Olbia - Cine Teatro Olbia GIÙ LA MASCHERA! stagione di prosa 2014/2015 19 dicembre 2014 28 gennaio 2015 6 febbraio 2015 26 febbraio 2015 5 marzo 2015 27 marzo 2015 10 aprile 2015 17 aprile 2015 Teatro dallarmadio Pragma Srl Pupi e Fresedde / Teatro di Rifredi Compagnia Teatri d’Imbarco ArTè Teatro Stabile d’Innovazione in collaborazione con Todi Festival Arte e Spettacolo Domovoj in collaborazione con XLV Festival Teatrale Borgio Verezzi International Music and Arts Ludus in Fabula di Angelo Longoni di José Sanchis Sinisterra con Edy Angelillo e Gennaro Cannavacciuolo musiche eseguite dal vivo da Marco Bucci – pianoforte Ruben Chaviano – violino Simone Ermini – sassofono e clarinetto musiche originali Mario Pagano scene e costumi Tobia Ercolino luci Alberto Mariani traduzione, adattamento e regia Angelo Savelli BESTIE FEROCI REVOLUTION operina musicale modulare di e con Fabio Marceddu e Antonello Murgia musiche originali Antonello Murgia regia Antonello Murgia Lo spettacolo è una sinfonia-mosaico per due voci, una chitarra classica e un pianoforte in miniatura. Bestie Feroci Revolution racconta i nostri tempi col solo uso del patrimonio musicale che ci ha accompagnato in tanti decenni. Il gioco è quello di legare, cucire, tagliare e accostare strofe, ritornelli, sigle, per creare un discorso, per raccontare le contraddizioni e la follia, la bestialità e la “meraviglia” del tempo che viviamo o che crediamo di vivere. Tutto questo con una “pensata leggerezza”, e con una spontanea e quanto mai voluta ironia nel trattare temi delicati e irrisolti del nostro Paese e del mondo. Non vi è, per scelta, una sola parola recitata. I tempi della narrazione sono ferrei e fuggevoli, le chiavi di lettura molteplici. Perché si canta? Forse perché quando le parole non bastano più non resta che cantare. C’è sempre qualcosa che sfugge nel leggere il mondo, qualcosa che “accade al di sopra delle parole”. Elemento fondante della poetica del gruppo - che propone un teatro civile, sociale, che si occupa di attualità in termini non cronachistici, partendo dall’uomo senza omologarlo a bandiere partitiche o politiche - è la musica intesa come forza narrante, perfettamente integrata e correlata alle drammaturgie. OSPITI con Cesare Bocci, Eleonora Ivone, Marco Bonini scene Mario Cavacchioli e Tiziana Massaro regia Angelo Longoni Ospiti è una storia dedicata a coloro che, almeno una volta nella vita, hanno dovuto affrontare una profonda crisi emotiva, psicologica o sentimentale, sognando di poter essere magicamente e improvvisamente un’altra persona. Nei momenti difficili, quando ogni cosa sembra irrecuperabile, quando la ricostruzione di se stessi appare un’impresa titanica e impossibile, capita a tutti di sognare di essere un altro, qualcuno capace di avere ancora amore per la vita e per gli altri, qualcuno in grado di essere ancora felice. Ospiti è la storia di Leo, un uomo che deve fare i conti con la propria vita sbagliata, con i propri affetti finiti e con la comica misantropia che lo accompagna. Ospiti è la storia di Sara, una donna che ha fatto del disincanto e della consapevolezza una buffa arma per difendersi dai sentimenti incontrollabili e dalle persone che la vogliono amare in modo possessivo. Ospiti è la storia di Franco un uomo che sa amare solo in modo eccessivo, totale, irrazionale. C’è sempre qualcosa di decisamente comico nell’amore, soprattutto dal punto di vista di chi lo osserva dall’esterno... Lo spettacolo, scritto e diretto da Angelo Longoni, è affidato all’ironia di Cesare Bocci ed Eleonora Ivone con un esilarante Marco Bonini. Costruito da Longoni con un ritmo incalzante e con diversi colpi di scena, porta lo spettatore a ridere di situazioni drammatiche ma allo stesso tempo grottesche. CARMELA E PAOLINO Carmela e Paolino è l’adattamento italiano del testo del drammaturgo spagnolo José Sanchis Sinisterra Ay, Carmela, che dal 1986 ha avuto un successo strepitoso restando per anni in cartellone nei maggiori teatri delle capitali di Spagna ed America Latina, e da cui nel 1990 il famoso regista Carlos Saura ha tratto l’omonimo film interpretato dalla bravissima Carmen Maura. Ay, Carmela racconta la vicenda di due oscuri attori di varietà che durante la guerra civile cadono prigionieri dei falangisti e sono costretti, loro malgrado, ad improvvisare per