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In edicola Fr. 2.– / € 1,35
CON UN ORO
STATUNITENSE
SI È APERTO
IL MEDAGLIERE
A PAGINA 15
Domenica
9 febbraio 2014
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il-Caffè
Attualità, politica, sport e cultura
I MILIONARI
DELLE PISTE
DI GHIACCIO
ALLE OLIMPIADI
Reuters
MORO A PAGINA 14
Anno XVI • Numero 5
IGIOCHI
Reuters
GLI ELVETICI
CALANO GLI ASSI
E INSEGUONO
I PRIMI TRIONFI
LEVITTORIE
Reuters
771660 968900
LEGARE
9
GAA 6600 LOCARNO –– N. 5
05
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
SCHIRA A PAGINA 27
La società
Le casalinghe?
Professioniste
da 9mila franchi
di salario al mese
CENNI A PAGINA 23
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
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L’analisi
È il momento
di pensare
alla Città Ticino
Si razionalizzano strutture, servizi e specialisti
Così pubblico e privato si divideranno i parti
LUIGI PEDRAZZINI *
S
crivo del futuro del Ticino
prendendo lo spunto da
tre processi in corso: la crisi finanziaria della città di Lugano, la realizzazione di collegamenti ferroviari più veloci fra le
città del Sopraceneri e gli agglomerati del Sottoceneri, e l’importante insediamento di nuove aziende nella parte meridionale del cantone.
Ilpizzino
***
Le difficoltà finanziarie che sta
attraversando la città di Lugano
devono preoccupare tutto il
cantone. Negli ultimi due decenni Lugano è stata di fatto la
locomotiva del Ticino e non soltanto per quanto ha versato per
assicurare il funzionamento
della perequazione intercomunale. Numerosi progetti ed
eventi realizzati in tempi recenti, che hanno reso tutto il cantone meglio visibile sul piano nazionale e internazionale, sono
stati possibili grazie al dinamismo di Lugano.
Un rallentamento della “locomotiva” rischia perciò di avere
conseguenze negative per tutto
il Ticino e non soltanto per l'agglomerato direttamente interessato; si può quindi soltanto
sperare che abbia successo la
manovra finanziaria di risanamento avviata con coraggio dal
Municipio della città.
Penso, però, anche che questo
momento di difficoltà di Lugano debba suggerire al resto del
cantone una reazione che vada
oltre la semplice preoccupazione o la speranza di un rapido
miglioramento della situazione.
Anche perché le cose potrebbero cambiare durevolmente per
Lugano e di conseguenza per il
resto del nostro Paese.
Un solo esempio: il riposizionamento in atto della piazza finanziaria non ha carattere congiunturale, quindi è difficilmente immaginabile che i gettiti d'imposta generati dalla terza
piazza finanziaria svizzera tornino ai livelli dei passato, perMedaglia d’oro mettendo a Lugano di svolgere,
nello slalom
oltre ai compiti suoi, anche, dispeciale...
rettamente o indirettamente,
Sergio Savoia
quelli degli altri.
***
Quando si parla del futuro della
mobilità “pubblica”, il pensiero
corre immediatamente ad Alptransit. Eppure c’è un altro importante progetto ferroviario
che interessa il cantone: fra pochi anni le Ffs metteranno in
funzione i nuovi collegamenti
fra le città del Sopraceneri e
quelle del Sottoceneri. Le tratte
Locarno – Lugano e Bellinzona
– Lugano saranno percorribili
in meno di 20 minuti. Le conseguenze sul piano interno cantonale potrebbero essere importanti, le opportunità da cogliere
lo saranno sicuramente!
segue a pagina 11
GUENZI ALLE PAGINE 2 e 3
Ilretroscena I progetti segreti dell’ergastolano evaso a Gallarate
Loscandalo
Schneider
Ammann
L’intervista
La politica
affoga
nell’affarismo
ZANTONELLI A PAGINA 35
Dopo il sanguinoso assalto
piano di fuga verso la Svizzera
L’analisi
Il silenzio
non ha giovato
al ministro
Franco Ambrosetti
“Abbiamo perso
la cultura liberale”
TAUXE A PAGINA 11
SPIGNESI A PAGINA 6
A PAGINA 11
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
3
L’intervista
LA NATALITÀ
Il ministro Beltraminelli auspica un cambio di passo e spiega che...
“Più sicurezza e concentrazione,
meno spreco di denaro e risorse”
I parti in futuro
Come e dove si nascerà,
per ospedali e cliniche
sarà una vera rivoluzione
“R
isparmiare mantenendo la sicurezza. Concentrare per garantire migliori cure con meno spreco di denaro e di risorse. Ma, soprattutto,
approfittare della presenza degli istituti
privati del Luganese e del Locarnese, le
due regioni con un più alto potenziale di
offerta di cure mediche, unendo forze e
competenze”. Eccola, in estrema sintesi, la
ricetta per la sanità futura di Paolo Beltraminelli, direttore del Dipartimento della
socialità e sanità, a pochi giorni dalla presentazione della Pianificazione ospedaliera 2015, in cui si parlerà anche del progetto di collaborazione tra Eoc
e cliniche. “Una collaborazione obbligata per garantire sempre la miglior prestazione evitando i doppioni”.
Come dice il direttore
dell’Eoc, forse è la volta
buona, per il Locarnese,
per mettere fine all’annosa litigiosità tra La Carità e
la Santa Chiara?
“La regione di Locarno ha
enormi potenzialità, ma è
sempre stata divisa. Un po’
come tutto il Ticino, d’altronde. Spero che in futuro
pubblico e privato capiscano l’importanza
di allearsi e collaborare”.
Tuttavia, se la Sant’Anna di Lugano è
una punta d’eccellenza per mamma e
bambino, la clinica Santa Chiara non
sembra poter vantare la stessa fama.
“La Santa Chiara dovrà rivedere la sua
missione, alzare il livello di qualità per rispettare le condizioni qualitative già in vi-
La collaborazione
Positivo è collaborare,
anche distribuendosi
le responsabilità
Si razionalizzano strutture, servizi e specialisti
così pubblico e privato gestiranno la natalità
Ti-Press
Ti-Press
la
MATERNITA
in cifre
NASCITE IN SVIZZERA
78.286
80.290
80.808
MEDIA figli per donna
NASCITE IN TICINO
82.164
2.951
1.54
1.52
2.904
2.953
1.53
MEDIA figli per donna
I COSTI
2.839
1.38
1.43
1.38
Parto naturale (senza epidurale)
degenza 2-6 notti (costo in franchi)
compreso neonato sano
Comune Semi privata Privata
Eoc, Ente ospedaliero cantonale
7’500
9’500
9’800
Clinica Sant’Anna
6’850
–*
–*
5’860
Clinica Santa Chiara
2009
2010
2011
2012
2010
2011
2012
1992
2002
2010
2012
2010
Fonte: Ufsp
PATRIZIA GUENZI
U
n’unione di... pancia. Un’alleanza tra
sanità pubblica e
privata per ostetricia, neonatologia e
ginecologia. Per ospedali e cliniche è una vera e propria rivoluzione: in futuro gestiranno assieme la natalità nel cantone (circa
3mila parti l’anno). Grazie alla
Pellanda: “L’ultima parola spetterà alla
politica. Forse è la volta buona che la Santa
Chiara e La Carità smettono di litigare”
LE STRUTTURE
Dall’alto, a Locarno,
l’ospedale La Carità
e la clinica Santa Chiara;
a Lugano, l’ospedale
Civico e la clinica
Sant’Anna
collaborazione tra l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) e le cliniche
Santa Chiara di Locarno e Sant’Anna di Lugano, si razionalizzano stutture, servizi e specialisti.
Del progetto di coordinamento
su dove e come si nascerà in Ticino, se ne parlerà settimana prossima: il Dipartimento della sanità e socialità (Dss) presenterà ufficialmente il risultato della
Commissione della pianificazione sanitaria. Ma solo verso aprile-maggio se ne discuterà in parlamento.
Qualità delle cure e sostenibilità
economica sono i punti cardine
per mantenere una natalità di
buon livello, come ribadisce
nell’intervista al Caffè il ministro
della sanità, Paolo Beltraminelli.
Un concetto che sta particolarmente a cuore all’Associazione
Nascere bene, attenta ai recenti
sviluppi pianificatori (vedi a
lato). Perché tra pubblico e privato qualche differenza c’è. Ad
esempio, l’elevato, e stando alle
2011
2012
6’660
7’195
Ostetricia, neonatologia
e ginecologia sono
solo un primo step
per altri generi
di collaborazione
I timori
S
10’300 13’300
9’400
8’040
–*
9’220
2010
2011
ostetricia del cantone, quattro
pubblici e due privati, che non
hanno una sufficiente casistica
per garantire qualità ed economicità. La Sant’Anna, con i suoi
900 parti annuali è quella che ha
la dimensione più importante e
merita quindi di essere valorizzata. Anche nella natalità l’unione
fa la forza”. Ostetricia, neonatologia e ginecologia sono solo un
primo step di una futura collabo-
razione tra Eoc e istituti privati.
Con il tempo si potrebbero sviluppare ulteriori collaborazioni.
Sull’importanza di non disperdere energie e preziose risorse concorda Thomas Gyr, primario di
ginecologia al Civico di Lugano:
“È un progetto che appoggio pienamente - afferma -. Concentrare le casistiche è fondamentale,
indipendentemente se vadano
nel pubblico o nel privato. È solo
L’associazione Nascere bene s’interroga sul futuro della maternità
Geiler Caroli -. Ci preme però che in qualsiasi caso siano rispettate le raccomandazioni dell’Oms (vecchie, ma basate su evidenze scientifiche sempre valide) e che siano comunque garantiti almeno gli standard di qualità attualmente applicati nelle
maternità dell’Eoc”.
Tra questi, la garanzia dell'immediato e
ininterrotto contatto pelle a pelle con la
madre per almeno una o due ore dopo il
parto (anche se cesareo), compresa una
prima poppata per il benessere del bebè e
della partoriente. “Procedura molto importante per lo sviluppo del sistema immunitario del piccolo - spiega Geiler -. Per raggiungere questi obiettivi servono una formazione continua del personale curante,
statistiche complete e trasparenti e un controllo regolare delle pratiche applicate”.
Determinante anche il coinvolgimento dei
genitori sin da subito. Un iter che soprattutto madre e figlio devono compiere assieme,
vivendo a stretto contatto. “Chiediamo la
garanzia per tutte le mamme di poter usufruire gratuitamente del rooming-in, il neonato in camera 24 ore su 24”, riprende Geiler Caroli. Evidentemente, quindi, le camere dovranno essere sufficientemente spaziose anche per accogliere due pazienti,
senza costi aggiuntivi. L’associazione Nascere bene insiste pure sulla garanzia di
una presa a carico completa della coppia
madre-bambino da parte delle levatrici
fuori dalla sala parto, per favorire l’attaccamento e l’allattamento. “Negli ospedali
pubblici la stragrande maggioranza delle
donne torna a casa allattando - precisa Geiler -. Auspichiamo inoltre pure il ripristino
della figura della levatrice aggiunta per le
mamme e le levatrici che lo desiderano”.
Clinica Santa Chiara
2012
13’700
–*
9’950
8.8
8.8
Fonte: Acsi-Borsa della spesa - dati 3/2012
“Dev’essere garantita
l’attuale qualità di cura”
i chiama “Ospedale amico dei bambini”. È una certificazione, rilasciata a
quei nosocomi che dimostrano di assegnare maggiore spazio alla relazione madre-bambino, sin dai primissimi minuti
della nascita. Ad esempio, promuovendo
immediatamente l’allattamento al seno.
Come fanno i reparti di maternità dell’Ente
ospedaliero, i soli in possesso di questa certificazione rilasciata dall’Unicef. Sul progetto di collaborazione con le cliniche è intervenuta l’associazione Nascere bene
(www.nascerebene.ch) che ha scritto una
lettera al Dipartimento della sanità e socialità, alla direzione dell’Eoc e all’Associazione cliniche private. “Non spetta a noi valutare se in Ticino sia più opportuno concentrare prevalentemente nelle cliniche private o negli ospedali pubblici la gestione
dell’ostetricia - osserva la presidente, Delta
Parto cesareo
degenza 2-9 notti (costo in franchi)
compreso neonato sano
Comune Semi privata Privata
*dati non pervenuti
Fonte: Ufsp
direttive dell’Oms non sempre
giustificato, numero di parti cesarei nelle cliniche, un terzo in
più rispetto all’ospedale.
A inquadrare l’intesa tra Eoc e
cliniche è lo stesso direttore
dell’Eoc, Giorgio Pellanda: “Abbiamo messo nero su bianco un
intento che dovrà essere avallato
dalla pianificazione ospedaliera.
È chiaro che occorre concentrare
l’attività degli attuali sei centri di
PARTI NELLE STRUTTURE PUBBLICHE E PRIVATE, Ticino
NATI VIVI OGNI MILLE ABITANTI, Ticino
Parto in struttura
ospedaliera con
degenza coperta
dalla cassa malati
uno spreco di forze, e di soldi,
mantenere doppioni, come ad
esempio quelli per garantire una
guardia medica 24 ore su 24”.
Tutti d’accordo sul potenziamento della Sant’Anna di Lugano gruppo Genolier, 17 ginecologi
accreditati - che vanta una tradizione consolidata, specializzata
nelle cure legate alla salute femminile, la cui fama ha da tempo
varcato i confini nazionali. Più
sorpresa pare suscitare la scelta
di una collaborazione dell’Eoc
con la Santa Chiara di Locarno
che, qualche tempo fa, sembrava
dovesse essere assorbita da La
Carità, intenzionata a farne una
sorta di dépendance per post
acuti o un centro di riabilitazione. “Spetterà alla politica decidere sul futuro della Santa Chiara taglia corto Pellanda -. A me è
sembrato di intravvedere una
spinta politica per trasferire
l’ostetricia nel privato piuttosto
che nel pubblico. Per ora le due
strutture sembrano intenzionate,
finalmente, a fare qualcosa per il
Locarnese, smetterla di litigare e
unire forze e risorse”. E Pellanda
si lascia andare a una considerazione: “Si tratta di un progetto
complesso, che nella visione futura intravvede una sola struttura
sanitaria per il Locarnese. È comunque ancora presto per dire
quando e dove sorgerà. Ma se
Consiglio di Stato e Gran Consiglio vedranno la possibilità di ottenere benefici, sia in termini di
qualità che di sicurezza per i pazienti, oltre che di sostenibilità
economica, noi andremo avanti
col nostro progetto”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
gore negli ospedali”.
E tutto ciò, secondo lei, non porta ad
uno spreco di risorse?
“Il fatto che vogliano collaborare, distribuendosi anche le responsabilità è più
che positivo. Gli ospedali oggi non sono
più istituti stazionari, sono sempre più
degli ambulatori. Le faccio due conti”.
Dica...
“L’Ente ospedaliero è un’azienda da 600
milioni di franchi, di cui 200 milioni sono
ambulatoriali. Quest’ultima offerta continuerà ad aumentare. Fa parte dell’evoluzione della medicina, cure anche specialistiche ma con sempre meno degenze, grazie alla tecnologia”.
Ecco, ma proprio per questo fatto non
era il caso di concentrare in una sola
struttura, indipendentemente se pubblica o privata?
“Indubbiamente il Locarnese avrebbe
bisogno di un solo nosocomio. Questa
collaborazione potrebbe portare proprio
a ciò”.
Un solo istituto in cui si coordinano
pubblico e privato quindi?
“Ha un po’ del miracoloso, ma potrebbe
davvero nascere un’offerta di qualità,
con specializzazioni interessanti anche
per il Locarnese. D’altro canto con la
nuova legge si finanzia allo stesso modo
pubblico e privato”.
Come spiega l’alto numero di cesarei
nelle cliniche private?
“Difficile dire se perché sono più richiesti e più concessi o si fanno e basta. È
vero che sono in aumento un po’ ovunque, forse anche perché sono cambiate
le esigenze delle donne”.
8.4
Clinica Sant’Anna
Eoc, Ente ospedaliero cantonale
2009
2010
2011
2009
2010
2011
2009
2010
2011
Parti ospedalieri
totale
293
312
325
862
884
885
1.871
1.885
1.852
Parti ospedalieri
di cui cesarei
104
116
145
334
348
366
–*
529
528
Parti vaginali
totale
189
196
180
528
536
519
–*
1.356
1.324
Parti vaginali di cui
con episiotomia
95
97
84
63
152
145
–*
479
411
*dati non pervenuti
Fonte: Ufsp/Eoc
Fonte: Ufsp
La tendenza
Le levatrici: “Fondamentale il nostro ruolo per contrastare un preoccupante trend chirurgico”
Che business quei parti cesarei!
Forte aumento fuori dall’Eoc dei neonati figli del bisturi
P
Il dolore
artorire con un taglio cesareo costa il 36
per cento in più rispetto a un parto naturale. Un vero business, verrebbe da
dire! Soprattutto nelle cliniche private, dove
si registra un terzo in più di neonati figli del
bisturi. Nel 2011 in Ticino il tasso medio di
cesarei nelle maternità dell’Ente
ospedaliero è stato del 29%; nelle
cliniche private
attorno al 42%.
Con un aggravio
di spesa sulle casse pubbliche. Se
in Svizzera nel
1998 il tasso di cesarei era del
22,7%, nel 2010 è
lievitato a 32,6%.
La Federazione
svizzera delle levatrici, già nel
2009 aveva calcolato che una riduzione al 15%
dei tagli cesarei
sul totale dei parti, permetterebbe al sistema sanitario di risparmiare ogni anno 36 milioni di franchi. È
soprattutto il dolore di un parto naturale a
preoccupare le donne. “In questo senso un
cesareo è più rassicurante - nota Maria Cale-
Il dolore preoccupa tutte
le mamme, libere però
di richiedere l’epidurale
basso, della sezione Ticino levatrici indipendenti -. Da qui l’importanza del nostro ruolo
per tranquillizzare e sostenere la madre,
spiegandole che un parto fisiologico è molto
più sano”. Certo, al giorno d’oggi il cesareo è
diventato un intervento rapido e sicuro, provvidenziale per le gravidanze a rischio e in
caso di complicazioni. Considerando anche
che l’età media delle partorienti aumenta
sempre più. Quasi una mamma su tre nel
2010 aveva più di 34 anni, nel 1970 si era appena all’11,3%. L’età media delle partorienti è
passata da 27,7 anni agli inizi degli anni Settanta, a 31,2 anni nel 2010.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il parto medicalizzato è necessario solo
nel 10-15% dei casi. Frenare l’aumento dei
cesarei e degli interventi medici non necessari nei parti a basso rischio, non significa lasciar soffrire la donna, bensì̀ rispettare le
condizioni necessarie per un parto naturale
con dolore sopportabile. Già da diversi anni
negli ospedali svizzeri e ticinesi è anche possibile, su esplicita richiesta, vivere un parto
più conforme alla fisiologia, grazie alla competenza delle levatrici. A questo scopo ci
sono stanze che offrono una maggiore intimità per il travaglio, vasche per il rilassamento, sedie Maya e sale parto meno fredde e luminose di una sala operatoria. “Inoltre - riprende Calebasso -, la madre deve sapere che
in qualsiasi momento può richiedere la peridurale, una tecnica per il controllo del dolo-
re”. In Svizzera la media dei cesarei è del 33%.
Dai dati del 2011 emerge che il cantone più
“virtuoso” è il Giura, 16,72%; all’opposto il
canton Zugo, 41,16%; in Ticino è del 34,86%.
Ma anche nel caso di un parto naturale ci può
scappare il bisturi. È l’episiotomia, ossia una
piccola incisione
del perineo per
allargare il canale
e agevolare il passaggio del neonato. Un intervento
minimo, ma fatturato a parte da
ospedali e cliniche.
“Fortunatamente
non si pratica più
in modo sistematico - spiega Francesca Coppa Dot- L’intimità
ti, responsabile
della sezione Ticino levatrici indipendenti -.
Negli anni ‘80
per le primipare
era quasi una
pratica ricorrente. Oggi si tende a lasciare
che la membrana si laceri da sè, in modo
meno invasivo. I risultati delle ultime ricerche indicano infatti che contenerne il ricorso presenta dei benefici”.
Da anni negli ospedali esistono
stanze più intime, vasche per
il rilassamento e sedie Maya
4
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
La principessa dal giudice
“Mi fidavo di mio marito”. L’infanta
Cristina, 48 anni, figlia del re di
Spagna, si è così difesa ieri mattina,
sabato, davanti al tribunale di Palma di
Maiorca nell’ambito dell’inchiesta per
frode fiscale in cui è coinvolta con il
marito Inaki Urdangarin.
mondo
La rivolta in Ucraina
L’EUROPA è solo un sintomo
Le tesioni ad Est
della paura
dei Paesi dell’Est
di ricadere sotto
il vecchio dominio
L’UCRAINA nel gennaio 2014
Cernihiv
Luc’k
Lviv
Rivne
Žytomyr
Ternopil’
Ivano-Frankivs’k
Užhorod
Sumy
Kiev
Cerkasy Poltava
Charkiv
Luhans’k
Chmel’nyc’kyj
Kirovohrad
Dnipropetrovs’k
Vinnycja
Donetsk
Cernivci
Seggi occupati o assediati
Manifestazioni
Zaporižžja
Mykolaïv
Odessa
Elezioni del 2010
Regioni vinte dal partito europeista
Regioni vinte da Viktor Janukovic
Cherson
Simferopol’
Reuters
LA RIVOLTA A KIEV
Da due mesi i manifestanti
chiedono le dimissioni del
presidente filosovietico Viktor
Yanukovich, contrario alle
aperture nei confronti della Ue
Il sogno di Putin si infrange sulle barricate
Tra Russia e Occidente emerge un’Europa orientale che vuole sfuggire all’abbraccio dell’ex Urss
Non dobbiamo dimenticare che
l’Europa orientale così com’è oggi
non è altro che il prodotto di una
serie di crolli: dell’impero ottomano e di quello zarista, a seguito
della prima guerra mondiale, e di
quello sovietico, che datiamo simbolicamente al 9 novembre 1989.
Ma ancora prima, dobbiamo capire quale sia la
consistenza territoriale di ciò che
chiamiamo Europa orientale, sottintendosempre un
giudizio
per qualche motivo riduttivo o
pessimistico, anche perché 50
anni di comunismo imposto, e
non scelto, non se ne vanno senza
lasciare delle cicatrici.
Dunque, l’Europa orientale (da
cui tendiamo inconsapevolmente
ad escludere la Russia, che per
metà ne fa pur parte) consiste in
una striscia che, da nord a sud (e
non da est a ovest come parrebbe
spontaneo fare), separa quella
che definiamo Europa occidentale e Russia, ed è composta dalle tre
Repubbliche Baltiche, dalla Bielorussia, dall’Ucraina e dalla Georgia, lungo una linea che va dal Mar
Baltico al Mar Nero. Nell’immaginario collettivo l’Europa orientale
appare così un cuscinetto stretto
tra Occidente e Russia, cioé due
colossi, accanto ai quali si sono rifugiati molti degli Stati che sono
risultati dallo sfascio dell’impero
sovietico e hanno ormai concluso
il loro iter di ammissione nell’Unione europea.
Ma sarebbe un grave errore credere che tutti quei Paesi, cancellato il
comunismo, si siano allineati agli
stessi standard e alle stesse procedure del mondo occidentale e capitalistico, che - quando in quegli
Stati la vita era grama e priva di libertà - vivevano invece in condizioni tanto migliori e più confortevoli.
In tutti gli Stati che facevano parte
del Patto di Varsavia (l’alleanza
militare che doveva difenderli,
con le bombe atomiche russe,
dall’imperialismo yankee) è successo un fenomeno a ben pensarci non strano o insensato, ma a cui
Voglia di Ue
ne che è tipica degli Stati sconfitti
dalla storia, se non da un esercito
nemico, cercò a lungo - con alcuni ci riuscì ma con altri no - di conservare rapporti privilegiati e in
sostanza di superiorità con gli exalleati-sudditi.
Diverse repubbliche ex-socialiste
si sono adattate a questo assetto e
hanno approfittato dell’aiuto rus-
Le Repubbliche
Baltiche fanno
da “cuscinetto”
stretto tra due colossi
politici e militari
non si era pensato nel momento
dell’avvio della transizione dal socialismo alla democrazia.
Per un verso, infatti, in Occidente
si immaginò che l’Europa orientale fosse diventata uno sconfinato
territorio di conquista, su cui scaricare non poche delle tensioni
economiche europee (come i crescenti costi del lavoro) e a cui vendere ogni sorta di prodotto, facendone il retrobottega del consumismo occidentale. Ma dall’altra
parte l’Unione Sovietica, del tutto
impreparata al crollo e quindi incapace di avviarsi alla ricostruzio-
L’intervista
so (burocrazia, infrastrutture, finanza, capacità estrattive, eccetera), quasi scomparendo dalla scena se non per qualche episodio
anomalo (Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan e Kirgyzistan). Ma la Russia avrebbe
voluto stringere rapporti più solidi
con i Paesi dotati di tradizioni culturali, sociali e imprenditoriali
ben più avanzati, perché contava,
IL DOCENTE
Vittorio Emanuele Parsi,
direttore dell’Alta scuola di economia e relazioni
internazionali dell’Università Cattolica di Milano
“Il presidente non può più tornare indietro”
L’ossessione per il passato nell’analisi dell’esperto di relazioni internazionali
“Oggi il problema di Putin è che
non può tornare indietro”, spiega
Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola di economia e
relazioni internazionali dell’Università Cattolica di Milano,
ed ex docente all’Usi di Lugano.
La Russia si trova oggi sospesa
tra la voglia di ricostruire una
grande potenza e i richiami al
mondo occidentale. Dove porterà questa alternativa?
“Non è un segreto che Putin, ossessionato dal passato imperiale, miri a ricostruire la centralità
politica della Russia controllando le altre ex repubbliche sovietiche. È questa la posta in gioco
non solo in Ucraina, ma anche
nel Caucaso e nella Georgia,
Paesi con i cui i rapporti in passato sono stati di stampo imperiale, quasi paracoloniale”.
L’eco indipendentista può fermare il cammino di Putin?
con il loro ricompattamento, di
contrapporre all’Occidente - per
meglio dire agli Stati Uniti - una
nuova grande potenza. Destinata
a riprendere il braccio di ferro politico-diplomatico dell’età del bipolarismo, ricostruendosi così
quel ruolo di supremazia continentale da cui aveva goduto per
tre quarti di secolo.
La speranza è che ci si risvegli dall’ illusione
di poter ricostruire una grande potenza
che, di fatto, Mosca ormai non potrebbe essere
Reuters
LUIGI BONANATE
“Diciamo subito che la Russia
dopo la fine della Guerra fredda
ha tenuto in mano una carta mi-
cidiale per la sua centralità, ha
mantenuto la possibilità di concedere il passaporto alle mino-
ranze russofone. Ciò porta Mosca a sentirsi autorizzata a intervenire ogni volta che sorge un
problema di discriminazione
verso queste popolazioni”.
Sino a che punto Putin potrà tirare la corda?
“La sua strategia non prevede alternative. Va sempre perseguita,
altrimenti tutta l’operazione putiniana che si richiama al vecchio passato imperiale, rischia
di saltare. L’ossessione ucraina
va letta in questo quadro”.
Putin gioca anche una partita
economica importante.
“La sua nuova centralità geopolitica è fondata sulla rete di produzione e distribuzione del gas.
Il rischio è che lo sfruttamento
sempre maggiore del petrolio di
scisto da parte di Usa e Canada
faccia crollare il mercato del gas
e dunque possa complicare seriamente il disegno russo”.
Quindi ora lo sguardo deve concentrarsi sulla ex-Unione Sovietica. A richiamarla con il suo vecchio nome, forse aiuta meglio a ripensare cosa ha rappresentato nel
XX secolo questo grandissimo
Paese decaduto (sebbene ancora
oggi, dopo le mutilazioni territoriali, il più esteso della terra). Non
solo il grandioso ancorché fallito
sogno del socialismo, ma anche la
seconda più grande potenza armata non soltanto del mondo ma
della storia che, quasi di punto in
bianco, si è risvegliata trovandosi
abbattuta, sconfitta, disfatta e svillaneggiata.
Basterebbe ricordare i tempi della
presidenza Eltsin (dopo Gorbaciov e prima di Putin) per rendersene conto. Da allora la Russia si è
risollevata non grazie a sue segrete e riposte qualità morali (perché
anzi è finita in gran parte nelle
mani delle mafie), ma alla fortunata casualità rappresentata dalle
immense ricchezze del suo sottosuolo. Grazie ad esse ha cercato, e
in parte è riuscita, di intrecciare
rapporti commerciali vantaggiosissimi, tenendo pur sempre la
mano sui rubinetti del gas e del
petrolio. Proprio sotto il ricatto
dell’aumento dei prezzi o della
chiusura delle forniture si è ritrovata l’Ucraina nel momento in cui
ha cercato di rivolgersi verso il più
libero e promettente mondo occidentale.
Non solo ora dobbiamo sperare
che l’Ucraina venga lasciata libera
di scegliersi il suo destino, ma anche che Putin si svegli dai suoi sogni imperiali di ricostruzione di
quella grande potenza, che non
soltanto la Russia non può più essere, ma di cui nessuno al mondo
sente la necessità. I detersivi per i piatti
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è rientrato dalla Louisiana con molti
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musicisti e, soprattutto, una
partnership ufficiale con la città di
New Orleans, che torna così ad
essere partner dell’evento musicale
Al capogruppo ppd forse sfugge
il ruolo dell’informazione in un
sistema democratico. Non gli piace
la critica di cronisti e commentatori
a partiti e politici, ma è anche
questa la funzione dei giornalisti.
“È la stampa bellezza!”
Dopo il cruento blitz
una via di fuga
che porta in Svizzera
DOMENICO CUTRÌ
Trentanove anni
e una condanna
all’ergastolo,
ora latitante;
Nella foto a in basso
a sinistra, il luogo del
coflitto a fuoco a
Gallarate
In un’ intercettazione nel carcere di Saluzzo
i piani dell’ergastolano evaso a Gallarate
MAURO SPIGNESI
Il piano di fuga prevedeva una
tappa in Svizzera. Un rifugio sicuro, magari a casa di parenti o
amici, in attesa che si calmassero
le acque per riprendere la strada
verso la destinazione finale: un
Paese dell’Est europeo. Domenico Cutrì, 39 anni e una condanna
all’ergastolo, ora latitante, ne
aveva parlato con il fratello Nino
quando era ancora rinchiuso nel
carcere di Saluzzo, in provincia
di Cuneo, in attesa di giudizio.
Una confidenza intercettata dagli agenti di custodia che sorvegliano attraverso un sistema di
telecamere a circuito chiuso i
colloqui con i detenuti e che, una
volta girata al magistrato, aveva
fatto scattare un regime di sorveglianza speciale. E un cambio di
cella in una nuova prigione, a
Cuneo, prima d’essere trasferito,
qualche giorno fa a Busto Arsizio
per un processo.
Nino Cutrì è morto nel conflitto a
fuoco, nel blitz a Gallarate contro
un furgone della Polizia penitenziaria che ha portato alla liberazione del fratello Domenico. E
ora se si pone ufficialmente la
domanda alla Procura di Busto
Arsizio se effettivamente Domenico Cutrì voleva scappare in
Svizzera si riceve una risposta di
circostanza: “Non confermiamo,
né smentiamo. Le indagini sono
in corso”. Eppure gli investigatori
che stanno seguendo tutte le piste per riacciuffare il latitante,
sono ancora convinti che non sia
andato troppo lontano. E che
l’ipotesi svizzera, come ha ricordato un servizio del quotidiano
La Stampa, non debba essere affatto abbandonata.
Anzi. C’è stato un altro particolare che spinge verso questa
ipotesi: anche i tre complici di
Cutrì arrestati, 72 ore dopo l’agguato, a Cellio, provincia di Ver-
L’agguato
Domenico Cutrì, in cella
per un omicidio, dopo uno
scontro a fuoco è riuscito
a scappare. È latitante
Gli arresti
Tre componenti della
banda bloccati in un paese
dell’Alta Valsesia erano
pronti a entrare Svizzera
celli, con una valigia piena di
cibo, volevano passare dal lago
d’Orta e poi entrare in Ticino.
Anche loro probabilmente come
l’amico che, secondo l’accusa,
hanno fatto evadere volevano
andare in direzione nord. Probabilmente verso la Svizzera tedesca, dove come affiorato in diverse inchieste internazionali
I precedenti
La criminalità
sulla ‘ndràngheta, le cosche
hanno diversi punti d’appoggio
e Cutrì, originario di Melicuccà,
mille abitanti in provincia di
Reggio Calabria, potrebbe sfrut-
tare qualche conoscenza. Una
protezione non necessariamente
legata alla ‘ndràngheta , visto che
gli inquirenti smentiscono con
decisione un legame organico tra
Decine di pregiudicati o latitanti inseguiti da mandati d’arresto fermati nella Confederazione
Ci sono il mafioso e il trafficante internazionale di droga. Ci sono il rapinatore e il
boss dell’anonima sequestri sarda. Negli
ultimi quindici anni nella Confederazione sono riusciti a trovare rifugio decine di
pericolosi latitanti. Spesso finiti nella rete
della polizia. L’ultimo è Dino
Grusovin, accusato di un triplice omicidio: a metà dicembre è stato scoperto dagli
agenti della polcantonale in
un hotel di Chiasso, dove soggiornava indisturbato da
tempo. A luglio, invece, nelle
maglie della polizia cantonale di Zurigo era caduto Gervasio Romano: era inseguito da un mandato d’arresto europeo. Doveva scontare 6
anni e s’era rifugiato da amici a Frauenfeld.
Storie di ricercati
nascosti in hotel
o a casa d’amici
A settembre di due anni fa, invece, i carabinieri di Varese avevano bloccato sul nascere la fuga in Svizzera di Filadelfio Vasi,
un capo ultras finito nel carcere di Pavia
per una tentata rapina. Secondo l’accusa
Vasi sarebbe dovuto evadere e poi passare il confine. Sette persone che lo avrebbero dovuto aiutare sono state denunciate.
Doveva invece rispondere di rapina e lesioni un giovane marocchino di 26 anni
bloccato nella primavera scorsa proprio
dopo aver passato la dogana in un valico
dei Grigioni. Era ricercato dopo un colpo
in Abruzzo. Sempre nei Grigioni tempo
fa era finita la latitanza di Fortunato Maesano, in fuga dalla Calabria accusato di
far parte di una pericolosa cosca della
‘ndrangheta.
Avevano fatto invece marcia indietro,
dopo aver visto una pattuglia delle guardie di confine, i due pregiudicati milanesi
accusati di aver ucciso un uomo a colpi di
crick per una una partita di cocaina non
pagata. I due stavano fuggendo in Svizzera, ma poi avevano cambiato idea ed erano tornati a Milano. Anni fa, infine, era
riuscito a sfuggire all’arresto un pericoloso latitante dell’anonima sequestri sarda
che, come è risultato dall’inchiesta, aveva alloggiato per un lungo periodo in un
hotel sul lungolago di Lugano.
i fratelli Cutrì e la grande organizzazione criminale. E d’altronde la ‘ndràngheta non c’entra
con la condanna all’ergastolo
che era stata inflitta a Domenico
Cutrì.
Una condanna per l’omicidio di
Luckasz Kobrzeniecki, un giovane polacco di 22 anni crivellato a
colpi di pistola il 15 giugno del
2006 a Trecate, in provincia di
Novara, un’accusa che Cutrì, difeso dalla famosa penalista italiana Giulia Bongiorno, cercò di
smontare con un alibi che però si
dissolse durante l’udienza davanti al tribunale di Torino. No, la
‘ndràngheta non c’entrava nulla
con la morte di Kobrzeniecki,
che sarebbe stato punito per aver
usato pesanti appellativi verso
l’allora compagna di Cutrì. Un
movente passionale, dunque.
Un’accusa che l’evaso ha comunque sempre respinto, sostenuto
da tutta la sua famiglia, arrivata
al nord, in Piemonte e poi a Inveruno, un paesone di novemila
abitanti nella periferia ovest di
Milano.
Il carcere a vita per lui e un’ossessione che non ha dato pace al
fratello Antonino: liberare Domenico, farlo fuggire. Gli investigatori piemontesi che nel frattempo hanno arrestato anche
Daniele, il fratello minore di Domenico, e la cognata, danno per
assodato che la fuga dopo il conflitto a fuoco a Gallarate sia stata
organizzata in famiglia.
Con l’arresto dei presunti complici della sanguinosa evasione,
polizia e carabinieri stanno facendo terra bruciata attorno all’ergastolano in fuga. Ma lui
sembra scomparso nel nulla.
Può darsi che sia ancora nascosto in Italia, ma se è già riuscito a
passare la frontiera, sono convinti alla procura di Busto, sarà
molto più difficile riacciuffarlo.
[email protected]
Q@maurospignesi
Più furti nelle case con le bande specializzate
Gruppi potenzialmente pericolosi per il Ticino individuati in Italia
Oltre la frontiera ci sono bande organizzate, con
professionisti del crimine specializzati nei furti.
Solo l’anno scorso la polizia italiana in Lombardia, la regione più presa di mira per i colpi nelle
abitazioni, ha arrestato o denunciato a piede libero 700 persone. In Piemonte, altra regione di
confine, sono invece state fermate e in gran parte
incarcerate 308 persone. Cifre presentate nel bilancio di un programma “Home 2013”, messo in
piedi dal Servizio centrale di polizia (Sco) per
avere una radiografia esatta delle bande, potenzialmente pericolose anche per il Ticino, e predisporre efficaci operazioni capaci di contrastare
un fenomeno sempre più concentrato nel nord
Italia. Una tendenza, quest’ultima, messa in evidenza anche da un’altra recente ricerca, realizzata da Transcrime, un gruppo di studio specializzato in fenomeni criminali composto da esperti
dell’Università Cattolica di Milano e di quella di
Trieste.
