Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari BURUNDI CAMERUN CIAD CONGO R. D. MOZAMBICO SIERRA LEONE BANGLADESH FILIPPINE GIAPPONE INDONESIA TAIWAN THAILANDIA AMAZZONIA BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore responsabile: Marcello Storgato Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Fruisce di contributi statali (legge 270/1990) In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2014 MARZO n. 3 Amore cristiano per i poveri No alla cultura dello scarto e dell’esclusione A distanza di qualche tempo dalla pubblicazione di Evangelii gaudium, è possibile registrare le reazioni che l’esortazione programmatica di papa Francesco ha suscitato. Sono poche quelle dei giornali e dei media, perché il documento, lungo e complesso, è difficilmente descrivibile in titoli sensazionali. Delusioni ed entusiasmi Scontate sono anche le reazioni negative dei cosiddetti tradizionalisti, rimasti male per il tono dimesso e feriale del testo e per le sue affermazioni sulla gerarchia delle verità, che riduce di molto le loro battaglie ideologiche, per una liturgia tornata a essere celebrazione popolare, più che rito solenne, e soprattutto per la ripresa e il rilancio dei documenti e dello spirito del concilio Vaticano II, tornato di attualità. Gioiose ed entusiastiche sono le reazioni del popolo cristiano, che sente di nuovo la freschezza del vangelo e la prossimità della chiesa, e si rallegra che la compassione e la misericordia riprendano il loro posto nella pastorale della chiesa. Già si parla di “effetto Bergoglio”, che ri- p. GABRIELE FERRARI, sx avvicina alla chiesa chi l’aveva abbandonata: “Sentiamo, dicono, che la chiesa è tornata casa nostra, nostra madre”. La gioia del vangelo e il mondo degli affari Aspra è stata invece la risposta del mondo degli affari, irritato per l’accusa di complicità rivolta al suo sistema economico e finanziario, responsabile della persistente povertà e del degrado sociale nel mondo attuale. Tra le parole del papa che più colpiscono il lettore di Evangelii gaudium, infatti, sono quelle che si riferiscono ai poveri e che denunciano l’attuale sistema economico e politico: “Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e dell’ine- VALORE DELLA DONNA E DELL’ UOMO È possibile rimetterci sul binario giusto? a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx P ensieri, sdegno, rammarico. E anche preghiera e tanta voglia di fiducia e di speranza, perché non è possibile arrendersi ai fatti della cronaca, che poi sono solo punte di iceberg: un monito che avverte di una desolazione molto più estesa, incontrollabile. Penso al valore della persona umana, uomo e donna che sia, bambino e anziano, giovane e adulto che sia. Siamo proprio allo scarto, alla pazzia? Mentre ero dentro questi pensieri, mi è giunta la lettera dell’amico sardo Ignazio Fadda, un Parkinsoniano al IV stadio della malattia, debole nel fisico ma forte nello spirito. È intitolata, “Malefatte alle donne, nostre compagne di vita”. Lascio a lui la parola. “Ogni volta che accendo il televisore per conoscere eventi che si verificano nel mondo, sento notizie tristi, in particolare violenze alle donne. E mi viene in mente l’8 marzo, festa della donna. Ma che festa è se le donne - nostre mogli, figlie, amiche e compagne di vita - vengono trattate così? A questo punto, mi è sembrato corretto scrivere due righe per ricordarle, nella giornata a loro dedicata. Pensando a come e cosa scrivere, mi sono reso conto di quanta ipocrisia si riscontra in questo mondo, dove l’uomo non ci fa certamente bella figura. Giungono notizie di donne picchiate o maltrattate o violentate e abbandonate e uccise dall’ex di turno. L’uomo, che non ha saputo essere uomo, non ammette che lei possa rifarsi una vita o comunque stia bene anche senza di lui. E allora, giù botte e soprusi, ferendole nella loro dignità di donna, fino a eliminarle del tutto. So bene che quello che sono riuscito a descrivere è poca cosa. Ma invito tutti gli uomini seri e onesti, a recitare un mea culpa, che serva a chiedere scusa alle donne per tutto quello che subiscono da questi mostri di uomini crudeli e incoscienti, privi di qualsiasi essenza della vita. Chi scrive è uno che ama la vita e la vuole vivere insieme a una donna che ama e rispetta, per tutti quei valori che essa sa dare. L’amore per la donna deve essere eterno, e la vita intera va vissuta insieme, nel bene e nel male, per costruire una famiglia piena di valori e sentimenti la cui credibilità deve essere pari a quella vissuta da Maria e Giu- seppe nella Sacra Famiglia. Propongo agli uomini di festeggiare ogni giorno la donna (e non solo l’8 di marzo). Dobbiamo essere fieri della donna, servirla e riverirla con tutto l’amore, oggi più di ieri, e non molestarla neanche con un fiore. Alle donne dico: Grazie di esistere! Anche se a volte noi uomini non meritiamo tanto, dovreste ricevere da noi solo baci e carezze, senza procurarvi dolori e tristezze. Dobbiamo essere fieri e amarvi con il cuore, più di ieri, e donarvi una gioia infinita, finché ci rimane la vita. Mentre finivo di scrivere questa mia riflessione, un’altra triste storia si consumava e chiedevo: le istituzioni cosa stanno facendo? Perché non riescono a far rispettare le leggi? Questi mostri chiudiamoli nelle galere e buttiamo via la chiave. La società, maltrattata com’è, ha bisogno di pace e serenità”. (Ignazio Fadda, Sardegna) Aggiungo solo una parola a quelle di Ignazio, nei tempi che corrono. E cioè, la “regola d’oro” del mutuo rapporto: “Tutto quanto volete che gi uomini facciano a voi, anche voi donne fatelo a loro”. Lo scrive Matteo ■ nel vangelo (7,12). Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia Abbonamento annuo € 10,00 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 2, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue quità” (53) perché è “un’economia che uccide”. Il papa si meraviglia che la morte di un anziano ridotto a vivere per strada non faccia colpo più degli alti e bassi della borsa. Ed è scandaloso, continua il papa, che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame; che la società attuale pratichi la legge del più forte “dove il potente mangia il più debole”; che condanni così grandi masse di gente ad essere escluse ed emarginate “senza lavoro, senza prospettive, senza vie d’uscita”; che consideri l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Un’indifferenza globalizzata Francesco chiama la nostra la “cultura dello scarto” (53). Questa è la ragione per cui il papa deve denunciare le teorie liberistiche secondo cui “ogni crescita economica riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo… Un’opinione mai confermata dai fatti, che esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante” (54). Di qui viene una “globalizzazione dell’indifferenza”, che spegne la compassione per il grido di dolore degli altri, come se fosse una responsabilità estranea che non ci compete. “La cultura del benessere” funziona da ane- stetico e ci fa perdere la calma, “se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo” (54). I poveri nel cuore di Dio Il papa si scusa di dover fare denunce così gravi. La scelta dei poveri non è contro nessuno, perché il papa ama tutti (58), poveri e ricchi. Ma vorrebbe che tutti capissero che l’opzione preferenziale per i poveri non è una scelta sociologica o politica, ma un’esigenza teologica. Essa deriva dal fatto che “nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri” e che Gesù si è identificato con loro. Per questo il papa desidera che la chiesa sia “una chiesa povera per i poveri” (198), che i poveri siano al centro della comunità cristiana, non come oggetti dell’assistenza e della promozione, ma come soggetti che hanno qualcosa da insegnare alla chiesa e alla società. Si deve guardare il mondo con gli occhi dei poveri e fare le scelte a partire da loro. Bisogna amarli e apprezzarli (199), dice papa Francesco e “nessuno deve sentirsi esonerato” (201) dal preoccuparsi per i poveri e i deboli, facendoci solidali con loro. Non entra anche questo in quella conversione pastorale e missionaria alla quale il papa c’invita e che viene a proposito in questo tempo di quaresima? ■ Nella foto, la statuetta in terracotta di san Giuseppe, dono della famiglia Bevilacqua a p. Pietro Uccelli, Vicenza. 2014 marzo n. ANNO 67° 3 2 L’Africa ha i suoi santi martiri 3 Padre Uccelli e san Giuseppe 4/5 Il contributo di tutti 6 Nella tenda, il figlio del riso L’amore è cammino paziente Laicato: Carmine, diacono felice da 25 anni Una devozione efficace per chi ha fede Messaggio alle chiese: La povertà sia illegale 2014 MARZO M IS SION E E SPIRITO MISSIONE FAMIGLIA Nella tenda, il figlio del riso Come ogni padre e madre a ogni nascita e Sara: cent’anni A bramo lui, novanta lei, dice il li- chiede loro il dono di fermarsi. Da seduto si alza; da padrone si fa servo. Offre il meglio che ha, bro della Genesi. Eppure ancora ma chiede se possono accettarlo in viaggio, sull’onda di una proe obbedisce alla loro parola di messa sempre più impossibile: la consenso. terra, la discendenza… quando Sara è nella tenda, dove la sono ancora nomadi e senza fipone il costume; ma anche lei, gli. Avessero costruito un palazdalla soglia, accoglie i forestieri zo, non si sarebbero però accorti e il suo silenzio completa il pardi quei tre forestieri, che neppure lare del marito. Il quale la coinavevano cercato un contatto. volge nella “fretta” del servizio Dalla soglia della tenda sua e e l’onore dell’accoglienza sarà di Sara, Abramo vede gli inattesi condiviso. viaggiatori: tre, uno, chissà. Sa “Dov’è tua moglie?”, è l’aubene che sono di passaggio, ma dace domanda dei tre. “Dove sei?”, “dov’è tuo fratello?”, aveva già chiesto il Dio della Genesi. È sempre un mistero per l’uomo sapere dov’è davvero la sua donna, da quel primo sonno che gli fece sfuggire la sua cifra seI tre forestieri, Abramo, e Sara che ascolta in disparte (miniatura) greta, e anche FIORETTI DI P. UCCELLI LA PREGHIERA OPERA MIRACOLI p. GUGLIELMO CAMERA, sx È proprio nel contesto della preghiera che si può capire qualcosa circa le famose benedizioni ed eventi straordinari attribuiti a padre Uccelli quando era ancora in vita, ragione per cui egli era molto ricercato. Solo Dio può operare cose meravigliose. L’unione con Dio in p. Uccelli era talmente profonda che Dio poteva agire in lui liberamente. Non c’era gesto benedicente senza la preghiera. “Sapevo che diverse persone andavano da p. Uccelli a domandare che pregasse per i malati, per questo, per quello e così via. Perciò il fatto che andavano, voleva dire che lui aveva già questa fama. Nello stesso tempo sembra che ottenesse dal Signore molte grazie: una persona mi ha riferito che lui ripeteva: «Non è merito mio: è il Signore!». Non si attribuiva mai dei meriti né si gloriava mai di niente. Riferiva sempre al Signore”. (testimonianza di mons. Domenico Passuello) Un’altra testimonianza circa le benedizioni di p. Uccelli: “A quel punto, il padre ci invitò a inginocchiarci. Noi ci inginocchiammo tutti e quattro; il bambino, invece, era in piedi davanti a me. Mise la mano sulla testa del bambino, tacque un attimo, pregammo un po’ insieme: un’Ave Maria, un Padre nostro, poi ci benedisse. Quindi, rivolgendosi a Padre Pietro Uccelli nel suo came, disse: «Sta tranquilla, questo bamratteristico gesto benedicente bino, da grande, non ti darà problemi». Di fatto, da quando l’abbiamo portato a casa, il bambino ha cominciato a star bene, ed è sempre stato bene, e dell’ipertrofia del timo non se n’è più parlato. In seguito, crescendo, è entrato a far parte della Società di San Gaetano e ora è missionario in Guatemala”. (testimonianza di Fanny Fossà) 2 In un’altra occasione, si parla di una grazia ottenuta e attribuita alla preghiera del servo di Dio. Così racconta il teste Marchioro Benito Massimo: “Una volta tutti e due noi gemelli abbiamo avuto la febbre molto alta per più di una settimana. La mamma non sapeva più che santo invocare. E papà, quando tornava a casa, la trovava che piangeva. Ma una sera, come rientrò dal lavoro, inaspettatamente sentì che la mamma cantava. Pensò: «È diventata matta». In realtà scoprì che i bambini stavano bene, non avevano più la febbre. Subito chiese a mia madre: «Cos’è successo?». Lei gli raccontò che al pomeriggio era partita con i due bambini in carrozzella ed era andata da p. Uccelli che, come al solito, le disse: «Io miracoli non li faccio, però posso pregare con voi il Signore». E così è stato: padre Uccelli pregò con lei. Quindi lei si avviò verso casa. Però, come giunse a casa, la febbre in noi non c’era più: era scomparsa del tutto”. sr. TERESINA CAFFI, mM lei ignora quella del compagno. Il forestiero - uno, tre, chissà - invita Sara, celata dalla tenda, a entrare apertamente nella circolazione della parola. A lei in particolare è rivolto l’annuncio: un figlio! Parola che tocca la sua piaga segreta, l’indicibile nostalgia. Da anni la speranza umana è morta, e anche il piacere. Sara ride: può solo ridere, perché ha pianto già troppo. Abramo l’aveva preceduta (Gen 17,17). Persone della soglia, ove si annodano passato e futuro; Abramo e Sara persone del riso, come ride ogni madre e padre a ogni nascita. Riso d’estasi, che annuncia al Creatore che ha saputo ancora stupire le sue creature. Insegnateci a cercar di sapere dov’è l’altro. A stare sulla soglia della nostra storia, perché il futuro possa trovare spazio. Sara e Abramo, fecondi nell’accoglien- LA PAROLA 1 Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. 2 Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3 dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. 4 Si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. 5 Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». 6 Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7 All’armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. 8 Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. 9 Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «E’ là nella tenda». 10 Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. 11 Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. 12 Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 13 Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? 14 C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». 15 Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso». Genesi 18,1-15 za, prima ancora che nel grembo, saremo capaci di rendere le nostre case meno castelli e più tende? Di piantare querce anziché muri? ■ Suor Teresina è a Bukavu, in Congo RD, dal 22 febbraio e vi rimarrà per sei mesi. Insieme a questa bella riflessione, manda un saluto a tutti. MISSIONE GIOVANI L’amore è cammino paziente sole tiepido asciuga l’atU nmosfera nel giorno di san DIEGO PIOVANI - [email protected] vedere un angolo di cielo, hai mutato il mio dolore in gioia immensa. Per incanto, Amore, Valentino, dopo tanta pioggia e vita e morte sono diventate per cieli grigi, mentre nei mass meme la stessa grande meraviglia”. dia è tutto un pullulare di cuoChissà cosa avranno provato i ri, baci, canzoni e auguri agli 25mila fidanzati, provenienti da “innamorati”. Se il mondo e la oltre trenta nazioni nel mondo, vita avessero tutto questo miele accolti per una speciale udiene zucchero, forse saremmo miza in piazza San Pietro da papa gliori: magari un po’ diabetici, Francesco venerdì 14 febbraio. ma più felici e positivi verso noi Sono ancora le sue parole a instessi e gli altri. segnare qualcosa a chi ha deciL’amore è, al di là delle occaso di intraprendere insieme un sioni commerciali, un argomenviaggio unico e impegnativo. to che fa discutere, riflettere e “Molti hanno paura di scelte dividere. L’amore è per sempre, definitive; è una paura generale l’amore è eterno finché dura, propria della nostra cultura. Quel’amore non è l’innamoramento, sta mentalità porta a dire che si l’amore cambia, l’amore è dinasta insieme finché dura l’amore. mico, l’amore ha mille ostacoli, Ma l’amore, se ha basi solide, l’amore non ha età, l’amore è un cresce come una casa che si cofiume in piena che travolge tutstruisce assieme. ‘Per sempre’ to, l’amore è passione, l’amore è non è solo una questione di duconsolazione, l’amore è sentirsi rata, ma è importante la qualità; a casa, l’amore è qualità ma non un matrimonio non quantità, l’amore è imPapa Francesco in un tweet ha invitato i fidanzati a non avere paura riesce solo se dura. prevedibile… di sposarsi: “Uniti in un matrimonio fedele e fecondo, sarete felici” L’amore è un cammiSi potrebbe contino paziente, che non nuare così all’infinito finisce quando vi siete e riempire una pagina. conquistati l’uno con Sono tutte affermal’altro. zioni vere e discutiQuesto cammino bili allo stesso tempo. ha delle regole che Anche san Paolo ha si possono riassumecomposto la sua lista re in tre parole: perparlando dell’amore, messo, grazie e scuche lui chiama “carisa. Non esiste una fatà” (cf. 1Cor 13, 4-8). miglia perfetta (nemÈ bello pensare meno la suocera!); che l’amore ci camINTENZIONE MISSIONARIA esistiamo noi peccatori. Vivere bi in meglio, che con più amoE PREGHIERA DEL MESE con cortesia e nel rispetto è il sere le persone che incontriamo, Numerosi giovani accolgagreto per costruire la vita insiele relazioni che intraprendiamo no l’invito del Signore a conme; bisogna entrare con cortesiano un antidoto alla tristezza, sacrare la loro vita all’annunsia nella vita degli altri. A volalla depressione, al buio intecio del vangelo. te, invece, si usano maniere un riore. L’amore per la missione, In tutte le culture siano ripo’ pesanti, come certi scarponi l’amore per Dio, l’amore per spettati i diritti e la dignità da montagna!”. una persona, per un lavoro, per ■ un’attività dovrebbe essere il motore delle nostre azioni. Non si possono nascondere difficoltà, delusioni, tradimenti; non si può nemmeno ignorare che oggi la parola “amore” è svilita, banalizzata, sprecata, abusata… Perché l’amore spesso è una montagna da scalare e non un oggetto da acquistare al centro commerciale, perché “amore e desiderio sono due cose distinte; non tutto ciò che si ama si desidera, né tutto ciò che si desidera si ama”, dice Miguel de Cervantes y Saavedra. L’amore è un dono da fare a se stessi e da offrire agli altri. Il poeta indiano Tagore scriveva: “Hai colorato i miei pensieri e i miei sogni con gli ultimi riflessi della tua gloria, Amore, trasfigurando la mia vita per la prossima bellezza della morte. Come il sole al tramonto ci lascia intra- delle donne. Conforti: “La preghiera è la nostra forza, la nostra onnipotenza”. 2014 MARZO V ITA SAV ERIA N A L’Africa ha i suoi santi martiri A Makobola, il sole sulla tomba di Ruphin Ndama Padre Dovigo invia le sue “lettere agli amici”, a scadenza mensile, da Bukavu, capoluogo della regione congolese del Kivu. Ci trasmette le emozioni missionarie, utili a vivere bene la “giornata dei martiri”. viaggio da BukaN elvunostro a Uvira non si prevede- va una visita a Makobola, dove è sepolto Ruphin Ndama, responsabile della comunità cristiana ucciso nel 1998. Ma quando suor Rosina ci parla della sua “nuova tomba”, manifestiamo il desiderio di farvi una visita veloce. Tutti d’accordo: suor Rosina di Parma, Ernesto e Mariuccia, amici brianzoli in visita, l’autista della Toyota e io. La strada, sassosa e a tratti polverosa, costeggia il lago Tanganika. Per quasi due anni io percorrevo questo tratto ogni settimana: ho ricordi e mi emoziono al pensiero di rivedere persone e luoghi. Intanto suor Rosina ci informa sul recupero del corpo del catechista Ndama e sulla sua sepoltura nella nuova tomba. Per lei è già “santo”. Per salvare l’Eucaristia Il 28 dicembre del 1998, la popolazione di Makobola era spaventata all’annuncio dell’arrivo dei soldati stranieri, con la missione di massacrare gente innocente, adirati per alcune decisioni del governo di Kinshasa. Ruphin Ndama aveva già inviato moglie e figli al sicuro, ma lui era rimasto con gli altri della comunità. All’ultimo momento, anch’egli scappava sul monte, ai piedi del quale si stende il paese. A un tratto, Ruphin ricorda l’Eucaristia, rimasta nel tabernacolo, che potrebbe essere profanata. Si sente responsabile. La deve salvare. Non ha dubbi. Lascia i compagni, prende il sentiero della discesa, allunga il passo, corre. Respira aria di bruciato, sente sparare colpi di fucile, vede colonne di fumo. I militari sono già arrivati e stanno violentemente distruggendo, uccidendo, bruciando. Ruphin arriva nello spazio aperto delle scuole e di casa sua, si dirige verso la chiesa e… incrocia i militari. È fermato e arrestato. Si dice che tra lui e gli La nuova tomba del martire Ruphin Ndama, a Makobola, 20 chilometri da Uvira, e il segno del sole, nella foto del testimone p. G. Dovigo p. GIUSEPPE DOVIGO, sx uomini armati ci sia stata una breve conversazione e una discussione tra gli assalitori. Prevale la violenza e lo uccidono. Suor Rosina ci parla del desiderio del nuovo vescovo di Uvira di fare un’inchiesta sulle virtù eroiche del catechista ammazzato. La popolazione ha voluto onorare il suo martire costruendo una tomba accanto alla chiesa, che il vescovo ha benedetto. La tomba e il segno del cielo Arriviamo al villaggio, che occupa una piccola penisola di verde intenso e che vive di pesca e agricoltura. Attraversiamo il cortile della scuola e saliamo su una piccola collina. La nuova chiesa porta la scritta: “Diaconia di Makobola, dedicata a Maria Immacolata”. A fianco della chiesa, l’albero con il cerchione di un camion, che serve da campana. Non lontana, la tomba di Ruphin, di un colore bianco-giallo che irradia sotto il sole di mezzogiorno. In una nicchia c’è la sua foto e, sulla croce, il suo nome e la data di nascita e di morte (1955-1998). La tomba è custodita da una ringhiera in ferro. Dedichiamo qualche momento al silenzio e alla preghiera, quando Mariuccia ci scuote esclamando: “Guardate il sole!”. Guardiamo… Il sole è ornato da un grande cerchio, un ampio anello colorito. Rimaniamo tutti incantati a osservare. La coincidenza ci fa esclamare: “È un segno del cielo! È il segno dell’accoglienza del nostro martire!”. Mi affretto a scattare qualche foto. La bontà del grano Il cristianesimo in Africa non è un pallone gonfiato e non ba- sta uno spillo per far perdere il suo vigore, come affermano alcuni pessimisti. Papa Francesco ci insegna la via della speranza: si aprono nuovi orizzonti, e vediamo la realizzazione di un popolo che si spalanca ai valori e alla gioia del vangelo. Infatti, “la bontà del grano si manifesta a suo tempo”. Attraverso vicende imprevedibili, lo Spirito fa germogliare nei cristiani congolesi il seme del vangelo, gettato nel loro buon terreno, e lo fa crescere in un albero robusto, sul quale si poseranno gli uccelli dell’aria. ■ LAICATO SAVERIANO Diacono felice da 25 anni CARMINE PACIELLO Carmine racconta alcuni “spezzoni” di vita che si intrecciano con la missione del laico saveriano e del servizio diaconale nella chiesa. Lo ringraziamo, augurandogli ogni bene. Ripercorrendo il film dei miei 25 anni, come diacono e laico saveriano, tanti sono i ricordi fissi nelNuccia e Carmine Paciello la memoria. Ad esempio, il giorno del primo incontro mio e di Nuccia con il laicato. Ricordo che, mentre ci veniva spiegato il progetto e la spiritualità saveriana, il mio cuore si riscaldava, acquistando la consapevolezza che lì volevo stare, che quello era il mio posto, che quella era la spiritualità che io per anni avevo cercato. Da allora è iniziata questa magnifica avventura che ci ha portato varie volte in Africa, dove ho avuto modo di esercitare anche il ministero diaconale, anche celebrando i battesimi in un villaggio, con la massima semplicità. Il battistero non era altro che un catino con acqua benedetta, che ho versato con le mani sulla testa dei bambini. Ripensando a quel momento, mi vengono in mente le parole di san Pietro che papa Francesco ha ripetuto in occasione del suo viaggio in Brasile: “Non ho né oro né argento, ma quello che ho ve lo do”. Io non avevo portato nulla che potesse sollevare quel popolo dalla sua sofferenza; avevo solo le mani che - per il dono del ministero ecclesiale - potevano far passare la grazia del Signore. Grazie al laicato saveriano, ho imparato cosa significa lavorare nel regno di Dio, senza lamentarmi, cercando di farlo in comunione, “come in una famiglia”. Questo, infatti, è l’altro insegnamento ricevuto in questi anni. Dall’inizio ho percepito di trovarmi in una famiglia, dove tutti facciamo lo stesso cammino e ci ritroviamo uniti nei momenti importanti, vivendo insieme le gioie e i dolori, che in questo cammino non sono mancati; da figli di Dio, li abbiamo vissuti nella preghiera. Anche in occasione del 25° di servizio diaconale ho percepito con gioia la presenza della famiglia del laicato. Infatti, nel salone offerto dalle benedettine per un momento di convivialità, con tavoli da 8 persone, gli amici venuti dai vari ambiti che frequento erano a un unico tavolo, mentre per la famiglia del laicato c’è stato bisogno di molto più spazio… “Che bello”, ho pensato, e che gioia vedere che la mia famiglia del laicato si è arricchita di tanti altri membri, che sicuramente hanno fatto la stessa esperienza che io feci vent’anni fa quando, entrandovi, mi sentii subito parte di un’unica famiglia! Non sapevo, allora, che ciò che stavo sperimentando era “il sogno del Conforti”, quello di “fare del mondo una sola famiglia”. Il sogno di Dio, infatti, è quello di vedere riuniti tutti i suoi figli e figlie in una sola famiglia. E ognuno di noi può diventare “segno” di questo “sogno”, vivendo da figli del Padre e fratelli di ogni uomo, come Cristo ci ha mostrato. ZANCHI P. GIUSEPPE, L’ATALANTINO FELICE re: “basta saper fare il tifo per l’Atalanta e tutto il resto fila a meraviglia”; come dire, “se la squadra vince, tutto va bene; se perde… son problemi”. ■ GUERRA P. MARIO, IN PACE CON IL DOLORE Padre Giuseppe Zanchi: Ranica (BG) 26.4.1930 - Parma 15.2.2014 Bergamasco autentico, nato a Ranica nel 1930, all’età di 83 anni, il 15 febbraio è spirato nella casa madre dei saveriani a Parma, dove era in cura da un mese. Entrato nella scuola apostolica a 13 anni, era sacerdote dal 1957. Dopo 21 anni di esperienza missionaria in Brasile e in Amazzonia (dal 1961 al 1982), ha lavorato in Italia in varie comunità e con varie mansioni: Alzano Lombardo (BG), Desio (MB), Tavernerio (CO), Piacenza, dove per 12 anni si era dedicato alla pastorale nella chiesetta di Santa Chiara. Dal 2005 era tornato vicino casa, nella comunità di Alzano, disponibile per le confessioni e per l’accoglienza in portineria: sempre, eccetto quando era in campo l’Atalanta; allora non esisteva più nessuno. Era la squadra del cuore, fino a di- Missionario simpatico e guerriero, come fa presagire il suo nome. Anche nella sua lunga esperienza missionaria in Sierra Leone (35 anni), è caduto nelle trame della catastrofica guerra civile e fatto prigioniero. Il suo vescovo mons. Biguzzi racconta: “Gridò ai suoi assalitori: «Siete tutti assassini, ladri, criminali!», e si prese un sacco di botte. Ma non cedette mai, neanche quando lo fecero stare in ginocchio per ore sotto il sole. Sopportò con forza privazioni, pericoli e sofferenze della lunga prigionia”. Tornato in Italia per problemi di salute, lavorò con entusiasmo a Reggio Calabria, nel Padre Mario Guerra: Campagnola Emilia (RE) 21.10.1934 - Parma 17.2.2014 santuario Madonna della Grazia e nel Parco della mondialità. L’ultima tappa del “guerriero” è stata Parma, per curarsi. Scrive a un confratello: “Il Signore mi ha affidato un ruolo nuovo, quello della sofferenza e della preghiera. Ho accettato questo ruolo come una richiesta del Signore, senza riserve, e sono tanto sereno. Mi preparo a tornare a casa”. È spirato il 17 febbraio, a Parma, all’età di 79 anni; è stato sepolto a Campagnola Emilia (RE), suo paese ■ natale. DUE PUBBLICAZIONI POSTUME In una sala gremita a Rivarolo Mantovano, suo paese natale, è stato presentato il romanzo postumo di p. Silvestro Volta, “La famiglia di Kolè”, ambientato in Sierra Leone. La pubblicazione (Ed. Gilgamesh – Asola MN, pagine 256, € 15) è merito della Fondazione Sanguanini Rivarolo Onlus, che aveva già curato la stampa dell’altro volume “Il forte di Mwakete” (2012). È uscito postumo anche il volume “All’ombra del baobab” di Eugenio Susani (Ed. Dalla Costa - Bergamo; pagine 260, € 11,50). È una collezione di racconti che il grande volontario ha scritto sulla base delle sue esperienze di vita e di lavoro in vari paesi dell’Africa, soprattutto in Sierra Leone. Le due pubblicazioni risentono, in alcune parti, dell’epoca in cui sono state vissute e quindi richiedono una lettura critica. Ordini alla nostra Libreria di Brescia (030 3772780 int. 2). ■ 3 2014 MARZO IL MISSIONARIO PADRE UCCELLI E SAN GIUSEPPE: UN AFFETTO RECIPROCO DA SHANGHAI A VICENZA San Giuseppe, il miglior economo! a cura di p. GIANNI VIOLA, sx D opo 14 anni di apostolato intenso in Cina, p. Pietro Uccelli è richiamato in Italia da san Guido Conforti. Deve occuparsi di formare altri giovani alla vita missionaria. Viene perciò mandato a dirigere la “casa apostolica” di Vicenza, voluta e aperta dal santo fondatore dei saveriani il 1° ottobre 1919. Padre Uccelli è lì dal 1921, irradiando la sua santa influenza e simpatia in tutto il Veneto. Con sé, dalla Cina, porta la sua profonda devozione a san Giuseppe, il santo della Provvidenza. Alle preoccupazioni ci pensa san Giuseppe A san Giuseppe egli affidava tutte le sue preoccupazioni. Nelle sue lettere così scriveva: “San Giuseppe è l’economo di questa casa, e se vedesse come provvede bene! Inculchi e propaghi la devozione a questo caro santo, e ne vedrà effetti sorprendenti…”. “Ho un po’ di grattacapi, ma san Giuseppe ha l’incarico di pensarci lui”. “Ho molti pensieri, ma li addosso tutti a san Giuseppe e lui sa sbrigarmi ogni affaretto per quanto difficile e intricato che sia”. “Mettiamo tutto nelle mani di san Giuseppe perché ci pensi lui”. “Sono in mezzo a mille pensieri per le scuole, ma anche qui san Giuseppe aiuta in modo particolare”. “La Provvidenza quest’anno non è così visibilmente generosa come negli anni precedenti. La ragione è chiara: la campagna non ha dato quasi nulla ad eccezione del frumento. I ragazzi sono 49, i formatori e le suore 12, e poi non passa giorno senza che non ci sia qualche ospite. San Giuseppe, pensateci voi! Ecco il mio sicuro rifugio”. “San Giuseppe ne ha fatta una grossa…” San Giuseppe rispondeva alle sue richieste con continui be- nefici. Così si esprimeva il devoto p. Uccelli. “Per il cibo è san Giuseppe che ci pensa”. “Godo dirle che san Giuseppe ne ha fatto una grossa, come è solito lui”. “San Giuseppe è sempre con noi generosissimo”. “Sono tornato qui ove tutto trovai in buon ordine. San Giuseppe aveva già pagati i debiti”. “S. Giuseppe ci aiuta sempre in modo quasi portentoso e ne sono commosso. Viviamo in 62 persone, e non stentatamente, e tutto per la validissima protezione del nostro amatissimo san Giuseppe”. “Qui tutto benino. San Giuseppe mi ha pagato un mese di pane. Che sia sempre benedetto!”