le truppe uno scalcinato ma esilarante spettacolo dal tragico esito finale. Nel testo originale la vicenda si svolge in Spagna nel 1938 a Belchite, villaggio simbolo degli effetti della ferocia distruttiva della guerra civile spagnola, le cui rovine vengono ancora oggi visitate come un monumento nazionale. Il regista Savelli, d’accordo con l’autore, ha compiuto un’ operazione di adattamento del testo trasportando l’azione nell’Italia del 1944, in piena seconda guerra mondiale, in uno sperduto paese della provincia centro-meridionale occupato dalle armate tedesche. La parte centrale del testo originale è occupata dal ricordo dello spettacolo di varietà improvvisato da Carmela e Paolino per le truppe d’occupazione. Sinisterra ha qui trasfuso nel testo con grande abilità un insieme di riferimenti teatrali, canzoni, balletti e macchiette tipiche del più tradizionale teatro leggero spagnolo. LA LEGGENDA DEL PALLAVOLISTA VOLANTE di Andrea Zorzi e Nicola Zavagli con Beatrice Visibelli e Andrea Zorzi scene e luci Nicolò Ghio costumi Cristian Garbo musiche a cura di Vladimiro D’Agostino regia Nicola Zavagli Un pallavolista del calibro di Andrea Zorzi campione nell’Italia dei fenomeni allenata da Julio Velasco, per la prima volta in scena con uno spettacolo davvero unico nel suo genere. Un grande campione del passato, oggi giornalista, un gigante (in ogni senso) che ha segnato la storia della nostra pallavolo sale sul palcoscenico di un teatro che magicamente si trasfigura in un campo di gioco. Qui la rete diventa metafora e la palla simboleggia il mondo. Ed ecco attraverso la biografia di un fuoriclasse, dipanarsi un racconto teatrale dove la vicenda personale s’intreccia alla storia e al costume, dove la luminosa carriera di uno sportivo viaggia attraverso la cronaca e la storia di un Paese. Ecco il ritratto in formazione di un campione, gli inizi, i primi successi, le straordinarie vittorie ai campionati del mondo, e l’indimenticabile, dolorosa sconfitta nella finale olimpica, con una squadra considerata da tutti leggendaria. Ma soprattutto l’infinita passione per uno sport che richiede prontezza di gesto e intelligenza veloce. Accanto ad Andrea Zorzi, detto “Zorro”, l’attrice Beatrice Visibelli che con ironia e divertimento lo guida nel viaggio della sua vita e della sua carriera sportiva, raccontando e incarnando gioiosamente i personaggi che lo hanno accompagnato fin dall’infanzia. L’ABITO DELLA SPOSA di Mario Gelardi con Pino Strabioli e Alice Spisa scene e costumi Alessandro Chiti musiche Paolo Vivaldi luci Roberto Rocca regia Maurizio Panici Italia 1963. È l’anno del matrimonio Ponti – Loren, della visita in Italia di Kennedy, della scandalosa love story tra Teddy Reno e Rita Pavone, è l’anno della tragedia del Vajont. Alto-basso, rosa-nero, le vicende si alternano così nel paese ed anche nella vita del sarto Lucio. Lucio è un sarto di abiti militari, figlio di un sarto di abiti militari; ha girato tutta l’Italia con i suoi genitori ed ora parla un dialetto che è un miscuglio di molte lingue. Lucio è un uomo di mezza età, un po’ irascibile, dai modi spicci e diretti, ma in fondo una brava persona, quindi non se la sente – e forse non può proprio rifiutare – quando un capitano gli chiede di cucire l’abito da sposa di sua figlia. Lucio non può tirarsi indietro, ma non sa nemmeno come fare, così è costretto ad assumere una giovanissima sartina, Nunzia, una ricamatrice che ci riporta direttamente all’atmosfera di quegli anni. Così il logorroico Lucio deve dividere la sua sartoria con la timida Nunzia «che per tirarle una parola di bocca ci vuole più di una tenaglia». L’incontro è la scoperta di due vite, di due imprevedibili vite; tra la passione per le canzoni di Rita Pavone e le ritrosie di una ragazza che non sa come comportarsi con gli uomini, raccontiamo il mondo fuori da quella sartoria, ma anche il piccolo mondo di due persone che custodiscono un segreto che finalmente possono svelare. Mario Gelardi ALICE da Lewis Carroll con Romina Mondello, Salvatore Rancatore, Giulia Galiani, Odette Piscitelli musiche Riccardo Benassi-Nicola Sacchelli costumi e maschere Chiara Aversano musiche e suoni Riccardo Benassi e Nicola Sacchelli scena, luci, drammaturgia e regia Matteo Tarasco Note di regia: Alice, ovvero la sorella di Amleto. Ogni sogno è un pezzo