In Italia l’anno scorso per furti e rapine nelle abi-
tazioni sono state arrestate 2563 persone e sequestrate 128 armi. Ma in particolare si è avuta la
conferma che ad agire sul territorio non sono
combriccole improvvisate di balordi, ma autentici specialisti del crimine. Un dato che, secondo la
ricerca di Transcrime, permette di fare una prima considerazione: “Ad agire - spiega a Il Caffè il
sociologo Marco Dugato dell’Università Cattolica - sono gruppi o singoli altamente specializzati,
questo porta anche ad escludere la crisi economica come uno dei fattori collegabili a questo incremento. E d’altronde il trend di crescita dei furti nelle abitazioni è costante dal 2007”.
Quello che è cambiato negli anni è l’articolazione dei gruppi criminali: sono sempre più transazionali, ben strutturati, composti da personaggi
di nazionalità diversa. C’è dunque una matrice
straniera, peraltro messa in evidenza più volte
anche dalla Polizia cantonale a proposito dei
furti registrati in Ticino, ricordando che le bande
in trasferta sono di origine balcanica o fanno ba-
LE BANDE
Ecco dove sono presenti i principali gruppi criminali
stranieri e numero di arresti su base regionale
Romeni
Albanesi
Georgiani
167
699
308
90
168
Fonte: Polizia di Stato italiana
se nei campi nomadi dell’hinterland milanese.
“Sono tutti professionisti. Difatti - precisa Marco
Dugato che ha partecipato alla ricerca di Transcrime - per far saltare una sofistica serratura e
una porta blindata, disinnescare un impianto
d’allarme, ci vuole una certa freddezza e una
certa preparazione. Non è come mettersi per disperazione a bordo di un motorino per scippare
qualcuno”. Detto questo va aggiunto che ci sono
due tipologie di furti. “La prima - spiega Dugato
- dettata dall’opportunità che scatta quando si
vede, ad esempio, una finestra aperta. E come
bottino ci si accontenta di quello che si trova. La
seconda invece necessita di una pianificazione,
di informazioni, di ore d’osservazione su orari e
abitudini dei padroni di casa. Ma qui si punta a
una refurtiva di qualità. Che poi le bande siano
più portate a colpire in Lombardia e in Ticino si
spiega col fatto che questi territorio sono più ricchi di altri. E quindi più a rischio”.
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
8
attualità
T
ra opere false e autentiche,
c’è una terza via: le opere
rubate. Se da una parte si discute sull’origine del Van Gogh
con la pipa, dall’altra la polizia federale insegue quotidianamente i
ladri d’arte. E la Svizzera, in queste
operazioni, è un importante crocevia per i trafficanti. Così come il
Ticino, dove periodicamente
spuntano quadri o sculture rubati,
intercettati da investigatori specializzati in questo genere di reati.
Il più delle volte tutto passa sotto
I furti
I quadri del ‘600
erano nascosti
dentro il caveau
silenzio. Tanto che l’ultima grande
operazione di cui si è sentito parlare risale a tre anni fa, quando in
una cassetta di sicurezza di una
banca luganese vennero trovate tre tele del Seicento, due di
Gaspare Vanvitelli e una di Gaspar Dughet. Senza dimenticare quanto accaduto a Locarno
negli anni Settanta, quando in
un hotel vennero recuperati
due tele di Piero della Francesca e una di Raffaello. O quando, a Monza, venne trovata
un’opera di Giovanni Battista
Discepoli, detto “lo zoppo di
Lugano”, pronta a essere spedita in Svizzera.
m.sp.
Quel Van Gogh con la pipa
forse è il falso di un francese
Dubbi sulla famosa tela del pittore olandese esposta a Zurigo
FRANCO ZANTONELLI
LA VENDITA
L’uomo con la
pipa,
autoritratto di
Vincent Van
Gogh, è stato
venduto per
tremila franchi
francesi nel
lontano 1902
U
n falso Van Gogh
sarebbe esposto, al
Kunsthaus di Zurigo, in occasione
della mostra “Da
Matisse al Cavaliere blu,
l’espressionismo in Germania e
in Francia”, aperta dal 7 febbraio all’11 maggio. Accanto ad
opere di Matisse, Cezanne e
Gauguin c’è, infatti, un celebre
autoritratto del grande maestro
olandese che, stando a quanto
sostiene la Weltwoche, potrebbe non essere autentico. Si tratta del celebre dipinto “L’uomo
con la pipa”, che mostra Van
Gogh con l’orecchio destro
bendato, mentre fuma la pipa.
Sotto la benda una ferita che
l’artista si auto inferse, mozzandosi l’orecchio, al termine di
una violenta lite con l’amico
Paul Gauguin. Il quadro è di
proprietà di Philip Niarchos, figlio del celebre armatore greco,
Stavros Niarchos, il quale l’ha
lasciato in esposizione al Kunsthaus.
Ma su quali basi la Weltwoche è
convinta della non autenticità
dell’autoritratto? Il settimanale
ritiene che l’autore sia, in realtà, un certo Emile Schuffenecker, un pittore francese, anche
lui grande amico di Gauguin,
sul quale gravava già il sospetto
di aver dipinto altri due falsi
Van Gogh. “L’uomo con la pipa”
lo avrebbe ricavato, nel 1893,
da una foto in bianco e nero
dell’originale e, quindi, venduto per tre mila franchi francesi,
nel 1902, ad un mercante di
vini, Gustave Fayet. Dal quale
L’ACQUISTO
Ad acquistare
l’opera è stato
un mercante di
vini francese,
Gustave Fayet
che poi l’ha
rivenduta ad
un ricco
americano
LA PERIZIA
Dagli Usa la tela
è arrivata
all’armatore
greco Niarchos
e sarebbe stata
periziata dalla
stessa
Fondazione
Van Gogh
IL SOSPETTO
Un esperto di
Van Gogh
sostiene che in
realtà l’opera
sia di un altro
pittore e
sarebbe stata
dipinta nel
1893
La vicenda
lo acquistò, successivamente, il
magnate di Chicago, Albert Lasker. Da Chicago, infine, il dipinto ritornò in Europa, grazie
all’armatore Niarchos. La direzione del Kunsthaus non è,
però, per nulla d’accordo con la
ricostruzione della Weltwoche.
E, al sospetto di avere in casa
un falso, replica in modo deci-
L’esperto
so. “Siamo convinti si tratti di
un originale e la nostra convinzione è supportata dalla perizia
di un esperto di Van Gogh, Walther Feilchenfeldt”, ha dichiarato il portavoce del museo zurighese, Björn Quellenberg.
Fatto sta che, già nel ’97, un altro esperto di Van Gogh, Benoît
Landais, se ne uscì con un “quel
Van Gogh è un falso”, di fronte
allo stesso dipinto, esposto a Firenze. Landais, tuttavia, non lo
attribuì a quell’Emile Schuffenecker, tirato in ballo dalla Weltwoche, bensì al medico omeopata francese e pittore dilettante, Paul Gachet, che ospitò Van
Gogh, nei suoi ultimi giorni di
vita. L’artista olandese morì
Il parere di Gimmi Stefanini, perito del Ministero pubblico
“Stabilire l’origine è un rompicapo”
“N
on so se quello al Kunsthaus di Zurigo sia un falso o meno. So invece
che in molti musei tante opere
non sono autentiche”. Gimmi Stefanini, storico gallerista di Brera, a Milano, e perito per la
magistratura italiana e la Procura ticinese, è
sarcastico: “Il mondo dell’arte è un mondo
strano, dove girano molti interessi. Ogni tanto
sorgono dubbi sull’autenticità di un’opera
che è stata esposta in mezzo mondo, ammirata da milioni di persone. Ogni tanto affiora
uno scandalo. Non c’è da meravigliarsi, anche
perché non è facile verificare sempre al cento
per cento l’origine di una tela o di una scultura, specialmente di artisti importanti che hanno avuto una produzione vasta. È un rompi-
capo. Bisogna vedere caso per caso”. Già, e nel
caso dell’uomo con la pipa di Vincent Van
Gogh c’è una accesa disputa tra critici. “Il problema - sottolinea Stefanini, terza generazione di galleristi - è che non può esistere un perito universale, un tecnico che conosce tutto.
Ogni periodo, meglio ancora ogni artista, ha
un ristretto numero di esperti che conoscono
la sua vita, sanno tutto delle diverse opere che
ha realizzato”. Hanno dunque gli strumenti
critici per poter dire se ci si trova davanti a
un’opera vera o falsa. “Io, ad esempio, tempo
fa sono stato chiamato dal Ministero pubblico
ticinese per una perizia su due autori, Remo
Brindisi e Roberto Crippa. Li conosco bene
perché curo anche il loro archivio generale”.
Nel caso del Van Gogh ci sono diverse complicazioni. Non è in ballo l’accertamento del periodo in cui è stata realizzata la tela, ma il sospetto è che l’opera sia stata fatta in realtà da
un pittore francese amico di Paul Gauguin. Di
quest’ultimo, peraltro, collezionava opere
Theo Van Gogh, che vendeva pure le tele del
fratello Vincent. Un intreccio dunque che si
perde nel tempo.
Che si fa in questi casi? “Bisogna andare alla
fonte, alla Fondazione Van Gogh. Verificare
eventuali documenti - spiega Gimmi Stefanini -, sentire chi ha fatto i cataloghi dell’artista e
mettere insieme le proprie conoscenze. Ma
non è un lavoro che si fa in poco tempo ed è
pure molto complicato”.
m.sp.
nella notte tra il 28 ed il 29 luglio del 1890, dopo essersi sparato. “È probabile che l’opera
sia stata iniziata da Van Gogh e
completata da Gachet, un bravo imitatore”, relativizzò la tesi
del falso, in occasione della
mostra di Firenze, un esperto
italiano di Van Gogh, Antonio
de Robertis.
Insomma, “L’uomo con la pipa”
si porta dietro un alone di mistero, assolutamente in sintonia con i fantasmi che tormentarono la breve vita di Vincent
Van Gogh. D’altronde questa
non è la prima volta che l’opera
di un grande artista si trova
confrontata con il sospetto di
falsificazioni. “Ci sono anche
altre storie e leggende simili, ad
esempio su Modigliani”, spiega
Rudy Chiappini, curatore di
mostre internazionali.
“Nel caso di Modigliani- aggiunge - c’è chi sostiene che alcune delle sue opere siano state
terminate da un altro pittore,
che faceva parte della scuderia
dello stesso mercante d’arte”.
Quanto al Van Gogh? “Io sono
tranquillo, esattamente come i
curatori del Kunsthaus. Comunque, va detto che se si trattasse di un falso, sarebbe già
stato smascherato”. Inoltre, afferma Rudy Chiappini, “direi
che si devono relativizzare certe affermazioni di quegli esperti e critici in cerca del loro quarto d’ora di celebrità. Al riguardo, tornando a Modigliani, basta ricordare la figuraccia che
fecero coloro che spergiurarono sull’autenticità delle teste,
fatte ritrovare nel porto di Livorno, da un gruppo di burloni”.
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
attualità
La
storia
Vuole diventare un grande chef.
Le sue passioni sono la cucina
e l’hockey. Gioca da difensore
nella squadra Novizi A
del Chiasso. Ma Davide Giannoni,
15 anni, di Arosio, è costretto
a fare i conti con una difficoltà
in più rispetto ai suoi coetanei.
È nato senza la mano destra
“Affronterò la vita
a muso duro e...
con sole cinque dita”
DAVIDE GIANNONI
Frequenta la 4a media
a Gravesano, ha 15 anni,
e tanti sogni nel cassetto
Ti-Press
Q
Ti-Press
Guantoni, bastone,
disco e maglia
Per giocare a hockey il
papà di Davide ha costruito
un guantone leggermente
modificato per compensare
l’assenza delle dita; oggi il
figlio esibisce orgoglioso la
maglia del suo idolo Ville
Peltonen, hockeista
finlandese
PATRIZIA GUENZI
uesta è la storia di un ragazzino
che ce l’ha fatta. E che, di questo
passo, andrà pure lontano. Forte, volitivo, allegro, non s'è mai
pianto addosso, malgrado abbia
sempre dovuto fare i conti con
un’enorme difficoltà in più rispetto ai suoi coetanei. Davide
Giannoni, 15 anni, di Arosio, è
nato senza una mano, la destra.
Eppure, tanto per dire della sua
determinazione, da oltre dieci
anni gioca a hockey, attualmente come difensore nella squadra
Novizi A del Chiasso, e nel cassetto ha un sogno grande: “Diventare uno chef stellato. E ci
riuscirò anche con sole cinque
dita”, afferma sicuro, guardando
fiero mamma e papà. E loro due,
Moria e Roberto, se lo mangiano
con gli occhi, orgogliosi di quel
figlio che mai e poi mai, appena
nato, avrebbero potuto immaginare così in gamba.
Davide è una forza della natura.
Un ragazzino da sempre abituato ad affrontare la vita a muso
duro. È lui che ha dato coraggio
ai genitori, i primi anni seriamente preoccupati per il suo futuro. Invece, David non si mai
sentito sconfitto
dalla vita per non
avere una mano. È
cresciuto senza
mai lamentarsi,
atteggiarsi a vittima o chiedersi
“perché proprio a
me?!”. Si è accettato sin da subito,
ha imparato presto ad arrangiarsi
e a conviverci senza alcuna difficoltà. Basta vederlo
in pista con la maglia numero 18,
quella del suo idolo Ville Peltonen,
hockeista finlandese che ha militato anche nelle
file del Lugano, o
in cucina mentre
prepara il sugo al pomodoro,
per rendersene conto. Spigliato
e tenace riesce a far tutto, senza
alcun aiuto. Il risotto con la salsiccia è il suo piatto forte. Ma anche le lasagne, gli gnocchi e le
tagliatelle fresche, assicura, gli
vengono molto bene.
Indipendente e deciso, non ha
mai voluto saperne di mettere
una protesi. Quando, parecchi
La vicenda
La nascita
L’infanzia
Le passioni
Il futuro
I sogni
L’ANSIA
LA SORPRESA
HOCKEY E CUCINA
APPRENDISTA
UNO CHEF STELLATO
Davide nasce senza
la mano destra. I
genitori, Moira e
Roberto, sono
molto preoccupati
e in ansia per il
futuro del figlio
Si dimostra
immediatamente
un ragazzino in
gamba, intelligente
e volitivo non si
piange mai
addosso e reagisce
Da quando aveva 5
anni Davide gioca
a hockey; ma
coltiva anche
un’altra passione:
la cucina; risotto e
salsiccia il suo forte
Ha già fatto due
stage come cuoco.
L’anno prossimo
spera di fare
l’apprendista in
un bell’albergo
della regione
Il suo sogno è
lavorare su una
nave da crociera o
andare a New York
in un ristorante
famoso e diventare
uno chef stellato
anni fa, in una delle ultime visite
all’ospedale di Ginevra il medico gli parlò di questa possibilità
Davide uscì di corsa dallo studio. E non ci fece più ritorno.
“Non mi servirebbe a niente una
protesi, sto bene così”, reagisce.
E sta davvero bene Davide. Conduce una vita normalissima.
Frequenta la quarta media a
Gravesano, ha già fatto due stage in un ristorante e l’anno prossimo spera tanto di trovare un
posto come apprendista cuoco
in un albergo della regione.
“Quando avrò il diploma mi piacerebbe partire e fare il cuoco su
una nave da crociera, oppure
trasferirmi a New York e lavorare in un grande albergo - dice-.
In questo modo farò una bella e
preziosa esperienza, potrò tornare in Ticino e, perché no, magari anche aprire un ristorante
tutto mio”.
“Quando avrò il
diploma di cuoco vorrei
partire su una nave da
crociera o anche
trasferirmi a New York”
La passione per l’hockey a Davide è venuta da piccolo. Aveva
solo 5 anni e frequentava l’asilo
quando ha visto un volantino
che pubblicizzava la possibilità
di iscriversi in una squadra di
hockey. A casa ne ha parlato ai
genitori. Inutile dire che dal primo allenamento in poi non è più
uscito di pista. Oggi l’hockey lo
impegna con tre allenamenti serali a settimana più le relative
partite. S’infila il guantone, leggermente modificato, sopra a
una sorta di cilindro duro, e
scende in pista, pronto a battersi
per la propria squadra. Sempre
a disposizione, come quando il
Gruppo eventi dell’hockey club
Lugano, di cui fa parte il padre,
organizza manifestazioni e lui
cucina per tutti. Anche a stare ai
fornelli ha iniziato da piccolo.
Sempre dietro alle gonne della
mamma a chiederle se poteva
aiutarla. Poi, crescendo, cuci-
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU
CHE UN
TUNISINO
SPOSÒ UNA
TICINESE
Andrea
Vitali
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
nando al posto suo. “Ricordo
che durante le vacanze estive
appena sveglio le chiedevo:
mamma, cosa prepariamo oggi
per pranzo? Non vedevo l’ora di
mettermi a cucinare”.
Insomma, sempre a far qualcosa, non certo a poltrire davanti
alla tv o a smanettare sulla tastiera di un computer, come invece fanno tanti ragazzi della
sua età. “Lo schermo mi dà il
mal di testa - osserva serio -.
Qualche video games con papà
ci scappa, ma non è neanche divertente perché vinco sempre
io. E poi stare in casa non mi piace, appena posso esco con gli
amici, ci troviamo giù vicino
all’asilo, lì c’è un grande spiazzo”.
Così, di tempo gliene resta ben
poco. Rari i momenti che riesce
a trascorrere con la sorellina,
Alessia, 11 anni, che adora quel
fratello intraprendente e sempre di buon umore. Per lei Davide è un vero campione. E si preoccupa perché tra un po’ dovrà
dividerselo con qualche ragazzina, una di quelle che già gli
ronzano intorno. Ma Davide
nicchia, non ammette nulla,
sebbene sappia di essere un bel
ragazzo. E allora si lascia scappare: “Se avessi anche gli stessi
occhi azzurri di papà vedresti
che figo”.
La mamma lo guarda con affetto
e gli accarezza la testa. Mai
avrebbe pensato che il figlio superasse così bene quella difficoltà che alla nascita sembrava
insuperabile. Mai avrebbe immaginato di vederlo, un giorno,
sfrecciare sui pattini dietro a un
disco con un bastone in mano,
destreggiarsi con la macchina
per fare la pasta fresca, maneggiare un computer o fare mille
altre cose per cui, solitamente,
servono dieci dita. Come impacchettare tutto, in vista dell’imminente trasloco nella nuova casa. File di scatoloni già
pronti nel corridoio, impilati
uno sull’altro che Davide ha in
gran parte riempito da sè. Manca solo la cucina, piatti, pentole,
bicchieri… “No, quella alla fine precisa -, altrimenti come faccio
a fare pratica? Mi devo allenare
tutti i giorni, sono obbligato ad
avere una marcia in più per dimostrare al mio futuro datore di
lavoro che anche senza una
mano sarò comunque un bravo
apprendista cuoco”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
11
politica
Le campagne
sui frontalieri
Un partito
in difficoltà
Nel mondo del lavoro
vengono fuori
campagne demenziali
come quella
sui frontalieri
paragonati ai topi;
per i padroncini
bisogna agire subito
Il Plrt dopo Pelli
non è riuscito a tirar
fuori una generazione
di nuovi leader;
Rocco Cattaneo è un
imprenditore, cerca di
velocizzare la politica
Le alleanze
del governo
Il governo non può
allearsi con i sindacati
come è accaduto
nella Commissione
tripartita, il suo ruolo
da sempre è di stare
sopra le parti
L’intervista
Re
né
Bo
ssi
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ilca
ffè
“Il cantone ha perso la cultura liberale”
Il presidente della Camera di commercio, Ambrosetti, attacca lo “Stato invasivo”
MAURO SPIGNESI
Dal suo “buen retiro” in un’isoletta greca osserva il Ticino con
quel sufficiente distacco che gli
permette di cogliere particolari
che chi sta qui, immerso nella
quotidianità, non sempre nota.
Franco Ambrosetti, presidente
della Camera di commercio, soffre nel vedere un cantone “dove
le riforme non partono mai, dove
si affronta il dumping salariale e il
nodo dei padroncini con liste
nere e bianche, dove lo Stato vuol
mettere il naso ovunque”.
Come spiega tutto questo?
“Io penso che questo nostro Paese ha smarrito quella cultura autenticamente liberale che lo ha
portato al successo”.
Una cultura che ha anche radici
italiane?
“Abbiano avuto la fortuna di ospitare i padri del liberalismo e dell’illuminismo, da Carlo Cattaneo
ai fratelli Ciani, e siamo diventati
un laboratorio politico e sociale
avanzato. È vero poi che la cultura liberale ripropone sempre il
dualismo tra Rousseau e Voltaire,
con il quale mi trovo più in sintonia, che produce conflitti, ma
questi conflitti hanno tramortito i valori originali”.
Chi doveva tenere il testimone, attualizzarli e reinterpretarli?
“Per logica il Plrt. Ma i consensi
sono crollati. Dopo Fulvio Pelli
negli ultimi 30 anni non è cresciuta una generazione capace
di proporre nuovi leader”.
Oggi alla guida del Plrt c’è Rocco Cattaneo. Un imprenditore,
uno come lei. Nota segnali di vivacità?
“Cattaneo ha i piedi per terra, è
concreto e cerca di velocizzare i
tempi della politica. Ma le incrostazioni sono troppe e non vanno via in fretta”.
La politica ha preso una deriva
Iosecondome
I miei pregi...
I miei difetti...
Sono un musicista
e dunque ho molta fantasia
Spesso sopporto male le
critiche, è un mio limite
Sono leale, rispetto le regole
e gioco sempre pulito
Odio il cretinismo descritto
da Fruttero e Lucentini
Non sono ipocrita, quello
che penso lo dico e basta
Ogni tanto non ascolto,
se l’interlocutore mi annoia
L’analisi
segue dalla prima pagina
LUIGI PEDRAZZINI *
P
schizofrenica votata al litigio
perpetuo?
“Spesso sì. Prendiamo la riforma
fiscale: ogni volta il percorso si
inceppa. Questo perché stiamo
assimilando il peggio della politica italiana, con un conflitto permanente e poca concretezza”.
Un conflitto che si ripropone
nel mondo del lavoro.
“Qui vengono fuori campagne
demenziali come quelle contro i
frontalieri paragonati ai topi e si
cerca di combattere l’oggettiva
invasione dei padroncini chiudendo le porte. Ma la concorrenza è concorrenza e va accettata”.
E quindi cosa bisogna fare?
er chi verrà in Ticino con il treno, dal sud o dal
nord, poco importerà se la stazione d’arrivo sarà
Bellinzona, Lugano, Locarno, Mendrisio o Chiasso, perché in pochi minuti potrà comunque raggiungere
la destinazione voluta (così come noi oggi consideriamo
“città di Zurigo” tutta l’area servita rapidamente dai
tram, anche se per raggiungere la meta effettiva sono
necessari ancora 20 – 25 minuti dalla stazione centrale).
Discorso analogo vale ovviamente per gli spostamenti
all’interno del cantone della popolazione residente.
***
Del terzo processo hanno riferito proprio in questi giorni i mezzi di comunicazione. In base a uno studio del
servizio di informazioni economiche Orell Füssli, realizzato per conto della SonntagsZeitung, negli ultimi cinque anni imprenditori italiani hanno creato 4528 nuove
aziende in Ticino, soprattutto però nella zona di confine. Bella notizia, senz’altro, anche se il dato deve essere
approfondito per capire il genere di attività e la reale importanza in termini occupazionali. È comunque un
dato di fatto che i nuovi insediamenti di attività economiche privilegiano quasi sempre il Sottoceneri e che a
lungo termine, visto il limitato territorio a disposizione,
si crea un rischio congestionamento.
***
“Io capisco la protesta degli artigiani. Non mi piace che chi viene
dall’Italia paghi meno tasse e ricorra al lavoro nero, perché allora si bara e chi paga è sempre
l’operaio. Se i padroncini italiani,
che hanno un costo del lavoro
maggiore del nostro, dovessero
pagare tutto sino in fondo,
quest’invasione non ci sarebbe.
E noi saremmo ancora concorrenziali”.
L’assenza della vecchia impronta liberale ha provocato
anche altre anomalie?
“Sì. Penso ai cartelli, alleanze
sottobanco che drogano il mercato. Di questo dobbiamo essere
coscienti tutti, perché i cartelli
incidono sulla nostra vita quotidiana. Lo devono capire anche i
sindacati: quando la sana concorrenza va a gambe all’aria i
prezzi restano alti e il lavoratore
ha un potere d’acquisto minore”.
Il lavoratore ha un potere d’acquisto rosicato anche dalle
troppe imposte?
“È sbagliato infilare troppo la
mano nel portafoglio del cittadino. Questo vale per tutti, anche
per il Ticino che nonostante un
debito pubblico di due miliardi
di franchi sta meno male di altri.
Eppure si è inventato questo fre-
È venuto il tempo
di pensare
alla “Citta Ticino”
Quali considerazioni mi suggerisce il collegamento fra i
tre processi qui sinteticamente descritti ?
In primo luogo, secondo me, è necessario capire che il
“sistema Ticino” deve cercare un assetto più equilibrato
fra le regioni e le città che compongono il cantone. È
quanto emerso anche da un recente e interessante pomeriggio di studio organizzato dall’Osservatorio politico della Svizzera italiana e da Coscienza Svizzera a Bellinzona. I previsti miglioramenti sul fronte della mobilità sono una premessa importante per andare in questa
direzione e dovrebbero spingere i centri urbani a cooperare, non più a competere, per la realizzazione di servizi
e strutture di interesse cantonale. Le distanze oggettive
fra città e città saranno infatti tali, almeno per quanto
concerne la rete ferroviaria, da giustificare la visione di
una “città Ticino” che rafforzi il sistema attuale, costruito attorno ai poli sottocenerini e in modo particolare a
Lugano. La cooperazione dovrebbe spingersi ad analiz-
no alla spesa che è un’autorizzazione ad aumentare le imposte”.
Uno Stato invasivo che mina le
basi del successo svizzero?
“L’attenzione ai conti pubblici e
uno Stato leggero hanno alimentato il nostro successo. Non vorrei che continuando su una strada diversa si perdessero i vantaggi ottenuti”.
Per esempio?
“Per esempio i contratti sottoscritti dalle parti sociali, con le 40
ore di lavoro a settimana, con
l’assenza di tensioni e scioperi.
Questo ha fatto la Svizzera ricca.
Oggi la crisi del partenariato sociale porta lo Stato a intervenire,
invece di restare al di sopra delle
parti, come è accaduto in Ticino,
e ciò non va bene”.
Soluzioni?
“I contratti vanno firmati tra le
parti sociali senza che il Consiglio di Stato scenda in campo alleandosi magari con i sindacati.
Come è accaduto nella Commissione tripartita bocciando un nostro candidato per una carica.
Certo, poi ci sono distorsioni,
come il dumping, di cui anche
certi imprenditori hanno la responsabilità”.
[email protected]
Q@maurospignesi
zare in che modo ripartire meglio sul territorio non soltanto le infrastrutture e i servizi, ma anche gli insediamenti economici: la concentrazione in atto di nuove
aziende nel Sottoceneri, in prossimità della frontiera,
potrebbe anche portare tra qualche anno a una sorta di
implosione territoriale.
Il problema è che le cose da sole non si aggiustano, la
sorte e la fortuna vanno aiutate. La “città Ticino”, ammesso che sia una visione sostenibile e condivisibile, va
costruita creando innanzitutto dei poli forti nel Sopraceneri. Bellinzona e Locarno sono città di fatto che non
esistono però sul piano politico e istituzionale e non
possono pertanto recitare il ruolo che loro si addice in
un contesto di sviluppo cantonale multipolare.
Per fare concreti passi avanti è perciò necessario, e anche urgente, che il Cantone sostenga con ogni mezzo
possibile il processo aggregativo in atto a Bellinzona e rilanci senza remore quello prematuramente spentosi nel
Locarnese; parimenti l’autorità cantonale dovrà recuperare una maggiore capacità di incidere nelle grandi decisioni di pianificazione territoriale, a tutela di uno sviluppo equilibrato e sostenibile e promuovere una cooperazione fra gli agglomerati finalmente capace di fare
gli interessi dell’insieme del Ticino e non di sue singole
componenti.
*Ex direttore Dipartimento Istituzioni,
Presidente Rsi
IL
PUNTO
CHANTAL
TAUXE
Il silenzio
non ha certo
giovato
al ministro
Curioso affare quello che tocca
Johann Schneider-Ammann. Prima di tutto bisogna porsi la questione della tempistica: perché i
documenti fiscali sono arrivati
adesso alla trasmissione Rundschau? Perché non al momento
in cui è stato candidato al Consiglio federale nel 2010? Perché
non al momento della sua rielezione nel 2011? Il fatto che le rivelazioni emergano a qualche
giorno soltanto dallo scrutinio
sulla libera circolazione non è
certamente innocente.
Seconda considerazione: a Berna, malgrado tutti gli scandali
dell’ultimo decennio, malgrado
molti rapporti delle commissioni
della gestione, malgrado innumerevoli “debriefing” di crisi, si
preferisce sempre la procedura,
il formalismo giuridico alla politica. La pressione che perdura sul
liberale-radicale da dieci giorni,
così come il modo con cui la affronta, fanno decisamente ripensare alle ultime settimane di governo di Samuel Schmid. Nel
2008, il bernese visse un’estate
calamitosa quando fu rivelato
che il capo dell’esercito fresco di
nomina, Roland Nef, aveva molestato una donna.
Invece di comunicare, come gli
consigliavano il
suo staff e i suoi
colleghi, Samuel
Schmid si lasciò
sballottare dalle rivelazioni
della stampa,
fino al momento in cui
virgolette
Nef decise di
La bella politica dimissionare.
e l’affarismo
Nel XXI seA PAGINA 35
colo, quando si scatena
una crisi, bisogna comunicare,
mostrarsi all’attacco, mettere i
fatti in tavola, eventualmente recitare un mea culpa. Insomma,
bisogna affrontare con coraggio e
misura i venti contrari. Il mutismo è la peggiore delle scelte.
Tardando a comunicare, Schneider-Ammann ha dato l’impressione di essere colpevole - quando all’apparenza ha fatto soltanto
cose legali - e, peggio, ha offerto
lo spettacolo di un consigliere federale che non dirige, ma subisce gli eventi. Un disastro politico
devastante in termini d’immagine per lui e per il suo partito.
Sullo sfondo, l’affare dell’Offshore Bundesrat sottolinea un’esigenza nuova delle nostre democrazie: il patriottismo fiscale. Un
buon cittadino paga le imposte
nel luogo in cui produce la propria ricchezza. L’ottimizzazione
fiscale e il suo stuolo di opache
costruzioni societarie scioccano
ormai profondamente la popoplazione, esattamente come i salari stratosferici di qualche alto
dirigente. Bisognerà abituarsi. E
quelli che pensano ad una carriera politica faranno bene ad attrezzarsi. Schneider-Ammann
dovrà rassegnare le dimissioni?
Tutto dipenderà dal modo in cui
ha informato i colleghi del governo. Se mente loro guardandoli
negli occhi, come il ministro
francese Jérôme Cahuzac davanti all’Assemblea nazionale, o se
“economizza la verità”, come tentò di fare il consigliere di Stato ginevrino Marc Muller, perderà la
loro fiducia e si ritroverà spalle al
muro, costretto a partire. Elisabeth Kopp è stata destituita per
molto meno.
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
13
economia
DOVE VANNO LE AZIENDE
LE HOLDING OLANDESI
I Paesi dove nel 2012 è stato collocato
il maggior numero di grandi gruppi
(in quote percentuali sul totale
di quelli che si sono trasferiti)
Dati di bilancio ‘13
(De Agostini e Barilla ‘12)
Regno Unito
Sede
centrale
Germania
43%
Fatturato
14%
Utile netto
Irlanda
Fatturato
Spagna
Utile netto
10%
5%
Svizzera 5%
Olanda 9%
Fatturato
Fonte: Uk Trade & Investment, “A guide to Uk taxation”
Utile netto
L’Olanda e la Gran Bretagna
sono più competitive di Zurigo
Aliquote, tutele, aperture..., perchè la Fiat ha scelto Amsterdam e Londra
NOSTRO SERVIZIO
A Saint Moritz c’è ancora chi ricorda l’Avvocato atterrare con
l’elicottero, sci ai piedi, direttamente sulle piste. La Svizzera
era nel cuore di Giovanni
Agnelli. Alle pareti del suo chalet, si dice, vi fossero quattro
Klimt di valore inestimabile,
perché di questo Paese si fidava
ciecamente. Altri tempi. La Fiat
dello ‘svizzero’ Sergio Marchionne (ha la doppia nazionalità e risiede a Zugo), una volta
acquisita la Chrysler di Detroit è
diventata americana, ma ha
scelto di avere una doppia residenza europea: sede legale in
Olanda e residenza fiscale nel
Regno Unito, una vera global
company che ha snobbato la
Svizzera.
La scelta, dunque, non è ricaduta sulla Confederazione. Ci
sono molteplici ragioni che incoraggiano questa doppia decisione, sempre più in voga tra le
corporation. Da una parte, la
tutela di marchi e brevetti dove
può risultare più agevole; dall’altra, leggi societarie più flessibili e pressione fiscale moderata. Contano, poi, l’efficienza e
il prestigio delle piazze finanziarie, il loro dinamismo e i benefici fiscali sui rendimenti di
borsa.
Se l’Olanda è preferita per la sua
economia e situazione politica
stabile, alta qualità dei servizi
commerciali, protezione dei
brevetti, apertura agli investimenti stranieri e – non ultima
Il fenomeno
28.5 mld €
3.3 mld €
Sede
centrale
14%
Francia
LORETTA
NAPOLEONI
tra le ragioni – l’euro come moneta, la Gran Bretagna è diventata invece più competitiva sotto il profilo fiscale: l’aliquota
sulle società è progressivamente passata dal 28% del 2010, al
21% nel 2014, e scenderà al 20%
nel 2015, al di sotto della media
europea. Più competitiva anche
rispetto alla Svizzera, che attualmente oscilla in una forbice
compresa tra il 16 e il 25%.
“La scelta del Regno Unito è
probabilmente il segnale che il
L’intervista
“Le norme fiscali
in Inghilterra sono
particolarmente
attrattive per le società
operanti negli Usa”
baricentro economico del gruppo Fiat si è ormai spostato fuori
dall’Italia e particolare attenzione viene riservata ai rapporti
con il Nord America. Le norme
fiscali del Regno Unito sono in-
fatti particolarmente attraenti
per le società operanti negli Stati Uniti”, spiega Giampaolo Arachi, docente di diritto dell’impresa all’Università Bocconi di
Milano e collaboratore del sito
economico lavoce.info. “I fattori in gioco sono molteplici e soffermarsi solo sulla fiscalità può
rischiare di essere molto fuorviante. Nello stesso tempo, precisa l’esperto - la scelta di un
Paese deve tenere conto delle
implicazioni fiscali che ne con-
Il fiscalista Giancarlo Cervino spiega le strategie inglesi
“Sconfitta? No, la City resta imbattibile”
IL FISCALISTA
Giancarlo
Cervino,
fiscalista
e docente
“Se la Fiat emigra, sposta la sede legale
in Olanda e va a pagare le tasse nella
City di Londra, non è una sconfitta per la
Svizzera. Ma la dimostrazione, l’ennesima, che ormai l’Inghilterra è diventata
imbattibile”, spiega Giancarlo Cervino,
fiscalista e direttore del Centre for international fiscal studies di Lugano.
Storicamente la Svizzera ha attratto
grosse multinazionali. Cos’è accaduto?
“L’attrattività si misura attraverso diversi
parametri. Londra, oltre ad avere imposte basse, ha un costo del lavoro minore
al nostro e ha location che costano molto ma molto meno rispetto a quelle svizzere. Fattori che uniti evidentemente
hanno dettato la scelta della Fiat”.
La Confederazione mantiene stabilità,
ottima qualità della vita, tassazione
bassa. Ma nel caso Fiat si è visto che
questi fattori non sono bastati. Bisogna preoccuparsi per il futuro?
“Il discorso è diverso: tutti hanno perso
competitività rispetto a Londra. Per trovare vantaggi simili bisogna rivolgersi a
Dubai, Hong Kong e Singapore”.
Possibili contromisure?
“Bisogna fare in fretta. Da anni si parla
di abolizione della preventiva, della revisione d’imposta di bollo. Non si è fatto
nulla. Quando Londra aumentò le aliquote le grosse aziende scapparono a
Ginevra. Ma gli inglesi capirono l’errore
e in sei mesi rimediarono, senza che
Berna attuasse contromisure”.
Sono imbattibili?
“Per ora sì. La City di Londra ha un altro
passo di marcia”.
m.sp.
