Sergio Magotti Nipponto l’anima del Samurai evoluzione, arte, tecnica dell’arma più efficiente della storia © Ponchiroli Editori - www.ponchirolieditori.com ISBN: 978-88-902347-9-8 Indice dei contenuti Prefazione 10 Tra storia e leggenda 12 Nipponto - la Katana divina 16 I periodi della storia giapponese 18 18 18 19 19 20 20 20 21 Periodo antico Periodo Nara Periodo Heian Periodo Kamakura Periodo Nambokucho / Muromachi Periodo Momoyama Periodo Edo Periodo Moderno Ere giapponesi in relazione alla classificazione per Periodi della spada 26 Tavola sinottica I periodi storici della spada giapponese Jokoto Koto Le cinque scuole del Periodo Koto La scuola Yamashiro La scuola Yamato La scuola Bizen La scuola Soshu (Sagami) La scuola Mino Shinto Shinshinto Gendaito La spada giapponese oggi Tipi di lama e relative classificazioni Norio Nagayama (Maestro non più giudicabile) “Nihonto” Tavole esplicative Le parti della montatura Tsurugi e Tsurugi no Tachi Shin-gunto dettagli sulle spade militari giapponesi Shin-gunto NCO Spade Kyu-gunto Le Kai-gunto Le imitazioni 26 30 30 31 32 32 35 37 41 43 48 48 51 54 62 62 72 73 78 80 81 81 82 Classificazione in base alla forma Evoluzione della forma in relazione alle esigenze del combattimento L’età della Tachi Koto del Primo Periodo Kamakura Koto del Medio Periodo Kamakura Koto dell’Ultimo Periodo Kamakura Koto dell’epoca Nambokucho Koto del Primo Periodo Muromachi Medio Periodo Muromachi La fine del Periodo Muromachi Inizia il Periodo Shinto Keigen-Shinto Kanbun-Shinto del Periodo Edo Tratti distintivi della fabbricazione di Edo e di Osaka Genroku-Shinto del Periodo Edo Inizio del Periodo Shinshinto Periodo Edo, prima metà dello Shinshinto Periodo Edo, seconda metà dello Shinshinto Le montature della spada giapponese Tipi di montatura Koshirae di particolare interesse Note sui componenti Katana - le parti della montatura Parti metalliche della montatura Alcuni metodi di intarsio o decorazione I costruttori di tsuba I Temi Come leggere le firme [mei] Antiche province I kanji più usati nei nomi dei fabbri Nihonto Origami autenticazioni scritte di spade giapponesi Costruzione della lama Acciaio e tecniche di forgiatura La fabbricazione Tempra Come giudicare una spada giapponese Danni alle lame causati dalla temperatura Incrinature e difetti nelle lame 86 Giudicare la qualità del taglio 158 87 87 89 91 93 94 95 96 97 97 98 99 100 100 101 102 102 Stima della spada giapponese 160 Prove di taglio 168 Cura e manutenzione 170 172 173 106 110 116 117 122 124 126 128 134 136 142 143 144 148 148 148 151 152 155 156 La politura L’esposizione La firma come status symbol 174 Le arti marziali oggi 176 177 179 181 La nascita del Kendo La nascita dello Iaido Prove di taglio Glossario 182 Bibliografia 188 Ringraziamenti 189 Credits 191 Indice della tavole Tav. I-a Tav. I-b Tav. II Tav. III Tav. IV Tav. V Tav. VI Tav. VII Tav. VIII Tav. IX Tav. X Tav. XI Tav. XII Evoluzione della forma Evoluzione della forma Le cinque scuole Koto Stampigliature Parti della lama Le misure della lama Tipi di Sori (curvature) Fukura Tipi di Kissaki Tipi di Shinogi Tipi di Mune Forma del Nakago Estremità del Nakago 26 28 33 53 62 63 64 64 65 65 65 66 66 Tav. XIII Tav. XIV Tav. XV Tav. XVI Tav. XVII Tav. XVIII Tav. XIX Tav. XX Tav. XXII Tav. XXIII Tav. XXIV Tav. XXV Tav. XXVI Tav. XXVII Tav. XXVIII Tav. XXIX Tav. XXX Tav. XXXI Tav. XXXII Tav. XXXIII Tav. XXXIV Tav. XXXV Tav. XXXVI Tav. XXXVII Tav. XXXVIII Tav. XXXIX Tav. XL Tav. XLI Tav. XLII Tav. XLIII Tav. XLIV Tav. XLV Tav. XLVI Tav. XLVII Tav. XLVIII Tav. XLIX Tav. L Yasurime Tipi di Hi Terminazione degli Hi Tipi di Hada Tipi di Hamon Tipi di Boshi Struttura delle lame Variazioni della forma Tsuba, con silouette negativa e positiva Kazaritachi Kenukigatatachi Efunotachi Itomachinotachi Itomakinotachi in Shirizaya Handachi Uchigatana Katana Wakizashi Shirasaya Tanto Aikuchi Hamidashi Kaiken Accessori della saya Le forme della tsuka La tsuba Montatura Buke-zukuri, esploso delle parti Forme di tsuba Tsuba, tipi di bordo Tsuba, tipi di sezione Tipi di intarsio Antiche province del Giappone La forgia Masame e Itame Hada Posizionamento dell’argilla refrattaria prima della tempra Kizu, difetti della lama Tameshigiri 67 68 68 69 70 71 86 89 108 110 110 110 111 111 111 112 112 112 112 113 113 113 113 113 119 121 122 126 128 129 129 142 149 150 151 155 169 Prefazione 『日本刀』 の刊行に寄せて 10 Hokushu Arashi Kitsusaburo, 1821 _1 イタリア人たちの古い剣友 居合道教士八段 宮崎賢太郎 私がイタリアに剣道を普及するために呼ばれていったのは1976年の春、私がまだ26歳の時であ った。 同時に日本刀に関心のあったいくらかの人々とは居合道の勉強も始めた。 イタリアの剣道や 居合道の歴史がいつから始まったかについては正確には知らないが、私を剣道の指導者として呼ん でくれたミラノ在住の日本人彫刻家豊福知徳氏がイタリアにおける剣道の発祥に大きな力があった ことは間違いない。私がイタリアに到着した時すでに、 ミラノ、 ブレッシャ、 トリノ、 ジェノヴァ などに小さな剣道の道場が存在していた。 真剣を使う居合道はまだほとんどイタリア人にはなじみがなかったが、 日本刀や鍔、縁頭などの 小道具に関心を持つ熱心なコレクターは何人か存在していた。 ミラノには日本刀を扱う骨董屋さん が2店あり、近隣にはスイスのルガノやフランスのニースなどにもあった。 しかしなんといっても ヨーロッパにおける中心地はパリとロンドンであった。 私も日本刀に親しみ始めて40年近くになるが、 日本刀の持つ魅力というものを感じることので きるのはどうやら日本人だけではないようだ。見る人の心をひきつける普遍的な魅力を持っている ようである。鋭い切れ味を持つ武器としての魅力、研ぎ上げられ美しく光る肌や、刃紋や反りのあ る姿の魅力、素晴らしい漆塗りの鞘や、最高レベルの工芸品である鍔、縁頭、 目貫によって飾られ た拵えの魅力などなど。一度日本刀を手にするとその魅力に取付かれてしまう人も多いようだ。 このたび私の居合道の友、 また日本刀の友であるマゴッティ氏が、 このような本格的な日本刀の 解説書を出版されることになったことを心からお祝い申し上げます。本書の刊行によって、 まだ日 本刀の魅力に接したことのない方々が日本刀に関心を持つきっかけになってくれれば幸いです。 本書は写真も多く挿入されており、初心者にとって読みやすいだけでなく、 日本刀の歴史から始 まり、 日本刀の分類、 日本刀の拵え、銘の読み方、 日本刀の製作法、 日本刀の鑑賞法、 日本刀の手 入れについてなど、必要な知識はすべて網羅されている。 さらに巻末には便利な日本刀に関する詳 しい刀剣関連の日本語用語解説一覧が付されており、 これから専門的に日本刀の勉強に取り組もう とする人にとって不可欠な、信頼に値する待望の書である。 本書はイタリアにおいて初めて本格的に刊行される日本刀に関する手引書であり、現在のイタリ ア人の日本文化理解のレベルがいかに高いものであるかを如実に示す労作である。 日本とイタリア の文化交流の証として、私の剣友の手によってこのような素晴らしい本が生み出されたことは喜び に堪えません。願わくは、本書の刊行をきっかけとして、 イタリアの武道家が勝負に勝つことのみ に満足するのではなく、 日本の伝統文化としての深い精神性・芸術性の世界に足を踏み入れるきっ かけとなってくれれば、 これに勝る喜びはありません。 