Carmel Mary Coonan Il Task in CLIL

Articolo pubblicato in Ricci Garotti F, (a cura di), Il futuro si chiama CLIL: una ricerca interregionale
sull’insegnamento veicolare, Trento, IPRASE del Trentino
La metodologia task-based e CLIL
Carmel Mary Coonan
Università Ca’ Foscari di Venezia
Obiettivo di questo capitolo è di riflettere sul task (termine qui tradotto con la parola
italiana ‘compito’) e la relativa metodologia (task-based methodology) al fine di
comprendere il suo ruolo e la sua funzione in un ambiente di apprendimento di tipo
CLIL.
1. Il concetto di compito
Il concetto di compito (task) e relativa metodologia (task-based methodology) nasce
nell’ambito dell’approccio comunicativo in risposta all’esigenza di focalizzare sul
significato e sulla dimensione pragmatica della lingua anziché sul sistema formale del
codice - fuoco tradizionale della didattica della lingua.
Vigeva, e vige tuttora, la necessità di elaborare proposte di attività che motivassero
l’uso della lingua straniera in apprendimento sul presupposto che solo l’uso autentico
della lingua potesse portare alla sua acquisizione. Lo scoglio più difficile da superare
nella tradizionale lezione di L2 consiste nell’artificiosità o nella pseudo-autenticità
della situazione d’uso comunicativo della lingua. Il coinvolgimento dello studente
rimane superficiale; di conseguenza l’elaborazione, l’interiorizzazione e
l’apprendimento linguistico sono anch’essi superficiali.
Il compito cerca di ‘recuperare’ lo studente facendo leva sul suo coinvolgimento
cognitivo proponendo delle attività in chiave ‘problema’ da risolvere.
La validità del compito, agli occhi dello studente, risiede proprio in tale impostazione
sia perché esige che lo studente usi la lingua straniera come userebbe anche la sua
lingua nativa (come mezzo per discutere e risolvere il ‘problema’) sia perché è
intrinsecamente interessante (e pertanto maggiormente coinvolgente), data la sfida
cognitiva incorporata.
Il compito tuttavia necessita di altri ‘accorgimenti’ inerenti la sua struttura interna e le
condizioni di svolgimento del task affinché il potenziale per l’acquisizione linguistica,
insita nel costrutto, possa essere sfruttata al massimo:
- la presenza di information gap1 e/o di required information exchange2 creano
le condizioni per l’interazione, la negoziazione e lo scambio di informazioni. La loro
presenza è garantita attraverso una distribuzione non uniforme delle informazioni fra i
partecipanti e attraverso l’esigenza che l’esito del compito sia il frutto della comune
condivisione e scambio, interpretazione e uso di tutte le informazioni fornite 3;
1
Vuoto di informazione
Lo scambio obbligatorio di informazioni
3
Si veda a questo proposito la nota distinzione fra ‘one-way task’ e ‘two-way task’. (Ellis, 2003: 88-89)
2
1
- la caratteristica chiuso/aperto del compito da svolgere. Un’attività chiusa, in
cui i partecipanti sanno che esiste un unico esito possibile (contrapposto ad un’attività
aperta in cui una tale delimitazioni non esistono), comporta una maggiore interazione e
negoziazione delle informazioni, con conseguente ‘riciclo’ linguistico, ai fini del
raggiungimento dell’esito. In assenza di un esito definito, i partecipanti possono
optare per qualsiasi esito abbandonano il campo qualora si trovassero in difficoltà. Il
lavoro linguistico, coinvolto nell’attività chiusa, viene meno nell’attività aperta proprio
perché non c’è l’obbligo di raggiungere una metà definita;
- la caratteristica convergente/divergente è legata alla distinzione chiuso/aperto
e riguarda l’atteggiamento dei partecipanti rispetto l’un l’altro. In un compito chiuso i
partecipanti devono collaborare per raggiungere la meta. Lavorano in sinergia, in
maniera convergente, a questo fine. La convergenza suscita un uso molto frequente
dell’interazione ma, soprattutto, della negoziazione attraverso conferme date e ricevute,
chiarimenti, riformulazioni, precisazioni, ripetizioni, ecc.
Un atteggiamento divergente, tuttavia, non rivela la stessa quantità di aggiustamenti
interattivi perché non c’è la necessità di collaborare verso una meta comune.