Fatturato
Utile netto
Fatturato
Utile netto
Fatturato
Utile netto
83.2 mld €
1.9 mld €
Quartiere generale
europeo
170.9 mld €
37.1 mld €
3.9 mld €
60 mln €
Finanziarie
di partecipazione
5.1 mld €
146 mln €
167.9 mld €
10 mld €
Fonte: La Repubblica
seguono. Gli elementi che rendono attrattivo un Paese per
una holding dal punto di vista
fiscale sono: l’assenza di ritenute sui dividendi pagati ai propri
azionisti, una buona rete di trattati internazionali per evitare le
ritenute sui redditi (dividendi,
interessi, royalties) percepiti
dalle società controllate, regole
generose sulla deducibilità degli interessi passivi e sulla tassazione dei redditi di controllate,
la capacità dell’autorità fiscale
di ridurre l’incertezza sul trattamento fiscale di operazioni
complesse attraverso accordi
con il contribuente”. Evidentemente il Regno Unito è prevalso
per molti di questi aspetti, sebbene trovi in Europa numerosi
agguerriti concorrenti come Irlanda, Lussemburgo, Svizzera e
la stessa Olanda.
Anche a livello di fiscalità internazionale, Londra garantisce
un’ampia rete di trattati contro
le doppie imposizioni e nessuna ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti: le società inglesi funzionano bene quindi
anche per gli investimenti negli
Stati Uniti. Inoltre, il governo
inglese ha anticipato che non
intende aderire al programma
di tassazione consolidata su
base europea proposto a livello
Ue. L’Olanda, dal canto suo, applica un’aliquota sulle imprese
che varia dal 20 al 25%, ma i
profitti dello sfruttamento dei
brevetti sono tassati in modo
fisso con aliquota del 10%.
g.c.
L’autodenuncia fa gola ai commercialisti
Si chiama “voluntary discosure”, e basta pronunciarla
per far tornare il sorriso sulla piazza finanziaria di Milano. Perché dietro l’ennesimo tentativo di fra rientrare i capitali italiani detenuti all’estero, attraverso la
nuova normativa che prevede un’autodenuncia, c’è
anche un grande business, un’occasione ghiotta per
commercialisti, avvocati e consulenti finanziari. Professionisti che dovranno seguire passo passo i clienti
che vogliono mettersi in regola con il fisco. Pagando
una parcella, naturalmente, che varia spesso in base al
capitale da riportare “in chiaro”. Ma se con gli scudi fiscali precedenti sono stati spostati “asset” milionari,
stavolta l’impressione è che a muoversi verso l’Italia
dalla banche svizzere, ticinesi in particolare, potrebbero essere cifre molto più modeste. “Anche per questo dico che non sarà una grande affare per i professionisti milanesi, che stanno attraversando un momento difficile con importanti cali di fatturato”, smorza
gli
entusiasmi
Giangaetano
Bellavia,
commercialista lombardo, esperto in riciclaggio e che
ha seguito l’intero iter della nuova normativa. “Molti
Ti-Press
Il rientro di capitali atteso in Italia per rilanciare gli studi in crisi
studi, in attesa del flusso di soldi da rimpatriare, si
stanno organizzando con equipe miste, professonisti
che analizzeranno i diversi aspetti delle operazioni.
Perché stavolta - precisa Bellavia - lo Stato non fa regali a nessuno, come invece era accaduto con gli scudi fiscali. Ora si usa un po’ lo stile americano: paghi quello
che devi pagare, tra imposte evase, interessi e penali, e
ti metti in regola”. Questo in teoria, perché poi in pratica, andando a leggere tra le pieghe delle norme, sorgono alcuni dubbi. “Intanto - riprende Bellavia che è
anche membro dell’Ordine dei commercialisti della
Lombardia - non c’è più l’anonimato. E poi bisogna dimostrare l’origine dei capitali. Chi ha ereditato soldi
sottratti al fisco, un tesoretto magari depositato a Lugano e dintorni negli anni Sessanta e Settanta come
forma di risparmio esentasse, può farlo agilmente. Chi
ha soldi in nero provenienti da attività illegali invece
difficilmente li riporterà in Italia, rischia inchieste penali”. Ecco perché Bellavia stavolta pensa che il rimpatrio di capitali avverrà soprattutto con cifre che vanno
dai 200 ai 400 mila euro. “Ci sarà una grande frammentazione - conclude - perché inoltre si pagheranno
tasse e penali sugli ultimi 5 o 10 anni, secondo gli anni
di prescrizione previsti. Il lavoro di avvocati e commercialisti, infine, sarà difficile. Chi viene a conoscenza di operazioni sospette è obbligato a comunicarle
alle autorità. E questo, naturalmente, vale anche per
banche e fiduciarie”.
m.sp.
Tassare
i capitalisti
per frenare
le disparità
Il problema della sperequazione dei redditi nel sistema
capitalistico è “genetico”
oppure è un fenomeno politico? Queste le domande al
centro del dibattito sul divaricarsi della forbice del reddito. In un nuovo libro pubblicato in Francia qualche
mese fa, “Le capital au XXle
siècle”, Thomas Piketty, professore alla Scuola di economia di Parigi, spiega che
storicamente il sistema capitalista alimenta le diseguaglianze tra reddito di capitale e reddito da lavoro. In
fondo è quello che diceva
Carlo Marx, ma a differenza
degli economisti classici
quelli moderni hanno a disposizione serie storiche
con le quali provare le loro
tesi.
Iniziando dall’anno 1000,
Piketty mostra come il reddito da capitale superi quasi
sempre il tasso di crescita.
Unica eccezione il periodo
che va dal 1913 agli anni
Settanta. Sei decadi durante
le quali in Occidente si è verificato il contrario. Sono
questi gli unici
anni in cui la
sperequazione
dei redditi scende. I motivi vanno attribuiti a
circostanze
economiche
e politiche
eccezionali,
dalla Grande depressione a ben due guerre
mondiali, dal processo di
decolonizzazione fino al
peso politico dei sindacati.
Per evitare la sperequazione
dei redditi Piketty propone
una tassa progressiva sul
reddito da capitale, una sorta di patrimoniale, altrimenti le diseguaglianze diventeranno talmente ampie
da minare le fondamenta
dello Stato democratico.
I sostenitori dell’effetto a
cascata della ricchezza, pilastro della bassa tassazione
per i ricchi, sostengono
esattamente il contrario e lo
fanno usando l’economia
londinese. Uno studio appena pubblicato stima a 4
miliardi la spesa annuale
dei super ricchi nella capitale britannica. Questa è
concentrata in stipendi per
il personale, arredamento,
spese mediche, assicurazione e prestazioni professionali. La scelta di Londra
quale residenza chic dei super ricchi è anche strumentale alla rinascita di alcune
zone della citta, l’ultima la
centrale energetica di Battersea acquistata con capitali provenienti dalla Malesia.
Il problema di fondo in una
metropoli come Londra, letteralmente presa d’assalto
dai super ricchi e dai super
poveri, i milioni di disoccupati europei, è però un altro, ormai solo i primi possono permettersi di vivere
in città. Questa discriminazione non solo cambia la
composizione sociale dei
quartieri, ma fomenta il risentimento di chi ci lavora
senza poterci vivere, proprio come ha predetto il
professor Piketty.
Pari del Chiasso a Bienne IN
soltanto in zona Cesarini TELE
VISIONE
Alla Gurzelen il Chiasso è riuscito a
A Parigi Belinda Bencic
tiene la Svizzera in corsa
Nel Gruppo Mondiale 2 di Fed Cup Belinda Bencic tiene
la Svizzera in corsa. A Parigi la sedicenne elvetica ha
superato Alize Cornet per 7-5, 6-4. Netta sconfitta per
Stefanie Vögele battuta dalla Razzano per 6-2, 6-1.
strappare in zona Cesarini un prezioso
punto. Seppur in vantaggio numerico
gli uomini di Zambrotta sono andati
sotto per 2-0. Poi Regazzoni e
Magnetti hanno completato la rimonta.
Ti-Press
losport
domenica 9 febbraio
7.45 -> 21.00 LA2
Olimpiadi invernali
mercoledì 12 febbraio
7.45 -> 21.55 LA2
Olimpiadi invernali
Ricardo Rodriguez segna Phinney vince a Dubai
il suo 4° gol stagionale
con Cancellara quinto
Jari Matti Latvala funambolo
sulle nevi della Svezia
lunedì 10 febbraio
7.45 -> 21.00 LA2
Olimpiadi invernali
venerdì 14 febbraio
7.45 -> 21.00 LA2
Olimpiadi invernali
martedì 11 febbraio
7.45 -> 21.00 LA2
Olimpiadi invernali
sabato 15 febbraio
7.45 -> 21.00 LA2
Olimpiadi invernali
Impegnato con la maglia del suo
Wolfsburg contro il Mainz, Ricardo
Rodriguez conferma il suo ottimo
momento di forma. Il difensore elvetico
ha infatti segnato il suo quarto gol
stagionale nella Bundesliga tedesca.
Il finlandese della VW Polo, Jari Matti
Latvala si è imposto nel rally si Svezia,
seconda tappa del campionato del Mondo
2014 e corsa sulle strade innevate.
Latvala ha preceduto il compagno Andreas
Mikkelsen e Mads Ostberg (Citroën Ds3).
Il torneo
Domenica
9 febbraio 2014
www.caffe.ch
[email protected]
Q @caffe_domenica
il-Caffè
Lo statunitense Taylor Phinney ha vinto
il Giro di Dubai al termine dell’ultima
tappa, che ha visto il terzo successo
consecutivo del tedesco Marcel Kittel
allo sprint. Fabian Cancellara ha
chiuso al quinto posto all’esordio.
DARIO COLOGNA IN GARA
E SUBITO COMPETITIVO
Dopo aver recuperato
dall’infortunio alla caviglia,
l’atleta della Val Mustair ha
sorpreso tutti a Dobbiaco con
un ottimo secondo posto
Sono i Giochi
dei milionari
su… ghiaccio
A PAGINA 27
15
Con tanta grinta le rossocrociate
non sigurano contro il Canada
Un’onorevole sconfitta all’esordio per la nazionale femminile
NOSTRO SERVIZIO
La Svizzera
gioca
i primi
assi
Tra discesa maschile, skiathlon e salto
elvetici a caccia di un grande risultato
Reuters
DEFAGO DIFENDE
IL SUO TITOLO
Il vallesano Didier
Defago arriva alla
prova di discesa
olimpica (dove
difende il titolo)
dopo aver vinto il
difficile Super G di
Kitzbühel e con
una buona forma
I protagonisti
& i favoriti
duri - ha dichiarato Gisin -. Trovare la qualificazione in un team
così forte è certamente brutale,
ma porta le atlete al limite. Ringrazio le mie compagne di squadra che ni hanno sostenuto.
Adesso può partire per me l’avventura olimpica”.
Dopo l’emozione della libera
maschile, la giornata prosegue
invece con gli occhi puntati sullo
sci di fondo, con Dario Cologna
che prende parte allo Skiathlon
(2 x 15 chilometri), la sua gara
preferita. Anche nel fondo ci
sono stati ieri i turni di qualifica-
Domi Gisin conquista
l’ultimo posto a
disposizione nel
quartetto che correrà
la libera femminile
zione in vista della gara sprint a
skating prevista martedì. Ad accompagnare Cologna e Roman
Shaad, saranno Jovian Hediger e
Jöri Kindschi, che hanno avuto
la meglio su Martin Jäger ed Eligius Tambornino.
MASSIMO SCHIRA
MILLER
Bode ha
dominato le
prove della
discesa libera e
prenota l’oro
LEGKOV
Il fondista
padrone di casa
sembra in
grande forma e
vuole l’oro
SVINDAL
A contendere a
Miller l’oro, pare
esserci il forte
norvegese, che
è stato brillante
NORTHUG
Quando sente
profumo d’oro, il
norvegese sa
fare il fenomeno
in ogni gara
JANKA
È stato molto
costante in
prova e spesso
il migliore degli
sciatori elvetici
SCHLIERENZAUER
Il saltatore
austriaco vuole
a tutti i costi
vincere un titolo
olimpico, ma...
RIPENSARE LO SPIRITO SPORTIVO
V
edere Paesi dalle grandi contraddizioni interne come Russia e Brasile spendere miliardi per organizzare grandi eventi sportivi dovrebbe essere l’occasione per rilanciare un dibattito di fondo sullo sport. Nel
senso che le grandi federazioni internazionali - Cio e Fifa
su tutte - dovrebbero interrogarsi maggiormente sullo spirito che sta dietro a questi eventi. Negare, tanto per fare
un esempio, i Mondiali di calcio all’Inghilterra per poi vederli approdare in Paesi come il Qatar (che problemi economici di certo non ne ha), significa non considerare lo
sport, preferendo altri tipi di ragionamento. Quanto si sta
poi vedendo a Sochi coinvolge anche i Giochi invernali.
Perché scegliere un luogo in cui c’è da costruire tutto da
zero quando altre candidature poggiavano su solide basi
esistenti e una storia pluriennale? Certo, aprire gli orizzonti è positivo, ma non ad ogni costo. Perché altrimenti
lo spirito sportivo da motivo di aggregazione e festa, si trasforma facilmente (e pericolosamente) in questione politica. E di politica, lo sport, fa molto volentieri a meno…
Una domenica che, però, non finisce con Cologna, visto che in
programma vi è la gara femminile di biathlon con in pista le sorelle Selina ed Elisa Gasparin
nella 7,5 chilometri sprint, con la
più esperta delle grigionesi che
ha ambizioni da medaglia, dal
momento che in questa stagione
si è imposta in due gare di Coppa del Mondo.
Ma non è finita, dal momento
che a completare la giornata per
quanto riguarda i colori rossocrociati, c’è da segnalare che il
programma presenta anche la finale del trampolino normale
con l’Harry Potter elvetico, Simon Ammann, che va alla caccia del quinto alloro olimpico.
Un compito che si prospetta certamente non facile per il sangallese, che, in questo ultimo periodo, non si è certamente distinto
con prove esaltanti. Si spera che
l’aria olimpica di Sochi possa far
volare lontanissimo l’atleta di
Grabs.
Se per le gare elencate sopra si
spera di conquistare le prime
medaglie rossocrociate in questa edizione delle Olimpiadi, potrebbe esserci una bella sorpresa
nella nuova gara di snowbord in
chiave Slopestyle femminile,
con Isabel Derungs ed Elena
Könz che saranno di scena in finale. Un fine settimana che lancia le gare previste in settimana,
dove i colori rossocrociati avranno diverse carte da calare col sci,
snowbord e skicross.
[email protected]
tura olimpica per le rossocrociate, cioè quella che metterà in palio l’accesso alle semifinali e,
quindi, una possibile nuova lotta
per una medaglia di grande prestigio.
m.s.
Gliuomini
Sean Simpson
affila le armi
verso la Lettonia
SCHELLING GRANDE PROTAGONISTA
Il portiere della nazionale di hockey femminile,
Florence Schelling, ha sfoderato una grande
prestazione contro le “marziane” canadesi,
uscendo battuta a sole cinque riprese
Mentre i giocatori della Nhl stanno
iniziando a confluire alla spicciolata
verso Sochi - con Damien Brunner
ancora impegnato nella notte tra
venerdì e ieri, sabato, nella vittoria
dei suoi Devils su Edmonton per 21 - la Svizzera prosegue il suo avvicinamento alla gara d’esordio contro la Lettonia. Prima di arrivare a
mercoledì, però, per Sean Simpson
il lavoro non manca di certo. Ad iniziare dall’amichevole di quest’oggi,
domenica, contro la Russia padrona di casa. Partita in cui il coach
inizierà a provare almeno in parte
le linee e gli schemi da applicare
nella prima, importantissima, sfida
olimpica. I rossocrociati scenderanno sul ghiaccio contro i lettoni
alle 18. Dopo il primo impegno, la
nazionale vicecampione del Mondo
avrà a che fare con due autentiche
corazzate dell’hockey, visto che venerdì 14 - alle 13.30 - andrà in
scena la rivincita della finale del
torneo iridato contro la Svezia. A
concludere il turno preliminare del
torneo maschile, il giorno successivo, ecco la Repubblica Ceca del
veterano Jaromir Jagr. Ingaggio
d’inizio fissato alle 18. Con la speranza di vivere poi le emozioni del
secondo turno.
Bjoerndalen sempre più nella storia
La regina dello sci nordico domina la 2 x 7,5 chilometri
NOSTRO SERVIZIO
Non ha certo giocato d’attesa
“sua maestà” Marit Bjoergen
nello sci nordico coniugato al
femminile. Sull’esigente percorso olimpico la super campionessa norvegese ha conquistato da
dominatrice il titolo olimpico
nello skiathlon
(2 x 7,5 km), battendo allo sprint
l’ottima svedese
Charlotte Kalla,
che ha tentato
un generoso attacco sul finale,
ma non ha potuto negare alla
nordica il quarto
oro a cinque cerchi di una straordinaria carrieReuters
ra. Accontentandosi comunque di una bella
medaglia d’argento. Sul podio
con Bjoergen e Kalla, un’altra
norvegese, la giovane Heidi
Weng, che ha costretto allo scomodo quarto posto una delle
Quarto titolo per Bjoergen
Settimo oro per il norvegese, Kotsenburg primo a festeggiare, bene Scanzio che “inila” Kalla e Weng
Ole Einar Bjoerndalen entra
sempre più di diritto nella storia
dello sport. Il biathleta norvegese a 40 anni ha vinto ieri,
sabato, la 10km sprint a Sochi e si è messo al collo la
settima (!) medaglia d’oro
olimpica della sua incredibile carriera. In una gara decisa sul filo dei secondi, Bjoerndalen ha avuto la meglio
sull’austriaco Landertinger e sul
ceco Soukup, che è riuscito a
spingere giù dal podio alcuni degli atleti più attesi, su tutti il russo Shipulin, il canadese Le Guellec e il francese Martin Fourcade. Male gli svizzeri, con Serafin
Wiestner (40°) e Benjamin Weger (63°) lontanissimi dai migliori.
Con una buona prova nella seconda qualifica, la leventinese
Deborah Scanzio ha centrato
l’obiettivo della finale nel freestyle gobbe. Dove ha poi strappato con i denti l’accesso alla
manche riservata alle migliori
12, chiudendo la prova con un
undicesimo posto da considerare certamente
soddisfacente per la sciatrice
che corre per l’Italia.
Il primo campione olimpico della XXII edizione dei Giochi invernali è invece stato Sage Kotsenburg. Lo statunitense si è im-
DEBBY SCANZIO IN FINALE
La freestyler ticinese che gareggia però per l’Italia
ha centrato la finale nelle gobbe, chiudendo poi
all’undicesimo posto dopo la qualifica alla Top 12.
In basso, Sage Kotsenburg, oro nello slopestyle
Reuters
La Svizzera gioca i suoi primi
assi alle Olimpiadi di Sochi. Ad
aprire le danze di oggi, domenica, è la discesa maschile con Didier Défago, Patrick Küng, Carlo
Janka e Beat Feuz. Un quartetto
che va alla ricerca di una sorpresa e del modo di sgambettare il
favoritissimo duo composto dallo statunitense Bode Milller e
del norvegese Aksel Lund Svindal, dominatori anche dell’ultimo allenamento. “Su questa pista mi trovo veramente bene - ha
commentato Janka - l’unico problema è legato a quello che ci
danno da mangiare al villaggio
olimpico dove il cibo non è certamente accettabile”. A farne le
spese è stato il migliore degli elvetici Patrick Küng che ha dovuto, a causa di forti dolori allo stomaco, rinunciare all’ultima prova di allenamento. “Il cibo di cattiva qualità mi è rimasto sullo
stomaco - ha detto Küng - e per
questo ho deciso di risparmiare
il massimo delle energie in vista
della gara”.
Per completare il discorso legato
allo sci alpino c’è da segnalare la
composizione del quartetto rossocrociato femminile che prenderà parte alla libera di mercoledì. L’ultima scelta è caduta su
Dominique Gisin che, grazie al
quarto posto ottenuto nell’ultimo allenamento, sarà in pista
assieme a Lara Gut, Marianne
Abderhalden e Fabienne Suter.
“Sono stati due giorni pazzi e
Reuters
MASSIMO MORO
l’esordio olimpico, perché a livello di intensità l’entrata in materia
è certamente riuscita. E perché la
partita contro il Canada ha dato
buone indicazioni nell’ottica della “vera” partita di questa avven-
Reuters
Lo scorso anno, ai Mondiali femminili di hockey su ghiaccio, la
Svizzera contro le “marziane”
canadesi incassarono 13 gol.
Però, alla fine, conquistarono la
medaglia di bronzo. Impegnate
ieri, sabato, contro le pluri titolate nordamericane, le rossocrociate hanno messo sul ghiaccio
una prestazione tutta grinta. Partita persa, certo, ma il 5-0 conclusivo è maturato con una nazionale elvetica che si è dimostrata a
tratti anche in grado di dar fastidio a livello offensivo alle quotate avversarie. Colpendo anche
un palo e sfiorando la rete della
bandiera a diverse riprese.
Un esordio olimpico incoraggiante, insomma, per la formazione che vede in pista anche le
ticinesi Nicole Bullo e Romy Eggimann, oltre alla grigionese
Evelina Raselli. Anche perché la
formula del torneo
garantisce già sin
d’ora l’accesso ai quarti di finale, indipendentemente
dai risultati nel girone in cui
le rossocrociate incontreranno un’altra nazionale fortissima
e candidata alla finale, gli Stati
Uniti, per poi giocarsi il piazzamento verso il turno successivo
contro la Finlandia. E incrociare
poi i bastoni - verosimilmente contro una tra Russia e Svezia.
Ma questa è musica del futuro.
Intanto la gara disputata nel pomeriggio di ieri è stata caratterizzata dal rapido vantaggio della
nazionale della foglia d’acero,
che ha poi controllato la partita,
senza però riuscire a superare
con l’attesa regolarità una Florence Schelling in versione lusso.
Il portiere elvetico ha infatti sfoderato una prestazione maiuscola, mentre qualche errore di
troppo è stato commesso dal
comparto difensivo. Errori subito pagati a caro prezzo contro
una squadra professionista e di
grandissima esperienza.
Coach René Kammerer può certamente essere soddisfatto del-
posto nella prova di snowboard
specialità slopestyle e quindi
non ha fatto rimpiangere l’assenza del suo connazionale
Shaun White, che ha rinunciato
per concentrarsi sulla sfida con
l’elvetico Iouri Podlachikov
nell’halfpipe. Kostenburg ha terminato la sua spettacolare prova
davanti al norvegese Saale Sandbech e al canadese Mark
McMorris. Il 20enne americano
ha piazzato la manche vincente
nel primo run di finale, dove ha
ottenuto i 93,50 punti totali che
gli sono valsi il titolo. “È incredibile - ha dichiarato Kostenburg e non trovo neanche le parole.
Non mi rendo ben conto di quello che mi sta capitando. È la cosa
più pazzesca che mi sia mai capitata!”
Cambiando disciplina, sui 5.000
metri del pattinaggio di velocità
è festa “orange”, con l’Olanda
che infila la tripletta e conferma
Sven Kramer sul tetto del Mondo
con il record olimpico.
m.s.
atlete più attese, Therese Johaug.
La prova è stata caratterizzata
dalla velocità. Quella imposta
dalla Norvegia - che ha subito
portato all’attacco il terzetto Bjoergen-Weng-Johaug -, ma anche
quella del tracciato e della
neve. Un aspetto che potrebbe
rivelarsi molto
importante anche per le prossime gare. A titolo di esempio,
Bjoergen in discesa ha superato i 70 km orari
di velocità massima.
In una prova che
non ha visto al
via
nessuna
atleta rossocrociata, controprestazione (in verità un po’ attesa
per problemi fisici) per la polacca Justyna Kowalczyk, che non è
riuscita a tenere il ritmo delle
migliori.
m.s.
£ R’N ÿÀ¯Ô PõõŒ Œ ¥ŒçŒõõŒ çŒèfiç_õŒÔ
Sempre con voi: UBS Mobile Banking.
ÔoèÔyðÞóÞðoŒ¬fi
Non ci fermeremo
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
LASOCIETÀ
LATENDENZA
ILSESSO
DALL’AEREO
ALLA BICI
DOVE NASCONO
LE NOSTRE IDEE
VIA DALL’UFFICIO
ALLE 18 IN PUNTO
PARTNER E FIGLI
CI ASPETTANO
MA PERCHÉ
A MOLTI UOMINI
INTERESSANO
TANTO I TRANS?
A PAGINA 21
GUENZI A PAGINA 25
ROSSI A PAGINA 28
tra
parentesi
PAUSA CAFFÈ
COSTUME | SAPORI | MOTORI | SPORT| SALUTE | TENDENZE
Stamina
un business
terapeutico
È rimbalzata
anche in Ticino
la famosa cura
del “professor”
Vannoni. Ha
sede a Lugano
la società che
detiene i diritti
del suo “metodo”
che promette
guarigioni
miracolose.
Mentre le cellule
placentari...
I
ROBERTA VILLA
l cosiddetto “caso Stamina” ha
travolto l’Italia ma non ha risparmiato la Svizzera. Ha sede a
Lugano infatti la società che detiene i diritti esclusivi del cosiddetto “metodo” di Davide Vannoni, che secondo i suoi sostenitori sarebbe in grado di curare
una lunga lista di malattie diversissime tra di loro.
segue a pagina 18
U
PATRIZIA GUENZI
PERCOMINCIARE
PATRIZIA GUENZI
PIANO UE CONTRO L’OMOFOBIA
L’
Europa fa un passo verso l’anti-omofobia. Il parlamento
di Strasburgo ha messo a punto una tabella di marcia
per l’abolizione di tutte le discriminazioni sessuali. Merito dell’eurodeputata austriaca del Verdi, Ulrike Lunacek, che
ha curato il rapporto passato a larga maggioranza. L’omofobia
non deve più essere tollerata in Europa, ha detto Lunacek
mettendosi dalla parte di chi, lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex per troppo tempo hanno vissuto nella paura. In un sondaggio dell’Agenzia Ue dei diritti fondamentali,
quasi il 50% di loro dice di aver subito molestie o offese.
Gli eurodeputati hanno indicato obiettivi da raggiungere, nel
diritto di famiglia, nell’istruzione, nella sanità. Viene chiesto
alla Commissione europea di collaborare con l’Organizzazione mondiale della sanità per cancellare i disturbi dell’identità
di genere dall’elenco delle malattie mentali. Era ora! Intanto,
un plauso va anche all’Associazione svizzera per i servizi allo
sport che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione contro queste intollerabili discriminazioni.
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
L’HANS ERA UN FIDUCIARIO
A PAGINA 44
n’assicurazione biologica per la
vita eterna, grazie alle preziose
cellule staminali presenti nel
cordone ombelicale. Sempre più
mamme decidono di depositarlo
in una banca. Da tempo medici e
ricercatori riconoscono nelle
cellule staminali del sangue una
valita terapia per la cura delle
malattie del midollo osseo. Permette di offrire una speranza di
sopravvivenza a circa il 30-50%
dei pazienti trattati.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
19
tra
parentesi
L’iniziativa
LA SALUTE
Quella del “professor”Vannoni è
solo una delle molte cure miracolose.
Mentre le cellule della placenta...
Sempre di più le puerpere che donano il cordone del bebè
Il business
Stamina...
panacea
ROBERTA VILLA
Un’assicurazione biologica
con l’ombelico nel caveau
universale
I
l cosiddetto “caso Stamina” to anni prima da una delle prime mento ci sia stato. In ogni caso,
ha travolto l’Italia ma non collaboratrici di Vannoni, e otte- non è su fotografie o filmati,
ha risparmiato la Svizzera. nute con un diverso sistema. Una come quelli trasmessi in televiHa sede a Lugano infatti la frode scientifica, l’ha definita la sione a testimonianza dell’efficacia della cura, che si può basare
società che detiene i diritti prestigiosa testata.
esclusivi del cosiddetto “metodo” Eppure il professore - lo chiamia- l’approvazione di una terapia: ci
di Davide Vannoni, che secondo i mo ancora così, sebbene anche vogliono esami clinici e dati strusuoi sostenitori sarebbe in grado l’Università di Udine gli abbia re- mentali raccolti con sistematicità
di curare una lunga lista di malat- vocato l’incarico - afferma di aver e rigore. Criteri che secondo le
tie diversissime tra di loro, dalle verificato in prima persona l’effi- autorità sanitarie italiane e gli
esperti chiamati a esprimersi sulpiù rare forme ereditarie neuromuscolari alle paralisi cerebrali Il caso ha travolto
la pratica sarebbero del tutto disattesi.
da danni alla nascita, dalle con- l’Italia, ma non
Ed è questo che proprio non si
seguenze dell’ictus al morbo di ha risparmiato
capisce, volendo dare credito alla
Parkinson. Ed è in Ticino che
Stamina Foundation: se i risultati
avrebbero potuto riversarsi una la Svizzera, perchè
clinici ci sono, e sono così rileparte delle migliaia di pazienti a Lugano...
vanti, perché non documentarli
(ce ne sarebbero già 25mila in lista d’attesa) che avevano deciso cacia del trattamento, a cui si è in modo sistematico e trasparendi tentare il tutto per tutto affi- sottoposto nel 2007 a Kharkov, in te? Se il metodo funziona, e davdandosi alle promesse del lau- Ucraina, per cercare di porre ri- vero è in grado di produrre neureato in lettere esperto di comu- medio a una paralisi facciale pro- roni dalle staminali mesenchinicazione persuasiva che - è bene vocata da un virus. A vederlo mali presenti nel midollo osseo,
ricordarlo - non solo non è medi- oggi, si fa fatica a comprendere le perché non pubblicarne i dettagli
co né ricercatore, ma non è nem- ragioni di tanto entusiasmo, per- su una grande rivista internaziomeno psicologo, come sottolinea ché i segni della malattia sono nale, guadagnando fama (forse
fermamente il Consiglio Nazio- ancora molto evidenti, ma non anche il premio Nobel) senza che
nale dell’Ordine. Questo almeno sono disponibili foto precedenti ormai nessuno possa più sottrarse fossero stati ripresi i contatti alla cura, per poter negare che ef- ne al gruppo di Vannoni la paterche nei mesi scorsi, secondo il fettivamente qualche migliora- nità?
settimanale italiano
L’Espresso, sarebbero
LE FASI
SU QUALI PATOLOGIE OPERA IL METODO
già stati intrattenuti COS’È IL METODO STAMINA
con il Cardiocentro di
metodo stamina è rivolto principalmente
Estrazione di
Reiniezione nei
Malattie cardiache
Lugano, prestigioso Ilalle
malattie neurodegenerative
cellule staminali
pazienti stessi
Malattie autoimmuni
istituto conosciuto anmesenchimali
delle cellule che
che fuori dai confini
Malattia di Parkinson
(cellule destinate
si sarebbero
elvetici. Sebbene dopo
alla generazione
convertite
Lesioni spinali
di ossa, pelle
in neuroni
le verifiche di rito, il
Lupus eritematoso sistemico
e
cartilagine)
dal
Cardiocentro abbia già
midollo osseo
GvHD
spiegato di non aver
dei pazienti
Danni renali
mai dato la propria diIctus cerebrale
sponibilità. Men che
Incubazione
meno potrebbe darla
delle cellule
Malattia di Alzheimer
per 2 ore in una
ora, dopo il polverone
Sclerosi multipla
soluzione di
che s’è sollevato in ItaDiabete Mellito di tipo I
acido retinoico
lia su un “metodo” che
Osteogenesi imperfetta e difetti osseo-cartilaginei
gli scienziati si rifiuta- Si baserebbe sulla conversione di cellule
Degenerazione dei nuclei della base
no addirittura di chia- staminali mesenchimali in neuroni
mare tale.
Tuttavia, è bene ricordarlo, al di là del “metodo” Stamina, le cellule staminali possiedoI precedenti
Numerosi i trattamenti germogliati sulla scia di una medicina che talvolta illude più di quel che può mantenere
no un potenziale di cura su cui i
ricercatori stanno lavorando da
LA SOMATOSTATINA
tempo. Basti citare quelle conteLuigi Di Bella inizia le sue
nute nel cordone ombelicale
ricerche sul cancro nel
(vedi pagina a lato). Tornando a
1963. Nel 1977 introduce
Vannoni, addirittura, sui campiol’uso della somatostatina
ni raccolti agli ospedali civili di
Brescia, non sarebbero nemmeno state trovate le cosiddette “cellule staminali mesenchimali”
che, prelevate dalle ossa del pano essere considerate più innocue. Cauella delle staminali è solo una
ziente o di un donatore, dovrebratteristica fondamentale delle cellule
delle tante cure miracolose gerbero essere trattate in modo da
staminali è la capacità di annidarsi
mogliate sulla scia di una meditrasformarsi in cellule nervose. I
nell’organismo per costituire una risercina che, forse, talvolta promette più di
dettagli di questo “metodo” sono
va di nuovi tessuti al momento del bisoquel che può mantenere. Basta ricordaa tutt’oggi poco chiari, perché
gno, replicandosi in maniera quasi illire il siero di Bonifacio e la cura Di Bella
considerati segreto industriale
mitata e assumendo caratteristiche celcontro il cancro, o, ancora controverso,
dalla multinazionale che prevede
lulari diverse a seconda delle necessità.
il metodo Zamboni per il trattamento
di sfruttarli economicamente.
Chi può dire che queste cellule, introchirurgico della sclerosi multipla: tutte
Per provare comunque a verifidotte nel circolo sanguigno e nel fluido
vicende che hanno in comune le modacarne il fondamento, i massimi
cerebrospinale, facciano esattamente
lità di diffusione, in cui il tam tam delle
esperti di staminali del mondo
quello che è stato loro ordinato? Come
persone (e la testimonianza dei vip)
non hanno dunque potuto fare
escludere che invece non creino danni
sull’efficacia di un trattamento un po’ al
altro che affidarsi alle scarse indi fuori dei circuiti ufficiale precede la poi reinfuse a lui o ad altri assomigliano La questione è delicatissima, perché maggiori di quelli che vanno a riparare?
formazioni contenute in una dodi più a un farmaco o a un trapianto? E non riguarda solo le malattie più o La risposta delle famiglie dei piccoli
validazione scientifica.
manda di brevetto depositata
Nel caso Stamina però gli interessi in devono quindi sottostare al laborioso meno rare trattate dalla Stamina Foun- senza speranza di guarigione è facilqualche tempo fa e rifiutata per la
gioco sembrano anche maggiori. La vi- iter necessario per l’approvazione dei dation, ma interessa lo sviluppo di un mente comprensibile: si tenta il tutto
sua sommarietà e mancanza di
cenda infatti mette radici nella paludosa medicinali, oppure possono essere spe- settore che potrebbe allargarsi alla cura per tutto. Ma sono valide anche le ragioinnovazione.
questione della regolamentazione delle rimentate senza passare attraverso anni di molte malattie più comuni, come i tu- ni dei genitori che hanno deciso di non
Una domanda di brevetto che,
trattare i loro figli come cavie, in una
terapie cellulari in genere, e nella loro e anni di prove preliminari, come è con- mori.
inoltre, come ha rivelato la rivista
spinosa definizione: le cellule prelevate sentito fare quando si sostituisce un or- E che le cellule non siano farmaci è evi- sperimentazione che sperimentazione,
Nature, allegava immagini tratte
dente a tutti. Ma non per questo posso- almeno per ora, non è.
r.v.
a un paziente, trattate in vario modo e gano danneggiato?
da un lavoro scientifico pubblica-


LA FONDAZIONE
I RISULTATI
La Stamina Foundation è
una onlus costituita nel 2009
da Davide Vannoni
Zero è il numero dei pazienti guariti
da malattie neurodegenerative
grazie alle infusioni di Stamina
Vannoni non è un medico: è laureato
in lettere e insegna psicologia generale
presso l’Università di Udine

Q
Da Di Bella
a Bonifacio,
quei metodi
sperimentali
e controversi
Vannoni non ha mai pubblicato
ricerche scientifiche sul proprio
“metodo” e sugli effetti sui pazienti
Il costo di un singolo trattamento con il metodo
Stamina è del tutto a carico del paziente
20-30mila
UN TRATTAMENTO
È il costo, in euro, di un
singolo trattamento di cellule
del “prof” Vannoni
120
La testimonianza
“Il mio dilemma di mamma
tra generosità e confusione”
T
LE PATOLOGIE
Il numero di patologie
gravi che Vannoni promette
di guarire con il suo metodo
2008
LA CROCE ROSSA
Nasce, a Lugano, il servizio
di raccolta dei cordoni
ombelicali per il Ticino
186
I DEPOSITI
I cordoni depositati, a fine
2011, nella banca
pubblica di Basilea
LA DECISIONE
Non è facile
per una
madre
decidere se
donare il
cordone o
tenerlo a
disposizione
del figlio
ante le cose che ignora una donna alla sua prima
gravidanza. Ad esempio, la questione della donazione o conservazione del cordone ombelicale
del bebè. In passato ne hai sicuramente sentito parlare, ma in realtà non ti sei mai presa la briga di approfondire l’argomento. Poi quando il ginecologo te lo
chiede, da buona futura mamma decidi che è ora di
capirci qualcosa. Ci pensi, chiedi consiglio a medici,
marito, genitori, suocera, amiche, colleghe di pancia... meglio donarlo o conservarlo in una “banca”
privata?
Alla fine ti ritrovi con un sacco di opinioni, ma la confusione è sempre tanta. Non ne sei ancora sicura, ma
probabilmente lo donerai. Un bel gesto, tutto sommato. Anche se in fondo al cuore temi ti si possa giudicare una cattiva madre perché non vuoi custodire gelosamente qualcosa che un domani potrebbe servire a
tuo figlio. Una sorta di assicurazione per il suo futuro.
E allora riparti con le domande, leggi, approfondisci,
fai ricerche. Alla fine decidi: donazione sia. Oggi, far
credere che le staminali del cordone siano o possano
diventare una panacea per tutti i mali ti sembra più
che altro una strategia di marketing. E ti auguri che in
futuro altre mamme siano meno confuse di te. c.c.