Per la pubblicazione del libro NIPPONTO, un manuale sulla spada giapponese. Un amico praticante di vecchia data Iaidô kyôshi 8° dan Miyazaki Kentarô Quando fui chiamato a diffondere il kendô in Italia nella primavera del 1976, avevo appena 26 anni. In quel momento alcune persone che avevano interesse per la spada giapponese iniziarono anche lo studio dello iaidô. Non so dire con esattezza quando sia iniziata la storia del kendô e dello iaidô in Italia, ma di certo un grande ruolo all’origine del kendô in Italia spetta allo scultore giapponese che risiedeva a Milano Toyofuku Tomonori che mi aveva chiamato come insegnante di kendô. Quando giunsi in Italia già esistevano dei piccoli dôjô di kendô, come a Milano, Brescia, Torino e Genova. Lo iaidô in cui si utilizza una spada vera non era ancora famigliare agli italiani, ma c’erano già alcuni collezionisti appassionati che nutrivano interesse per le spade giapponesi e kodôgu come tsuba, fuchikashira e così via. I centri più importanti in Europa erano Parigi e Londra, anche se a Milano c’erano due negozi d’antiquariato che trattavano spade giapponesi, come c’erano negozi relativamente vicini in Svizzera a Lugano e in Francia a Nizza. Io stesso ho cominciato ad interessarmi alle spade giapponesi circa quarant’anni fa, ma sembra proprio che non solo i giapponesi siano in grado di percepire il fascino delle spade giapponesi, un fascino universale che attira l’animo di chi le guarda: il fascino di un’arma affilata e tagliente, la bellezza della hada che riluce polita, il fascino dello hamon e della linea della curvatura, della saya e della sua splendida laccatura, della montatura abbellita da tsuba, fuchikashira, menuki, oggetti d’artigianato di livello altissimo, e così via. Sembra che siano molti quelli che, una volta presa in mano una spada giapponese, vengono rapiti dal suo fascino multiforme. In questa occasione desidero davvero congratularmi di cuore con l’amico di iaidô e di spade giapponesi Sergio Magotti che pubblica questo vero e proprio testo di spiegazione della spada giapponese, e sarei davvero felice se questo libro divenisse l’occasione per risvegliare l’interesse per le spade giapponesi in molti che ancora non ne conoscono il fascino. Non solo questo libro è riccamente illustrato e di facile lettura anche per dei principianti, ma vi compare tutto ciò che è necessario conoscere, a partire dalla storia delle spade giapponesi fino alla loro classificazione, alle montature, a come leggerne le firme, produrle e valutarle, farne la manutenzione; inoltre, nella parte conclusiva è inserito un utile e preciso glossario esplicativo dei termini giapponesi relativi alle spade. Si tratta di un libro da lungo tempo atteso, affidabile e imprescindibile per chi voglia cimentarsi nello studio della spada giapponese ad un livello specialistico. Questo testo è il primo vero manuale sulle spade giapponesi che viene pubblicato in Italia, un’impresa che indica fedelmente quanto alto sia il livello di comprensione della cultura giapponese degli italiani oggi. Testimonianza dello scambio interculturale tra Giappone e Italia, l’apparire di un libro così bello per mano di un mio amico e praticante della spada è per me una gioia straordinaria. Spero che grazie alla pubblicazione di questo libro i praticanti italiani di budô non si accontenteranno solo di vincere nelle competizioni, e se questo libro potesse diventare l’occasione per cominciare ad addentrarsi nel mondo della profonda spiritualità ed artisticità della cultura tradizionale giapponese, non ci sarebbe per me felicità più grande. 11 Nipponto La Katana divina Utagawa Kunisada (1786-1865) _5 attore del teatro Kabuki Il culto della lama perfettamente affilata - arma micidiale, oggetto d’arte, talismano - riveste dunque un ruolo di primo piano nella storia e nella cultura giapponese. Tanto le tecniche di fabbricazione che l’arte di maneggiare la spada esprimono una tensione profonda verso la ricerca della perfezione, ed è stupefacente scoprire come nel paese del Sol Levante si tramandi una leggenda che, per molti aspetti, riecheggia il mito “occidentale” di Excalibur. Si narra infatti di un fabbro rinomato per la sua capacità di forgiare armi superbe: era talmente abile che, scoppiata una feroce guerra, a lui si rivolsero i più nobili Samurai della regione. Il fabbro si votò anima e corpo alla creazione di una spada perfetta, nata per distruggere e non essere distrutta: una Katana leggendaria, da tramandare per generazioni. Venne forgiata con una tecnica innovativa, sovrapponendo più strati di metallo battuti in una sola lama, così da conferire alla spada una resistenza eccezionale: colpi tanto forti da risultare letali per altre spade non ne intaccavano la straordinaria tempra. Lunghissima e maneggevole, con la tipica elsa circolare propria delle spade dei Samurai, la spada divenne un mito, riuscendo a perforare anche le più coriacee armature e rendendo invincibili molti Samurai. Quando le guerre tra i feudi cessarono e l’ordine dei Samurai andò estinguendosi, la spada Masamune tornò nelle mani della famiglia del fabbro che l’aveva creata, dopo aver conquistato il titolo di Katana Divina. Nulla più si sa di quella spada: secondo alcune voci, gli eredi di quel grande fabbro la custodiscono gelosamente, togliendo al mondo la visione della Katana Divina. La forma della perfezione Una spada del tipo Nipponto presenta quasi sempre una lama curva ad un solo tagliente, caratterizzata da una struttura più o meno complessa. La lama si 16 prolunga nell’impugnatura [tsuka] attraverso un codolo [nakago] la cui forma è variabile. La lama e l’impugnatura sono tenute assieme da un piccolo perno di bambù [mekugi]. La tsuka è quasi sempre in legno, ricoperta da pelle di razza [same], trecciata in seta, cotone o pelle. La spada, quando non è usata, è depositata in un fodero [saya] in legno laccato, più o meno decorato. E’ stata la perfetta combinazione di tecniche costruttive e materiali impiegati a rendere la spada giapponese [Nipponto] l’arma bianca più efficiente della storia. Le tecniche di fabbricazione si sono evolute e affinate per oltre 1.300 anni, raggiungendo nel Periodo Kamakura livelli di eccellenza, per essere poi ulteriormente perfezionate nel Periodo Koto. E’ questa l’epoca a cui fanno riferimento anche i moderni fabbri, nei lavori dei quali possiamo riconoscere ancora gli stili delle cinque scuole tradizionali [Gokaden]: Yamato, Yamashiro, Bizen, Soshu e Mino. L’acciaio con cui è fabbricata una lama giapponese [Tamahagane] viene prodotto utilizzando una fornace