Armi e Tiro (05/2014)

PROVA pistole Glock 42 calibro 9 corto
Si crede
grande
È la prima back-up dell’azienda austriaca, progettata per offrire la massima
compattezza senza, però, scendere a compromessi in fatto di comfort
e precisione al tiro. Piccoli, ma significativi accorgimenti meccanici la differenziano
dalle sorelle full size, compact e subcompact, la rosata parla da sola
Testo di Paolo Brocanelli e Ruggero Pettinelli,
foto di Matteo Galuzzi
È
una delle novità più succose del 2014, nel
settore delle armi corte per difesa e porto
occulto, e sta già facendo tremare gli altri
produttori di back-up calibro 9 mm corto:
parliamo della Glock 42, che vi abbiamo presentato in anteprima sul fascicolo di marzo ma che
abbiamo avuto finalmente l’occasione di testare
con mano, ottenendo utili impressioni e confermando quanto già avevamo intuito dall’esame
della meccanica e della struttura esterna: è una
back-up vincente!
La Meccanica
Nel recente passato di Glock, il concetto di pistola tascabile per porto occulto è stato interpretato
sotto forma di subcompact, intendendo con tale
termine una classe di pistole semiautomatiche bifilari ottenute con “tagli” drastici all’altezza
dell’impugnatura e alla lunghezza di canna delle
full size. Questo espediente ha dato risultati molto
buoni e non si può certo dire che la Glock 26 (la
versione in 9x21) non abbia risolto tanti problemi
a chi desiderava un’arma per il porto compatta e
pressoché invisibile, ma anche dotata di una potenza di fuoco ancora rispettabile. Sta di fatto,
però, che vi sono momenti e occasioni (specialmente d’estate, quando gli abiti sono pochi e striminziti) in cui le pur ottime subcompact risultano
ancora troppo ingombranti, specialmente per quanto riguarda l’unica, delle tre dimensioni, che è rimasta pressoché invariata rispetto alle full size
progenitrici: lo spessore. Tanti sono i produttori,
noti e meno noti, che negli ultimi dieci anni hanno
sviluppato pistole “micro” camerate per quello che
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è il calibro considerato minimo per gli impieghi
difensivi, da parte del pubblico nordamericano: il
9 mm corto. I tecnici della Glock hanno evidentemente considerato che la fetta di mercato fosse
così cospicua e allettante da giustificare lo sviluppo di un modello dedicato, con caratteristiche del
tutto fuori dall’ordinario rispetto alle armi delle
serie correnti, e ci si sono dedicati a capofitto, dando vita a un’arma senza alcun dubbio oltre gli
schemi della concorrenza e con una decisa individualità. Per la realizzazione della Glock 42, i tecnici hanno messo insieme due ingredienti se non
nuovi per l’azienda austriaca, quantomeno utilizzati con parsimonia: il fusto monofilare e il calibro
9 corto. Non si tratta in effetti di vere novità per
Glock, in quanto il fusto monofilare era già utilizzato nella subcompact 36 calibro .45 acp e per il
9 corto era stata sviluppata la serie di semiauto 25
(compact) e 28 (subcompact). In effetti, però, le
pistole semiauto in 9 corto dell’azienda non erano
pensate per fornire un contenimento dei pesi e degli ingombri rispetto alle omologhe in 9 para/x21,
ma solo per garantire una maggior controllabilità
ed eventualmente bypassare possibili problemi
legali relativi alla detenzione del 9 para in determinati Paesi. Con la 42, si è invece “vestito” il 9
corto intorno a una cellula sviluppata appositamente, allo scopo di fornire la massima compattezza,
ma anche, anzi soprattutto, la massima sfruttabilità nel tiro mirato. A questo scopo, si è deciso di
non cercare la rincorsa a tutti i costi nei confronti
dei concorrenti sul millimetro di canna o di altezza di impugnatura in meno, ma anzi di realizzare
un assetto forse non ai minimi termini dimensionali, ma superiore agli altri per gestibilità, precisione e comfort. Insomma, la Glock 42 nelle intenzioni dei progettisti non è la back-up più corta,
6+1
Spessore
24 mm
Linea di mira
125 mm
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Glock entra di prepotenza
nel settore delle back-up
per difesa, con il modello 42.
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1. La 42 (sopra) a confronto
con un classico dell’azienda
austriaca, cioè la subcompact
modello 26 calibro 9x21.
2. La differenza più evidente
rispetto alla 26 è senza dubbio
in relazione allo spessore:
la subcompact bifilare misura
30 mm, mentre la 42,
che è monofilare, solo 24.
3. Il bocchettone del caricatore
è sottile e ha solo un accenno
di svaso anteriore. Malgrado
alcune caratteristiche
in comune con la generazione
4, si è deciso (giustamente)
di non prevedere
dorsalini aggiuntivi.
