Rel. n. 13/15 Roma, 23 febbraio 2015 Risoluzione di contrasto: Sez. Un. 30 ottobre 2014, n. 2/2015, Maiorella, Rv. 261399 OGGETTO: 577032 – PENA – ESTINZIONE (CAUSE DI) – PRESCRIZIONE – Revoca dell’indulto – Estinzione della pena – “Dies a quo” - Decorrenza – Individuazione - Irrevocabilità della sentenza di condanna presupposto della revoca del beneficio – Risoluzione di contrasto di giurisprudenza. RIF. NORM.: Cod. pen., artt. 172, 174; Cod. proc. pen., artt. 650, 674. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 30 ottobre 2014, dep. 2 gennaio 2015, n. 2/2015, Maiorella, Rv. 261399, hanno risolto un contrasto giurisprudenziale, affermando che: “Nel caso in cui l'esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell'indulto, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data d'irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio”. Secondo l’originario, e più risalente, orientamento, in ipotesi di subordinazione dell’esecuzione della pena alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il “dies a quo” da computarsi ai fini dell’estinzione della pena, secondo il dettato dell’art. 172, comma 5, cod. pen., deve decorrerere dal giorno in cui è divenuta definitiva la sentenza o l’ordinanza che ha accertato la causa della revoca, disponendo quest’ultima. Il tempo necessario per l’estinzione della pena, cioè, decorre dal giorno in cui si ha la certezza giudiziale dell’avvenuta verificazione della condizione risolutiva, acquisibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della revoca dell’indulto che, pur avendo natura dichiarativa e contenuto meramente accertativo di una situazione oggettiva alla quale è collegata “ope legis” la decadenza del beneficio indulgenziale, è comunque necessaria in quanto, senza tale declaratoria, la pena non è suscettibile di esecuzione, permanendo in vigore il provvedimento di concessione del beneficio. Nel solco di tale orientamento interpretativo si sono espresse, in particolare: Sez. VI, 18 gennaio 1978, n. 199, Cavallo, Rv. 139852; Sez. VI, 30 marzo 1983, n. 901, Cerasuolo, Rv. 159712; Sez. I, 19 gennaio 1994, n. 294, Ferri, Rv. 197787; Sez. I, 3 novembre 1995, n. 5516, Buccella, Rv. 203443; Sez. I, 16 maggio 1997, n. 3428, Sannazzaro, Rv. 207973; Sez. I, 15 aprile 1999, n. 2998, Iacofci, Rv. 213589; Sez. I, 19 gennaio 2000, n. 395, Bizzarro, Rv. 215384; Sez. I, 28 febbraio 2000, n. 1441, Zanon, Rv. 216007; nonché, in tempi più recenti, Sez. I, 5 dicembre 2012, n. 22707, P.M. in proc. Mirabella, Rv. 256481. 1 A fronte dell’indicato indirizzo esegetico si è nel tempo consolidato un secondo ed opposto orientamento, per il quale il termine di prescrizione della pena, in caso di indulto successivamente revocato, decorre dal momento in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio precedentemente concesso, ovvero è divenuta definitiva la sentenza di condanna determinante la causa della revoca dell’indulto stesso. In sostanza, per questa più recente opzione ermeneutica, ai fini dell’individuazione del “dies a quo” per il decorso della prescrizione della pena, in caso di revoca di benefici, si deve fare riferimento al momento in cui siano per legge maturate le condizioni che abbiano portato alla revoca stessa e non a quello in cui viene adottato il provvedimento di revoca del beneficio. Tale indirizzo interpretativo è ravvisabile, in particolare, nelle pronunce: Sez. III, 4 febbraio 1980, n. 485, La Mattina, Rv. 144331; Sez. VI, 10 dicembre 1982, n. 3339, Malfa, Rv. 157189; Sez. VI, 10 marzo 1983, n. 4642, Saponaro, Rv. 159129; Sez. I, 17 novembre 1995, n. 5897, Montaldo, Rv. 203039; Sez. VI, 6 ottobre 1983, n. 1869, Giardina, Rv. 162491; Sez. I, 18 ottobre 1995, n. 5145, Novellis, Rv. 202898; Sez. I, 12 dicembre 2006, n. 41574, Capetta, Rv. 236015; Sez. I, 16 ottobre 2008, n. 40678, Narzisi, Rv. 241562; Sez. I, 5 marzo 2009, n. 18552, Canarecci, Rv. 243644; Sez. I, 21 maggio 2009, n. 26748, Papallo, Rv. 244714; Sez. I, 13 gennaio 2012, n. 10924, P.G. in proc. Gargiulo, Rv. 252553; Sez. I, 3 luglio 2014, n. 34145, Saorin, n.m. Le Sezioni Unite hanno risolto l’indicato conflitto riconoscendo la correttezza della seconda opzione ermeneutica, in particolar modo desunta dall’inequivoca chiarezza del dato testuale dell’art. 172 cod. pen., che fa decorrere l’estinzione della pena, ove subordinata a condizione, dalla verificazione di essa, nel caso di specie rappresentata dalla revoca dell’indulto, che si realizza “ope legis” a seguito della sola verificazione della condizione risolutiva del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il reato successivamente commesso. La prospettata soluzione, offrendo un’interpretazione costituzionalmente orientata, consente di dare soluzione alla principale difficoltà logica intrinseca all’opzione ermeneutica maggiormente risalente, per la quale, pur a fronte del verificarsi della condizione di revoca dell’indulto, sarebbe necessario attendere, per l’eseguibilità della pena, il provvedimento giudiziale dichiarativo di tale revoca, con conseguenti negative ricadute connesse all’aleatorietà della differente celerità con cui tale decisione viene ad essere assunta da parte dell’autorità giudiziaria. L’anticipazione del tempo di esecuzione della pena al momento di avveramento della condizione risolutiva, d’altro canto, appare perfettamente coerente – oltre che con i parametri costituzionali di cui agli artt. 27, comma 2, e 111 Cost. – con i principi convenzionali di ragionevole durata, sollecita definizione e minor sacrificio esigibile, evincibili dalle norme degli artt. 5 e 6 CEDU. Le Sezioni Unite, inoltre, ravvisano la debolezza dell’esegesi più risalente anche sotto un profilo sistematico, laddove essa erroneamente collega, in maniera del tutto formale, il “dies a quo” della prescrizione della pena alla sua concreta eseguibilità, conseguente alla definività 2 del provvedimento di revoca, così introducendo un’anomala ipotesi di sospensione della prescrizione della pena, palesemente estranea al nostro sistema ordinamentale. Su di un piano pratico, poi, la prospettata soluzione appare maggiormente coerente al dettato dell’art. 655 cod. proc. pen., che impone al pubblico ministero di porre subito in esecuzione la pena, e ciò, evidentemente, anche nel caso in cui essa derivi dall’avvenuta verificazione della condizione risolutiva del concesso beneficio. In ultimo, per le Sezioni Unite la prospettata soluzione si pone in termini di coerenza sistematica con il parallelo istituto della prescrizione del reato, che, con modalità analoga, fa decorrere il relativo “dies a quo” dalla verificazione dell’elemento sostanziale della commissione del fatto, e non già dall’espletamento dell’attività processuale, in tal caso rappresentata dall’inizio del processo di cognizione diretto all’accertamento del reato. Redattore: Alessandro D’Andrea Il vice direttore Giorgio Fidelbo 3
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