in terra [Tatara] nella quale viene immessa una sabbia ricca di minerale ferroso [Satetsu] e carbone come combustibile. Alla fine del processo di fusione si ottengono circa due tonnellate di acciaio, che viene spezzato in frammenti e selezionato in funzione del contenuto di carbonio. Il frazionamento viene effettuato sulla base dell’esperienza visiva dei maestri fonditori; il contenuto di carbonio potrà essere variato dal fabbro successivamente, in fase di forgiatura. Durante la lavorazione, l’acciaio viene piegato diverse volte, generalmente da 6 a 15. Il carbonio viene distribuito più uniformemente e sono eliminate le impurità. E’ questa serie di processi che rende la lama giapponese unica e inconfondibile, dotandola di grande solidità strutturale e superba bellezza. La superficie dell’acciaio mostra il disegno caratteristico che viene impresso dalla forgiatura [jihada]. A questo punto, la lama viene ricoperta da uno o più impasti di diverso _6 _7 _8 6_ Katana montatura Buke-zukuri 7_ Tsuba spessore, la stesura dei quali determinerà la configurazione della linea di tempra da applicare alla lama: minore è lo spessore, più duro diventerà l’acciaio una volta surriscaldato e poi immerso nell’acqua. La curva di tempra che verrà prodotta, detta hamon, caratteristica della spada giapponese, dopo la fase di politura tradizionalmente effettuata su diversi tipi di pietra prenderà una colorazione più chiara del corpo della spada. Il tipo di disegno della superficie dell’acciaio, la forma della spada, la sua curva, la forma della linea di tempra, il tipo di tempra, il colore del codolo [nakago] permettono di risalire - anche senza leggere la firma, se presente - al periodo, alla scuola, all’officina e spesso anche al fabbro. Periodo Edo, ferro sukashi, con tema anatre 8_ Lama Periodo Koto Nakago ubu, hada itame, hamon gunome-choji, nagasa 76,0 cm 17 _18 16_ _19 18_ Montatura Handachi 17_ 19_ Lama firmata Osaka-ju Gassan Sadakazu kore tsukuru Montatura Buke-zukuri _16 Saya parzialmente ricoperta in same. Tutte le parti metalliche in ferro 22 Ultimo Periodo Edo Montatura Handachi _17 Tardo Periodo Edo casta dei Samurai sino alla sua abolizione, seguita da sanguinose rivolte. Per poter sopravvivere, i fabbri ed i commercianti di spade rivolsero la loro attenzione ad altre produzioni: generalmente si trattava di coltelli da cucina o strumenti per l’agricoltura. La restaurazione Meiji abolì il sistema feudale delle province, adottando il moderno sistema delle prefetture con un governo centrale. I Samurai perdettero così la loro fonte di sostentamento: molti vendettero la spada, ormai inutilizzata, per potersi sostenere economicamente. Il repentino incremento dell’offerta provocò un abbattimento generalizzato dei prezzi, sia di quelle nuove che di quelle antiche. Di conseguenza, fu in questo periodo ed in quelli immediatamente successivi (sino all’Era Showa) che nacquero le più grandi collezioni occidentali di spade giapponesi, montature, armature e oggetti tipici della dotazione di un Samurai. Oggi alcune sono state trasferite a musei. Indubbiamente, nell’intervallo di tempo che va dal periodo Haitorei all’inizio dell’Era Showa (1926), gli artigiani che producevano spade se la passarono proprio male. Fortunatamente però, alcuni preservarono la loro arte, ponendo le basi per una rinascita della spada giapponese, tornata ad essere il simbolo dello spirito del paese. Ancora una volta, è la richiesta di forniture militari (nell’Era Showa la spada viene data in dotazione agli ufficiali) che fa decollare la produzione, anche se materie prime inadeguate e lavorazione in serie talvolta penalizzano il risultato finale. Molti arsenali come quello di Seki (un centro della vecchia provincia di Mino) vengono a produrre lame di bassa qualità. Altre officine, come quella del sacrario di Yasukuni, continuano invece a produrre lame in modo tradizionale, con risultati eccellenti. Nascono intanto numerose associazioni, fondate da forgiatori e da militari per la produzione tradizionale di Nipponto. Datata 1891 (24° anno dell’Era Meiji), nagasa 72,8 cm, hamon gunome con ashi, hada nashiji _20 20_ Montatura Buke-zukuri di fabbricazione moderna 23 _45 44 Toyokuni I (1769-1825) _44 Segawa Kikunojo III e Ichikawa Omezo base a caratteristiche piuttosto consolidate. Katana e Wakizashi hanno forme di media ampiezza e punta, spessore medio, spigolo del dorso basso e curvatura poco accentuata. La forma dei Tanto è per lo più piatta; circa 23 cm di lunghezza e dorso diritto. Alcuni sono più lunghi e leggermente curvi: sostanzialmente richiamano quelli della tarda scuola Soshu. La tessitura [Hada] di superficie è una mescolanza diritta di nodi di mokume e masame, con più masame verso il dorso. L’acciaio di superficie appare biancastro su di una sottosuperficie scura che dà una sensazione di durezza. Le linee di tempra [hamon] sono a suguha diritto, choji mescolato con gunome irregolare, sanbonsugi (tre alberi di cedro), gunome e altre configurazioni, tutti basati per lo più su nioi; ondulato grande, irregolare misto, irregolare fatto di nie. I Tanto con dorso diritto hanno suguha stretto o ondulato irregolare; quelli con dorso curvo lo hanno ondulato irregolare, con macchie temprate di tobiyaki sulla superficie. Oppure sono a tempra totale. Le linee del boshi (hamon nella zona della punta), sono per la maggior parte irregolari senza ritorno, grandi e arrotondate, piccole e arrotondate, a forma di testa di jizo. Le incisioni horimono sono rare. Fanno eccezione le scanalature [bo-hi], presenti anche sui Tanto. La forma del codolo è gradevolmente rastremata in basso fino all’estremità, che è per lo più kurijiri (a forma di castagna). Si possono vedere vari segni di lima [yasurime]: higaki, linee trasversali oblique, piume di uccello, oblique sulla superficie orizzontale sullo shinogi. Shizu Saburo Kaneuji - uno dei dieci allievi del grande Masamune e il più noto fabbro di Mino - si spostò a Yamato da Tegai e si stabilì ai piedi del monte Shizu nel tardo Periodo Kamakura (1320 circa). Ci sono parecchie sue lame - Tachi e Tanto - classificate Meibutsu (degne di particolare