. “La metto a parte di una mia gioia, o meglio di una grande grazia di san Giuseppe. Oggi stesso ho potuto riscuotere quelle 20.000 £ di cui le parlai l’altra volta e che quasi quasi disperavo di poter avere. Quanto è buono il Signore e quanto potente è il patrocinio di san Giuseppe, a cui avevo raccomandato e affidato l’affare. Mi aiuti a ringraziare il Signore e san Giuseppe…”. “La casa va bene, ma bene davvero, materialmente parlando. E lei ne dubita? Creda pure che san Giuseppe anche in mezzo a tante miserie ci manda avanti con mano sicura. Quanto debbo a questo gran santo! Lo ringrazi anche lei per me…”. Insomma, per p. Uccelli, rettore della casa saveriana di Vicenza, oltre a essere il santo patrono della chiesa universale, san Giuseppe era diventato “il nostro munifico economo, il nostro patrono speciale, il nostro particolarissimo protettore”. Dal diario della casa saveriana di Vicenza Nel diario in cui venivano annotati fatti di cronaca quotidiana della casa di Vicenza, troviamo scritte cose davvero inverosimili. Vi leggiamo esplicitamente che “San Giuseppe ci manda…nove quintali di vino; sei quintali di granoturco; il telefono, senza pagare neppure la tassa occorrente per l’uso; settantasei quintali di lignite; un carro di carbone per la cucina; un intero servizio da cucina in rame; quattro belle lettiere di rete metallica; due carri di legna da ardere; dolci, riso, marmellata e un grosso pacco di tessuti di varia specie; un po’ di frumento; quattro forme di formaggio; generi alimentari in natura...”. San Giuseppe provvede anche ad altre cose, come: “lo sfondo per il presepio; copiose offerte; oltre tutto il resto, anche i dolci; una bella pianeta nuova per la Messa; l’aureola d’oro per il Bambino Gesù e per san Giuseppe: tutto dono, sia l’oro sia il pagamento della manifattura…”. In una parola, c’è “ogni ben di Dio”. Alcuni interventi sono registrati con particolare precisione: “Verso le 10, trovandoci senza pasta, p. rettore manda il fratello Dall’Armi a portarne alcuni pezzetti davanti a san Giuseppe. Dopo neppure 3/4 d’ora, san Giuseppe ce ne manda alcune casse da Arzignano per mezzo di una benefattrice dell’istituto”. E ancora: “Dopo le funzioni del mattino, trovandoci ancora senza pasta, il rettore ne fa porre qualche pezzetto davanti a san Giuseppe, e poco dopo ce ne arriva quasi mezzo quintale”. “Sorella, lei ha sbagliato porta!” Il superiore generale dei saveriani, p. Giovanni Gazza, partecipa alla festa Racconta p. Ermanno Zulian nel suo libro: “La buona dei 50 anni di sacerdozio di p. Pietro Uccelli (Vicenza, 1947) suora cuciniera era molto preoccupata quella mattina. Aveva visto p. Uccelli passare sotto il portico dopo la colazione e glielo aveva detto: «Padre, cosa mettiamo oggi al fuoco?». «Perché, p. PIETRO UCCELLI, sx sorella?». «Perché non abbiamo niente in dispensa, proprio niente!». «Ah, Padre Uccelli ci trovava gusto a raccontare ai ragazzi questa storia. corbezzoli! Fino a mezzogiorno ce n’è Un giorno il Padreterno passeggiando per il paradiso, arrivò fino alle mura, dove san ancora del tempo! Si preoccupa tanto, Giuseppe aveva impiantato una botteguccia da falegname, perché senza far niente non lei? Abbia fiducia, vedrà!». ci poteva stare. Il Padreterno fece quattro chiacchiere con lui, poi tornò indietro. Strada Ma il tempo passava ed era giunta facendo, incontrava gente beata e felice, incantata a guardarlo. Ma trovò anche facce l’ora di metter su qualcosa per il pranpoco rassicuranti che si voltavano dall’altra parte. Allora si recò in portineria da san Piezo. La suora si affacciava alla portinetro per domandargli che gente facesse entrare... ria a ogni scampanellata sperando che Pietro fu pronto a scusarsi: “Signore, domandalo a Giuseppe; è lui che li fa passare! entrasse la befana. Ma… niente. Allora Dietro la bottega, ha fatto un buco sulle mura e fa entrare bricconi, contadini, falegnaandò dal Rettore, disperata, bussò alla mi, operai…; poi quelli che portano il suo nome, i suoi devoti… anche ubriaconi!”. porta della sua stanza: «Padre, dunque Il Padreterno tornò da Giuseppe che sudava a piallare un’asse lunga… “Senti un po’: chi ti ha detto di far entrare tutte quelle facce da galera?”. “Signore, disse Giuseppe roscosa facciamo?». «Cioè? Dica, dica so come un papavero, bisogna avere misericordia! Sono lavoratori, hanno faticato sulpure!». «Ormai arriva mezzogiorno e la terra…”. “Ah, è cosi? Allora, visto che vuoi fare da padrone, fa’ i fagotti e fuori sule pentole sono ancora vuote». «Ah, bito di qua”. sorella, lei ha sbagliato porta! Ha Giuseppe non si scompose. Mise giù la pialla e asciugandosi il sudore, rispose: “Va besbagliato porta, sa! Vada in saletta da ne. Ma posso portar via ciò che è mio, vero?”. Il Padreterno, pensando si riferisse ai pansan Giuseppe a dirlo a lui!». ni e ai quattro ferri, concesse: “Sì, sì, portati via ciò che è tuo, ma fuori subito!”. GiusepLa suora andò davanti alla famosa pe ringraziò e fece il conto: “Dunque… vado a chiamare la Madonna e Gesù”. “Ma costatuetta, ma non arrivò al terzo Gloria me? Che pretese sono queste?”. “E sì, Signore, Maria è mia sposa, Gesù è nostro figlio!”. Patri che il campanello squillò. Si preIl Padreterno restò muto, ma san Giuseppe continuò senza paura, ringalluzzito: “La cipitò lei stessa ad aprire ed entrarono Madonna poi ha la sua dote, e quella non la possiamo lasciar qui”. “Di quale dote stai cinque operaie della soffieria di S. Croparlando?”, domandò il Padreterno. E Giuseppe, a memoria: “Regina angelorum… Rece con una cesta piena di pasta, mezzo gina apostolorum… Regina martyrum… Regina virginum…”. sacco di riso, del pane, una grossa botIl Padreterno fu disarmato: gli andava via tutto il paradiso e restava solo. Gli disse: tiglia d’olio e persino venti chili di sa“Ho capito! Sta’ pure dove sei, lavora e… fa’ quel che ti pare e piace!”. (Gioia di fare il le” (Gioia di fare il bene, p. 89-90). ■ bene, p. 83-85). C’È UN BUCO SUL MURO IN PARADISO 4 IL SANTO “ITE AD IOSEPH - ANDATE DA GIUSEPPE!” p. GIANNI VIOLA, sx contesto del 60.mo anniversario della morte del N elservo di Dio p. Pietro Uccelli, avvenuta appunto il Un cinese devoto di san Giuseppe a cura di p. GIANNI VIOLA, sx R acconta p. Ermanno Zulian nel suo volume “Gioia di fare il bene”: “Nel 1917 p. Pietro Uccelli ebbe occasione di recarsi a Shanghai e incontrarsi con il grande industriale cinese Lo Pa-Hong, tanto ricco quanto buon cristiano. Costui era proprietario delle centrali elettriche della città e di una compagnia di navigazione costiera. Ma i guadagni, le sue grosse ricchezze, egli le usava bene”. Una gran fiducia e tante opere di bene Di questo signore cinese di Shanghai (1875 - 1937) il gesuita Joseph Masson ha scritto una biografia. Lo descrive così: “Il suo primo campo d’azione riguardò le istituzioni caritatevoli: l’ospizio San Giuseppe per vecchi, fanciulli, feriti…, l’ospedale del Sacro Cuore come ambulatorio, l’ospedale della Misericordia per i malati di mente, l’ospedale del Cuore Immacolato di Maria con un terzo di letti riservati ai poveri, un ospedale di isolamento per gli inguaribili. La sua attività si estese anche all’Azione cattolica con l’evangelizzazione, la carità e l’educazione cristiana attraverso scuole e collegi affidati alla cura di vari istituti religiosi. Di nome si chiamava Giuseppe, e il suo santo per eccellenza, come per tutti i missionari a corto di quattrini, era naturalmente san Giuseppe. L’aveva assalito di novene per sette anni per costruire il suo ospizio al quale, per riconoscenza, aveva dato il suo nome. E si dichiarava il suo uomo di fatica, il suo boy, il suo servo. A san Giuseppe egli andava e s’indirizzava quando religiose, membri dell’Azione cattolica o amici in difficoltà gli confidavano le loro noie finanziarie, aggiungendole alle proprie, che non mancavano. Egli ripeteva con ragione: “Io posso morire, poco importa. Ma san Giuseppe non muore”. Le circostanze dimostrarono in seguito come questa fiducia fosse giustificata e fondata. Un giorno confidò alla superiora delle Piccole suore dei poveri un suo ostacolo finanziario, e quella, che doveva essere mol- Una devozione efficace, per chi ha fede saveriano il mese di san Giuseppe - marzo A ll’istituto - era vissuto con solennità, come quello di maggio in onore della Madonna: ogni sera lettura spirituale, canto delle litanie, benedizione Eucaristica. Così tutti gli anni durante la permanenza di p. Uccelli a Vicenza. Il devoto missionario ripeteva spesso: “Vedete la grande potenza di san Giuseppe? Il Padre Eterno lo ascolta! Siate molto devoti a san Giuseppe, per tutta la vita, e non ve ne pentirete, ve lo dico io!”. Padre Pietro Uccelli e il suo santo, dalla Cina a Vicenza “IL COTTOLENGO DI SHANGHAI” LA POTENZA DI SAN GIUSEPPE a cura di p. GIANNI VIOLA, sx 2 ottobre del 1954 nella casa saveriana di Vicenza, riproponiamo una particolare e importante caratteristica della sua spiritualità missionaria: la devozione a san Giuseppe, il “santo della Provvidenza”. Una devozione che tutti i cristiani hanno nel loro cuore, perché è la stessa devozione che Gesù stesso, Figlio a lui affidato, ha avuto verso colui che è stato il suo vigile custode, come un vero genitore. Come paterno custode di Gesù durante la sua vita terrena, Giuseppe è anche custode del Corpo mistico di Cristo, la chiesa. Così la chiesa lo ha inteso e dichiarato, e come tale lo venera e lo presenta al culto e alla devozione dei fedeli: patrono della chiesa universale. È la massima espressione di quella devozione che il popolo cristiano ha sempre mantenuta viva nel corso della storia. Sulla scia della fede ecclesiale, l’invocazione devota e fiduciosa di p. Pietro Uccelli è molto significativa: “San Giuseppe, pensateci voi!”. “Ite ad Ioseph! - Andate da Giuseppe!”, così era stato inciso sul primo sarcofago del devoto missionario. Per ogni cosa, infatti, p. Uccelli attribuiva tutto il merito a san Giuseppe. Quando qualcuno gli chiedeva una grazia, egli rispondeva: “Lei ha sbagliato persona. La chieda a lui!” (indicando san Giuseppe). E quando qualcuno tornava a ringraziare per aver ottenuta la grazia desiderata, egli ancora rispondeva: “Lei ha sbagliato persona. Vada a ringraziare lui!”. Questa devozione, già ancorata nel suo cuore, si è sviluppata e potenziata sull’esempio di un ricco cristiano cinese, incontrato a Shanghai. Così il missionario matura e cresce in esperienza, imparando da coloro ai quali è inviato. ■ IL LAICO 2014 MARZO to allenata a questo tipo di difficoltà, gli indicò con molta calma l’unico modo per uscire dalla crisi: mettere la medaglia di san Giuseppe nel luogo stesso dei lavori. Così egli fece, ma san Giuseppe sembrava non affrettarsi a intervenire. Allora prese un’ulteriore risoluzione: con gli ultimi trenta dollari della cassa comprò una statua del santo, la pose su un rialzo di terra, riunì i poveri e li fece pregare per ottenere almeno il denaro dei salari. Alla vigilia della scadenza, un benefattore fece recapitare mille dollari: questo era il segno che Dio voleva l’opera!” (J. Masson, Lo Pa-Hong, storia di un milionario, Ed. Isme 1953, pagine 133). “Eccolo là, sopra l’altare!” Continua p. Ermanno Zulian nel suo libro: “La conversione della sua famiglia risaliva alla storia del grande apostolo Matteo Ricci. E la casa Lo era aperta a tutti i missionari che arrivavano in Cina, da qualunque nazione venissero”. Anche p. Uccelli fu ospite a casa sua, in seguito a una strana coincidenza. Alle cure di p. Pietro Uccelli era stato affidato un confratello con patologie di crisi mentale. Gli era stato consigliato di portarlo a Shanghai per una visita specialistica, ma senza risultati. Tuttavia, in quella circostanza padre Uccelli ebbe modo di visitare il grandioso complesso delle opere di carità fondate da quell’insigne cristiano, e ne rimase profondamente colpito. Così, davanti alla chiesa, eretta in mezzo a tanti edifici, gli chiese: “Dica, dica: come fa lei a tirare avanti con tanta gente qui dentro?”. L’altro sorrise, e aprendo la porta lo fece entrare in chiesa e disse, additando la statua di san Giuseppe: “Padre, ci pensa san Giuseppe! Eccolo là, sopra l’altare…”. Padre Uccelli non disse altro. Ma conservò nel suo cuore questa bella impressione della terra cinese; e la coltivò tutta la vita come un’ammonizione che gli veniva dall’alto” (E. Zulian, Gioia di fare il bene, pp. 21-22). “Tra p. Uccelli e la famiglia di Lo Pa-Hong si intrecciò un’intima relazione” - scrive p. Franco Teodori, che l’aveva conosciuto personalmente in Cina. “P. Uccelli era convinto di trovarsi davanti a un modello di cristiano che viveva il cristianesimo in modo inequivocabile. Per lui egli era come il Cottolengo di Shanghai”. ■ Il laico cinese Lo Pa-Hong e il missionario p. Pietro Uccelli: devoti a san Giuseppe Quella statuetta vecchia e prodigiosa Un giorno p. Uccelli rientrò a casa con una statua di san Giuseppe sotto il braccio, avvolta in un foglio di giornale. Una statuetta di terracotta, alta 35 centimetri: San Giuseppe guarda il Bambino che ha in braccio con un’espressione così affettuosa che pare gli stia parlando. Dietro la nuca, la statua aveva un bucherello: segno dell’aureola che era stata asportata. Ma dove l’aveva pescata? Nel solaio della famiglia Bevilacqua, che abitava nel palazzo davanti alla cattedrale di Vicenza. La serva di casa, Benedetta, aveva sentito che p. Uccelli era tanto devoto di san Giuseppe, e gli aveva detto: “Padre, l’ho io una statuetta del santo. I signori l’hanno messa in solaio tra le robe vecchie…”. “Davvero? Di’ alla padrona di regalarla a me. Le sarò tanto grato!”. Così il nostro padre Pietro quel giorno venne a casa, contento più che se avesse vinto un miliardo alla lotteria! La mostrò subito all’assistente dei suoi ragazzi, il quale vedendola esclamò: “Com’è vecchia!”. E lui: “Beh, e non era vecchio san Giuseppe?”. “Che ne fa, padre?”. “Cosa ne faccio? La metto in quella saletta vicino alla portineria a fare da procuratore e s’arrangerà lui a trovare il pane per tanti figlioli, perché io non ce la faccio proprio. Vedrai, d’ora in poi marcerà tutto a gonfie vele!”. Una patatina davanti al santo Così tutti vennero a conoscere il profondo rapporto confidenziale tra il missionario e san Giuseppe. Mancavano le patate? Padre Uccelli diceva a suor Marianna di mettere una patatina davanti alla statuetta… e le patate non tardavano ad arrivare. Mancava la pasta? Ecco, due tagliatelle o un maccherone davanti a san Giuseppe. Così per la legna, l’olio, e tutto ciò di cui si aveva bisogno. Tanta semplicità e fiducia del buon missionario verso il santo della Provvidenza non rimase mai delusa. Diceva: “Quando avete bisogno di qualcosa, mettete un campione sul piattino, davanti a lui o scrivetegli un biglietto. San Giuseppe non è andato a scuola, ma sa leggere lo stesso, e meglio degli altri; lui ha imparato da solo, corbezzoli!”. Racconta la signora Carla: “Mancavano pochi minuti alle 16, orario della merenda, quando la superiora si avvicinò a p. Uccelli e gli chiese: «Padre, che facciamo per la merenda?». E il padre, di risposta: «Non sono ancora le 16. Venga alle 16!». Difatti, poco dopo, esattamente alle ore 16, suonò il campanello e io, curiosa com’ero, corsi a vedere. Con grande stupore vidi entrare all’istituto per il portone di viale Trento una persona con un carretto trainato da due buoi, con sopra due enormi pentole piene di patate americane appena cotte, ancora fumanti, bollenti, pronte per la merenda”. La devozione a san Giuseppe si estende Ben presto crebbe la devozione alla statuetta che p. Uccelli aveva in casa. Ad essa si rivolsero sempre più le attenzioni della comunità, preoccupata di assicurare a san Giuseppe l’aureola, il tronetto, l’altare e la cappella. Nel diario della casa saveriana si legge: “Sto preparando un’aureola d’oro a san Giuseppe e al Bambin Gesù, e grazie al Signore ormai ho raccolto l’oro sufficiente. Quanto è buono il Signore!”. “Oggi san Giuseppe è ornato dell’aureola d’oro; così pure il Bambino Gesù”. “San Giuseppe viene messo in un bellissimo tronetto…”. La devozione a san Giuseppe si sparge per tutta la città, fra i benefattori che, nel mese di marzo soprattutto, affluiscono davanti al nuovo altare, fatto costruire da un benefattore. Con i lavori di restauro della casa saveriana, una sala viene destinata per ricevere i visitatori; qui viene trasportata la statuetta prodigiosa di san Giuseppe. Sotto la statuetta, viene collocato un album che raccoglie le firme di coloro che si raccomandano al santo. Dobbiamo imitare l’uomo giusto La solennità di san Giuseppe era preceduta spesso dal ri- La statuetta di san Giuseppe, tanto cara a p. Uccelli, custodita nella chiesetta san Pietro d’Alcantara, a Vicenza, accanto alla tomba tiro spirituale con alcune esortazioni particolari: “Nutrire un illimitato abbandono nella Divina Provvidenza”. “Compiere santamente tutti i propri doveri, perché anche di noi si possa dire, a imitazione di san Giuseppe, che siamo giusti”. “Corrispondere alla grazia di Dio”. Padre Uccelli raccomandava di non dimenticare mai san Giuseppe, “perché di un tale santo ne abbiamo sempre bisogno”. E con particolare efficacia spiegava la vita e le virtù del santo, invitando tutti a imitarlo: “Ioseph vir iustus - Giuseppe uomo giusto”: essere sempre giusti con Dio, con noi, con i fratelli in ogni circostanza”. Raccomandava soprattutto la retta intenzione. Dal libro di p. Ermanno Zulian raccogliamo un altro episodio singolare. “L’inverno del 1930 fu molto freddo. Di legna ormai non ce n’era più in casa. San Giuseppe sembrava un po’ sordo in quei giorni e p. Uccelli si lamentava. Tanto che lo disse agli allievi e impressionò tutti quella mattina dopo la meditazione: «In mezzo a voi temo ci sia qualcuno che non fila dritto, qualcuno che è qui non per Jesum sed propter esum - capite il latino? “Non per amor di Dio ma per mangiare a ufo”. Non so spiegare diversamente come san Giuseppe, il nostro procuratore, da un po’ di tempo non ci doni più niente e le provviste siano finite, la dispensa sia vuota». Pochi giorni dopo, da Arzignano il solito benefattore mandò all’istituto due quintali di pasta; da Nogarole arrivò un bel carro di legna, così grosso che i due cavalli sudavano a tiralo; e da Compolongo una carrettata di patate e una sporta piena di salami, lardo e luganeghe (salsicce)” (Gioia di fare il bene, p. 64). ■ PADRE UCCELLI: UNA VITA PER LA MISSIONE 1874, 10 marzo - nasce a Barco (Reggio Emilia); in tenera età perde la mamma. 1886 - Pietro entra nel seminario di Marola; i parrocchiani pagano la retta per i suoi studi. 1897, 18 settembre - viene ordinato sacerdote. 1898 - sei anni di vita pastorale in diocesi di Reggio: a S. Terenziano di Cavriago, a Piolo, a Poviglio. Vuole diventare missionario, ma il vescovo non è d’accordo. 1904, 30 novembre - don Piero inizia il noviziato saveriano a Parma con la guida di san Guido Conforti come “maestro”; il 3 dicembre del 1905 si consacra alla missione con i voti religiosi nella famiglia saveriana. 1906, 19 gennaio - p. Pietro parte in nave da Napoli per la Cina, dove lavora per 14 anni. È missionario a Pechwang e a Cheng-chow, nella regione Honan Occidentale, amato dai cinesi che egli ama. 1912 - p. Pietro è accanto a mons. Calza, ordinato vescovo da mons. Conforti, cura le missioni di Hsuchow e Hsiang-shien e si dedica alla formazione delle suore “Giuseppine”, fondate dal vescovo Calza. A Shanghai conosce Lo Pa-Hong, il cristiano cinese grande devoto di san Giuseppe. 1920, gennaio - p. Pietro arriva in Italia; nel 1921 è nominato rettore nella casa saveriana di Vicenza, per la formazione degli aspiranti alla vita missione, aiutato dal provvidente san Giuseppe; ma si occupa molto anche dei poveri, dei malati e dei sacerdoti, come loro guida spirituale. 1954, 29 ottobre - p. Pietro muore, dopo 33 anni intensi, lasciando a tutti un grande esempio di vita evangelica e di dedizione missionaria, per amore di Dio e dell’umanità. Per desiderio popolare, la salma viene tumulata nella chiesetta accanto alla casa saveriana di viale Trento, a Vicenza. 5 2014 MARZO IL M ON D O IN CA SA SUD/NORD NOTIZIE Non solo politica ● Tunisia: nuova Costituzione. Il Parlamento ha adottato la nuova Costituzione, la prima dalla caduta del presidente Zine el Abidine ben Ali nel 2011. Il testo è stato approvato al termine di un lungo ma pacato dibattito, seguito dal voto articolo per articolo. Uno dei punti cardine della nuova costituzione considerata tra le più innovative nel mondo arabo - è la parità di diritti garantita a uomini e donne. Il testo garantisce anche libertà di culto, pur ribadendo che l’islam è “religione di Stato”. ● Dossier Caritas-Migrantes. Il rapporto di quest’anno sottolinea che l’Italia cresce grazie agli stranieri. Tuttavia il rischio che gli stranieri vivano in condizioni di povertà è più alto. Sono in aumento gli alunni con cittadinanza straniera nati in Italia. “Abbiamo sottolineato cinque punti - ha spiegato mons. Perego, direttore della fondazione Migrantes - 1. Non aumentano gli immigrati da fuori, ma il loro numero cresce con i nati da immigrati già in Italia. 2. Superare i Cie (Centri identificazione ed espulsione), pericolosi per la sicurezza delle persone. 3. Più investimenti contro la tratta di esseri uma- Il contributo di tutti pagina a cura di DIEGO PIOVANI ni. 4. Maggiore attenzione alle discriminazioni. 5. Più ecumenismo e dialogo interreligioso”. ● Zimbabwe: rimosse sanzioni. L’Unione europea ha revocato le sanzioni nei confronti di otto alti dirigenti politici dello Zimbabwe, in vigore dal 2002, ma hanno deciso di mantenere quelle a carico del presidente Robert Mugabe e della moglie Grace. Le sanzioni consistono nel divieto di viaggio in Europa e nel congelamento di fondi e beni delle personalità colpite dal provvedimento, criticato dall’anziano capo di stato che non accetta concessioni a metà. ■ Ci danno coraggio! Congo RD: festival “Amani”. Per tre giorni la popolazione martoriata di Goma ha partecipato in un insolito clima di festa a concerti, balli e spettacoli che hanno coinvolto artisti congolesi, burundesi, ruandesi e internazionali. “La nostra generazione non ha conosciuto la pace; questa situazione deve cambiare. Cantiamo la pace, perché è la nostra unica speranza. Soltanto uniti potremo ottenere il ritorno di una realtà viva e dinamica, fonte di speranza e sviluppo. Ciascuno de- ● ve dare il proprio contributo…”. È l’appello internazionale per la pace letto in francese e in swahili da due giovani al termine del festival Amani (pace in swahili www.amanifestival.com/fr). ● Filippine: barche come cliniche. Per avere la possibilità di distribuire aiuti medici e umanitari in cinque isole, colpite dal tifone Haiyan, l’ong Medici Senza Frontiere ha organizzato cliniche mobili sulle imbarcazioni. Possono curare fino a 250 pazienti al giorno, eseguendo interventi minori e trasferendo i casi più complicati all’ospedale di Guiuan. Le isole sono ancora completamente distrutte e ci vorrà molto tempo per una ripresa. Nuove emergenze ● Libano: terre cristiane. Oggi i cristiani libanesi possiedono circa 4mila chilometri di terra (la metà rispetto al dopo indipendenza del 1943). La drastica diminuzione è legata alla forte emigrazione dei cristiani libanesi. Molti di loro, prima di partire, vendono le terre ad acquirenti musulmani, con l’approvazione del governo che vuole agevolare gli investimenti dei Pae- MISSIONI NOTIZIE Non solo soprusi ● Indonesia: sharia per tutti! L’amministrazione provinciale di Aceh, nel nord dell’isola di Sumatra, ha approvato un decreto legge che impone ai musulmani e ai non musulmani di osservare la legge islamica (sharia). Tutti coloro che violeranno i precetti della legge islamica, indipendentemente dalla loro religione, saranno processati secondo la legge islamica. Violazioni come bere liquori o non indossare il velo islamico per le donne potrebbero essere puniti con la fustigazione. I rappresentanti delle chiese e attivisti per i diritti umani hanno definito il provvedimento “lesivo dei diritti umani e della libertà religiosa”. Iraq: candidati cristiani. Saranno nove le principali liste politiche ispirate da attivisti cristiani - caldei, siri e assiri - che prenderanno parte alle prossime elezioni parlamentari irachene, in programma il 30 aprile. Ancora una volta gli attivisti politici legati alle comunità cristiane presenti in Iraq si presentano in ordine sparso all’appuntamento elettorale che dovrà selezionare i 325 membri del Parlamento (con 5 seggi riservati ai cristiani). ● 6 ● Armeni santi. A quasi cent’anni dal genocidio armeno - perpetrato nei territori dell’attuale Turchia nel 1915 - la chiesa armena apostolica conferma l’intenzione di procedere alla canonizzazione per martirio delle vittime. I vescovi e i sacerdoti che compongono il comitato hanno discusso le modalità da seguire per la canonizzazione, concordando che l’intero percorso sarà ultimato entro il 2015, nel centenario del genocidio. Intanto, il ministro degli esteri turco Davutoglu ha prospettato l’ipotesi di aprire le porte della Turchia ai discendenti delle famiglie armene fuggite dal territorio turco dopo i pogrom antiarmeni. ■ C’è chiesa e chiesa... Ciad: la cattedrale di Mongo. È stata consacrata a Mongo la cattedrale di Sant’Ignazio, in una regione prevalentemente musulmana. L’edificio può accogliere almeno 600 fedeli e alcuni affreschi ricordano la vita della chiesa locale, in particolare la testimonianza dei cristiani durante gli anni della guerra in Ciad. L’edificio è stato costruito con le pietre provenienti dalle montagne locali, ma mons. Coudrey ha ricordato che la cattedra● Visitate il nostro sito www.saverianibrescia.com/new per leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com le è l’espressione della testimonianza di fede dei cristiani, che costituiscono una casa di “pietre vive”. ● Turchia: moschea “cristiana”. L’antico monastero di San Giovanni in Studion sarà trasformato in moschea, terminati i lavori di restauro; sembra debba seguire il destino già toccato dalle antiche chiese di Haghia Sophia (Santa Sofia) a Trabzon e a Iznik. L’imprenditore cristiano greco-ortodosso Lakis Vingas ha fatto notare che “l’eredità culturale è universale e non va trasformata in terreno di antagoni■ smi religiosi”. Una storia speciale Condanna e clamore. Negli Stati Uniti c’è una condanna che fa discutere. È quella a ● Splende il sole su Kamenge, in Burundi, e i danni dell’alluvione del 19 febbraio sono ancora più visibili (foto C. Marano) si arabi del Golfo. Per tentare di frenare l’erosione delle proprietà dei cristiani in Libano, sono state presentate diverse proposte di legge. Burundi: alluvioni a Kamenge. “Il 9 febbraio, mentre la pioggia continuava a cadere, acqua e fango sono scesi dai quartieri alti con rami e alberi e detriti di ogni genere. Siamo stati letteralmente sommersi e il fan- ● go è entrato nel Centro giovani, ostruendo tutti i passaggi verso il fiume Nyabagere, impedendo così, lo svuotamento dei liquami. Giovani e operai per ore hanno impedito il peggio, ma è un disastro. Non siamo gli unici: sono state spazzate via case e ponti, le strade sono strapiene di fango, la gente cerca nel fango e nelle discariche impreviste, qualcosa da salvare” (p. Claudio Marano, sx). ■ MESSAGGIO ALLE CHIESE LA POVERTÀ SIA ILLEGALE GRUPPO RIVISTE PROMOTORE Mettere la povertà fuori legge è la sfida lanciata da numerose associazioni e riviste, tra cui Missione Oggi. La campagna “Dichiariamo illegale la povertà - Banning Poverty 2018” ha l’ambizioso obiettivo di far approvare dall’Onu nel 2018, 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, una risoluzione che dichiari l’illegalità di norme, istituzioni e pratiche all’origine della povertà. «Noi vogliamo parlare di impoveriti anziché di poveri - ha detto Riccardo Petrella (Università del Bene Comune, Bruxelles) - vogliamo smitizzare l’idea che la povertà sia “naturale”. Ci sono invece cause strutturali alla sua origine e ciò significa che possono essere eliminate». Patrizia Sentinelli (AltraMente) ha spiegato che bisogna partire da noi stessi: siamo impoveriti materialmente e anche di democrazia. È indispensabile per questo condurre un’azione di sensibilizzazione. Per Bruno Amoroso (Università di Roskilde, Danimarca) gli impoveriti, gli esclusi, sono andati aumentando e oggi riguardano il 99% della popolazione. Il potere finanziario, le grandi banche sono un obiettivo della campagna. Per p. Alex Zanotelli va combattuta l’idea che i “poveri” siano fannulloni: «Come credente ritengo sia necessario tornare alla tradizione biblica di coltivare il sogno della giustizia». La campagna intende muoversi, a partire dall’Italia, da tre campi prioritari d’azione: la democrazia, la giustizia economica e sociale, la cittadinanza. Per ognuno di questi campi sono state individuate leggi, istituzioni e pratiche sociali e collettive da mettere fuori legge, attraverso un coinvolgimento delle persone in un percorso da costruire insieme. E la dimensione internazionale è assicurata dal coinvolgimento di realtà in diversi paesi come Argentina, Quebec, Marocco, Malesia, Filippine, Belgio. quasi tre anni di carcere inflitta a una suora 84enne, Megan Rice, che insieme ad altri due pacifisti cattolici, Michael Walli e Greg Boertje-Obed, nel luglio 2012 fece irruzione in uno stabilimento di armi nucleari a Oak Ridge, in Tennessee. La loro azione di protesta rappre- Nella foto (ap) suor Megan Rice e i due pacifisti arrivano in tribunale per il processo sentò uno smacco per la sicurezza dell’impianto e tutti e tre furono accusati di sabotaggio. Gli altri due attivisti sono stati condannati a più di cinque anni di carcere. Suor Megan ha detto: “Stare in prigione per il resto della mia vita è l’onore più grande che possano farmi, ma dovevamo farlo, dovevamo rivelare la verità della criminalità che vi si compie; è un nostro obbligo. Abbiamo il potere, l’amore, la forza e il coraggio di farlo finire e trasformare l’intero progetto, per cui si sono spesi più di 7mila miliardi di dollari. La verità ci guarirà e guarirà il nostro pianeta, i nostri mali provocati dalla disarmonia del pianeta causata dalle peggiori armi della storia dell’umanità, che non dovrebbero esistere. Per questo doniamo la nostra vita, per la verità sulla terribile esistenza di queste armi”. ■ 2014 MARZO D IA L OG O E SOLID A RIETÀ LETTERE AL DIRETTORE p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale IL TEMPO DI... TOGLIERE LA PLASTICA Caro direttore, mondialità e familiarità è quello che si gusta leggendo le pagine di “Missionari Saveriani”. Anche i miei 72 anni (sono del ’42) sono pieni della Misericordia divina. Il mio “sport estremo” consiste nella conduzione di una piccola azienda agricola nelle Langhe. È solo durante l’inverno che riesco a prendermi il tempo di leggere distesamente le riviste che mi arrivano tutto l’anno. Sono effettivamente molte, ma il tempo per “togliere la plastica” lo trovo sempre. La comunicazione di ciò che la famiglia dei missionari saveriani fa in tante parti del mondo per testimoniare fede, speranza e carità vale davvero più dell’oro. Grazie, grazie! Beppe Marasso - Cascina Mattarello, Neive - CN Caro direttore, nella mia parrocchia arriva il vostro giornalino “Missionari Saveriani”, che a volte riesco a sfogliare, come è capitato in questi giorni. È la prima volta che leggo le “lettere al direttore” e sono rimasto senza parole leggendo le richieste dei sacerdoti don Piero e don Michele di sospendere l’invio del vostro mensile (cf. gennaio 2014, pagina 7). Mi domando: perché don Piero e don Michele non regalano la rivista a chi può avere il tempo per “togliere la plastica” e leggerla? Suggerisco qualche anziano che vive solo, oppure qualcuno che ha perso il lavoro, oppure... Credo che di possibilità ne esistano molte per continuare a ricevere le vostre notizie! Al più presto provvederò ad abbonarmi. È possibile effettuare il pagamento dell’abbonamento con bonifico bancario? Se sì, mandami il codice IBAN. Grazie e buon lavoro, Gianfranco Paroli - Cividale Mantovano - MN Cari amici lettori, vi ringrazio del vostro messaggio, così incoraggiante... per noi missionari. Davvero, qualche “collega” sacerdote riesce a svolgere un buon ruolo di “rottamatore”; ma laici come voi ci rifocillano di speranza. Anche perché, dopo tutte le occupazioni e preoccupazioni che avete già in proprio, sapete essere creativi e fantasiosi. Così Beppe, dopo lo “sport estremo” nella sua interessante azienda agricola (visitatela, magari navigando su internet!), trova il modo nella stagione invernale di distendersi, allungare le gambe e allargare la mente al mondo intero. Ogni cosa ha il suo tempo. Del resto, se fede, speranza e carità sono considerate “oro”, il loro valore non deprezza mai. E così Gianfranco, grazie alla strana richiesta di due sacerdoti, si propone di sostituirsi a loro come “nuovo” fedele abbonato al nostro modesto mensile. Credo sia anche pronto a passare un quarto d’ora nell’ufficio parrocchiale, prima della Messa, per “togliere la plastica” dalle riviste e disporle sulla bacheca in modo che tutti vedano e sappiano che c’è tanta “buona stampa”, a buon mercato. E qualcuno potrebbe essere invogliato, come Gianfranco e tanti altri e altre, a inviare l’indirizzo per riceverci direttamente a domicilio. Entrare e sostare nelle vostre case è sempre per noi una grande soddisfazione, una bella grazia! Fraterni affettuosi saluti, p. Marcello, sx P.S. - Per chi preferisce il bonifico, può trovare il n. IBAN a pagina 8, in alto. È opportuno inviare una e-mail per specificare causale e mittente. STRUMENTI D’ANIMAZIONE HA FATTO IL BENE CON GIOIA È già stato messo a disposizione degli abbonati di “Missionari Saveriani” della zona di Parma e Reggio Emilia, ma pensiamo sia bene indicarlo a tutti i nostri amici lettori. È il volumetto di p. Gianni Viola, vice postulatore per la canonizzazione del “servo di Dio” p. Pietro Uccelli, l’umile prete di origini Reggiane, accolto da san Guido Conforti tra i saveriani e da lui inviato missionario in Cina e poi richiamato in Italia per formare nuovi giovani per la missione, a Vicenza. P. Pietro Uccelli, testimone dell’amo- re (pagine 105, € 5.00) descrive la vocazione, il martirio della carità e la vita di preghiera del nostro missionario. Sono disponibili anche alcune copie dell’affascinante biografia scritta da padre Ettore Fasolini: Una lampada accesa (pagine 205, € 9.30); descrive l’avventura umana di p. Pietro Uccelli, missionario in Cina e a Vicenza. I MISSIONARI SCRIVONO Anche i bambini di Taipei raccontano la Bibbia Sabato 8 febbraio, nel salone vescovile di Taipei, si è svolta la prima edizione del concorso per bambini e adolescenti, “Racconta una storia della Bibbia”, patrocinato dalla commissione diocesana per l’apostolato biblico. In un clima di festa si sono succeduti sul palco bambini della scuola materna, alunni delle elementari, studenti delle medie e superiori, portando una folata di freschezza e novità alle belle storie della sacra Scrittura. Con grande impegno, le hanno imparate a memoria e le hanno poi presentate al pubblico con coraggio e fiducia. Nella commissione diocesana io sono “assistente spirituale”. Anche se ho fatto poco, mi hanno dato uno spazio molto grande; così ho colto l’opportunità per annunciare il vangelo di Gesù. L’arcivescovo è stato visibilmente contento della manifestazione, e anche tutti noi. La foto del vescovo con i partecipanti al concorso è del fotografo Mr. Zhao DongPing, che ringrazio sentitamente per la sua disponibilità. p. Fabrizio Tosolini, sx - Taipei, Taiwan Per aiutare le donne impegnate con i bambini in Amazzonia Qui nella parrocchia missionaria di Nostra Signora Aparecida a Tucumã, in Amazzonia, tutti i giorni alcune donne mettono a disposizione il loro tempo per visitare le gestanti e le mamme che hanno appena partorito. Parlano con loro, portano una parola di conforto, pesano i loro bambini e insegnano come prevenire malattie e danno ricostituenti ai bambini denutriti. Questa è la pastorale dell’infanzia, che noi chiamiamo “pastoral da criança”. Ho una proposta da fare agli amici e alle amiche di “Missionari Saveriani” come gesto concreto per la quaresima e la Pasqua che stiamo vivendo. La mia proposta è che uniamo le forze perché questa importante attività pastorale possa avere un fondo economico per organizzare un aiuto maggiore attraverso la campagna di coscientizzazione delle mamme e portare più alimenti nelle case dei denutriti. Buona quaresima e grazie a tutti voi. p. Paolo Andreolli, sx - missionario in Amazzonia Scrivo dalla missione congolese di Kindu, a un mese dall’arrivo Dopo un mese dal mio arrivo a Kindu (RD Congo), è giusto che faccia avere mie notizie. Kindu è una cittadina di circa 400mila abitanti, capoluogo della regione Maniema, sul grande fiume Congo (vedi foto aerea) che qui si chiama Lualaba. Ma non fatevi impressionare dal nome “città” né dal numero di abitanti. Gli edifici a due piani sono pochissimi e pochi quelli a un piano. Ci sono casette e capanne; i cinesi stanno aggiustando alcune strade principali, ma ancora nessuna è asfaltata. Il resto sono strade di terra battuta con buche e pozzanghere con le quali bisogna fare lo slalom. La cosa più importante da dire è che è quasi impossibile arrivare a Kindu via terra. Il mio confratello che è venuto ad aprire questa nuova missione, per fare mille chilometri è rimasto per strada sette giorni, dormendo nei villaggi lungo la strada. Ogni cosa deve essere portata via aereo o con un lungo viaggio per strada e per fiume. C’è anche un treno dell’epoca coloniale, che arriva in città circa una volta al mese. La conseguenza è che qui tutto costa molto caro. Il vescovo di Kindu ci ha dato l’incarico di costruire un “centro per i giovani”, un luogo dove i giovani potranno formarsi. Ma qui costruire è un’impresa difficile, e siamo un po’ preoccupati. Insomma, dobbiamo darci da fare… p. Rino Benzoni, sx - Kindu, Congo RD SOLIDARIETÀ AMAZZONIA: CASSE DI AMPLIFICAZIONE A TUCUMÃ La nostra parrocchia missionaria “Nostra Signora Aparecida”, a Tucumã nello Xingu, in Amazzonia, ha circa 90 comunità, molte delle quali non hanno né energia elettrica né tanto meno un impianto di amplificazione. Quando celebriamo la Messa o organizziamo incontri all’aperto con la numerosa partecipazione della gente, noi missionari dobbiamo… “sgolarci”. Avere una cassa di amplificazione a batterie, con microfono e attacco per pendrive e per chitarra, aiuterebbe molto il nostro lavoro, specialmente quando arriviamo alla sera della terza comunità di fila che visitiamo. Siamo quattro confratelli impegnati in questa vasta parrocchia: io, p. Luiz Amadeu che va sempre in luoghi molto lontani e difficili da raggiungere, il diacono brasiliano Evandro Pereira e p. Primo Battistini, che lavora nella pastorale sociale. Il valore di un impianto è di 1.200 reais, pari a 500 euro. Per quattro impianti - uno per ogni missionario - il preventivo ammonta a 2.000 euro. Chiediamo perciò ai nostri generosi amici di facilitare il nostro lavoro di evangelizzazione e di darci una mano a non… sgolarci. Grazie e Dio vi benedica! p. Paolo Andreolli, sx PICCOLI PROGETTI 2/2014 - AMAZZONIA Casse di amplificazione a Tucumã A Tucumã, nelle comunità sparse nella foresta, dove manca l’elettricità, servono casse di amplificazione a batteria con microfono per agevolare il lavoro dei missionari. Euro 500 per quattro impianti, per un totale di € 2.000. • Responsabili del progetto sono i saveria- ni p. Paolo Andreolli e p. Primo Battistini. 1/2014 - CONGO RD Sala polivalente a Goma Nella periferia di Goma, i saveriani della parrocchia di Ndosho, in forte espansione, desiderano costruire una sala polivalente, adeguata alle attività di formazione ed eventi. Si prevede un investimento per 31mila euro. • Responsabili del progetto sono i saveriani p. Roby Salvadori e p. Pietro Mazzocchin. Chi desidera contribuire, può utilizzare l’accluso C/c.p., oppure può inviare l’offerta su C/c.p. o bonifico direttamente a: “Associazione Missionari Saveriani Onlus” Viale S. Martino 8 - 43123 PARMA C/c 1004361281 (Cod. fiscale 92166010345) IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281 Richiedere a: • Libreria dei popoli, Brescia tel. 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781; e-mail: [email protected] Padre Paolo Andreolli, chitarra in mano, celebra la Messa in una delle 90 comunità della parrocchia “Nostra Signora Aparecida” È bene inviare copia dell’avvenuto bonifico via fax al n. 0521 960645 oppure via e-mail a [email protected] - indicando nome, cognome e indirizzo (per emettere documento valido ai fini della detrazione fiscale). 2014 MARZO ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 IBAN - IT 82 K 05428 52520 000000000195 (UBI Banca Popolare Bergamo, Alzano L.) La missione vissuta con passione Un giovane p. Mario Giavarini nella missione di Kamituga, nel Congo-Zaire: la gioia del primo annuncio del vangelo P. Giavarini missionario, formatore, animatore p. GIUSEPPE RINALDI, sx ha deciso di pasD asarequando dal seminario dioce- sano di Reggio Emilia all’istituto dei saveriani di Parma, la vita del giovane Mario Giavarini è stata caratterizzata da una grande passione per la missione, che trasudava anche dai pori della sua pelle. Era missionario sempre e ovunque, anche nel suo comportamento dignitoso, quasi naturalmente nobile. La stima e l’affetto di tanti Nato a Cavriago di Reggio Emilia il 24 novembre 1935, Mario portava per la sua terra d’origine quell’amore che distingue i reggiani, gente dalla fede solida come una montagna. Do- po una lunga camminata di 78 anni, il mattino del 14 gennaio, il Signore è venuto a chiamarlo improvvisamente nella casa dei saveriani di Alzano, che lui guidava da quasi tre anni. La solenne funzione di commiato si è celebrata nella basilica di Alzano Maggiore. C’era tantissima gente, a dimostrazione della stima che, in poco tempo, p. Mario aveva saputo guadagnarsi. Circa 40 sacerdoti, tra confratelli saveriani e presbiteri diocesani, hanno concelebrato la solenne Eucaristia di commiato. A rappresentare la direzione generale dei saveriani, c’era il bergamasco p. Eugenio Pulcini. “Il padre del sorriso” Ha presieduto l’Eucaristia p. Rosario Giannattasio, superiore dei saveriani d’Italia, che ha espresso le ultime affettuose parole di addio. Di padre Mario egli ha sottolineato soprattutto la generosa disponibilità a tutti gli impegni che la congregazione gli ha affidato. Non sono stati pochi e nemmeno facili, come quello che lo ha visto incaricato della formazione dei teologi saveriani in Spagna. Nella grande basilica, nascosti e quasi intimiditi tra tanta gente, c’erano anche alcuni di quei poveri abituati a bussare alla porta dei saveriani di Alzano, dove erano accolti dall’abituale tene- Giavarini, missionario cordiale Quel sogno condiviso insieme C on p. Mario Giavarini - lui reggiano e io vicentino - la comunicazione era facile, perché era un uomo cordiale. I ricordi più spontanei hanno l’atmosfera quasi notturna quando, andando a letto, passava davanti alla mia stanza e, trovando spesso la porta socchiusa, si fermava spontaneamente per una chiacchierata sui… fatti del giorno. Mi colpiva la sua spontaneità, la prospettiva ottimista dei fatti, la sua preferenza per il silenzio quando mi capitava di esprimermi su un argomento in modo negativo. Credo che padre Mario fosse allergico alla critica, anche se era capace di chiamare le cose con il loro nome. Un tema che condividevamo, con comune senso di sofferenza, era la nostra incapacità o impossibilità di estendere la nostra presenza e azione missionaria in qualche campo nuovo o diverso. Una persona davvero speciale Q uando la vita decide di farti un regalo, ti fa incontrare persone speciali; quando Dio si rende conto che quella è una persona degna del paradiso, ecco che entra nel giardino, prende il fiore più bello per trapiantarlo tra le sue perle. Il 14 gennaio p. Mario Giavarini è entrato a 8 p. NELLO BERTON, sx Nel nostro conversare spesso affiorava un ricordo nostalgico e riconoscente di p. Antonio Benetti, colto da infarto pochi mesi prima. Abbiamo sognato insieme che i superiori avrebbero mandato qualcuno per rimpiazzarlo. Ora sono insieme nella casa del Padre, e spero che continuino a sognare, anche perché il proverbio dice che “bisogna essere in due con lo stesso sogno affinché possa avverarsi”. ■ HERNANDA NICOLIELLO far parte di queste gemme. Lo ha portato via nella notte, facendolo risvegliare nella Luce: la stessa Luce che lo ha accompagnato nel corso della sua vita missionaria, trasmettendola a tante anime che vagavano nel buio! Sono anch’io nipote di un saveriano, p. Domenico Nicoliel- Padre Mario Giavarini accompagna la famiglia di Hernanda Nicoliello in visita a Bergamo Alta lo, tornato alla casa del Padre il 15 maggio 2005, dopo una lunga esperienza missionaria in Sierra Leone. Nel settembre 2004 lo zio si trovava a Parma, in cura. Quando andai a visitarlo, ebbi l’occasione di conoscere una persona speciale, signorile e fine: padre Mario Giavarini. Fu un bell’incontro, da cui scaturì una profonda amicizia. Scese al sud, per il battesimo di mio figlio. Lo portammo a visitare il Cilento, di cui s’innamorò. Lo scorso settembre decisi di andarlo a trovare ad Alzano con tutta la famiglia: tre giorni bellissimi. Ho notato che a tutti coloro che tendevano la mano, lui era pronto a mettere la sua in tasca. Da allora se vedo qualcuno chiedere la carità, mi viene in mente lui… e non passo indifferente: una lezione di vita che mi porterò sempre dietro. In dieci anni, p. Mario mi ha trasmesso tanto. Ora mi mancano il suo conforto, la sua amici■ zia, le sue telefonate. rezza di p. Mario, che sarà ricordato come “il padre del sorriso”. Anche se quello che donava era poco, era impreziosito dalla tenerezza dello sguardo e dalla luminosità del sorriso. Tre parole chiave Padre Mario ha lavorato in tre grandi nazioni: Italia, Spagna e Congo. Tre parole importanti hanno definito il suo lavoro: missione, formazione, animazione. La missione in Zaire, nazione centro occidentale dell’Africa, dove egli è vissuto in due diversi periodi, per quasi vent’anni (dal 1959 al 1970, e dal 1980 al 1987). Qui il missionario ha svolto la missione di primo annuncio del vangelo: un lavoro duro, che però lo rendeva felice. La formazione di giovani missionari saveriani in Italia e in Spagna. Nelle “scuole apostoliche” di Cremona e Zelarino (Mestre) p. Mario è stato direttore spirituale e rettore dei ragazzi che si preparavano come aspiranti alla vita missionaria. In Spagna (dal 1976 al 1979) gli viene affidato l’incarico di formare i giovani saveriani della teologia. L’animazione missionaria in Italia, svolta nelle varie comunità di cui è stato rettore (Desio, Parma, Vicenza, Alzano). Padre Mario era apprezzato da tutti, perché era capace di stabilire relazioni con le persone, che sapeva far appassionare per la missione. Quando il missionario non è impegnato in missione, il suo compito specifico è l’animazione missionaria per tener vivo “il fuoco della missione” nelle chiese locali. Infatti, c’è sempre la tentazione di ripiegarsi sui propri problemi, affievolendo lo slancio per la grande missione. Ora il suo corpo riposa nella terra di origine, a Cavriago di Reggio Emilia, nella tomba di famiglia, accanto a papà Olindo e a mamma Angela, che un giorno l’avevano donato al Signore come sacerdote e missionario ■ saveriano. Appuntamenti di marzo Dai saveriani di Alzano, in via Ponchielli 4 Messa con il Gams martedì 4 marzo ore 15 Veglia per i missionari martiri giovedì 27 marzo ore 20,45 Siete “benvenuti”, e tutti invitati a unirvi, almeno spiritualmente. LA MISSIONE SECONDO PAPA FRANCESCO a cura di p. G. RINALDI, sx Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium - La gioia del vangelo, papa Francesco ricorda come deve essere la missione della chiesa oggi. Mi limito ad alcune citazioni essenziali. • “Bisogna non perdere la tensione per l’annuncio a coloro che stanno lontani da Cristo, perché questo è il compito primo della chiesa. L’attività missionaria rappresenta, ancora oggi, la massima sfida per la chiesa e la causa missionaria deve essere la prima… È necessario passare da una pastorale di conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (n. 15). • “È vitale che oggi la chiesa esca ad annunciare il vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” (n. 23). • “Ogni rinnovamento della chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale” (n. 27). • “Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” (n. 49). • “La gioia del vangelo giunga sino ai confini della terra, e nessuna periferia sia priva della sua luce” (n. 228). “Invoco ancora una volta lo Spirito Santo, lo prego che venga a rinnovare, a scuotere, a dare impulso alla chiesa in un’audace uscita di sé per evangelizzare tutti i popoli” (n. 261). 2014 MARZO BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 IBAN - IT 45 Q 03500 11202 000000001607 (UBI Banco di Brescia, Brescia 2) Per non morire... sotto i libri Intervista al “grande” p. Gianni Zampini 1990 direttore della D al“Libreria dei popoli”, p. Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano a Brescia e in tutta Italia. La sua costante partecipazione ai grandi eventi locali e nazionali come “Fiera delle botteghe equo solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari, lo ha reso conosciuto e ricercato. Prima di partire da Brescia e raggiungere Cagliari, sua nuova destinazione, padre Gianni ci concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni. Da marzo sarai in Sardegna! Inizio una nuova esperienza di animazione missionaria, per me tutta da inventare. In Sardegna i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A me è stato proposto di lavorare a Cagliari, dove si concentrano metà della popolazione sarda e molta gioventù che frequenta l’università. Hai già in mente cosa farai? È presto per dirlo. Ho tante idee, ma poi bisogna vedere nella realtà e sul territorio. La Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche una bellissima rete di animatrici missionarie in ogni parrocchia. Sarà interessante lavorare con loro per diffondere l’ideale missionario. Cosa lasci a Brescia? Lavorare così a lungo in un posto porta ad affezionarsi ai luoghi e alle persone. Vado a cura di DIEGO PIOVANI via quindi con nostalgia, ma anche volentieri, perché dopo 23 anni credo di aver dato tutto quello che avevo da dare. Parto con entusiasmo, perché mi sembra quasi di rinascere. Non sarò più in mezzo ai libri, ma tra la gente. Sono anche un po’ preoccupato, perché in tutti questi anni il mondo dei giovani non è stato il mio target; mi occorrerà una buona dose di umiltà per accostarmi a chi per età potrebbe essere mio figlio e nipote... È vero, hai dato molto a tutti Giorno dopo giorno, ho capito cosa doveva fare il responsabile di un settore così importante per la comunità saveriana di Brescia. Mi sembra di aver impostato il lavoro con entusiasmo, tranquillità e serenità, secondo Davo don Giuseppe, di Leno E i ricordi della missione nel Kivu, in Congo Don Giuseppe Davo, 63 anni originario di Leno, era parroco di Fiesse da tre mesi, quando è morto per un infarto il 24 settembre 2013. Di lui ci racconta p. Fiorenzo che l’aveva conosciuto in missione. don GiusepH opeconosciuto in Congo, allora Zaire, nella missione di Kamituga nel 1986. Kamituga si trova nella regione dei grandi laghi, il Kivu, ed era un centro minerario a mille metri d’altitudine. Si scavava oro e c’era una società mineraria belga che gestiva una miniera. La comunità missionaria di Kamituga era formata da cinque preti fidei donum. Due erano di Ferrara: don Francesco Forini e 8 don Alberto Dioli; tre erano di Brescia: don Bruno Moreschi, don Paolo Gabusi e don Giuseppe Davo. Un uomo di saggia bontà Per noi saveriani di Kitutu, la missione di Kamituga era una tappa obbligata nei trasferimenti verso Bukavu. I viaggi erano disagevoli. Per percorrere i 230 chilometri che separano Bukavu da Kitutu, ci si impiegava una giornata intera. Una volta impiegammo tre giorni, con soste a Kasika e a Kamituga. Adesso a Kitutu c’è internet, ma le strade sono ancora peggiori. Don Giuseppe ha vissuto tanti anni in quella regione, come coadiutore a Kamituga e come Don Giuseppe Davo, scomparso il 24 settembre 2013, è stato missionario fidei donum in Congo dove ha conosciuto p. Fiorenzo Raffaini; nella foto a Kitutu, con don Paolo Gabusi (anche lui recentemente scomparso) e le saveriane Giovanna Rocchi e Lina Perrini p. FIORENZO RAFFAINI, sx parroco a Mwenga, con una comunità di sacerdoti locali. Era un uomo buono. Quando c’incontravamo, lasciava quel senso di serenità che rinsaldava il cuore e metteva dentro speranza. Speranza per un lavoro, quello missionario, vissuto spesso sulla linea della precarietà e del ricominciare, considerando le varie vicissitudini spesso tragiche che quella parte del mondo ha vissuto dal 1960 a oggi. Don Davo era di una bontà saggia, ricca di umanità e di ascolto. La convinzione di fare il bene Era un uomo intraprendente: tutti ricordano la turbina che, con l’aiuto di amici bresciani, ha installato a Mwenga. Poi i viaggi faticosi di settimane e settimane, a piedi, per raggiungere i cristiani che abitavano l’interno di quella parrocchia di montagna, con il fango argilloso a rallentare il cammino. Parlando con lui, capivi che la sua convinzione di fare il bene era profondamente radicata, quasi scritta nel suo dna. Aveva una visione non ingenua ma misericordiosa della vita missionaria. Capiva le difficoltà della gente, gli espedienti per la sopravvivenza, che a volte avrebbero potuto anche irritare, ma lui sorrideva come chi ha una visone del mondo ■ che va al di là delle cose. Padre Gianni Zampini, al centro, con la comunità saveriana di Brescia al completo, al termine della programmazione annuale, Limone sul Garda (settembre 2013) criteri che possono avere un futuro. La soddisfazione della gente mi ha confermato la bontà delle scelte fatte. La Libreria dei popoli ha ancora senso oggi? Sarebbe fondamentale che ogni comunità saveriana abbia una piccola libreria aperta al pubblico. È importante conoscere gli altri popoli e le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze e testimonianze che hanno inciso nella vita delle persone. Lo scopo della nostra libreria non è semplicemente “fare soldi”, ma diffondere certe tematiche importanti, che non si trovano in altre librerie. Padre Gianni e i saveriani di Brescia… Lascio una comunità entusiasta del faticoso lavoro che sta facendo. Certo, negli anni ci sono stati confronti e scambi di idee, ma senza porre troppi paletti e limiti. Nel mio lavoro ho cercato di guardare più al bene che potevo fare che alle regole da rispettare, come fanno anche i miei confratelli nei loro impegni specifici. Certo, alcune mie arrabbiature sono proverbiali, ma poi ogni cosa si risolveva nel migliore dei modi. Siamo una buona comunità, e abbiamo sempre cercato di aiutarci gli uni con gli altri. Brescia e i bresciani… Brescia è una realtà ricca come clero e congregazioni religiose, come presenza di iniziative e di librerie. All’inizio, mi chiedevano come mai i saveriani avessero deciso di aprire una loro libreria a Brescia. A dire il vero, in una realtà così consolidata e auto referenziale, non è stato facile entrare, anche perché il missionario rompe sempre un po’ gli schemi e “dà fastidio”. Ma una volta entrato nel cuore dei bresciani sono stato ben voluto. Anzi, ora si meravigliano perché vado via. E io rispondo sempre che “non voglio morire sotto i libri”. Mi sento ancora in forze, e vorrei spenderle in mezzo ai giovani e alla gente. Un saluto ai lettori… Con un forte abbraccio e un gran sorriso, saluto affettuosamente tutte le persone che in questi anni mi hanno reso migliore e mi hanno accompagnato con la ■ loro preghiera. IL CONVEGNO “PIÙ FORTI DELLE ARMI” Sabato 22 marzo al Centro Paolo VI, Brescia Il 13 marzo 2014 ricorre il 31° anniversario dell’assassinio di Marianella García Villas, presidente della commissione per i diritti umani di El Salvador, collaboratrice di mons. Romero. Definita “avvocata dei poveri, sorella dei perseguitati, voce degli scomparsi”, Marianella venne più volte in Italia a chiedere solidarietà e sostegno. Proprio per la sua opera di instancabile denuncia dei massacri e delle violenze perpetrate dalla giunta militare al potere in Salvador, venne messa a tacere per sempre. Il 24 marzo si ricorda invece il 34° anniversario dell’assassinio di Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, colpito a morte mentre stava celebrando l’Eucaristia. Da una terra dove scorreva il sangue, dove gli oppositori erano fatti scomparire, dove i diritti umani erano calpestati, la voce dell’arcivescovo, libera e autorevole, ha oltrepassato le frontiere e si è diffusa in tutto il mondo. Il 2 novembre 2013 si è commemorato il 20° anniversario della morte di Pierluigi Murgioni, sacerdote bresciano fidei donum, testimone martire di fede, pace e giustizia, che pagò la propria fedeltà al vangelo con oltre cinque anni e mezzo di carcere duro e di torture in Uruguay al tempo della dittatura militare. Don Pierluigi, prima di morire a soli 51 anni, ci ha lasciato in regalo la traduzione in italiano del Diario di Oscar Romero. Il convegno “Più forti delle armi”, in programma sabato 22 marzo dalle 9 del mattino al Centro pastorale Paolo VI, propone le figure di questi tre testimoni-martiri, con gli interventi di mons. Monari, Rolando Anni, Alberto Vitali, Raniero La Valle e don Benedini. L’invito è a tutti, per riflettere insieme sulla via della pace e della nonviolenza. 