PATRIZIA GUENZI
Come fare
U
L’iter è molto semplice. Basta prendere contatto
col proprio ginecologo e compilare un formulario.
Il prelievo è indolore e del tutto privo di rischi
n’assicurazione biologica
per garantirsi la vita grazie
alle preziose cellule staminali presenti nel cordone ombelicale. Sempre più mamme decidono di depositarlo in una banca. O privata, esclusivamente per
il proprio pargolo, o pubblica, a
disposizione di chiunque. Da
tempo medici e ricercatori riconoscono nelle cellule staminali
del sangue una valida terapia per
la cura delle malattie del midollo
osseo. Permette di offrire una
speranza di sopravvivenza a circa
il 30-50% dei pazienti. E quando
non c’è un donatore tra i familiari, e nemmeno tra quelli volontari, le cellule staminali ottenibili
dal sangue del cordone ombelicale (sangue placentare) si rivelano una fonte facile e nel contempo preziosissima. Sono cellule
molto duttili, estremamente manipolabili e quindi potenzialmente in grado di “riparare” organi e tessuti danneggiati. Tant’è
che in futuro la speranza è quella
di arrivare a curare gravi patologie cardiache, muscolari e degli
occhi, ictus, diabete, Alzheimer e
Parkinson.
Le mamme più generose decidono di donare il proprio cordone a
una delle due banche pubbliche
degli ospedali universitari di Basilea e di Ginevra. Quelle che lo
vogliono esclusivamente a disposizione del proprio figlio, prendono contatto con una banca privata - in Ticino, ProCrea Stem Cells
o Swiss Stem Cell Bank, ambedue
a Lugano - e con una spesa di circa 3mila franchi si assicurano il
servizio di crioconservazione per
uso autologo, cioè a vantaggio
solo loro. La maggior parte delle
mamme opta per la donazione.
Dall’autunno 2008, il Servizio trasfusionale della Croce Rossa della Svizzera italiana con sede a Lugano (Crs Si) si occupa della raccolta. E viaggia in quarta: “Nel
2013 abbiamo avuto 505 mamme
che si sono annunciate, 82 in più
del 2012 - spiega
soddisfatto Paolo Tiraboschi,
coordinatore di
Ticinocord -. Le
raccolte effettive
sono state 201.
Di queste 25
sono risultate
idonee per il deposito e sono
ora a disposizione per il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Nel 2012 i cordoni depositati erano 18. Dunque anche in
questo caso un positivo aumento”.
Un atout fondamentale per il Ticino è l’avere un programma di
raccolta capillare in tutti i reparti
di ginecologia di ospedali e cliniche. Ogni giorno, quattro-cinque
future mamme si dicono disponibili a donare il proprio cordone. Durante il parto, dopo la na-
Tra pubblico e privato
In Svizzera sono due le banche pubbliche a
disposizione. Mentre a Lugano esistono altri due
centri privati: ProCrea e Swiss Stem Cell
scita del bambino, il sangue viene
raccolto in una sacca apposita
mediante un prelievo da uno dei
vasi sanguigni del cordone. Purtroppo non tutte le sacche potranno essere congelate. “I criteri
di accettazione sono molto severi, in particolare riguardo al contenuto minimo in cellule - precisa Tiraboschi -. Questo significa
che per ogni cordone raccolto
eseguiamo un conteggio. Se il numero di cellule risulta sufficiente
procediamo con l’invio a Basilea,
altrimenti, col consenso dei genitori, lo cediamo alla ricerca o lo
eliminiamo”.
Incentivare la raccolta è un atto
di altruismo, insistono i medici.
Significa mettere a disposizione a
un ipotetico paziente preziose
cellule staminali. Inoltre, donare
il cordone ombelicale non comporta né costi né rischi. Un gesto
semplice, che potrebbe anche
contribuire a salvare una vita.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
La novità
Le rivelazioni e i retroscena
raccolti in un e-book in rete
R
LE REAZIONI
Lo stop al
metodo
stamina ha
suscitato la
reazione di
diversi genitori
italiani con figli
malati
ispetto a pochi mesi fa, sembra che il caso Stamina ormai non abbia più segreti e che tutto sia
già venuto a galla: emergono i retroscena societari e finanziari della Stamina Foundation; le testimonianze dei pazienti che dichiarano di essere stati sfruttati, anche economicamente, da Davide Vannoni; i
dietrofront dei medici che inizialmente sembravano
aver avvallato i successi ottenuti con il metodo applicato prima a Torino, poi nella repubblica di San Marino, a Trieste e infine a Brescia.
Ma ci sono ancora molti aspetti da chiarire: come è
stato possibile, per esempio, che terapie di cui non è
mai stata dimostrata l’efficacia, ma nemmeno la sicurezza, siano state somministrate in strutture pubbliche? È corretto o no il termine di “cure compassionevoli” usato per giustificare questa pratica? Con quali
motivazioni i giudici continuano ad emettere sentenze contrarie alle decisioni prese dalle autorità sanitarie? Ci sono state complicità da parte di chi sperava di
usare Vannoni come apripista per facilitare l’adozione
di una legislazione più permissiva nei confronti delle
terapie cellulari? E poi, esiste o no la speranza che le
cellule staminali mesenchimali possano essere davvero usate per diverse malattie?
A queste e ad altre domande cercheremo di rispondere Antonino Michienzi ed io, giornalisti impegnati da
anni nei temi della medicina e della salute, che i lettori
del Caffè conoscono da tempo. Lo faremo attraverso
un e-book promosso dal sito www.scienzainrete.it,
che sarà distribuito gratuitamente sulle principali
piattaforme, a disposizione di tutti. Per produrlo siamo ricorsi al metodo innovativo del crowdfunding, attraverso donazioni effettuate sul sito http://www.kapipal.com/chiarezzasustamina. Bastano pochi franchi
r.v.
per contribuire a fare #chiarezzasustamina.
20
Total look
tra
parentesi
Camicia taglio
over e gonna
portafoglio
stampata
per Donna
Karan.
Uomo
Light
Effetto strappato
e volutamente stinto
per il cinque tasche
di Dsquared2 con
risvolto da portare
con i boots.
Il jeans nella tonalità più
chiara è un must di
stagione. Stile rock e
ricami deluxe
per il modello boyfriend
di Louis Vuitton.
l’abito
Skinny
e hot
È l’alternativa
proposta da
Moschino per il
cinquetasche:
versione
cortissima
o superaderente.
È denim, indaco, light ed eco il jeans
che contagia le passerelle primaverili
LINDA D’ADDIO
D
animalia
el tessuto che andrà di moda che
dire? È il denim, la tela usata già nel
XV secolo nel porto antico di Genova per confezionare i sacchi per le vele delle
navi e per coprire le merci. Il colore, l’indaco,
si riferisce a quel particolare blu a cui indissolubilmente la storia di questo tessuto senza tempo è legata.
Nulla da aggiungere se non che, anche per la
stagione alle porte, la primavera-estate, il
denim si riconferma protagonista delle passerelle per uno stile che va oltre le mode e
che da tempo non si limita al genere casual.
Ed è proprio in questa direzione che va la
scelta degli stilisti che hanno pensato ad un
genere versatile ed inedito, che reinterpreta
e rinnova la classica tela indaco e il mito del
cinque tasche, trasformando la tuta da lavoro in tessuto chic declinato su tuniche plissè,
gonnelline, bluse ricamate, giacche e cappottini.
Nota fan della tela indaco è la stilista Stella
McCartney che lancia una nuova linea denim di dieci modelli coniugati in venti tonalità: skinny jeans, boyfriend e svasati, a vita
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
La domanda
E
gregio dottore, vorrei affrontare un argomento che a mio avviso è sempre più di attualità,
ma soprattutto si manifesta nei più
svariati ed impensabili aspetti. Mi
riferisco all’abbandono di cani e
gatti, pratica che mette le radici nei
periodi delle feste natalizie e raccoglie i suoi frutti nel periodo estivo.
Proprio in questo periodo ancora
invernale vorrei un suo parere
sulla questione, ma anche
qualche consiglio per quanti
hanno animali domestici.
Forse così si potrebbero anche
evitare quelle poco civili situazioni che ogni anno accadono e
che leggiamo e vediamo su
giornali, tv e media vari. Grazie mille.
bassa e alta, ma anche shorts. Una linea in
tela jeans, ipertecnologica, cento per cento
organica e made in Italy. Pur indossandola
tutto il giorno non fa una piega e modella la
figura.
Ma oltre alla stilista molti altri hanno interpretato ed inserito il denim nelle loro collezioni. È indossata sotto la giacca blu e con la
camicia bianca la salopette Dkny. È in tela
indaco il tailleur giacca e gonna mini di Jen
Richiama il colore delle
coperture delle vele
il cinturino Toy Watch
Kao. Délavé chiarissimi i jeans con risvolto
alla caviglia di Louis Vuitton arricchiti da ricami deluxe e abbinati al chiodo in pelle
nera. È total denim il look Donna Karan: sopra camicia over e sotto gonna portafoglio in
denim stampa cravatteria. È bicolor il denim
délavé dello spolverino over senza maniche
di Barbara Bui, indossato sugli hot pants. Effetto volutamente macchiato per il cinque
tasche di Anthony Maccarello e per la gonna
lunga anni ‘70 di Junya Watanabe. Light denim per il completo top e il bermuda con
pinces di Ermanno Scervino.
Lo storico brand del denim Rifle presenta il
nuovo jeans slim-fit in versione maschile nei
colori light indaco e baby blue con usure accentuate che regalano un leggero effetto
marmo. Il modello è stato prodotto usando
metodi eco-friendly che utilizzano laser ed
ozono per un risparmio significativo di acqua e prodotti chimici nell’intero ciclo di lavorazione.
Non solo capi di vestiario, anche gli accessori si tingono di indaco, soprattutto nelle occasioni non troppo formali. Richiama la trama e il colore delle coperture delle vele il
cinturino del segnatempo Toy Watch. L’iconica 2jours bag di Fendi sceglie per la primavera il denim deluxe e i manici in cuoio. Per
Dsquared2 la minishopping è black denim.
La tote bag di Michael Kors, con manici e
dettagli in pelle pervinca e catene, lucchetti
e borchie dorati, diventa grintosa in tela di
genova. Nasce dalla collaborazione del
brand italiano Meltin’Pot con lo storico marchio delle “borse dei postini newyorkesi”,
Manhattan Portage, una collezione di accessori in indigo denim che include borse, zaini, borse messenger e case per iPad e tablet.
Consapevolezza e responsabilità
combattono l’abbandono di Fido
La risposta di Stefano Boltri
I
l cane, vive ormai da migliaia di anni con l’uomo e con infinita pazienza ha imparato ad
ascoltare, capire, ed aiutare nei più svariati
modi il suo amico a due zampe che, spero sempre più
raramente, lo ringrazia legandolo al guard-rail di un’autostrada. L’emozione del momento dell’arrivo in casa di
una palla di pelo simpatica, presto si trasforma in un fastidio per chi non ha previsto di trovarsi di fronte ad un
essere vivente che ha specifiche esigenze. Vuoi per leggerezza, vuoi per calcoli sbagliati, vuoi per ignoranza,
tale sodalizio dura molto poco e qui spesso e volentieri si
compie quello che ormai è un vero e proprio crimine,
per fortuna punito dalla legge: l’abbandono di animale.
Legge a parte, per il cane l’abbandono è uno shock che
può avere effetti gravissimi sulla sua psiche. Lo sanno
molto bene tutti coloro che in un modo o nell’altro
collaborano con le strutture di ricovero delle bestiole abbandonate. A volte diventano irrecuperabili dal punto di vista comportamentale.
Vorrei qui toccare un problema, a mio avviso in cresci-
ta, soprattutto in certe nazioni: i cani randagi che vivono in branco. In sostanza, si formano società canine
che vivono in genere ai margini del mondo antropizzato e costituiscono, col passare del tempo, un vero e
proprio pericolo per l’incolumità delle persone. Se
non ricordo male, solo quest’anno, si sono presentati
più casi di aggressione da parte di branchi di cani randagi a persone. Da non trascurare il fatto che questi
animali sono più soggetti a contrarre malattie anche
pericolose.
Che dire quindi, per rispondere al gentile lettore? I
consigli sono sempre quelli, ovvero quando si acquista
o si adotta un animale, un gatto, un cane, un furetto, un
coniglio o anche una tartaruga, ci si dovrebbe sedere
qualche minuto al tavolo e chiedersi, noi adulti, quanto tempo possiamo realmente dedicare al nuovo amico, quanto siamo in grado di responsabilizzare i figli
affinché si prendano realmente cura di lui e, soprattutto, far capire loro che non si tratta di un gioco da poter
accendere o spegnere a piacimento.
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21
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
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Luoghi, attività e manie che stimolano la creatività,
dall’auto alla doccia, ecco ciò che ci fa dire Eureka!
salinga. “Quando siamo impegnati a fare qualcosa che non richiede la nostra attenzione, la
mente entra nella ‘modalità automatica’. In questo modo, permettiamo al cuore di aprirsi all’intuizione”, spiega Katya Giannini, mental subconscious trainer -. È come se ci prendessimo
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collettivo i grandi
progetti nascono
da colpi di genio,
frutto di un’intelligenza fuori dalla norma che inciampa in un’idea destinata a
rivoluzionare il mondo. Il famoso aneddoto di Newton e della
mela, per intenderci. Lo scienziato seduto sotto un melo scoprì la forza di gravità grazie a un
frutto che gli cadde sul capo.
Forse da qui è nato il concetto,
un po’ romantico, di una creatività frutto di una folgorazione,
di un guizzo di puro genio. Invece, le cose starebbero in tutt’altro modo.
Sarebbero abitudine e routine
a favorire la creatività, almeno tra i comuni
mortali come confermato da Rocco Cattaneo, presidente
del Plrt, che ha recentemente confessato di imbastire le sue pensate
migliori pedalando e di convincersi
della bontà dell’idea solo se supera il tempo della
doccia. Attività e luoghi che uno non s’immagina certo come palestre di trovate geniali. D’altro
canto, anche i film di Woody Allen, mica uno qualunque, sono
nati tutti sotto uno scroscio
d’acqua. Non quello di un improvviso acquazzone estivo,
bensì di una bollente doccia ca-
APPA
MARCO Z
IOR MILAN
Prendo fare una
vado a sseggiata.
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lunga pesto modo
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mi vengee, quelle
le id liori
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NOSTRO SERVIZIO
parentesi
la libertà di ‘sentire’ con una
parte più profonda di noi”. E c’è
chi lo fa camminando con il
cane, come Matteo Pelli, direttore di Radio 3iii, o chiudendosi
in mansarda a fumare un sigaro,
come il Enzo Lucibello, direttore di Mediamarkt. Uno stato
d’animo che ci permette di per-
cepire meglio ciò che ci circonda e di lasciare campo libero
alla sinapsi perfetta. Gesti, abitudini, riti… Niente a che vedere, quindi, con l’idea del genio
folle e sregolato. Ecco perché ha
stupito i suoi fan Chris Martin,
leader dei Coldplay, raccontando che il successo del suo grup-
po è frutto di una tabella oraria
ferrea, chiuso con i compagni in
uno studio a scrivere testi e a
comporre accordi. Un po’ come
fa il musicista Marco Zappa, che
per concretizzare i suoi progetti
deve chiudersi nel suo studio e
concentrarsi. Faceva così anche
lo scrittore tedesco Thomas
La proficua insonnia di Marie Jeanne Bosia, imprenditrice di lungo corso
“Se la notte “L
non dormo
prendo carta
e penna e...”
a notte mi vengono le idee migliori. Mi
capita di svegliarmi e allora penso. La
mattina dopo cerco di concretizzarle e
metterle in pratica”. Insonnia
proficua per Marie Jeanne Bosia,
imprenditrice di lungo corso,
mamma di 4 figlie e nonna di 7 nipoti, da sempre molto attiva e super occupata. Aperta alle sfide,
conosciuta e apprezzata per il
suo impegno su più fronti a sostegno di attività imprenditoriali avviate e sviluppate dalle donne.
“Quando lavoravo a livello internazionale - aggiunge -, avevo
l’abitudine, la sera prima di andare a dormire, di mettere un foglio e una penna sul comodino.
Così, la notte, mi svegliavo e
prendevo nota. Forse dovrei farlo
ancora…”.
Si sa, la forza di un imprenditore sono proprio le
idee, il desiderio di non arrendersi e di andare
avanti con progetti e programmi innovativi.
“Nella mia testa frullano mille idee, non mi
stanco mai di pensare, ipotizzare, immaginare e
prevedere - dice ancora Bosia -. È
la mia forza”. Una forza tale che
non l’abbandona mai. Non solo da
sveglia, ma anche durante il sonno le capita di fare qualche sogno
che si rivela prezioso per i suoi
progetti.
“L’altra notte - racconta - ho sognato che stavo sciando sulla
neve soffice ed era bellissimo. Poi
ad un certo punto perdo un bastone. Ecco, penso che a volte anche i
sogni ci diano una mano a risolvere le questioni della quotidianità.
Hanno un significato, poi sta a noi
trovarlo”. Non ci svela se l’ha trovato o meno. Ma tant’è. Insomma,
quando si dice: chi dorme non piglia pesci. Ecco
come mettere a frutto anche le ore di veglia notturne.
p.g.
Mann: dalle nove a mezzogiorno la sua stanza era un bunker
inviolabile. Guai se i bambini
facevano rumore. Solo in questo modo riusciva a dar corpo ai
suoi appunti. Mentre Carl Jung,
psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero, trovava ispirazione in una torre di pietra a
Bollingen, nei pressi del Lago di
Zurigo. Niente luce né telefono,
nessuna distrazione.
L’idea dell’artista che crea solo
in mezzo a caos e al disordine è
smentita anche nel libro “Daily
Rituals”. L’autore, Mason Currey, spiega che se c’è un tratto
che accomuna i grandi talenti
del nostro e degli ultimi secoli,
questo è proprio la ripetitività
dei gesti quotidiani. Sveglia all’alba, parca colazione, ore e ore
di studio e pochissima vita sociale. Steve Jobs, docet. I progetti migliori nascono dalla regolatezza, dal rispetto degli orari e
dei programmi di lavoro.
Abitudine e creatività, quindi,
sono compatibilissime. “Guardiamo la genialità come se appartenesse solo agli altri e non a
noi – nota Giannini -. Ma usciti
dal luogo comune, scopriamo
che l’essere acuti e ingegnosi
appartiene a chi vive una vita lineare, quasi abitudinaria”. Certo, il successo sta poi nella capacità di saper comunicare
qualcosa di speciale. Inutile
pensare per ideare futilità. Tuttavia, consoliamoci. Se è sufficiente infilarsi sotto la doccia,
uscire col cane, guidare o fumare il sigaro… le potenzialità le
abbiamo tutti. Basterebbe diventare un po’ più meticolosi e
abitudinari.
c.c.
22
Gordevio - Zurigo 200 km
Zurigo
tra
parentesi
leauto
Gordevio
SULLE STRADE DEI QUATTRO CANTONI
Comodità che da gastroturista non ti aspetti
Stravaganti, sportivi e... in famiglia, con un crossover dalla Vallemaggia a Zurigo
A
nche se per questa prova su strada ci è capitata fra
le mani una vettura di chiara vocazione sportiva, la
Nissan Juke “Nismo” (acronimo di “Nissan Motorsport”), abbiamo comunque scelto un suo uso più famigliare, per un viaggio di circa 200 chilometri che dalla bassa Vallemaggia (Gordevio) ci ha portati a Zurigo, dove abbiamo trascorso un fine settimana alla scoperta della città
sulla Limmat.
Malgrado la Juke non si rivolga particolarmente a coloro
che prediligono il carattere familiare di una vettura, prima
della partenza ci rendiamo conto che il bagagliaio riesce
ad accogliere comodamente tutto quanto due adulti e
due bambini devono portare con sé per due giorni oltre
San Gottardo. Anche l’abitacolo appare subito molto accogliente, a partire dai sedili ben profilati e in alcantara
che danno un’inconsueta sensazione di comodità. Partiamo alla volta del nord delle Alpi, lungo un percorso che
ci permette di valutare il comportamento della vettura in
autostrada, su strade cantonali e in pieno centro cittadino. Avviato il rombante propulsore da 200 cavalli mediante il tasto start-stop e percorsi i primi chilometri, apprezziamo sin da subito la stabilità della vettura (garantita dalle 4 trazioni), la sua buona spinta in accelerazione e
È l’unica auto che monta di serie
il “controllo adattivo”
degli ammortizzatori posteriori
L’INNOVAZIONE
È la prima auto
di serie al mondo
dotata di controllo
adattivo degli
ammortizzatori
posteriori a tre
livelli distinti
diamo l’autostrada A4 verso Zugo ed è l’ora di una prima
tappa: scegliamo Kilchberg, un piccolo villaggio sul lago
di Zurigo (di fronte alla celebre “Goldküste”), dove - per
dare sfogo alla nostra passione gastronomica – pranziamo al ristorante “Dal Buongustaio”, conosciuto per le sue
specialità a base di tartufo. Proseguiamo poi in direzione
di Zurigo e raggiungiamo il centro. Dopo un po’ di shopping sulla Bahnhofstrasse e la visita al simbolo di questa
città, ossia la chiesa di Fraumünster, decidiamo una puntatina allo zoo, divenuto ormai un’istituzione culturale
particolarmente adatta alle famiglie. Conclusa la giornata, si pernotta da amici e il giorno successivo si riparte
verso il Ticino.
Altri 200 chilometri per mettere alla prova questo crossover urbano, di cui abbiamo già apprezzato anche la possibilità di scegliere fra tre modalità di guida: Eco (mirata
alla riduzione dei consumi), “Normal” e “Sport”.
Una vettura parecchio versatile, insomma, nata per la città (dove è risultata maneggevole nelle manovre di posteggio), con una marcata vocazione sportiva, ma che si adatta bene anche all’uso in famiglia per brevi viaggi e con
consumi tutto sommato contenuti.
e.s.
la sua tenuta di strada, anche grazie alla rigidità delle sospensioni. Pur essendo la Juke Nismo un’auto che ti invoglia a premere sull’acceleratore e ad affrontare curve, anche la guida in autostrada si rivela rilassante e piacevole.
Raggiungiamo Altdorf, lasciamo la A2 e imbocchiamo
l’Axenstrasse, strada panoramica sul lago dei Quattro
Cantoni per “gustare” le eccellenti prestazioni di telaio e
motore, supportate da un’ottima aerodinamica. Ripren-
La scheda
Nissan Juke Nismo
Motore
4 cilindri benzina
Cilindrata (ccm)
1’618
Cambio
sequenziale a 7 rapporti
CV
200
Coppia max.(Nm) 250 da 2'400-4’800 gir./min.
0-100 km/h (s)
8,2
Velocità massima (km/h)
200
Consumi (l/100 km)
7,8 (test)
Prezzo (vettura test)
37’800 franchi
IN
BREVE
A TUTTO SPAZIO
Con i sedili
posteriori sollevati,
vanta un volume
di carico pari a 624
litri, che permette
di contenere tre
grandi valigie; con
i sedili posteriori
abbassati, offre 1668
litri di spazio
La Ford
Per festeggiare i 50 anni della
leggendaria Mustang, Ford
ripropone un nuovo modello
a misura dei mercati europei.
Sarà disponibile sia coupè,
sia cabriolet, con un motore
Ecoboost di 2,3 litri da
309 Cv o V8 5 litri da 426
Cv, a scelta con cambio
manuale a 6 rapporti o
automatico con tasti di
comando anche al volante.
La Volkswagen
Per ora la Vw Beetle Dune
è un’attrattiva concept car.
Pronta ad ampliare la gamma
Beetle con autotelaio rialzato,
grandi cerchi da 19 pollici,
propulsore sovralimentato
da 210 Cv, estetica offroad
e differenziale elettronico
a bloccaggio trasversale Xds.
La Civic Tourer di casa Honda
è un vero campione dello spazio
LA SICUREZZA
Honda ha pure
introdotto una
nuova gamma
di sistemi di
sicurezza attiva
basati su
sensori che
utilizzano
anche il radar
STEFANO PESCIA
C
on la Tourer, Honda ripropone
un modello Civic che certamente saprà soddisfare i reali bisogni
di chi ricerca una vantaggiosa abitabilità. Con una lunghezza di 4,53 m e un
passo di 2,59 m, è anzitutto una delle
più compatte station wagon del segmento C.
Originale è anche il suo design esterno,
sportivo e unico, definito da una linea
marcata che scorre senza interruzioni
dal montante A anteriore al montante
D posteriore, creando l’impressione di
una linea slanciata del tetto. Quando a
fine mese la vedrete sulle strade in
quattro allestimenti da 27’500 franchi,
avrete il piacere di scoprire tutti i pregi
nascosti della vettura, in particolare la
generosa capacità di carico del bagagliaio. È un vero campione dello spazio, leader nella sua categoria! Con i sedili posteriori sollevati, vanta un volume di carico pari a 624 litri, che permette di contenere tre grandi valigie. In
alternativa, con i sedili posteriori abbassati, offre 1668 litri di spazio fino al
livello del tetto.
Gli esclusivi Sedili Magici di Honda garantiscono ulteriore praticità e spazio.
Quelli posteriori si possono abbattere
con un solo semplice movimento. Il
pianale del bagagliaio è stato rialzato
per creare una superficie completamente piatta quando i sedili vengono
abbassati.
Inoltre, le sedute possono essere sollevate verso l’alto per il trasporto di oggetti di dimensioni verticali. La tendina
copribagagli è un dispositivo ad avvolgimento automatico one-touch che copre il vano di carico del baule e può essere rimossa ed alloggiata sotto il pianale. Nel bagagliaio è disponibile un
ulteriore spazio sotto il pianale da 75 a
117 litri. Permette di alloggiare due valigie con la copertura alzata. Con la co-
pertura chiusa e regolata nella posizione più bassa, può contenere oggetti alti
fino a 1 metro. Per favorire la comodità
la sponda di carico è stata abbassata
per adattarsi al livello del pianale (ad
un’altezza di 56,5 cm), rendendo molto
più semplice il carico e lo scarico.
Anche nell’offerta delle tecnologie la
Civic Tourer si distingue. È la prima
auto di serie al mondo dotata di controllo adattivo degli ammortizzatori
posteriori. Il sistema dispone di tre impostazioni, comfort, normale e dinamica, tutte sviluppate per migliorare la
stabilità ed il comfort in diverse condizioni di carico e di guida. Costruito in
Europa, per l’Europa il modello si propone in due motorizzazioni. Il nuovo
diesel 1.6 i-Dtec da 120 cavalli, il più
leggero nella sua categoria, offre 300
Nm di coppia ed emissioni a partire da
soli 99 g/km. Pure disponibile un 1.8 iVtec benzina da 142 Cv, con cambio
manuale o automatico.
Honda ha pure introdotto una nuova
gamma di sistemi di sicurezza attiva
basati su sensori che utilizzano una
combinazione di telecamere, radar laser a corto raggio e tecnologie radar.
Tra questi anche il sistema attivo di frenata in città e la segnalazione del rischio di impatto frontale.
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
23
tra
parentesi
LE DONNE
COPPIE CHE CONDIVIDONO
LA RESPONSABILITÀ DELLE FACCENDE
Babysitter, insegnanti, psicologhe,
cuoche, autiste... Il lavoro di una
madre non ha prezzo? Non proprio
secondo l’età del’uomo
42,2%
50%
40%
33,6%
3,4%
Fonte: Rifos; Ufficio federale di statistica
19%
37%
Coppie con figlio minore:
0-6 anni
Coppie con figlio minore:
7-14 anni
Altre coppie
Francofone
16,1%
3,8%
76,9%
2%
14,2%
6,9%
40%
60%
80%
20%
10%
0%
69,4%
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100%
Le casalinghe? Professioniste
da novemila franchi al mese!
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7,8
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4,3
Ps
7,3iocologa
re
3
anchi/ ora
o di un manager di medio livello:
9mila franchi al mese. Mica spiccioli. Sfacchinando una media di
94 ore alla settimana - sempre secondo lo studio di Salary -, le “non
lavoratrici” multitasking raggiungerebbero un reddito annuo di
108mila franchi. Una cifra destinata a lievitare in città come Zuri-
sia, se non ci fossero loro molte famiglie sarebbero nei guai. Come
si sa bene in Ticino che, assieme
all’Alto Vallese e la Svizzera centrale, è la regione con la maggior
quota di madri che non esercitago, Ginevra, Parigi o New York, home-mum”, come le chiamano no un’attività professionale. Nella
dove uno psicologo o una gover- gli americani, le mamme-casalin- Svizzera italiana la percentuale di
In Ticino la
nante viaggiano su ben altre tarif- ghe, considerate ingiustamente casalinghe è la più alta (37%) di
percentuale di
fe. Ferie? Queste sconosciute! non produttive dal punto di vista tutto il Paese, nella Svizzera tede“non lavoratrici”
Giorni liberi? E chi li ha mai visti?!, economico, il sondaggio di Sala- sca è del 25% e la più bassa è nella
risalgono sicuramente al periodo ry.com regala una bella gratifica- Svizzera romanda (20%). Secon(37%) è la più alta
di tutta la Svizzera precedente al primo figlio. E di bo- zione. Oddio, a parole, visto che in do l’Ufficio di statistica tre quarti
soldoni nessuno penserà mai di delle donne elvetiche che vivono
nus neanche l’ombra.
Insomma per tutte le “stay-at- pagarle per davvero. Comunque in coppia con figli di età inferiore a
15 anni, hanno sulle loro spalle
tutta la responsabilità per le faccende di casa.
QUANTO VALE UNA MAMMA A TEMPO PIENO
Gli esperti di Salary.com hanno
Fonte: Salary.com
94 ore
intervistato oltre sei mila donne,
settimanali
indagando sul tempo che dedicaSTIPENDIO ORARIO
di lavoro
compresi gli extra se le
no ai dieci fondamentali lavori
102’579.casalinghe mamme avessero un
domestici ogni settimana. Si scolo stipendio
reddito per tutte le loro attività
pre che una casalinga avrebbe cuannuo
cinato per quattordici ore settima8548.nali a 12 franchi l’ora. Si sarebbe
lo stipendio
trasformata in autista, per figli
mensile
grandi e piccoli, per otto ore alla
settimana a 12 franchi l’ora. Avrebbe impartito ripetizioni per tredici
ore la settimana, alla stessa cifra.
Per tamponare le varie crisi famier
liari si sarebbe trasformata in psit
pu
cologa almeno sette ore alla settim
o
mana, a 34 franchi l’ora, e in mac
al
nager a 49 franchi l’ora.
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Ecco dati e tariffe che fanno lieviig
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tare a 9mila franchi il mensile di
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una casalinga. Guadagnati centeu
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sa simo su centesimo!
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[email protected]
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8.99 fr
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amme. Non saremmo qui senza
di loro. Ovvio.
Mamme, ma anche cuoche, autiste, insegnanti, psicologhe, contabili, manager, addette alle pulizie,
operaie, lavandaie e babysitter.
Sono almeno dieci i lavori diversi
che è chiamata a fare una donnacasalinga. Eppure, ufficialmente,
il suo è un non-lavoro. Stipendio?
Zero franchi. Retribuzione teorica
ai prezzi di mercato? Quasi 9mila
bigliettoni da mille franchi al
mese.
No, non stiamo dando i numeri. È
il risultato di un preciso algoritmo,
calcolato dal sito americano Salary.com che monetizza l’impegno
delle casalinghe. Tutt’altro che disperate. Semmai, disperati si ritroverebbero mariti e pargoli privati della loro più preziosa risorsa.
E allora, quanto vale il lavoro quotidiano di un qualsiasi “angelo del
focolare”? Molto. Per calcolarlo,
basta moltiplicare le ore trascorse
tra una lavatrice, una rimestata al
ragù e una corsa per portare i figli
in palestra o a danza, con le tariffe
medie delle diverse categorie professionali. Si dice sempre che il lavoro di una mamma non ha prezzo. Mica vero! Forse è giunto il
momento di darglielo questo
prezzo. Monetizzare le ore settimanali passate a sistemare casa,
fare la spesa e occuparsi di figli,
partner e genitori anziani. Tenetevi forte: la somma finale è pari a
quella di un quadro di un’azienda
20%
2%
Donna
Uomo
Entrambi
Altri
Lava
CAROLINA CENNI
0%
78,1%
Manager
Germanofone
3,5%
3,3%
3,3 ore
Italofone
18%
2,5%
76,2%
6,2 orenderia
20%
2,2%
49.29 franchi ora
/
25%
31,3%
4,8%
61,7%
Coppie senza altri membri
17,5%
23,7%
SUDDIVISIONE DEI LAVORI DOMESTICI NELLE COPPIE
QUANTE SONO in percentuale
30%
26%
LE CASALINGHE IN SVIZZERA
21,2%
Totale
on
ora
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franc
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12
14
mestiche
Pulizie do
ore
hi/ora
9,12 franc
14,4
La testimonianza
L’esperienza di una mamma che ha provato a restare attiva fuori casa anche dopo la nascita di un figlio e...
C
“Cercavo di conciliare casa e lavoro,
ma con la mente ero sempre altrove”
he bello crescere i figli, fare gli
amministratori delegati dell’
“impresa famiglia” e sentirsi anche libere. Andrea ci ha provato, ha
scelto la “casalinghitudine” e racconta
la sua esperienza al Caffè: “Dopo la nascita della prima figlia, ho ripreso a lavorare come infermiera quando lei aveva circa quattro mesi - spiega -. Stava
all’asilo nido e io lavoravo all’80 per
cento. Ma era una soluzione che non mi
piaceva e che accettavo malvolentieri.
Poi ci siamo appoggiati ai nonni e mi
sono organizzata per fare i turni di notte, in modo da essere libera di pomeriggio quando la bimba tornava a casa”. Ma
le cose non funzionano ancora e quando è arrivato il secondo figlio, Andrea
decide: o di qua o di là. Lascia il lavoro e
si dedica totalmente a casa e famiglia:
“Ci ho provato, ma riuscire a conciliare
un lavoro a tempo pieno con la crescita
e l’educazione dei figli è molto difficile e
pesante - nota -. Non riuscivo mai a
concentrarmi al cento per cento, né a
casa né al lavoro. Con la mente ero sempre nel posto sbagliato, così ho deciso di
occuparmi solo dei bambini”.
Allevare dei figli è la più necessaria e
nobile delle professioni, eppure quasi
mai viene considerata un vero lavoro.
Da sempre. Se negli anni ‘50 era un destino, oggi invece è una scelta (sebbene-
non tutte se la possano permettere). Soprattutto in alcuni Paesi. Negli Usa, ad
esempio, la chiamano “new domesticity”, un nuovo modo di essere casalinga.
Proprio in America è stato pubblicato
un libro, “Homeward Bound”, della
scrittrice e giornalista Emily Matchar
che ha intervistato centinaia di donne e
scoperto che tra le 30-40enni, con un
buon livello di istruzione e di reddito,
c’è voglia di lasciare il lavoro, per occuparsi della vita familiare e crescere i figli. Che sia un fattore generazionale?
Sono forse le figlie di super donne multitasking? Non necessariamente. Restare a casa per alcune donne è una necessità, certi lavori sono inconciliabili con
la vita familiare, oppure l’impiego “giusto” non lo si è trovato ancora o lo si è
perso.
Tuttavia, quando si tratta di reinsersi
nel mondo del lavoro la cosa non è così
drammatica come si tende a pensare:
“Sono passati dieci anni da quando avevo lasciato il mio lavoro di infermiera a
quando l’ho ripreso - dice Andrea -. Ora
i ragazzi sono cresciuti ed io mi sono ritrovata improvvisamente con molto
tempo a disposizione. Troppo. Era l’ora
di ri-iniziare, ho pensato. Magari ero un
po’ arrugginita, certo, ma non ho fatto
fatica a trovare un impiego e sono felicissima di averci provato di nuovo”. IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
25
tra
parentesi
LA TENDENZA
Le imprese virtuose
s’impegnano a favorire
giornate meno “pesanti”
88%
dei padri e il 17% delle madri
con uno o più figli sotto i 25 anni
lavorano a tempo pieno. Il 61%
delle madri svolge un’attività
professionale a tempo parziale,
rispetto al 7,8% dei padri
Mai più riunioni
dopo le 18 di sera
Teniamo famiglia
50%
più della metà delle donne
che lavorano lo fanno a tempo
parziale, rispetto solamente a un
uomo su sette. Dal 1991, c’è un
incremento del tempo parziale,
sia tra gli uomini che tra le donne
Come conciliare lavoro e vita privata
PATRIZIA GUENZI
“C
iao, sono ancora in ufficio,
farò tardi, dà
un bacio ai
bimbi”. Qualche anno fa era l’abituale telefonata del partner che annunciava
un impegno extra in ufficio. Più
uomini che donne, è vero, ma anche queste ultime, sempre più
presenti in ruoli dirigenziali,
spesso e volentieri restano inchiodate in azienda, costrette a
presenziare a riunioni che si prolungano ben oltre l’orario canonico di lavoro. Tuttavia, qualcosa
sta cambiando. Lo “straordinario” serale è oggi meno frequente.
Banche, grandi aziende e imprese di vari Paesi, sulla scia di quelli
scandinavi, sembrano voler andare incontro alla principale
esigenza dei dipendenti: la
famiglia. Cercano in tutti i modi di render loro
la vita più semplice,
ad esempio evitando le riunioni dopo
le 18. “Banche, Ferrovie e grandi
aziende svizzere da
tempo hanno la
tendenza a far sì che
i collaboratori diminuiscano il loro impegno lavorativo - conferma Domenico Basile,
esperto di risorse umane -.