nota). La forma della Tachi è piuttosto ampia per tutta la lunghezza, con una curvatura moderata che esprime coraggio e dignità. Ci sono invece due forme di Tanto, di lunghezza standard, oppure corti. Entrambi mostrano dorso diritto, Hada ben forgiata con sottile tessitura a piccoli nodi e diritta [masame] nella quale compaiono - oltre ad una brillante superficie di nie segni di attività: linee di chikei e yubashiri, o motivi come chiazze di nuvole. Il colore di superficie è blu. Le linee di tempra sono tutte basate su nie grande e irregolare, grande gunome (ondulato irregolare) e suguha (dritto) di ampiezza media. Sul bordo temprato del tagliente ci sono segni di attività: linee dorate sottili come capelli e lampi luminosi [inazuma]. La linea del boshi è irregolare, con breve o nessun ritorno. Le incisioni sono per lo più bo-hi. La maggior parte delle lame tuttora conservate è stata accorciata, perdendo il codolo originale. Se ci sono firme, sono per lo più con due caratteri. I discendenti e gli allievi di Shizu Saburo Kaneuji si spostarono nella città di Naoe, sul fiume Makita, dando origine al gruppo Naoe Shizu. Continuarono a fabbricare lame con le caratteristiche apprese dal maestro, soltanto un po’ più ampie, meno sottili e meno curve nel corpo della Tachi. Anche in questo caso la maggior parte delle lame lunghe è stata accorciata, perdendo quindi il codolo originale; talvolta resta una firma di due caratteri. I Tanto di questa produzione hanno il corpo allungato sia in presenza di curvatura sia con dorso diritto. I fabbri Naoe Shizu rappresentativi furono Kanemoto, Kanetoshi, Kanenobu, Kanehisa e parecchie generazioni di Kaneuji. Più o meno nella stessa epoca di Kaneuji, arrivò a Mino dalla provincia di Echizen un altro allievo di Masamune: Kinju. Le sue lame, oggi piuttosto rare, sono simili a quelle di Kaneuji ma con aspetto più gentile. Kaneyoshi, del gruppo Yamato Tegai, si stabilì a Mino; la sua attività è documentata attorno al 1400. Il suo nome da prete era Zenjo e il suo gruppo prese quindi il nome di Gruppo Zenjo. La forma della Katana è caratteristicamente di corpo stretto, linea dello spigolo di shinogi alta, dorso piuttosto sottile, una gradevole curvatura moderata. Il Tanto ha invece lunghezza normale con una leggera curvatura verso il bordo tagliente, definita takenokozori. L’Hada è una mescolanza di itame e masame, che si mostra più diritta nel centro della superficie. Il colore di superficie è blu scuro, con riflessi biancastri che compaiono lungo la linea dello shinogi. La linea di tempra è suguha basata su nioi, con minuscoli nie tutt’attorno alla linea; sono spesso presenti piccoli disegni di irregolarità in alcuni punti. Il boshi è grande, notevolmente arrotondato con breve ritorno [kaeri]. Le incisioni sono rare sulle sue lame. Gli yasurime sono per lo più a forma di piume [takanoha]. La firma, nella maggior parte dei casi, è di due caratteri. I fabbri di cui abbiamo notizia sono Kanemitsu, Kaneshige e tre generazioni di Kaneyoshi. _46 Durante la guerra del 1467 - che devastò Kyoto per undici anni e alla fine si tramutò in guerra civile - un gran numero di spadai si radunò a Seki, una città situata sulla strada principale che collegava il Giappone nord-orientale con Kyoto, formando un grande centro di forgiatura per la produzione di massa di spade da combattimento: una specie di distretto industriale per coprire le richieste della guerra. Tra questi fabbri due, conosciuti come Kanesada e Kanemoto, furono particolarmente attivi attorno al 1500. Assieme a Yosazaomon Sukesada di Bizen, divennero famosi come i migliori maestri di tutto il Tardo Periodo Koto. Lame del secondo Kanesada 45_ Spada montata Itomakinotachi Periodo Edo 46_ Kabutogane e sarute con mon Tokugawa 45 Tav. XVII_ Tipi di Hamon Tav. XVIII_ L’hamon è risultato della operazione di tempra (yakiire), è la linea di confine tra ji e ha. Viene classificato in base alla sua forma Suguha: letteralmente “disegno dritto”, ma sarebbe una semplificazione, in effetti è anche basato su molti tipi di attività. Viene classificato in base alla sua ampiezza Notare: disegno ondulato gentilmente. In molti casi altre curve si miscelano con notare, queste combinazioni vengono chiamate notare midare Hako midare: linea di tempra irregolarmente squadrata Gunome: linea di tempra ad onde con dimensioni regolari, classificato in base alla dimensione di queste Sanbon suji: “i tre cedri”, tipo di gunome il cui disegno assomiglia all’insieme di tre alberi di cedro. Inventato da Kanemoto II, divenne tipico delle scuola Mino Choji: disegno di spicchio (di aglio), di solito combinato con midare -choji midare- o gunome -gunome chojiHitatsura: la linea di tempra è gunome midare o notare midare, ma con evidenti e numerosi tobiyaki, isole temprate al di fuori dell’hamon. Tipico della scuola Soshu nel Periodo Nambokucho Toran midare: impetuoso ed ampio disegno di onda, spesso accompagnato da tondi tobiyaki. Creato da Echizen no Kami Sukehiro e poi usato dai fabbri di Osaka Lama Era Heisei _73 Tipi di Boshi L’hamon del kissaki è chiamato boshi, letteralmente “cappello”. La operazione di tempra sul boshi richiede molta attenzione ed esperienza, molta di più delle altre parti del processo e di solito è un indicatore della bravura del fabbro. Il boshi viene descritto in base a forma e curvatura. Il kaeri è la parte del boshi che supera la punta per arrivare sul mune, viene descritto con molti aggettivi, ed è classificato in base alla lunghezza Suguha Notare Hako midare Gunome Ko-maru Ko-maru agari Ko-maru sagari O-maru Yakitsume Sanbon suji Choji Hitatsura Toran midare Hakikake Midare komi Kaen Nie kuzure Notare komi Ko-maru: “piccolo cerchio”, la linea dal yokote scorre parallela al tagliente per descrivere un arco nel formare il kaeri Ko-maru agari: “piccolo cerchio salente”, la linea non è più parallela al fukura come nel precedente, ma è più vicina nella parte verso la punta Ko-maru sagari: “piccolo cerchio discendente”, la linea è più distante dal tagliente nella parte verso la punta O-maru: “largo tondo”, la dimensione del boshi è molto stretta rispetto al ko-maru, formando un grande arco Yakitsume: “senza ritorno”, la linea non forma kaeri, prosegue diretta al mune Hakikake: proprio della scuola Yamato, non vi è una singola linea di nioi, ma più linee parallele che assomigliano al segno lasciato sulla sabbia da un colpo di scopa Midare komi: l’andamento irregolare dell’hamon continua anche nel boshi Kaen: “fiamma”, come se il kissaki fosse in fiamme, effetto dovuto ad hakikake con presenza di attività di nie Nie kuzure: “rottura di nie”, nie abbondanti sono sparse su tutto il kissaki rendono il boshi non distintamente formato Notare komi: come la linea notare dell’hamon, circa a metà la curva del boshi si allontana dal fukura esempio di hamon gunome midare in nioi deki con ko nie, boshi midarekomi 73_ 70 71 _81 sul lato piatto - era fatta dallo stesso artigiano che si occupava degli ornamenti [fuchi, kashira, menuki, tsuba...]