro olio: centralina che, nonostante “perda” continuamente dati ed è priva, fino al 2008, del sensore per l’idrogeno solforato, tuttavia ci restituisce in quegli anni per l’area, una situazione caratterizzata da livelli molto elevati di alcuni inquinanti, quali anidride solforosa che, nei suoi valori sia medi che massimi, fino al 2011 presenta livelli più alti anche del quartiere Tamburi di Taranto (vicino all’ILVA), mentre si riscontrano livelli altissimi (fino ai nostri giorni) di idrocarburi non-metano che superano anche di 20 volte il vecchio limite nazionale previsto fino al 2010 (si vedano i poster esposti in sala).Ma il monitoraggio in continuo di Arpab su diverse matrici inizia solo nel 2011 (19 anni dopo : si vedano le DD.GG.RR. 313/2011 e 627/2011), con controllo della qualità dell’aria, il monitoraggio delle emissioni odorigene, del rumore all’esterno del Centro Olio e dello stato degli ecosistemi, nonché la raccolta di dati sulla sismicità naturale e/o indotta nell’area del giacimento petrolifero (fonte: www.osservatoriovaldagri.it). Al 2012, risale il trasferimento di altre 4 centraline della qualità dell’aria da ENI ad Arpab (centraline nate obsolete, tanto che “perdono” fino ai nostri giorni continuamente dati) La situazione emissiva viene sottolineata anche nella DGR della regione Basilicata n. 1640 del 30 novembre 2012 “Adozione delle norme tecniche e delle azioni per la tutela della qualità dell’aria nell’area della Val d’Agri e segnatamente nei comuni di Viggiano e Grumento Nova” , dopo il completamento dei lavori di ammodernamento del COVA, autorizzati con la nuova AIA In essa tutto il territorio dei comuni interessati al COVA, Viggiano e Grumento Nova, viene inserito “d’ufficio” tra le aree inquinate della Basilicata ai sensi del Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, Appendice I “Criteri per la zonizzazione del territorio” Questa zonizzazione della Basilicata, per quanto ne sappiamo, è in via di ratificazione presso il Ministero. Nonostante il quadro emissivo al quale si è accennato, in queste “norme tecniche “ che fissano limiti più restrittivi per le emissioni in atmosfera per la regione Basilicata rispetto alla normativa nazionale, continuano ad essere tenuti fuori inspiegabilmente proprio alcuni tra gli inquinanti propri dell’industria petrolifera (come gli idrocarburi non- metano, NMHC)che in val d’Agri raggiungono livelli elevatissimi (come detto in precedenza e lo ripetiamo: anche circa venti volte il limite nazionale in vigore fino al 2010), mentre per altri inquinanti (idrogeno solforato-H2S e anidride solforosa –SO2) viene comunque fissato un livello ancora molto alto! IL CENTRO OLIO E I POZZI DI PETROLIO E GAS IN VAL D’AGRI (OLA - Organizzazione lucana ambientalista) I primi pozzi petroliferi in Val d’Agri vennero realizzati dall’AGIP agli inizi del ‘900 a Tramutola, mentre più di recente le attività petrolifera e di ricerca idrocarburi è ripresa negli anni 70 (cfr Alliegro 2012) quando fu perforato il pozzo Costa Molina 1 che permise di scoprire l’unità denominata “Trend 1” con il pozzo “Monte Alpi 1” perforato nel 1988 che portò a definire la culminazione del giacimento che conterrebbe oltre un miliardo di barili di petrolio. Nel 1996 entrò in funzione il centro olio Monte Alpi a Viggiano dell’AGIP, con una capacità di trattamento di 7.500 barili al giorno di greggio e 300.000 m3 cubi di gas, mentre nel 1999 venne autorizzato (DM 5/2/1999, a firma dei ministri Ronchi - Melandri) un primo ampliamento del centro olio Monte Alpi, che prese il nome “centro olio Val d’Agri”, esteso a 18 ettari e progettato per trattare olio e gas per 25 anni, con capacità di trattamento di olio pari a 13.200 m3/giorno e 2.700.000 Nm3/g di gas su 4 linee da aggiungersi alla linea esistente, con capacità di trattamento a reiniezione di 3.000 m3/g di acqua di strato. Di seguito sinteticamente se ne illustrano caratteristiche e problematiche ambientali. Il centro olio Val d’Agri e gli oleodotti Nel 2011 sono state rilasciate con delibere di giunta regionale della Basilicata due AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rispettivamente del mese di marzo e maggio 2011. Con la prima deliberazione della giunta regionale della Basilicata (la n.313 del 11/3/2011) si autorizza il trattamento di olio portandolo a 16.500 m3/g e autorizzando il trattamento di 3.100.000 Sm3/g di gas. Con la seconda deliberazione della giunta regionale della Basilicata (la n.627 del 5/5/2011 si autorizza la quinta linea a gas con un “ammodernamento” degli impianti non meglio indicati nella medesima deliberazione. All’interno del centro olio esistono sei centrali termiche per la produzione e recupero di calore, mentre parte dell’energia elettrica è autoprodotta (136.195.450 KWh) il resto acquistata da Enel. Numerosi sono i punti di emissione dei gas a contenuto di vari gas (torce, sfiati e punti di emissione). Il sistema di monitoraggio del centro olio consiste in tre sistemi: uno interno gestito dalle compagnie minerarie e due esterne gestite da una rete di centraline di monitoraggio fisse dei gas e mobili per i rumori. Un sistema questo attivato con notevole ritardo rispetto ai tempi fissati dall’intesa ENI - Regione Basilicata del 1998, oggi gestito da Arpab. L’olio grezzo proviene dai pozzi da 6 dorsali (Grumento Nova, Caldarosa, Caldarosa, ex Costa Molina, Volturino/Alli, Monte Alpi, Volturino Cerro Falcone) collegate con condutture interrate al centro olio. Esse hanno uno sviluppo complessivo di diverse centinaia di chilometri. L’olio trattato dall’impianto Klaus del