Il Crédit Suisse, ad esempio, ha
bloccato l’accesso agli strumenti
informatici durante il fine settimana ai propri dipendenti”.
Lavoro e famiglia. Come trovare
un equilibrio tra impegni professionali ed esigenze “domestiche”? Passi in questa direzione,
rispetto al passato, già se ne sono
fatti molti. L’ultimo, è di sedici
imprese francesi, colossi come
Carrefour, Coca-Cola France, Michelin, Axa, sottoscrivendo la
“Carta per l’equilibrio dei tempi
della vita”, vietando gli incontri di
lavoro dopo le 18. L’idea è del ministero per i Diritti delle Donne e
dell’Osservatorio per la genitorialità nelle imprese, ne fanno
parte oltre 500 aziende francesi.
Troppi i dirigenti e i manager
stanchi di quelle lunghissime discussioni che proseguono anche
dopo l’ora di cena, mentre a casa
c’è tutto un mondo che li aspetta.
“Riunioni, briefing, incontri… nel
limite del possibile di mattina,
solo raramente di pomeriggio,
ma mai e poi mai di sera”, dice
Marco Nicoletti, responsabile del
personale di Manor Lugano -.
La testimonianza
Anche perché a quell’ora non si è
più lucidi, si è stanchi e non
avrebbe senso”.
Insomma, le cose stanno pian
piano cambiando. “Il periodo in
cui un manager si sentiva costretto a lavorare dalle stelle alle stelle,
Il Crédit Suisse ha
bloccato l’accesso
agli strumenti
informatici nel
fine settimana
anche per paura di vedersi soffiare il posto, è ormai alle nostre
spalle ”, aggiunge Basile. E poi, insomma, la famiglia è uno dei
principali pilastri su cui poggia la
società. Come non privilegiarla
in tutti i modi? Ecco perché il
2014 è stato dedicato dall’Unione
Europea l’anno per la conciliazione lavoro/famiglia. Un’opportunità per proporre modelli virtuosi, anche per favorire ulteriormente l’entrata nel mondo del lavoro delle donne, ancora troppo
spesso costrette a scegliere tra
professione e figli. Ma, si spera,
anche per arrivare ad armonizzare l’impegno familiare tra le due
figure genitoriali. Senza focalizzarsi troppo sulla figura femminile, bensì sforzandosi di declinare
a livello di coppia la questione famiglia/lavoro. Perché la famiglia
è un bene comune, il cui punto di
forza principale è la reciprocità
delle relazioni. Non solo riunioni
serali da bandire, ma anche email e messaggi professionali nel
fine settimana. Mentre per le va-
canze si cerca di privilegiare chi
ha ancora figli in età scolastica.
Come avviene a Migros Ticino
dove, spiegano, si adotta una politica della famiglia molto strutturata, che parte dalla pianificazione dei turni e delle ferie. “L’assenteismo per malattie psichiche e
fisiche ha fatto perdere molti soldi alle aziende - nota Basile -. Alcune di loro si sono pure dotate di
un responsabile della salute”. Ma
soprattutto, a molti capi azienda
non sarà sfuggito che proprio un
istituto di ricerca svizzero ha calcolato che per ogni 120 franchi
spesi in misure di conciliazione
tra casa e lavoro, il ritorno economico per l’azienda è pari all’8%
dell’investimento.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
roblemi di straordinari, riunioni extra dopo le 18
o impegni fuori orario, lui li ha risolti in un
battibaleno. Neanche a parlarne di trascurare la
famiglia per la professione. Da sempre lavora
all’80’%. “Mi sono reso conto che è un modo per
andare incontro alle esigenze di mia moglie e veder
crescere e seguire, giorno dopo giorno, le mie
bambine; ecco come ho dato un taglio alla questione
straordinari”, dice soddisfatto Davide Dosi che, in
fondo, non nasconde di aver fatto questa scelta
anche, se non soprattutto, per il piacere di dedicarsi
appieno alla famiglia e contribuire all’educazione
delle piccole.
Due figlie di 2 e di 6 anni, impiegato alla Fonoteca
nazionale svizzera di Lugano, Dosi ha continuato a
lavorare a tempo parziale anche dopo la nascita delle
bimbe. “Proprio per godermele, seguirle, occuparmi in
tutto e per tutto di loro, insomma. Ma, pure, per
permettere a mia moglie Arianna di restare inserita a
metà tempo nel mondo del lavoro”. Così, Dosi, gestisce
e condivide assieme alla moglie l’intero impegno
casalingo, dal bucato alla cucina, dalle visite mediche
ai compiti scolastici. “Bè, il pediatra ha visto
sicuramente più me di mia moglie - ride -. Anche
perché spesso le bimbe si ammalano nel fine settimana
e il lunedì io sono libero”. Le figlie, ovviamente, danno
per scontato che il papà sia così spesso a loro
disposizione. “Per loro è normale vedermi lavare i panni
o fare l’aspirapolvere, non hanno ancora notato che
non tutti i papà lo fanno, anche perché non tutti
possono permettersi di lavorare a tempo parziale”.
Tuttavia, una parte del “pacchetto casalingo” Dosi la
evita. “Una cosa che proprio non faccio è pulire i vetri,
mia moglie è molto più brava di me”.
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da questa età il tasso d'attività delle
donne è marcatamente più basso
di quello degli uomini. Molte donne
si ritirano (temporaneamente) dal
mercato del lavoro per dedicarsi
all’educazione dei figli
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Una romantica energia vi pervade.
Preparatevi a vivere la vostra serata senza tempo.
14 Febbraio
degli uomini e il 61% delle donne
di 15 anni e più sono occupati
o cercano un lavoro. Lo scarto
è più netto negli anni
che precedono l’età legale
di pensionamento
Davide Dosi, un impiego all’80%, ha dato la priorità alle esigenze delle due figlie e della moglie
“Così ho risolto gli straordinari professionali”
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RomaPrimavera
‘Città Eterna’
nella
Il programma
Roma
Data: 19 – 23 marzo 2014
Prezzo: CHF 1’298.- per persona in camera doppia
Partenza:
06.00 Biasca Ffs, 06.00 Locarno Ffs, 06.30 Bellinzona Ffs,
07.00 Lugano Ffs (lato buffet), 07.20 Mendrisio Ffs,
07.30 Chiasso Ffs
Informazioni e prenotazioni:
Colline ricoperte di vegetazione mediterranea,
ville, giardini, mare blu e panorami mozzafiato:
questo è il Golfo del Tigullio su cui si affaccia
Santa Margherita Ligure, un punto di riferimento per chi vuole scoprire questo lembo di
terra così carico di fascino e di signorilità. Da
Santa Margherita, infatti, è prevista la gita in
battello (facoltativa) via Portofino per San Fruttuoso in un contesto ambientale unico con
scogliere bianche e vegetazione rigogliosa.
Nell’antico borgo dei pescatori ammirare l’abbazia dell’anno mille, oggi di proprietà del Fai,
raggiungibile solo via mare (o a piedi), incastonata in una profonda insenatura tra Camogli e
Portofino. La cena (libera) è in un tipico locale
di Santa Margherita Ligure. Da qui ci si sposta
a Genova per la visita guidata alla mostra di
Edvard Munch che si tiene a Palazzo Ducale.
Dell’artista norvegese sono esposte ottanta
opere divise in otto sezioni, tra cui due serigrafie dell’Urlo, il suo dipinto più famoso. A Genova, infine, si può vedere la famosa strada dei
Rolli, affiancata da dimore principesche come
Palazzo Tursi (visita facoltativa) che custodisce
il violino di Nicolò Paganini. Tutto il centro storico racchiude perle rare. Nel tardo pomeriggio
è previsto il ritorno in in Ticino
AutoPostale Svizzera Sa
Regione Ticino - Viaggi e Vacanze - 6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53 - fax +41 (0)58 667 69 24
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Nella capitale italiana
tra immensi tesori antichi
e piazze indimenticabili
Esiste una città dove c’è la più alta concentrazione al mondo di beni storici e architettonici: benvenuti a Roma, stupendo
mix di opere, monumenti e capolavori,
oltre che cuore della cristianità cattolica.
Un viaggio nella città eterna all’approssimarsi della primavera è quanto di meglio
possa esserci per scoprirla nelle sue caratteristiche peculiari.
Il viaggio parte dal Ticino il 19 marzo
Festa di San Giuseppe e termina il 23,
con prima tappa nella zona di Bologna
per una degustazione di vini e prodotti tipici. Poi è la volta di Roma, con visita di-
visa in tre parti: cattolica, barocca e antica.
Nel primo gruppo ecco San Pietro con i
suoi musei. La basilica è il fulcro della
cristianità, mastodontica nelle dimensioni e ricca di capolavori come la Pietà di
Michelangelo. Splendida la piazza con il
colonnato del Bernini, mentre negli immensi Musei Vaticani si può ammirare
l’ineguagliabile Cappella Sistina di Michelangelo. Dopo il pomeriggio libero,
cena tipica a Trastevere con musica dal
vivo. Mattinata a disposizione e proseguimento con la Roma barocca che offre
alcune perle ai turisti come: piazza di
Spagna con la famosa scalinata in cima
alla quale c’è la chiesa di Trinità dei
Monti. La Fontana di Trevi è un altro luogo indimenticabile e fa tornare alla memoria la scena del film la Dolce Vita con
Anita Ekberg e Marcello Mastroianni.
Poi ci sono il Pantheon e piazza Navona,
quest’ultima utilizzata nell’antichità per
le gare di atletica, considerata la sua forma particolare, ora luogo ideale per pittori e artisti di strada. Infine gli edifici della
Roma politica con Montecitorio, Palazzo
Madama e il Campidoglio.
Dal Golfo del Tigullio
a Genova
per un viaggio
nei luoghi del cuore
Terza e ultima tappa per la Roma Antica
con visita di piazza Venezia, Fori Romani
e Colosseo, ritenuto - non a torto - il monumento più famoso al mondo. Duemila
anni d’età e un grande fascino per quello
che é il simbolo della città eterna. Vicino
al Colosseo si aprono i Fori Imperiali con
testimonianze storiche uniche al mondo
nell’area che si estende tra il Campidoglio e il Quirinale. Il pomeriggio è libero
per visite individuali.
Ma il tempo è ormai terminato e nella
mattinata del quinto giorno è previsto il
viaggio di ritorno in Ticino.
Il programma
Il fascino della Liguria
e la mostra di Edvard Munch
Data: 29 - 30 marzo 2014
Prezzo: CHF 360.- per persona
in camera doppia
Partenza:
06.40 Balerna centro Breggia,
07.00 Lugano Ffs (lato buffet),
07.30 Giubiasco Fust,
07.50 Locarno Ffs,
07.55 Ascona Manor,
08.00 Ascona autosilo
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
27
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LO SPORT
La classifica dei contratti
vede dominare il Canada,
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Le nazionali di hockey ai Giochi di Sochi
infarcite di stelle Nhl da stipendi... stellari
MASSIMO SCHIRA
S
e è vero che nello sport
non sono solo i soldi a
fare la felicità, cioè a garantire le vittorie sul
campo, è però innegabile che i giocatori di valore assoluto hanno un costo molto elevato. E di fronte ad un torneo di
hockey d’impressionante livello
come quello che delle Olimpiadi
di Sochi, analizzare il “peso” economico delle varie nazionali attraverso i contratti dei “big” è
certamente un esercizio interessante. Soprattutto perché i contratti in Nhl sono pubblici, il che
permette di stilare una classifica
“finanziaria” della competizione
a cinque cerchi. Che vede chiaramente il Canada in “pole position”, ma che in realtà nasconde
qualche trucco. Come quello
di una Russia costruita
solo in parte su giocatori
attivi nel massimo
campionato professionistico nordamericano.
Il raffronto più interessante che emerge
dalla somma del
“monte stipendi” dei
giocatori inseriti nelle rose olimpiche è
certamente quello tra
Canada, Stati Uniti e Svezia, formazioni che a Sochi
schierano praticamente solo
elementi della Nhl, con l’unica
eccezione dello svedese Jonathan Eriksson. Il vantaggio della
nazionale della foglia d’acero è
netto: 150,9 milioni di dollari in
totale contro i 119,8 degli Usa e i
98,2 della squadra delle tre corone. Osservando che i giocatori
nel “roster” sono 25 per squadra,
appare evidente come il peso di
contratti come quello di Sidney
Crosby siano determinanti. Il fenomenale attaccante di Pittsburgh ha di recente firmato un
contratto di 12 anni con la sua
franchigia, per una cifra totale di
104 milioni di dollari, mentre attualmente il suo salario annuo si
attesta sui 12 milioni. A titolo di
paragone, lo svedese Henrik Zetterberg (a Zugo durante il Lockout), per 12 anni di milioni a
Detroit ne incassa 73, con un
“annuale” per il 2013/2014 a 7
milioni.
In linea teorica, a poter “tenere il
passo” – anche a livello di portafoglio – dei canadesi, ci sarebbero i russi, che schierano elementi
come lo “Zar” Alex Ovechkin,
che a Washington ha un contratto di 13 anni per un totale di 124
milioni e oggi guadagna tra i 9
L’esperto
“Squadre costruite in modo puntiglioso
con giocatori di esperienza e di talento”
D
a quando Gary Bettman e René Fasel si sono stretti la mano, il
torneo olimpico di hockey su ghiaccio è diventato un autentico
evento per lo sport internazionale. L’accordo tra il commissario del campionato professionistico nordamericano e il presidente
della Federazione internazionale permette infatti di vedere in pista
anche tutti i giocatori della National Hockey League, che – come nei
principali tornei nazionali – “ferma le macchine” in onore dell’appuntamento con i cinque cerchi. E
quella di Sochi non può che essere
un’edizione extra lusso per il disco su
ghiaccio, vista l’autentica parata di
stelle che si darà battaglia sulle piste
olimpiche. Ne è convinto anche Marco
Baron, ex giocatore che la Nhl l’ha vissuta da protagonista e oggi attento
osservatore e commentatore delle vicende hockeystiche. “Sono due gli
aspetti principali che vedo in questo
torneo – spiega Baron -. Il primo è il
fatto che la Russia, giocando in casa,
farà di tutto per vincere. Il secondo è
legato a squadre come Canada, Svezia
o Stati Uniti, che hanno scelto tutte
praticamente solo giocatori di Nhl. In passato avrebbe potuto nascere un problema legato al cambiamento di dimensione delle piste
rispetto all’America, ma oggi questo non vale più, perché l’esperienza internazionale è ormai consolidata”.
A fare un po’ eccezione nelle convocazioni è però stata proprio la
Russia, che accanto alle superstar Ovechkin e Malkin ha inserito
parecchi elementi che disputano il campionato di Kontinental Hockey League. E in questo c’è chi ha visto anche una scelta “politica”
nel tentare di affermarsi con in pista diversi giocatori non attivi in
Nhl. “Non credo molto a questa tesi – precisa Baron -, perché tutto
sommato tra i convocati ci sono giocatori come Kovalchuk, Morozov
o Radulov, che giocano sì in Khl, ma hanno alle spalle una carriera e
una solida esperienza in Nhl. È chiaro che la Russia vuole vincere in
casa e infatti i suoi giocatori sono tutti di enorme talento”. A cercare
di rompere le uova nel paniere ai padroni di casa, soprattutto il Canada, campione in carica e formazione dal “Roster” impressionante
alla sola lettura. “Secondo me la squadra canadese è stata costruita
in modo molto più puntiglioso rispetto al passato – osserva ancora
Baron -. Vedo infatti molti elementi ‘two ways’, giocatori dal grande
pattinaggio, visione di gioco e pericolosità in attacco. Oltre a grande esperienza internazionale, proprio per limitare al minimo l’impatto del cambiamento di pista. In generale, vale un
po’ per tutte le squadre, serviranno
alcuni allenamenti a ranghi completi
per trovare la giusta chimica”.
Grande attesa è poi anche legata alle
prestazioni della nazionale svizzera,
che dopo il favoloso argento mondiale
di Stoccolma è chiamata alla difficile
sfida della conferma. “La Svizzera è
una squadra molto cresciuta sotto il
profilo del gioco, ma soprattutto mentale – sottolinea l’esperto -. Il risultato dei Mondiali è frutto anche di questa crescita psicologica. Perché
la Svizzera è una squadra che ora crede nei propri mezzi e pensa
prima a se stessa che agli avversari. Al proprio modo di giocare, allo
sfruttare al meglio le proprie qualità. Come si è visto in Svezia”.
Affrontare proprio la nazionale delle tre corone, la Cechia e la Lettonia non rappresenta però certo un percorso semplice, soprattutto
per il gran numero di stelle Nhl che compongono le rivali olimpiche
dei rossocrociati di Sean Simpson. “Confermarsi sarà complicato –
conferma Baron -, ma non dimentichiamo che già ai Mondiali la
Svizzera ha affrontato e battuto ottime squadre. Guadagnandosi il
rispetto di tutti. Quel che è certo è che gli elvetici non saranno sottovalutati”.
(attuali) e i 10 milioni (prossimo
anno). E accanto ha anche un’altra star assoluta della Nhl, Evgeni
Malkin, che ha un contratto di 8
anni con Pittsburgh da 9,5 milioni a stagione. Ma la presenza di
“soli” 15 “Nhlers” in squadra
vede i padroni di casa un po’ in
ritardo in classifica. Verosimilmente lo saranno molto meno
sul ghiaccio di Sochi.
Con i suoi nove convocati provenienti dal nordamerica, la Svizzera porta alle Olimpiadi un
“bottino” da 22,9 milioni di dollari annui in contratti Nhl. Un risultato certamente lusinghiero,
che si basa sostanzialmente su
tre giocatori: Mark Streit, Jonas
Hiller e l’Mvp dell’ultimo Mon-
Anche la Svizzera
sta crescendo nel
valore economico
della sua “rosa”
ormai a sette zeri
diale, Roman Josi. Streit lo scorso
anno ha cambiato casacca, passando da New York, sponda Islanders, a Philadelphia. Dove ha
staccato un accordo quadriennale per un totale di 21 milioni
(attualmente guadagna 5 milioni
netti, l’anno prossimo saranno
6,25). Hiller è invece all’ultimo
anno ad Anaheim e viste le sue
brillanti prestazioni per il portiere si può facilmente prevedere
un rinnovo dorato dopo aver comunque già intascato 18 milioni
nei quattro anni passati in California. Contratto a lungo termine, infine, per Roman Josi, che si
è accordato con Nashville per
sette anni e 28 milioni totali; attualmente all’anno incassa 2,5
milioni, che diventeranno 5,25
nella stagione 2018/2019.
Dire ora chi vincerà l’oro olimpico corrisponde a lanciarsi in una
scommessa. Però qualcosa i soldi, a volte, lasciano intuire
[email protected]
Q@MassimoSchira
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
28
tra
parentesi
LE CIFRE
52
milioni
le persone
che in Europa
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diabete
346
Fonduta di cioccolato,
fragole e erbe cinesi
abbassano la glicemia
milioni
le persone che
nel mondo
soffrono di
diabete
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il diabete in
alcuni Stati
arriva a tassi
del 10-14%
della
popolazione
ANTONINO MICHIENZI
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roteggersi dal diabete mangiando una fonduta di
cioccolato con fragole e bevendo magari anche
un bicchiere di vino? È possibile. Tutti questi cibi
contengono infatti flavonoidi, sostanze antiossidanti che potrebbero contribuire a tenere a bada i
livelli di zuccheri nel sangue. Ad affermarlo è uno studio
condotto da ricercatori della University of East Anglia e del
King’s College London che ha periodicamente intervistato
e sottoposto a esami medici un gruppo di quasi duemila
donne. Al campione sono state chieste informazioni sulla
dieta (con particolare riferimento all’apporto di flavonoidi)
e sugli stili di vita e sono stati misurati indicatori tipici del
diabete, come la glicemia a digiuno.
Il gruppo di ricercatori ha osservato che quanto maggiore
era la quantità di antociani (una classe di pigmenti appartenente alla famiglia dei flavonoidi) presente nella dieta, tanto più basso era il rischio di sviluppare la malattia.
“Ci siamo concentrati sui flavonoidi che si trovano in erbe e
vegetali come prezzemolo, timo e sedano e sugli antociani
che si trovano nei frutti di bosco, nell’uva rossa, nel vino e in
altri vegetali di colore rosso o blu.
Gli studi di laboratorio hanno mostrato che questi alimenti
possono modulare la regolazione di glucosio nel sangue
che influenza la possibilità di incorrere nel diabete di tipo
2”, ha commentato la principale autrice della ricerca, Aedin
Cassidy.
Gli esperti però vanno cauti: non c’è nessuna prova che i flavonoidi prevengano il diabete. Tutto ciò che lo studio dice è
che le persone che consumano alimenti ricchi di queste sostanze tendono ad ammalarsi meno. E, dal momento che i
flavonoidi sono contenuti soprattutto in frutta e verdura, i
Non c’è nessuna prova che i
flavonoidi controllino il glucosio,
ma chi li consuma si ammala meno
vantaggi osservati potrebbero essere il risultato della dieta
nel suo complesso.
Quasi contemporaneamente alla pubblicazione dello studio inglese, il Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism rendeva nota una ricerca che ha cercato di comprendere se anche la medicina cinese possa essere un valido
aiuto nella prevenzione del diabete, e in particolare nella
progressione della malattia da quello che è definito prediabete al diabete conclamato. Ricercatori cinesi hanno così
condotto una sperimentazione clinica a tutti gli effetti, così
La risposta di Linda Rossi
Questo
nostro
a more
Deboli nella loro identità maschile
s’illudono così facendo di rinforzarla
L
a sua curiosità è legittima per
qualcuno che di questo mondo conosce poco o niente. Mi
complimento con lei che, malgrado
le venga da definirlo una “sconceria
contro natura”, manifesta volontà di
sapere e di capire. È il primo passo
per superare diffidenza e rigetto nei
confronti di questo particolare diverso. È il primo passo anche per superare un’ennesima forma di razzismo, sentimento impregnato di luoghi comuni e pregiudizi che non
mancano a chi preferisce rifarsi a
certe credenze piuttosto che verificarne la veridicità.
Rispondo quindi al suo desiderio di
sapere. A partire da uno studio condotto dalla psicologa e sessuologa
Denise Medico di Losanna, si è calcolato che la percentuale di professionisti transessuali rispetto a coloro che praticano la prostituzione a
Lugano è del trenta percento (stessa
percentuale a Losanna). Generalmente questi professionisti del sesso lavorano in appartamenti distribuiti in città e sembra che di clienti
ne abbiano. In quanto a questi ultimi potrei citare una caratteristica
che ho potuto evidenziare in coloro
che cercano e/o frequentano un
trans. Dalle loro testimonianze ho
S
ono un non più giovane signore. Ma poco importa la mia età; quello che mi chiedo riguarda
la frequente presenza di annunci particolari che
compaiono su un giornale locale. Tali annunci sono
di trans che, con parole allettanti, offrono le loro prestazioni lasciando un numero di telefono dove poterli raggiungere alfine di accordarsi. Mi sono posto le doman- Scrivi a LINDA ROSSI
de, che porgo a Lei: quanti so- psicoterapeuta e sessuologa
no rispetto ai professionisti del
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
sesso? Ci sono clienti che riVia Luini 19 - 6600 Locarno
spondono a queste offerte?
Chi sono questi ultimi e che
E-mail:
cosa li spinge a cercare l’[email protected]
contro con un trans? Ho provato a lavorare di immaginazione, ma la mia fantasia ha dei limiti, quindi non ho
saputo rappresentarmi nulla di verosimile. Pur ammettendo che non conosco questo mondo, a me pare
una cosa contro natura, una “sconceria”, mi viene da
dire. Vorrei che lei mi aiutasse a capire quello che
succede in questo nostro Paese dove molti dei valori
se ne stanno andando a catafascio.
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L’amica del vento.
Ore 15.00 e ore 17.00
Ticino L’amicizia di una ragazza con il
vento. Una leggenda delle Ande del
Ecuador. Spettacolo di figura e
musiche dal vivo per un pubblico dai 5
anni.
Teatro Oratorio Don Bosco a Minusio
(via Motta – 50m sotto la chiesa)
Prevendita : Farmacia Verbano,
Minusio
Biglietti alla cassa il pomeriggio dello
spettacolo (tel. 091 743 21 39)
Domenica al Museo in famiglia
Atelier: “Natucollage”
Ore 14.30 – 16.00
Un divertente collage fra natura e
tecnologia (Chiara Forster)
Museo in erba. Piazza Giuseppe Buffi
A Bellinzona..
EVE N
EVE
NTO
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Mini:Move
Ore 14:30 - 17:00
Movimento e divertimento per i più
piccoli.Palestre aperte la domenica
pomeriggio per i bambini tra i 2 e i 5
anni e i loro genitori per offrire uno
spazio di movimento e di incontro nei
mesi freddi dell’anno.
lu 10 febbraio
S PET
SPE
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TACO
OLO
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Vestiario non sorvegliato
Ore 20.30
Uno spettacolo divertentissimo, senza
parole e per tutti, in cui a parlare sono
gli oggetti d’uso comune che
l’esilarante e superpremiato Peter
Shub manipola e trasforma,
destinandoli a usi ed effetti
sorprendentissimi.Un’irripetibile serata
di comicità e poesia con una delle
leggende mondiali della risata
Al teatro Cittadella a Lugano
ve 14 febbraio
SPE
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PET
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TACO
OLO
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PSS PSS - Baccalà Clown
Ore 20.30
Poetico, surreale, intimo e molto
divertente, lo spettacolo ha per
protagonisti due clown.
Al teatro Cittadella a Lugano
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Mi chiedo perché molti uomini
rispondono alle offerte dei trans
notato in particolare un punto in
comune e cioè una senso di fragilità
riguardo al loro sentimento identitario. Generalmente si tratta di uomini eterosessuali, ma che per svariati motivi si sentono deboli nella
loro identità maschile. Entrando in
contatto con un transessuale, che
ha mantenuto i suoi organi genitali
maschili, ma che ha acquisito
un’apparenza marcatamente femminile, hanno l’illusione di appropriarsi di un po’ di maschile grazie a
scambi sessuali, e nel contempo rispettano il loro orientamento eterosessuale. Nel trans insomma ritrovano quello che credono sia la soluzione al loro problema sessuale (rafforzamento della loro identità di
maschi).
Malgrado possano constatare, in seguito all’incontro, quanto questa ricerca sia illusoria, molti di loro perseverano in tale vana e costosa pratica, un po’ come chi ricorre alle
droghe per trovare soluzione a un
disagio. Altri riescono a prendere
coscienza che in effetti il loro vissuto non cambia e cercano quindi un
aiuto per uscire dalla “dipendenza”.
Sembrerebbe quindi essere il modello maschile a vacillare quale valore della nostra cultura.
gn
La lettera
do 9 febbraio
come avviene per i farmaci della medicina convenzionale.
Hanno somministrato a 210 persone con livelli di glicemia a
digiuno alterati (ma non ancora diabetici) una miscela di
erbe medicinali cinesi nota come Tianqi e ad altrettante
persone nelle stesse condizioni un placebo (cioè una pillola
inerte). Dopo un anno di sperimentazione, si è osservato
che quanti avevano assunto il Tianqi avevano un rischio ridotto del 30 per cento di essere ammalati. Un risultato simile a quello che si otterrebbe con farmaci tradizionali. I ricercatori precisano inoltre che non sono stati registrati effetti
collaterali. “I pazienti spesso non riescono ad adottare i necessari cambiamenti negli stili di vita per controllare il livello di glucosio nel sangue e i farmaci attualmente in uso hanno limiti e
possono produrre effetti collaterali - ha precisato uno degli
autori dello studio Chun-Su Yuan dell’University of Chicago -. Le erbe della medicina traditionale cinese potrebbero
offrire una nuova opzione per controllare la glicemia, da
sole o con altri trattamenti”.
Tuttavia, c’è chi invita alla cautela e ricorda che proprio
quei cambiamenti negli stili di vita (corretta alimentazione,
attività fisica costante, astensione dal fumo) sono le armi
più efficaci per tenere lontano il diabete. si
BenEssere
Certi peccati di gola aiutano a tenere
a bada il diabete. Ma, soprattutto,
contano uno stile di vita sano e movimento
Stellin
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
29
tra
parentesi
IL TEMPO LIBERO
A Losanna e Lucerna tutti
in pista. Ma senza più
frastuono. A zero decibel
Nellecuffie
C
hiudete gli occhi e
immaginatevi una
sala piena di gente
che si muove a ritmo
di musica, canticchia un motivetto, beve un
cocktail, ride, scherza, si diverte. Una discoteca? Sì, ma a zero
decibel. Completamente silenziosa. Una movida gentile si potrebbe dire. È la nuova moda in
fatto di vita notturna che sta
conquistando il mondo, Svizzera compresa, e ha già stravolto il
modo di ascoltare musica, ballare e divertirsi in gruppo. “Silent disco”, si chiama, una discoteca senza rumore. Si balla
con le cuffie.
Nato nei locali olandesi ed
esportato in club e festival rock
di mezza Europa, come il Glastonbury Festival inglese, il Silent Party è un concerto... silenzioso, una discoteca non fracassona. È approdato anche in
Svizzera, con eventi da tutto
esaurito in diversi cantoni. Spopola soprattutto a Losanna e a
Lucerna il “Desperados Silent
Party”. E da vedere è curioso:
centinaia di persone, al buio e
con le luci stroboscopiche, che
ballano, sudano e seguono i vir-
“Silent disco”,
la movida
che si fa gentile
HOUSE
Genere che rientra nella
electronic dance music,
nato nelle discoteche di
Chicago nelle prima metà
degli anni ‘80.
tuosismi del deejay con le cuffie
sulle orecchie. Ovviamente,
quelle fm stereo digitali wireless, fornite all'ingresso. Ogni
cuffia ha un volume individuale
e bassi regolabili, riceve il segnale audio ad ampio raggio e
può sintonizzarsi su diversi canali di frequenza, con un’autonomia di circa dodici ore. Una
rotellina per regolare il volume
TECHNO
Nasce a Detroit negli anni
‘80. I fondatori della
musica techno sono
Derrick May, Juan Atkins,
Kevin Saunderson.
DANCE POP
Un sottogenere della
musica dance influenzata
dalla musica pop.
Nasce dal disco di vinile
e dalla post-disco.
Spiagge, piazze
e tetti dei palazzi:
si fa ovunque
il party senza
impatto acustico
e un bottone per ogni canale
che corrisponde a un colore differente, blu, verde e rosso, così
da far “vedere” cosa si sta ascol-
R&B
Il rhythm and blues è la
musica popolare degli
afroamericani. Genere
influenzato da jazz,
boogie, blues e gospel.
tando. Hanno una copertura di
oltre 200 metri dalla consolle e
grazie alla presenza di più dj si
può scegliere a proprio piacimento la musica preferita.
In sostanza, nella stessa sala ci
sarà chi balla musica elettronica, chi saltella con il meglio del
revival anni '70 e chi si scatena
sui classici rock, mentre quel
gruppetto più in là ancheggia
HIP HOP
Musica urbana che ha
dato vita ad un fenomeno
sociale e commerciale,
rivoluzionando la danza
e l’abbigliamento.
su ritmi reggae. Ma togliendo le
cuffie, però, torna il silenzio e si
assiste ad una scena un po’ surreale. Ognuno balla la musica
che preferisce (e già questa è
una gran bella novità rispetto al
consueto concetto di discoteca)
e soprattutto chiunque può decidere di parlare con gli amici o
approfondire la conoscenza
con la ragazza, o il ragazzo, ap-
pena “agganciati” nel locale,
senza correre il rischio di perdere la voce urlando per farsi
sentire nel frastuono.
Nessun costo aggiuntivo, ovviamente. Il noleggio delle cuffie
costerebbe all’incirca una decina di franchi, ma nella maggior
parte dei casi vengono abilmente fornite dagli sponsor di
turno della serata.
Ospite di discoteche e festival in
giro per il mondo, questo evento dance silenzioso è sempre in
tour. Si balla ovunque, non solo
in club e locali: dalle spiagge di
Bali alle gallerie d'arte newyorkesi. Ci sono stati pure eventi
nei parchi cittadini, sui tetti dei
palazzi, nelle piazze, in spiaggia
e persino nei casali abbandonati di campagna, dato che si tratta di una manifestazione con
impatto acustico zero che permette di portare la musica in
luoghi della città dai quali viene
normalmente esclusa.
Molti scommettono sarà solo
una moda passeggera. Ma a
giudicare dal successo, potremmo essere al debutto della discoteca del futuro, una movida
gentile e senza musica spacca
timpani.
c.c
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
ILREPORTAGE
LOSCANDALO
L’INCONTRO
LA FRANCIA
NASCOSTA
DEI PRECARI
E PENSIONATI
CASO AMMANN,
LA POLITICA
CHE AFFOGA
NELL’AFFARISMO
ALLEVI:
“IO MI SENTO
SEMPRE
SOTTO ESAME”
ALLE PAGINE 32 e 33
A PAGINA 35
ROCCHI A PAGINA 42
tra
virgolette
RIFLESSIONI D’AUTORE
CULTURA | POLITICA | STILI | SPORT | INCONTRI
Un’altra
crisi scuote
l’economia
e la finanza
mondiale.
I delicati
equilibri
dei nuovi
mercati
al centro
di tensioni
inusuali
e catastrofiche
Emergenti
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
LORETTA NAPOLEONI
economista
Reuters
C
i risiamo, l’economia e la finanza mondiale
sono scosse da una nuova crisi, quella dei
mercati emergenti. Come il clima, gli equilibri economici del villaggio globale sono vittima di perturbazioni inusuali e catastrofiche, tutte imputabili alla pessima gestione dell’economia mondiale da parte della leadership politica.
L’esempio del surriscaldamento della terra - un fenomeno reale, eppure da molti negato, arginabile ancora
per poco e solo con una nuova disciplina energetica
globale - ben illustra la natura delle crisi ricorrenti, di
cui quella attuale è solo l’ultima manifestazione, ed i
pericoli del contagio. In altre parole come con il clima,
l’instabilità economica fa parte di un copione inalterabile che tutti siamo costretti a recitare finché non cambiano il drammaturgo.
L’instabilità congiunturale fa parte
di un copione inalterabile
che tutti siamo costretti a recitare
La crisi attuale assomiglia molto a quella del 1997-98
che colpì i mercati asiatici. Allora come oggi il fuggi
fuggi generale degli investitori provocò il crollo delle
economie di queste nazioni. I primi sintomi di questo
uragano si fecero sentire sui tassi di cambio delle monete asiatiche che schizzarono letteralmente verso l’alto. Così il grafico dei tassi di cambio delle monete dei
mercati emergenti durante gli ultimi 12 mesi assomiglia ad una pista di sci, lo stesso vale per quello degli indici di borsa dalla fine di dicembre all’inizio di febbraio.
Diverso invece è il peso che i mercati emergenti rivestono nell’economia mondiale rispetto alla fine degli
anni Novanta. Da allora il contributo dei primi all’economia mondiale si è raddoppiato (40 per cento), è
quindi possibile prevedere che l’impatto della crisi
sarà doppiamente sentito. Molti sono convinti che ciò
non basti a produrre un vero contagio, come avvenne
alla fine degli anni Novanta, quando Europa e Stati
Uniti uscirono pressoché incolumi dal crollo dei mercati asiatici. Tuttavia è bene ricordare che questo successo fu dovuto soprattutto alla politica di Greenspan,
che tagliò i tassi d’interesse per dar respiro agli investitori invischiati nella speculazione asiatica. Oggi tutto
ciò non è possibile, i tassi sono già a zero, anzi a far precipitare la crisi è proprio la nuova politica restrittiva
della Fed.
A gettare nel panico, perché di questo si tratta, gli investitori è stata la riduzione della quantità di moneta cartacea creata mensilmente per far fronte alle esigenze
del tesoro americano. Da 85 siamo scesi a 65 miliardi di
dollari al mese, poca cosa ma abbastanza per creare un
vero e proprio esodo monetario, si parla infatti di 20, 25
miliardi di dollari in uscita ogni settimana dai mercati
reputati più a rischio, Argentina, Indonesia, Turchia,
Sud Africa, Russia, Brasile. Panico alimentato anche
dalle previsioni negative sull’economia cinese, dove ci
si aspetta una riduzione della domanda esterna, e
quindi meno importazioni dai Paesi emergenti.
Come nel 1997-98, ci troviamo di fronte ad una profezia
che si auto-avvera. Qualsiasi economia crollerebbe di
fronte ad un tale drenaggio di liquidità in così poco
tempo. Ma non basta l’ingresso massiccio di denaro
alla ricerca di alti rendimenti nei mercati emergenti,
quello che è avvenuto dal 2009 in poi, da quando gli
Stati Uniti, il Regno Unito e l’Unione Europea hanno
iniziato a stampare carta moneta, indebolisce le economie che ne sono oggetto e le rende dipendenti da
politiche monetarie straniere.
Questo spiega perché l’aumento dei tassi d’interesse in
paesi come il Brasile, la Turchia o il Sud Africa non ha
frenato la fuga di capitali stranieri né ha fermato la discesa dei tassi di cambio. Se è vero che le economie
prese d’assalto dal capitale straniero dipendono dalle
politiche economiche e monetarie della Riserva Federale, allora è anche vero che le manovre interne possono fare ben poco per arginare, ad esempio, fenomeni
come l’inflazione prodotta dalle importazioni. La Russia importa due quinti del proprio fabbisogno, man
mano che il rublo perde valore nei confronti del dollaro, aumentano i prezzi dei beni stranieri acquistati in
dollari, alla fine di gennaio il tasso d’inflazione ufficiale
era al 6,5 per cento, ma nei negozi si parla del doppio.