. Il kogai era usato come spillo per capelli e generalmente portato in un’apertura del fodero del Wakizashi. Una sezione sporgente alla base dell’impugnatura veniva usata come pulisci orecchie. La forma dei due wari-bashi accoppiati appare simile a quella del kogai. Di solito kogai e wari-bashi erano costruiti dallo stesso artigiano autore della base del kozuka. Nella maggior parte dei casi, solo due di questi tre oggetti erano portati nelle aperture del fodero. Montatura Shirasaya Queste montature erano di semplice legno, e venivano usate al posto della montatura originale per proteggere la lama o sostituire una montatura danneggiata. Le montature Shirasaya erano spesso realizzate da artigiani attivi successivamente alla Restaurazione Meiji, che mancavano dell’abilità necessaria per produrre montature più elaborate. Questo tipo viene definito anche yasume-zaya (fodero da riposo) ed è utile per proteggere una lama o una montatura originale. Quando una spada non viene conservata nella sua montatura originale, in quest’ultima viene inserita una lama sostitutiva [tsunagi] di legno o bambù per conservare la montatura. Saltuariamente si riponeva in ogni caso la lama in un fodero pulito, allo scopo di evitarne l’ossidazione. Montatura Kyu-gunto (spada proto-militare) Il fodero di questo tipo era placcato al cromo; l’impugnatura invece era avvolta in pelle di pescecane o di razza gigante, a propria volta rivestita di filo color oro. La coccia era una striscia di metallo che cominciava alla base dell’impugnatura, curvava verso l’alto sopra la mano e terminava all’estremità dell’elsa: più o meno come le sciabole corte della marina inglese. La maggior parte degli ufficiali impegnati nella guerra sino-giapponese (1895-1896) e russo-giapponese (1905-1906) usavano spade da Samurai nella montatura Buke-zukuri. Esistevano tuttavia anche regolari montature militari, dove alcuni erano soliti riporre spade da Samurai. Sciabole di questo tipo, ma più strette, erano in do- tazione anche alla polizia giapponese. Le lame erano di acciaio placcato, che dava l’impressione di un tagliente temprato a mano. Il placcato, però, differisce notevolmente dalla soluzione temprata: la lama molto stretta reca un disegno ondulato simmetricamente perfetto. Queste spade sono del tutto prive di valore, analogamente alle sciabole da parata usate dagli ufficiali dell’esercito giapponese in tempo di pace. Montatura Shin-gunto (nuova spada dell’esercito) Nel 1937 l’esercito giapponese cominciò ad usare un nuovo tipo di montatura, denominato Shin-gunto. Ad una prima occhiata, il fodero richiama la montatura Jindachi-zukuri, anche se il materiale è diverso (si tratta, in questo caso, di un metallo colorato di scuro). Quando usato in combattimento, era invece generalmente ricoperto di cuoio. L’impugnatura è riconducibile al tipo Buke-zukuri, in quanto legata con una fettuccia ito classico. Normalmente ci sono disegni di bocciolo di ciliegio all’estremità e negli ornamenti. Questo tipo ha sempre un nastro con fiocco colorato (dragona) che indica i gradi degli ufficiali: blu-marrone per i comandanti di compagnia; rossomarrone per il comandante di campo; rosso e oro per il generale. Una variante della montatura era in dotazione ai sottufficiali (NCO). L’impugnatura era di metallo stampato, ma essendo colorato di scuro sembrava avere la rilegatura in cuoio o in corda. Queste lame provenivano da fabbriche governative; in genere erano identificate da numeri arabi sulla zona della costolatura. La lama generalmente mostra una costolatura indistinta, originata dalla lavorazione a macchina. 76 Jindachi-zukuri. Tsuka ricoperta in metallo, menuki kenukigata 82_ Spada montata Tachi Jindachi-zukuri Montatura Kai-gunto (spade della marina) Le spade usate dagli ufficiali della marina giapponese erano di diversa tipologia. Si differenziavano da quelle dell’esercito per il tipo di montatura: generalmente avevano il same (pelle di razza) di colore scuro sulla tsuka e la trecciatura nera, marrone o blu. Gli anelli di sospensione erano due - l’esercito ne aveva uno solo - ben distanziati; spesso la saya era ricoperta di same, o quanto meno di un’imitazione. La dragona era marrone, mentre la tsuba ovale recava grandi seppa con raffigurati i raggi del sole nascente. Montatura Shikomi-zue 82_ 81_ Spada montata Tachi (spada bastone) Quasi tutte le montature di questo tipo sono state prodotte successivamente alla Restaurazione Meiji. Nella maggior parte dei casi, le lame originali sono di povera qualità. 83_ Ufficiali dell’esercito in divisa primi anni del ‘900, all’epoca della guerra russo-giapponese 77 Un uomo che stava attraversando un campo incontrò una tigre. Cominciò a scappare, con la belva alle costole. Giunto ai bordi di un precipizio, afferrò una liana e si lanciò giù oltre il ciglio. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando l’uomo guardò giù dove, molto in basso, un’altra tigre lo aspettava. Solo la liana lo sosteneva. Due topi, uno bianco ed uno nero, poco a poco cominciarono a rosicchiare il sostegno al quale era aggrappato. L’uomo vide una succulenta fragola vicino a sé. Tenendo la liana con una mano, colse la fragola con l’altra. Com’era dolce! 