centro olio, ridotto della sua componente a base di zolfo, viene immesso nell’oleodotto Viggiano – Taranto che trasporterà anche il greggio estratto nella concessione Gorgoglione della Total (140 Km circa) per il trattamento presso le raffinerie e per la vendita diretta. A causa della sua pericolosità il centro olio è classificato dalla normativa Seveso “suscettibile di causare incidente rilevante”. Lo scorso anno è stato approvato dalla Prefettura di Potenza un aggiornamento dei Piani di Emergenza Interno ed Esterno, per i quali vi sono ancora carenze circa l’informazione alla popolazione interessata da parte degli enti titolari della sua attuazione. Il complesso sistema di perforazione, estrazione, trasporto e smaltimento delle acque di strato durante gli ultimi 16 anni è stato interessato da una sequenza di incidenti più o meno gravi, spesso definiti dalle compagnie minerarie “eventi”, la cui descrizione di dettaglio è riportata sul sito della Ola www.olambientalista.it che illustra anche la documentazione di dettaglio, con blow-out, perdite lungo le condotte degli oleodotti, durante le fasi di perforazioni, cedimenti di camiciature dei pozzi, emissioni di gas e liquidi del centro olio, contaminazioni avvenute nelle fasi di trasporto del greggio e lungo le condotte di reiniezione ed altro ancora. Una sequenza di effetti collaterali spesso poco noti ma che hanno avuto ed hanno una grande rilevanza in termini di impatti ambientali. 3 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) Un archivio di grande interesse questo, per chi voglia approfondire e definire del i danni nel tempo provocati dallo sfruttamento petrolifero. I vecchi e nuovi pozzi di petrolio in Val d’Agri Oggetto della recente trattativa “segreta” con gli amministratori locali, sono i nuovi pozzi previsti nella variazione del programma approvato dal MISE (Ministero Sviluppo Economico) all’ENI nel 2012. E’ previsto il raddoppio dei pozzi, passando dagli attuali 25 pozzi produttivi allacciati al centro olio, a quasi 50, realizzando nuove postazioni, riperforando nuovi pozzi sulle postazioni esistenti nell’ambito dell’attività di “work over e side track” con pozzi orizzontali (in Val d’Agri i pozzi orizzontali – horizontal drilling, sono oltre i 2/3 del totale) ed usando la tecnica dell’acidificazione, con acido cloridrico ed altre sostanze potenzialmente inquinanti (in letteratura mineraria è attestata l’uso di queste metodiche in diversi documenti tecnici riferiti alla Val d’Agri) La situazione dei nuovi pozzi sono le seguenti: Pozzo Pergola 1: per questo nuovo pozzo esplorativo ancora da realizzare, la Regione ha annullato, in modo poco chiaro, la procedura VIA attivata per la messa in produzione, mentre il comune di Marsico Nuovo ha autorizzato la strada di accesso necessaria per il trasporto del greggio in autobotte, dopo la sospensione dell’iter di autorizzazione dell’oleodotto, senza che sarebbero state rilasciate autorizzazioni ambientali (del Parco, Autorità di Bacino del Sele). L’Arpab ha posizionato tre piezometri nel luogo prescelto, ricco di sorgenti ed utilizzato per il pascolo, per misurare la qualità delle acque prima, durante e dopo la perforazione. L’Autorità interregionale del Sele non ha concesso l’autorizzazione ragion per cui al momento i lavori per la nuova postazione sono fermi. Il pozzo Pergola 1 si trova su falde idriche, a monte della grotta di origine carsica Castel di Lepre, la più lunga ed importante della Basilicata, attraversata da un fiume sotterraneo. Su questo pozzo vi è stata la contestazione dei comitati e della popolazione durante un incontro pubblico convocato a Marsico Nuovo alla presenza del presidente della Regione ed i rappresentati Eni. Di recente, il 12 settembre 2014, il comune ha autorizzato con proprio permesso a costruire, la postazione-sonda per la perforazione del pozzo. Pozzi Caldarosa 2 e 3: sono previsti nel comune di Calvello dopo la delocalizzazione del pozzo Caldarosa 1DIR, che si trova nel parco Nazionale dell’Appennino Lucano, per non incorrere in procedura di infrazione di norme comunitarie. La nuova piattaforma Caldarosa 2 – 3 si trova nella fascia di rispetto dei Siti di Importanza Comunitaria. Su questi pozzi la Ola e l’Associazione Articolo 9, assieme ai produttori ed allevatori di Calvello, hanno prodotto opposizione all’Unione Europea perchè ubicati su aree ricche di sorgenti e bacini idrici che potrebbero influenzare in negativo lo stato di conservazione della biodiversità vegetale ed animale e dei bacini idrici sottesi. I pozzi sono attualmente bloccati dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Ambiente che hanno chiesto alla Regione Basilicata chiarimenti e controdeduzioni. Pozzi S.Elia 1 e Cerro Falcone 7: realizzati inizialmente su una postazione in località Case Marinelli di Marsicovetere, oggi in modo non chiaro, forse per una possibile contaminazione nell’area prescelta inizialmente ove è visibile la postazione di perforazione in cemento, si vorrebbe realizzare più a valle, nei pressi della località Civita. In questa località il Ministero dei BB.AA. CC, su esposto della Ola, ha sospeso l’iter di autorizzazione regionale, negando l’autorizzazione paesaggistica per la presenza di siti archeologici e per l’impatto ambientale notevole per l’area. I due pozzi si trovano nell’area di ricarica del torrente Molinara e altri torrenti, corsi d’acqua e sorgenti tributari del fiume Agri. Pozzi Enoc 6 e 7: si trovano all’interno del centro abitato di Viggiano, nei pressi della località “Papa Giovanni”, luogo storico ove si tiene la processione