2014 MARZO CAGLIARI 09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1 Tel. 070 290891 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 IBAN - IT 27 M 03059 85342 100000011073 (Banca Credito Sardo, Macomer) Per non morire... sotto i libri Intervista a padre Gianni Zampini 1990 direttore della D al“Libreria dei popoli”, p. Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano a Brescia e in tutta Italia. La sua costante partecipazione ai grandi eventi locali e nazionali come “Fiera delle botteghe equo solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari, lo ha reso conosciuto e ricercato. Prima di partire da Brescia e raggiungere Cagliari, sua nuova destinazione, padre Gianni ci concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni. Da marzo sarai in Sardegna! Inizio una nuova esperienza di animazione missionaria, per me tutta da inventare. In Sardegna i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A me è stato proposto di lavorare a Cagliari, dove si concentrano metà della popolazione sarda e molta gioventù che frequenta l’università. Hai già in mente cosa farai? È presto per dirlo. Ho tante idee, ma poi bisogna vedere nella realtà e sul territorio. La Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche a cura di DIEGO PIOVANI una bellissima rete di animatrici missionarie in ogni parrocchia. Sarà interessante lavorare con loro per diffondere l’ideale missionario. Cosa lasci a Brescia? Lavorare così a lungo in un posto porta ad affezionarsi ai luoghi e alle persone. Vado via quindi con nostalgia, ma anche volentieri, perché dopo 23 anni credo di aver dato tutto quello che avevo da dare. Parto con entusiasmo, perché mi sembra quasi di rinascere. Non sarò più in mezzo ai libri, ma tra la gente. Sono anche un po’ preoccupato, perché in tutti questi anni il mondo dei giovani non è stato Un continuo ricominciare Il traguardo dei 50 anni di sacerdozio R ipercorrere cinquant’anni di vita sacerdotale missionaria è per me una gioia e, allo stesso tempo, un grande motivo per ringraziare Dio che mi ha riempito delle sue grazie. Sono entrato tra i saveriani nel 1948 nella casa di Tortolì e qualche anno più tardi ci siamo trasferiti a Macomer. La guerra era finita da poco e naturalmente anche noi “apostolini” ne subivamo le conseguenze. Giorni di grazia e di gioia Un po’ difficile è stato il salto in continente: dalla Sardegna a Zelarino, vicino a Venezia. L’ambiente, il clima e le differenze di vedute hanno messo a dura prova il mio carattere e la mia vocazione. Tuttavia la comprensione e l’affetto degli educatori hanno messo nel mio animo una nuova forza e un più grande entusiasmo nella vocazione missionaria. Gli studi del liceo e della teologia hanno rafforzato in me il desiderio di essere missionario. 8 Sono stato ordinato sacerdote il 13 ottobre 1963: giorni di grazia e di gioia. Subito dopo, sono stato inviato come insegnante agli studenti saveriani del liceo a Zelarino, avendo nel frattempo conseguito il dottorato in pedagogia all’università di Padova. Gli anni più belli in Burundi Dopo alcuni anni, i superiori mi davano finalmente il “via libera” per la missione: il Burundi. Qui ho trascorso gli anni più belli della mia vita. Anche se le difficoltà e le privazioni non mancavano, mi sentivo felice e pienamente realizzato. Purtroppo, per le note vicende politiche, sono stato espulso assieme ad altri 500 missionari, tra sacerdoti, suore e laici. Ma anche l’espulsione è stata per me un’esperienza che ha rinnovato e rafforzato il mio rapporto con Gesù. Dopo queste vicende, ho continuato nel mio lavoro di educatore e di insegnante. Ma sento che il mio vero lavoro è soprattutto quello di far conoscere a p. SERGIO CAMBIGANU, sx tutti che il Signore ci vuole bene. La vita con atti d’amore Ora, mentre mi trovo a lavorare ancora a Zelarino (Mestre), sento che posso vivere la mia vocazione missionaria alla maniera di santa Teresa del Bambino Gesù, diventata patrona delle missioni perché ha saputo cambiare le azioni della sua vita in atti di amore. Per capire che Dio amava e voleva proprio me, ho passato vari momenti di difficoltà e ripensamenti, ma sempre il Signore mi è stato vicino con il suo aiuto. Essere consacrati a Dio significa per me essere uomo tra gli uomini, ma con uno sguardo particolarmente pieno di amore e di comprensione verso gli altri. I miei cinquant’anni di sacerdozio sono stati un continuo ricominciare ad amare e a lasciarmi amare. La preghiera e la vita di comunità rinforzano continuamente questa sicurezza e ci spingono a desiderare che altri facciano la stessa esperienza di ■ gioia. Padre Sergio Cambiganu con la famiglia al completo per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale, dopo la Messa di ringraziamento nella chiesa di Sant’Orsola, a Sassari il mio target; mi occorrerà una buona dose di umiltà per accostarmi a chi per età potrebbe essere mio figlio e nipote... La Libreria dei popoli ha ancora senso oggi? Sarebbe fondamentale che ogni comunità saveriana abbia una piccola libreria aperta al pubblico. È importante conoscere gli altri popoli e le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze e testimonianze che hanno inciso nella vita delle persone. Lo scopo della nostra libreria non è semplicemente “fare soldi”, ma diffondere certe tematiche importanti, che non si trovano in altre librerie. Come farai a stare senza P. Gianni Zampini da marzo è il nuovo anilibri? matore missionario nella comunità saveriana Non sarà difficile. Per tanti di Cagliari; arriva da una lunga esperienza a Brescia e in Colombia anni ho scelto e proposto libri, pensando all’utilità per se un segnale della mia nuova la crescita umana e missionaria destinazione. Vado in Sardegna delle persone e dei gruppi. Da ben volentieri, perché è il posto adesso non proporrò soltanto per me in questo momento della libri, ma la Parola di Dio, il vanmia vita. E sono convinto che il gelo, la missione. Il mio lavoro popolo sardo possa ancora dare assiduo in libreria sarà sostituita molto alla missione. dal lavoro “gomito a gomito” in mezzo alla gente a Cagliari. Un saluto agli amici sardi… Con un forte abbraccio e un Ora devi scoprire il popolo gran sorriso, saluto affettuosasardo… mente già da ora tutte le persoSì… La mia unica esperienza ne che incontrerò e con cui lacon la Sardegna risale a un camvorerò: i sacerdoti, le delegate po di lavoro nel lontano 1973. missionarie, i gruppi giovanili Mi ero trovato bene. L’anno impegnati nella vita ecclesiale scorso, poi, sono stato a Medjue sociale, le comunità parrocgorje con un gruppo di giovani. chiali. Manteniamoci uniti con La prima persona che ho conla preghiera. ■ fessato era un sardo, quasi fos- L’ ANIMATRICE DI PAULILATINO “Sono la vostra amica più vecchia...” Carissimi missionari, sono di Paulilatino, la più vecchia delle vostre amiche, perché sono stata la prima a conoscervi quando, nel lontano novembre 1949, vennero i primi missionari, arrivati da poco in Sardegna, con i calendari da vendere. Il parroco mi chiamò insieme a un’altra persona, e questo fu il mio primo impatto con i saveriani. Ora sono passati tanti anni, ma nel mio cuore c’è sempre un posto per voi. Conosco la vostra vita e tutto quello che fate, perché ho avuto sempre modo di avvicinarvi, quando negli anni passati i saveriani erano di casa nella nostra parrocchia. Ora non è più così. Pazienza. Viviamo sempre nel mistero di Dio: lui ci guida, ci protegge, ci ama. Noi dobbiamo solo ricambiare; pur con i nostri limiti, dobbiamo amarlo! Soprattutto nella sofferenza, che è sempre un dono di Dio. Vi chiedo un ricordo nella vostra Messa: ne ho tanto bisogno! Grazie. Ho mandato un’offerta per due sante Messe in suffragio dei miei cari defunti. Ora sono felice di augurarvi un anno pieno di ogni bene e di un lavoro fruttuoso. Il Signore vi benedica, benedica il vostro lavoro e vi dia tutte le grazie che desiderate. Vi saluto e vi abbraccio in Cristo, la vostra amica, Peppina Saba. Ben ricordo, al ritorno dal convegno missionario sardo, sulla strada che da Macomer porta a Oristano, don Mario Cuscusa volle farmi visitare l’antico Pozzo sacro con la luce penetrante dall’alto, la bella chiesa e l’interessante Novenario di Santa Cristina, nel mezzo del parco di ulivi secolari. Era in aprile del 2008, e non ho dimenticato. Ma non sapevo che, tra tante antichità, a Paulilatino vivesse anche la più “anziana” delle nostre amiche missionarie sarde, la signora Peppina Saba! Grazie, cara amica fedele: ben volentieri la ricordiamo, insieme alla famiglia e a tutta la comunità di Paulilatino. Dio ci benedica! p. Marcello Storgato, sx 2014 MARZO CREMONA 43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Giorni, gli uni accanto agli altri Racconti di vita lungo il fiume Zambesi A metà dicembre è arrivata la prima pioggia. Desiderata, sperata, invocata, danzata, pregata. A volte temuta e maledetta. La prima pioggia ha iniettato vita alla terra ormai moribonda della savana, convertitasi nel verde, da un giorno all’altro e senza resistenza. La seconda pioggia ha fatto germinare la semente di mais e di miglio, lanciata qualche settimana prima, dopo la fatica di giorni a zappare sotto un sole impietoso. Pioggia e Dio: una parola In lingua chisena - una delle varie lingue del Mozambico - pioggia si dice mulungu. Ma Mulungu è anche Dio. Non che la pioggia sia dio. No. Solo che pioggia e Dio si dicono con la stessa parola: mulungu e Mulungu. Come si desidera, spera, invoca, danza e prega la pioggia, allo stesso modo si desidera, spera, invoca, danza e prega Dio. Qui, sulle rive dello Zambesi, Dio si è stancato di stare nei cieli. Qui, Dio piove. Giorni di pioggia battente a cui seguono giorni di sole verticale; giorni di cielo plumbeo si alternano a giorni di cielo terso. L’uno accanto all’altro. La gente è felice, perché la fatica sarebbe vana senza mulungu. Si augura l’acqua abbondante dello scorso anno e si scongiura la siccità dei cinque anni precedenti, quando decine di famiglie hanno abbandonato il distretto a causa della fame. Sono io l’analfabeta Ho grande rispetto per questa gente che saluta prima con il sorriso ampio della bocca e degli occhi, - l’uomo levando il cappello, la donna piegando lievemente le ginocchia - stringendo poi la mano ruvida e callosa, indurita dalla fatica del lavoro di ogni giorno. Gente che forse non sa leggere libri, ma che sa leggere il mondo. Sa leggere i segni della terra, del fiume, degli alberi, degli animali. Sa leggere il cielo, il vento, la luna e le nuvole quando preannunciano la pioggia. In questo universo di grandi saperi, sono io l’analfabeta. Il timore dei… coccodrilli Il corso principale del fiume p. ANDREA FACCHETTI, sx Zambesi dista circa due chilometri. Ma a lambire il villaggio di Chemba, dove vivo con gli altri confratelli, c’è una lanca collegata al fiume da un passaggio che nei tempi di secca si attraversa a piedi. In questo angolo incantevole di mondo, dove la corrente è lieve e il fondale è basso, si va a prendere l’acqua e a pescare. Lì sono attraccate le canoe che accompagnano alle isole, formate dai meandri del fiume. Sulle isole in molti vanno a coltivare i loro campi, essendo lì la terra più fertile e produttiva. La canoa non è in vetroresina come quella lasciata sul Po, ma è un tronco di albero scavato. Il remo è corto e ha una sola pala. Chi conduce siede a poppa. Su una canoa la prima volta ci vado con Estácio, vent’anni, che ogni tanto aiuta lo zio pescatore. Il timore è per i coccodrilli che, comunque, non attaccano le canoe. Ma Estácio ha una ragione in più per tranquillizzarmi: “Se una persona non ha problemi con altre persone, non ha di che preoccuparsi”. E aggiunge: “I coccodrilli e i cobra, sono man- “Oggi vengo a casa tua!” Arriva la primavera, l’inverno se ne va M entre scrivo, la primavera è ancora lontana e l’inverno pare più lungo che mai. La nebbia domina sovrana e la pioggia sembra senza fine. In molte zone della nostra penisola l’acqua ha riempito fiumi e canali, ha distrutto argini e strade, ha inondato paesi e case fino al primo piano. Essere sempre pronti Viene spontaneo farsi molte domande per cercare di capire se è tutta colpa del destino o anche colpa di noi uomini che abbiamo costruito su colline franose e su letti di torrenti, svuotati nella siccità ma pronti a riempirsi d’acqua in stagioni piovose e a esondare come cascate, causando distruzioni e sofferenze. Domani è un altro giorno. 8 Forse tornerà il sole con la bella stagione; e forse noi uomini impareremo a rispettare la natura e a prepararci ai prossimi inverni. Nessuno conosce il futuro, anche se tutti lo desideriamo. Solo Dio lo conosce e anche Gesù, suo Figlio. Ma ai suoi apostoli, che desideravano sapere quando sarebbe giunto l’ultimo giorno, Gesù non lo ha detto. Li ha piuttosto esortati con queste parole: “State pronti poiché non conoscete né il giorno né l’ora, quando il Figlio dell’uomo verrà”. Essere sempre pronti: ecco ciò che conta di più! Non avremo più paura “Oggi vengo a casa tua”. Queste sono le parole che Gesù ha detto a Zaccheo, il pubblicano, che era salito su un albero per La modesta chiesetta di Chapo, uno dei settanta villaggi della vasta missione saveriana “Santa Teresina del Bambin Gesù” a Chemba (Beira) dati, hanno un padrone”. Per non avere problemi In caso di un problema qualsiasi - malattia, furto, controversia o lite - per risolvere la difficoltà e per dirimere la questione ci si rivolge generalmente allo n’ganga, lo stregone. Avrebbe il potere di curare la malattia, di identificare la persona colpevole del furto o che ha torto nel litigio. Si ricorre a lui prima ancora che all’infermiere o al capo villaggio, alla polizia o al prete. Può succedere che, pagando una lauta somma di denaro - o il corrispettivo in capre - lo stregone eserciti il suo potere di vendetta sulla persona che si presume colpevole. Il castigo è portato a termine da uno spirito malvagio. Così, chi compie un delitto può giustificarsi che uno spirito è entrato in lui, non era cosciente e quindi non può essere responsabile. Oppure il castigo avviene attraverso uno spirito che entra in un cobra o in un coccodrillo per colpire il colpevole. In questo modo, il male è esorcizzato e la colpa per la vendetta compiuta è de-responsabilizzata. Ma lasciamo ad altri queste considerazioni. A noi basta quanto conclude il buon Estácio: “Se una persona non ha problemi con altre persone, cobra e coccodrilli non fanno nulla”. ■ ESERCIZIO: STO IMPARANDO A... p. ANDREA FACCHETTI, sx p. SANDRO PARMIGGIANI, sx vederIo, circondato da una grande folla. Egli era molto ricco - nota l’evangelista Luca - ma quando il Signore lo chiamò e gli disse, “Scendi in fretta; oggi devo fermarmi in casa tua”, Zaccheo obbedì immediatamente e accolse Gesù pieno di gioia. La folla mormorava perché il maestro era entrato in casa di uno strozzino. Forse non aveva sentito le parole di Zaccheo. “Do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno gli renderò il quadruplo”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in casa tua, perché il figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare chi era perduto”. Queste parole del Signore sono certamente rivolte anche a noi, quando lo accogliamo ogni giorno nell’Eucarestia e decidiamo prontamente, come Zaccheo, di cambiare vita e di spogliarci del superfluo per aiutare i più poveri. E non avremo più nessuna paura, né della malattia né della morte, e sapremo accogliere Gesù pieni di gioia, facendo nostre le sue parole: “Grazie, Signore, di avermi cercato e salvato e portato a casa tua, in pa■ radiso!”. Una notte che l’unica luce è quella di una lampada a pile e il silenzio è interrotto solo da mulungu-la pioggia che cade persistente e potente, prima di dire grazie a Mulungu-Dio, di un altro giorno che chiude la porta, mi metto davanti al diario, prendo la penna e scrivo quanto segue. Titolo - “Esercizio semi serio di memoria: sto imparando a...”. Svolgimento - Sto imparando a balbettare una lingua bantu. A non prendere il caffè a metà mattina. A fare due passi di danza tradizionale senza farmi prendere in giro. A far uscire la jeep impiantata nel fango. A costruire una capanna. A seguire il ritmo del sole, andando a letto presto la sera e svegliandomi all’alba. Ad arrabbiarmi solo per le cose importanti, ad esempio, un esproprio. A difendere un pezzo di terra. A salutare anche quelli della Frelimo. Sto imparando quanto il denaro e il potere possano rendere disumani gli umani. Che i pantaloni lunghi e la camicia, possibilmente bianca, sono imprescindibili davanti alla burocrazia mozambicana. Che l’unico posto per vedere come era la foresta prima che arrivassero i cinesi è il cimitero. Che la televisione mozambicana è più alienante di uno n’ganga - stregone. Sto imparando a giocare a calcio senza scarpe. A guidare una canoa che è un tronco di albero scavato. A non far preoccupare mia madre e mio padre quando mi chiamano. Che noi missionari siamo qui da quindici anni, ma Dio è qui da sempre. A dare il nome agli alberi, agli animali, ai pesci, agli insetti, oltre che alle persone. A camminare accanto a un popolo. O meglio, assieme a un popolo. Sì, credo sia proprio così. Sto imparando a camminare assieme a un popolo. A farmi prendere per mano da un popolo. La stupenda acqua nella lanca del grande fiume Zambesi, all’altezza di Chemba, la missione saveriana in Mozambico 2014 MARZO DESIO 20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 IBAN - IT 71 F 06230 33100 000046222194 (Cariparma Credit Agricole, Desio) Storia del “servizio alla mensa” Un’occasione per incontrare i veri poveri attività promosse U nadaidelle saveriani di Desio che suscita ancora interesse, anche al di fuori delle iniziative organizzate e promosse dalla comunità, è la “mensa dei poveri”, gestita dalle missionarie della carità di Milano, conosciuta come “Mensa di Madre Teresa”, nel quartiere Baggio. Qui incontriamo la povertà, per la quale ci rimbocchiamo le maniche in senso reale, perché preparare la cena non è solamente tagliare la frutta e pulire il pesce, ma soprattutto l’incontro vero con i poveri, con i loro volti e le loro storie. S’intrecciano relazioni e amicizie con gli altri volontari e con gli ospiti della mensa che diventano come i tanti “Giuseppe” rifiutati all’albergo; diventano come i “pastori” della notte santa ai quali è stata data la buona novella; sono come i “buoni ladroni” che, sulla croce, chiedono a Gesù di essere perdonati e accolti nel suo regno. Con le suore di Madre Teresa Il servizio alla mensa è nato attorno al 2000 dall’intuizione di p. Paolo Andreolli e p. Giovanni Gargano (“Giuà”), all’epoca responsabili delle attività giovanili nella comunità saveriana di Desio. Lo scopo era creare un’attività integrativa, pratica e concreta, da proporre ai giovani che allora frequentavano i vari gruppi di animazione nella nostra casa. Questo “servizio della mensa” ha favorito l’apertura alle altre realtà sul territorio, come le parrocchie, e lentamente è andata oltre l’attività strettamente formativa della casa: chiunque poteva partecipare, anche una sola volta, senza sentirsi obbligato a proseguire in un impegno permanente. Nel corso degli anni, il legame tra le suore di Madre Teresa e i saveriani si è rafforzato e si è allargato a collaborazioni per le catechesi nei tempi di avvento e quaresima, per la Messa di Natale e Pasqua… La presenza delle ragazze madri e dei loro bambini hanno spronato a organizzare anche momenti di intrattenimento e divertimento, come le feste di capodanno o i pomeriggi di p. DOMENICO MENEGUZZI, sx gioco assieme. Collaborazione degli studenti Non dimentichiamo che un grande aiuto al “servizio” è stato offerto dagli studenti saveriani presenti a Desio, che hanno costituito il collante tra i missionari, le suore e i giovani. Grazie anche a loro, la collaborazione tra missionari e suore ha portato all’organizzazione di una gita con le famiglie del quartiere, che si tiene ogni anno nel periodo estivo e che negli anni ha visto un sempre maggior numero di presenze. Il “servizio alla mensa” ha sempre previsto un incontro formativo iniziale, per preparare i giovani a ciò che avrebbero vissuto nel pomeriggio. Fare “servizio” non è solo dare un pasto caldo, ma incontrare e accogliere persone come noi. Queste riflessioni sono divenute importanti soprattutto quando ci si è aperti anche alle altre realtà territoriali. Non ci resta che augurarci che questo “servizio alla mensa” continui nonostante le ■ difficoltà. Il missionario, specialmente durante la terza età, deve curare la salute. È importante quindi mangiare sano. Qui all’opera c’è il signor Angelo che prepara il terreno per i vari tipi di verdura Ogni settimana le signore del guardaroba (ne manca una all’appello del fotografo) stirano i nostri vestiti. Il giovedì tutto è ordinato e profuma di nuovo La nostra mano destra I preziosi volontari dei saveriani di Desio O ggi è di moda usare parole con significati ambivalenti. Soffermiamoci su una di queste parole: volontariato. Questo termine si presta a tanti significati. C’è chi va a fare il volontario in Afghanistan, in Siria, in Africa eccetera. Questo capita quando, in particolare, si parla delle cosiddette “missioni di pace”. È fuori dubbio che questo tipo di volontariato viene ricompensato generosamente, anche per i rischi che comporta. 8 A tutti loro un “grazie” mondiale Anche noi saveriani abbiamo in casa un gruppo di volontari straordinari, splendidi, seri e fedeli. Sono volontari nel pieno senso della parola, perché tutto quello che fanno lo realizzano per amor di Dio e della missione. Sono donne e uomini che frequentano la nostra casa abitualmente per svolgere determinati lavori. Come contraccambio, si sentono dire da noi missionari un “grazie” mondiale e una gran… benedizione. Quello che colpisce è che lo fanno volentieri, con il cuore, con gioia e regolarità. Si sentono responsabili della nostra casa come se fosse un prolungamento della loro. C’è chi si interessa di coltivare l’orto con una produzione di verdure straordinarie e di ottima qualità, a tal punto che non raramente sono “perquisite” da ladri senza scrupoli. C’è chi “acconcia” il nostro parco Gian Carlo non è l’unico che fa accoglienza nella nostra casa durante la mattinata. Viene aiutato da altri “volontari”. Fedelmente accolgono i visitatori con tanta simpatia p. D. MENEGUZZI, sx in maniera superlativa, affinché faccia sempre bella figura nell’accogliere i visitatori. Trattati con i fiocchi C’è poi chi non disdegna rimanere dentro una stanza, per mettere in assetto la nostra biancheria così che, quando noi missionari ci presentiamo agli altri, siamo in ordine tanto da apparire più giovani di quello che siamo. C’è poi chi svolge il servizio dell’accoglienza, con un sorriso a tutto campo, per coloro che vengono a trovarci. Merita una citazione anche il gruppo che si interessa del “mercatino”. È un gruppo unito e fedele; un giorno lo presenteremo su questa pagina. Insomma, a tutti coloro che sono legati a noi saveriani di Desio dobbiamo manifestare la nostra riconoscenza e gratitudine, perché ci volete veramente bene e ci trattate con i fiocchi. E i nomi? Loro non ci tengono, ma noi sì: e pian piano ve li presenteremo nei ■ prossimi numeri. Oggi giorno dobbiamo aggiornarci. In biblioteca si consultano i libri e le riviste. La signora Pinuccia la tiene aggiornata e rimette ogni libro al suo posto. IMMAGINI DI CASA E FUORI... Prima di partire per la sua nuova destinazione in Mozambico, p. Sante Gatto ha voluto posare per una foto con p. Giuseppe Tavera e il rettore dei saveriani di Desio p. Carmelo Boesso. Anche al tramonto, il cristiano ha sempre la certezza che la vita rifiorirà nella patria definitiva… 2014 MARZO FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 IBAN - IT 40 S 06340 12301 07404043235H (CARIFVG, Udine) Non lasciamoci rubare la gioia Entusiasmo missionario a Udine e provincia portare a conoD esidero scenza dei nostri lettori alcune iniziative di animazione missionaria che vedono come protagonisti i gruppi di ragazzi e giovani nella diocesi di Udine. Bambini e ragazzi di Fagagna A Fagagna, in accordo con il parroco don Adriano e in collaborazione con suor Antonia e le catechiste, ho potuto incontrare tutte le classi elementari, medie e superiori durante l’ora di catechismo settimanale, per una testimonianza missionaria con filmati e foto su temi missionari. Un’altra bella esperienza è stata il ritiro tenuto alle catechiste in preparazione all’avvento. Sempre a Fagagna sto incontrando ogni mese gli animatori dei giovani della parrocchia per la formazione spirituale. È un gruppo ben collaudato nelle attività parrocchiali di animazione, grazie alle loro responsabili Cri- stina e Anna. Anche l’animazione liturgica della Messa del sabato sera è dedicata ai bambini, con la presenza del diacono Luigino. Inoltre, molto partecipato è stato l’incontro con il gruppo missionario della parrocchia. Cresimandi della zona Palazzolo Nella zona parrocchiale di Palazzolo, Muzzana, Precenicco, Rivarotta e Piancada da settembre il parroco don Samuele mi ha chiesto una collaborazione maggiore per curare i cresimandi in vista della Cresima. Abbiamo avuto incontri settimanali insieme ai catechisti, che ringrazio per la preziosa e instancabile testimonianza nel preparare i ragazzi in questi ultimi tre anni: a Muzzana con Erica e Nicola; a Palazzolo con Cinzia; a Precenicco con il diacono permanente Ivan. Insieme abbiamo vissuto tre incontri con tutti i cresiman- p. DANIELE TARGA, sx di per ascoltare alcune testimonianze di fede e di vita cristiana, seguite dalla Messa e da un po’ di festa conviviale. Giovani e gruppi missionari Al San Pio X di Udine e a Racchiuso, ho incontrato i cresimandi e i loro genitori. Nella parrocchia di Feletto Umberto abbiamo tenuto una serata di testimonianza missionaria con i giovani, che hanno devoluto una parte di quanto ricavato con i mercatini missionari alla missione saveriana in Bangladesh. A Staranzano, nella diocesi di Gorizia, ho organizzato un pomeriggio di spiritualità incontrando il gruppo missionario, vivendo l’adorazione e concludendo con l’Eucarestia in vista della celebrazione della giornata missionaria. Ringrazio di cuore il parroco per l’accoglienza, insieme alla responsabile del gruppo. Il corpo nella monotona Jakarta... ... ma il cuore è alle pendici del vulacano Merapi C arissimi, qui a Jakarta, capitale dell’Indonesia, la vita è monotona e impersonale. Sinceramente, il mio cuore è ancora là, alle pendici del Merapi, tra la gente che affronta l’arroganza del vulcano e l’incertezza del futuro. Gli abitanti del luogo dicono che se il vulcano si sfoga ogni tanto non farà eruzioni pericolose, ma se tace per lungo tempo vuol dire che prepara qualcosa