La difesa della moneta è l’unica strategia ma non tutti
se la possono permettere. A differenza della Russia la
Turchia ha un limitato margine di manovra, rispetto al
Pil Mosca possiede un surplus commerciale di circa il
5,5 per cento e riserve che coprono il 14,7 per cento del
capitale necessario per servire il debito, Ankara invece
ha un deficit che si aggira intorno al 9 per cento e le riserve sono lo 0,3 per cento dell’approvvigionamento
necessario per servire il debito.
Ma torniamo al contagio. La crisi dei mercati asiatici fu
Oggi i capitali si stanno riversando
in Europa, specialmente
nella periferia di Eurolandia
strumentale alla creazione della bolla delle dot.com, in
fuga ed alla ricerca di alti profitti i capitali approdarono
a Wall Street e finanziarono le prime società online.
Oggi i capitali si stanno riversando in Europa, specialmente nella periferia di Eurolandia, nel mercato azionario ed obbligazionario, tanto che il 2013 ha visto l’afflusso maggiore di capitali da parte di investitori americani verso l’Europa dal 1999, dalla vigilia dell’entrata
in vigore dell’euro. Ne beneficiano economie come
quella spagnola ed in parte anche italiana che vanno a
sostituire nei portafogli i mercati emergenti. Non bisogna però mai dimenticare l’antico detto: chi di spada
ferisce di spada perisce, le economie deboli della periferia potrebbero subire un destino analogo di quelle
asiatiche degli anni ‘90 ed emergenti di oggi, anche se
si tratta di Paesi occidentali ed industrializzati, la loro
potrebbe diventare una condizione di dipendenza.
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
NON È MORTA
LA SOLIDARIETÀ
IN SVIZZERA
U
n centinaio di famiglie
elvetiche ha accolto
l’appello lanciato
dall’Osar, l’Organizzazione
svizzera di aiuto ai rifugiati,
per accogliere nelle loro case i
profughi siriani. Nei giorni
scorsi i primi gruppi di profughi hanno trovato ospitalità
nei cantoni di Basilea e Argovia. Il progetto dell’Osar, che
verrà esteso ai cantoni di Berna, Lucerna e Zurigo, non sarà
limitato solo ai siriani, anche
se per ora sono i profughi di
questo Paese ad avere la precedenza. Tra gli obiettivi dell’iniziativa c’è anche quello di
incoraggiare i cittadini nel favorire l’integrazione dei rifugiati. Un bell’esempio di solidarietà in tempi di allarmante
chiusura verso i richiedenti
d’asilo. Una proposta similie a
quella dell’Osar, era stata
avanzata in Ticino da alcuni
deputati controcorrente della
Lega. Ma purtroppo è stata liquidata tra frizzi e lazzi.
LA DISOCCUPAZIONE
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
Spagna
Germania
Italia
SENZA RETE (Percentuale di adulti disoccupati che vivono in famiglie povere che non ricevono sostegno dagli ammortizzatori sociali)
Francia
25
20
Gemania
15
Spagna
Eu (27)
10
Francia
5
0
33
Italia
Spagna
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
2014
Italia
tra
Germania
virgolette
Francia
0%
10%
20%
30%
40%
50%
Fonte: Istat, Eurostat
3/ Storie
d’Europa
2014
Lavoronero
“Mai un vero contratto regolare...
non ho diritto alla disoccupazione”
Pensionati indigenti
e precari per sempre,
la Francia invisibile
Dall’Alsazia a Bordeaux passando da Parigi
le voci di un disagio con milioni di nuovi poveri
E
marginazione, precariato, malessere economico e sociale. Mai
come in questi ultimi tempi
buona parte dell’Europa scopre
di avere un incerto futuro. O almeno di aver irrimediabilmente perso
quel benessere e quei diritti fondamentali
che si credevano conquistati per sempre.
Una sensazione di impotenza e disagio
che le corrispondenze del Caffè hanno
raccolto e raccontato, con testimonianze
dirette, dall’Italia e persino dalla ricca Germania, seppure considerata la “locomotiva del continente”. Lo stesso disagio e sofferenza, le stesse paure che Luisa Pace racconta dalla Francia. Storie drammatiche,
C
on la crisi economica si riscopre che
il lavoro in nero può diventare un
ammortizzatore sociale o almeno
così dicono le statistiche: dal 15% di cinque
anni fa, i lavoratori in nero sarebbero ormai
un terzo dei francesi. Le spese di questo lavoro, un salvagente sul momento ma fattore di precarietà col tempo, le fanno soprattutto i lavoratori domestici o quelli del settore delle costruzioni. Dal baby-sitting alle
pulizie, all’aiuto agli anziani per arrotondare uno stipendio o un sussidio familiare.
Anche per guadagnarsi un po’ di vita dal
testimonianze personali, come quelle che
settimana prossima racconteremo anche
dalla Spagna. Tutte con lo stesso smarrimento: la scoperta di ritrovarsi, da un giorno all’altro, dalla parte di chi non ce la fa
più. I perdenti. Chi sbanda dopo aver perso il lavoro e cerca invano un altro impiego. Chi scopre come la capacità dello Stato
di aiutare si sia erosa al punto da assicurare ben poco. Chi ha capito, tutto d’un tratto, che quella solidarietà sociale fino ad ieri certezza è ormai solo un ricordo. E soprattutto i giovani impoveriti dal furto peggiore che poteva loro capitare: alle nuove
generazioni si è rubato il futuro.
e.r.b.
(3/continua)
Julie, 21 anni: “Ho fatto qualche lavoretto
come baby-sitter, poi da inserviente
in un hotel, e mai in regola, quindi...”
L’ANALISI DI CHIARA SARACENO
Gli Stati ormai si adeguano
al dualismo occupazionale
“D
CHIARA
SARACENO
Sociologa
con una lunga
esperienza
di studio
e lavoro
in Francia
e Germania
a tempo in Europa il mercato del lavoro è caratterizzato da un dualismo, una divisione tra chi ha un contratto regolare e chi ha, invece, quello che si chiama contratto atipico”. Chiara Saraceno, sociologa con una lunga esperienza di studio e lavoro in Francia e Germania, sottolinea come “ormai economia degli Stati e la politica sociale si stiano
rimodellando seguendo questa dualità, che non è più solo una
tendenza, ma una realtà ben sedimentata. In Olanda, ad esempio,
in alcuni settori come quello della sanità, e in particolare delle
cure rivolte agli anziani, alle lavoratrici occupate per poche ore lo
Stato consente di non pagare le tasse né di versare i contributi, ma
garantisce comunque loro una pensione sociale”. Una formula che
viene declinata in vari modi, secondo le strutture sociali, economiche e politiche dei diversi Paesi europei. “In Inghilterra, invece,
esiste il working tax credit, una sorta di sussidio - spiega Saraceno
- destinato a chi ha un reddito basso. In Francia c’è il reddito da solidarietà attiva (revenu de solidarité active), con una ampia articolazione che calcola se il beneficiario ha figli, è sposato, oppure ha
altre entrate. Questo per dire che a fronte di una crescente difficoltà di accesso al mercato del lavoro si stanno cercando sistemi duttili che possano tuttavia garantire risorse sufficienti per vivere con
prestazioni sociali minime”.
Mettere insieme tutti questi elementi, però, non è facile. Soprattutto in un periodo come questo. “La Germania - nota la sociologa
- in questi anni ha introdotto la formula dei minijobs che poggiano però su una struttura economica solida, visto che l’economia
tedesca è quella che va meglio. In Italia invece il dualismo sta diventando un fatto strutturale. La precarizzazione del lavoro è una
realtà, accompagnata da un ricorso sempre più frequente ai contratti di solidarietà, nati per evitare tagli e licenziamenti che oggi
però vanno a colpire anche chi credeva d’essere garantito a vita
grazie ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato”. Quello
che emerge è che dopo la crisi finanziaria si sta assistendo a un rimescolamento delle carte nel mondo del lavoro. “La mia impressione è che un po’ in modo strisciante, un po’ attraverso nuovi
quadri normativi, si stia arrivando a quello che accadeva negli Usa
già negli anni ‘80: nello stesso ufficio lavorano un impiegato con
contratto atipico e un altro con contratto regolare”.
m.sp.
storie raccolte da
LUISA PACE
Corbis
Anzianidimenticati
Nuovipoveri
Senzadimora
“La vista non va, le ossa nemmeno...
Non fa niente, è troppo caro curarsi!”
G
“Perso il posto da top manager
ho dovuto elemosinare il cibo”
S
Josette, 89 anni: “Il mio Paese? Troppa
violenza, troppi estremismi. Tutti si lamentano,
ma mi sembra che nessuno faccia qualcosa”
Louis, 58 anni: “Avevo una moglie
e due figli, un mutuo e dei progetti
Tutto finito. Ora voglio partire”
ià nel 2010 gli osservatori francesi lanciavano l’allarme sul numero crescente di
pensionati poveri. Un bel contrasto con le
pubblicità delle compagnie di viaggio che miravano ai senior come le coppie ancora in grado di
permettersi degli extra. In tre anni la situazione
è peggiorata. Prime vittime le donne. Spesso si
ritrovano da sole con piccole pensioni perché
hanno interrotto il lavoro per occuparsi dei figli
e, rimaste vedove, hanno solo una misera pen-
sione di reversibilità.
Ufficialmente sarebbero sei milioni i pensionati
in stato di povertà, ma è difficile avere dati precisi. Quando va bene vivono con una pensione di
circa 778 euro al mese. La maggior parte finisce i
propri giorni in casa, in solitudine. Fieri o rassegnati, in silenzio vanno avanti come possono.
Mantengono la dignità, hanno un tetto modesto
sulla testa, ma non arrivano a fine mese e non è
raro vederli gironzolare tra banchetti e pattumiere alla fine dei mercati. C’è chi non ha nessuno a cui parlare, c’è chi non vuole dirlo alla famiglia, ai figli.
Josette è fortunata, lo dice lei, è un’arzilla signo-
ra di 89 anni, alsaziana ma abita a Parigi da una
vita. Dovrebbe cambiare gli occhiali. “Troppo
cari però”. Anche lei, come molti francesi, rinuncia a curarsi per ragioni economiche nonostante
l’assistenza mutualistica in Francia sia tra le migliori in Europa. Evidentemente non basta. Ha
anche problemi alle ossa, “ma non fa nulla”,
sbotta rassegnata. Passa una vicina e ci dice:
“Oggi ha cambiato la corda delle tende salendo
da sola sulla scala, quando non potrò più farlo
sarà la fine”, Josette la sgrida ridendo.
Fisico minuto ma di carattere, racconta di aver
lavorato sino a 79 anni, quando è morto suo marito. Le vengono le lacrime che caccia subito indietro: “Sono trascorsi dieci anni ma non mi abituo”. Era puericultrice, il marito, militare, andò
in pensione con pochi soldi e la malaria. Ride
quando le dico che sono italiana, perché il solo
“peccatuccio” che si permette è un pezzo di pizza dal panettiere ogni due settimane.
Non le piace la Francia di oggi: “Troppa violenza, troppi estremismi. Tutti si lamentano e nessuno fa niente, neppure quelli che criticano gli
altri per il loro menefreghismo. Sono i primi a girare lo sguardo da un’altra parte senza neppure
salutarti quando ti incontrano. Abbiamo vissuto
la guerra, mio marito ha perso la salute per la
patria. Ma la gente oggi non è più solidale.
Quando non sarò più in questo mondo,da lassù
manderò finalmente tutti a quel paese”.
i sentivano al sicuro, un lavoro, una casa, taluni una famiglia. Una separazione, una malattia, un licenziamento e la loro vita è cambiata. Vittime della crisi economica che improvvisamente scaraventa migliaia di persone ogni settimana nella precarietà. Si calcola che almeno due
milioni di lavoratori poveri vivano con meno di
850 euro al mese e otto milioni di persone vivano
sotto la soglia di povertà. Hanno in comune: la
paura del domani. Sono i poveri nell’ombra. Bus-
sare alla porta di un’assistente sociale è doloroso,
non lo fanno subito, non sanno neppure a cosa
hanno diritto. Cercano di cavarsela da soli fino a
quando non si arrendono alla realtà: gestire una
esistenza quotidiana difficile e cercare il modo di
risalire la china sono due imprese poco compatibili.
Trovare un alloggio “sociale”, dimostrando di guadagnare tre volte il costo dell’affitto, è partita persa
tanto lunghi sono i tempi d’attesa. Più di 100mila
persone sono costrette oggi a vivere in un campeggio. Louis P. ha 57 anni, alle spalle una carriera
da top-manager. A quarant’anni, la prima fusione
aziendale e perde il lavoro, lo ritrova dopo un
nulla. Il problema è che quando si entra nel
giro del lavoro nero si riescono a risolvere
alcuni problemi urgenti, ma difficilmente si
riesce a rientrare nelle liste di collocamento
che richiedono i giustificativi degli ultimi
stipendi. Se si perde il lavoro in nero si perde e basta senza alcun diritto.
È il costo del lavoro che è in discussione.
Anche per i privati che vogliono assumere
una colf dichiarandola, per beneficiare poi
di una detrazione fiscale, ma che devono
comunque cominciare anticipando gli
oneri. Né risultano accordi per venirsi incontro reciprocamente. Non è una gioia lavorare in nero e chi lo fa non deve essere
additato come evasore fiscale. Le vittime
del lavoro nero aumentano. Si moltiplicano
infatti i casi di giovani che sono inizialmente assunti in nero con la promessa di un
contratto a tempo indeterminato. Una promessa spesso non mantenuta.
Julie, 21 anni, abita a Bordeaux, ha interrotto gli studi prima della maturità dopo la separazione dei suoi che è coincisa con la disoccupazione di sua madre. Julie ha fatto
qualche lavoretto come baby-sitter, ha dato
qualche lezione ma non riusciva a conciliare studi e lavoretti. Poi ha trovato un impiego:“Un albergo della zona dove lavorava
una conoscente di mia madre mi ha proposto un posto d’inserviente inizialmente
part-time, ma con la promessa di assumermi con un contratto a tempo pieno dopo un
periodo di prova in nero. Ho accettato con
entusiasmo”. Passano altri sei mesi ma è
sempre pagata in nero con la scusa della
crisi: “Poi hanno cominciato a ritardare i
pagamenti e ne avevo bisogno. Già guadagnavo poco part-time e poi anticipavo le
spese di trasporto. Per tre mesi ancora ho
continuato sperando di ricevere il dovuto.
Niente. Sono rimasta a casa ma non ho
avuto diritto a nulla. Non ero registrata da
nessuna parte non potevo pretendere…”.
Julie non ha potuto fare ricorso per avere
un sussidio, da un anno cerca inutilmente
lavoro come migliaia di altri ventenni della
regione. E non ha nemmeno diritto al sussidio di disoccupazione poiché non risulta
che abbia mai lavorato.
anno e mezzo ma è vittima di una seconda fusione. Aveva una moglie e due figli, un mutuo e dei
progetti. Invece ha dovuto chiudere l’appartamento ormai “troppo grande”, la separazione è seguita di lì a poco. “Per otto anni ho fatto diversi lavoretti - ricorda-, pur restando iscritto nelle agenzie di cacciatori di teste. Ho preso il brevetto d’autista ed ho fatto da chauffeur a gente che fino a
poco prima frequentavo. Quel poco che guadagnavo bastava appena a pagare il mutuo, poi non
ce l’ho fatta più e il mio unico bene mi è stato pignorato”.
Lo stipendio di un lavoratore povero basta per l’affitto, per le bollette. Resta fuori il cibo. Anche Louis si è deciso a varcare la porta dei “Restos du Coeur” l’associazione per la distribuzione di pasti ai
poveri. Quando nel 1985 il celebre umorista Coluche creò i “Restos du Coeur”, non poteva immaginare l’aumento esponenziale dei bisognosi. La
campagna d’inverno 2013-2014 è iniziata con il
triste record di più di un milione di iscritti. Nel
frattempo Louis ha finalmente trovato un lavoro
simile a quello di prima. “È stato veramente difficile e vivo ancora con la paura del futuro, di un
nuovo licenziamento. Guadagno molto meno di
quando ero giovane. Cercare lavoro con un curriculum con ben due lauree mi ha insegnato a barare al ribasso, se no pensavano che sarei stato troppo caro”. Louis sta risalendo la china ma ha un
pensiero fisso: “Lasciare la Francia”.
“Dall’Ungheria a Montparnasse
per vivere solo sotto una tenda”
U
n tempo c’erano i clochard. C’erano
ancora vent’anni fa. Ricordavano i vagabondi dei tempi bohème di Montmartre e del “Vieux Paris”. Oggi ci sono gli Sdf,
i “Senza domicilio fisso”, e non sono la stessa
cosa. Una popolazione d’irregolari, di cui un
quinto sono bambini. I dati ufficiali dicono
che dal 2001 i senza tetto in Francia sono aumentati del 50%, passando da 86.000 a
Laszlo, ungherese: “Non ci riconoscono
niente, perché non abbiamo un indirizzo
da dare... ma la polizia ci lascia stare”
145.000. Ma la realtà è probabilmente peggiore. Non c’è bisogno di censimenti per vedere,
nella sola Parigi, quanto il fenomeno sia aumentato. Si incontrano ad ogni angolo di strada, si vedono materassi piegati, si vedono le
tende. Ci sarà dentro qualcuno? Ci sarà ancora domani o saranno stati spostati su ordine
della prefettura? Le azioni di forza sembrano
diminuite, ma come dimenticare il 15 dicembre 2007 quando l’associazione “Les enfants
de Don Quichotte” ed alcuni Sdf avevano
piantato le tende lungo la Senna ed erano stati
violentemente respinti dalla polizia?
Da allora le tende ad igloo fornite dalle asso-
ciazioni caritatevoli sono usate da molti, ma
c’è chi vive ancora sopra i cartoni con un sacco
a pelo. C’è chi ha perso ogni speranza, chi soffre di malattie mentali, chi si è perso nei fondi
di troppe bottiglie. Gli Sdf si sono divisi in comunità urbane di diverso tipo, ognuna con i
propri codici. Prima vivevano da soli ora hanno la tendenza a raggrupparsi. Forse per insicurezza e solitudine.
Dieci anni fa Christian ha preso posto con il
suo materasso vicino a Montparnasse. Poi ha
aggiunto una tenda. Il caso ha voluto che il Comune costruisse proprio lì a fianco un gabinetto pubblico. Due anni fa è apparsa una seconda tenda. Ora sono tre. Christian è gentile
ma burbero, non vuole raccontare la sua storia. Laszlo, un ungherese, parla un po’. Forse
perché siamo piaciuti al suo cane, forse perché parla italiano. “Dall’Ungheria sono arrivato in Italia, a Roma, e poi in Toscana- dice-. Ho
lavorato nelle costruzioni, poi sono andato a
nord e ora qui a Parigi. Voglio solo lavorare,
anche i miei amici. Cerchiamo sempre, abbiamo i documenti”. Un suo compagno li fa vedere. È vero. “Non abbiamo diritto a niente perché non abbiamo un indirizzo da dare, ma la
polizia ci lascia stare”. Quel piccolo accampamento che può sembrare inquietante ai passanti che accelerano il passo, guardando dall’altra parte, per loro è il solo posto accogliente.
34
LE
Dado vegetale
RICE Lavare 1 zucchina, 1 carota, 200 g di zucca, 1 cipolla, 200 g di sedano, 5 pomodorini,
1 spicchio d’aglio, del prezzemolo e del basilico. Asciugare e tagliare a pezzetti. Pesare
TTE
tra
virgolette
per regolarsi con il sale da aggiungere (dovrà essere 1/3 del peso delle verdure).
Mettere 2 cucchiai di olio nella pentola, aggiungere le verdure, coprire e cuocere 10 minuti.
Aggiungere il sale, mescolare, e cuocere le verdure coperte per 1 ora. Frullare. Cuocere per
20 minuti. Versare in una teglia ricoperta di carta alluminio e dare una forma rettangolare.
Tagliare a cubetti e una volta raffreddato, mettere in freezer a rassodare. Staccare i dadi
vegetali delicatamente e riporli in un contenitore di plastica da conservare in freezer.
Quell’alchimista
tra le pentole
chiamato “saucier”
L
e basi in cucina sono come le regole della sintassi in una lingua. Strutture fondamentali senza le quali si può bofonchiare, parlottare, balbettare. Ma ci si ferma sempre al di sotto del messaggio. E tocca all’interlocutore mettere insieme il discorso, immaginare i pezzi che mancano e ricostruire
il senso delle frasi. Lo stesso accade quando prepariamo una salsa per l’arrosto di carne senza sapere
l’abc dei fondi. Oppure quando facciamo un risotto e
al posto di un buon brodo ricco e intenso aggiungiamo un misurino di estratti di carne e dell’acqua bollente. Eppure la storia ce lo insegna, quando il dado è
tratto diventa difficile tornare sui propri passi. E allora hai voglia di aggiungere burro e parmigiano per
aggraziare il tutto.
Le cose si complicano ulteriormente se si vuole fare
un ristretto pensando che sia solo una questione di
evaporazione. Sarebbe come credere che per poetare
basti togliere qualche parola alla prosa. Invece no, per
un ristretto di vino rosso bisogna maneggiare con sapienza burro, farina, brodo, cipolla, timo, sale e alloro.
Facendoli entrare in un unico racconto gastronomico.
Francesi e cinesi lo sanno molto meglio dei popoli
mediterranei che sono storicamente refrattari a intingoli e salsine. Fatta eccezione per la salsa di pomodoro che eccita irresistibilmente le papille made in
Sud. Ma si tratta di un partito preso ingiustificato. Perché quella del saucier è una vera è propria alchimia. Il
grande chef Auguste Escoffier riusciva a inventare le
salse a tavolino, armonizzando gusti primari e secondari, periodi principali e subordinate, come un Balzac della cucina. La sua démi-glace au boeuf è da manuale. In Le Guide culinaire. Aide mémoire de cuisine pratique, pubblicato nel 1903, il maestro della cucina classica francese, racconta tutti i suoi segreti. In
ogni caso la regola aurea per una démi-glace degna
di questo nome è che prima si prepara un sontuoso
brodo di carne e ossa. Poi una salsa bruna, o spagnola. Infine si uniscono le due preparazioni in proporzioni rigorosamente uguali. E a fiamma lenta si riduce il tutto alla metà. Perché gli ingredienti, proprio
come le parole, vanno soppesati, misurati, calibrati.
Insomma articolati, e non semplicemente associati.
È così che la gastronomia diventa arte.
di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- 700 g di carne (di cui
una coscia di gallina
e il resto di manzo)
- 3 carote medie
- 2 coste di sedano
- 1 patata
- 2 cipolle piccole
- qualche crosta
di parmigiano
- 2,5 l d’acqua
- sale
- pepe
Brodo di carne
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Nelle salse la grammatica della cucina.
Gli ingredienti, come le parole, vanno
soppesati, misurati e ben calibrati
Adagiare la carne sul fondo della pentola, salare
e pepare, aggiungere le croste di parmigiano e
ricoprire con l'acqua. Chiudere la pentola a
pressione e cuocere per 20 minuti da quando
inizia a fischiare, abbassando la fiamma al
minimo. Far sfiatare la pentola e quando tutto il
vapore sarà uscito aprire e aggiungere le carote,
il sedano, le cipolle e la patata. Richiudere,
portare di nuovo a pressione e cuocere per altri
20 minuti dal fischio, sempre abbassando al
minimo la fiamma. Far di nuovo uscire il vapore,
aprire la pentola, togliere le verdure e assaggiare
il brodo. Se manca del sale aggiungere e
continuare la cottura finché il brodo sarà ben
saporito. Quando il brodo sarà pronto, spegnere
e far raffreddare. Quando sarà completamente
freddo, metterlo in una casseruola capiente e
riporre in frigo: questo farà si che il grasso del
brodo si solidifichi sulla superficie. Con una
schiumarola togliere delicatamente lo strato di
grasso. Filtrare il brodo con un colino ricoperto di
carta scottex.
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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
35
IL PUNTO
Quel silenzio
non ha giovato
al ministro
tra
virgolette
TAUXE A PAGINA 11
Lo scandalo
Politica e affari
LEOPINIONI
“Per il Plr
ormai
è un’anatra
azzoppata”
INDICE DELLA PERCEZIONE DELLA CORRUZIONE
meno virtuose
più virtuose
L’indice misura la percezione
della corruzione nel mondo
Ranking Paese
Punti
1. Danimarca
91
2. Nuova Zelanda
91
3. Finlandia
89
7. Svizzera
85
175. Afghanistan
175. Corea del Nord
176. Somalia
max
0-9
“C
8
8
8
min
40-49
90-100
Fonte: Transparency International
La “bella politica”
si mischia e affoga
nell’affarismo
Keystone
Il caso Schneider-Ammann incrina ancora una volta
la credibilità del Consiglio federale e delle istituzioni
omunque vada Johann Schneider-Ammann è da considerarsi un’anatra zoppa”. Secondo
Pierre Rusconi, deputato al Nazionale per l’Udc, le recenti vicende del ministro dell’Economia - che in passato a capo del
gruppo Amman avrebbe “parcheggiato” denaro in paradisi fiscali per pagare meno imposte evidenziano un problema etico.
“Troppo facile predicare bene
dopo aver razzolato male - dice
Rusconi -. Un politico non può
comportarsi come un qualsiasi
uomo d’affari. Non può fare il
“furbetto” e l’uomo di Stato. È il
prezzo che da noi si chiede alla
politica. Se poi dovesse aver
commesso delle infrazioni, allora le dimissioni sarebbero doverose e immediate”.
Sarcastico il deputato Lorenzo
Quadri, Lega: “È un classico
esempio di buon governo Plr a livello federale: il susseguirsi di indiscrezioni sulle sue vicende imprenditoriali lo pongono in una
situazione estremamente delicata. Credo che dovrebbe cominciare a pensare ad un ritiro”. Marina Carobbio, consigliere nazionale ps, sottolinea l’aspetto della
credibilità politica: “Si pone certamente, oltre al problema eticomorale, un problema di credibilità. È assolutamente inammissibile che la sua impresa tramite
società bucalettere, per quanto
Ti-Press
Hanno
detto
PIERRE
RUSCONI
LORENZO
QUADRI
MARINA
CAROBBIO
FABIO
ABATE
MARCO
ROMANO
Troppo facile predicare
bene dopo aver
razzolato male.
Un politico non può
comportarsi
come un qualsiasi
uomo d’affari
Siamo di fronte ad
un classico esempio di
buon governo a livello
federale del Plr.
Dovrebbe iniziare
a pensare
al suo ritiro
C’è un problema
di credibilità per
il consigliere federale.
Etico e morale.
Dovrebbe rispondere
di quanto successo
e fugare ogni dubbio
Se le autorità fiscali
non hanno sollevato
obiezioni e aperto
procedure, non vedo
dove stiano queste
irregolarità. Quanto
all’opportunità...
Mi pare stia
predominando
una cultura del sospetto
a prescindere.
Se risultasse colpevole
allora le dimissioni
sarebbero inevitabili
FRANCO ZANTONELLI
L
e acrobazie finanziarie offshore
del ministro dell’Economia rischiano di mettere fine, anzitempo, alla sua carriera politica. Forse
Johann Schneider-Ammann non
sarà costretto a dimettersi come fu il caso,
una trentina d’anni fa, per Elisabeth Kopp,
però l’ipotesi che il Partito liberale radicale
non lo ripresenti, per un nuovo mandato,
nel 2015, non appare infondata. Intanto,
mentre i suoi lo difendono, una consigliera
nazionale socialista bernese, Margret Kiener Nellen, ha chiesto che lasci la carica anzitempo. “La sua credibilità - ha tuonato la
parlamentare - è a pezzi e, di conseguenza,
non può rimanere in Consiglio federale”. “E
dire - ha rincaratoMargret Kiener Nellenche
quando
venne eletto in
Consiglio federale votai per
lui”. Per il momento, pur se
autorevole, è
una voce fuori
dal coro la sua.
“Meglio attendere che l’inchiesta faccia il suo corso”, l’opinione di un altro socialista del canton Berna, il combattivo sindacalista, Corrado Pardini. Secondo il fisco bernese ilministro non
ha violato le leggi, ma da sinistra si chiede
un’inchiesta indipendente.
Il caso Amman ripropone ancora una volta
il pericolo della vischiosa commistione tra
affari e politica. O, peggio, della corruzione
come è successo proprio nel Dipartimento
del ministro plr con lo scandalo della Segreteria di Stato dell’economia per i mandati di
favore, e a prezzi gonfiati, ad una azienda di
sistemi informatici. Un rischio quello della
corruzione che i politici federali e l’amminiKIENER NELLEN E PARDINI
Qui sopra, il consigliere nazionale
socialista bernese,
Margret Kiener Nellen
e il sindacalista Corrado Pardini
strazione centrale sembrano aver sottovalutato in questi anni, sebbene la percezione
del fenomeno (vedi infografia) in Svizzera
sia molto elevata.
Intanto, i liberali-radicali fanno quadrato attorno al loro ministro . “Il gruppo Ammann ha dichiarato il vice-presidente del partito,
Christian Lüscher - si è sempre comportato
in modo trasparente, con le autorità fiscali. I
soldi riportati in Svizzera, nel 2007 e nel
2009, sono stati reinvestiti nell’azienda, a
vantaggio del suo sviluppo e delle 1300 persone che vi lavorano”. Comunque sia, va
detto che, in questa particolare fase politica,
mentre i partiti trattengono il respiro, in attesa dell’esito del voto sull’iniziativa popola-
IPRECEDENTI
Da Paul Chaudet a Marina Masoni
i ministri inciampati su soldi e fisco
I
l caso Schneider Ammann non è uniconella politica federale. Nella storia più o
meno recente può contare su due illustri
precedenti. Pur trattandosi di tre storie differenti, tutte hanno un minimo comune denominatore: affari poco chari, legalità e opportunità politica.
Il primo caso, che risale al 1966, riguarda
l’allora consigliere federale radicale Paul
Chaudet ed è passato alla storia nazionale
come “L’affare dei Mirages”, gli aerei da
guerra che si rivelarono essere più cari di
quanto previsto. I sospetti di possibili tangenti? Chissa? Fatto sta che, basandosi
sulle conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Kurt Furgler (poi nel Governo federale dal 1972 al
1986), i radicali rinunciarono a presentare il
ministro come vicepresidente del Consiglio
federale. Perciò Chaudet decide di andarsene alla fine di quell’anno.
Nel 1989 è il turno di Elisabeth Kopp. La
prima a donna a sedere nella stanza dei
bottoni a Berna, commette un’imprudenza
che le costerà cara. Venuta a conoscenza
dell’apertura di un’inchiesta sulla Shakarchi Trading per riciclaggio di denaro sporco,
avverte telefonicamente il marito, che era
alla testa di questa società. Malgrado venga
eletta alla vicepresidenza, all’ inizio del
1989 sotto la pressione mediatica decide di
lasciare il suo posto, sospettata di violazione del segreto d’ufficio. Accusa che cadrà
l’anno successivo, dopo la decisione del Tribunale federale.
Anche in Ticino qualche ministro è inciampato in guai legati al denaro o al fisco. Nel
1960 il consigliere di Stato Tito Tettamantilascia il governo dopo le contestazioni per
aver ridotto da 100’000 a 90’000 franchi
una multa per evasione fiscale comminata
ad un suo conoscente. Stessa sorte tocca
nel 1977ad un altro ministro, Fabio Vassalli.
Il Credito Svizzero perde 250 milioni di franchi per operazioni non autorizzate effettuate
nella filiale di Chiasso, ma riconducibili ad
una finanziaria del Liechtenstein, la Texo,
con la quale Vassalli negava ogni contatto.
Dei documenti provarono invece il contrario, e malgrado i contatti fossero marginali,
Vassalli fu costretto a dimettersi. È, invece,
di qualche anno fa il caso dell’ex ministro
plrt Marina Masoni, travolta dalle polemiche
fiscali sulla fondazione di famiglia con sede
a Svitto. Nel 2007 perde le elezioni e al suo
posto arriva Laura Sadis.
o.r.
re anti-stranieri, almeno quelli che auspicano la vittoria del no evitano di affondare i
colpi contro uno dei ministri che l’hanno
maggiormente osteggiata. “Certo è - ha detto non a caso Kiener Nellen - che se avessimo già votato ci sarebbe stato meno ritegno”.
Quello che ci si può chiedere, tuttavia, è se lo
stesso Consiglio federale che ha intrapreso
la difficile via della trasparenza fiscale, nei
confronti dei partner internazionali della
Svizzera, possa permettere che un suo ministero, oltretutto alla testa di un dipartimento
chiave come quello dell’economia, sia appesantito dai sospetti che gravano, attualmente, su Johann Schneider-Ammann. “Se l’inchiesta confermerà che il ministro
dell’Economia ha compiuto delle operazioni fiscali moralmente riprovevoli, la credibilità dell’intero governo sarà sicuramente indebolita nei numerosi negoziati internazionali sulla fiscalità”- afferma l’economista
Sergio Rossi, docente all’Università di Friburgo-. Questo
nonostante che le diverse
trattative siano condotte dal
ministro delle Finanze, Eveline Widmer-Schlumpf”. Rossi
che ha avuto occasione di incontrare Schneider-Ammann ha una opinione su questa vicenda: “Non mi ha affatto
sorpreso, perché ho l’impressione che egli
abbia più la forma mentis dell’imprenditore
che quella dello statista, come erano invece i
suoi colleghi di partito Delamuraz e Couchepin”. Al di là di quanto successo in quelle
società di Jersey e Lussemburgo, a mettere
in seria difficoltà il ministro dell’economia
contribuisce pure il sospetto, tutto da verificare, di violazione dell’embargo statunitense verso l’Iran, da parte del gruppo Schneider-Ammann. Con Washington, infatti, e le
banche elvetiche lo hanno scoperto a proprie spese, c’è poco da scherzare.
SERGIO ROSSI
Qui sopra l’economista
Sergio Rossi docente
all’Università
di Friburgo
sia una pratica diffusa e tollerata,
abbia sottratto ingenti mezzi finanziari all’ente pubblico. Ciò
mostra ancora una volta come la
prassi diffusa di creare società
offshore per non pagare imposte
sia inaccettabile”. Marco Romano, deputato ppd, consiglia invece prudenza. “Mi pare stia predominando una cultura del sospetto a prescindere - dice al
Caffè -, se risultasse colpevole
allora certo sono inevitabili le
dimissioni. Ma al momento
aspettiamo l’esito delle indagini
e non seguiamo le indiscrezioni
giornalistiche che denotano anche un certo atteggiamento autolesionistico”.
Il Plr, intanto, condanna la strumentalizzazione politica del
caso. Per il senatore Fabio Abate
allo stato attuale dei fatti conosciuti, non si può parlare di elusione fiscale: “Ricordo che in
Svizzera ognuno è libero di aprire un conto bancario dove meglio crede, a condizione che si
dichiari fino all’ultimo centesimo quanto depositato - dice -. È
il fisco che deve accertare eventuali irregolarità. Se le autorità
fiscali non hanno sollevato
obiezioni e aperto procedure,
non vedo dove stiano queste irregolarità”. Posizione in linea
con quella del Plr, secondo cui
non si pone una questione politica, perché quando era un imprenditore l’attuale ministro ha
agito correttamente e in conformità della legge. “Dal profilo
dell’opportunità si può disquisire per anni - conclude Abate -,
ma ricordo che ogni svizzero
nella sua dichiarazione fiscale
usa tutti gli strumenti a disposizione, ovvero le deduzioni, per
ottenere un imponibile più basso possibile”.
c.m.
Team Ticino…
si riparte per nuove sfide
Interviste raccolte da Ugo Morselli
Poche le vacanze anche per le varie squadre del
Team Ticino. A metà gennaio tutte hanno ripreso
con gli allenamenti per prepararsi al meglio in vista del girone di ritorno. Abbiamo avvicinato i vari
tecnici, per tastare il polso delle varie “selezioni”,
con uno sguardo sul recente passato e naturalmente in ottica futura, chiedendo anche un loro
piccolo pensiero sulla vicenda legata all’AC Bellinzona.
Le 5 domande poste ai tecnici:
Un tuo giudizio sull’andamento del girone
d’andata
Punti positivi e negativi
Come pensi di impostare la preparazione per il
girone di ritorno?
Obiettivi per questa seconda fase del campionato
AC Bellinzona…un tuo pensiero?
Team Ticino U16
Un tuo giudizio sull’andamento del
girone d’andata
Siamo molto soddisfatti della crescita
dei ragazzi che quest’anno hanno fatto il
salto di qualità, provenendo dalle diverse u15 regionali ( Lugano, Mendrisiotto
e Sopraceneri). Su 60 ragazzi, ne abbiamo scelti 24, creando la squadra. Inizialmente si tratta di un duro lavoro di amalgama, di creare il giusto spirito, di capire
i vari meccanismi, ma il gruppo, alla
fine ha dato molte soddisfazioni.
Punti positivi e negativi
Partendo dai punti negativi, in certe partite non siamo stati sempre bravi a mettere in pratica quanto fatto in allenamento. L’aspetto positivo l’enorme impegno profuso da tutti. A parte il Basilea e
il GC, che sono nettamente le più forti,
ce la siamo giocate con tutte, possiamo
sicuramente progredire, ma la strada
scelta è quella giusta.
Come pensi di impostare la preparazione per il girone di ritorno?
Siamo ripartiti il 13 gennaio e affronteremo 6 settimane di duri allenamenti.