della Madonna Nera protettrice di Viggiano e della Basilicata e sito ove sostò in preghiera Papa Giovanni Paolo II nella sua vista pastorale in Basilicata. Proprio in questa località ENI ha ottenuto le autorizzazioni regionali, mentre il Comune ha espresso forte contrarietà a tale scelta. Pozzo Serra del Monte di Montemurro: il sito prescelto non è stato ancora reso noto. Si troverebbe a nord ovest del centro abitato di Montemurro. Per la localizzazione della nuova postazione si starebbero effettuando rilievi geologici, mentre vi sarebbero stati, secondo fonti locali, contatti con la precedente amministrazione comunale per la scelta del sito. Pozzo di rienezione Monte Alpi 9Or: si trova del comune di Grumento Nova. La precedente amministrazione con l’ex sindaco Vincenzo Vertunni hanno negato l’autorizzazione, applicando il “principio di precauzione” perchè il pozzo di rienezione, in base ad un Decreto Ministeriale LL.PP., non è realizzabile in zona ad elevato rischio sismico. La Regione ha già autorizzato la reiniezione in base alla VIA regionale, per la Ola carente dei presupposti di studi ed approfondimenti idro-geologici e sismici necessari, si troverebbe inoltre su faglie sismogenetiche attive, vicino alla diga del Pertusillo e sul paleo alveo del fiume Agri. Per questo pozzo sono forti le pressioni sull’amministrazione comunale grumentina, anche se l’attuale sindaco, Antonio Imperatrice, nel corso di un incontro in contrada Vigne di Viggiano, ha recentemente confermato la posizione contraria del suo comune. Questo pozzo è invece ritenuto strategico dalle compagnie petrolifere per consentire lo sversamento dei reflui petroliferi attualmente iniettati nel pozzo Costa Molina 2 di Montemurro (Montemurro è il comune natale dell’attuale presidente del Consiglio Regionale, Piero Lacorazza) e in Val d’Agri. Il pozzo Costa Molina 2 presenta problematiche gravi di contaminazione lungo la condotta di collegamento con il centro olio e nell’area di influenza dello stesso e nei pressi dei valloni a ridosso del Lago Pertusillo. Nel corso dello sfruttamento del giacimento della concessione Val d’Agri, ormai giunto ad oltre 15 anni, sarebbero infatti aumentate la quantità di G.O.T., Gas Oil Ratio, associato al petrolio (Fonte ENI) e di acqua di strato, ovvero acqua del fondo del giacimento “pescata” durante l’ estrazione del greggio. Tale situazione indurrebbe ENI a realizzare nuovi pozzi per ottimizzare ed incrementare la produzione di olio e gas sfruttabile commercialmente con costi di lavorazione compatibili con gli elevati costi di smaltimento dei reflui stimati in diverse decine di milioni di euro. Problematiche relative alla salvaguardia del bene acqua Un “doppio filo”(petrolio - acqua) lega la Val d’Agri alla vicina città di Taranto e alla regione Puglia. La vulnerabilità degli acquiferi di superficie e di profondità della Val d’Agri (sistemi idrici di superficie ed aree di ricarica delle sorgenti) è influenzata dalle attività antropiche ed in specifico di quelle petrolifere. Rappresenta una delle problematiche centrali in prospettiva del raddoppio delle estrazioni di petrolio, ove si consideri che all’interno del territorio della concessione Val d’Agri ricadono sorgenti importanti per il territorio regionale e quello interregionale per l’approviggionamento idrico anche della vicina Puglia, con oltre 4 milioni di utenze servite ed aree agricole che utilizzano l’acqua della Val d’Agri, aprendo un fronte in relazione alle azioni di contrasto ad un possibile “ecocidio” sul quale è al lavoro un apposito gruppo di lavoro a livello europeo che ha richiesto alla Ola una collaborazione in tal senso. Le infrastrutture petrolifere e le lavorazioni e trasporto del greggio (centro olio, pozzi di estrazione, reiniezione, oleodotti e reti di rienezione) insistono su un delicato sistema idrico. Sono già presenti criticità che coinvolgono il delicato equilibrio del sistema circolazione dell’acqua (Pertusillo, Montemurro, Calvello, Marsico Nuovo,etc) con la presenza dell’acquedotto dell’Agri che serve una popolazione di oltre 30mila abitanti, 14 4 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) paesi e tre frazioni attualmente ancora privo di monitoraggio costante delle acque, bene di interesse strategico, non solo per lo sviluppo locale, ma anche per il mantenimento della vita e delle biocenosi vegetali ed animali, a rischio per l’impattante sfruttamento antropico soprattutto petrolifero. PETROLIO E AGRICOLTURA Contributo conoscitivo del Dott. Terenzio Bove - dottore agronomo (ex presidente del consorzio per la tutela dei fagioli di Sarconi (dal 2003 al 2011) e presidente dell’AIAB Basilicata (dal 2004 al 2010) e vice presidente nazionale del consorzio di commercializzazione garanzia (AIAB) L'Agricoltura lucana è sempre più in crisi. I problemi dell’agricoltura degli ultimi anni sono sotto gli occhi di tutti. Oltre 24 mila aziende agricole lucane nell’arco di dieci anni chiudono i battenti (31,9%)1 con punte di circa il 60% nell’area della Val d’Agri e 25 mila ettari in meno di superficie coltivata in dieci anni. I dati Istat relativi all'ultimo Censimento agricolo non possono passare inosservati: è necessaria una riflessione per la politica regionale e per molti rappresentanti del settore. A farne le spese soprattutto le piccole e medie aziende della montagna potentina e della collina materana che non hanno le difese economiche necessarie per tutelarsi dalla crisi economica e da regole di mercato che sono fatte per i grandi e non per i piccoli. Eppure sono proprio le piccole aziende che si