di grosso. Finora si è dimostrata un’espressione popolare vera! Gente brava, ma le tubature… Seguo continuamente le attività che si svolgono al centro giovanile “Conforti”, alle pendici del Merapi, diretto dalle Padre Rodolfo Ciroi, saveriano di Palmanova (Udine), da quasi 40 anni missionario in Indonesia 8 suore locali. Ultimamente, hanno aperto un corso di cucina per le giovani. È importante perché così possono aprire piccoli ristoranti che attirano l’attenzione dei turisti. La zona del Merapi è ancora considerata un’attrazione turistica. E questo è un fattore importante per la popolazione, è una fonte di sostentamento non indifferente. Pensate che hanno inventato la specialità “riso fritto vulcanico”! La gente ha anche ricostruito dei bungalow che possono essere presi in affitto per il pernottamento e godersi le notti fresche del Merapi. Tutto questo è positivo, perché indice di ingegnosità e buona volontà. La gente, insomma, si dà da fare. Ultimamente, per alcuni villaggi l’acqua è diventato un problema. Dopo l’eruzione più recente, c’era la speranza che il governo intervenisse nel rimettere a posto i punti deboli... Purtroppo l’aiuto non è arrivato. Speriamo che le nostre tubature reggano ancora un po’. La pressione e il pe- p. RODOLFO CIROI, sx so dell’acqua le ha abbassate, il pericolo è che nella stagione delle piogge vengano travolte dalle piene. Ora, stiamo pensando a come fare per rialzarle. Certamente la Provvidenza penserà ad aiutarci... Sacrifici ripagati. Grazie! Cosa raccontarvi dei nostri seminaristi? Durante questi mesi, alcuni si sono ritirati... È normale, anche se per me sono sempre frecciate che pungono, dopo i sacrifici fatti per andare a pescarli in tutta l’Indonesia. La vocazione è sempre un mistero. È il Signore che lavora; al chiamato non resta che ascoltarlo con generosità e apertura. Preghiamo perché siano perseveranti. Comunque, a settembre abbiamo avuto una bella consolazione. A Padang sono stati ordinati tre saveriani: due dell’isola di Flores e uno di Giava. Ho partecipato anch’io al rito e vi assicuro che ho provato una grande gioia nel vedere coronate le fatiche di anni. È impossibile non ringraziare il Signore per questo. Vi ho raccontato le cose più importanti e ora non mi resta che dirvi “grazie” per il vostro incoraggiamento, attraverso la preghiera e l’aiuto materiale frutto dei vostri sacrifici, in un momento economicamente così difficile anche per voi. Grazie di cuore! ■ Padre Daniele Targa, della comunità saveriana di Udine, impegnato in città e provincia per l’animazione missionaria; è il referente anche per il campo estivo per i giovani dai 18 ai 30 anni Formazione, mostre e campi Come saveriani siamo interessati alla collaborazione con l’ufficio Missio e Caritas di Udine, per promuovere incontri di educazione alla mondialità tra i giovani e ragazzi nella nostra casa. Il primo incontro è stato con don Adriano Sella, missionario dei nuovi stili di vita, della diocesi di Padova, che ha incontrato alcuni insegnanti di religione per un po’ di formazione. Sono in programma altri incontri di educazione interreligiosa e interculturale con l’aiuto della nostra équipe di CEM Mondialità di Brescia. Quest’anno stiamo preparando una mostra sul “Coltan”, in col- laborazione con la comunità parrocchiale San Marco, il parroco don Carlo e il vicario congolese don Michael. Lo scopo è far conoscere questo minerale, sconosciuto a tanti, causa di guerre e scontri in Congo. La mostra sarà allestita in parrocchia subito dopo Pasqua per una settimana e poi, ai primi di maggio, presso la casa dei saveriani di Udine, per gli studenti della città. Ai primi di agosto, presso la casa di Udine è previsto un campo giovani saveriano, aperto ai giovani dai 18 ai 30 anni di tutta Italia. Chi fosse interessato, può contattarmi al numero fisso della casa 0432 471818 o al cellulare 338 8726393. ■ 27 marzo: Adorazione Eucaristica La prossima Adorazione Eucaristica si terrà giovedì 27 marzo, sempre presso la casa dei saveriani in via Monte San Michele, a Udine, dalle 15,30 alle 16,30. Sarà l’occasione per ricordare i missionari martiri, in particolare p. Aldo Marchiol, ucciso in Burundi il 30 settembre 1995. Davanti all’Eucarestia ci mettiamo in ascolto di Gesù che ci invita a fare della quaresima un tempo di maturazione della fede per noi, le nostre famiglie e le comunità cristiane, per essere fermento di rinnovamento della società. GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI Cari lettori, care lettrici, a fine gennaio abbiamo presentato il nostro resoconto economico dell’anno 2013 al superiore dei saveriani d’Italia, p. Rosario Giannattasio. Abbiamo avuto così l’opportunità di renderci conto della vostra grande generosità per le attività missionarie svolte dai saveriani, tra cui i 24 friulani sparsi nel mondo. Circa 110mila euro sono stati inviati nelle varie missioni saveriane; inoltre, altre vostre offerte hanno sostenuto la comunità di Udine per svolgere varie attività di sostegno ai missionari sul campo. Tutto questo è frutto prima di tutto della Provvidenza di Dio, a cui va il nostro “grazie”, fatto di preghiera e di impegno rinnovato per la missione, e poi della generosità di tanti di voi, che ci avete messo nelle mani questi aiuti. Sappiamo anche che altri aiuti sono stati inviati da alcune parrocchie e persone direttamente ai nostri missionari. Tutto ciò ha contribuito a svolgere tante attività in aiuto ai nostri fratelli e sorelle più poveri ed emarginati nelle “periferie esistenziali”. A nome dei saveriani, e in particolare quelli della nostra terra friulana, esprimiamo a tutti voi un grazie sincero, unito a un ricordo frequente nella nostra preghiera per voi e le vostre famiglie. Continuate con la vostra generosità a sostenere il nostro lavoro di evangelizzazione per donare il prezioso dono della fede a tanti fratelli e sorelle, consapevoli che non potremmo fare un dono migliore di questo. Saveriani di Udine La celebrazione Eucaristica con famigliari e benefattori dei saveriani friulani 2014 MARZO MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 IBAN - IT 27 M 03059 85342 100000011073 (Banca Credito Sardo, Macomer) Per non morire... sotto i libri Intervista a padre Gianni Zampini 1990 direttore della D al“Libreria dei popoli”, p. Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano a Brescia e in tutta Italia. La sua costante partecipazione ai grandi eventi locali e nazionali come “Fiera delle botteghe equo solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari, lo ha reso conosciuto e ricercato. Prima di partire da Brescia e raggiungere Cagliari, sua nuova destinazione, padre Gianni ci concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni. Da marzo sarai in Sardegna! Inizio una nuova esperienza di animazione missionaria, per me tutta da inventare. In Sardegna i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A me è stato proposto di lavorare a Cagliari, dove si concentrano metà della popolazione sarda e molta gioventù che frequenta l’università. Hai già in mente cosa farai? È presto per dirlo. Ho tante idee, ma poi bisogna vedere nella realtà e sul territorio. La Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche a cura di DIEGO PIOVANI una bellissima rete di animatrici missionarie in ogni parrocchia. Sarà interessante lavorare con loro per diffondere l’ideale missionario. Cosa lasci a Brescia? Lavorare così a lungo in un posto porta ad affezionarsi ai luoghi e alle persone. Vado via quindi con nostalgia, ma anche volentieri, perché dopo 23 anni credo di aver dato tutto quello che avevo da dare. Parto con entusiasmo, perché mi sembra quasi di rinascere. Non sarò più in mezzo ai libri, ma tra la gente. Sono anche un po’ preoccupato, perché in tutti questi anni il mondo dei giovani non è stato Un continuo ricominciare Il traguardo dei 50 anni di sacerdozio R ipercorrere cinquant’anni di vita sacerdotale missionaria è per me una gioia e, allo stesso tempo, un grande motivo per ringraziare Dio che mi ha riempito delle sue grazie. Sono entrato tra i saveriani nel 1948 nella casa di Tortolì e qualche anno più tardi ci siamo trasferiti a Macomer. La guerra era finita da poco e naturalmente anche noi “apostolini” ne subivamo le conseguenze. Giorni di grazia e di gioia Un po’ difficile è stato il salto in continente: dalla Sardegna a Zelarino, vicino a Venezia. L’ambiente, il clima e le differenze di vedute hanno messo a dura prova il mio carattere e la mia vocazione. Tuttavia la comprensione e l’affetto degli educatori hanno messo nel mio animo una nuova forza e un più grande entusiasmo nella vocazione missionaria. Gli studi del liceo e della teologia hanno rafforzato in me il desiderio di essere missionario. 8 Sono stato ordinato sacerdote il 13 ottobre 1963: giorni di grazia e di gioia. Subito dopo, sono stato inviato come insegnante agli studenti saveriani del liceo a Zelarino, avendo nel frattempo conseguito il dottorato in pedagogia all’università di Padova. Gli anni più belli in Burundi Dopo alcuni anni, i superiori mi davano finalmente il “via libera” per la missione: il Burundi. Qui ho trascorso gli anni più belli della mia vita. Anche se le difficoltà e le privazioni non mancavano, mi sentivo felice e pienamente realizzato. Purtroppo, per le note vicende politiche, sono stato espulso assieme ad altri 500 missionari, tra sacerdoti, suore e laici. Ma anche l’espulsione è stata per me un’esperienza che ha rinnovato e rafforzato il mio rapporto con Gesù. Dopo queste vicende, ho continuato nel mio lavoro di educatore e di insegnante. Ma sento che il mio vero lavoro è soprattutto quello di far conoscere a p. SERGIO CAMBIGANU, sx tutti che il Signore ci vuole bene. La vita con atti d’amore Ora, mentre mi trovo a lavorare ancora a Zelarino (Mestre), sento che posso vivere la mia vocazione missionaria alla maniera di santa Teresa del Bambino Gesù, diventata patrona delle missioni perché ha saputo cambiare le azioni della sua vita in atti di amore. Per capire che Dio amava e voleva proprio me, ho passato vari momenti di difficoltà e ripensamenti, ma sempre il Signore mi è stato vicino con il suo aiuto. Essere consacrati a Dio significa per me essere uomo tra gli uomini, ma con uno sguardo particolarmente pieno di amore e di comprensione verso gli altri. I miei cinquant’anni di sacerdozio sono stati un continuo ricominciare ad amare e a lasciarmi amare. La preghiera e la vita di comunità rinforzano continuamente questa sicurezza e ci spingono a desiderare che altri facciano la stessa esperienza di ■ gioia. Padre Sergio Cambiganu con la famiglia al completo per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale, dopo la Messa di ringraziamento nella chiesa di Sant’Orsola, a Sassari il mio target; mi occorrerà una buona dose di umiltà per accostarmi a chi per età potrebbe essere mio figlio e nipote... La Libreria dei popoli ha ancora senso oggi? Sarebbe fondamentale che ogni comunità saveriana abbia una piccola libreria aperta al pubblico. È importante conoscere gli altri popoli e le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze e testimonianze che hanno inciso nella vita delle persone. Lo scopo della nostra libreria non è semplicemente “fare soldi”, ma diffondere certe tematiche importanti, che non si trovano in altre librerie. Come farai a stare senza P. Gianni Zampini da marzo è il nuovo anilibri? matore missionario nella comunità saveriana Non sarà difficile. Per tanti di Cagliari; arriva da una lunga esperienza a Brescia e in Colombia anni ho scelto e proposto libri, pensando all’utilità per se un segnale della mia nuova la crescita umana e missionaria destinazione. Vado in Sardegna delle persone e dei gruppi. Da ben volentieri, perché è il posto adesso non proporrò soltanto per me in questo momento della libri, ma la Parola di Dio, il vanmia vita. E sono convinto che il gelo, la missione. Il mio lavoro popolo sardo possa ancora dare assiduo in libreria sarà sostituita molto alla missione. dal lavoro “gomito a gomito” in mezzo alla gente a Cagliari. Un saluto agli amici sardi… Con un forte abbraccio e un Ora devi scoprire il popolo gran sorriso, saluto affettuosasardo… mente già da ora tutte le persoSì… La mia unica esperienza ne che incontrerò e con cui lacon la Sardegna risale a un camvorerò: i sacerdoti, le delegate po di lavoro nel lontano 1973. missionarie, i gruppi giovanili Mi ero trovato bene. L’anno impegnati nella vita ecclesiale scorso, poi, sono stato a Medjue sociale, le comunità parrocgorje con un gruppo di giovani. chiali. Manteniamoci uniti con La prima persona che ho con■ la preghiera. fessato era un sardo, quasi fos- L’ ANIMATRICE DI PAULILATINO “Sono la vostra amica più vecchia...” Carissimi missionari, sono di Paulilatino, la più vecchia delle vostre amiche, perché sono stata la prima a conoscervi quando, nel lontano novembre 1949, vennero i primi missionari, arrivati da poco in Sardegna, con i calendari da vendere. Il parroco mi chiamò insieme a un’altra persona, e questo fu il mio primo impatto con i saveriani. Ora sono passati tanti anni, ma nel mio cuore c’è sempre un posto per voi. Conosco la vostra vita e tutto quello che fate, perché ho avuto sempre modo di avvicinarvi, quando negli anni passati i saveriani erano di casa nella nostra parrocchia. Ora non è più così. Pazienza. Viviamo sempre nel mistero di Dio: lui ci guida, ci protegge, ci ama. Noi dobbiamo solo ricambiare; pur con i nostri limiti, dobbiamo amarlo! Soprattutto nella sofferenza, che è sempre un dono di Dio. Vi chiedo un ricordo nella vostra Messa: ne ho tanto bisogno! Grazie. Ho mandato un’offerta per due sante Messe in suffragio dei miei cari defunti. Ora sono felice di augurarvi un anno pieno di ogni bene e di un lavoro fruttuoso. Il Signore vi benedica, benedica il vostro lavoro e vi dia tutte le grazie che desiderate. Vi saluto e vi abbraccio in Cristo, la vostra amica, Peppina Saba. Ben ricordo, al ritorno dal convegno missionario sardo, sulla strada che da Macomer porta a Oristano, don Mario Cuscusa volle farmi visitare l’antico Pozzo sacro con la luce penetrante dall’alto, la bella chiesa e l’interessante Novenario di Santa Cristina, nel mezzo del parco di ulivi secolari. Era in aprile del 2008, e non ho dimenticato. Ma non sapevo che, tra tante antichità, a Paulilatino vivesse anche la più “anziana” delle nostre amiche missionarie sarde, la signora Peppina Saba! Grazie, cara amica fedele: ben volentieri la ricordiamo, insieme alla famiglia e a tutta la comunità di Paulilatino. Dio ci benedica! p. Marcello Storgato, sx 2014 MARZO MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 IBAN - IT 84 E 08549 37491 000060192713 (BCC San Biagio di Osimo) DIARIO DELLA COMUNITÀ Giornata dei migranti a Macerata Una vera festa dei popoli, molto partecipata 19 gennaio, giorD omenica nata dei profughi e mi- granti, a Macerata c’è stata una vera festa dei popoli. Ci eravamo preparati con l’ufficio “Migrantes” per tre mesi. L’evento è avvenuto presso i salesiani che hanno ottime strutture e saloni. Non c’è voluta molta pubblicità; le varie comunità e famiglie etniche sono apparse spontaneamente. Tra queste, soprattutto nigeriani, indiani, peruviani, senegalesi, bengalesi, pakistani, brasiliani… C’erano anche un buon numero di italiani (non era scontato!), qualche francese e altri provenienti da vari popoli dell’Africa, specialmente dai paesi del golfo di Guinea: senegalesi, ivoriani, togolesi... Una lettera aperta È una tradizione più che ventennale ormai. La bellissima giornata, a cui abbiamo partecipato io e il giovane Pietro, postulante saveriano, è iniziata con l’accoglienza, la festosa presentazione e una bella condivisione su come si trovano gli immigrati all’inizio del 2014, su cosa si aspettano e rivendicano dalla società e dalla chiesa. Questa parte è stata a carico mio e di p. Virgilio, un frate minore del Togo. Sono emerse cose importanti, come il diritto di cittadinanza ai bambini nati in Italia, la sconfitta del razzismo, la fine dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), le Messe parrocchiali italiane più allegre e multietniche... Una lettera aperta con queste richieste è stata letta dopo la comunione nella Messa, per essere divulgata, come dimostrazione dei gesti concreti che Cristo chiede ai suoi fedeli. La “casa de nialtri” p. ALBERTO PANICHELLA, sx Ogni popolo il suo cibo Il pranzo è stato offerto da ogni popolo, secondo la sua gastronomia, e condiviso tra tutti; ogni popolo con il suo tavolo, le sue pentole e vassoi, le bandiere e simboli. Tutti hanno gustato i deliziosi cibi, gli uni quelli degli altri. Ci sentivamo una sola grande famiglia, ben mescolati. La sorpresa più bella sono stati gli spettacoli di danza e musica presentati da ogni popolo dopo il pranzo: si è respirata un’aria di simbiosi con la natura dell’Africa, con il ritmo e la bellezza del Brasile, con l’eleganza dell’India… Pasquella italiana, flauti andini e costumi peruviani... Incredibile forza di unità e piacere intenso di tutti! Messa nelle lingue originali Un po’ scontenti che lo spettacolo si dovesse fermare, ci sia- p. ALBERTO PANICHELLA, sx L’ospitalità invernale dei ‘senza fissa dimora’ E rano circa duecento le persone, tra sfollati e sfrattati, senza fissa-dimora, immigrati e profughi, che dormivano per strada. Alcune organizzazioni, che io accompagno, dopo lunghe e inutili trattative con il comune su possibili alloggi per l’emergenza invernale, hanno deciso di entrare pacificamente in un grande asilo, ancora in ottimo stato, ma chiuso da anni e inutilizzato. Un blitz pacifico e solidale Il 22 dicembre, a porte aperte, sono entrate circa 60 persone che si erano preparate con noi per fare qualcosa che scuotesse l’amministrazione civica e la popolazione, dando un po’ di speranza alle tante famiglie esposte a rimanere senza un nido. È stato sorprendente l’impegno di tutti, italiani e immigrati, oriundi da circa venti nazioni, per ripulire l’ambiente, suddividere gli spazi senza accaparramenti, in collaborazione fraterna. Subito la stampa ha divulgato “la conquista” e il comune non è intervenuto, permettendo così di organizzarci meglio e creare attività di fraternità. La gente di Ancona e dintorni è stata solidale, con abbondanza di brandine, materassi e coperte, con generi alimentari, suppellettili e stufette… Abbiamo attaccato l’acqua e la luce, ma i riscaldamenti, dipendenti dalla caldaia, non sono ancora in funzione. senza-tetto; e quindi, anche l’occupazione dell’asilo “Regina Margherita”, diventato ora la “casa de nialtri”. Il sindaco Valeria Mancinelli è venuta a farci visita. Abbiamo avuto un primo incontro e c’è la proposta del comune per trovare, entro sei mesi, un’abitazione alle sessanta famiglie senza casa. Per questo inverno, sono disponibili solo piccoli luoghi sparsi. Credo che la maggioranza “de nialtri” preferirà passare i sei mesi all’asilo. Abbiamo fatto presente al sindaco che senza quella “conquista pacifica”, forse il comune non si sarebbe mosso. Con noi vescovo e sindaco Il vescovo mons. Menichelli è intervenuto con una dichiarazione difendendo i diritti dei La missione è ovunque Tutte le associazioni di Ancona per la casa - cattoliche e non - si preoccupano di tutte le famiglie senza casa e a rischio di sfratto, a causa della crisi. Credo che il Signore ci abbia proprio aiutato e continui a benedirci. Dopo un bel gioco a quiz, con domande intelligenti sui personaggi-modello, un’organizzatrice mi ha chiesto a brucia pelo: “Perché credi in Dio?”. Ho risposto: “È lui che ci ha fatto vincere; lui è sempre con ciascuno di noi e ci ama tanto che si è fatto come noi in Gesù Cristo!”. Così ho anche potuto annunciare un po’ di vangelo: perché la missione è ovunque e sempre. ■ Un momento dell’occupazione pacifica della “casa de nialtri”, dicembre 2013 8 Danza africana alla Giornata dei migranti, a Macerata, il 19 gennaio mo preparati alla Messa, presieduta dal vescovo mons. Claudio Giuliodori, che ha ripreso coraggiosamente il discorso del papa per l’occasione. Ha sottolineato che gli immigrati sono un’opportunità, un arricchimento per l’Italia; che meritano più spazio e che non si giustificano atteggiamenti discriminatori. I vari riti e i canti, le letture e le preghiere sono stati fatti dagli immigrati nelle lingue dei popoli, senza tradurre in italiano, proprio per far sentire di più la varietà dei doni culturali di Dio all’umanità nella Pentecoste, che continua anche oggi nel mondo. Ci siamo lasciati contenti, con il rimpianto di non poter rimanere sempre… “in cielo” e di doverci separare, per tornare alle nostre case e al lavoro. Ma ci ri■ vedremo presto! Due saveriani per le Marche Nuovi arrivati nella comunità saveriana di Ancona: a novembre è arrivato p. Battista Maestrini, saveriano di origini bresciane e missionario in Burundi; in gennaio è giunto fr. Giuseppe Scintu, saveriano sardo, già missionario in Zaire. Diamo il benvenuto ai nuovi arrivati. Prossimamente si presenteranno, raccontando la loro esperienza e il loro ruolo nell’animazione missionaria. La Pasqua per i giovani Da giovedì 17 a sabato 19 aprile, nella casa saveriana di Ancona saranno ospiti i giovani marchigiani che desiderano vivere intensamente la settimana santa. Ad animare la “Pasqua dei giovani” sono p. Enzo, p. Serge e p. Alberto. I posti sono limitati, perciò consigliamo ai giovani di prenotarsi al più presto (071 895368). GLI AMICI CI SCRIVONO... Ci fa piacere pubblicare qualche stralcio delle tante lettere e biglietti che riceviamo dagli amici lettori e benefattori. Sono sempre una gradita sorpresa di solidarietà missionaria. Grazie per scriverci ed esprimere i vostri desideri e sogni, i disagi e le richieste di preghiera, le intenzioni per la santa Messa. Noi sempre ci ricordiamo di voi e chiediamo al Signore, per intercessione di san Guido Conforti, di proteggere e benedire tutti: voi e noi, in un’unica famiglia missionaria. Reverendi missionari, in occasione del mio 80° compleanno, ho offerto un pranzo alla mia famiglia e ad amici e parenti a me più vicini. Non ho voluto regali, ma una piccola offerta da devolvere al vostro istituto, per le missioni. Certo voi non sapete che in tempi ormai lontani i miei due figli maschi sono stati alcuni anni in collegio da voi e conservo di quegli anni un ricordo bellissimo. Li aveva conosciuti padre Giuseppe Galli, giovanissimo, con il quale ho mantenuto una corrispondenza epistolare fino alla sua tragica morte. I figli sono poi tornati entrambi a casa. Ora sono bravi padri di famiglia e di questo ringrazio il Signore e i missionari saveriani, perché presso di voi hanno ricevuto una salda educazione religiosa che tuttora li guida. Raccomando alle vostre preghiere la mia famiglia e i cari defunti. Con riconoscenza, Giuseppina Gaggiotti, vedova Roccetti - Treia Gli auguri delle clarisse Fraternamente vi ricordiamo al Signore Gesù, fatto per noi Bambino, con l’augurio di un buon Natale e un sereno anno nuovo! Le sorelle clarisse ringraziano e ricambiano santi auguri e preghiere, per essere missionarie con voi, per essere testimoni del vangelo. Clarisse di Filottrano 2014 MARZO PARMA 43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 “La famiglia di Kolè” Il libro di p. Silvestro Volta, 50 anni dopo La Fondazione Sanguanini di Rivarolo Mantovano ha presentato al pubblico il romanzo postumo del saveriano p. Silvestro Volta, “La famiglia di Kolè”, con prefazione di p. Augusto Luca, Gilgamesh Edizioni. Ambientato in Sierra Leone, il romanzo è un’appassionata ricostruzione del dramma di chi vive tra una religione nuova e i costumi ancestrali. Trovandosi per la prima volta a contatto con popolazioni africane, la prima preoccupazione del missionario fu di “capire gli africani”, più ancora che farsi capire. grande delusione. Dopo più di 40 anni, al momento della pubblicazione de “Il Forte di Mwakete”, venni a sapere che il nostro archivista p. Ermanno Ferro aveva ancora le bozze del romanzo “La famiglia di Kolè”. Ora, con grande gioia, vedo che anche questo libro è pubblicato. Alla mia giovane età (97 anni!) non ci speravo più. “La famiglia di Kolè”, il romanzo postumo del saveriano p. Silvestro Volta, pubblicato dalla Fondazione Sanguanini di Rivarolo Mantovano E ro a Bologna come direttore dell’EMI (Editrice Missionaria Italiana) e avevo con me il manoscritto di p. Volta. Pensavo di pubblicarlo, perché come romanzo mi piaceva molto. Tutto era pronto, quando p. Silvestro muore (1979). Con la scomparsa dell’autore, anche il libro diventò difficile da pubblicare, propagandare e distribuire. E le bozze rimasero lì, con mia p. AUGUSTO LUCA e ALTRI Sierra Leone degli anni ‘60 Tutto inizia con p. Volta, chiamato a servire in Sierra Leone negli anni ‘60, e la gestione di un piccolo ospedale. Con tutte le sue forze, com’era solito fare, il missionario si guardò attorno, con l’intenzione di “conoscere gli africani”. Vide l’opportunità di scrivere questo libro, che riflette la mentalità della popolazione locale. Padre Volta si accorge, prima di tutto, quanto l’islam penetri nelle persone. Poi nota come certe mentalità siano ben radicate e difficili da cambiare. L’uomo cerca la donna per la sua soddisfazione personale, e la donna è colei che lavora i campi, cura la famiglia, mantiene la pace, fa da mangiare… Mentre riflette su queste situazioni, p. Volta trova il giovane Kolè, che promette bene e dona speranza al missionario. Pur con la promessa di non convertirlo al cristianesimo, il missionario lo manda in un collegio per l’educazione superiore con altri studenti Pellegrinaggio a Bukavu In memoria del martire mons. Munzihirwa a Bukavu U nè pellegrinaggio un desiderio che portia- mo nel cuore da tempo, per essere in comunione con la chiesa del Kivu (Nord e Sud), in Congo RD, che da tanti anni vive il calvario della guerra, legato allo sfruttamento delle ricchezze minerarie. Vogliamo metterci in ascolto dei suoi profeti e testimoni, alla luce del martire Christophe Munzihirwa, vescovo di Bukavu. Il progetto è stato proposto alla chiesa di Bukavu e da essa positivamente accolto, attraverso il suo vescovo mons. Maroy e i nostri saveriani là presenti. 