Walter Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna: Il Mulino, 1986 Molti dei tratti per noi ovvi del pensiero e dell’espressione letteraria, filosofica e scientifica, nonché della comunicazione orale tra alfabetizzati, non sono dell’uomo in quanto tale, ma derivano dalle risorse che la tecnologia della scrittura mette a disposizione della coscienza umana. (19) Siamo tanto abituati alla scrittura che ci riesce molto difficile concepire un universo mentale e della comunicazione che sia precipuamente orale e non una semplice variante di un universo alfabetizzato. (20) Tranne che negli ultimi decenni gli studi linguistici hanno sempre rivolto la loro attenzione ai testi scritti piuttosto che all’oralità, e questo per un motivo facilmente comprensibile: lo studio di per sé è legato alla scrittura. Ogni tipo di pensiero, compreso quello delle culture orali primarie, è in una certa misura analitico: vale a dire, suddivide la propria sostanza in varie componenti. Ma senza saper leggere e scrivere, non si è in grado di eseguire un esame dei fenomeni o delle affermazioni che si fondi sull’astrazione e sia sequenziale, classificatorio ed esplicativo. Gli appartenenti alle culture orali primarie, cioè totalmente ignare della scrittura, imparano molto, posseggono e praticano una profonda saggezza, ma non “studiano”. Essi imparano non attraverso lo studio in senso stretto, ma mediante una sorta di apprendistato… [imitazione, esempi, proverbi, sentenze e altre forme semplici…] Quando, con l’interiorizzazione della scrittura, diventa possibile lo studio in senso stretto, cioè l’analisi di sequenza lunghe, una delle prime cose che gli alfabetizzati esaminano è la lingua stessa e i suoi usi [funzione metalinguistica]. (27) L’uomo chirografico e tipografico tende a pensare ai nomi come ad etichette affisse all’oggetto denominato. I popoli di tradizione orale non hanno questo senso del nome come etichetta, poiché per loro il nome non è una cosa che si possa vedere. (61) In una cultura orale primaria, per risolvere con efficacia il problema di tenere a mente o recuperare un pensiero articolato, è necessario pensare in moduli mnemonici creati apposta per un pronto recupero orale. (62) Il linguaggio scritto sviluppa una grammatica più elaborata e fissa di quella orale, poiché il significato dipende di più dalla struttura linguistica, mancando il contesto, che invece contribuisce a determinarlo nel caso del discorso orale. (66) Il pensiero e l’espressione a base orale tendono a comporsi non tanto di unità discrete, quanto di gruppi di elementi come gli epiteti, i termini paralleli od opposti e le frasi parallele od opposte. Chi è immerso in una cultura orale preferisce, specialmente in un discorso non quotidiano, sentir parlare non del soldato, ma del soldato coraggioso; non della principessa, ma della bella principessa; non della quercia, ma della quercia forte. In questo modo, l’espressione orale porta con sé un bagaglio di epiteti e di altri elementi formulaici che l’alfabetizzazione avanza invece rigetta come pesi morti dalla ridondanza fastidiosa. (67) Le culture orali non mancano di un loro tipo di originalità. L’originalità narrativa ad esempio non sta nell’inventare nuove storie, ma nel creare una particolare interazione col pubblico: ogni volta il racconto deve essere inserito in modo unico in una situazione anch’essa unica, poiché nelle culture orali il pubblico deve essere portato a reagire, spesso in modo vivace. (71) La scrittura invita all’astrazione, che toglie la conoscenza dall’arena in cui gli esseri umani si combattono, separa colui che conosce dall’oggetto della sua conoscenza. Mantenendo invece la conoscenza immersa nella vita umana, l’oralità la pone entro un contesto di lotta. (73) L’oralità primaria favorisce personalità in un certo modo più comunitarie ed esteriorizzate, meno introspettive, di quelle degli alfabetizzati. La comunicazione orale raggruppa gli individui; la scrittura e la lettura sono invece attività solitarie… I popoli a tradizione orale esteriorizzano gli eventuali comportamenti schizoidi, mentre quelli alfabetizzati li interiorizzano. (102)
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