difendono a denti stretti dalla crisi e producono in nome della qualità, della difesa del territorio, delle piccole economie locali e che contribuiscono a tenere in vita i piccoli comuni montani e le aree rurali. È in queste aree che l’agricoltura ancora ricopre un’importante funzione sociale. La principale dinamica strutturale che emerge dai risultati censuari è quella della ricomposizione fondiaria. Il fenomeno riguarda l’intero territorio della Regione, anche se in misura diversificata. Analizzando i dati per provincia emerge che la perdita maggiore di aziende si registrano nella Provincia di Potenza con oltre 20 mila in meno (-41%) rispetto alla provincia di Matera dove hanno cessato l’attività 3.733 aziende (-14,9%). In compenso le aziende della Provincia di Potenza si sono allineate agli standard di superficie agricola utilizzata, facendo registrare un valore medio di oltre 10 ettari nel 2010 rispetto ai 6,29 del 2000. Crisi del settore Agricolo e petrolio in Val d’Agri Sembra persino superfluo sottolineare come tale contesto di grave difficoltà abbia determinato ricadute negative anche in ambito locale (l’economia della Basilicata) e settoriale (l’agricoltura). Allo stesso tempo, insistere sulla crisi economico-finanziaria rischia di generare più di un’illusione ottica. La retorica della crisi, infatti, sembra aver fatto dimenticare che le difficoltà in cui le nostre economie regionali versano non sono la conseguenza di una fase congiunturale molto negativa, che viene da fuori e rispetto a cui poche sono le nostre responsabilità e la nostra capacità di azione. Sono, piuttosto, la conseguenza di debolezze strutturali di lungo o persino lunghissimo periodo che la crisi non ha fatto altro che acuire ed evidenziare, ma che erano già attive da tempo. Alla data del 24 ottobre 2010 sono risultate attive in Basilicata 51.756 aziende agricole e zootecniche (-32,0% rispetto al 2000) con una dimensione media di 10,03 ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU) (+41,9%). La SAU complessiva regionale è pari a 519.127 di ettari (51,9 % del territorio regionale, in diminuzione del 3,4% rispetto al 2000), mentre la Superficie Totale (SAT) afferente le aziende agricole è pari a 654.958 ettari (-6,5%). In particolare, nei 10 comuni dell’Alta Val d’Agri, la situazione si discosta dai dati medi regionali. In particolare le aziende, in numero, si sono ridotte del 59,38% e la SAU di 4.003 ha (-16,13%). Valori quasi doppi rispetto ai dati regionali per quanto riguarda il numero mentre cinque volte maggiore per la SAU. Disaggregando i dati e analizzandoli per singoli comuni, risulta che le perdite maggiori di aziende si sono registrate a Sarconi (-77,93%), Tramutola (-75,75%), Marsiconuovo (-69,51%) e Moliterno (-68,59%), mentre perdite più contenute si sono registrate nel comune di Viggiano. Dal punto di vista della redditività delle coltivazioni, riferendosi ad alcune delle più importanti colture per la zona: il fagiolo e la vite, per la prima quando si vendono, i prezzi dei fagioli sono "sottozero". Quando a un'annata buona segue una cattiva, i debiti di estinguono; quando si seguono due cattive o mediocri, i debiti si sommano, e non resta altra liberazione che andarsene in "America"...(dal libro: Sognando la California). Le vigne di Viggiano (località nei pressi del centro olio Val d’Agri), molto più estese in passato quando non si era avuta la forte petrolizzazione, sono oggi ridotte assai di superficie e producono ben poco. Sono in pura perdita, se si eccettuano quelle più "grandi" che producono, e imbottigliano, con il marchio Doc. Negli ultimi anni si sta intensificando un’attività di tipo industriale legata alle estrazioni di petrolio, che di fatto sta innescando un processo di evoluzione dell’economia, non più legata alle produzioni del suolo, ma, appunto, del sottosuolo, costringendo un settore produttivo, quello agricolo, ad adeguarsi ad un nuovo stereotipo in grado di ridare all’agricoltura stessa un ruolo strategico, nell’ottica dell’attività multifunzionale cruciale per la coesione e la competitività territoriale. Anche il mercato fondiario della zona è stato caratterizzato da «un’attività di compravendita ridotta» oltre che da una vera e propria corsa al terreno in affitto o in comodato d’uso. In Val d’Agri, le vendite delle terre agricole (ovviamente parliamo di terreni da destinare ad attività agricole e quindi di una certa consistenza) sono meno frequenti che in passato. La scarsezza delle contrattazioni dipende dalla scarsezza o mancanza di compratori. I venditori, anche per altre motivazioni scaturite dal periodo "infelice", non mancherebbero per quanto sia da ritenere che davanti al probabile acquirente non si avanzino pretese che non trovano giustificazione né in relazione alle rendite, né al valore intrinseco delle terre. Inoltre, va rilevato come l’espansione delle aree urbane, industriali, artigiane e commerciali, avvenuta nel corso degli anni, abbia generato un’ulteriore diversificazione del mercato della terra, influenzandone, ad ogni modo, il comportamento. Appare evidente, quindi, che le diverse funzioni di domanda dei vari operatori di mercato, per un verso, e le differenti combinazioni degli elementi caratterizzanti il bene terra, per l’altro, rispettivamente fanno si che il mercato fondiario sia segmentato e a dimensione locale In altre parole, il valore della terra è scemato, senza alcun dubbio, negli ultimi 10 anni, causa anche del calo delle costruzioni. I terreni periurbani (di piccole dimensioni) in prossimità dei centri abitati trovano ancora un certo