4. Il dorso del caricatore, con i
fori di ispezione dei colpi residui.
Come al solito, è realizzato
con un’anima in acciaio sulla
quale è applicato il polimero.
1
2
o la più sottile, o la più bassa in assoluto, ma è
(dovrebbe essere!) la più controllabile e meglio
sfruttabile nel tiro mirato. Ovviamente, questa impostazione può risultare vincente o meno a seconda dei gusti e delle necessità del singolo utente
finale (e non può, pertanto, essere presa come riscontro di superiorità, o inferiorità, assoluta nei
confronti delle concorrenti).
Si è preso dalle semiauto austriache il massimo di
3
4
quanto già collaudato, adattandolo alle forme “mini” della 42: a partire dalla chiusura geometrica a
canna oscillante tipo Browning modificata, indispensabile (rispetto a una chiusura a massa, perfettamente utilizzabile con questo calibro e utilizzata fin dalle origini della cartuccia, nel lontano
1908) per ridurre al massimo le dimensioni e il
peso del carrello e mitigare le reazioni allo sparo.
La canna è lunga 82,5 millimetri e ha la consueta
L’angolo dell’impugnatura, mutuato dalle sorelle Glock più grandi,
è uno dei più indovinati per il puntamento istintivo
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1. Il dust cover è arrotondato
e non prevede slitte per
l’installazione di accessori.
La scelta è condivisibile.
1
2
2. Le reazioni allo sparo sono
mitigate dalla chiusura
geometrica e dal gruppo
telescopico dell’asta guidamolla,
con due molle di recupero
concentriche, soluzione tipica
della generazione 4.
3. La filosofia costruttiva e di
funzionamento non è cambiata
rispetto alle altre sorelle,
ma sono stati introdotti,
comunque, alcuni piccoli
accorgimenti. Per esempio, il foro
di egresso del percussore
non è rettangolare, ma a goccia.
3
4
4. Il confronto del percussore
della 42 (a destra) con
quello della 41 evidenzia
la profonda revisione
tecnica eseguita sulla punta.
5. Altra modifica rispetto alle
Glock tradizionali, la molla del
dente di scatto non agisce per
trazione, ma per compressione.
5
Per chi vuole
comprarla
A chi è indirizzata:
a chi desidera (e può
permettersi) un’arma
per porto occulto
piccola ma controllabile,
precisa e maneggevole
Cosa richiede:
con un pad maggiorato
per il caricatore,
la controllabilità
aumenterebbe e si
potrebbe anche avere
un colpo in più
Perché comprarla:
perché nel panorama
delle back-up in 9
corto è una delle più
impugnabili e sfruttabili
nel tiro mirato
Con chi si confronta:
Beretta Pico, Smith
& Wesson Bodyguard
380, Kel-tec P-3
At, Taurus Pt 738,
Kahr P380.
rigatura semipoligonale (hexagonal, secondo quanto indicato dall’azienda) a sei principi con passo
di 250 mm. Dalle Glock più grandi è stata anche
presa la principale dote della 42, cioè l’impugnatura: l’angolo indovinato consente un puntamento
istintivo e naturale, l’elsa pronunciata e ben scavata garantisce un asse di canna bassissimo rispetto alla mano, a vantaggio del contenimento del
rilevamento e della rapidità di ripetizione del colpo. Questo è, in effetti, il principale punto debole
di alcune delle armi concorrenti che, per ridurre al
minimo gli ingombri generali, spesso sono costrette a scontare un prezzo elevato in termini di altezza dell’asse di canna (perché, stringi stringi, da
qualche parte il gruppo di scatto bisogna pur metterlo!). L’interasse tra canna ed elsa della Glock
42 è di soli 18 mm, inferiore quindi anche rispetto
alle subcompact della stessa azienda. Come è stato possibile? Semplicemente, rivedendo l’architettura del pacchetto di scatto e, in particolare, sopprimendo la molla a trazione del dente di scatto,
normalmente alloggiata dietro quest’ultimo, a favore di una molla a compressione (quindi convenzionale) alloggiata sotto il dente, che agisce tramite un rinvio. Il resto del gruppo mantiene una
stretta parentela con le Gen 4, compreso lo scatto
Safe action in Semi-Doppia azione con sicura automatica sul grilletto anti-movimento involontario
e la sicura automatica al percussore. A dire il vero,
anche quest’ultimo è stato modificato rispetto alla
serie Glock normale, perdendo la tipica estremità
anteriore a sezione rettangolare, a favore di un
profilo a goccia (a cui corrisponde identico profilo del foro di egresso del percussore). Un’altra,
piccola differenza rispetto alle Glock “normali” è
che la sede per la molla di contrasto dell’estrattore non è completamente coperta dalla piastrina
posteriore, ma risulta in parte visibile sul lato destro
di quest’ultima (senza peraltro che questo comporti particolari problemi). Per quanto riguarda le
caratteristiche generali, la 42 ha preso solo alcuni
elementi tipici della cosiddetta “quarta generazione” Glock, più precisamente il pulsante di sgancio
del caricatore, ampio ma soprattutto reversibile per
i mancini, e l’asta guidamolla telescopica con doppia molla di recupero. Sono rimasti indietro i dorsalini intercambiabili (impraticabili, viste le dimensioni) e la slitta porta accessori sul dust cover
(come sopra). Il caricatore monofilare ha una capacità di sei cartucce (più una in canna), nonostante l’impugnatura non sia una delle più corte sul
mercato risulta, però, problematico l’appoggio del
dito mignolo per chi ha mani grandi. Sarebbe auspicabile che Glock ponesse in commercio aftermarket un bel pad maggiorato per il caricatore, che
magari potrebbe aumentare di un colpo la capacità (peraltro livellata su quella dei prodotti concorrenti). Se si fosse rinunciato al caricatore misto
acciaio/polimero, a favore di uno in acciaio con le
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medesime dimensioni esterne, probabilmente si
sarebbe riusciti a stivare sette e anche otto colpi
recuperando la differenza di spessore delle pareti.