8 Un segno luminoso nella notte congolese La chiesa congolese ha vissuto nel suo popolo e con il suo popolo il dramma della guerra, annunciando e celebrando la misericordia di Dio, denunciando spesso il dramma umanitario della sua gente, promuovendo raccolte in comunione con i più bisognosi e l’invio di delegazioni presso le istituzioni internazionali e i Paesi coinvolti nel conflitto, proponendo vie di giustizia e di pace. Mons. Christophe Munzihirwa, vescovo di Bukavu, ucciso il 29 ottobre 1996, è un segno luminoso nella notte della tragedia congolese. Uomo povero e di fede, ha vissuto e condiviso tutto con la sua gente, cercando giustizia e verità con animo di dialogo e di vero amore. In lui vediamo vivo Cristo Pastore che dona la sua vita per la dignità del suo popolo. Ai suoi fedeli, nella vigilia della sua morte, ha scritto: “Ricordiamoci che siamo cristiani in ogni momento della storia. Conserviamo la dignità dei cristiani; non incoraggiamo mai la discriminazione razziale, tribale, etnica. E chi tocca un essere umano - e perché umano, creato a immagine di Dio - tocca Dio Il martire congolese mons. Munzihirwa p. SILVIO TURAZZI, sx stesso. Coraggio, difendete la vostra dignità”. Percorso e iscrizioni Andare pellegrini alla tomba del martire mons. Munzihirwa, significa conoscere meglio la sua figura nel contesto in cui ha vissuto; ascoltare e conoscere il dramma di un popolo; valutare con gli occhi della fede i fatti avvenuti in questi anni; vivere la comunione tra chiese, aperti ad assumere le responsabilità e gli impegni che ne derivano. Il pellegrinaggio si terrà dal 26 giugno al 7 luglio. Prevede l’arrivo a Bujumbura (Burundi), una sosta di 5 giorni a Bukavu, per visitare la tomba del martire vescovo, incontrare il vescovo mons. Maroy e la popolazione; poi sosteremo due giorni a Goma, città martire, e il rientro in Italia. Possono partecipare tutte le persone maggiorenni, che conoscono un po’ l’Africa o che collaborano con il mondo missionario. Il costo per persona è di circa mille euro. Le iscrizioni sono possibili fino al 20 marzo; per informazioni, rivolgersi a don Tarcisio Nardelli (333 2769906; [email protected]) o p. Silvio Turazzi (335 7259454; [email protected]). ■ Padre Luca, Giovanni Borsella e Claudio Ardigò alla presentazione del romanzo postumo di p. Silvestro Volta, ambientato in Sierra Leone cristiani. Nella sua adolescenza, s’innamora di una ragazza cristiana Cecilia, e il missionario, testimone del loro amore, inizia a sperare in qualcosa di nuovo per la Sierra Leone. Il missionario segue questa coppia, fino al loro matrimonio... e oltre. La memoria della madre Padre Domenico Costella, missionario e professore di filosofia in Brasile, di p. Volta ha detto: “Non era un intellettuale arrogante, ma lasciava aprire soprattutto il suo cuore; era sempre pronto ad aiutare gli altri. Lo conobbi nel 1964, quando ero studente di teologia a Roma, e fui subito impressionato dalla sua genialità. S’interessava di tutto, aveva grandi interessi e faceva comprendere a noi studenti l’essenza dell’uomo nella vita cristiana. Padre Volta perse la madre a quattro anni, e questo influì sulla sua esistenza. Sviluppò così una sensibilità unica per l’animo femminile, come se ricercasse dentro di lui la madre che aveva perso, e le figure femminili predominano nei suoi romanzi, nei suoi scritti, nelle sue riflessioni”. Le parole dei critici letterari Claudio Ardigò afferma che l’autore, prendendoci per mano, ci fa vedere un mondo aldilà delle sue convenzioni, e ci porta a una fraterna uguaglianza fra tutti i popoli della terra, oltre il mistero e l’amore per la vita. Il romanzo di p. Silvestro, attraverso l’avventura dello spirito, è un viaggio dell’individuo con i suoi dubbi e interrogativi. Giovanni Borsella consiglia il romanzo a chi ha il coraggio di nutrirsi di un cibo solido. Padre Volta - nel romanzo con il nome di “padre Paolo - aveva una visione totale delle persone con le quali era in rapporto. Kolè sente la totalità dello sguardo ricco d’amore del missionario, perché uno sguardo che parte dal cuore diventa uno sguardo d’amore, e aiuta il protagonista a vedere ed essere consapevole della sua ■ bellezza. MARTEDÌ DELLA MISSIONE: “AMATE LO STRANIERO” p. RENZO LARCHER, sx I “martedì della missione” arrivano quest’anno alla 17.ma edizione. Furono avviati nel 1997 dal rettore della casa madre, il compianto p. Mario Giavarini. È un’iniziativa di animazione missionaria offerta alla chiesa e alla città, per focalizzare l’attenzione su aspetti e problemi della missione nel nostro tempo, e comprenderli alla luce della Parola di Dio, secondo il metodo “vedere-giudicare-agire”. L’edizione 2014 ha come filo conduttore il tema dell’accoglienza dello straniero e come testo ispiratore il passo di Deuteronomio 9,10 “Amate il forestiero”. È una sfida che interpella la politica, ma dalla quale non possiamo sottrarci come singoli e comunità. Ecco perché abbiamo chiesto il contributo di diverse voci. La serata di apertura è stata affidata al biblista laico Luca Moscatelli. Al secondo incontro è intervenuto Giancarlo Perego, responsabile del settore Migrantes della Cei. Il 18 marzo, alle ore 21, è in programma una tavola rotonda per dibattere il tema “Essere stranieri oggi a Parma, voci a confronto”. Ascolteremo alcune esperienze di immigrati sull’accoglienza ricevuta. Infine, vedremo ciò che si fa e si potrebbe far meglio, negli incontri, “La risposta della città, voci delle istituzioni” (8 aprile) e “La risposta della chiesa” (martedì 6 maggio). Gli incontri si tengono nel salone dei missionari saveriani, in Viale S. Martino, 8 - Parma. Per informazioni, telefonare allo 0521 920511 2014 MARZO PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 IBAN - IT 45 Q 03500 11202 000000001607 (UBI Banco di Brescia, Brescia 2) Giorni, gli uni accanto agli altri Racconti di vita lungo il fiume Zambesi A metà dicembre è arrivata la prima pioggia. Desiderata, sperata, invocata, danzata, pregata. A volte temuta e maledetta. La prima pioggia ha iniettato vita alla terra ormai moribonda della savana, convertitasi nel verde, da un giorno all’altro e senza resistenza. La seconda pioggia ha fatto germinare la semente di mais e di miglio, lanciata qualche settimana prima, dopo la fatica di giorni a zappare sotto un sole impietoso. Pioggia e Dio: una parola In lingua chisena - una delle varie lingue del Mozambico - pioggia si dice mulungu. Ma Mulungu è anche Dio. Non che la pioggia sia dio. No. Solo che pioggia e Dio si dicono con la stessa parola: mulungu e Mulungu. Come si desidera, spera, invoca, danza e prega la pioggia, allo stesso modo si desidera, spera, invoca, danza e prega Dio. Qui, sulle rive dello Zambesi, Dio si è stancato di stare nei cieli. Qui, Dio piove. Giorni di pioggia battente a cui seguono giorni di sole verticale; giorni di cielo plumbeo si alternano a giorni di cielo terso. L’uno accanto all’altro. La gente è felice, perché la fatica sarebbe vana senza mulungu. Si augura l’acqua abbondante dello scorso anno e si scongiura la siccità dei cinque anni precedenti, quando decine di famiglie hanno abbandonato il distretto a causa della fame. Sono io l’analfabeta Ho grande rispetto per questa gente che saluta prima con il sorriso ampio della bocca e degli occhi, - l’uomo levando il cappello, la donna piegando lievemente le ginocchia - stringendo poi la mano ruvida e callosa, indurita dalla fatica del lavoro di ogni giorno. Gente che forse non sa leggere libri, ma che sa leggere il mondo. Sa leggere i segni della terra, del fiume, degli alberi, degli animali. Sa leggere il cielo, il vento, la luna e le nuvole quando preannunciano la pioggia. In questo universo di grandi saperi, sono io l’analfabeta. Il timore dei… coccodrilli Il corso principale del fiume p. ANDREA FACCHETTI, sx Zambesi dista circa due chilometri. Ma a lambire il villaggio di Chemba, dove vivo con gli altri confratelli, c’è una lanca collegata al fiume da un passaggio che nei tempi di secca si attraversa a piedi. In questo angolo incantevole di mondo, dove la corrente è lieve e il fondale è basso, si va a prendere l’acqua e a pescare. Lì sono attraccate le canoe che accompagnano alle isole, formate dai meandri del fiume. Sulle isole in molti vanno a coltivare i loro campi, essendo lì la terra più fertile e produttiva. La canoa non è in vetroresina come quella lasciata sul Po, ma è un tronco di albero scavato. Il remo è corto e ha una sola pala. Chi conduce siede a poppa. Su una canoa la prima volta ci vado con Estácio, vent’anni, che ogni tanto aiuta lo zio pescatore. Il timore è per i coccodrilli che, comunque, non attaccano le canoe. Ma Estácio ha una ragione in più per tranquillizzarmi: “Se una persona non ha problemi con altre persone, non ha di che preoccuparsi”. E aggiunge: “I coccodrilli e i cobra, sono man- “Oggi vengo a casa tua!” Arriva la primavera, l’inverno se ne va M entre scrivo, la primavera è ancora lontana e l’inverno pare più lungo che mai. La nebbia domina sovrana e la pioggia sembra senza fine. In molte zone della nostra penisola l’acqua ha riempito fiumi e canali, ha distrutto argini e strade, ha inondato paesi e case fino al primo piano. Essere sempre pronti Viene spontaneo farsi molte domande per cercare di capire se è tutta colpa del destino o anche colpa di noi uomini che abbiamo costruito su colline franose e su letti di torrenti, svuotati nella siccità ma pronti a riempirsi d’acqua in stagioni piovose e a esondare come cascate, causando distruzioni e sofferenze. Domani è un altro giorno. 8 Forse tornerà il sole con la bella stagione; e forse noi uomini impareremo a rispettare la natura e a prepararci ai prossimi inverni. Nessuno conosce il futuro, anche se tutti lo desideriamo. Solo Dio lo conosce e anche Gesù, suo Figlio. Ma ai suoi apostoli, che desideravano sapere quando sarebbe giunto l’ultimo giorno, Gesù non lo ha detto. Li ha piuttosto esortati con queste parole: “State pronti poiché non conoscete né il giorno né l’ora, quando il Figlio dell’uomo verrà”. Essere sempre pronti: ecco ciò che conta di più! Non avremo più paura “Oggi vengo a casa tua”. Queste sono le parole che Gesù ha detto a Zaccheo, il pubblicano, che era salito su un albero per La modesta chiesetta di Chapo, uno dei settanta villaggi della vasta missione saveriana “Santa Teresina del Bambin Gesù” a Chemba (Beira) dati, hanno un padrone”. Per non avere problemi In caso di un problema qualsiasi - malattia, furto, controversia o lite - per risolvere la difficoltà e per dirimere la questione ci si rivolge generalmente allo n’ganga, lo stregone. Avrebbe il potere di curare la malattia, di identificare la persona colpevole del furto o che ha torto nel litigio. Si ricorre a lui prima ancora che all’infermiere o al capo villaggio, alla polizia o al prete. Può succedere che, pagando una lauta somma di denaro - o il corrispettivo in capre - lo stregone eserciti il suo potere di vendetta sulla persona che si presume colpevole. Il castigo è portato a termine da uno spirito malvagio. Così, chi compie un delitto può giustificarsi che uno spirito è entrato in lui, non era cosciente e quindi non può essere responsabile. Oppure il castigo avviene attraverso uno spirito che entra in un cobra o in un coccodrillo per colpire il colpevole. In questo modo, il male è esorcizzato e la colpa per la vendetta compiuta è de-responsabilizzata. Ma lasciamo ad altri queste considerazioni. A noi basta quanto conclude il buon Estácio: “Se una persona non ha problemi con altre persone, cobra e coccodrilli non fanno nulla”. ■ ESERCIZIO: STO IMPARANDO A... p. ANDREA FACCHETTI, sx p. SANDRO PARMIGGIANI, sx vederIo, circondato da una grande folla. Egli era molto ricco - nota l’evangelista Luca - ma quando il Signore lo chiamò e gli disse, “Scendi in fretta; oggi devo fermarmi in casa tua”, Zaccheo obbedì immediatamente e accolse Gesù pieno di gioia. La folla mormorava perché il maestro era entrato in casa di uno strozzino. Forse non aveva sentito le parole di Zaccheo. “Do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno gli renderò il quadruplo”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in casa tua, perché il figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare chi era perduto”. Queste parole del Signore sono certamente rivolte anche a noi, quando lo accogliamo ogni giorno nell’Eucarestia e decidiamo prontamente, come Zaccheo, di cambiare vita e di spogliarci del superfluo per aiutare i più poveri. E non avremo più nessuna paura, né della malattia né della morte, e sapremo accogliere Gesù pieni di gioia, facendo nostre le sue parole: “Grazie, Signore, di avermi cercato e salvato e portato a casa tua, in pa■ radiso!”. Una notte che l’unica luce è quella di una lampada a pile e il silenzio è interrotto solo da mulungu-la pioggia che cade persistente e potente, prima di dire grazie a Mulungu-Dio, di un altro giorno che chiude la porta, mi metto davanti al diario, prendo la penna e scrivo quanto segue. Titolo - “Esercizio semi serio di memoria: sto imparando a...”. Svolgimento - Sto imparando a balbettare una lingua bantu. A non prendere il caffè a metà mattina. A fare due passi di danza tradizionale senza farmi prendere in giro. A far uscire la jeep impiantata nel fango. A costruire una capanna. A seguire il ritmo del sole, andando a letto presto la sera e svegliandomi all’alba. Ad arrabbiarmi solo per le cose importanti, ad esempio, un esproprio. A difendere un pezzo di terra. A salutare anche quelli della Frelimo. Sto imparando quanto il denaro e il potere possano rendere disumani gli umani. Che i pantaloni lunghi e la camicia, possibilmente bianca, sono imprescindibili davanti alla burocrazia mozambicana. Che l’unico posto per vedere come era la foresta prima che arrivassero i cinesi è il cimitero. Che la televisione mozambicana è più alienante di uno n’ganga - stregone. Sto imparando a giocare a calcio senza scarpe. A guidare una canoa che è un tronco di albero scavato. A non far preoccupare mia madre e mio padre quando mi chiamano. Che noi missionari siamo qui da quindici anni, ma Dio è qui da sempre. A dare il nome agli alberi, agli animali, ai pesci, agli insetti, oltre che alle persone. A camminare accanto a un popolo. O meglio, assieme a un popolo. Sì, credo sia proprio così. Sto imparando a camminare assieme a un popolo. A farmi prendere per mano da un popolo. La stupenda acqua nella lanca del grande fiume Zambesi, all’altezza di Chemba, la missione saveriana in Mozambico 2014 MARZO PIEMONTE e LIGURIA 20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 IBAN - IT 71 F 06230 33100 000046222194 (Cariparma Credit Agricole, Desio) I primi frutti dopo vent’anni Un seme di CEM Mondialità in Giappone piccolo seme di CEM U nMondialità - il centro di educazione alla mondialità dei missionari saveriani, a Brescia è arrivato anche in Giappone. A portarlo è stato un saveriano che in Italia si è aggiornato sulle materie di studio della scuola italiana e sulle novità bibliche, teologiche e liturgiche della chiesa. La licenza speciale Il terreno in Giappone per questo piccolo seme è stato offerto dalla preside di un istituto femminile di scuola media e superiore nei pressi di Osaka. In Giappone, come in Italia, non c’è una materia specifica per la mondialità. Ma nelle scuole private cattoliche c’è un’ora settimanale di insegnamento della religione, che si presta a un’apertura mondiale su ciò che Dio ha creato e Gesù ha redento. Per insegnare in Giappone occorre frequentare due o tre anni un’università giapponese che abbia la facoltà di studi religiosi e ottenere la licenza da parte della prefettura. Per fortuna, di fianco alla scuola, c’era un’università cattolica che dava la possibilità di fare gli studi richiesti. In questo modo provvidenziale il piccolo seme di mondialità ha potuto attecchire in terra giapponese. Il seme spunta in due scuole Dopo vent’anni il seme è spuntato in due scuole medie, una nei pressi di Osaka con il nome “Yuri” (Giglio) e l’altra a Kyoto con il nome “Seibo” (Santa Madre). Perché così tanto tempo? Perché in Giappone c’è poco interesse per la religione, e quindi scarsità di sussidi per il suo insegnamento. Inoltre, l’insegnamento in generale nelle scuole giapponesi si svolge in modo tradizionale, memorizzando quanto è scritto sul testo di studio e copiando ciò che l’insegnante scrive sulla lavagna. Si è ancora molto lontani dalla scuola attiva proposta da CEM Mondialità. E poi, il contenuto religioso proposto dal seme andava ben al di là delle devozioni p. MARIO AUDISIO, sx religiose. Nonostante le varie difficoltà dovute alla trasmissione a un’altra cultura di una proposta completamente nuova, il seme ha attecchito. Un percorso di tre anni È partito un corso triennale di 124 lezioni per studenti non cristiani, che va dalla prima alla terza media. Ogni lezione è di 50 minuti settimanali. Nel primo anno si cerca di scoprire l’amore che Dio ci dimostra tramite la creazione e l’incarnazione. Nel secondo anno si fa il giro del mondo per vedere come le principali religioni rispondono all’amore di Dio. Nel terzo anno, che corrisponde all’ultimo di scuola obbligatoria in Giappone, si decide quale risposta personale dare all’amore di Dio nella propria vita. Per facilitare questa scelta decisiva, si propongono agli studenti vari modelli di risposta: la visione di audiovisivi, la corrispondenza internazionale tra studenti giapponesi e coetanei Padre Mario Audisio è l’autore di questo racconto sullo sviluppo del concetto di “Educazione alla mondialità” nelle scuole giapponesi italiani, il contatto con le parrocchie vicine e la partecipazione alla Messa domenicale della comunità cristiana. Gesù al centro della vita Sarebbe auspicabile che questo seme CEM possa svilupparsi e diffondersi in tante altre scuole. Per questo occorre formare personale locale e mettere su un centro di produzione e distribuzione del materiale didattico necessario. Questo materiale consiste in dispense da distribuire durante le lezioni in modo che gli stu- denti possano lavorarci sopra. Le dispense sono poi raccolte in due fascicoli rilegati, uno di lavori scritti, l’altro di fotografie, illustrazioni e lettere scambiate durante i tre anni del corso. Questo compendio, che documenta la crescita fisica, culturale e religiosa degli adolescenti, viene poi consegnato loro alla fine della scuola media. Attualmente, sono circa 2.500 le allieve delle scuole Yuri e Seibo che, terminato questo corso, sono passate alla scuola superiore. Non so quante di loro sono diventate cristiane. Mi auguro però che tutte abbiano posto a fondamento della loro vita il messaggio di amore proposto da Gesù. ■ (continua nel riquadro) MISSIONE E PREGHIERA / 42 La nostra vera conversione Da una “oscura mondanità spirituale” sua esortazione apoN ella stolica Evangelii gaudium papa Francesco ha parlato con estrema chiarezza di una «oscura mondanità spirituale» da cui ci si deve liberare, per poter essere credibili testimoni del vangelo e portatori di vita nuova, di comunione e di pace, in un mondo sofferente e malato come è il nostro, dove anche i giovani spesso sembrano non avere più la forza dei grandi ideali. È a questo cammino di liberazione che ci invita la chiesa, in particolare nel tempo di quaresima che si apre con il pressante invito: Convertitevi e credete al vangelo! 8 L’arma della preghiera La fede, in effetti, è sempre messa alla prova. Per essere custodita integra, richiede un continuo combattimento che consiste essenzialmente nel “rimanere saldi”, nel “tener duro” in tutte quelle circostanze o situazioni di contrarietà, di prova, di tentazione in cui possiamo venirci a trovare e che potrebbero spingerci lontano dal Signore, sopraffatti da turbamenti interiori o da sentimenti di sfiducia o di dubbio, da stanchezza spirituale. Arma del combattimento spirituale è la preghiera: una preghiera incessante e umile. È la preghiera, infatti, che, mettendoci in comunione con Dio, ci dà la forza di superare le tentazioni interiori e nel rapporto con gli altri ci aiuta a sciogliere i nodi dell’incomprensione, a vincere i sentimenti di ostilità e a far prevalere la benevolenza. Nel combattimento spirituale, infatti, la vittoria deve essere sempre della carità. Il martirio della coscienza Come Gesù, morendo sulla croce, ha riportato la vittoria che M. ANNA MARIA CÀNOPI, osb [email protected] dona a tutti la salvezza, così anche per noi il trionfo dell’amore esige che sappiamo morire a noi stessi per gli altri. Nelle situazioni difficili e dolorose, invece di disperarci o addirittura di rinnegare il Signore, dobbiamo saper guardare a lui e avere sempre presente anche l’esempio dei martiri e dei santi. Ogni giorno siamo chiamati a scegliere tra Gesù e noi stessi, tra la fedeltà a Cristo o il rinnegamento (forse non dichiarato espressamente, ma manifestato nella pratica, con i fatti). La scelta radicale per Cristo comporta un combattimento spirituale che dobbiamo sostenere, rifiutando di diventare disertori, di darci alla fuga davanti a quanto ci è richiesto di faticoso sacrificio. Tale combattimento ci può costare caro, ci può costare sangue: è il martirio della coscienza. Ma l’esito non ci deluderà mai, perché, quanto più radicalmente sapremo distaccarci dal nostro “io”, istintivo ed egoista, tanto più fortemente ci troveremo stretti a Gesù Cristo, che morendo sulla croce ha vinto e sempre vuole vincere in noi, per renderci parteci■ pi della sua vita gloriosa. QUELLA FOTOGRAFIA, UNA SORPRESA ! Desidero ringraziare il direttore del nostro mensile “Missionari Saveriani” per la grande sorpresa, mettendo la mia foto sul calendario del 2014, nella pagina di gennaio. Le mie sorelle dall’Italia mi hanno subito telefonato per dirmi la loro gioia nel vedermi per tutto il mese, in classe con le mie allieve. Queste allieve di prima media ora sono cresciute, ma mi fa piacere rivederle in questa bella fotografia. La foto è stata scattata da un fotografo per un pieghevole di propaganda della scuola Yuri. E ora è servito come… promozione del lavoro missionario. Spero che susciti un po’ di interesse per questo modo di fare missione in Giappone. Nel frattempo mi è balenata un’idea: mettere a disposizione di tutti gli insegnanti di religione del Giappone, tramite internet, i materiali e suggerimenti didattici che ho preparato finora. Per questo sto consultando alcuni specialisti in materia, in modo da trovare la via giusta per la sua realizzazione. Per fare questo ci vuole molto tempo disponibile. Attualmente, insegnando in due scuole, ogni settimana devo correggere i compiti di 200 allieve e preparare le lezioni per le 10 classi dalla prima alla terza media. Il prossimo anno scolastico, quindi, lascerò una delle due scuole, sperando così di avere più tempo per questo lavoro nella mondialità. Congratulazioni per il bel mensile “Missionari Saveriani” e auguri per un buon lavoro anche nei prossimi anni. p. Mario Audisio, sx - Osaka, Giappone 2014 MARZO PUGLIA 74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 IBAN - IT 71 Z 01030 15807 000000040579 (Monte Paschi Siena, Taranto) Adozione... missione d’amore Abbiamo imparato la semplicità del cuore L a nostra storia nasce circa undici anni fa quando mia moglie e io ci siamo conosciuti, amati e poi sposati. Da quel momento, il desiderio di creare una famiglia era sempre nei nostri pensieri, tanto che avevamo scelto anticipatamente anche i nomi dei nostri figli: Luca, Valentina, Emanuele. Passavano giorni, mesi e anni, ma il nostro sogno non si coronava. Poi, il verdetto: alcuni medici e specialisti ci hanno detto che l’unica via per diventare genitori sarebbe stato l’aiuto di un intervento artificiale. Un sogno da vivere Eravamo scossi e increduli, ma entrambi convinti che quella suggerita non fosse la strada giusta da intraprendere. Viaggi e riconoscimenti lavorativi cominciavano a riempire le mie giornate. Ero convinto di dare a mia moglie quello che desiderava, di PASQUALE MONOPOLI renderla felice. Ma la luce nei suoi occhi era spenta: dov’era finito il vero amore? E il desiderio dei bambini? Tutto rinchiuso in soffitta? Nel momento in cui tutto sembrava perso, solo la saggezza e l’amore di Dio avrebbero potuto recuperare un rapporto di coppia quasi logorato. Pian piano la nostra famiglia ricominciava ad avere basi solide: nel poco eravamo felici, eravamo di nuovo capaci di sognare insieme, anche se un sogno da vivere ci mancava. merose diversità tra loro (cultura, razza e tradizione) erano state superate già nel primo incontro da un legame esistente prima della loro nascita, proprio come avviene per un figlio biologico. Nasceva in noi il desiderio di approfondire la conoscenza di questo mondo: internet, incontri informativi, esperienze di coppie… Eravamo disorientati e confusi, ma convinti che forse la strada dell’adozione avrebbe realizzato il sogno che da tempo rincorrevamo. Ma come poteva essere nostro figlio? La strada da percorrere Sulle strade della nostra vita il Signore ci riserva sempre incontri inaspettati… Nella comunità parrocchiale di Lama eravamo attorniati da bambini adottati che fino a quel momento non avevamo mai conosciuto. La cosa che più ci sbalordiva era sapere dai loro genitori adottivi che le nu- Tappa dopo tappa… La risposta era in un passo del vangelo: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. Era racchiusa in un sorriso di un bambino del Congo appena arrivato. Avevamo capito che lì c’era la parte di Il centro missionario di Taranto Per respirare la buona aria della mondialità alla cattedrale di S. V icino Cataldo, c’è un palazzo antico. Lì da tanti anni, persone con il cuore grande lavorano per la missione, anzi diventano sempre più missionarie. Il centro missionario ci aiuta a vivere la missione, per incoraggiare l’evangelizzazione e la promozione umana nel mondo. Coordinamento e formazione Il responsabile è don Ciro Santopietro, coadiuvato dalla delegata Lina Adinolfi e da tutta una serie di persone. Basta partecipare a un incontro e non bastano le sedie, talmente si è tanti. Il mondo è grande e il nostro cuore ancor di più. 8 Il centro missionario, prima di tutto, cerca di coordinare le varie realtà missionarie, presenti in diocesi. Oltre ai missionari, ci sono una miriade di gruppi e associazioni che lavorano per le missioni. Sarebbe bello conoscerli tutti, guardarci in faccia per essere più efficaci e condividere le meraviglie dell’amore di Dio. Poi naturalmente, il centro promuove la dimensione missionaria della pastorale diocesana. Significativa è stata la veglia missionaria, organizzata insieme all’ufficio della pastorale giovanile. Si lavora nella formazione degli animatori adulti e giovani, perché capiamo che è importante conoscere e sapere. Alcuni collaboratori del centro missionario diocesano di Taranto con la delegata Lina Adinolfi (seconda a sinistra) p. OLIVIERO FERRO, sx Insieme si fanno tante belle cose Non si può dimenticare il laboratorio missionario della “Carità operosa”, dove si fanno lavoretti (bomboniere, braccialetti, ricami...) per recuperare qualche euro da inviare in missione. Interessante è anche l’attività delle pergamene (per nascite e battesimi). In diocesi, oltre al mese missionario e alla veglia, ci si dà da fare per la festa dell’infanzia missionaria e per la via crucis dei martiri. Anche la collaborazione con Migrantes, soprattutto per la festa dei popoli, è un momento importante. E per finire, è ottima la collaborazione con i saveriani e i missionari della Consolata. Avremmo piacere di essere più presenti nelle parrocchie e nei gruppi. Per questo siamo disponibili per fare insieme quello che ci dice papa Francesco, cioè aprire sempre più il nostro cuore al mondo intero. Insieme, si possono fare tante belle cose. Il nostro arcivescovo ci ricorda che le vocazioni missionarie sono ancora importanti. Allora, come diciamo noi, diamoci da fare, con l’aiuto del Signore e con la testimonianza gioiosa di cia■ scuno di noi. Justine, François e Marcelline i tre bambini adottati da Pasquale e Rossella Monopoli, di Taranto felicità che cercavamo, il nostro sogno incompiuto, il figlio che aspettavamo da anni… Mia moglie presentò la domanda al tribunale di Taranto il giorno dell’Annunciazione, 25 marzo 2011. Alla vigilia dell’Immacolata, siamo stati chiamati dal giudice per ricevere l’idoneità all’adozione. Il 2 febbraio (Candelora) 2012 ci è stato recapitato il certificato a casa… In aprile abbiamo dato il mandato all’associazione “Figli della luce” di Francavilla Fontana (Br), che opera in Congo. Si tratta di un’associazione formata da famiglie volontarie che a loro volta hanno esperienza di adozione. Non uno, ma tre! I mesi passavano, la nostra speranza di conoscere nostro figlio aumentava. Il 31 dicembre 2012, la responsabile delle Stimmatine suor Maria Rosaria, con voce ferma e autorevole, ci chiese se le indicazioni date al tribunale di Taranto fossero esatte, ovvero la possibilità di adottare anche più bambini. Mia moglie con voce flebile chiese il motivo della domanda; prontamente le fu risposto che l’associazione aveva pensato di affidarci tre fratellini. Erano loro i tre bambini che avevamo sempre desiderato, anche se i loro nomi non corrispondono a quelli da noi immaginati. Justine, François e Marcelline non sono ancora con noi, ma ogni volta che li sentiamo telefonicamente la nostra vita si aggiunge di quel tassello mancante sconosciuto. Justine, François e Marcelline ci hanno già donato un grande valore: la semplici■ tà di cuore. INCONTRI SUL MONDO A RADIO PUGLIA p. OLIVIERO FERRO, sx Un bel giovedì di ottobre 2013 sono iniziate le trasmissioni a Radio Puglia parrocchiale (101,7 Mhz) a San Giorgio Jonico. L’accoglienza di don Domenico e dello staff ha dato il via alla rubrica missionaria “Giramondo”. Volevamo andare in giro per il mondo, in particolare in Africa, e anche qui nei dintorni per conoscere le belle notizie provenienti da persone e movimenti, impegnati nel rendere concreto l’amore di Dio. Abbiamo cominciato con un po’ di comprensibile emozione, ma poi le onde della radio ci hanno cullato e portato in mondi diversi. Chi ci ascoltava, apprezzava quello che facevamo. Anche le telefonate in arrivo lo confermavano. Dato che la radio va in streaming, anche noi ci sentivamo parte viva del mondo. Dopo le prime trasmissioni in stile africano (ricordi di vita vissuta), siamo riusciti a trovare persone che ci hanno donato la loro esperienza. Abbiamo cominciato giocando in casa, facendo conoscere chi sono i saveriani. Poi Ileana, a nome dei giovani che hanno partecipato al cammino da Loyola a Xavier (Spagna), ci ha dato il gusto della ricerca e la gioia dell’incontro con Ignazio e Francesco Saverio. Cosimo, un nostro amico Il giovedì alle di Lama, ci ha raccontato la 8.30 p. Oliviero sua esperienza in Albania. Ferro è protagoE di seguito la galassia “Minista sulle onde di Radio Puglia grantes” con Marisa e i suoi (101,7 Mhz) con collaboratori. Speciale è stala trasmissione ta la scoperta della “Stella “Giramondo” Maris”, con i lavoratori del mare, soprattutto al porto di Taranto. Infine, ma solo per ora, perché le trasmissioni continuano ogni giovedì alle 8.30, l’incontro con i volontari della sofferenza fondati da mons. Novarese. Insomma, tante storie, tanti volti, tante vite condivise, perché ci sono tante persone che fanno tanto bene in silenzio. 