104 Utagawa Kuniyoshi, 1848 _119 Menju Sosuke Ieteru impegnato in combattimento con una Tachi 105 Tsukamaki Tsumamimaki tre metodi di trecciatura: tsumamimaki, hinerimaki, hiramaki Hinerimaki 134_ Hiramaki Tav. XXXVIII_ Le forme della tsuka Le quattro sagome base: 135_ Daito di Daisho _134 Periodo Edo, montatura Handachi Shoto di Daisho _135 Periodo Edo, montatura Handachi operare una scelta corretta e coerente in relazione a tipo e colore di tsukamaki e saya, così come al piazzamento delle montature. Anche quando sussiste un più o meno ampio margine di soggettività, è bene ricordare che vi sono alcune regole riguardanti la selezione ed il posizionamento della koshirae. 3. Imogata (“a forma di patata”) Con i due lati dritti Tecnicamente parlando, negli elementi delle montature per “alto” e “davanti” si intende: - dalla parte della punta della tsuka, quando la spada è portata orizzontale; - col tagliente rivolto verso il basso, in caso di Tachi; - verso l’alto, se stiamo maneggiando una Katana, un’altra spada o un pugnale. La lunghezza della tsuka era usualmente adattata alle specifiche dell’utilizzatore. La regola del pollice dice che: - la lunghezza del manico della Katana è il doppio della larghezza della mano più due dita. La lunghezza media di una tsuka dovrebbe aggirarsi attorno agli 8 sun (24 cm) - per il Wakizashi, una volta e mezza la larghezza della mano - per il Tanto, esattamente la larghezza della mano Tsuka Vi sono quattro sagome base di tsuka: 1. Haichi tsuka E’ la più comune: la parte del tagliente sempre dritta, il lato del mune (dorso) leggermente scavato seguendo la linea della spada 2. Rikko tsuka Con curve scavate specularmente 118 4. Morozori Segue strettamente la curva della saya (Tachi e Handachi) Tsukamaki Non è storicamente provato, ma nel Kabuki e nel Chambarra (rispettivamente, il teatro tradizionale e la filmografia in costume) si indica il grado del Samurai con il colore dello tsukamaki. In ordine gerarchicamente crescente, i colori principali sono: nero - blu - marrone scuro - marrone chiaro - verde - viola - bianco. Anche se questa classificazione cromatica è limitata, corrisponde abbastanza fedelmente alla percentuale dei colori trovata nelle spade. Il metodo più comune di trecciare è lo tsumamimaki (con l’ito “pinzato” all’incrocio), seguito dall’hinerimaki (dove l’ito è girato due volte a 90° sull’incrocio). Nelle Tachi era comunemente usato l’hiramaki, con l’ito semplicemente incrociato su se stesso. Esistono comunque moltissimi tipi di trecciatura, realizzata con i materiali più disparati. Il mekugi veniva realizzato con bambù stagionato, conico e liscio, inserito dalla parte della tsuka coperta dal palmo della mano. La scelta del bambù non fu casuale: resistente ed anche elastico, quand’anche dovesse rompersi, le fibre impedirebbero alla lama di uscire dal manico. A volte veniva usato corno o metallo al posto del bambù, ma solitamente si trattava di spade non destinate al combattimento. I menuki originariamente venivano usati per coprire la testa o la punta del mekugi. Col tempo si trasformarono in elementi di valenza puramente ornamentale, piazzati alla distanza di quattro dita dal fuchi nella parte omote (la parte rivolta verso l’esterno) e Haichi tsuka Rikko tsuka Imogata Morozori 119 Katana Tav. XL_ Montatura Buke-zukuri, esploso delle parti Le parti della montatura Il manico di solito è realizzato con due valve di legno di magnolia giapponese incollate assieme, viene ricoperto più o meno completamente da pelle di razza chiamata same, conciata in modo da essere molto rigida quando è secca, infatti per lavorarla, durante l’adattamento al manico, va bagnata per poter farle prendere la forma. L’insieme legno-same unito da colla, viene poi ricoperto da una fettuccia di seta, di cotone o di pelle. Esistono moltissimi modi per intrecciare questa fettuccia detta Tsuka Ito, sotto alla quale vanno posti i Menuki, possibilmente in tema con fuchi e kashira. Tsukamaki - intercciatura Menuki Mekugi Seppa Samegawa in pelle di razza Kashira Fuchi Fuchi e kashira sono parti in metallo che rinforzano e finiscono la tsuka, il fuchi verso la lama, e la kashira dalla parte opposta. I menuki, oltre ad essere elementi decorativi, rendono asimmetrica la forma della tsuka e contribuiscono a facilitare la giusta presa delle mani. L’habaki, di solito in metallo dolce, rame, argento o oro, è posto al forte della lama contribuisce al suo fissaggio alla tsuka assieme al piccolo perno detto mekugi. Tra fuchi e habaki è inserita la tsuba, previa frapposizione delle seppa. La saya (fodero) è di solito realizzata con due valve di legno non speculari. Koiguchi Menuki Shitodomoe Kurigata Habaki Tsuba Sageo Tsuka - 2 gusci di legno di magnolia Kashira Koiguchi in corno Nakago Tsuka Sageo Kurigata in corno Munemachi Tsuba Mekugi ana Hamachi Saya Mune Shinogiji Shinogi Hamon Ji Kojiri Hamon Saya - 2 gusci in legno di magnolia Saya - laccatura Ha (Yakiba) Hasaki Kissaki 122 Yokote Il Koiguchi (bocca di carpa), l’apertura della saya nella quale si infila la lama, di solito ha un rinforzo che può essere di metallo (nella montatura Handachi) o di corno di bufalo delle risaie, lo stesso vale per il kojiri (parte finale della saya) ed il kurikata, anello per il fissaggio del sageo. Nella saya possono trovare alloggiamento in apposite scanalature la kozuka ed il kogai insieme o singolarmente a seconda delle mode dei vari periodi. 