Capitolo 2, "Processi molecolari elementari"

Capitolo 2
Processi molecolari elementari.
La comprensione a livello microscopico degli eventi fotochimici e fotofisici richiede lo
studio delle propriet`a e del comportamento di molecole nel loro stato fondamentale
ed in quelli eccitati. La sola teoria che predice correttamente le propriet`a e la dinamica dei sistemi microscopici, quali gli atomi e le molecole, `e la meccanica quantistica,
bench´e sotto certi aspetti anche la meccanica classica possa rispecchiare la realt`a
con sufficiente approssimazione.
In questa prima parte del corso di fotochimica limiteremo all’indispensabile le nozioni
di meccanica quantistica applicata allo studio degli stati molecolari. Si tratta di un
insieme minimo di concetti, esposti per lo pi`
u in forma qualitativa e finalizzati alla
comprensione dei fenomeni fotofisici e fotochimici. Alcuni di questi concetti sono
ripresi ed approfonditi nella seconda parte del corso, altri sono esposti come inserti in
italico, che trovano logica collocazione in questo capitolo ma non sono indispensabili
per una comprensione dei processi fotochimici a livello fenomenologico.
Trattazioni pi`
u complete della fisica molecolare si possono trovare in testi specialistici come Atkins, “Molecular quantum mechanics”. Una descrizione approfondita ma non troppo tecnica degli stati elettronici eccitati e della reattivit`a fotochimica di molecole organiche si trova in Klessinger e Michl, “Excited states and
photochemistry of organic molecules”.
2.1
La funzione d’onda.
Una molecola pu`o essere descritta come un insieme di nuclei ed elettroni che si
muovono sotto l’influenza di forze essenzialmente elettrostatiche. Il moto di un sistema di particelle in meccanica quantistica `e descritto da una funzione del tempo
t e delle posizioni x1 , y1 , z1 , x2 . . . zN di tutte le N particelle; possiamo indicare
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la funzione in questione, detta “funzione d’onda”, con Ψ(X, t), dove X sta per la
collezione di tutte le coordinate elettroniche e nucleari.
Se le particelle sono dotate di momento angolare intrinseco, detto spin, accanto alle
coordinate spaziali sar`a necessario considerare anche la coordinata di spin s i , cio`e la
proiezione del momento angolare su un asse fisso arbitrario. Le variabili s i possono
assumere solo valori interi o seminteri in unit`a h
¯ = h/2π. Qui h `e la costante di
Planck, h = 6.626 · 10−34 J · s. Per gli elettroni, s = ±1/2, il che significa che la
funzione d’onda di un elettrone, oltre che dipendere dalla posizione, deve assumere
due valori diversi a seconda che s = 1/2 o s = −1/2.
La meccanica quantistica `e una teoria che non fa previsioni deterministiche, ma
piuttosto predice qual’`e la probabilit`a che si verifichi un dato evento. Il significato fisico della funzione d’onda `e il seguente. Sia dx i dyi dzi un volumetto
di spazio corrispondente alle coordinate dell’i-esima particella; allora la quantit`a
|Ψ(X, t)| 2 dx1 dy1 . . . dzN = |Ψ(X, t)|2 dX `e proporzionale alla probabilit`a di trovare
ciascuna particella nel relativo volumetto di spazio, quando si esegue simultaneamente una misura di tutte le posizioni. Consideriamo tutto lo spazio come se fosse
suddiviso in volumetti infinitesimi, e prendiamo tutte le distribuzioni possibili delle
particelle nei volumetti: se sommiamo le probabilit`a relative a ciascuna distribuzione, otteniamo la probabilit`a di trovare ogni particella in una posizione qualsiasi, cio`e
1: questo risultato esprime la certezza di trovare le particelle in qualche punto dello
spazio. Questa operazione corrisponde a valutare l’integrale:
I=
Z
+∞
−∞
|Ψ(X, t)| 2 dX
(2.1)
con gli estremi di integrazione −∞, +∞ per tutte le variabili contenute nell’insieme
X. Moltiplicando la funzione d’onda per un fattore costante non si alterano le probabilit`a relative di trovare le particelle nelle diverse zone di spazio, perci`o il significato
fisico della funzione d’onda rimane invariato; se l’integrale I esiste
√ (non `e infinito),
possiamo moltiplicare la funzione d’onda per il fattore N = 1/ I; per la funzione
N Ψ l’integrale vale 1, che `e la probabilit`a totale di trovare le particelle cercandole
in tutto lo spazio; in questo caso la funzione d’onda si dice “normalizzata”, e il
suo modulo quadro non `e solo proporzionale, ma proprio uguale alla “densit`a di
probabilit`a” di trovare le particelle nelle posizioni X:
P (X, t) = |Ψ(X, t)|2
(2.2)
Se consideriamo anche le variabili di spin, le definizioni precedenti si devono leggermente modificare: parleremo di probabilit`a di trovare ogni particella in un certo
volumetto di spazio e con un certo valore dello spin s i ; in luogo dell’integrale (2.1)
avremo una somma di integrali, uno per ogni possibile N-upla di coordinate di spin
s1 , s 2 . . . s N .