Quest’anno abbiamo deciso di non fare il
consueto ritiro. Lo stesso aveva sempre
luogo nella settimana di carnevale, ma
quest’anno cade inizio marzo ed è troppo tardi. A Pasqua andremo a fare uno
stage a Manchester, giocando con la
U16 dell’United e visitando il loro centro
di formazione. Nello specifico, si va ad
aumentare i carichi di lavoro.
Obiettivi per questa seconda fase del
campionato
In Coppa Svizzera siamo ancora in corsa, in semifinale incontreremo il Basilea,
sarà durissima, ma in una partita unica
potremo anche trovare la sorpresa. Personalmente il mio obiettivo, farli nuovamente crescere.
AC Bellinzona…un tuo pensiero?
Sono dispiaciuto, penso sia il pensiero di
tutti noi. Giocare contro il Bellinzona era
sempre uno stimolo incredibile. Un vero
peccato, una sensazione di vuoto….
Alessandro
Minelli
Allenatore
Team Ticino U17
Alessandro
Mangiaratti
Allenatore
Un tuo giudizio sull’andamento del
girone d’andata
Generalmente un campionato discreto,
abbiamo raccolto meno di quello auspicato, dovuti ad alcuni dettagli non rispettati. Però non siamo inferiori a nessuno, ma a questo livello gli errori si pagano a caro prezzo, potevamo fare qualche punticino in più.
Punti positivi e negativi
Sicuramente il “gruppo” è quello che ha
dato maggiore soddisfazioni, la gran voglia di lavorare. Da migliorare i cali di
tensione, maggior concentrazione e
qualche disattenzione di troppo.
Come pensi di impostare la preparazione per il girone di ritorno?
Abbiamo iniziato con gli allenamenti a
metà gennaio, con una preparazione
molto lunga di circa 8 settimane.
Potremo lavorare senza pressione, con
una o due partite amichevoli per settimana, curando molto i dettagli.
Obiettivi per questa seconda fase del
campionato
Dobbiamo migliorare, soprattutto individualmente, conto di conquistare qual-
che vittoria, anche di prestigio.
Ma siamo in fase di formazione, non solo
la classifica che conta, ma portare il
maggior numero di giocatori nella U18.
AC Bellinzona…un tuo pensiero?
Fa molto male vedere la fine che ha
fatto la mia ex squadra. Sono sincero, in
tempi non sospetti avevo dei brutti presentimenti…..
Team Ticino U18
Un tuo giudizio sull’andamento del girone d’andata
Il girone di andata è stato positivo per la
squadra U18. I risultati collettivi, ma soprattutto quelli individuali sono buoni e il
lavoro svolto dai ragazzi e dallo staff è
enorme. Grazie a tutta questa energia
penso che in futuro, qualche giocatore
potrà continuare la sua formazione e
raggiungere obiettivi importanti.
Punti positivi e negativi
Un aspetto positivo è la qualità del gioco
espresso dalla squadra. I giocatore cercano continuamente di applicare alla lettera in campo, quanto viene proposto fai
tecnici con molta voglia di progredire.
Singolarmente, i giocatori stanno cre-
scendo anche dal punto di vista mentale,
aspetto fondamentale in questo momento della loro carriera. Una carriera non si
improvvisa, È mancata però una vittoria
contro una delle squadre più forti (Basilea, GC, Young Boys), partite sempre molto tirate, ma alla fine con esito negativo
per noi.
Come pensi di impostare la preparazione per il girone di ritorno?
La preparazione per il girone di ritorno è
sempre basata sulla progressione dei
singoli giocatori. In questo periodo, il lavoro fisico, di forza in particolare, viene
curato minuziosamente. Si tratta di una
fase di sviluppo importante e la pausa
permette di concentrarsi su questo
aspetto, senza aver le partite di campionato a fine settimana. Un obiettivo è anche di valutare i ragazzi per poter decidere a fine campionato chi potrà continuare il proprio percorso nel calcio d'élite giovanile. La piramide si stringe ogni
anno e solo i più pronti e motivati potranno continuare
Obiettivi per questa seconda fase del
campionato
A livello collettivo, si cercherà nel girone
di ritorno a ribadire risultati ottenuti nell'andata. Sarebbe bello riuscire di raccogliere qualche punto contro le migliori
squadre della Svizzera. Individualmente,
si cercherà di portare un buon numero di
giocatori pronti per passare nella U21.
Naturalmente il Torneo di Pasqua a Bellinzona è un avvenimento speciale e atteso.
AC Bellinzona…un tuo pensiero?
Sono arrivato in Ticino, a Bellinzona, dove ho vissuto delle belle esperienze, conoscendo molte persone. Spiace constatare come una società può passare velocemente da un estremo all'altro. I tifosi,
la popolazione di Bellinzona, ma anche
del Ticino, meriterebbe di poter assistere alle partite di Super League in uno
stadio moderno. La passione che esiste
per il calcio in questo Cantone, non è
paragonabile con quella del resto della
Svizzera, spero quindi che un giorno (non
troppo distante) ci sia questa possibilità.
Vincent
Cavin
Resp. Tecnico
Team Ticino U21
Carlo “Cao”
Ortelli
Allenatore
Sponsor
principale
Altri
Sponsor
Un tuo giudizio sull’andamento del
girone d’andata
È stato un girone d’andata positivo per
quanto concerne quello dimostrato in
campo. Siamo stati in grado di mettere
in difficoltà qualsiasi avversario incontrato. L’unico rammarico è quello che
non siamo riusciti a dare continuità alle
nostre prestazioni. Ma la vita della Under 21, è diversa. Siamo sempre confrontati con molti cambiamenti, tante
volte 5 o 6 avvicendamenti, da una partita all’altra.
Punti positivi e negativi
I 19 punti raccolti sono un discreto “raccolto”, peccato l’obiettivo era quello di
arrivare ai 20 punti. Possiamo lavorare
con un gruppo motivato, che ci segue
sempre con molta attenzione.
Dobbiamo migliorare nelle cose semplici
e mirare sempre al massimo
Come pensi di impostare la prepara-
zione per il girone di ritorno?
Dopo un mese di pausa, al 14 gennaio
siamo tornati sul campo. Rimaniamo per
tutta la durata della preparazione a Tenero. Dall’altro canto le strutture sono
ottime e i due lunghi mesi di approccio
al campionato dovranno essere ottimali.
Obiettivi per questa seconda fase del
campionato
Dobbiamo tenere un profilo basso, per
noi la salvezza è di primaria importanza,
Partner
quindi iniziare con il piede giusto e mettersi al riparo da qualsiasi evenienza. Mi
ripeto, viviamo in un contesto particolare, dettato anche da cosa ci arriva dalle
squadre di CL.
AC Bellinzona…un tuo pensiero?
Il fallimento del Bellinzona non ha toccato la nostra squadra. Abbiamo preso atto
di quanto successo. Una grossa delusione per tutto il movimento calcistico ticinese e svizzero . Sponsor
tecnici
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
37
tra
C
inquanta sfumature di
bianco. Tante ne ha provate, lavorando con il direttore della fotografia Emmanuel Lubetzki, la costumista di
“Gravity” Jany Temine. Una era
troppo grigia, un’altra troppo
beige, il bianco giusto per le riprese nello spazio profondo era
inadatto alle riprese dentro la
navicella (o quel che ne rimane
dopo l’incidente con la tempesta
di detriti).
Sembra facile disegnare una tuta
spaziale, perché va schizzata e
fabbricata, non si può risolvere
la faccenda andando alla Nasa e
prendendone qualcuna in prestito. Le vere divise degli astronauti, spiega Jany Temine, addosso agli attori fanno l’effetto
“Teletubbies”, i pupazzetti colorati e grassocci che saltellano
nella più famosa serie della Bbc
destinata ai bambini.
Il 3D complicava ancor di più la
faccenda, e c’era il problema
della biancheria. Non si poteva
certo far uscire Sandra Bullock
dallo scafandro con il necessario
pannolone. Quindi il completino gareggia in spartana eleganza
con quello sfoggiato da Sigourney Weaver alla fine del primo
“Alien”. L’attrice, alla prima prova
costumi, aveva avvertito: “Farò
molta palestra, il mio corpo diventerà muscoloso”. Promessa
mantenuta, fa notare Jany Temi-
schermi
MARIAROSA MANCUSO
Tute Adidas, pellicce,
scafandri spaziali...
il costume fa Oscar
ne (che vanta 40 anni di esperienza, ha disegnato le divise
scolastiche di Harry Potter e le
palandrane dei maghi, e ha lavorato su “Skyfall”): in effetti l’ingegnera ha un fisico da urlo.
Risultato: 10 nomination all’Oscar, 90 candidature ai più
vari premi che si assegnano nel
vasto mondo dei cinema, e nessuna per i costumi. I giurati
dell’Oscar preferiscono i film
d’epoca. La statuetta andrà al
miglior broccato, al miglior taffetà, alle migliori paillettes o al
miglior costume da bagno all’uncinetto (ne sfoggia uno stupendo Amy Adams in “American
Hustle” di David O’ Russell). Magari al trionfo di camicie bianche
e di abiti da lavoro nei campi di
cotone disegnati dall’ottantenne
costumista Patricia Norris per
“12 anni” schiavo di Steve
McQueen.
I film contemporanei, peggio
GRAVITY
Eleganza
spartana per
Sandra
Bullock nel
film di Alfonso
Cuarón
libri
virgolette
MARCO BAZZI
che mai i film di fantascienza,
hanno scarse possibilità di farsi
notare. A meno che non siano
firmati da Wes Anderson, che
nei “Magnifici Tenenbaum”
identifica i personaggi con il loro
armadio: tuta Adidas rossa per
Ben Stiller, pelliccia di visone
per Gwyneth Paltrow. Il volpacchiotto gentiluomo “Mr Fox”,
I film contemporanei
e quelli di fantascienza,
non sono notati dalle giurie
GLI ITALIANI
NON SONO
PIGRI
Barbara Serra
nella pellicola di animazione,
aveva un completo gemello del
velluto rigato beige che il regista
ha addosso in tutte le fotografie.
Il prossimo film, “The Grand Budapest Hotel” (apre la Berlinale
il 6 febbraio) è ambientato in un
lussuoso albergo di inizio novecento. Già le divise dei fattorini,
viste nel trailer, sono un incanto.
L’altra informazione
vista da Al Jazeera
B
arbara Serra è dal 2006 una delle conduttrici
del telegiornale di Al Jazeera English. Nata a
Milano da genitori italiani, ha studiato a Londra, dove vive, e ha iniziato la carriera giornalistica
alla Bbc. Poi ha fatto una scelta “radicale”: quella di
passare a un network che molti occidentali guardano con sospetto, al Jazeera, appunto.
Ospite nei giorni scorsi di una conferenza a Lugano,
Serra ha pubblicato recentemente un libro, Gli italiani non sono pigri (Garzanti), nel quale oltre a episodi
della sua vita da “italiana all’estero” racconta anche
la sua scelta professionale.
“Sicuramente, gran parte degli italiani non ha visto i
famigerati filmati di Bin Laden su Al Jazeera, ma sulla
Rai o su Mediaset - scrive -. Se si accusa Al Jazeera di
aver fatto da portavoce ai terroristi, l’accusa si dovrebbe estendere a tutti i canali che hanno rimandato in onda quei filmati”.
Barbara Serra difende l’indipendenza e la qualità
del giornalismo di Al Jazeera e lo fa partendo dalla
sua esperienza. “Essendo l’unico grande canale
all-news fuori dall’Occidente (Doha invece che
Londra, New York o Atlanta) cerchiamo di vedere
il mondo non solo con occhi occidentali”. E a chi
sostiene che Al Jazeera sia il megafono dello stato
del Qatar, che la finanzia, replica: “Se mai lo diventassimo, perderemmo il rispetto dei nostri telespettatori fino a diventare irrilevanti”.
Quando ha deciso di lavorare per Al Jazeera, la giornalista qualche problema se l’è posto. “Avevo fatto
estese ricerche, sfatando certi miti (per esempio, che
Al Jazeera avesse mostrato video di esecuzioni di
gruppi terroristici, cosa mai successa), ma sapevo
che nell’istante in cui il mio volto fosse apparso su Al
Jazeera, tutte quelle associazioni avrebbero incluso
anche me. Per sempre”.
Serra trova “enormemente fuorviante l’uso generalizzato di termini come mondo arabo e mondo occidentale”. Ci sono trecento milioni di persone nei Paesi arabi, spiega, che forse hanno in comune solo la
lingua, parlata comunque in vari dialetti e accenti di
ogni regione. “Credere che le popolazioni arabe la
pensino tutte alla stessa maniera è tanto assurdo
quanto credere che gli italiani siano tutti uguali”.
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(estremo occidente) che é il nome arabo per il
Marocco. Il Marocco è una meta turistica
affascinante, una terra di straordinaria
diversità paesaggistica e culturale sulla soglia
tra oriente e occidente. Ci sono deserti infiniti
e montagne di oltre 4000 metri di altezza,
insediamenti berberi medievali e suq
traboccanti di vita, monumenti imponenti e
artigianato tradizionale.
Come imperiali o regali vengono definite
queste quattro città: Fes, Marrakech, Meknes
e Rabat. Ognuna di esse era un tempo capitale
di una delle grandi dinastie del paese. l loro
rispettivi governatori costruirono le capitali in
modo molto sontuoso e maestoso ed è per
questo motivo che sono ancora oggi tra le più
importanti attrazioni turistiche del Marocco.
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SAN
PIETROBURGO
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hanno dato a San Pietroburgo il soprannome di
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Pietroburgo una perla mondiale di architettura.
Si lasci ispirare dal centro storico della città e
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famosissima Prospettiva Nevsky e ammiri
l’unica cattedrale di Sant'lsacco. La ricchezza
di tesori artistici e culturali di San Pietroburgo è
particolarmente evidente nell’Ermitage, uno dei
musei più importanti del mondo.
Se vuole camminare sui sentieri della storia
può visitare la Fortezza di San Pietro e Paolo.
Una gita a Pushkin la porterà al magnifico
palazzo di Caterina. Queste e molte altre
attrazioni promettono un viaggio pieno di
meraviglie, un viaggio che la awicinerà all’arte
russa come alla cultura, alla storia e al modo di
vivere di questa straordinaria e versatile città.
Monuments Men
Ispirato alla storia vera della più grande caccia al tesoro di tutti
i tempi, Monuments Men segue la vicenda, durante la Seconda Guerra
mondiale, di un singolare plotone istituito dal Presidente Roosevelt
con il compito di recarsi in Germania e recuperare i capolavori
artistici trafugati dai nazisti per poterli restituire ai proprietari.
La missione appare impossibile: le opere d’arte si trovano dietro
le linee nemiche e, con la caduta del Reich, l’esercito tedesco ha
ricevuto l’ordine di distruggere tutto. Come può il plotone, composto
da sette uomini più avvezzi a maneggiare opere di Michelangelo che
non M-1, sperare di riuscire nell’impresa? Ma quando i “Monuments
Men” si trovano coinvolti in una gara contro il tempo per evitare
la distruzione di 1000 anni di cultura, tutti mettono in gioco la loro
vita per proteggere e difendere i grandi tesori dell’umanità.
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della Primavera
araba
Nel videogame
bellico più
venduto al
mondo
l’attacco agli
Usa arriva dai
Paesi ricchi di
materie prime
DEMOCRACY 3
PRIMO MINISTRO
Dall’immigrazione
agli scontri di piazza
fino al precariato,
così l’intrattenimento
elettronico mescola
games digitali
e vecchie ideologie
Il giocatore, nei panni del
premier di un Paese
occidentale, deve prendere
decisioni su tutto con lo
scopo di accontentare gli
elettori (ed essere rieletto)
PAPERS PLEASE
I DOCUMENTI
Nei panni di una
severissima guardia di
confine si affronta in prima
persona, a colpi di visti, la
complessa questione delle
politiche di immigrazione
BATTLEFIELD 4
CINA DA PAURA
Il genere è quello dello
“sparatutto”, ma è la Cina il
nuovo nemico nei panni di
un generale con un’unica
missione: fare scoppiare un
conflitto mondiale
EZIO ROCCHI BALBI
L
e nuove guerre, i conflitti interrazziali, il
problema dei clandestini immigrati, ma
anche la precarietà, la crisi economica e i
disordini di piazza. Emergenze che il potere politico si ritrova quotidianamente
davanti. E non è facile, anche per un buon statista,
venirne a capo. Tutto è più semplice, però, se le stesse questioni si affrontano con il “joypad” in mano.
Sì, perchè anche l’arte del governo ha finito per incontrarsi con l’intrattenimento elettronico. Ora la
politica si impara anche videogiocando. Mai come
oggi, infatti, la produzione (e l’uso) di videogames,
anziché ricorrere a fantasiosi canovacci, riproduce
la realtà quotidiana. Ed è difficile valutare anche, e
fino a che punto, il tutto avvenga all’insegna del politically correct.
Ad esempio “Paper please”, il documento per favore,
permette di vivere in prima persona la complessa
questione delle politiche sull’immigrazione. Anche
se il tutto avviene, a colpi di visti, dati biometrici e
controllo dell’identita, sul confine di uno Stato un filino totalitario. Forse più esplicito “Riot”, che sembra copiato pari pari da uno dei tanti disordini di
piazza in una qualunque metropoli, riprodotto tale
e quale come si potrebbe vedere in un tg. Solo che,
naturalmente, è interattivo, con la variante che il
giocatore può scegliere se stare tra le fila dei dimostranti o tra quelle delle forze dell’ordine in tenuta
antisommossa. Basta smanettare online per scoprire che, nello stesso filone e pure gratuitamente,
sono scaricabili e videogiocabili i più svariati temi di
stretta attualità: dalle condizioni di lavoro in un fast-
La politica si impara
videogiocando
cinese di videogames che sta elaborando, dopo “Segreti della Maggia” un nuovo gioco tratto dal libro di
Sebastiano Brocchi -. E non dimentichiamoci i droni, i piccoli velivoli telecomandati, che già danno ad
alcuni eserciti la possibilità di intervenire militarmente in qualsiasi angolo del pianeta seduti davanti
a una console. Anzi, non è da escludere che a finanziare certi videogames siano gli stessi Stati, i Servizi
segreti, interessati poi a sviluppare, con opportune
modifiche, strumenti utilizzabili in qualsiasi contesto sociale”. E così “Unmanned” fa scorrere più di un
GUERRA D’EROI
Le edizioni Corno
pubblicano con
successo, nel 1965,
la serie “Guerra
d’eroi” che uscirà
per quasi 800
numeri fino al 1984
Stefano Macchi: “Non dimentichiamo i droni e
i simulatori di volo, già usati da molti eserciti
per intervenire militarmente in ogni Paese”
food alla libera diffusione delle armi, dalla libertà
sessuale fino allo scandalo della pedofilia nella Santa Sede.
Alcuni di essi hanno evidenti presupposti politicosociali, con tanto di guadagno economico. “Cart
Life”, ad esempio, simula l’apertura di una piccola
attività in piena crisi finanziaria globale. Si può tentare di arrivare alla fine del mese nei panni di una
ragazza madre che apre un chiosco, o di un ucraino
che deve sbarcare il lunario con un’edicola, o un
tipo qualunque che deve sopravvivere vendendo
bagel, donuts e ciambelle. Tutto molto realistico, visto che lo stesso programmatore del gioco, Richard
Hofmeir, ha vissuto finora da precario facendo mille
lavoretti.
Insomma, anche i politici si possono allenare per rispondere ai bisogni dei cittadini, dalle difficoltà
economiche alla sicurezza, da quelle sanitarie a
quelle fiscali. “Ma non c’è da stupirsi, visto che da
tempo anche in certi giochi più ‘sparatutto’, quelli
bellici come ‘Call Of Duty’ o ‘Battlefield’, i conflitti
sono abbinati a politiche economiche ed estere
iperrealistiche, dal reperimento di materie prime al
posizionamento strategico-territoriale tout court –
commenta Stefano Maccarinelli, l’unico ideatore ti-
brivido lungo la schiena. Joypad alla mano il giocatore, nel suo anonimo bunker, ha una sola missione:
pilotare droni e uccidere persone, individui ben
identificati, a migliaia di chilometri di distanza.
Certi giochi, poi, sembrano dei veri “simulatori di
governo”. Come classificare, infatti, il britannico
“Democracy 3” che ti mette nei panni di un premier
di un Paese occidentale, invitando a fare tutte le
scelte (e sopportandone le conseguenze) al solo
fine di essere rieletto?
[email protected]
Q@EzioRocchiBabil
ILDISEGNO
La “propaganda bellica a strisce” spiegata da Carboni di Manorfumetto
“La guerra era già in formato fumetto”
M
ezzo secolo fa, quando nemmeno gli scrittori di
fantascienza avevano previsto i videogames, la
“politica estera” aveva già un valido alleato che mixava abilmente immaginazione e azione: i fumetti. Fumetti
di guerra che fino ai primi anni Settanta hanno goduto di un
grande successo , da Guerra d’eroi a Super eroica fino a
Commandos. Conflitti su carta estinti da tempo.
“E già allora, non esplicitamente, erano uno stumento popolare di propaganda politica - ricorda Antonio Carboni,
ideatore e patron di Manorfumetto, il massimo esperto di
“bande dessinée” del cantone -. Non a caso la migliore produzione era inglese, e s’avvaleva dei più bravi disegnatori
sul mercato; non ha caso anche dei grandi come Hugo Pratt
ne hanno disegnate alcune di quelle storie che, tra l’altro,
erano anche sceneggiate e scritte egregiamente in non pochi casi”.
Ma al di là del divertimento e le emozioni che trasmettevano ai lettori quelle vicende belliche che hanno affascinato
un’intera generazione nascondevano (si fa per dire) un
messaggio ideologico. “Era evidente, soprattutto in quegli
anni di guerra fredda, chi erano i vincenti e chi i perdenti, da
una parte i buoni e dall’ altra i cattivi - spiega Carboni con
un sorriso disincantato -. E i buoni, gli eroi, i valorosi capaci
di gesta tanto gloriose quanto nobili erano sempre loro, gli
anglo-americani, i marines, i piloti della Raf, i marinai e le
truppe del Commonwealth. I cattivi, vili e scorretti, naturalmente i tedeschi e i ‘musi gialli’ giapponesi. Ma solo perché
ancora non c’erano i cinesi, se no mettevano subito anche
loro tra i cattivi”. Non a caso, infatti, l’attualissimo videogame Battlefield 4, uno “sparatutto” di guerra, fa della Cina il
nuovo spauracchio che fa tremare l’America.
“Beh, possiamo considerarla ancora propaganda no? - conclude divertito Carboni -. Non così diversa, mezzi digitali a
parte, da quel fumetto dell’era fascista, Luciano Serra pilota,
affidato a un’ altra star del disegno come Walter Molino, che
è diventato pure un film di successo”.
SUPER EROICA
Avventure
belliche
di cielo,
di terra
e di mare con i soldati
alleati
nella parte
fissa
dei “buoni” pubblicate
dalla casa
editrice
Editoriale
Dardo
fra gli anni '60
e gli anni '90
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Consegnati i diplomi di esercente
“Le nozioni e le sensibilità che
avete ricevuto e approfondito in
questi mesi
di preparazione e di
formazione
vi permetteranno di impostare
al
meglio la vostra attività,
di
essere
competitivi
sia nell’offerta sia nella qualità in
un mondo del lavoro sempre più
sotto pressione, agguerrito, con-
correnziale”. È un passo del discorso tenuto dall’ing. Paolo Colombo, capo Divisione formazione professionale, durante la cerimonia di consegna dei diplomi e
attestati, svoltasi alla Scuola Esercenti di GastroTicino. Presenti anche Ermanno De Marchi (presidente Commissione d’esame), Gabriele Beltrami (segretario cantonale GastroTicino), Matteo
Righetti e Antonio Petrucci (Swica Ticino). Miglior media: Raffaella Biondelli con il 5.7. Resoconto completo in GastroNews (a
fianco).
&
GastroNews
“Juri e Sapuri”, Sicilia a tavola
QR-Code
Rassegna al Ristorante Botero di Lugano Dopo l’esame cerimonia alla Scuola di GastroTicino
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
Nell’accogliente Ristorante Botero a Lugano, Salvatore
Scarpa propone sino al 30 marzo la rassegna “Tutto il calore della Sicilia”, con lo chef di casa Maurizio Bregonzi
e l’ospite Vito Ribecca del Ristorante “La Lampara” di
Sciacca. Tra le specialità l’insalata
tiepida di frutti di mare con salsa
fredda agli agrumi, la caponata tradizionale, arancini al nero di seppia
con salsa di acciuga uvetta e pinoli,
pasta con le sarde e mollica tostata,
timballo di pasta alla “gattopardo”,
zuppetta di pesce con crostini, coniglio alla siciliana con mandorle e
miele di zagara, e molti altri ancora. Ottimi i famosi dessert e i vini Mandrarossa, azienda con la quale sarà organizzato un evento unico in Ticino, tutto al femminile.
Idoneità
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che
possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo
sistema di comunicazione. Scaricando con un
qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura
dei QR-code e facendo la scansione
del QR-code che
vedete in questo
articolo, sarete indirizzati sul sito di
GastroTicino. Troverete il simbolo
del QR-code e potrete cliccare sulla
notizia per leggere
questa settimana:
> Resoconto completo e foto della consegna dei
diplomi di esercente
> Informazioni complete sul convegno IVA
> La squadra svizzera di pasticceria alla Coppa
del Mondo
> GLEMotion con i quadri di Serena Maisto e il
contest dei risotti
> Novità in cucina e rassegna emiliana ai Grappoli di Sessa
Scade il termine di legge
Ancora un richiamo
di GastroTicino
per rendere attenti
i soci a osservare
l’importante
scadenza del
Il pregiato tartufo nero di Norcia
31 marzo 2014
protagonista alla Locanda Locarnese
Attenzione mancano ormai poche
settimane alla fatidica data del 31
marzo 2014. Data entro la quale
ogni esercizio pubblico dovrà essere
in possesso dell’attestato di idoneità
rilasciato dal Municipio. Ecco perché GastroTicino torna sull’argomento ancora una volta, invitando i
soci a fare le opportune verifiche.
Sin dal 2011 GastroTicino si è infatti
adoperata per spiegare lo scopo e la
portata della data di riferimento del
31 marzo 2014, rendendo attenti tutti gli esercenti in particolare sull’articolo 53 Lear. La nuova Lear (Legge sugli esercizi alberghieri e la ristorazione) è stata spiegata nel dettaglio a tutti i soci alle assemblee
cantonali e sezionali, in apposite
conferenze pubbliche per i soci sia
nel Sopra che nel Sottoceneri, nei
corsi organizzati all’uopo, sul nostro
organo ufficiale, nelle news-letter e
sul sito di GastroTicino. L’articolo
53 ear sancirà definitivamente la
fine della vecchia Lep del 1992.
La vecchia Lep prevedeva e regolamentava la gerenza, la patente e (in
misura minore) il gestore. Questa
tricotomia ha portato confusione e
oneri amministrativi.
Inoltre, la vecchia Lep - come pure
cessi dalla legge.
In altre parole: la patente decade per
legge il 31 marzo 2014 e dal 1° aprile 2014 occorre che il gerente sia in
possesso di un’autorizzazione la
quale viene rilasciata con la presentazione dei documenti previsti dalla
legge, fra cui è annoverato l’attestato di idoneità. Dal 1° aprile 2014
ogni esercizio pubblico aperto senza la necessaria autorizzazione
dell’Ufficio del commercio e dei
passaporti violerà la legge e potrà
essere chiuso seduta stante per ordine delle autorità.
GastroTicino è certa che la maggior
parte degli esercenti ha nel proprio
legittimo interesse già provveduto,
d’intesa eventualmente con i proprietari dello stabile, a chiedere e ottenere il certificato di idoneità. Tuttavia, queste brevi riflessioni, in particolare per quei casi che hanno ancora dei dettagli da chiarire, è stato
senza dubbio utile. Ad ogni buon
conto l’invito, per chi non possiede
ancora l’attestazione di idoneità da
presentare all’autorità cantonale insieme agli altri documenti richiesti,
è quello di iniziare ad affrettarsi.
Torneremo ancora sull’argomento. m.g.
le precedenti leggi del 1931 e del
1967 - permetteva ai vecchi immobili di mantenere la struttura dello
stabile in caso di regolare continuazione dell’attività. Questa sorta di
diritto transitorio ha permesso il
mantenimento della presenza di stabili fuori norma sotto il profilo della
sicurezza e delle leggi nel frattempo
entrate in vigore, in particolare quelle legate alla polizia del fuoco e alle
norme sulla sicurezza elettrica e sul
lavoro.
La nuova Lear ha come unico referente il gerente, il quale ha assunto il
ruolo centrale che gli si addice. La
figura del gestore, per l’Ufficio del
commercio e dei passaporti, in pratica non esiste più, come pure il titolare dei diritti reali sul locale (di regola
il proprietario). Come è sempre stato
spiegato, è il gerente colui che deve
presentare i documenti per potere
ottenere l’autorizzazione (articolo 8
Lear).
Tra i documenti da presentare all’ufficio cantonale vi è l’attestato di idoneità rilasciato dal Municipio (articolo 7 Lear). L’attestato conferma la
regolarità dei requisiti strutturali e
igienici, attenendosi alla procedura
edilizia (articolo 7 cpv. 3 Lear).
Per il settore
è in arrivo un
cambiamento
notevole
con la nuova
legge
Questo attestato di idoneità deve essere presentato entro il prossimo 31
marzo 2014 (articolo 53 Lear), perché entro tale data verrà a cadere la
patente che era prevista nella Lep
L’esercente, con il proprietario, ha
quindi avuto tre anni per ottenere
l’attestato di idoneità, rispettivamente per regolarizzare eventuali situazioni strutturali o igieniche contrarie alla legislazione odierna. Per
questo GastroTicino ha sempre invitato a non sottovalutare i tempi con-
Il tartufo nero pregiato di Norcia sarà il protagonista della serata che lo chf Persyo Cadlolo propone
alla Locanda Locarnese di Locarno mercoledì 19
febbraio. In collaborazione con Biagetti Tartufi, si
potrà degustare un menu (92 chf) composto dal tartare di manzo “Black Angus” al tartufo nero, la
crema di patate novelle al tartufo nero, i tortelli freschi al tartufo nero con crema di lenticchie di Castelluccio, la lombatina di vitello glassata al forno
al tartufo nero e la dolce sorpresa tartufata. Informazioni e prenotazioni al numero 091 756 8 756.
Rassegna gastronomica toscana
all’Hotel Ristorante Unione
Enzo Parri, cuoco del rinomato ristorante “Da
Enzo” a Siena, è ospite sino al 15 febbraio dello
chef Marco Berini per la quinta “Rassegna gastronomica toscana”. Al Ristorante Unione di Bellinzona si potranno gustare specialità quali gli involtini di Chianina con crostini, i carciofi saltati su
crema all’uovo e uovo all’occhio di bue, ribollita,
pici con ragu di cinchiale a coltello leggermente
piccanti, zuppa di mare alla moda maremmana, la
costata Chianina alla fiorentina, il Caciucco di
anatra alla senese, i Ricciarelli caldi con crema all’amaretto, il budino di riso alla vaniglia con cioccolato fondente. Il tutto abbinato a una bella scelta
di vini toscani. Informazioni e prenotazioni al numero 091 825 55 77.
presenta:
SCEF 045
Il 25 febbraio organizzato dall’Istituto di formazione delle professioni fiduciarie in collaborazione con GastroTicino
Iva, convegno per l’albergheria e la ristorazione
VILLA NEGRONI A VEZIA
Saranno approfondite le novità
introdotte con la nuova normativa
federale
Foto Garbani - Caseificio Agroval Airolo
L’entrata in vigore della nuova legge
sull’Iva ha comportato una serie di cambiamenti relativi a tutti gli aspetti salienti di questa imposta: dalle principali caratteristiche alle regole che riguardano
l’assoggettamento, l’oggetto dell’imposta, i calcoli, le aliquote, le deduzioni e
le problematiche di natura procedurale. Tali modifiche impattano in modo
determinante sulla normativa specifica
dei singoli settori, relativamente ai quali
l’Amministrazione federale delle contribuzioni pubblica opuscoli speciali che
integrano e completano la disciplina più
oreaggio
m
a
Undi form
re
in otlotranti
50 ris
generale. In questa prospettiva, l’Istituto
di Formazione delle Professioni Fiduciarie organizza una serie di seminari
per i diversi settori: formazione, cultura,
ricerca & sviluppo; immobiliare; alberghiero e turistico; finanziario e assicurativo; sanitario e sociale. In particolare,
questo convegno, organizzato in collaborazione con GastroTicino, è dedicato
all’analisi dell’opuscolo Info Iva 8, appositamente dedicato al settore alberghiero e alla ristorazione. Relatori del
convegno “Iva di settore: albergheria e
ristorazione” saranno Claudio Fonti,
esperto fiscale dell’Amministrazione
federale delle contribuzioni, e Stefano
Scheller, dottore in economia e legislazione, esperto fiscale dipl. fed., Studio
Legale Tributario Jäggi & Scheller SA,
Lugano.
Il convegno avrà luogo martedì 25 febbraio, dalle 10.30 alle 12.30, a Villa Negroni, Vezia. Quota d’iscrizione: membri Ftaf, Abt, GastroTicino Chf150.-;
altri Chf 190.-. Termine iscrizioni: 21
febbraio. Informazioni: Maddalena
Biondi, Centro di Studi Bancari, tel.
091 961 65 10.
GT14012014
Cercasi ristoratore con patente e/o
affittasi ristorante con alloggio in zona locarnese.
Seri interessati scrivere a: CP 1143, 6616 Losone
Eventuali interessati potranno contattarci al seguente indirizzo:
GASTROTICINO - Via Gemmo 11 - 6900 Lugano - Tel. 091 961 83 11 - Fax 091 961 83 25 - www.gastroticino.ch
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REALIZZAZIONE DI UN PEZZO ARTISTICO (CORSO AVANZATO – NUOVO)
Obiettivi
progettazione e realizzazione di un piccolo pezzo
artistico in cioccolato, composto da una base, una
parte centrale e la realizzazione di un fiore.
Insegnante
Giuseppe Piffaretti, formatore e ambasciatore
Ambassador Club Carma (www.carma.ch)
Data e orario
17 febbraio 2014, 8.30-17.00
Costo
Chf 130.00 soci / Chf 180.00 non soci
E-COMMERCE: ACCOMPAGNARE LO
SVILUPPO (NUOVO)
Obiettivi
essere consapevoli di come le trasformazioni abbiano cambiato le abitudini, essere a conoscenza
dei modelli tecnologici esistenti, capire come l’ecommerce rappresenti un’opportunità di sviluppo
aziendale, acquisire alcune strategie da adottare
per poter realizzare un vero progetto e-commerce. Il modo di offrire i propri servizi o prodotti
sta modificandosi, non solo per le trasformazioni
tecnologiche ma anche i mutamenti sociali dei
nostri consumatori pertanto il corso vi renderà
consapevoli di:
1. quali sono questi mutamenti sociali e tecnologici
2. quali modelli tecnologici esistenti sono maggiormente vicini al vostro tipo di esigenza
3. comprendere come poter sfruttare l'opportunità
di fare commercio elettronico e sviluppare la vostra attività 4. quali sono gli ostacoli strutturali da
superare per poter essere efficaci e vincenti
5. quali strategie costruire per poter intraprendere
una attività di e-commerce
6. come programmare le attività fondamentali di ecommerce per poter spendere meno e ottenere di più.
Insegnante
Antonio Zanzottera, AZ-Consulenza
(www.az-consulenze.com)
Durata e date
27 febbraio 2014, 17.00-21.00
Costo
Chf 120.00 soci / Chf 170.00 non soci
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
La lingua
Come comunicare
Do you speak
EZIO ROCCHI BALBI
“D
o you speak romancio?!”. Oppure: “Habla romancio?!”. Abituiamoci all’idea perché pare
che, ogni mese, due lingue
muoiono. E il linguista britannico David Crystal annuncia una profezia sconvolgente: tempo due secoli sul pianeta si parleranno
soltanto tre lingue: cinese, inglese e spagnolo.Se
non ci si adegua a questi idiomi, quindi, nel 2214
saremo rimasti letteralmente senza... parole. E il
romancio è già considerato dagli esperti sulla via
dell’estinzione, dagli stessi studiosi che prevedono
entro la fine di questo secolo la dipartita di metà
delle lingue attualmente parlate, qualcosa vicino
alle 7.000 lingue diverse, anche se la velocità con
cui scompaiono sembra aver assunto ritmi esponenziali.
La morìa più accentuata s’è registrata in India
dove, negli ultimi cinquant’anni, sono mancati
all’appello ben 220 diversi idiomi. Ma anche la
“lingua di Gesù”, l’aramaico, non è messa poi così
bene. La versione originale sembra sia ormai parlata in un solo villaggio, oggi del tutto isolato dalla
guerra civile in Siria. Neanche i bookmaker più coraggiosi accetterebbero puntate sulla sua sopravvivenza. Non a caso l’aramaico, come lo stesso romancio, viene monitorato da uno speciale programma di “protezione” sotto l’egida dell’Unesco.
Sebbene nello stesso sistema di sorveglianza speciale sia finito sotto osservazione pure il “gardiol”,
una variante del piemontese parlata da 300 persone nientepopodimeno che in Calabria! Eh sì, anche perché se le lingue sono in sofferenza per i dia-
Curiosità1
L’ATLANTE DELL’UNESCO
Romancio?