Ma in tal modo si sarebbe indubbiamente perso
uno degli aspetti più tipici della filosofia Glock!
Mire e SCATTo
Lo scatto Safe action, come è noto anche ai sassi,
prevede un prearmamento del percussore con il
movimento retrogrado del carrello (o meglio, con
il ritorno in batteria del carrello dopo averlo arretrato); la trazione sul grilletto completa l’armamento del percussore e ne provoca quindi lo sgancio,
causando la partenza del colpo. Questo sistema ha
mostrato i propri pregi negli anni, tanto che è stato ampiamente imitato, perché consente una prontezza d’uso eccellente e non dà alcuna differenza
di sforzo rispetto a una Doppia azione convezio-
nale (primo colpo in Doppia, i seguenti in Singola).
Dobbiamo però dire che ha un punto di vantaggio
in più in particolare in una back-up, perché rispetto all’altro tipo di scatto normalmente utilizzato in
queste mini-pistole (la sola Doppia azione) vanta
una corsa inferiore. Può sembrare un problema
relativo, ma quando si stringe un’impugnatura sottile e soprattutto corta, con uno scatto in Doppia
azione diventa difficile completare l’ultima parte
della corsa, proprio perché il grilletto è tanto vicino al fusto da “annodare” il dito indice dentro il
palmo della mano. Si perde il controllo dello scatto e lo strappo è dietro l’angolo. Con la Glock 42
questo non avviene e la controllabilità dello scatto
è la medesima di una full size. Rispetto a quanto
indicato dal produttore (2.550 grammi), abbiamo
solo riscontrato uno sforzo di scatto superiore
(2.900 grammi al dinamometro Lyman), senza che
1. il blocchetto di scatto inserito
nella sua posizione nel fusto.
2. La canna è oscillante sistema
Browning modificato,
l’abbassamento della culatta
è comandato dalla superficie
inclinata dello zoccolo inferiore
che contrasta con un apposito
blocchetto inserito nel fusto. oltre
alla rampa di alimentazione, si
vede che anche la parte inferiore
del vivo di culatta è svasato
per agevolare l’alimentazione.
3. La 42 completamente
smontata. La meccanica Glock
è un esempio eccellente
di razionalità e adattabilità.
Back-up caliBro 9 corto a confronto
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Modello
Glock 42
Beretta Pico
Lunghezza totale (mm)
Altezza (mm)
Spessore (mm)
Lunghezza di canna (mm)
Linea di mira (mm)
Peso arma scarica (g)
Numero colpi
Chiusura
Percussione
Scatto
Mire
151
105
24
83
125
390
6
130
100
18
70
84
325
6
percussore lanciato
Semi-Doppia azione
Coda di rondine
Taurus Pt 738
Kahr P380
Kel-tec P-3At
132
124
132
95
99
89
22
19
20
72
64
68
115
nd
97
289
283*
235
6
6
6
geometrica Browning modificata
cane interno
cane interno
percussore lanciato
cane interno
Doppia azione Semi-Doppia azione
Doppia azione
Semi-Doppia azione
Coda di rondine
Fisse
Coda di rondine
Fisse
Smith & Wesson
Bg 380
133
96
20
70
nd
340
6
Cane interno
Doppia azione
Coda di rondine
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scheda Tecnica
Produttore: Glock,
www.glock.com
Distributore: Bignami spa,
via Lahn 1, 39040 Ora (Bz),
tel. 0471.80.30.00,
fax 0471.81.08.99,
www.bignami.it
Modello: 42
Tipo: pistola semiautomatica
Calibro: 9 corto (.380 auto)
Funzionamento: chiusura
geometrica a canna
oscillante sistema
Browning modificato
Alimentazione: caricatore
monofilare amovibile
Numero colpi: 6+1
Lunghezza canna: 82,5 mm
Lunghezza totale: 151 mm
Altezza: 105 mm
Spessore: 24 mm
Percussione:
percussore lanciato
Scatto: safe action
in semi-Doppia azione,
peso di sgancio rilevato
2.900 grammi
(dichiarato, 2.550 grammi)
Mire: mirino prismatico
fissato al carrello, tacca
di mira innestata a coda
di rondine, riferimenti
bianchi per il tiro istintivo
Sicura: automatica
al percussore; automatica
sul grilletto
Peso: 390 grammi scarica
Qualifica: arma comune
Prezzo: 514 euro, Iva inclusa
1. Il lato destro evidenzia il
robusto estrattore, che fa
da avvisatore visivo e tattile
di colpo in canna. La texture
dell’impugnatura è quella
tipica delle Glock Gen 4.