- la caratteristica planned: il tempo per pianificare - tempo in cui lo studente
può sia fare un brainstorming sui contenuti necessari sia annotare lessico e strutture
utili, ecc. - incide sulla correttezza e sulla complessità della sua produzione linguistica
durante il compito. La possibilità di produrre (o di sentire, nel caso dell’interlocutore)
forme complesse e accurate è un passo fondamentale nel processo di interiorizzazione e
automatizzazione delle forme stesse.
2. L’ambiente di apprendimento
Per poter attuare efficacemente un percorso CLIL è necessario rivedere l’impostazione
metodologica originale dell’insegnamento della materia da veicolare nella LS.
La revisione riguarda tutti gli aspetti dell’ambiente di apprendimento (organizzazione
della classe; peso percentuale L1/L2, ecc.) nonché gli esercizi/attività di norma
utilizzati, argomento questo che qui ci interessa specificamente.
A livello generale è lecito supporre che la modalità maggiormente utilizzata dal docente
della materia non linguistica (nella lingua madre/normale lingua della scuola) per
stimolare la comprensione e l’apprendimento del contenuto consista nel proporre delle
domande orali.
Oltre alle domande formulate dal docente, l’insegnante usa gli esercizi/attività
disponibili nel libri di testo.
Un esame a campione di qualche libro di testo ci indica che la quantità a disposizione
del docente è ridotta e la varietà limitata essendo quanto proposto più che altro
rappresentato da esercizi per il lavoro individuale che non da attività vere e proprie (che
sono per loro natura collaborative, svolte in coppia o in gruppo). Gli esercizi sono per lo
più elaborati nel format domande Wh- e Vero e Falso. La modalità di risposta
privilegiata sembra essere quella scritta anche se non viene di solito indicato se le
risposte vanno elaborate per iscritto oppure oralmente.
La povertà delle proposte deve essere rettificata per due ordini di motivi:
2
i) è necessario fornire spazi per l’uso orale della lingua, un uso che copra una
gamma di funzioni dove lo studente possa assumere un ruolo anche pro-attivo anziché
solo quello reattivo, tipico di chi risponde solamente a domande;
ii) è necessario fornire spazi nei quali lo studente possa manipolare dei concetti
(attraverso la lingua) per farli propri e per acquisire le competenze, rispetto al
contenuto, previste dagli obiettivi. Di norma tali competenze non possono essere
pienamente acquisite rispondendo a domande che mirano a sapere quanto lo studente
ricordi del contenuto presentato sulla pagina. Le competenze riguarderanno la capacità
dello studente di applicare le conoscenze, di trasformare informazioni da una forma
all’altra, di interpretare e valutare problemi o questioni utilizzando il contenuto;
riguarderà la capacità dello studente di ‘pensare’ e di lavorare con il contenuto
presentatogli.
E’ nostro parere che il format che meglio possa creare le condizioni per un
apprendimento integrato di lingua e contenuto, venendo incontro alle esigenze di i) e ii)
sopra richiamate, è il compito.
Il compito, essendo di natura ‘globale’, richiede allo studente di operare a molteplici
livelli, sia linguistici che cognitivi, contemporaneamente. Il fuoco dell’attenzione non è
sulla lingua ma sulla cognizione - ideale perché la competenza linguistica in crescita
acquisti spessore.
Il compito, quindi, integra e trasforma la lezione frontale, utile per la trasmissione di
informazioni ma carente dal punto di vista dello studente e gli obiettivi fissati per lui
che, è bene ricordarlo, nella situazione CLIL sono duali, di lingua e della materia.
3. La dimensione linguistico-cognitiva in CLIL
Fare parlare gli studenti per discutere, riflettere, argomentare, proporre, ecc. è cosa
ardua.
Lo è quando si tratta della lingua madre. Lo è molto di più quando si tratta di una
lingua straniera.
Il docente di lingua straniera, consapevole delle difficoltà, generalmente propone delle
attività ‘facili’. Lo fa perché vuole che lo studente possa dedicare tutta la sua attenzione
ad aspetti in apprendimento: nuove forme, nuovo lessico, la correttezza, la
scorrevolezza.
La preoccupazione primaria del docente di LS è creare le condizioni perché la
competenza in LS dello studente possa svilupparsi. Per fare ciò elimina fattori che
possono distogliere lo studente da tale processo.
Nelle situazioni CLIL la situazione è diversa. Lo studente è impegnato fin da subito in
attività difficili perché queste sono collegate direttamente con lo studio della materia.