interesse nel compratore, ma solo per coloro che hanno soldi disponibili e sperano di fare un investimento per il futuro. Altro settore importante è l’agricoltura biologica. Tale metodo di produzione riveste una rilevanza di primo piano: da produzione di nicchia è arrivata a conquistare quote significative della fase produttiva e fasce sempre più ampie del mercato agroalimentare. Le aziende con produzione biologica, ma anche quelle con produzioni certificate DOP (Denominazione di Origine Protetta) e/o IGP (Indicazione Geografica Protetta), sono di particolare importanza sia perché contribuiscono alla diffusione di forme di conduzione di terreni e di allevamenti compatibili con la tutela dell’ambiente, del suolo e della diversità genetica, sia perché consentono di promuovere la migliore qualità dei prodotti. Se si prendono a riferimento i dati dell’ultimo censimento generale dell’agricoltura, si nota come la SAU media delle aziende biologiche italiane si attesti sui 18 ettari, contro i 7,9 della SAU media di tutte le aziende censite. Anche a livello regionale si sono registrati incrementi notevoli sia in numero di aziende che di SAU. Nel periodo 2005-2008 erano oltre 5 mila aziende e 115 mila ettari di superficie. Dati questi che decretavano la Basilicata la regione più biologica d’Italia. Sulla crescita del numero delle aziende iscritte all'Albo Regionale degli Operatori Biologici registrata negli anni scorsi, molto hanno inciso le politiche di sviluppo rurale messe in atto dalla Regione favorita anche dalla notevole propensione alle produzioni biologiche, data la 5 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) bassa concentrazione di aree urbane ed industriali, la massiccia presenza di aree protette che potrebbero essere destinate interamente al biologico, la grande disponibilità di risorse naturali, la molteplicità di indirizzi produttivi negli ambienti più disparati e la buona presenza di addetti all'agricoltura unitamente alle attività turistiche, agrituristiche e culturali che si svolgono sul territorio regionale. Negli ultimi anni, però, le aziende iniziano a diminuire: incertezza e sfiducia dominano le prospettive a breve, su cui pesano molteplici fattori negativi, tra tutti perdita della competitività, difficoltà da parte delle imprese di accedere al credito per investimenti ed innovazioni e diminuzione dei consumi interni oltre all’instabilità e alle minacce che arrivano dalla eccessiva “petrolizzazione” dell’intera regione. In conclusione, i dati relativi alla Val d’agri si possono così sintetizzare: Riduzione delle aziende agricole in Val d’Agri Al 1998, anno dell’accordo di programma ENI Regione, le aziende agricole condotte da imprenditori agricoli o coltivatori diretti e iscritte alla camera di commercio, in Val d’Agri erano 1340 mentre nel 2012 risultano essere 767 (il 25,7% di tutte le partite IVA di tutte le attività produttive dei 10 comuni che ammontano 2984) con una perdita di 573 aziende (-43%). Da notare che questo numero da solo risulta da contraccolpo negativo sul saldo occupazionale rispetto ai 430 posti (nuovi) di lavoro prodotti dall’affare petrolio. Infine un ultimo risultato: Considerando il numero di aziende in valore assoluto e rapportato al numero di abitanti, i comuni dove si registra un maggior numero di aziende sono Viggiano e Grumento Nova. Oltre al fatto che sono i comuni che per estensione risultano essere tra i più grandi, è facile intuire che i comuni suddetti sono quelli che per primi hanno beneficiato delle royalties del petrolio e che, nel corso del decennio scorso, hanno incentivato, con diverse azioni, le attività agricole, garantendo alle aziende somme necessarie per l’adeguamento strutturale e/o all’acquisto di macchine ed attrezzature necessarie per ridurre i costi e aumentare la competitività, ma che nei prossimi anni, vista la scadenza degli impegni da parte degli agricoltori beneficiari a non alienare i beni e a non cessare l’attività (5 o 10 anni), si potrebbe, nei prossimi anni, registrare un netto calo del numero di aziende. Riduzione delle aziende agricole biologiche Specificatamente alla Valle dell’Agri il numero di aziende è passato da 92 del 2005 a 13 del 2012 come riportato nella tabella seguente con riduzioni in tutti e 10 i comuni della Val d’Agri ma più pronunciate in alcuni comuni (Grumento Nova, meno 12 aziende; Montemurro, meno 24; Viggiano, meno 14 aziende). VIVIBILITA’ IN VAL D’AGRI E INTORNO AL COVA (Onda Rosa Viggiano)Sono ancora senza risposta, le domande poste alle Istituzioni anni fa dalle donne e le mamme abitanti intorno al COVA. Domande relative a: Salute: quando a distanza di ormai 20 anni dalla nascita del COVA (1994) ancora le Istituzioni non sono state capaci di dar vita ad un monitoraggio sanitario sulla popolazione locale, mentre ad ogni “non incidente” tutti gli amministratori, dal sindaco alla Regione, passando per l’ARPAB dicono sempre che è TUTTAPOSTO; Ambiente: quando il monitoraggio ambientale fa ancora acqua da tutte le parti ed i pochi dati visibili al pubblico, a dispetto del “TUTTAPOSTISMO ISTITUZIONALE”, ci parlano per esempio di una qualità dell’aria in cui, a parte gli inquinanti normati, quelli invece tipici delle estrazioni petrolifere (e non più normati quali idrogeno solforato ed idrocarburi non metano) raggiungono nell’area valori elevatissimi (per gli idrocarburi non metano per esempio superiori anche di circa 20 volte il vecchio limite di legge). (*) Acqua: quando si rischia di perdere per possibile inquinamento un bene così prezioso come l'acqua e si regala l’equivalente