La Voce del Popolo http://www.lavocedelpopolo.net http://www.lavocedelpopolo.net/33387/le-origini-del-pugilato-civitavecchiese-capitolo-ventunesimo/ Le origini del pugilato civitavecchiese: capitolo ventunesimo 27 febbraio 2015 Ferdinando Saladini e la nascita della “Boxe Arena”. CIVITAVECCHIA – Ferdinando (detto Gino) Saladini, nacque a Civitavecchia il 12 giugno 1913. Robusto peso welter poi medio, Gino esordì tra i dilettanti ad un’età un po’ avanzata, diciannove anni. La lunga carriera tra i “puri”, dove ottenne dei buoni risultati e la quasi qualificazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936, si protrasse fino all’inizio del 1941, quando esordì nei professionisti pareggiando il suo primo incontro con Franco Carrucciu. A ventotto anni suonati e alla vigilia del secondo conflitto mondiale, Saladini non poté esprimere tutte le sue potenzialità sul ring. Di lui rimane l’orgoglio di una bella carriera dilettantistica e il rammarico di non aver potuto svolgere quella professionistica nelle condizioni migliori, proprio a causa delle tristi vicissitudini della guerra. Memorabili i matches portati a termine con i campioni d’Europa Bruno Bisterzo e Roberto Proietti e la sua ultima bella prova svolta a Roma il 26 giugno del 1943, contro il magnifico Aldo Minelli. Saladini rientrò tra le dodici corde lo stesso giorno in cui Vittorio Tamagnini decise di tornare a combattere l’ultimo match: il 23 settembre 1945. In quell’occasione, in una Civitavecchia alacremente impegnata a risorgere dalle proprie macerie, Gino si concesse il lusso di una vittoria su Pasquale Giovannoni. L’anno dopo, il 6 maggio 1946, nell’area comunale denominata “Boxe Arena”, a Civitavecchia, sopra un ring raffazzonato alla meglio, ma carico di speranze per l’avvenire, Saladini tenne il suo ultimo combattimento contro Romolo Di Stefano. Una bella vittoria ai punti in otto riprese, con la quale il forte peso medio salutò i suoi concittadini che lo avevano sempre sostenuto. Tre mesi prima, esattamente il 14 febbraio, in occasione della chiusura di un torneo dilettantistico svolto a Vetralla, Gino Saladini salì sul ring in un’incontro esibizione di quattro riprese con Vittorio Tamagnini. Fu un evento straordinario molto apprezzato dai numerosi spettatori intervenuti, che grazie al Saladini ebbero l’opportunità di veder combattere, per l’ultima volta, l’“Uragano di Amsterdam”. Gino Saladini morì in una clinica romana il 18 agosto 1957 a causa di un male incurabile. Egli è l’ultimo esponente di spicco della boxe civitavecchiese prebellica, l’ultimo di una lunga serie di atleti più o meno famosi che si alternarono sul ring con il coraggio eroico e pionieristico dei primi, segnando un’epoca gloriosa e prestigiosa per il pugilato italiano: quella degli anni 30. Tra loro il peso massimo Domenico Antonini, il mosca Otello Sciarra, il piuma Vito Vergati e il welter Ezio Nardangeli, che fu tra i fondatori della palestra pugilistica di Santa Marinella. La guerra bloccò tutte le attività sportive, ritardando e rimandando ogni carriera. Un caso su tutti fu quello di Ezio Nardangeli, costretto a sospendere la carriera proprio a causa dell’inizio del conflitto – al quale partecipò attivamente prima come paracadutista del Regio Esercito poi come partigiano – e a riprenderla tra i dilettanti quando ormai aveva già ventotto anni. Civitavecchia fu bombardata la prima volta il 14 maggio del 1943. Ufficialmente furono una trentina le incursioni che devastarono la piccola città portuale in un anno intero, fin quando fu liberata dalle truppe americane il 7 giugno del 1944. Nulla rimase intatto dell’antico agglomerato urbano: il porto, le case, le strade, il vecchio ospedale e le scuole. Civitavecchia non era altro che un immenso cumulo di macerie abbandonate dalla gran parte degli abitanti che avevano trovato rifugio nei paesi circostanti. Quando questi sfollati cominciarono a rientrare, all’inizio dell’estate del 1944, si presentò ai loro occhi uno spettacolo inverosimile. Si faticava perfino a riconoscere la città abbandonata pochi mesi prima. La stragrande maggioranza di queste persone non trovò più la loro casa, e tra esse la famiglia di Vittorio Tamagnini, rifugiatasi a Tuscania. La ricostruzione fu un atto di dolore lancinante per ogni civitavecchiese, perché scavando tra quelle macerie si continuavano a trovare le memorie di una città bellissima, cancellata per sempre da una follia senza precedenti. Del teatro Traiano, luogo d’arte ma anche arena di decine di riunioni pugilistiche, erano rimaste in piedi solo la facciata e i due fianchi per metà della lunghezza, con i loggioni ancora addossati sul lato interno e disposti a semicerchio verso il… nulla. Un’orribile sezione a cui mancava completamente il palco, il soffitto e l’intera platea, tranciati via di netto dalla