Studiando la materia, lo studente non solo deve apprendere i contenuti (e la lingua ad
essa associata), deve anche sviluppare delle abilità cognitive.
A questo riguardo, il progetto sperimentale Liceo Linguistico Europeo (1994:37-38)
specifica in maniera dettagliata non solo gli obiettivi di contenuto, ma anche:
i) finalità e obiettivi anche per la lingua della materia, ad esempio:
- finalità: capacità di reperire informazioni, di utilizzarle in modo autonomo e
finalizzato e di comunicarle con un linguaggio scientifico; capacità di cogliere
l'importanza del linguaggio matematico come potente strumento nella descrizione del
3
mondo e di utilizzarlo adeguatamente;
- obiettivo: utilizzare il linguaggio specifico della disciplina;
ii) obiettivi in termini di abilità cognitive, ad esempio: applicare, collegare,
riconoscere, stimare, valutare, ecc.
Tali abilità cognitive sono trasversali a diverse materie del curriculum per cui l’abilità
cognitiva acquisita in una materia è spendibile nello studio di un’altra.
La Newcastle Thinking Skills Movement ha elaborato una tassonomia generale di
abilità cognitive per consentire la creazione di attività per la promozione cognitiva dello
studente.
Il lavoro è stato svolto nella convinzione che nessun’area disciplinare possa essere un
fine a se stessa (almeno nella scuola primaria e secondaria date le costrizioni temporali)
ma rappresenta un mezzo attraverso il quale assistere l’apprendimento e lo sviluppo
della capacità di apprendere. L’intento del gruppo è di spostare l’attenzione da ‘lo
studente deve sapere che ..’ ad una focalizzazione su abilità quali:
- abilità di elaborazione, di informazione: classificare, selezionare, ordinare,
raggruppare, sequenziare, comparare, confrontare, analizzare;
- abilità di ragionamento: fornire ragioni per opinioni, decisioni, conclusioni; usare
lingua in maniera precisa per spiegare il proprio pensiero;
- abilità di ricerca: porre (porsi) domande pertinenti; porre (porsi) e definire problemi;
fare ipotesi; pianificare il da farsi; collegare causa ed effetto; predire esiti; anticipare
conseguenze; trovare e testare conclusioni; migliorare le proprie idee;
- abilità cognitive creative: generare idee e applicare l’immaginazione alla ricerca di
domande alternative;
- abilità di valutazione: valutare informazioni ed elaborare criteri per giudicare idee
proprie ed altrui.
Tornando, quindi, alla situazione CLIL, lo studente che studia contenuti disciplinari (o
interdisciplinari) nella LS è chiamato a svolgere nella LS delle thinking skills, quali
quelle sopra esemplificate, sia perché costituiscono obiettivi espliciti del percorso CLIL
sia perché è il processo stesso di apprendimento che le richiede.
La questione linguistica in situazioni CLIL, quindi, non si limita solo all’uso
appropriato del lessico specifico (la microlingua) ma investe, come già accennato,
anche la sfera cognitiva dal momento che lo studente usa la lingua per apprendere.
4. Un modello metodologico di ‘compito’
Cos’è un compito? Proponiamo il modello di Willis (1996):
Obiettivo
Input
Attività
Esito
4
Ogni compito ha un obiettivo. Per raggiungere l’obiettivo l’insegnante propone un input
(testi da leggere o ascoltare, immagini, griglie, ecc.) e chiede allo studente di svolgere
qualche attività sull’input.
Lo svolgimento dell’attività porta all’elaborazione di qualche prodotto (l’esito). In base
alla qualità dell’esito l’insegnante potrà valutare se l’obiettivo è stato raggiunto.
Le caratteristiche comunicative del compito sono state descritte in vari modi da diversi
studiosi. Prendiamo quanto è stato proposto da Skehan (1998:95). In un compito:
- il significato è primario;
- c’è qualche problema (comunicativo)4 da risolvere;
- c’è qualche legame con il mondo ‘esterno’, fuori della scuola;
- viene data priorità al completamento del compito;
- si valuta il compito in termini dell’esito.
Il compito, così descritto, calza bene la ‘realtà’ dello studio di una disciplina dove il
fuoco cade naturalmente sul ‘significato’ e dove è facile trovare un ‘problema’ da
risolvere. Si pensi ad attività quali il completamento di un planisfero con dati tratti da
un testo; la redazione di un rapporto sulla distribuzione delle ricchezze in un paese
africano usando delle percentuali fornite sotto forma di una ‘torta’; ecc.