di mezza diga di acqua buona del Pertusillo ogni anno per estrarre i circa 85.000 barili di petrolio attualmente dichiarati, mentre osserviamo affiorare nei dintorni del COVA e del pozzo di reiniezione acqua rossastra e maleodorante di origine non identificata. Verità: quando ad ogni incidente chiamato “evento” (ne abbiamo contati oltre 40 solo negli ultimi 7 anni circa 1 ogni 50 giorni!), in cui assistiamo impotenti a fiammate altissime, boati, scosse del terreno e delle case assistiamo inermi alla sfilata del TUTTAPOSTO istituzionale. Quando, tra un “non incidente” e l’altro, la nostra vita quotidiana è immersa costantemente in un’aria maleodorante ed è accompagnata dal cupo rumore del COVA, mentre le Istituzioni (salvo recentissime eccezioni) sembrano dalla parte dell’ENI piuttosto che da quella della popolazione e non abbiamo risposte quasi fossimo delle visionarie o pazze. Sicurezza: quando assistiamo impotenti ed indifesi ad incredibili boati seguiti da fiammate altissime e violente vibrazioni che, se non ignorati, sono stati liquidati come “ eventi” dall’ENI e dalle autorità competenti, e tutto ciò accade nell’indifferenza totale di un Piano di Emergenza Esterno che è solo un pieghevole che non sappiamo più dove abbiamo messo, perché come cittadini non siamo mai stati coinvolti né nella sua realizzazione né in esercitazioni, né in informazioni su quanto accade, benché più volte richiesto ufficialmente. Lavoro: quando le logiche economiche di sfruttamento prevalgano sulla tutela di un territorio, sulla qualità della vita e sulla salute dei suoi abitanti. Quando l’economia dell’area e la speranza di lavoro, vero bisogno di tanti, troppi, è affidata alle attività petrolifere ed all’indotto compromettendo seriamente le altre attività, che sono invece tipiche del nostro ambiente, dal turismo all’agricoltura. Quando assistiamo inermi ad ulteriori scellerati progetti di espansione di tali attività che prevedono tra l’altro il raddoppio del COVA. Risarcimenti: quando amministratori e politici non sono stati capaci di darci ciò che ci spetta di diritto e non per elemosina, quando al posto dei risarcimenti promessi un tempo permettono che ENI compri la nostra terra, le nostre case, le nostre vigne, i nostri orti … il nostro silenzio, la nostra dignità, quando preferiscono per noi la “delocalizzazione”… piuttosto che una vita dignitosa nella NOSTRA terra. (*) A tale proposito grafici e tabelle, per gli anni 2013 e 2014, (visibili anche sui poster diffusi) dei dati di inquinanti delle 5 centraline presenti nell’area del Centro Olio Val d’Agri (COVA), rilevati dalle mamme e donne che fanno riferimento ad Onda Rosa dal sito dell’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri ed elaborati, per quanto riguarda due inquinanti non normati a livello nazionale, idrogeno solforato e idrocarburi non metano (questi ultimi non più normati a partire da 2010…non si sa per interesse di chi…) ma tipici dell’industria petrolifera. Si fa notare che, se in Basilicata fossero in vigore i limiti presenti nella regione siciliana per l’area petrolifera del Mela, ed il nostro PEE (Piano di Emergenza Esterno) per l’area circostante in Centro Olio fosse ad essi legato, come più volte da noi ufficialmente richiesto anche alla prefettura (come avvenuto anche nel corso delle osservazioni all’ultimo aggiornamento del PEE, scaduto da un anno mezzo e non ancora aggiornato…), il PEE sarebbe scattato in moltissimi giorni dell’anno , PER LA SICUREZZA DEI CITTADINI abitanti nell’area e in tutta la valle. SITUAZIONE SANITARIA (Laboratorio per Viggiano) La situazione sanitaria della nostra regione, a guardare i dati degli ultimi 20 anni, sembra legata anche a quella dell'inquinamento ambientale; anzi e' indissolubilmente derivante da essa. Lo abbiamo dimostrato gia' 6 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) da qualche anno, quando presentammo in compagnie; insomma in una sola parola: auspicabile e sensato, fermare le estrazioni ai anteprima, uno studio dell'AIRTUM del 2008, dove si evidenziava la repentina ascesa del sostenibilità. livelli attuali onde evitare un peggioramento oltre che della qualità delle matrici ambientali numero assoluto dei tumori, pur essendo, la E' questa "sostenibilità estrattiva" della Val ormai deturpate della Valle, ma anche e nostra, criticita' d'Agri che viene ad essere inficiata dal solo soprattutto ad una drastica riduzione della ambientali poiché sprovvista di un apparato fatto che essa lo è già nelle condizioni attuali, qualità e dell'aspettativa di vita dei suoi industriale vero e proprio. cioè abitanti. una regione con poche con una capacità estrattiva e di lavorazione di 85.000 barili/giorno. In ogni modo una situazione di questo genere Questi principi abbiamo difeso, questi obiettivi andrebbe indagata a fondo, soprattutto se si tiene conto del fatto che l'unico studio In questi giorni l'OMS celebra a Ginevra una sua epidemiologico effettuato sul campo, rimane allarmanti che arrivano da tutto il pianeta e quello del Consorzio Mario Negri Sud del 2000, che accreditano all'inquinamento ambientale peraltro un 13% di tutte le morti, pari ad oltre 7 milioni commissionato dalla Regione Basilicata stessa. In quello studio veniva perfettamente e lucidamente evidenziato come, già da allora in Val d'Agri, vi era una triplicazione delle malattie cardiorespiratorie ed un raddoppio di quelle tumorali; in una regione che, fondamentalmente, rimaneva organizzata con un sistema economico prettamente agricolo. In tutti questi anni, le amministrazioni regionali che si sono succedute, sembrano