123 Come leggere le firme [mei] Quando voglia individuare chi ha fabbricato una spada, il collezionista occidentale trova il primo ostacolo nella lettura della firma (ammesso che vi sia) apposta sul nakago. Molte firme, per la verità, seguivano uno schema preciso, recando una sequenza di ideogrammi relativamente semplici da decifrare: la provincia, la città, il titolo, il clan, il nome e “fatto da”. Questo, naturalmente, dall’alto verso il basso. Non sempre, però, il fabbro adottava questo schema. Di conseguenza, ci sembra opportuno riportare una classificazione delle categorie di iscrizioni in base al numero di caratteri che le compongono. Un carattere Il più comune è 一 ichi, usato nelle prime lame di molti spadai del gruppo Ichimonji, con significato di “primo spadaio” o “lavoro di prima qualità”. Un altro carattere usato singolarmente è 左 Sa, adottato da un discepolo di Masamune e dai suoi allievi. Se si rinviene un carattere solo, molto vicino alla fine del nakago, si tratta del primo carattere (quello relativo alla provincia di fabbricazione) della sequenza ormai perduta di una spada accorciata. Tanto _158 con attribuzione in oro Bizen kuni Norimitsu Due caratteri Molti dei primi fabbri usavano firmare con due caratteri del loro nome. Altri artigiani, anche se non di regola, firmavano con questo sistema specialmente lame corte, come i Tanto. Tre caratteri In questo caso, due sono i caratteri del nome mentre il terzo di solito è 作 saku che significa “fatto da”. In altri casi sono stati riscontrati, posti prima del nome del fabbro, caratteri identificanti il clan come 来 Rai oppure 平 Taira. Di solito sono utilizzati nomi personali, non “commerciali”. Solo in un periodo successivo infatti si impose l’usanza di firmare con nomi diversi dal proprio, o composti da un carattere preso dal proprio nome e un altro per l’officina o il maestro presso il quale si era a servizio. Quattro caratteri Generalmente si tratta dei due caratteri indicanti il nome della provincia o della città, e dei due del nome commerciale del fabbro. Oppure il nome del fabbro ed i caratteri 作 之 saku kore “fabbricante di”, oppure due caratteri del gruppo seguiti dal nome. Cinque caratteri In questo caso abbiamo i due caratteri della provincia seguiti da 住 ju, “abitante” e dai due caratteri del nome; oppure provincia più nome e saku; oppure provincia, clan e nome; oppure titolo, come ad esempio 丹波守 Tamba (no) Kami ed il nome. Sono state riscontrate anche combinazioni ulteriori. Sei caratteri Provincia, città, nome; oppure provincia (o città o gruppo), clan, oppure villaggio o località seguiti dal nome e da saku kore; oppure villaggio e 住人 ju nin, “abitante” seguiti dal nome. Sette caratteri Famiglia, titolo e nome; oppure titolo, famiglia e nome. Otto caratteri Titolo, clan, nome. Iscrizioni più lunghe sono la combinazione degli elementi descritti. Ai fini della identificazione di un artigiano, in molti casi, l’uso del nome proprio in aggiunta al nome commerciale si è reso necessario nei testi per ragioni pratiche, quando molti fabbri (ad esempio Osafune Sukesada) abbiano lavorato nello stesso periodo nella stessa officina. E magari con le stesse tecniche. Le firme cambiavano spesso; quando un allievo succedeva al maestro, ad esempio, o quando un maestro decideva di concedere ad un allievo l’onore di usare un carattere del proprio nome. Più prosaicamente, la firma poteva variare per un banale cambio di indirizzo. Le iscrizioni sulle spade giapponesi comprendono una grande varietà di titoli, tutti onorari e senza alcuna implicazione ufficiale. In linea teorica, quando uno spadaio acquisiva notorietà per la qualità del suo lavoro, riceveva come riconoscimento un titolo. Nella realtà, intervenivano spesso altri fattori non propriamente riconducibili alla qualità del prodotto. La corruzione politica ed intermediari influenti potevano fare in modo che un fabbro, in cambio di una certa fornitura di spade, ricevesse un titolo onorifico. I titoli erano molto ambiti (come in ogni epoca) e le buone spade sempre ben accette: non può dunque meravigliare che i titoli venissero elargiti anche per meriti non squisitamente artistici. Il titolo più alto assegnato era 守 Kami, “Signore” che, se usato nella firma, era sempre preceduto dal nome di una provincia. La provincia non era indicativa del luogo in cui viveva il fabbro, che raramente riceveva onori nella sua stessa provincia. Un titolo ottenuto da una provincia lontana significava che egli era ben conosciuto anche altrove ma, soprattutto, era difficilmente sindacabile la motivazione dell’onorificenza e più sfumati e lontani i contorni di una eventuale corruzione. Non si sa quante spade fossero date in cambio di titoli: probabilmente ogni transazione Numeri giapponesi tipo di numerazione usata nelle date sui nakago Numeri 一 Ichi 二 Ni 三 San 四 Shi 五 Go 六 Roku 七 Sichi 八 Hachi 九 Ku 十 Jū 158_ Nori mitsu Bi zen Kuni 136 137 kogesa sodesuri ogesa uetatewari Tav. L_ Tameshigiri tategesa 187_ taïtaï karigane chiwari wakige Le prove di taglio si eseguivano in diversi modi e consistevano nel provare a tagliare delle placche metalliche, dei vecchi elmetti, delle balle di paglia di riso bagnate, dei cadaveri. La maggior parte di queste prove, eseguita in modo ufficiale seguendo un preciso cerimoniale, era praticata su cadaveri di condannati a morte. Ogni parte del corpo che si tagliava aveva un nome riportato poi nel Tameshimei su nakago suritsuke ich-no-do ni-no-do san-no-do Prove di taglio 168 Aikuchi _187 Periodo Edo, dettagli di kashira con shitodomoe, menuki, fuchi, koiguchi e kurikata Inutile dire che in tempi tempestosi la bellezza di una spada era un aspetto secondario. Alla fine dell’epoca Kamakura e all’inizio dell’Era Edo, la prova di taglio era un test frequentemente praticato, soprattutto nella città di Edo. La “attitudine al taglio” di una spada era oggetto di certificazione, affidata a periti in grado di valutarne la qualità: la famiglia Yamano ad esempio, la più stimata e professionale del paese, ufficialmente riconosciuta dal governo Tokugawa. In quel periodo di forti tensioni sociali, molti Samurai usavano sottoporre alla valutazione di esperti le lame in loro possesso, o che pensavano di acquistare. Per la verità, ai nostri occhi quei “test” costituiscono una raccapricciante testimonianza di crudeltà: l’esame dell’efficacia della spada si operava infatti su un criminale condannato a morte; nella migliore delle ipotesi, su un cadavere già decapitato. Gli “specialisti” di queste prove macabre redigevano, con metodica applicazione, documenti scritti in qualche caso tuttora consultabili: un nome per ogni parte del corpo sezionata, con un grado di difficoltà variabile. Per le prove, il bersaglio (il cadavere o il condannato, a seconda dei casi), era legato con delle corde a sostegni di bambù, sopra un mucchio di terra battuta. I colpi più significativi per la valutazione