Tuttavia, nella realtà dello studio di una materia, il più delle volte compiti, come quelli
sopra esemplificati, vengono svolti dagli studenti da soli, individualmente al banco o a
casa. In questo modo viene a mancare l’interazione linguistica e, più in generale,
l’opportunità per la comunicazione orale.
C’è invece bisogno di introdurre meccanismi per stimolare un maggiore uso orale della
lingua anche per quegli esercizi che non sembrano avere le caratteristiche di un
compito quali il Vero o Falso, la scelta multipla, l’abbinamento o completamento di un
testo (cloze).
A questo riguardo Nuttall (1982) suggerisce che l’insegnante non dia la risposta giusta
ma che avvii una discussione sulle scelte fatte chiedendo agli studenti di giustificare
verbalmente le loro risposte. In questo modo, oltre ad ovviare al problema della scelta ‘a
caso’, tipico in questo tipo di esercizi, si crea una situazione di discussione che richiede
l’uso della LS.
Il modello metodologico proposto da Willis per il compito, sembra capace di cogliere
l’istanza appena fatta, ossia creare le condizioni per un uso maggiore della lingua,
soprattutto orale. Il modello si articola in tre fasi:
1. fase pre-compito: in questa fase l’insegnante fornisce allo studente tutto il supporto
che serve per poter svolgere il compito in modo proficuo: introduzione dell’argomento
trattato dal compito; spiegazione dello scopo del compito; introduzione di parole,
espressioni e termini utili; chiarimenti delle istruzioni, ecc. Proprio alla luce
dell’importanza della pianificazione ai fini dello sviluppo della competenza linguistica
dal punto di vista della correttezza e della complessità (si veda sopra), Skehan
(1998:137-138) propone che nella fase del pre-compito vada concesso del tempo agli
studenti di prepararsi e pianificare lo svolgimento del compito stesso.
4
Le parentesi sono nostre perché ci sembra che la specificazione ‘comunicativa’ rifletta più la situazione
della classe di lingua straniera piuttosto che la classe CLIL.
5
2. fase dello svolgimento del compito: questa fase, la parte qualificante del modello, è
articolata in tre momenti:
i) svolgimento del compito: gli studenti in gruppo svolgono il compito in base
alle
indicazioni date;
ii) progettazione della presentazione: dopo aver svolto il compito gli studenti
decidono
insieme sulla modalità migliore (scritto, orale, o ambedue) per presentare gli esiti del
compito alla classe; se scelgono la modalità orale, potranno utilizzare una scaletta, dei
grafici oppure degli appunti sulla lavagna come sostegno alla presentazione, ecc.; se
scelgono la modalità scritta (prodotto elaborato collettivamente), decideranno se
distribuire l’elaborato sotto forma di fotocopie oppure leggerlo a voce alta, ecc. Tale
momento di progettazione offre delle opportunità ulteriori per usare la LS in maniera
significativa, discutendo, decidendo, ragionando, ecc.
iii) riferire l’esito: è il momento in cui i gruppi presentano, nella modalità da
essi decise,
gli esiti dei lavori. Per rendere partecipativo tale momento, si chiede agli altri studenti
della classe di ‘utilizzare’ in qualche modo la presentazione dei compagni (ad esempio
di paragonare gli esiti individuandone similitudini e differenze; elencare divergenze;
ecc) onde direzionare la comprensione.
3. fase post-compito: questa fase del modello si propone come un momento in cui
l’insegnante e gli studenti discutono insieme degli aspetti linguistici del lavoro svolto
per poi passare a una fase applicativa di parole nuove ed espressioni importanti,
utilizzate nello svolgimento del compito, durante la fase di progettazione e durante la
relazione.
In un percorso CLIL, dove l’attenzione non è primariamente sulla lingua, la fase del
post compito potrà consistere in un’analisi degli aspetti contenutistici coinvolti nello
svolgimento del compito onde offrire feedback sulla correttezza e appropriatezza dei
contenuti.
L’aspetto interessante della terza fase consiste nella possibilità di una focalizzazione
congiunta sugli aspetti contenutistici e linguistici insieme dove un lavoro sulla lingua
può essere affrontato, ed eventualmente ripreso, dall’insegnante della LS nella normale
lezione di lingua. Può costituire, in altre parole, una focusing on form necessaria per lo
sviluppo della competenza linguistica in ambienti CLIL.