Impariamo cinese, inglese, spagnolo
o tra due secoli saremo senza parole
letti si può parlare di “strage”: solo in Italia si stima
che siano scomparsi, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, non meno di duecento dialetti, e altrettante identità locali. E a proposito della
lingua italiana, poi, le avvisaglie negative non
mancano. Nel corso della recente “Giornata del
dialetto” e al Festival delle Scienze dedicato ai
“Linguaggi” è emerso che entro il 2050 degli attuali
270mila lemmi sui vocabolari italiani ne rimarranno più o meno la metà. Tutti gli altri saranno sepolti dalle diciture “aul” o “des”, aulico o desueto.
Un fenomeno comunque ineluttabile, visto che
nell’ultimo mezzo millennio le lingue scomparse
dalla Terra equivalgono quelle rimaste. “Questo è
vero, come è vero, però, che queste profezie cata-
Curiosità2
DAL WEST ALLA SIBERIA
Curiosità3
LE RARE NEW ENTRY
strofiche lasciano il tempo che trovano - avverte
Franco Lurà, direttore del Centro di dialettologia e
di etnografia -. E lo stesso discorso vale per i dialetti, anzi devo ricordare che il nostro Centro è stato
fondato, con tanto di atto parlamentare, nel lontano 1907 proprio dopo un grido d’allarme che sanciva l’estinzione del nostro dialetto da lì a pochi
anni. È passato più di un secolo, eppure noto dei
segnali di una certa vitalità, certo non delle esequie. Proprio in questi giorni abbiamo pubblicato
in due volumi il Repertorio italiano-dialetti, con
ben 20.400 termini italiani e i loro equivalenti dialettali, il che dimostra come anche la lingua italiana sarebbe stata ‘povera’, ferma ai lemmi fiorentini
senza l’arricchimento delle forme dialettali”.
Sul fatto, invece, che cinese, spagnolo e inglese saranno le lingue più parlate del pianeta Lurà non ha
dubbi, anche perchè già ora gli idiomi sono i più
diffusi in assoluto e in continua espansione. “È
chiaro che in questo mondo sempre più globalizzato alla lunga le lingue in grado di imporre
un’egemonia avranno il sopravvento - aggiunge il
direttore del Centro di dialettologia e di etnografia
-. La globalizzazione, però, sta producendo un altro fenomeno da non sottovalutare: il plurilinguismo. Soprattutto tra le giovani generazioni, e nei
Paesi dove il livello di formazione scolastica è in
pieno sviluppo, gli studenti parlano un’altra lingua
internazionale oltre a quella madre. Senza dimenticare la diffusione inedita, anche delle forme dialettali, che si sta registrando con la rete e i social
network”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Curiosità4
GUINNESS DEI PRIMATI
Le 199 lingue
Dai Nasi forati Un fiocco rosa Tra le più difficili
parlate soltanto ai versi in Lakota per gli aborigeni da apprendere
da dieci persone di Balla coi lupi dell’Australia
c’è l’“Euskara”
C
he il problema delle lingue a
rischio di estinzione non sia
affatto sottovalutato, è dimostrato dal fatto che l’Unesco ha dedicato un sito, “Endangered languages”, al tema con tanto di atlante aggiornato. Leggendo l’atlante on line
- all’indirizzo www.unesco.org/culture/en/endangeredlanguages
- si scopre che
solo nel corso
delle ultime tre
generazioni
(circa 75 anni)
sono 200 le lingue che si sono
estinte; 538 sono in una situazione
definita “critica”; 502 “seriamente in
pericolo”; 632 semplicemente in
“pericolo” e 607 “vulnerabili”. Un totale di idiomi in odore di sparizione,
quindi, che supera abbondantemente le duemila lingue. E per alcune di esse il fenomeno è decisamente irreversibile. Sempre il database
dell’Unesco, infatti, certifica che
199 delle lingue ancora in uso sono
parlate al momento da meno di dieci persone.
C
erte lingue, o almeno certe sonorità, le abbiamo orecchiate
solo nei film western più politically correct. E proprio come le popolazioni originarie degli States sono a rischio estinzione. Sono rimasti soltanto
una ventina di individui, ad esempio,
tra Idaho e Oregon, in grado di parlare
il “Nez Perce”, la
lingua degli indiani Nasi Forati. Peggio ancora
per il “Mescalero-Chiricahua
Apache”
che
forse ricordiamo solo citato in
vecchi album a fumetti e che risulta
avere tre soli parlanti nell’Oklahoma.
Anche l’idioma reso celebre dal film
“Balla coi lupi” - prodotto, diretto e interpretato da Kevin Costner - e parlato
realmente, con sottotitoli, nella pellicola non se la passa poi così bene:
sono in 25 mila a parlare il “Lakota” nel
South Dakota. Ma anche dall’altra parte dell’emisfero non scherzano: il
“Chulym medio”, scoperto solo cinque
anni fa, è parlato da non più di 35 persone nella Russia siberiana.
N
el Cristianesimo la “glossolalia” (parlare in altre lingue) è considerato un dono
di Dio per mezzo dello Spirito Santo, e non c’è quindi da stupirsi se quando si scopre una lingua sconosciuta - si grida al “miracolo”. Eppure, per quanto venga considerato
un evento eccezionale in questa moria di
idiomi, capita
ancora di individuare lingue
fino a ieri sconosciute. E che
un “fiocco rosa”
spunti per una lingua neonata. L’ultima nel luglio scorso in Australia,
tra i 700 abitanti del villaggio di Lajamani: il “Warlpiri rampaku”, un
mix di aborigeno, inglese e creolo.
La cosa ancor più curiosa è che
l’idioma - ribattezzato “Warlpiri veloce” - non risulta essere tradizionale, anzi, pare che sia stato creato
dall’ultima generazione dei bambini del villaggio. Infatti è parlato solo
ed esclusivamente da chi ha meno
di 35 anni.
S
econdo gli specialisti di linguistica l’“Euskara” (il basco) può
essere considerata una delle
lingue più difficili da imparare, perché non ha collegamenti con altri
gruppi di lingue. Così come il “Chippewa” (un dialetto degli indiani
Ojibwe, con tribù in Canada e negli
Stati
Uniti),
l’“Haida” (una
lingua indiana
tribale), il “Tabasaran” (linguaggio nativo
di un gruppo etnico in Daghestan), e per finire l’“eskimo”, l’idioma degli eschimesi. Per complessità di scrittura il
primato va al giapponese che prevede addirittura tre metodi: sillabari, alfabetici, logogrammi. Il record
della parola italiana più lunga spetta invece a “psiconeuroendocrinoimmunologia”, ben trenta lettere,
ma che sono solo un terzo del termine svedese da record mondiale
(che riproduciamo sotto, con tanto
di traduzione, per assoluta mancanza di spazio in questo testo) .
Laparolapiùlungadelmondo
spårvagnsaktiebolagsskensmutsskjutarefackföreningspersonalbeklädnadsmagasinförrådsförvaltarens
Traduzione dallo svedese: direttore del magazzino approvvigionamento uniformi per il personale dei pulitori dei binari della compagnia tramviaria
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
42
tra
liincontriladomenica
virgolette
Giovanni
Allevi
L’uomo della musica
“Mi sento sempre sotto esame”
D
EZIO ROCCHI BALBI
ischi d’oro e di platino, centinaia di
migliaia di copie vendute, tournée
internazionali negli auditorium più
prestigiosi del mondo. Eppure, il
44enne compositore, direttore d’orchestra e pianista Giovanni Allevi ogni volta che
si ritrova davanti una platea piena di pubblico lo
vive come “un dono inaspettato”. E sarà così anche il prossimo 19 marzo, quando il suo “Piano
solo tour 2014” farà tappa al Palazzo dei congressi di Lugano. Una piazza, tra l’altro, che gli ha
sempre riservato - come gli succede ovunque l’immancabile sold out. “Forse è perché il successo è arrivato tardi, quando forse non me
l’aspettavo più - ammette Allevi che non nasconde la sua timidezza -. Ma ogni volta che mi trovo
davanti una sala piena di pubblico mi sento sempre sotto esame. Anzi, sarà assurdo, ma nonostanti i dischi venduti, i concerti in tutto il mondo, soltanto quando un gruppo di studenti mi ha
contestato al Conservatorio mi sono detto ‘ecco è
fatta’. Mi sono sentito un po’ come Oscar Wilde:
se mi contestano sono davvero diventato qualcuno”.
Un’idea bizzarra per uno che è considerato tra i
maggiori compositori di una nuova musica classica contemporanea, che in mondovisione ha
suonato in Piazza S.Pietro per papa Francesco, e
che ogni notte chiude le trasmissioni radiofoniche della Rai con l’“Inno di Mameli” da lui diretto. Per uno che, come Allevi, oltre a due diplomi
al Conservatorio col massimo dei voti in Composizione e Pianoforte, si è laureato anche con lode
in Filosofia. Uno che, in ogni caso, non avrebbe
fatto altro nella vita se non dedicarsi alla musica.
“Questo è vero, ma sono sempre stato sorridente
e fiducioso, mai, mai avrei fatto altro, mi sentivo
un artista, pensavo solo
alle mie partiture - dice il
Maestro ripercorendo gli
inizi della sua carriera,
quando
giovanissimo
pubblicò il suo primo disco -. Quando Lorenzo
Cherubini, alias Jovanotti,
decise di pubblicare con
entusiasmo il mio ‘13 dita’
nel 1997, in realtà le vendite andarono malissimo.
Ma peggio ancora andò
poco dopo, quando insegnavo musica in due
scuole di Ascoli Piceno,
dove sono nato, e nel giro
di un paio di mesi persi entrambi i lavori”.
Ci voleva altro, comunque, per far desistere il
giovane talento che, col suo linguaggio musicale
anticonformista e rivoluzionario, s’era già inimicato mezzo mondo accademico. “Mi sono ritrovato a ventotto anni a ripartire da zero, ad inseguire il mio sogno a Milano - racconta rivelando
retroscena inaspettati -. Ho trovato subito lavoro,
e non ho problemi ad ammettere che facevo il cameriere per una società di catering; di giorno servivo a tavola e di notte scrivevo le mie partiture.
Non chiedevo altro, mi bastava avere i soldi per
pagare l’affitto del mio monolocale e comporre.
Anzi, siccome mi capitava di suonare in alcune
occasioni, per un pubblico esiguo, mi è capitato
anche di servire col vassoio il giorno dopo persone che la sera prima assistevano alla mia esibizione. E ne sono orgoglioso”.
Un’altra cosa curiosa di Allevi è che nonostante il
successo commerciale dei suoi lavori (“Alien” ha
appena ottenuto il disco di platino), i pienoni dei
suoi tour (come “Sunrise” che l’ha visto nel triplice ruolo di compositore, musicista e direttore
d’orchestra) e persino i suoi libri (come il best
seller “La musica in testa” per Rizzoli) sia ancora
considerato un “enfant prodige”. “In effetti a 44
anni sembra molto strano anche a me - osserva
esplodendo in una risata -, come mi sembra strano che parte della critica mi consideri un artista
emergente. Ma anche questo lo trovo bello e positivo, perché scrivere la musica è vivere continuamente il nuovo, senza soluzione di continuità, ricominciare sempre da capo. Ed effettivamente corrisponde al mio stato d’animo, al mio
sentirmi mai arrivato... Psicologicamente po-
IL CAMERIERE
Di giorno servivo in tavola, per
una società di catering, e di
notte scrivevo le mie partiture.
Mi è capitato anche di servire
col vassoio persone che la sera
prima erano tra il pubblico
esiguo delle mie performances
L’EMERGENTE
Sembra strano anche a me, a
44 anni, che parte della critica
mi consideri ancora un artista
emergente... Ma è bello, visto
che sono il primo a non
considerarmi mai arrivato
trebbe essere estenuante, ma io sono abituato a
questa sorta di eterna primavera”. Un’eterna primavera che gli ha fatto superare anche le difficoltà degli esordi sulla scena artistica, quando il suo
successo improvviso spiazzò critici, maestri orchestrali e persino il pubblico. Quando la musica
composta e proposta di Allevi calamitò l’attenzione dei più giovani, soprattutto di quanti non
avevano mai osato accostarsi al genere classico, e
contemporaneamente fece storcere il naso ai
“puristi”, anche a maestri come Uto Ughi che
sprezzantemente si rifiutarono di considerare Allevi un collega.
“Non voglio dire che mi si è perdonato tutto tranne il successo, che è una frase celebre di qualcun
altro, ma a distanza di anni sono cambiate tante
cose, la diffidenza nei miei confronti si è dissipata - spiega lui che, anche di fronte alle critiche
più feroci, ha sempre difeso con un sorriso la sua
‘musica nuova’ -. Del resto, anche se io sono cresciuto e vissuto in conservatorio, un po’ di pregiudizio accademico mi ha sempre seguito. Anzi,
potrei dire che ci sono abituato da quando, all’esame di ammissione di Composizione ho portato una mia versione della ‘Fuga’ di Bach in stile
contrappuntistico. Un commissario sbottò: o l’ha
copiata o questo è Brahms redivivo...”. Pregiudizi
e dubbi che Allevi ha fugato facilmente continuando a scrivere, comporre, osando mescolare
le forme della musica classica in modo irriverente, da ‘No Concept’ a ‘Evolution’.
“Volevo relazionarmi, trovando l’essenza di tutto
nelle note e non ho mai preteso di ottenere il
consenso unanime. Sono profondamente democratico e rispetto l’opinione di tutti, poi fa piacere
vedere superate certe preclusioni. Dopo la pubblicazione del mio concerto per violino e orchestra, ad esempio, il mondo accademico mi ha
guardato come se fosse la prima volta che mi vedeva: ‘però, ‘sto Allevi, in fondo
non è malaccio’. .. Lo notavo in
questi ultimi anni, quando mi
trovavo a dirigere orchestre, a
collaborare con importanti musicisti, e mi ha fatto piacere vedere il loro apprezzamento. Ma al
di là di tanti giudizi turbolenti il
mio amore per la musica s’è fatto
ancor più grande”. Aperto su tutti gli argomenti, Allevi si chiude a
riccio solo sulla sua privacy, la
sua vita sentimentale. Soltanto
grazie a ‘Christmas for you’, l’ultimo album, si scopre che ha due
figli, uno di tre anni e uno di
poco più di uno: “Sì, l’album
contiene un brano dedicato a lui, che ho scritto
ispirandomi alla sua prima ninnananna di Natale
che gli ho inventato e canticchiato. Ai miei figli,
però, non capiterà quello che è successo a me,
che da piccolo suonavo il pianoforte di casa di
nascosto, perché i miei mi avevano severamente
proibito di toccarlo... Beh, pensandoci forse è per
quello che ancora oggi mi istiga così tanto, sento
ancora il piacere di fare qualcosa di proibito”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
leopinioni
Mi guarda con dolcezza ed anche con
un po’ di timore. È mingherlina e molto
timida. Forse si chiede che senso abbia
raccontare la storia della sua vita a un
giornalista. Cerco di tranquillizzarla
spiegandole il mio intento, che è di
sensibilizzare i nostri lettori ai drammi
che si celano dietro alle richieste di
aiuto di coloro che sono costretti a
scappare dal proprio Paese, allontanandosi dagli affetti e dalle proprie abitudini. Di coloro che chiedono ospitalità alla Svizzera per poter esercitare i sacrosanti diritti di un essere umano.
Hamo, così chiamerò la ragazza che mi
sta di fronte e che non vuole rivelare la
sua vera identità per ragioni di sicurezza, chiede solo di poter praticare apertamente la sua religione: il buddismo.
Un credo pacifico che nella storia, a
differenza di altre fedi (compresa la nostra), non ha mai portato ad atti di violenza. Viveva in Tibet fino a due anni
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
fa, quando suo marito è stato sorpreso
a distribuire dischetti di computer che
riproducevano i discorsi del Dalai Lama. “Sa, per noi il Dalai Lama è l’incarnazione del Budda - mi confessa con
una punta di ingenuità –, una sorta di
dio in terra!”. Il giorno dopo la polizia si
è presentata a casa per arrestarlo, ma
lui, avvisato da amici, era già scappato.
“Essere arrestati dalla polizia cinese in
Tibet significa scomparire dalla circolazione – racconta terrorizzata Hamo –.
Quando i parenti cercano i loro cari in
una prigione, i responsabili dell’istituto
rispondono che sono stati trasferiti. E
di loro si perdono così le tracce”.
Hamo e suo marito si erano dati appuntamento ad un posto di frontiera.
“Ho camminato per dieci giorni solo
durante la notte - racconta con gli oc-
virgolette
chi lucidi -. Infine mi sono ricongiunta
con mio marito e siamo riusciti a valicare la frontiera assieme, nascosti in
un’automobile, e ad arrivare in Nepal,
dove abbiamo soggiornato per due mesi. Ma non eravamo al sicuro, perché la
polizia nepalese collabora con quella
cinese. Pagando un’ingente somma di
denaro siamo infine riusciti a prendere
un volo per l’Europa”. E come mai siete
arrivati in Svizzera? “Perché sapevamo
che era un Paese ospitale”. E arrivando
in Ticino ne avete avuto la conferma?
“Si. La gente è molto gentile. Ammiria-
mo enormemente la libertà che regna
nel vostro Paese. Per integrarci meglio
mio marito ed io stiamo imparando
l’italiano. Lui lavora e per un certo periodo anch’io avevo un’occupazione,
ma per chi è in possesso di un permesso N non è facile ottenere un posto di
lavoro fisso. Ogni mese riceviamo il necessario per vivere, ma la nostra religione ci impone di restituire questi soldi”. Come vede il futuro? “Il nostro futuro è nelle mani della Svizzera. Aspetto
un bambino e spero di potergli offrire
una vita tranquilla in questo Paese che
ci ha tanto aiutati. Per noi è impossibile
tornare in Tibet. Mio marito verrebbe
immediatamente arrestato”. C’è da augurarsi che le speranze di questa giovane famiglia tibetana non si infrangano
contro la realpolitik della Svizzera, divisa tra la salvaguardia degli interessi
economici con la Cina e la sua vocazione umanitaria.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
LIDO CONTEMORI
E se fosse successo
con una vostra figlia?
RENATO
MARTINONI
La pagina bianca
del poeta Leo Messi
Caro Diario,
dopo l’imbarazzante caso-Polanski, che a Zurigo, invece di
un premio alla carriera, ebbe le manette con polverone globale (26 settembre 2009), il mondo del cinema è di nuovo
scosso da un altro scandalo. Dylan Farrow, figlia adottiva di
Mia Farrow, con una lunga lettera su un blog del “New York
Times“, scaglia macigni contro papà Woody, in arte Allen. Ci
risiamo: abusi ripetuti e molestie sessuali. Il regista, per alcuni geniale e per altri umorista nevrotico, smentisce sdegnato,
“è una vergogna“. Dylan dice di aver subito le attenzioni pedofile a 7 anni; oggi ne ha 28. Per girare definitivamente pagina rispetto ad un passato che sembra non passare mai, la
ragazza ha cambiato anche nome: è diventata Malone.
A 21 ANNI dalla violenza subita, la vittima s’è decisa vuotare
il sacco, documentando e fornendo dettagli scabrosi. Sul
mostro sacro dello schermo conclude: “Non mi è mai piaciuto, mi ha sempre fatto cose sgradevoli“. Troppe cicatrici ancora bruciano. La Cappuccetta Rossa, diventata donna, alza il
velo perché finiscano il silenzio, la protezione, l’omertà che
avvolgono molti cosiddetti geni con licenza di ogni capriccio,
nell’impunità che la fama pare assicurare.
UN RAMMARICO che perseguita Dylan, come per altro la
mamma adottiva Mia, sta nel facile perdonismo che scatta
quasi meccanico per alcuni. Sconti ingiustificabili, denunciano insieme. In questo clima ammorbato nuove prede cadranno nella rete. “Il fatto che l’abbia sempre fatta franca (il
soggetto è Woody) mi ha perseguitata, anche per il senso di
colpa di avergli lasciato avvicinare altre bambine“. Meglio
tardi che mai, deve aver concluso Dylan-Malone. Che pone
all’opinione pubblica un’angosciante domanda: “Che diresti
se al mio posto ci fossero stati i tuoi figli?“. Chiamati in causa,
attrici e attori come Emma Stone, Scarlett Johansson, Diane
Keaton, Alex Baldwin scantonano dietro le quinte. Rispondere equivale a schierarsi, con gli innocentisti o i colpevolisti, e
pochi vogliono passare per bacchettoni provinciali. Una trasgressione, però, va sempre chiamata con il suo nome, senza
scuse o attenuanti in nome della settima arte o decima musa.
RESTANDO nel paradiso-inferno della celluloide, a New
York, il talentuoso attore Seymour Hoffman, già premio
Oscar per “Truman Capote - A sangue freddo“, se n’è andato
a 46 anni, falciato da un’overdose di eroina, nella solitudine opprimente della sua casa. Sembra una maledizione.
Aveva tutto. Anche a lui, purtroppo, è mancato il senso della misura.
Sono in molti a pensare che la scrittura sia un semplice atto meccanico. Si prende in mano la penna, o si accende il computer, e si
butta giù quello che viene. Magari affidandosi all’“ispirazione”. E
invece no. Perché scrivere è come giocare al pallone. Si comincia
con un sacco di stracci. Poi, così fanno i bambini, tutti corrono
dietro alla palla come le vespe si precipitano sulle mele marce.
Non è facile capire che il campo è grande, il portiere è il portiere,
il difensore il difensore, e l’attaccante l’attaccante. E soprattutto
che il compito di ognuno è quello di vegliare sulla propria area di
gioco. Lo si impara dapprima nel campetto dell’oratorio e poi, assai meglio, in una squadra con un allenatore. Insomma: più si va
avanti e più si intendono tante cose. Che ci sono delle regole da
rispettare (tant’è vero che l’arbitro ha in bocca un fischietto e in
tasca un cartellino giallo e uno rosso). Che ci sono delle tecniche
che si imparano dopo tanto esercizio e tanta fatica. Che il gioco
non è fatto di improvvisazione, ma di tattiche e di schemi che sul
campo si vedono magari solo in qualche occasione, e che durante l’allenamento vengono testati e ripetuti molte volte. Si prova e
si riprova, si sbaglia e si risbaglia, e piano piano si impara. Ci si illude di avere capito e poi si scopre che c’è ancora tanto da provare, da imparare, da capire. E quando si è provato, si è imparato e
si è capito, non si è ancora giunti sulla vetta ma bisogna continuare perché si intravvedono cime ancora più elevate e difficili
da raggiungere. È il turno dei trucchi, della fantasia di gioco, delle
finezze.
Si è partiti in mille, tutti affannati a rincorrere un oggetto rotondo,
e ora si è in pochi. E la strada da fare resta lunga, la pazienza e
l’impegno sempre maggiori, lo sconforto pronto a visitarti ogni
giorno, il successo riservato a un pugno di fortunati. Dietro ogni
passaggio, ogni sguardo, ogni mossa, ogni suggerimento di gioco,
ogni invenzione del fantasista, dietro la giocata più semplice di un
campione c’è un mondo invisibile e che pure esiste. Solo chi ha
l’occhio esperto lo capisce. Per diventare Lionel Messi ci vuole insomma olio di gomito, equilibrio, modestia, estro, finezza, costanza, misura, intelligenza, voglia di lavorare, e tanto tanto altro. Perché non si è mai arrivati. Scrivere è lo stesso. Dietro ogni parola c’è
un mondo complesso e invisibile. C’è tanto esercizio, tanta riflessione, ci sono infiniti ripensamenti, innumerevoli parole cancellate, tante pagine finite nel cestino. Con una bella differenza, però.
Perché, chi è bravo non avrà mai, come Messi, milioni di lettori
pronti ad applaudirlo, e neanche un sacco di soldi in banca. Ma
con una consolazione: a quarant’anni lo scrittore non finisce in
bacheca. Può sempre cercare, anzi, di migliorare. Anche quando i
capelli, se ancora li ha, sono oramai diventati tutti bianchi.
Più ‘vespasian map’ che ‘road map’
quando domina l’impeto prostatico
DOMENICA
PER
PENSARE
FRANCO
LAZZAROTTO
L’argomento scelto oggi per farvi un attimino “pensare” anche di domenica non
è sicuramente uno di quelli che possono cambiarti la vita, ma inumidirtela sicuramente sì! Colto quindi da improvviso impeto prostatico, permettetemi di
proporre, di getto fin che posso, alcune
riflessioni legate alla decisione di un
esecutivo di chiudere gran parte delle
ritirate cittadine.
Che i bilanci di parecchi e popolosi Comuni nostri non diano gran bei segnali
di prosperità è fuor di dubbio e quindi,
trovandosi un po’ tutti - per restare in tema - in mutande, la normale erogazione
ilcaffè
tra
Una giovane profuga tibetana
che chiede aiuto alla Svizzera
IL
DIARIO
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
43
viene meno e la parola d’ordine è “risparmiare”. Questo impone di fare delle
mirate e cogitate scelte poiché non tutto
è ovviamente tagliabile e quindi priorità
urgono. E i citati verbi “mirare” “cogitare” e “urgere” non sono certo scelti a caso.
E per non lasciar statico il prostatico
problema, ecco che un politico di lungo
corso della capitale – con seriosa aria
per nulla da Rabadan – proponeva alcune sere fa, durante uno di quegli aperitivi da cervello già disinserito, la posa in
strategici punti della città di distributori
di “Adult-Pampers”. Essendo tuttavia (e
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
purtroppo a questo punto) il suo degrado alcolico di tasso non punibile, unica
speranza è che la polizia proceda almeno al ritiro della patente di… politico.
Ma, come s’usa nelle sitcom, non finisce
qui ! Vi è infatti chi, in profumo, anzi,
odore di master si è perfino addentrato
in una profonda analisi sociologica e ha
scoperto che gli over 60 lasciano normalmente (uela, siamo “normali” !) il
“personal water” casalingo nelle fasce
orarie 10-12 e 16-20. Ergo si è pensato
(attenti al verbo!) che solo in detta fascia
oraria le strutture liberatorie dovrebbero rimanere aperte dando così per scon-
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
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tato che gli under 60 potrebbero – poiché fisicamente ancor prestanti – trovarsi percorsi e soluzioni alternativi definiti
in politichese di “tipo R”: “Rangévas !”.
E l’ultima perla arriva da un convallerano che in partitico gremio (non dirò
quale per non far perder radicali voti allo stesso) suggeriva di inserire nella legge sugli esercizi pubblici – dove solo chi
beve ha giusto diritto a idrica espulsione
– che, previa presentazione della carta
di identità e/o (classico linguaggio di chi
se la tira) puntuale certificato medico,
agli over 60 va data possibilità d’uso gratuito degli igienici servizi.
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
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Stupendo, soprattutto per la signora che
– dopo aver fatto credere urbi et orbi di
aver 58 anni e colta da improvviso e intrattenibile vescical bisogno – deve mostrare all’oste, che sicuramente non lo
dirà a nessuno…., le sue 66 primavere!
Non so come risolveranno l’ an(n)oso
problema. Spero unicamente e vescicamente che ancor prima della “road
map” si emani in ogni nostra borgata
una sicuramente più utile, funzionale e
funzionante “vespasian map” visto che pur tentando di “Extasia”re, un intero
Cantone – anche la grande Lugano ormai più non tira!
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
Eve fa la massaggiatrice a domicilio.
Ha una figlia in partenza per il college, con relative malinconie (si chiama sindrome da nido vuoto, di peggio ci sono solo i rampolli che mai se
ne vanno di casa). A una festa conosce Albert, e si trovano d’accordo su
una cosa: dopo aver dato un’occhiata
in giro, lei non trova nessuno degli
invitati maschi attraenti, e lo stesso
vale per lui, con le invitate femmine.
Siccome siamo in un film, finiranno
per piacersi.
Albert non ha il fisico del principe
azzurro, è grasso e calvo. Eve molla i
pregiudizi, supera la scelta sbagliata
del primo ristorante (musica a palla,
l’occasione per qualche battuta sull’età che rende un po’ sordi). Sorvola
sulla conversazione che subito tira in
ballo gli ex consorti, l’invito al
brunch casalingo. “Ho sbagliato gior-
Difetti e abitudini intollerabili
quando la passione s’affievolisce
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
no? Perché sei in pigiama?”. “No, è
che la domenica mi piace stare comodo” (lo spettatore, e soprattutto la
spettatrice, avevano già notato le birkenstock ai piedi). Ma gli ostacoli si
superano, quando due si piacciono a
letto e fuori dalle lenzuola ridono.
Tra le clienti di Eve c’è Marianne,
poetessa con splendida casa architettonicamente corretta. Divorziata, anche lei con una figlia, durante il massaggio ama sparlare dell’ex coniuge.
Un tipo insopportabile, che non l’ha
mai capita, che scansa le cipolle dal
guacamole rovinando tutta la salsa e
che in camera da letto non tiene comodini, quindi poggia tutto per terra.
Un mostro di egoismo e di grassezza,
capace di cucinare solo spaghetti con
melanzane e mozzarella.
Chiacchiera oggi e chiacchiera domani, confidenza dopo confidenza,
Eve comincia a capire che il suo simpatico fidanzato e l’intollerabile coniuge sono la stessa persona. Sul colpo di scena si regge l’ultimo film di
Nicole Holofcener, “Enough Said”. Albert è James Gandolfini, alias Tony
Soprano, mafioso con crisi d’ansia
(irresistibile, anche se lo guardiamo
con un po’ di tristezza: è morto a
Roma l’estate scorsa). “Non dico altro” potrebbe essere il titolo italiano,
detto con il tono di chi aspetta solo
un cenno di incoraggiamento per
proseguire con altri pettegolezzi.
“È come leggere i commenti sugli alberghi di Trip Advisor”, fa notare
Eve, un po’ attratta e un po’ timorosa. La cena successiva alla rivelazione finisce in un disastro: “Ho l’impressione di aver passato una serata
con la mia ex moglie” sbotta Albert,
contrariato per le allusioni al suo
peso e alla sua incapacità di bisbigliare. Perfidamente, Nicole Holofcener mette in scena il meccanismo
che tutti conosciamo, anche se rifiutiamo di ammetterlo. Le abitudini e i
comportamenti e i difettucci che
pongono fine a un amore li notiamo
già al primo appuntamento. Solo
che allora li trovavamo teneri e buffi,
mentre con il passare del tempo e
l’affievolirsi della passione risultano
intollerabili.
Domenica
9 febbraio 2014
[email protected]
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
La finestra sul cortile
22 / Storie di quotidianità familiare
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le
cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui
prendono
le mosse
i racconti.
Hans era solo un fiduciario
P
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
ronto Roberto, son mì».
«Mì chi, chi l’è che te se?».
«Ma mì, no?».
«Ah, ti se ti, il Lü...».
«Sta cito, son mì e basta. Num sèmm a l’ümid».
Il Vosti, il Lüis Vosti, si era messo in testa, chissà
perchè!, che parlando in dialetto non fosse intercettabile. Col lombardo non era intercettabile in Svizzera e con il ticinese non lo sarebbe
stato in Italia. Così, anche perché il Roberto
Bardelli l’era un bauscia, aveva deciso di comunicare telefonicamente in dialetto milanese
dato che l’inchiesta penale era stata aperta in
Ticino. E si era pure preoccupato di concordare, di persona naturalmente, alcune frasi in codice. Num sèmm a l’ümid. Risposta: L’è ümid
perché piöv.
In questo modo era convinto di andare sul sicuro. Inoltre - dopo quel bordello sulle intercettazioni degli americani in Francia e addirittura
della Merkel - aveva letto che il direttore dell’Istituto elvetico di studi strategici aveva proposto di parlare lo schweizerdeutsch dell’alto
vallese per evitare lo spionaggio degli americani. E in quanto alle frasi in codice..., beh, le aveva prese da un libro che lui leggeva e rileggeva
perché gli ricordava la sua vita, la Casa di ringhiera, in cui anche lì, guarda te il caso!, due tizi
comunicavano in dialetto per evitare la polizia.
Il Lüis - arzillo e saggio pensionato della piccola
casa di righiera dove abita al centro di Dagenazzo - s’era fatto convincere dalla sua vicina, la
Elena Togni, a mettere in piedi una vera e propria azione di spionaggio. Inizialmente era
scettico, troppo pericoloso!, ma il suo debole
per quella splendida single quarantacinquenne (in verità divorziata da sempre) gli aveva alla
fine fatto di dire di sì.
La Elena era una furia. Nell’inchiesta penale per alcuni fondi neri italiani arrivati nella banca
diretta dal suo amante - lei era entrata per sbaglio ed era uscita in un lampo. Fatto è, però, che
aveva scoperto che quel bellimbusto del Franco Pifferini, l’amante felicemente sposato, aveva anche un’avventura con una tale che sulla
sua rubrica telefonica aveva registrato come
“Hans Peter Keller, fiduciario, Zurigo”. La Elena
lo aveva scoperto leggendo un sms giunto da
quel mittente: “in ritardo x neve a Altdorf.... ho
messo x te le mutandine di pizzo.” Evidentemente... il mittente non era il “fiduciario Hans
Peter Keller”, ma qualche sgualdrinella!
La Elena, non sapeva come, ma voleva vendicarsi. O meglio: voleva sapere tutto, proprio tutto della vita del Franco. Poi avrebbe visto che
fare. La loro relazione, dopo quella scoperta,
zoppicava. Il Franco aveva giurato fedeltà eterna all’Elena e addirittura le aveva fatto capire
che avrebbe potuto divorziare dalla moglie (ma
non è che questo alla Togni importasse. A lei interessava farsi mantenere e bene. Le bastava).
Un giorno il Franco le confidò che l’indomani
sera sarebbe dovuto andare a Milano per un
importante incontro. Forse risolutivo per la sua
linea difensiva. «Perdonami Elena, ci vedremo
un altro giorno».
Quale migliore occasione di questa, si disse la
Elena.
«Senta... Ecco il piano. Il Franco domani sera
andrà a Milano per un incontro importante,
così mi ha detto. Vorrei sapere con chi, cosa
farà... Bisognerebbe seguirlo e fotografarlo».
«Ma Elena, a Milano..., io...».
«Mi ascolti signor Luigi. Non è finita. Mentre lui
sarà in Italia, io entrerò nell’appartamento... segreto, che lui ha qualche chilometro da qui.»
«Una garçonnière!?, ma la chiave?».
«Ne ho una, è il nostro appartamento... credevo
fosse solo il nostro! Comunque, serve a un’altra
persona. Lei mi aveva detto una volta di un
amico milanese...».
«Il Roberto, abita a Carugate, ma non è molto
sveglio...».
«Non potrebbe chiedergli se dalla dogana a Milano può pedinare il Franco, così io vado nell’appartamento e lei mi fa da palo».
***
«Ah, ti se tì, il Lü...».
«Sta cito pisquano, son mi e basta. Num sèmm
a l’ümid».
«Ricevuto».
«Ricevuto cosa?! Ma ti se propri un deficient...
’Scolta: Num sèmm a l’ümid».
«Ù capì. L’è ümid perché piöv».
«Alura fà ballá l’öcc».
«Se ghem de fa’?».
«Pisquano, ma te capì mia? Fà ballá l’öcc!».
«Ah, ù capì! Stò schisc».
Traduzione: la Elena è entrata nell’appartamento, ha preso quel che doveva, se tu hai terminato il pedinamento dalla dogana a Milano,
raggiungici a casa mia dove arriveremo tra
mezz’ora.
E così fu. La Togni, imbottita di rabbia e gelosia,
era entrata nella garçonnière, al buio aveva
aperto i cassetti dove sapeva che il Franco teneva carte, lettere, strani fogli fatti di grafici... Prese tutto alla rinfusa e mise in una busta di plastica. Sì, quella del supermercato, così uscendo
non avrebbe dato nell’occhio (si fa per dire,
dato che saranno state le undici di sera!). E ora
con Lüis, che aveva fatto da palo, stava tornando a casa.
Due ore dopo arrivò anche il Roberto Bardelli.
La Elena e il Lüis lo avevano atteso cenando.
Con un occhio alla “refurtiva” ancora nel sacchetto del supermercato. Poggiato lì, sul divano
damascato verde del Lüis.
«Alura, se ghem de fa ’dess?», chiese il Roberto.
«Parla pure in italiano, pisquano, non siamo al
telefono. Inizia a raccontarci cosa hai visto».
«Mah, ecco, non so se è meglio che la signorina
qui senta o non senta».
«Ma ti sè scemo?!»
Intanto la Elena aveva preso dal divano damascato verde la busta di plastica e aveva riversato
il contenuto sul tavolo dove erano il Lüis e il Roberto Bardelli.
«Dica signor Bardelli. Non si preoccupi sono
pronta a tutto. Da quel disgraziato mi aspetto di
tutto ormai...». Mentre rassicurava il Roberto, la
Elena, allargando con le mani sul piano del tavolo il contenuto della busta, vide tra le carte
una fotografia. Non una, quattro. Una striscia di
quattro piccole foto, quelle fatte negli autoscatti
delle stazioni ferroviarie. C’era lui, il Franco
cioè, guancia a guancia, ma in una foto anche...,
anche labbra labbra con un altro lui.
«Ecco, ecco cosa non volevo dire davanti alla signorina Elena».
«Cosa, ma parla», disse seccato il Lüis al Roberto.
«Dalla dogana l’ho seguito in autostrada sino a
Milano, viale Certosa, corso Sempione, sin giù,
poi...».
«Ma sbrìghet».
«Insomma, è andato in via Melchiorre Gioia e lì
un.... travestito... e... si sono appartati», disse
imbarazzato.
La Elena, rossa, tremante e con un orecchio al
Roberto, stava leggendo sul retro della striscia
di carta lucida dov’erano stampate le quattro
fotografie.
“Ich liebe dich, deine Hans Peter”.
Evidentemente... l’Hans Peter Keller delle “mutandine di pizzo”, ricordate l’sms?, era veramente un fiduciario!