2. La prova a fuoco nel poligono
interno della Bignami.
Tabella balisTica
Munizioni commerciali
Marca Tipo palla Peso palla (grs) V0 (m/sec)
Geco
Fmj
95
272,7
Sd
6,5
E0 (joule)
228,9
E0 (kgm)
23,3
Nota: l’azienda dichiara 300 m/sec in canna manometrica.
cinque colpi in 35 mm a 15 metri con munizioni Geco fmj, a due mani, senza appoggio.
questo abbia comportato particolari conseguenze
pratiche. Altra differenza della Glock 42 rispetto
alle altre back-up del mercato, è il dimensionamento delle mire: Il mirino è praticamente identico a
quello delle full size e anche la finestra della tacca
ha la medesima profondità e proporzione. La differenza è sui lati della tacca, che sono meno inclinati (cioè più verticali) e questo è tutto. Non sembra, ma sul bersaglio fa una differenza enorme
avere mire full size rispetto a mire back-up!
La ProVa a fuoco
Con sei colpi nel caricatore, commerciali della
Geco con ogiva Fmj di 95 grani, siamo pronti a
mettere alla corda la nuova back-up nel poligono
del distributore Bignami di Ora (Bz).
Si impugna bene, anche se si sente la mancanza di
un mezzo centimetro nella parte inferiore dell’impugnatura. Di fatto, il mignolo della mano forte,
riesce a fasciare appena il bordo inferiore dell’impugnatura, ma quest’aspetto non pregiudica la
realizzazione di una buona presa, sia a una mano
sia a due mani. Sicuramente un pad maggiorato
con appendice, avrebbe eliminato già dall’inizio
questo particolare, ma siamo sicuri che a breve
sarà disponibile come accessorio. La texture è identica nella forma e nella disposizione, alle Gen 4
full size, senza l’impronta delle dita, ma con gli
incavi laterali per il pollice.
Dopo alcuni minuti di dry fire, ho notato che il grip
generale è buono e nell’insieme si riesce a eseguire una buona impugnatura trovando la giusta po1
sizione a tutte le dita; lo sgancio caricatore si aziona con facilità, ha una larga superficie di contatto,
ma non è troppo sporgente, quindi difficile da
azionare accidentalmente; la leva hold open, come
nelle sorelle maggiori, è dura da abbassare e per
vincere la resistenza è necessario premere con forza. Senza l’ausilio di una “vera” fondina, ho simulato una serie di estrazioni, notando la facilità di
presa, di acquisizione del bersaglio e di accoppiamento della mano debole nella tecnica a due mani.
Come abbiamo potuto osservare e provare più
volte, con le armi a carrello squadrato prive di sicure all’otturatore, la miglior tecnica di presa per
armare, è a mano rovesciata. Vista la superficie
ridotta della piccola G42, questa tecnica ci avvantaggia maggiormente, migliorando la presa rispetto al binomio “pollice e indice”. Considerando la
vocazione back-up, al tiro si è dimostrata sorprendentemente precisa, con ottimi riscontri in termini
di rosata e di facilità nel raggiungimento della
performance, nonostante uno scatto Safe action,
decisamente meno fluido e più duro di quello montato sulle Glock “tradizionali”. Il calibro 9 corto,
sparato sulla G42, si gestisce con semplicità: l’arma non scalcia, rileva poco, è ben bilanciata e in
pochi istanti si è pronti al colpo successivo. Sfruttando il tunnel della Bignami e creando un “gioco”
di luci, abbiamo apprezzato la resa degli organi di
mira, che in perfetto stile Glock, hanno i riferimenti bianchi: dot sul mirino e profilo a “U” sulla tacca di mira. Ottima la percussione e l’alimentazione, senza esitazioni di sorta.
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