aver perso l'attenzione che hanno vaccinazioni rivolto, come ad fonte esempio di alle prevenzione primaria delle malattie; le mutate condizioni economiche portate dalle estrazioni petrolifere, hanno fatto perdere di vista quanto importante sia non solo il principio della prevenzione primaria ma anche quello di precauzione (sancito dalla Comunità Europea) ma che sembra dimenticato dalla Basilicata. E' fuori ogni dubbio che in una regione come la nostra permangano alcune criticita' rilevanti: l'attuale mancata attivazione del Registro Tumori, l'assenza di studi epidemiologici specialmente nelle aree sottoposte ad una forte pressione inquinante ed un serio programma di limitazioni autorizzative che debba necessariamente provenire dalla reale "eco sostenibilità " dei progetti industriali. sessione importante dove discuterà dei dati di persone/anno. A questo proposito non possiamo fare a meno di citare il fatto che quello che non è stato programmato dalle istituzioni regionali è stato realizzato con grande fatica dai consigli comunali di Viggiano e Grumento Nova, i quali, impiegando fondi provenienti proprio dalle royalties petrolifere, hanno ritenuto di impiegarle per uno scopo utile per le rispettive comunità, dando vita alla V.I.S. (valutazione di impatto sanitario) che darà i suoi primi risultati già entro il primo anno; un'indagine terza, scientifica, autorevole (coinvolti il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Istituto Superiore di coinvolgerà Sanità) che direttamente informerà i cittadini, e sia nell'ambito della valutazione biologica dei possibili effetti dell'inquinamento sulla salute ma anche nella comprensione degli effetti socio-economici delle estrazioni. Questa, secondo noi, è la cornice entro la quale dovrebbe responsabilità di muoversi chi autorizzare ha la ulteriori ampliamenti del Centro Oli: ulteriori ed improbabili trivellazioni di un territorio, quale quello della Val d'Agri, che sta dando tanto, forse troppo anche per le sue possibilità, all'economia della nazione e che sta pagando a L'aumento rilevante di alcuni tumori, collegati caro prezzo, non sono sostenibili sia in termini con l'esposizione cronica ad alcuni inquinanti di salute dei suoi abitanti ma anche in termini emessi con la lavorazione di idrocarburi, se da di un lato non può spiegare da sola l'aumento in toto di essi; dall'altro deve far riflettere sulle peculiarità: agricoltura e zootecnia di qualità, possibili conseguenze sullo stato di salute dei fin dei conti è quella che ci permette ancora cittadini di vivere e di esistere su questo nostro amato della Val d'Agri un aumento spropositato delle estrazioni, soprattutto alla luce delle ultime autorizzazioni concesse alle porteremo avanti, ora e sempre! impoverimento inesorabile delle sue bellezze naturali e soprattutto acqua; che in pianeta. Concludiamo situazione affermando come questa, che, è in una preferibile, DEMOCRAZIA , RESPONSABILITA’ e LEGALITA’ (Libera Basilicata) Dopo l’incontro del 4 giugno a Potenza tra la ministra Guidi e le Regioni interessate alle estrazioni petrolifere, ed i successivi incontri romani, per rinegoziare royalties e risarcimenti ambientali, legati ad un previsto considerevole aumento delle perforazioni in Italia ed in particolare nella nostra regione, la Basilicata continua ad essere al centro dell’interesse nazionale ed europeo per lo sfruttamento delle risorse di gas e petrolio. Il momento è quanto mai delicato, anche in considerazione del fatto il Governo intende modificare il titolo V della nostra Costituzione per avocare allo Stato ogni decisione in materia di energia, ambiente e salute, escludendo così Regioni e cittadini da qualsiasi possibilità di partecipazione: se la Basilicata venisse dichiarata "sito di importanza strategica", qualunque decisione verrebbe assunta sulla testa dei cittadini e delle stesse istituzioni locali. Associazioni come Libera Basilicata, con il suo presidio della Val d'Agri, ha intessuto relazioni di ascolto e interlocuzione istituzionale, consolidando sempre di più l'idea che, in una reale democrazia, non si dovrebbe mai prescindere dai problemi, dalle sofferenze, dalle idee e dalle proposte dei cittadini dei territori interessati. Accanto a ciò, Libera Basilicata si è fatta promotrice di esposti- e di lettere alle Istituzioni competenti per denunciare, attraverso documenti e testimonianze, situazioni di possibile illegalità e di inquinamento di acqua ed aria intorno al Centro Olio di Viggiano. Riteniamo che su queste vicende non vi debbano essere esitazioni, è in gioco la democrazia e la vita nella sua accezione più ampia. Non si può più attendere! Siamo convinti inoltre che un modello energetico basato sull'estrazione massiccia di combustibili fossili sia miope e suicida: la pubblicazione del terzo volume del Quinto Rapporto di Valutazione dell' Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), ad opera del Working Group III, il più atteso, dibattuto e minuzioso compendio delle conoscenze scientifiche, sociali ed economiche 7 PETROLIO IN VAL D’AGRI LA PAROLA ALL’INFORMAZIONE ( Documento finale esteso) faccia chiarezza una volta per tutte sui cambiamenti climatici e sui loro effetti. Oggi tutti possiamo dire che i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia per l'ecosistema naturale e quindi per l'umanità, la quale passa ufficialmente da spettatore a vittima e carnefice di se stessa. Per citare qualche esempio, basti pensare all'indiscriminato sfruttamento delle risorse di acqua dolce che, in aggiunta all'aumento nella frequenza e nella durata