di dolore che strappiamo ad altri esseri umani (Antonin Artaud) Alice non è uno spettacolo per bambini; se i libri di Alice hanno acquisito la certezza dell’immortalità, questo è perché continuano ad essere letti e gustati dagli adulti. I bambini a volte si trovano disorientati dall’atmosfera dark dei sogni di Alice. Lewis Carroll, con il rigore del matematico, e lo scrupolo di un chierico, ci conduce in un viaggio nel profondo dell’animo umano, ove le contraddizioni più aspre si fondono, per restituire un’immagine del mondo vividamente controversa. Mettere in scena Alice, capolavoro della letteratura inglese dell’Ottocento, vuole essere un tentativo di raccontare l’odierno spaesamento quotidiano di una generazione incompresa, un tentativo per riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica, che crediamo oggi debba imporsi su altri linguaggi che spiegano, ma non insegnano il senso. Mettere in scena Alice significa essere appassionati, e per mettere Alice dentro la scena del teatro siamo costretti ad essere fisici, nemmeno corporei o corporali, ma fisici e primitivi, “naturali”, per essere lo specchio distorto di una nuova barbarie che avanza. Ma dobbiamo anche ricordare che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo e quindi anche parlare, anche raccontare una storia è un gesto fisico. Matteo Tarasco L’HO FATTO PER IL MIO PAESE di Francesco Freyrie e Andrea Zalone (scritto con Antonio Cornacchione) con Lucia Vasini e Antonio Cornacchione scenografia Leonardo Scarpa regia Daniele Sala Immaginatevi un uomo candido e incasinato, capace di sogni sconfinati, che parlano di libertà uguaglianza e felicità per tutti. Un donchisciotte sempre comicamente in lotta con gli spigoli della vita, senza soldi, con la disdetta dell’affitto in una tasca e la lettera di fine rapporto di lavoro nell’altra, artefice di un gesto folle e disperato: rapisce il Ministro che ha deciso il provvedimento e lo nasconde in cantina. Lo fa per sé, per la sua pensione ma soprattutto lo fa per il suo paese. Unite la tragicommedia di una donna Ministro, stimata docente universitaria, sposata con un finanziere ricchissimo, che vive in case raffinatissime secondo valori solidissimi e che è scesa in politica solo per fare un favore al suo paese… ma un po’ anche a se stessa, nella speranza di colmare una solitudine assai più rara di tutte le specie rare che popolano la foresta pluviale del Borneo... Immaginate ora l’urto di questi due mondi …e l’inferno terrestre che si scatena vi regalerà la commedia più appassionata, folle e contemporanea a cui abbiate mai assistito dai tempi dell’ultima crisi di Governo. Francesco Freyrie LA MIA ODISSEA testo e regia Marina Thovez con Marina Thovez, Mario Zucca, Cristina Renda, Federico Palumeri, Patrizia Scianca, Lorenzo De Iacovo, Antonio Paiola, Felice Invernici e con la partecipazione straordinaria di Aco Bocina, mandolino e Manuel Fernando Augusto, chitarra scene Nicola Rubertelli L’idea di creare una commedia dal vasto tema mitologico dell’Odissea nasce dal desiderio di far rivivere i personaggi che segnano l’inizio della letteratura occidentale nella forma in cui io stessa sento di vivere: il teatro. Nell’Odissea, come in qualunque opera narrata, l’autore concede raramente ai suoi eroi il privilegio di un monologo o di un dialogo. Ne La mia Odissea i personaggi occupano tutta la scena, dunque parlano. Con devozione e amorevole divertimento ho scritto per Telemaco, per Calipso, per Odisseo e non di Telemaco, di Calipso o di Odisseo. Nell’elaborazione del soggetto non ho mescolato attualità e passato, mondo di oggi e mondo antico, in cui il soggetto nacque. Ho tenuto i due piani separati, usando l’ironia. E non per smontare il mito che mi affannavo a ricostruire, ma per richiamare ogni tanto il presente nella mente dello spettatore ricordandogli che quello è un altro mondo. Un mondo poderoso, dove il mito non è favola ma religione. La lotta Odisseo-Calipso non è semplicemente un duetto d’amore, è la lotta tra Dio e Uomo. Mentre sull’Olimpo gli Dei, a concilio, decidono quale destino assegnare a ognuno, Odisseo compie l’ultimo tentativo per tornare a casa mettendosi, ancora una volta, in mare. È il primo segno di una rinascita, dell’uomo che torna uomo... Marina Thovez
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