potenza devastatrice delle bombe d’aereo. Il cine-teatro Guglielmi anch’esso distrutto e l’antica palestra di Camp’Orsino sparita, come del resto l’intera piazza. La città venne riedificata in fretta e furia: l’imperativo era ridare una casa ed un lavoro a tutti. La bella Civitavecchia, del tempo che fu, sparì per sempre sotto i caseggiati di un’edilizia drastica e sbrigativa, senza regole né rispetto per il passato. Nacque una nuova città e le speranze si riaccesero in ogni campo della vita sociale, compreso lo sport. La boxe ricominciò ad essere praticata, ma gli spazi a disposizione erano quelli che erano. Ogni area libera poteva essere attrezzata alla bisogna, ogni più angusto locale andava bene pur di riunirsi e tirare pugni ad un sacco di tela appeso al soffitto. Quasi a voler ritrovare un affettuoso e antico abbraccio, là dove in passato le esultanti grida del pubblico avevano incitato tanti famosi pugili, all’interno di ciò che rimaneva in piedi del teatro Traiano fu montato un ring, che per qualche tempo rimase in opera per la sola attività di allenamento degli atleti. Lo sport a Civitavecchia ripartì quasi in contemporanea con la ricostruzione, anzi in alcuni casi addirittura prima se pensiamo al ring posto tra le macerie del teatro. La voglia di ricominciare a vivere, ricostruire il proprio tessuto sociale e riprendere, quindi, anche l’attività sportiva era così forte che veniva occupato, e sbrigativamente ripulito, ogni locale che potesse avere le sia pur minime caratteristiche di una palestra. Queste fucine di campioni nacquero e sparirono alla stessa velocità con la quale si riadattavano altri ambienti pronti all’uso. La prima sala per gli allenamenti e le manifestazioni sportive fu messa a disposizione, grazie all’interessamento dell’ingegner Bozzano, dallo stabilimento Italcementi. Era l’edificio del dopolavoro sito in via Isonzo, un ambiente piuttosto grande che ospitò l’ultimo combattimento di Vittorio Tamagnini. Sorsero poi palestre in piazza Regina Margherita, in piazza Calamatta, in via Garigliano (nell’edificio della Scuola di Avviamento Professionale), in via Pietro Manzi, e alla fine fu individuata l’area comunale posta all’inizio della salita di via Paolo Vidau (oggi via Sangallo). Era questi un deposito di attrezzi della nettezza urbana che fu donato dall’amministrazione comunale in concessione ai praticanti del pugilato. Lo spazio a disposizione era un po’ limitato, ma in fondo correvano tempi in cui non si poteva scegliere; l’area venne ripulita e sistemata alla meglio e divenne un campo di allenamento dove fu istallato un ring. Nasceva così il primo polo pugilistico civitavecchiese post bellico: la mitica “Boxe Arena”. Civitavecchia disponeva, finalmente, di un centro sportivo attrezzato per gli allenamenti e le esibizioni davanti al pubblico. “Boxe Arena”, ribattezzata dai civitavecchiesi “Arena monnezza”, aveva l’unico svantaggio di essere uno spazio all’aperto; questo impediva, naturalmente, di organizzare riunioni nella brutta stagione, ostacolo che veniva superato spostando a Roma il calendario degli eventi invernali. La “Boxe Arena” per un certo periodo divenne famosissima. Tanti gli incontri svolti in quest’area, e tutti di altissima qualità. Gli atleti erano ancora allenati dall’intramontabile Carlo Saraudi, al quale si aggiunse il valido contributo di Aldo Tombolelli e di un certo Antonio Colucci (detto “Er Paperone”) alle cui cure vennero affidati soprattutto i principianti. All’organizzazione collaborava attivamente anche Astolfo De Negri, factotum di Saraudi. L’ambiente, beninteso, era sempre frequentato dalle vecchie glorie della boxe locale: intorno alle corde si affacciavano sovente Alberto Guainella, Vito Vergati e Vittorio Tamagnini. Con un tale allenatore, ed una così prestigiosa platea di supervisori, di sicuro non sarebbero potuti mancare dei buoni allievi. E infatti non mancarono. Civitavecchia stava per rivivere i fasti di un tempo nel pugilato; “Boxe Arena”, per un breve periodo, si fregiò del marchio di qualità che contraddistinse gli atleti provenienti da quel ring rabberciato e polveroso, eppure così pregevole. Niente poteva fermare la passione, né le difficoltà della ricostruzione né i problemi tecnico logistici nel reperire i materiali e l’attrezzatura idonea. Tutto sembrava complicato, perfino procacciarsi le sedie per gli spettatori, ma alla fine, nonostante le mille avversità del momento storico, l’impegno profuso dai tanti appassionati di uno sport ancora seguitissimo fu premiato alla grande. Le soddisfazioni arrivarono di nuovo e la boxe civitavecchiese riprese a macinare successi; erano in arrivo alcuni illustri personaggi del ring che avrebbero segnato l’epoca speranzosa e coraggiosa del dopoguerra. Alessandro Bisozzi
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