dei periodi di siccità, rappresenta un rischio per diverse regioni africane, europee, asiatiche e centro-sud americane. Per la prima volta, si parla chiaramente di vulnerabilità dei sistemi umani che dovrà essere trattata di concerto ad altri fattori sociali di rischio, tra cui l'allargamento della forbice economica, l'acuirsi delle disuguaglianze sociali, un'urbanizzazione spesso sfrenata e disattenta alle esigenze dei cittadini e del sistema naturale, il previsto aumento della densità abitativa nei nuclei urbani e i conseguenti conflitti per le risorse che ne conseguiranno. Le regioni del mondo più povere, le classi sociali meno abbienti, le persone discriminate per motivi sociali risultano tipicamente più vulnerabili e meno capaci di sviluppare adeguate risposte di adattamento. Oggi dobbiamo richiedere con forza politiche energetiche che mirino a sospendere l'utilizzo delle fonti fossili smettendo di investire su di esse! Dobbiamo avviarci con risolutezza verso l'eliminazione dei combustibili fossili e verso una fase di emissioni di CO2 vicine allo zero. Il settore dell'energia è la più grande fonte di emissioni ed è proprio là che una trasformazione radicale è necessaria. Risparmio, efficienza energetica, energia rinnovabile sono le parolechiave per un nuovo modello energetico che porterebbe con sé moltissimi benefici: ambiente, salute e lavoro, un lavoro pulito, sano, utile al benessere della collettività. Non c'è più tempo per le incertezze e le sottovalutazioni. Possiamo dire che è ufficialmente giunta al termine l'epoca in cui potevano essere concesse deroghe ad un'azione immediata contro gli impatti dei cambiamenti climatici. E' ora di intervenire, adesso! Siamo tutti responsabili. Il cambiamento climatico è un problema troppo grande per essere lasciato solo nelle mani dei politici e dei potentati economici. C'è bisogno di agire a tutti i livelli, senza "urlare", con proposte chiare e condivise. I singoli individui devono sempre più prendere il controllo della propria energia e diventare essi stessi fattori di cambiamento. PROPOSTE Costituzione di un fondo regionale finalizzato alla bonifica ed al recupero di aree eventualmente inquinate a seguito delle attività estrattive con il rispritino dello stato originario dei luoghi interessati dagli impianti e dalle tubazioni. Trasparenza sulle acque: fonti di approvvigionamento e di reimmis-sione con lo stop ad ulteriori fonti di approvigionamento e reimessione. (Proposte in parte già elaborate in occasione della copams e modificate secondo i contributi degli organizzatori) Petrolio e crisi dello sviluppo territoriale eco-sostenibile Sospensione di tutti gli iter di autorizzazione di nuovi pozzi di idrocarburi e di nuove istanze di permessi di ricerca in Basilicata e dell’ulteriore ampliamento del COVA con limite di lavorazione del greggio a 85mila barili al giorno Ridistribuzione delle royalties, non in base ai pozzi, ma al danno quantificato con il monitoraggio, usandole esclusivamente per lo sviluppo dei territori ed il futuro delle giovani generazioni. Petrolio e crisi sanitaria Studio epidemiologico indipendente retrospettivo e prospettivo in tutti i comuni delle aree dell’industria petrolifera, anche se privi di pozzi (punto zero per le aree di nuova attività minerarie ed industriale); Petrolio e nuova legislazione regionale Modifica della DGR della regione Basilicata n. 1640 del 30 novembre 2012 “Adozione delle norme tecniche e delle azioni per la tutela della qualità dell’aria nell’area della Val d’Agri e segnatamente nei comuni di Viggiano e Grumento Nova”, estendendola alle altre aree petrolifere della regione e con abbassamento dei limiti di emissione degli inquinanti previsti dalla normativa nazionale e introduzione di limiti per gli inquinanti non previsti a livello nazionale , ma tipici dell’industria petrolifera, anche sulla base di normative più restrittive già presenti in altre regioni italiane. Metodologie di rilevamento, trasparenza e pubblicizzazione dei dati (con potenziamento e garanzia di indipendenza dell’Osservatorio Ambientale dell’Alta Val d’Agri e delle altre aree petrolifere della Regione. Petrolio e crisi politica istituzionale La Regione deve decidere esclusivamente per il bene del territorio mettendosi in ascolto delle proposte delle popolazioni Petrolio e crisi industriale, turistica ed agricola. Spostamento dell' asse di sviluppo da energie fossili a rinnovabili non speculative per una crescita occupazionale Zonizzazione del territorio, sulla base di un serio monitoraggio ambientale e sanitario per delimitare la aree in cui non sia consentito vivere, allevare, coltivare, anche al fine di risarcire chi è vissuto finora in queste aree e promuovere tutto il resto del territorio della val d’Agri e dell’intera Basilicata ricca di bellezze naturali e di prodotti di alta qualità per potenziare agricoltura e turismo sostenibili. Petrolio e crisi ambientale Accesso alle informazioni relative ai piani ingegneristici dei pozzi e delle strutture petrolifere per poter esercitare controlli tecnici ed ambientali. Piani di emergenza comunali Piano sicurezza partecipata Applicazione di nuove tecnologie Monitoraggio rigoroso ed indipendente Studio predittivo sulla ricaduta degli inquinanti sul territorio insistente Tempa Rossa . Nomina presso l’ Osservatorio Ambientale della Val d’Agri (che deve rimanere ente pubblico e non fondazione con l’ingresso dei privati), di tecnici di fiducia dei cittadini attivi sulla vicenda “petrolio” Villa d’Agri 19 Settembre 2014 8
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