complessiva erano inferti nei punti dove la superficie ossea opponeva la maggiore resistenza: le spalle [taitai] e le anche [moruguruma]. Si potevano richiedere ed effettuare prove di grande difficoltà, come il taglio netto di un corpo sospeso a una corda. Se la prova riusciva, l’esito positivo veniva segnalato sul codolo della spada con un’incisione: la tipologia del test superato, il numero dei corpi tagliati, il nome dell’operatore, la data. kurumasaki moroguruma hizaguchi shitatatewari tabigata 169 La firma mune (Soshu), il cui prestigio fu ulteriormente accresciuto dalla considerazione pubblicamente espressa dal governatore dell’epoca, Toyotomi Hideyoshi. Il nome di Masamune è stato tramandato di generazione in generazione fino ai giorni nostri, ed è la figura più alta e rappresentativa di quest’arte. come status symbol Nel Periodo Edo venne redatta una specie di classifica/listino [Shikarubeki-mono] che determinava quale lama dovesse essere offerta a titolo di ricompensa per particolari servigi, secondo vari gradi di importanza. Questa tabella permise di classificare gli artisti: di Masamune, fabbro del XIV secolo e classificato tra i più importanti, all’epoca non esistevano più lame. Così, per seguire formalmente i dettami della tabella, spesso non si trovò altra soluzione che offrire la riproduzione di una Masamune, la cui firma veniva riprodotta e incisa. Chi riceveva la lama, in ogni caso, la accoglieva con profonda riconoscenza: era un grande onore ricevere una Masamune, una grande ricompensa. 192_ 174 Dettaglio di saya _192 laccata e decorata in oro, con disegni di fenice e simboli araldici Nonostante il traffico caotico, a Tokyo si vedono ovunque auto di lusso e di grossa cilindrata. La dimensione della rete stradale e il numero di vetture in circolazione suggerirebbero modelli meno appariscenti e ingombranti, ma per i Giapponesi l’immagine è importante. Auto, vestiti, gioielli: come nei paesi occidentali, sono spesso questi gli status symbol da esibire per vantare l’appartenenza ad una classe privilegiata. Nel privato, questa ostentazione non ha più ragion d’essere ed i Giapponesi, al riparo dagli sguardi altrui, sono più rilassati: l’arredamento d’interni, ad esempio, è in genere improntato ad uno stile semplice e minimalista. La necessità di “apparire”, in ogni caso, non è un retaggio di questi tempi. Per un Samurai era normale investire somme elevate per una spada: era la sua “anima”. L’efficacia dell’arma era fuori discussione, ma la firma di un fabbro famoso era uno straordinario valore aggiunto. E se la spada non era così prestigiosa da fare emergere il possessore dalla massa, quanto meno la fattura doveva essere adeguata al rango: una fondamentale questione di dignità. Salito Tokugawa al potere, molti signori che avevano combattuto per la parte avversa, come abbiamo visto, furono privati dei loro territori e del relativo sostentamento che questi assicuravano; non potendo più permettersi una milizia, dovettero licenziare molti dei guerrieri al loro servizio. Ebbero così origine vere e proprie schiere di Samurai allo sbando [ronin] che si riversarono nelle grandi città. I Samurai più fieri non avrebbero mai venduto la propria spada, per nessuna ragione al mondo: per quanto dura fosse la loro situazione, era il simbolo di appartenenza ad una nobile classe. Altri, per tirare avanti, abbandonarono lo status di Samurai per diventare comuni cittadini, e solo allora vendettero il loro bene più prezioso. Nel Periodo Momoyama il massimo punto di riferimento era l’officina di Masa- Questo tratto del carattere giapponese che dà più importanza alla forma che alla sostanza è ancora attuale, e di solito imbarazza gli occidentali. I Giapponesi non dicono mai chiaramente sì o no, non si sa esattamente a cosa mirano, sono impenetrabili: prima di pronunciarsi riflettono attentamente sulle possibili reazioni dell’interlocutore, modulando di conseguenza le proprie affermazioni. Dopo la Restaurazione Meiji, lo scioglimento della classe dei Samurai costrinse questi ultimi, ancora una volta, a trovare altri mezzi di sostentamento. Qualcuno si dedicò al commercio con risultati non sempre gratificanti; altri, caduti in profonda miseria, furono costretti a vendere la loro “anima”, la spada. Qualora si trattasse di un spada donata a un qualche antenato, per alti meriti, magari dallo Shogun in persona e marcata con una firma illustre, possiamo immaginare lo sconforto provocato dalla notizia che la lama – tramandata per generazioni, onore e vanto della famiglia - era una copia senza valore. Nel Periodo Momoyama, la fabbricazione delle parti in metallo delle montature ricevette grande impulso. I Samurai pagavano molto care le montature realizzate da grandi artisti: la firma rappresentava un vero e proprio status symbol. La famiglia Goto, ad esempio, fece pezzi di grande valore artistico e storico che sono tutt’oggi molto quotati. Anche all’epoca, tuttavia, avevano un valore esorbitante, probabilmente sproporzionato al valore dei materiali e alla loro lavorazione. Un paio di menuki si potevano pagare l’equivalente di diverse migliaia di euro: nel linguaggio corrente il termine “menuki-dori” è passato ad identificare la via più importante ed animata della città. 193_ Tsukioka Yoshitoshi (1839-1892) guerriero tatuato col tema dei nove dragoni In altri tempi sarebbe stato inconcepibile sottoporre a perizia una spada da Samurai, dichiarata di buona firma, per verificare il suo effettivo stato: solo un amico stretto avrebbe potuto occuparsene. E anche in questo caso, quand’anche l’esaminatore si fosse accorto di una firma contraffatta, si sarebbe guardato bene dallo smascherare il falso: confermare l’autenticità della lama rappresentava la soluzione più educata e socialmente corretta. Dire che la firma sulla spada era falsa avrebbe rischiato di creare attriti con il proprietario, che la credeva vera, o di ferire la sua dignità rivelando l’esistenza del falso. Confermarne l’autenticità, al contrario, avrebbe preservato i buoni rapporti tra gli individui e l’onore del proprietario. 175
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