La fase può anche rappresentare un momento in cui lo studente si auto-valuta e segna
sul proprio diario le difficoltà linguistiche incontrate durante l’attività. L’insegnante
della LS usa questi appunti per formulare interventi atti a colmare gli aspetti carenti e
quelli che registrano particolari difficoltà.
5. La complessità e la difficoltà del compito
Fornire opportunità di svolgere dei compiti non comporta automaticamente l’uso della
lingua, soprattutto orale, da parte di tutti gli studenti. Il parlare costituisce un’attività
difficile e l’insegnante di lingua straniera si misura ogni giorno con questa difficoltà
Quante volte sarà successo all’insegnate di chiedere ai suoi studenti di ‘discutere’ su un
determinato argomento e avere come risposta il silenzio?
Nel CLIL possiamo forse dire che le difficoltà siano maggiori per due motivi:
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- lo studente deve focalizzare la sua attenzione sul contenuto e su quello che deve far
con esso. La sua attenzione, quindi, è divisa fra il contenuto e la lingua. Nella classe di
lingua ‘normale’ questa divisione, di norma, non esiste: le attività sono proposte perché
lo studente si eserciti con la lingua. Il contenuto è secondario;
- lo studente deve anche crescere linguisticamente, non solo nella sua fluency ma anche
nella correttezza come anche nella complessità. Le ricerche sui programmi ad
immersione in Canada documentano che tale crescita non è automatica.
Dalle ricerche effettuate sui compiti (Skehan (1998), Nunan (1989), Candlin &
Murphy, 1987) e sulla capacità attentiva (limitata) dell’individuo (Anderson (1995),
Levelt (1978)) si evidenziano una serie di variabili che possono essere utilizzate per
‘ammorbidire’ l’impegno richiesto allo studente. Se il task è reso più ‘facile’, lo
studente avrà maggiore attenzione da dedicare non solo al contenuto ma anche alla
lingua usata.
Robinson (2001) individua quattro categorie di variabili le quali, combinate fra loro,
possono aumentare/diminuire l’impegno linguistico e cognitivo richiesto allo studente:
i) Complessità: la complessità del compito è data da numerose variabili che si trovano
elencate nella tabella sotto riportata;
ii) Difficoltà: la difficoltà del compito risiede nelle capacità e nelle caratteristiche
affettive dell’apprendente: la sua motivazione, l’atteggiamento, il livello di ansietà, la
fiducia in sé, l’attitudine linguistica, l’intelligenza e la competenza linguistica.
iii) Condizioni: le condizioni del task si riferiscono alla struttura interna del compito; ad
esempio: se è aperto o chiuso, one-way o two-way (si veda sopra) ed ai partecipanti
(familiarità o meno, rapporti di potere, solidarietà, ecc.) e alle condizioni di interazione
che ne derivano.
iv) Contenuto: il contenuto del task si riferisce alla distinzione fra materiale pedagogico
o autentico, nonché alla modalità di presentazione – orale o scritto.
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Bibliografia
Anderson, J.R., 1995, Teaching the Spoken Language, Cambridge University Press,
Cambridge
Bygate, M., 1987, Speaking, Oxford University Press, Oxford
Candlin, C. e Murphy, D., 1987, (a cura di), Language Learning Tasks, Prentice Hall,
Englewood Cliffs
Ellis, R., 2003, Task-based Language Learning and Teaching, Oxford University Press,
Oxford
framework for examining task influences on SLA, in Robinson, P., (a cura di), Cognition
and Second Language Instruction, Cambridge University Press, Cambridge
Levelt, W.J.M., 1978, Skill Theory and Language Teaching, in Studies in Second
Language Acquisition, 1
Malamah-Thomas, A.,1987, Classroom Interaction, Oxford University Press, Oxford
Nunan, D., 1989, Designing Tasks for the Communicative Classroom, Cambridge
University Press, Cambridge
Nuttall, C., 1982, Teaching Reading Skills in a Foreign Language, Heinemann, Oxford
Robinson, P., 2001, Task complexity, cognitive resources, and syllabus design: a
triadic
Skehan, P., 1998, A Cognitive Approach to Language Learning, Oxford University
Press, Oxford
Willis, J., 1996, A Framework for Task-based Learning, Longman, London
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