2014 MARZO REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 IBAN - IT 16 W 01030 81620 000001784033 (Monte Paschi Siena, Villa S. Giovanni RC) Le nostre adozioni a distanza La Provvidenza non finisce di stupire! E ra la vigilia di Natale e ci si confrontava sull’iniziativa “sostegno a distanza 20132014”, con perplessità e dubbi, in considerazione soprattutto dell’attuale crisi economica. C’era chi evidenziava che dobbiamo fare i conti con una mentalità individualistica e consumistica, e quindi con una realtà che ci sfida. I più ottimisti erano dell’avviso che avremmo faticato parecchio a confermare le otto adozioni dello scorso anno. Ma queste valutazioni appartengono alle categorie umane, rappresentano limiti troppo angusti per la Divina Provvidenza e non tengono in considerazione la potenza della sua azione… Esito finale: sono confermate le otto adozioni, e in più una nuova! Abbiamo vinto la sfida Da rimanere senza parole! Ogni anno facciamo esperienza che la Provvidenza e l’amore di Dio hanno palpiti immensi: liberano la via, abbattono qualsiasi ostacolo e oltrepassano qualsiasi confine, scuotendo tutto e tutti. Da parte nostra anche quest’anno abbiamo accettato la sfida e siamo stati vinti! Un altro aspetto da sottolineare è che da qualche anno in maniera del tutto naturale e spontanea ci sono state risposte anche da altre realtà della nostra parrocchia, a dimostrazione che il messaggio oltrepassa gli steccati. Abbiamo compreso, inoltre, l’importanza di non lasciarci immiserire dal clima festaiolo, infarcito di pranzi e cenoni, per rispondere e sentirci mobilitati dalla chiamata di Gesù, il quale ci ricorda che in un’altra parte del mondo ci sono altri fratelli e sorelle che aspettano un no- MARIO PENSABENE stro gesto di solidarietà. Ai suoi occhi tutti siamo importanti, anche questi bambini meno fortunati dei nostri figli: tutti siamo membri di una sola famiglia e tutti siamo chiamati a dare compimento al motto dei missionari saveriani: “fare del mondo una sola famiglia”. Vedere il mondo in modo nuovo Tutto ciò fa sì che la fiammella dell’amore non si spenga, nonostante i venti impetuosi che soffiano in quelle terre producendo disastri, lutti, fame e sofferenza. Certo, non significa che non ci sarà più gente povera, costretta a fuggire da villaggi dopo aver subito saccheggi tremendi. Però è bello pensare che il nostro gesto permetterà a tanti bambini di ritrovarsi insieme, di manifestare la loro fede, di ri- Festa della candelora in santuario Per essere sale della terra e luce del mondo L a presentazione di Gesù al tempio è un momento significativo della vita della sacra famiglia che, per osservare la legge, si reca al tempio di Gerusalemme per offrire il figlio primogenito e compiere il rito della purificazione. Ma soprattutto apre uno squarcio su quella che sarà la missione del Cristo nelle parole del vecchio Simeone: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per rivelarti alle genti”. Prendere in braccio Gesù Anche quando “una spada ci trafiggerà l’anima”, come a Maria ai piedi della croce, certi di aver visto in Cristo la nostra salvezza, sotto il peso delle nostre croci, siamo chiamati a testimoniare la gioia della buona notizia, a esercitare la missione 8 della pace, la passione per la verità e la coerenza con il vangelo, ed essere sempre il sale della terra e la luce del mondo. Da queste parole deriva la festa della Candelora con il rito della benedizione delle candele, che si celebra il 2 febbraio, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per ricordare che Cristo è la luce del mondo. In un clima di festa, domenica 2 febbraio alle 18, nella bella cornice del santuario Madonna della Grazia in Gallico Superiore, si è celebrato il rito della Candelora. È una celebrazione importante, che va oltre la memoria, e insegna a noi cristiani come vivere alla sequela del Signore. La candela benedetta in ogni nostra casa Dopo il saluto all’assemblea p. Pierluigi, insieme al diacono CARMELO ZUCCARELLO Mario Pensabene, hanno percorso con la “luce” la navata centrale, accendendo le candele dei fedeli, che accolgono la “luce” in un clima di silenzio e di raccoglimento. Il vecchio Simeone ebbe la luce di Dio riflessa sul suo volto, e trovò pace. Così anche noi nel volto di Cristo dobbiamo trovare pace e comprendere che rendere culto a Dio significa aprirci al suo desiderio di rendere felice ogni uomo. Il coro dei giovani intona il canto del Gloria a Dio, al quale partecipa accorata tutta l’assemblea. Ogni famiglia porta a casa la candela benedetta, simbolo della luce di Dio per ogni momento di bisogno fisico e spirituale. Il giorno dopo, memoria di san Biagio, ci siamo ritrovati in santuario per il tradizionale rito della benedizione della gola. ■ Il 2 febbraio nel santuario Madonna della Grazia di Gallico, p. Pierluigi Felotti ha presieduto la celebrazione della Candelora; il giorno dopo ha celebrato il rito della benedizione della gola, per intercessione di san Biagio prendere coraggio e di ravvivare in loro la certezza che il Signore non è secondo a nessuno in quanto a generosità. Sono ormai trascorsi tanti anni e tutti abbiamo compreso che questa iniziativa può essere un’occasione che ci consente di verificare le parole del profeta: “Se offrirai il tuo pane all’affamato, se consolerai l’anima afflitta, la tua luce brillerà nelle tenebre”. È da qui che comincia la nostra conversione, da un nuovo modo di guardare il mondo, dove tutti siamo figli dello stesso Padre e fratelli tra noi. Siamo dono gli uni per gli altri Papa Francesco, in una delle sue omelie, ha sottolineato che Dio non è come noi: Lui, che tutto ci dona, ci sa ricompensare con grandezza per ogni piccolo gesto d’amore. Per cui dobbiamo sentirci debitori verso il prossimo. Ogni prossimo è la nostra via per arrivare a Dio. Ha anche evidenziato che non si può vivere felici da soli: siamo tutti interdipendenti in uno scambio d’amore, fatti gli uni per gli altri. Queste parole del papa sembrano semplici, scontate. Ma non è così! Rendersi conto che il rapporto con Dio passa attraverso i fratelli a volte può risultare una scoperta inaspettata, qualcosa perfino difficile da far entrare Domenica 26 gennaio, come avviene da oltre vent’anni, si è concluso il mese destinato alla raccolta di fondi per le adozioni a distanza. Un momento veramente forte che sigilla le festività natalizie. Abbiamo raggiunto e superato l’obiettivo: 8 adozioni rinnovate più una nuova; la raccolta è stata di 3.024 euro. Grazie al Signore e a tutti voi che avete condiviso. nella nostra vita, nel nostro quotidiano. Prenderci carico della sorte di questi bambini rappresenta sicuramente per tutti noi la possibilità di fortificare e arricchire la nostra comunione con Gesù. Siamo riconoscenti e benediciamo Dio che ci ha chiamati a essere testimoni della sua vicinanza a questi bambini, così lon■ tani dalla nostra realtà. “IN QUESTO PICCOLO ASILO DI PACE” p. MARIO GUERRA, sx Padre Mario Guerra è salito al cielo lunedì 17 febbraio. Prima di trasferirsi a Parma per cure era stato animatore missionario a Gallico per vari anni. Ecco come descriveva quell’esperienza in una lettera del 2007 a mons. Giorgio Biguzzi, vescovo della diocesi di Makeni in Sierra Leone, dove p. Mario era stato missionario e “prigioniero dei ribelli”. Caro mons. Giorgio, sono nella comunità saveriana di Reggio Calabria. È un ambiente pastorale bellissimo. C’è il giusto necessario di avvenimenti stressanti per le mie forze: “Ti basta la mia grazia”. Il parco è molto frequentato e quanti problemi entrano per quel piccolo cancello: anziani spesso soli, ragazzini scapestrati, giovani e ragazze con le loro passioni... Tutti entrano in questo piccolo asilo di pace in cerca di aiuto. C’è tanto da fare. Faccio del mio meglio, ma qui ci vuole gente super. Per fortuna abbiamo il buon Maestro, che ci ha assicurato: “Ciò che non è possibile agli uomini, è possibile a Dio”. Questo mi basta per quietare le mie ansie. Come vedi, la stagione è cambiata: la primavera della giovinezza è passata. Ora sono nell’autunno. I colori degli eventi si sono attutiti, con i colori della riflessione, pace e serenità. Il Signore è stato buono e paziente con me. Lo benedico. Sono ormai vicino a consegnare il “testimone” ad altri giovani volonterosi. Ripeto le parole di san Paolo: “Ho finito la corsa, ho conservato la fede”. Ti ricordo sempre al Signore per quell’amicizia e fratellanza che va oltre ogni sentire umano. Il Signore sia con te e ti accompagni. Ti chiedo una Padre Mario Guerra nel parco grande benedizione. della mondialità a Gallico Superiore p. Mario Guerra, sx 2014 MARZO ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 IBAN - IT 30 P 02008 05008 000400097150 (UniCredit Banca Roma, Conciliazione B) Scossone per darsi una mossa La gioia del vangelo fa la chiesa missionaria T anti documenti della chiesa rimangono chiusi nei cassetti. Non sarà così per l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium - La gioia del vangelo” di papa Francesco. Vi è tratteggiato un “nuovo” volto di chiesa che deve prendere corpo. Già nel 1990 Giovanni Paolo II aveva invitato la chiesa a rinnovarsi missionariamente e a passare da una pastorale della conservazione alla pastorale della missione. Tale invito, per vari motivi, è rimasto praticamente lettera morta. La paura del nuovo e una certa staticità hanno prevalso sul rinnovamento. le cose come stanno. Ora non ci serve più una semplice amministrazione. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione”, afferma papa Francesco (n. 25). Ma ciò che più ci sorprende è che il papa abbia scelto la gioia come segno distintivo di chi ha accolto il vangelo e lo comunica agli altri. “La gioia del vangelo Tutti si sveglino L’esortazione di papa Francesco è come un salutare “scossone” che spinge la chiesa a diventare più attrattiva e a uscire da se stessa. Vescovi e clero, religiosi e religiose, laici e laiche, parrocchie e comunità, tutti devono svegliarsi dal sonno, “darsi una mossa” e mettere in atto “una conversione pastorale e missionaria che non lasci più p. F. ROTA MARTIR, sx riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (n. 1). La faccia da… quaresima Qui si tocca un punto veramente cruciale della vita cristiana. Il filosofo Friedrich Nietzsche rimproverava ai cristiani di avere il volto triste e di rendere un pessimo servizio al messaggio che essi pretendono di annunciare. Anche papa Francesco riconosce che “ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di quaresima senza Pasqua”, anche se è vero che “la gioia non si vive sempre allo stesso modo in tutte le tappe e circostanze della vita, a volte molto dure” (n. 6). Tale gioia non è entusiasmo passeggero e neanche euforia; spesso è più “uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amati, al I l giorno del funerale a Lenola, in provincia di Latina, una signora ha detto: “Ha lasciato il fratello Nicola per andare a trovare il fratello Angelo”. È proprio così. Dolores, così si chiamava, era nata tra i due. Riceveva baci dal più grande e ne dava al più piccolo. Poi il più grande, Angelo, era andato in seminario. E anche il più piccolo, Nicolino, era partito per diventare missionario saveriano. 8 L’angelo custode in famiglia Così lei era rimasta sola. Ci soffriva. Ma quando tornavano in vacanza, li riempiva di attenzioni e di carezze. Intanto, si era buttata a capofitto su tutto: aiutava in casa, animava i gruppi di Azione cattolica, andava in bicicletta nei casolari più sperduti per curare gente afflitta da malaria, cuciva e ricamava con passione. Poi si ammalò il papà, ed era lei che lo assisteva. Poi si ammalò la mamma: morbo di Parkinson, malattia lunga, estenuante. Ed era ancora lei l’angelo custode. Il Signore le fece incontrare uno sposo meraviglioso. Quattro figlie. Aveva molto da fare. Ma tutto questo non le bastava. Visitava i malati, aiutava i più poveri e bisognosi. La sua casa era sempre aperta. Accompagnava in tutto il fratello don Angelo, sempre indaffarato come cancelliere vescovile e come parroco, prima a San Giovanni e poi in cattedrale. Con gli occhi rivolti a Maria Poi anche don Angelo si ammalò: malattia lunga e dolorosa. E lei sempre accanto, sino alla fine. Poi fu la volta di p. Nicolino, il fratello più piccolo, da 34 anni missionario in Amazzonia. Tornato per un breve periodo di Dolores Masi, sorella del saveriano p. Nicola, è salita al cielo il 24 gennaio 2014 Uscire per fare missione In ogni caso, continua papa Francesco, fede e gioia devono andare insieme e sgorgano entrambe dall’incontro con Colui che ci rinnova dal di dentro e apre i nostri orizzonti, facendoci uscire da noi stessi. È un’uscita missionaria! Per fare spazio agli altri, ai poveri, a chi è escluso e considerato un avanzo, uno scarto, un essere inutile (n. 53). Si tratta di uscire da noi stessi per raggiungere le periferie umane, sociali, esistenziali. E questo invito lo vediamo messo in pratica da papa Francesco, un uomo felice perché disinteressato a se stesso, totalmente immerso nella vita e nell’attenzione agli altri. ■ Sembrerebbe un’Ultima Cena ridimensionata (da tredici a cinque); invece no. È solo una riunione del “consiglio generale” dei saveriani, in Viale Vaticano 40. Al centro, con le braccia allargate (a indicare le tante carte, invece del rituale “pane e vino”), il superiore generale p. Luigi; alla sua destra, p. Mario e p. Eugenio; alla sinistra, p. Antonio e p. Javier. Dopo aver visitato molte comunità saveriane in varie nazioni del mondo, dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente, i cinque sono riuniti per una valutazione e per un miglioramento… in vista. UNA POESIA ROMANESCA PAOLO ZEPPILLI Dolores, una vita d’amore Un fratello parroco e l’altro missionario di là di tutto” (n. 6). p. NICOLA MASI, sx riposo, si era ammalato e non era potuto ripartire. Di nuovo è lei a fare da angelo custode. Infine è stato il suo turno. Molti dolori, molta sofferenza. Ma sempre con la corona in mano, sempre affidandosi a Gesù, gli occhi sempre rivolti a Maria. Ora mi ha lasciato; ci ha lasciati. Forse aveva nostalgia dell’altro fratello, del papà, della mamma, dello sposo. Io l’ho lasciata partire, ma mi ha detto che avrebbe pregato per le figlie e per le loro famiglie, per i nipoti, per me e la mia cara Amazzonia, per tutti. Penso che Gesù e Maria, che lei ha tanto amato, l’abbiano già fatta entrare in paradiso, nella casa della pace eterna. “Vi ringrazio di cuore” Grazie di cuore a tutti per essere stati vicini a mia sorella e a me. Le vostre preghiere ci hanno dato forza e coraggio. Abbiamo sentito la bellezza della fraternità e ancor più abbiamo sentito quanto è bello sapere che abbiamo lassù un Padre che ci ama e ci aspetta. Gesù e Maria ci prendano sempre per mano e ci ac■ compagnino sempre. L’autore di questa poesia romanesca è medico “cardiopoeta”, come lui stesso si definisce, nella prefazione del libro “Li buffi de la Sanità” (CESI Edizioni, novembre 2013, pagine 70, 10 euro). Una situazione che tutti conosciamo bene, quella della Sanità. “Quantunque ce sarebbe da piagne”, chissà come, c’è spazio anche per un missionario del Bangladesh, che qui riportiamo, dietro segnalazione di un comune amico, p. Giuseppe Ibba, che ringraziamo. Er “Catorcio” Vojo sapé: perché questo malato occupa un letto de Rianimazzione si nu’ rientra ne l’indicazzione der Protocollo che v’avemo dato?! 1 Vojo pe lunedì ‘na relazzione! Sur pesmèchere 2 e quanto c’è costato riesumà sto catorcio incerotato 3 co mezzo còre e un quarto de pormone! È costato parecchio - M’arincresce 4 ma sto catorcio è Padre Provvidenza, un prete missionario in Bangradèsce 5. Cià detto: “Si me fate respirà, ritorno giù pe faje ‘n’antramenza; ce so’ parecchi pupi 6 da sfamà”. -----------Quer pupo, smunto, che je butterà pe gratitudine le braccia ar collo Vale da solo tutto er… Protocollo. 1 Il ricovero è “inappropriato” se non rientra nelle indicazioni del Protocollo (si chiamano Linee Guida). Il sonetto (con la coda) è dedicato ai colleghi (ce ne sono ancora) che fanno spesso “uno strappo alla regola” per curare malati che… non dovrebbero morire mai. 2 Il funzionario amministrativo contesta la spesa per un costoso pacemaker (romanizzato, pesmèchere), impiantato per far funzionare meglio il cuore di un paziente con aspettativa di vita ridotta. 3 Macchina vecchia. In questo caso, un malato con molte patologie, pieno di… cerotti. 4 Mi dispiace… per voi, in senso ironico. 5 Bangladesh, una delle regioni più povere del mondo. 6 Bambini. 2014 MARZO ROMAGNA 48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Il cuore, il ponte, la stella Nuovo vescovo di San Marino-Montefeltro Sabato 25 gennaio a Ferrara don Andrea Turazzi, fratello del saveriano p. Silvio, è stato consacrato vescovo dal cardinale Carlo Caffarra. Il nuovo pastore della diocesi di San MarinoMontefeltro esprime i sentimenti e le convinzioni che lo animano (da: La Voce di Ferrara e Comacchio). sorpresa e smarrimenD opo to, si alternano due sen- timenti. Il primo è di nostalgia per il distacco da Ferrara, dalla comunità parrocchiale della Sacra Famiglia e dalle tante persone con cui ho vissuto e lavorato. Il secondo è di trepidazione e insieme di istintiva simpatia e curiosità verso le persone che incontrerò. Come al giovane ricco, anche a me Gesù chiede di lasciare tutto. Sento cosa significa essere in qualche modo espropriato. Penso ai tanti che per motivi di fa- miglia o lavoro devono andare lontano, cambiare casa, rimettersi in gioco, assumere responsabilità. Azione cattolica e seminario Guardo indietro e mi vedo dopo il tirocinio nelle parrocchie della Madonnina e a Pontelagoscuro, quando ho lavorato nell’Azione cattolica, prima tra i ragazzi, ultimamente con gli adulti. Si faceva molta strada incontrando, quasi ogni sera, parroci, educatori e gruppi. Formidabile è stato il periodo dell’insegnamento di religione nella scuola statale, all’istituto “Vincenzo Monti”. Le prime giornate furono campali; ero giovanissimo e inesperto. Tenni duro e furono dieci anni decisivi per l’incontro con il mondo giovanile, occasione di studio e di ricerca, di messa in discussione di tante ingenue sicurezze. Delicati e importanti sono sta- mons. ANDREA TURAZZI ti i diciannove anni nella direzione spirituale del seminario diocesano: esperienza di paternità profonda; palestra per imparare a cogliere il disegno di Dio sulle persone; incontro con la grande tradizione spirituale cristiana. La parrocchia come un dono Quando l’arcivescovo mi mandò in parrocchia, pur avendolo sempre desiderato, mi sentii spiazzato. Dovevo lasciare un nido rassicurante, una vita ordinata alla quale mi ero abituato. La parrocchia è, prima di tutto, avamposto nel quale ti incontri direttamente con le persone, con le famiglie e con tutto ciò che vivono; scoperta ed esercizio di relazioni ricche anche affettivamente. Un dono! Credi di dare e invece ricevi! La parrocchia ti “costringe” ad avere la porta sempre aperta. Ne hanno risentito i tempi e gli spazi per la preghiera personale, Undicesimo comandamento Il ritiro spirituale dei laici di Faenza di laici di FaenU nza,gruppo guidati da due diaconi, è stato ospite in casa saveriana per fare un ritiro spirituale il giorno della “candelora” sul tema “Spirito, legge e libertà”. È stata creata anche una bella scenografia: le due tavole delle dieci parole sono state dipinte e scritte dai ragazzi di catechismo, con la guida di una catechista che ha partecipato al ritiro. Dai fogli, che avevano lasciato o dimenticato vicino al mio breviario, ho scoperto i tre temi su cui avevano riflettuto e cantato. Li ho letti e meditati anche durante la nostra ora di adorazione settimanale con i miei confratelli. 8 Undicesimo: il comandamento nuovo 1. Spirito. La vocazione di Abramo e la promessa della terra e della discendenza, che lui ancora non ha. L’alleanza di Mosè sul Sinai con il popolo che Dio aveva sollevato su ali d’aquila per farlo arrivare a lui. La storia della salvezza non comincia con la vocazione di Abramo, ma con la creazione del mondo. Infatti, Dio ci ha eletti prima ancora della creazione del mondo. Sant’Agostino in una sua catechesi scrive: “Mediante il simbolo del diluvio, al quale i giusti sono sfuggiti grazie al legno dell’arca, veniva preannunciata la chiesa futura che Cristo, mediante il mistero della croce, ha mantenuto al di sopra di questo mondo” (De catechizandis rudibus). Un ragazzo - dice la catechista - voleva aggiungere l’undicesimo comandamento. La p. D. MARCONI, sx nuova alleanza di Gesù secondo i profeti non è più scritta su tavole di pietra, ma sul cuore degli uomini. Gesù ha donato il suo Spirito, che ci rende capaci di amare come siamo amati da Dio. Donatien Mollat afferma che “il dono del comandamento nuovo, che segue la lavanda dei piedi, corrisponde all’istituzione dell’Eucaristia, come sacramento della nuova alleanza”. La “scenografia” allestita per il ritiro spirituale dei laici di Faenza nella cappella saveriana di San Pietro in Vincoli: sul monte della croce, le tavole dei comandamenti e il libro della bibbia L’amore vero non cambia mai! 2. Legge. I comandamenti sono la legge di Dio per i credenti. Per san Paolo la vera legge è quella della carità, che non è scritta su tavole di pietra, ma nella vita stessa di Cristo, che ci ha amato fino alla fine. Non è buono il frutto che non sorge dalla radice della carità, spiegava sant’Agostino. 3. Libertà. La legge ci fa conoscere il peccato, ma raggiunge il compimento nella grazia. Noi siamo chiamati alla libertà dei figli di Dio. L’amore autentico non può essere sottoposto alla legge del dovere che costringe, afferma Kierkegaard. L’amore vero non cambia mai. L’uomo e la donna possono dire “ti voglio bene per sempre”, grazie alla fede, che nasce dall’amore di Dio, come ce lo ha manifestato Gesù. ■ Mons. Andrea Turazzi con i parrocchiani della Sacra Famiglia a Ferrara; fratello del saveriano p. Silvio, è il nuovo vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro ma la vita di fede comunque è stata nutrita dalla testimonianza semplice di tanti e dalla preghiera condivisa con il popolo cristiano. Chi bussa alla porta, chi chiama sul telefono è un fratello, una presenza di Gesù. Ultimamente ho vissuto con i parrocchiani l’esperienza del terremoto: un anno intero “di tenda”, di preoccupazioni condivise con le famiglie… Nello stile di papa Francesco “Cor ad cor loquitur – il cuore parla al cuore” è il motto che ho scelto prendendolo dal cardinale Newman. Rispecchia anche il testamento spirituale di Giovanni Paolo II, la lettera pastorale “Novo millennio ineunte”, con la celebre pagina sulla spiritualità di comunione, che mi è stata guida ispiratrice. Dalla spiritualità di Chiara Lubich ho affinato la cura per la relazione, per l’incontro e l’attenzione all’altro. Da cuore a cuore, nello stile di papa Francesco… Per completare lo stemma ho messo un ponte. Inizialmente avevo pensato a una torre, per assonanza con il mio cognome, ma ho preferito l’icona del ponte, pensando a quello inaugurato negli anni ’50 fra Stellata e Ficarolo. Nello stemma c’è una stella a sei punte che indica la Vergine Maria, alla quale affido il mio episcopato. Vado a San Marino senza programmi. Vorrei incontrare subito i preti, uno a uno. So come vive e cosa prova un parroco: gioie, delusioni, momenti difficili, intuizioni, cadute di interesse e luci. Vado con venerazione verso i più anziani e con curiosità verso i più giovani. Vado con molta libertà, cercando di essere me ■ stesso, come sono. (continua nel riquadro) FRATELLI DI SANGUE E DI IDEALI mons. ANDREA TURAZZI Conservo ricordi stupendi della mia infanzia accanto a mio fratello Silvio. Era adolescente quando facevamo la “guerra tra bande”, costruendo archi e frecce: Silvio ci proponeva di fumare il calumet della pace. Riusciva a dirci cose belle, di pace, entrando nel gioco fra i due gruppi rivali. Quando andò saveriano mi scriveva lettere bellissime, che ancora conservo; un epistolario che si è arricchito nel lungo periodo vissuto da missionario in Africa. Portò il mondo nella nostra famiglia; ci ha contagiato con il suo amore ai poveri. Mi colpiva il suo modo di pregare; facevo finta di dormire e lo guardavo mentre si alzava pian piano e stava in ginocchio… Poi ci fu l’incidente che lo rese paraplegico. Sussurrava: “facciamo festa alla volontà di Dio”. Gli accarezzavo i piedi ormai fermi per sempre e pensavo a un versetto del profeta Isaia: “Beati i piedi che evangelizzano”. I piedi di un paralizzato… Aveva solo 29 anni. Ma quanta strada hanno percorso? Tante volte mi sono chiesto: cosa direbbe Silvio o cosa farebbe? Siamo fratelli non solo di sangue ma di ideali. Quando ha saputo dell’ordinazione a vescovo, Silvio mi ha detto: “Il mio fratellino diventa uno degli apostoli! Non avere paura, e pensa al «sì» di Maria; Gesù ti ha incrociato, ma non temere”. Mi manda settimanalmente un messaggio che io raccolgo. Ha scritto anche ai parrocchiani della Sacra Famiglia; chiedendo che mi accompagnino nel passo che mi è stato chiesto e invitandoli a pensare al nuovo parroco, a cominciare a rimboccarsi le maniche, a tenere il passo con Gesù. È lui Mons. Andrea Turazzi con il fratello p. Silvio il Pastore, il Maestro. 2014 MARZO SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 A chi è vissuto per la missione Un piazzale al vescovo saveriano di Aversa S iamo entrati nella chiesa di Santa Teresa del Bam- Padre Francesco Cavallo ad Aversa nella piazza dedicata a mons. Giovanni Gazza bin Gesù, poco distante dal largo che, in virtù di una delibera della giunta comunale di Aversa, è ora intitolato “Piazzale Mons. Giovanni Gazza”. In quella chiesa erano convenuti numerosi sacerdoti e fedeli, oltre ad alcune personalità, come i vescovi di Aversa e di Avellino, il sindaco di Aversa e altri. Avendo io dimorato per oltre dieci anni in episcopio, accanto a mons. Giovanni Gazza, sono stato subito riconosciuto e fraternamente accolto da numerosi sacerdoti che erano stati suoi amici durante gli anni in cui il compianto vescovo era stato pastore di Aversa. Invitato a parlare, ho cercato di mettere in risalto l’ammirevole statura umana e spirituale dell’indimenticabile confratello e vescovo. Uomo, missionario e pastore ammirevole Fin da giovane studente di teologia - lo ricordo bene - p. FRANCESCO CAVALLO, sx Giovanni Gazza si distinse per la fedeltà ai propri doveri di aspirante alla vita sacerdotale e missionaria, per il suo impegno nello studio, per la sua pietà Eucaristica e Mariana. In seguito, come vescovo missionario in Amazzonia, come superiore generale dell’istituto Saveriano e come vescovo della diocesi di Aversa, mons. Gazza profuse tutte le sue energie per il bene del popolo di Dio. E quando negli ultimi anni della sua vita, minato dal male che non perdona e che gli provocava ogni giorno la febbre, riducendogli progressivamente le forze fisiche, ritenne di non essere più in grado di compiere in pienezza il ministero episcopale, umilmente rassegnò le dimissioni nelle mani del papa Giovanni Paolo II. Trascorse i suoi ultimi anni nel silenzio e nella preghiera con serenità di spirito, in preparazione al suo incontro con il ■ suo amato Signore. È aperta la IX mostra interculturale Sotto lo stesso cielo: dialogo con le altre fedi R 8 iapre i battenti la mostra interculturale, promossa dai saveriani di Salerno: missionari, missionarie e laici insieme. È alla sua IX edizione, con il tema: “Sotto lo stesso cielo annuncio e dialogo con le altre fedi”. Il titolo racchiude l’idea di un’umanità raccolta sotto una stessa volta celeste, ma punteggiata da tante costellazioni che simboleggiano le diverse religioni. Il tema è dunque molto attuale e si propone di aiutare la riflessione circa il rispetto e il dialogo tra le religioni, un’esigenza che soprattutto in questi ultimi anni si fa sentire sempre più forte all’interno della nostra società. A partire dall’idea di un cielo stellato - metafora delle differenti fedi - il visitatore viene condotto per mano lungo un percorso che si snoda in più ambienti e che illustra alcuni aspetti originali dei vari culti in un vortice di colori, suoni e profumi. Ovviamente non mancherà una sala interamente dedicata all’impegno per il dialogo interreligioso da parte dei saveriani, nelle nazioni dove essi lavorano. Tanti appuntamenti da non perdere! La mostra interculturale è aperta ai visitatori, e in primo luogo alle scuole, dal 1° marzo al 16 aprile 2014, presso l’istituto saveriano di Salerno. Inoltre, invitiamo a segnare in agenda alcune date importanti: • 1° marzo, ore 20 - inaugurazione in casa saveriana con MANUELA GALASSO la presenza di Angela Gomes, attivista bengalese per i diritti delle donne e la loro emancipazione da ogni forma di sfruttamento; • 16 marzo, ore 16.30 - giochi in famiglia; • 28 marzo, ore 19.30 - tavola rotonda con la presenza del prof. Ambrogio Bongiovanni, docente di dialogo interreligioso presso la pontificia università Urbaniana (Roma); • 1° aprile, ore 20.30 spettacolo “È tempo di scegliere”, scritto e allestito da giovani e giovanissimi della casa saveriana di Salerno; • 3 maggio, ore 20 chiusura della mostra con cena di beneficenza. Per informazioni e prenotazioni, contattare una delle seguenti persone: Nuccia (380 4621560), padre Simone (349 1314499), padre François (347 8596272). Vi aspettiamo numerosi per condividere con tutti voi la bellezza della scoperta e del confron■ to! L’amico delle missioni, il caro Gigino p. NAZZARENO CORRADINI, sx C i ha lasciato Gigino. Si è spento in casa, curato affettuosamente dai suoi familiari e confortato dalle visite di don Pasquale, nuovo parroco di San Paolo, a Rione Petrosino. Sempre sereno e sorridente nonostante gli acciacchi, ha voluto donare a don Pasquale un volume che documenta le varie iniziative a favore delle missioni, soprattutto quella di suor Tarcisia, in Zambia. Tanta generosità e tante doti È impossibile calcolare la somma di denaro raccolta e inviata in missione; come pure i container che sono stati spediti sempre a favore delle opere portate avanti dalla suora. Lo ricordiamo con viva riconoscenza per il suo altruismo, insieme ad altre persone del gruppo missionario della parrocchia, tra le quali Pasquale Mottola, Teresa Montuori e Maria Cuomo. Amante del canto e della musica, ha fatto parte per vari anni della corale salernitana “San Gregorio VII” che, in occasione del 50° anniversario di sacerdozio di papa Giovanni Paolo II, si è esibita con canti gregoriani in San Pietro a Roma. Mi è sembrato un dovere far conoscere Gigino - Luigi Salvo, è il suo vero nome - anche a coloro che non l’hanno potuto conoscere personalmente. Da parte mia, conservo un vivo ricordo del suo amore al prossimo, all’arte e al canto. Voglio ringraziarlo non solo per il bene che ha fatto, ma anche per il suo esempio di straordinaria serenità e gioia. Ha fatto del bene, vivendo da vero cristiano e amando sempre la vita. ■ Il signor Luigi Salvo (Gigino), di Rione Petrosino, amico delle missioni, con i pacchi pronti da spedire BANGLADESH: TÈ DELL’ AMICIZIA C’è un modo per continuare a vivere p. GIOVANNI GARGANO, sx Paese che vai usanze che trovi. L’ospitalità ha tanti volti e modi diversi. In Bangladesh, la cosa più ordinaria che ti possono offrire è una tazza di tè, semmai con qualche biscotto. Quante volte per strada, incontro persone che mi conoscono e mi invitano per una tazza di tè… Di solito accetto l’invito e da lì nasce la conversazione: una condivisione di vita. Una semplice tazza, due vite che si incontrano e si raccontano… Sembra strano, ma la distanza sparisce; regna solo il desiderio di ascoltarsi reciprocamente. Non immaginatevi i bar che abbiamo noi in Italia; in Bangladesh sono negozietti di strada: il più delle volte assomigliano a catapecchie, ma tutti trovano un posto per sorseggiare un buon tè al latte e fumare una sigaretta. A Dhaka, la capitale, questi negozietti sono anche piccole isole dove c’è la possibilità di riposare un po’, prima di inoltrarsi di nuovo nella grande giungla del traffico cittadino. La capitale presenta uno stile di vita frenetica: tutti corrono per attraversare, salire su un autobus… Fermarsi per un istante è una buona cosa per riprendere le forze. Una volta ero su un risciò e ho visto un disabile che accanto alla sua piccola carrozzina si era costruito un pianale su cui poggiare il termos del tè e i bicchieri. Il disabile girava la zona vendendo il tè, invece di chiedere l’elemosina ai passanti. Una lezione di vita che ci spinge a trovare sempre un’alternativa nella propria vita per continuare a stare in piedi da soli. Buon cammino e pace e bene a tutti! P.S. Per altri racconti, puoi seguirmi su facebook nel gruppo: Finestra dal Bangladesh I giovani di p. Gargano offrono il tè ai poveri che vivono in strada 2014 MARZO 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 IBAN - IT 03 C 06230 51770 000046224782 (Cariparma, Tavernerio) TAVERNERIO “Nati sotto lo stesso limone” Testimonianze di due ignoti martiri africani a cura di p. LINO MAGGIONI, sx L a coscienza missionaria della chiesa dedica il 24 marzo alla memoria dei cristiani martirizzati durante l’ultimo anno. Quest’anno la memoria dei martiri è turbata dal timore che un altro genocidio, simile a quelli già avvenuti in Ruanda e Burundi, ferisca ancora la nostra umanità, nella repubblica Centrafricana. Noi missionari conserviamo vivo il ricordo di quelle tragedie. Allo stesso tempo siamo custodi di storie e testimonianze che ci fanno pensare come, insieme a quei martiri, escono dalla scena di questo mondo esempi di grande umanità. Voglio ricordare qui due testimonianze di alto profilo umano, anche se poco conosciute. Un esempio di grande umanità La prima testimonianza è quella dell’abbé Michel Kayoya, uno dei primi preti burundesi sepolti nelle fosse comuni. Prima di essere ammazzato aveva chiesto ai suoi persecutori di consegnare a sua madre la stola sacerdotale che indossava. Dell’abbé Michel conosco la riflessione che egli stesso ha lasciato scritta sul padre, sulla madre e su noi europei. Pagine profonde e stupende. Quanto potrebbe aiutare la chiesa di papa Francesco e di Lampedusa, la frase in cui egli riconosce l’origine comune di africani ed europei. Una frase piena di colore: “Tutti e due siamo nati sotto lo stesso limone”. Mio padre e mia madre “Ho sempre amato l’uomo, questo essere fragile e forte. La fragilità suscita la pietà, la forza vera, l’ammirazione. L’ammirazione e la pietà sono degne dell’uomo. Mai l’una con esclusione dell’altra. Come tanti altri, io volevo diventare un uomo. Un uomo del mio popolo. Un uomo verso i miei fratelli. Un uomo per l’umanità. Diventare un uomo deve essere difficile. Sempre teso verso il Bene, sempre intento a fare il bene, senza arresti. Quando si comincia, non si finisce più con il rischio di morire mentre vivi. Mio padre è un uomo. Io volevo diventare come mio padre. Mio padre è l’uomo, l’uomo potente, l’uomo pensante. È impressionante come mio padre ami la solitudine. Non rifugge la società, è comunicativo. È padre e si dona. È dono, lui non distingue. Non distingue per separare, ma per valutare la forza che gli è necessaria per donarsi. Mio padre è un uomo. Mio padre incarna l’umanità, per me. Mia madre corrispondeva a Un otto marzo più speciale Un po’ di storia della filosofa Simone Weil L a festa della donna è per ricordare sia le conquiste sociali delle donne sia le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo. Noi e voi, cari amici, vorremmo dedicare la festa di quest’anno alla scoperta della vera missione della donna: albergare la vita dello Spirito, nella carne dell’uomo. 8 Esploratrice del cuore umano A questo proposito rivolgo un invito ideale a Simone Weil, donna geniale del XX secolo, perché ci dia la sua risposta. Nata a Parigi nel 1909 e morta a Londra nel 1943, a Simone Weil sono bastati 34 anni per aprire tutto il ventaglio dell’esperienza umana. Figlia di ebrei non credenti, divenne filosofa di fama europea. Prese parte alla resistenza spagnola nel 1936 e a quella francese nel 1943. Abbandonò l’insegnamento per divenire anche operaia: lavorò in fabbrica e partecipò alle lotte sindacali, convinta che l’esperienza del lavoro potesse diventare umanamente costruttiva. La sua vita svoltò ad Assisi nel 1937. Curiosa di ogni religione, lettrice della Bibbia e di testi buddhisti, giunta davanti alla cappella dove san Francesco morì, cadde in un’estasi religiosa e per la prima volta nella sua vita si trovò a pregare. Un’esperienza mistica ancora più forte si ripeté nel 1938. Lo Spirito la chiamava al battesimo. Una sua amica, Simone Deiz, qualche giorno prima che morisse, prese l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formula: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Solo un’insuperabile esploratrice del cuore umano come lei poteva interpretare il modo con cui Eva, la prima donna della storia umana, ha messo in movimento la sua vocazione più profonda. Ecco un testo di Simone Weil nella sua prima vita, durante la guerra civile in Spagna p. L. MAGGIONI, sx Simone Weil. Eva, sentinella e custode “Dio si preoccupa fino in fondo dell’uomo. Osserva Adamo: quando è affaticato, diventa fragile. Quando prende sonno, perde il controllo di sé, al punto che potrebbe essere assalito dalle fiere, o morso dai serpenti… E allora Dio trae una conclusione: «Non è cosa buona che l’uomo sia solo». Ma in verità, per quanto tempo Eva è stata accanto ad Adamo, prima che il primo uomo si svegliasse dal sonno? Mentre Adamo dormiva, Eva cosa faceva? Forse Eva neppure si era resa conto del luogo in cui stava; eppure quel giardino era del tutto nuovo per lei. Eva stava piegata, con tutta la sua persona, su questo uomo, steso per terra, che continua a dormire totalmente incosciente. Negli occhi di Eva non c’è paura, in quanto quella creatura pare le assomigli tanto. Con la sua sensibilità di donna va oltre l’emozione. Si rende conto d’essere stata inviata in missione presso una creatura che non è in grado di badare a se stessa. E così, accanto all’uomo, si scopre sentinella dei segreti dell’amore; custode del segreto della vita. Sente dentro che il suo posto è quello di rimanere per sempre ■ accanto a lui...”. lui. È straordinario come mia madre mi amava. Ho letto molti libri e dentro i brani commoventi sulla tenerezza delle madri, cercavo il ritratto della donna che mi ha portato in grembo. Di lei conservo un’immagine fresca che non scompare neppure quando mi trovo in sua presenza. Mia madre era adorabile quando parlava ai suoi figli. Metteva a nudo il suo cuore, cuore aperto, cuore materno. I due rimangono importanti per me”. L’umano dentro l’uomo bianco “Ho viaggiato in Europa e là ho imparato l’umano che è dentro l’uomo bianco. Prima Il diario dell’abbé Michel Kayoka, autore di non l’avevo mai visto. Averiflessioni penetranti e attuali, pubblicato in vo visto l’uomo bianco sen- lingua francese dall’EMI - Bologna (2007), su za guardarlo. Lo trovavo un richiesta del Centro Giovani Kamenge di Bujumbura, e distribuito gratuitamente essere superiore, lui si voleva ai giovani burundesi considerare tale. Ero piccolo e mi volevo altro da lui. Fino ti: loro e noi. L’uomo bianco si ad allora lo avevo visto con la lascia vedere uomo dentro camia immaginazione, con la mia sa sua. Ma quando esce di capre-comprensione. Oppure nei sa, diventa obbrobrioso. Analizpregiudizi di quelli che mi cirza, spia, osserva, classifica, decondavano. Improvvisamente si finisce. Si appropria, conquista, è come svelato davanti a me. In domina. Che cosa? Tutto. L’erlui non ho colto umanità diversa ba che appassisce e rinasce, l’osda quella vissuta in casa di mio so, il legno secco, il legno verde, padre. L’amore, la gioia, la paul’uccello che cinguetta, il fiore ra, la speranza, l’orgoglio, la piedei campi, il bambino innocentà, la vanità, la donna, il denate, la donna, il sorriso, il gesto ro, il rispetto, la dignità, la menappropriato, il gesto maldestro, zogna, l’imprudenza, l’egoismo, il corpo, il cuore, lo spirito, l’uol’avarizia, la testardaggine. mo…”. ■ Ho sempre creduto che siamo (continua nel riquadro) nati sotto lo stesso limone, tut- PHILBERT: TUTTI GIÙ DAL CAMION ... p. L. MAGGIONI, sx La seconda testimonianza è quella di Philbert, che è sopravvissuto al genocidio e racconta come sia riuscito a trasformare dal di dentro ciò che avrebbe dovuto essere il suo drammatico martirio. A me è capitata la buona sorte di conoscere personalmente Philbert e di ascoltare dalla sua viva voce come gli riuscì di salvare la vita a moltissimi uomini e donne destinati alla fossa comune. La sua vicenda rientra nella guerra civile in Burundi, che va dal 1994 al 2004. Io mi sono trovato ad assisterlo a morire per un tumore al pancreas, nel 2006, e lui mi fece parte della sua dolorosa ed eroica esperienza. Ecco il suo racconto. “Un presidio di soldati ruandesi era entrato nel villaggio. Sparavano sulle capanne. Fuori dalle capanne, qualcuno tentava di avventurarsi in una fuga impossibile. I soldati intimavano loro di fermarsi. Così, ci hanno ammassati sul ciglio della strada, sotto il sole. Intanto, al centro della strada volavano sedie e banchi delle scuole e del centro sanitario. Sul far della notte il colonnello aveva ordinato ai soldati di caricare uomini, donne e bambini su un camion. Lui stesso era montato sul camion a fare la conta quando, a sua sorpresa, tra i prigionieri ha scorto me, Philbert, suo amico d’infanzia. Subito mi ha intimato: «Philbert! Fratello, scendi. Allontanati, perché questo carico è diretto alla fossa comune». Rimasi fermo dove ero e gli feci eco: «Scendo solo a una condizione: se con me fai scendere anche gli altri». Alla fine il colonnello ha liberato tutti quanti, me compreso…, grazie a Dio!”. I volti dei giovani martiri burundesi al Centro giovani Kamenge 2014 MARZO VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 IBAN - IT 71 V 02008 11897 000040071835 (Unicredit Banca, Vicenza) Grazie agli amici collaboratori! Festa di chiusura per la mostra dei presepi I l 19 gennaio nella casa saveriana di Vicenza i collaboratori e le collaboratrici che hanno lavorato per l’ottima riuscita della 13ª mostra dei presepi missionari e relativo mercatino, si sono ritrovati per ringraziare il Signore. Erano presenti un centinaio di persone tra cui: il Gams (Gruppo amici missionari saveriani), i cui componenti creativi ancora una volta hanno dato prova di un’eccellente manualità, i gruppi degli alpini di Malo e Valdagno che hanno lavorato con disponibilità e generosità nell’allestire tutta la logistica della mostra, e anche molte persone che hanno gratuitamente dato il loro contributo con opere di falegnameria o di diffusione di materiale pubblicitario. Padre Guiotto e Sierra Leone Padre Antonio Guiotto, che ha trascorso molti anni in Sierra Leone e ora è superiore dei saveriani a Udine, ha trattato il tema, “Come ho cercato di vivere la Parola di Dio in missione”. La sua esperienza non è stata teorica, ma testimonianza di vera vita cristiana. La guerra civile che si è combattuta in Sierra Leone dal 1991 al 2000 ha provocato molte sofferenze. Nonostante tutto, si era sempre alla ricerca di nuove soluzioni. Dopo che i ribelli hanno bruciato la missione - salvando però la chiesa - rapito sette suore e commesso numerose atrocità, si è cercato di ricostruire il necessario per il lavoro dei missionari. La pace raggiunta è durata poco: di nuovo guerriglia e un colpo di stato. I missionari erano ormai senza speranza, ma leggendo e meditando la Parola di Dio hanno trovato un aiuto. Hanno scoperto il valore della sofferenza e della morte. Hanno così compreso la potenza di Dio, che entra in noi e ci fa vivere qualunque esperienza per amore suo e per servire i fratelli in difficoltà. Bibbia, unica consolazione La testimonianza di p. Guiotto è proseguita con il racconto della fuga dalla missione assieme ai suoi confratelli, perché la furia dei ribelli era diventata così violenta da rendere necessario nascondersi nella foresta. Le parole della Bibbia erano la sola I fioretti di padre Uccelli Due racconti per conoscerlo meglio R icordo bene due episodi raccontati da mia madre, riguardanti le visite di p. Pietro Uccelli in ospedale a Vicenza. Desidero condividerli con tutti i lettori del mensile “Missionari Saveriani”, perché anche da questi episodi si comprende chi veramente sia p. Uccelli. 8 ta. Lei si occupava della salute dei degenti, ma anche della moralità di dipendenti, visitatori e medici. Un giorno, qualcuno rubò la giacca del dottore dal suo armadietto. Subito suor Lucetta cercò di indagare, fece qualche domanda mirata qua e là, ma nessuno aveva visto nessuno. Il povero La giacca del dottore dottore, che non era certo il primario, e percepiva un piccolo Nel reparto di medicina stipendio iniziale, era disperato: dell’ospedale di Vicenza c’era non solo aveva perduto il denaro, una brava caposala: suor Lucetma anche i suoi documenti personali e il passepartout, una chiave in dotazione ai medici che apriva tutte le porte. Non gli restava che acquistare una giacca nuova. Ma il resto? A suor Lucetta rimase l’incarico morale di sorvegliare quella giacca, così pensò di inviare una sua infermiera di nome Giulietta Morellato da padre Uccelli con la giacca nuova del dottore per farla benedire… contro i ladri. Il buon padre I missionari saveriani ringraziano tutti gli offerenti per accolse l’infermiera la pittura della cappella del servo di Dio p. Pietro Uccelli, con un sorriso, benel 60.mo della sua morte. I devoti del servo di Dio troveranno così un ambiente pulito e illuminato per sostare nedì la giacca e volin preghiera e venerazione. (p. Gianni Magnaguagno, sx) le anche benedire CATERINA e PIETRO DAL SANTO MARIA ROSA NICHELE l’infermiera, dicendo: “Va bene la giacca, ma lei è la messaggera!”. Passò qualche giorno e il medico trovò nel suo armadietto il portafoglio vuoto di denaro, ma con tutti i suoi documenti; dopo qualche settimana ritrovò anche il passepartout in ambulatorio con un biglietto: “Per la giacca deve aspettare, ora è freddo”. La pettegola Durante una settimanale visita ai malati presso l’ospedale di Vicenza, padre Uccelli ricevette una segnalazione da suor Albertina, caposala nel reparto di chirurgia. C’era una ragazza che continuava a piangere; aveva purtroppo subito una devastante operazione all’addome e aveva ricevuto una brutta notizia sull’esito. La poveretta pensava che quello fosse il castigo divino per la sua vita un po’ disordinata. Parlò a lungo con padre Uccelli il quale assentiva e non diceva niente. La benedì a lungo e mormorò: “Dio ha pietà di chi si pente, abbi fede”. Una vicina di letto, nella stessa corsia, arrabbiata perché non era riuscita a sentire nulla della confessione, mormorò a denti stretti: “Andrai all’inferno!”. E rivolta al padre: “Sapesse, padre, che mestiere fa!”. Lui fece un mesto sorriso e aggiunse: “Non si giudichi nessuno, anche tu sarai giudicata. Non essere pettegola!”. ■ La festa di ringraziamento dei volontari della mostra dei presepi, domenica 19 gennaio con il Gams (a sinistra) e i gruppi alpini di Malo e Valdagno consolazione, perché davano forza e speranza di agire in difesa di se stessi e degli altri, per non cadere in una facile disperazione. Durante il periodo di “clandestinità”, una famiglia di musulmani ha ospitato due missionari nella loro casa per circa un mese, poiché la missione era stata nuovamente distrutta. Prima di lasciare la casa, p. Guiotto, su richiesta dei suoi ospitanti, ha battezzato genitori e tre figli e celebrato le nozze dei due coniugi che avevano capito la forza dell’amore di Dio ed erano pronti a trasmetterla ai loro cari. Il messaggio che ha lasciato p. Antonio in ognuno dei presenti è questo: “Ama per primo; non aspettare che l’altro faccia il primo passo; ama il nemico. Questo atteggiamento ti rigenera e ti aiuta a cambiare il cuore e a vivere meglio le sofferenze”. È giusto ringraziare Nella Messa celebrata nella casa saveriana di Vicenza, il rettore p. Elio Cosma ha ringraziato tutti per il sostegno alla comunità, perché l’animazione e la sensibilizzazione alla missione parte proprio da lì e va verso le parrocchie della diocesi. Dire grazie al Signore è la preghiera più importante per il cristiano. A Dio si chiedono sempre favori e aiuto, ma poi ci si dimentica di ringraziare. Un grazie per tutto quello che avviene nella nostra vita è sempre giusto e doveroso. Durante la sobria cena, p. Luciano Bicego ha dato una breve relazione, in cui ha messo in evidenza il buon risultato ottenuto e ha impostato il programma per il futuro. Una lotteria con alcuni premi provenienti dalle missioni ha concluso la bella serata. ■ DUE EVENTI PER IL 60° DI P. PIETRO UCCELLI 15 marzo: pellegrinaggio dalle Maddalene Sabato 15 marzo, la parrocchia delle Maddalene, molto legata alla figura di p. Uccelli, organizza un pellegrinaggio alla tomba del servo di Dio, nella chiesetta di San Pietro d’Alcantara, in viale Trento a Vicenza. La parrocchia ha come patrono san Giuseppe ed è per questo che l’iniziativa è stata fissata nel mese di marzo. È prevista la partecipazione attiva del postulatore e del vice postulatore della causa di beatificazione, p. Guglielmo Camera e p. Gianni Viola, che illustrano il rapporto di speciale devozione tra p. Uccelli e san Giuseppe. 11 maggio: pellegrinaggio a Monte Berico Il secondo appuntamento è per domenica 11 maggio. Con tutti i gruppi di laici amici dei saveriani, facciamo un pellegrinaggio, con partenza alle ore 10.30, da viale Trento fino a Monte Berico. È nota la grande devozione che p. Pietro Uccelli nutriva per la santa Vergine, che si esprimeva anche con frequenti visite al santuario Mariano. L’invito è a tutti i fedeli che amano le missioni. La santa Messa sarà celebrata alle ore 12, come conclusione del pellegrinaggio. La commissione composta da laici e saveriani riunita per la programmazione per il 60° di p. Uccelli; da sinistra: Attilia Lazzarini, Maria Rosa Nichele, p. Gianni Viola, Giancarlo Corato, p. Guglielmo Camera, p. Elio Cosma 2014 MARZO ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 IBAN - IT 33 Z 03359 01600 100000006707 (Banca Prossima, Zelarino) Ricordando un “uomo di Dio” Padre Mario Giavarini, educatore dei giovani S e n’è andato senza alcun preavviso, in punta di piedi, senza disturbare nessuno, perché padre Mario era proprio così. L’ho conosciuto agli inizi degli anni ’90 a Zelarino. Eravamo un gruppo di giovani, allora, che lui era riuscito a mettere insieme, provenienti da tutta la diocesi di Venezia. L’amore per la missione Ci si trovava una volta al mese per una fine settimana di convivenza, per pregare e confrontarci sui temi della missione. Lui aveva fortemente voluto questo momento d’incontro e ci teneva a costruirlo ogni volta insieme a noi, circa una ventina di ragazzi e ragazze. Che belle esperienze! Padre Mario ci ha posto nel cuore l’amore alla missione! E come non ricordare il primo convegno giovanile missionario dell’agosto 1990? Giovani provenienti da tutta Italia insieme per una settimana, qui alla casa saveriana di Zelarino, per incontri, esperienze e dibattiti. Ricordo ancora i giorni della preparazione, le relazioni, gli ospiti invitati speciali: tutta la direzione generale dei saveriani, mons. Bruno Forte, mons. Tonino Bello... Che gioia conoscerli e ascoltarli, sentirli parlare della loro vita, del loro personale incontro con Dio! Non ci ha mai abbandonati Padre Mario coordinava tutto con quella discrezione che gli era naturale e che lo ha sempre contraddistinto. Da quegli incontri e dal confronto con lui, per me è nato il desiderio di vivere un’esperienza in missione ed è stato grazie a lui che sono partita per il Messico con mio fratello. Siamo stati con la comunità saveriana di Santa Cruz in Hidalgo, dove era parroco il saveriano sardo LUISA RAMPAZZO p. Angelo Pisanu. A p. Mario devo il mio primo incontro con il Messico, dove ho potuto assaporare la bellezza della vita a servizio degli ultimi della terra. Ventiquattro anni fa Santa Cruz era una comunità povera, ai confini del mondo. Eppure, l’entusiasmo che ci aveva messo in cuore p. Mario era tanto che siamo partiti senza paure e senza remore. E lui, qui a Zelarino, pronto a tenere i contatti tra noi laggiù e la nostra famiglia: non ci ha mai abbandonati. Mai tenuto nulla per sé Da padre Mario, uomo di Dio, noi facevamo la fila per andare a confessarci… Aveva una parola per ognuno - a volte dura, a volte di tenerezza -, ma sempre nella sincerità e guardando a Dio. Il sabato sera ci incantava con la sua spiegazione del vangelo domenicale. Sapeva leggere con Alla Madonna per tutto il mondo Dalla seconda guerra, la devozione continua della seconda A ll’inizio guerra mondiale, le donne della parrocchia di Carpenedo (VE) trasformarono in cappella la piccola sacrestia a destra dell’altare maggiore e collocarono una statua della Madonna di Lourdes nella grotta fatta in gesso, sacco e cartapesta. Qui le madri e le spose venivano a pregare per i loro cari al fronte. Un quadro raccoglie le foto di coloro che non sono più tornati. L’Ave Maria in tante lingue Oggi la gente viene a chiedere la protezione della Madre di Dio per la gioventù e per le famiglie, e ogni coppia, dopo il matrimonio, vi lascia il suo bouquet. La sera dell’11 febbraio la vasta chiesa si riempie di fedeli che partecipano alla recita del santo rosario in lingue diverse, alla santa Messa e alla fiaccolata. 8 Quest’anno la prima parte dell’Ave Maria è stata recitata: in inglese da fratel Luigi Maule dei Somaschi, missionario negli Stati Uniti e Filippine, fratello del saveriano p. Ottorino, ucciso in Burundi nel 1995; in swahili da p. Sisto, missionario saveriano in Congo; in temne da p. Franco, missionario saveriano in Sierra Leone; in cinese da Monica Hu, venuta in Italia con i genitori, e frequenta le superiori; in brasiliano da Mariza De Moraes, nata in Brasile. La fiaccolata alla grotta Abbiamo presentato alla Vergine le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di tutto il mondo. In particolare, con la preghiera in cinese, abbiamo invocato maggiore libertà religiosa per i cattolici cinesi, dei quali ammiriamo l’eroismo per Hanno pregato in lingue diverse (da sinistra) Luigi Maule, p. Franco, Monica Hu, p. Sisto, Mariza De Moraes p. FRANCO LIZZIT, sx rimanere uniti alla chiesa cattolica e al papa. Il padre di Monica Hu è orgoglioso di appartenere a una famiglia cattolica da varie generazioni, che ora testimonia la fede anche con la prigione. La celebrazione è terminata con la fiaccolata alla grotta. Nel canto abbiamo chiesto l’aiuto della Madonna per i malati, i giovani, le famiglie e per tutto il mondo. La Madre santa offra a tutti il dono che ci ha già fatto a Betlemme e sul Calvario - suo figlio Gesù - perché ci sia gloria nel cielo ■ e vera pace sulla terra. “Se n’è andato improvvisamente padre Mario Giavarini, da tre anni rettore della comunità dei missionari saveriani di Alzano Lombardo (BG). Si è spento martedì mattina nel suo letto, stroncato da un malore. Padre Mario era stato missionario per oltre vent’anni in Zaire-Congo, poi il ritorno in Italia per svolgere il servizio di animazione missionaria in varie comunità saveriane: ha vissuto a Zelarino (Venezia), Desio (MB), Parma, Vicenza e infine Alzano” (dall’articolo apparso sul quotidiano “L’Eco di Bergamo”). Padre Mario Giavarini, a sinistra, con i giovani del primo convegno giovanile missionario nel 1990 a Zelarino, Venezia sapienza la Parola e tradurla in quello che Dio ti ha messo nel gesti concreti, con una carattericuore. Non smetto mai di pregastica diversa per ognuno di noi. re per tutti voi”. Da quel gruppo sono sorte voEcco chi era padre Mario. Eccazioni alla vita reco perché amo deligiosa, al sacerdofinirlo “uomo di zio, al matrimonio. Dio”, perché non Quando un giorno, ha mai tenuto nulla mentre lui era rettoper sé, ma ha semre a Parma, andai a pre saputo donarsi trovarlo con Davicompletamente ai de (allora eravamo fratelli, nel silenzio, fidanzati), mi disse nella riservateznella confessione: za, nella discrezio“Sono felice Luisa ne: di chi, con saper te, perché abbiapienza, segue il suo mo finalmente capicammino, sapendo P. Mario Giavarini to la tua strada. Va’, che è segnato dalla in una foto recente sii serena; questo è mano di Dio. ■ LA NOSTRA DEVOZIONE A SAN GIUSEPPE p. FRANCO LIZZIT, sx A Mestre, in via Terraglio, c’è una comunità di suore di san Giuseppe, fondate dal venerabile don Luigi Caburlotto, con scuola materna ed elementari. Ogni mattina un saveriano della nostra comunità va a celebrare con loro la santa Messa. Di fianco all’altare, fa bella figura una statua di san Giuseppe: è il santo da cui la congregazione delle suore prende nome. San Giuseppe è lo sposo di Maria e il custode, con amore di padre, di Gesù Verbo di Dio fatto uomo. San Giuseppe ha provveduto a tutte le necessità materiali di Gesù e di Maria; è lui che, con autorità paterna, ha introdotto Gesù fanciullo alla sinagoga e alle pratiche religiose insegnate nella sacra Scrittura. La devozione popolare dedica a san Giuseppe un giorno della settimana, il mercoledì, e il mese di marzo. Cari benefattori, siete voi che, con le vostre offerte e sacrifici, continuate l’opera di san Giuseppe verso di noi missionari sparsi per il mondo. Assicuriamo la nostra preghiera per voi, non solo nel mese di marzo, ma ogni giorno, perché san Giuseppe e la Madonna benedicano e proteggano le vostre famiglie, vi sostengano nelle difficoltà materiali e fisiche. In particolare, vi aiuti a far crescere i figli e nipoti in sapienza e grazia, come hanno fatto con Gesù. Anche voi unite la vostra preghiera alla nostra, affinché le vostre famiglie possano assomigliare alla santa Famiglia di Nazareth. Grazie. La Madonna di Lourdes nella cappella della parrocchia di Carpenedo è meta di fedeli d’ogni età durante tutto l’anno Le suore di San Giuseppe nella casa saveriana di Zelarino, dopo un incontro con i gruppi missionari della zona
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