Normalmente atomi e molecole si trovano in stati quantici particolari, detti stati
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stazionari, le cui funzioni d’onda non dipendono dal tempo; questo non significa
che le particelle siano immobili: l’analogo classico pi`
u somigliante ad uno stato
stazionario quantistico `e un moto periodico. Possono per`o avvenire transizioni tra
stati stazionari diversi, ossia il sistema pu`o passare da uno stato quantico ad un
altro, se viene “disturbato” da fattori esterni, come l’urto con un’altra molecola o
l’interazione con la luce. Dovremo considerare due tipi di stati stazionari, quelli
“legati” e quelli “dissociativi”. Proseguendo l’analogia con la meccanica classica,
possiamo considerare il moto di due corpi celesti che si attraggono reciprocamente;
se la loro energia totale `e negativa (nella scala in cui i due corpi a riposo e a distanza
infinita hanno energia nulla), i due corpi non possono allontanarsi indefinitamente
e quindi descrivono traiettorie ellittiche (stato “legato”); se l’energia `e positiva, la
traiettoria `e iperbolica, ossia aperta (stato “dissociativo”).
Gli stati “legati” rappresentano un moto confinato delle particelle; per esempio, normalmente gli elettroni non possono allontanarsi dal resto della molecola e si muovono
entro un volume grosso modo definito da un insieme di sfere che rappresentano gli
atomi; i nuclei a loro volta oscillano intorno a posizioni di equilibrio, le quali caratterizzano la forma o geometria molecolare. La nozione di normalizzazione vista sopra
vale solo per stati di questo tipo, tali che la probabilit`a P (X) si annulla rapidamente
uscendo da una ristretta zona di spazio. Gli stati legati hanno energie ben definite;
per ogni sistema esiste un insieme di livelli energetici “permessi”, detto lo spettro.
La parte di spettro relativa a stati legati `e discreta, ossia i livelli si possono numerare: E1 , E2 . . . Ek ; non esistono stati stazionari con energie intermedie tra due livelli
successivi, Ek ed Ek+1 . Quando una grandezza fisica pu`o assumere solo un certo
insieme di valori discreti, si dice che `e “quantizzata”.
Quando una o pi`
u particelle sono libere di allontanarsi indefinitamente dalle altre,
abbiamo stati di tipo dissociativo; questo avviene, per esempio, se forniamo ad
un elettrone sufficiente energia da ionizzare l’atomo o la molecola; oppure, se un
legame chimico si rompe, con la conseguente dissociazione della molecola in due
frammenti. Gli stati dissociativi hanno energie qualsiasi, al di sopra di una soglia
minima sotto la quale esistono solo stati legati. Lo spettro corrispondente `e quindi
continuo. Per gli elettroni la soglia energetica che distingue le due parti dello spettro,
discreta e continua, `e l’energia di ionizzazione; per un legame chimico, `e l’energia di
dissociazione. L’energia in pi`
u, al di sopra della soglia, `e energia cinetica o energia
interna dei due frammenti che si allontanano. Quindi, nella dissociazione AB → A
+ B, l’energia in eccesso si ripartisce secondo il bilancio:
1
2
hν − Ediss = EA + EB + 2 µvrel
(2.3)
Qui Ediss `e l’energia di dissociazione, EA ed EB sono le energie dei frammenti
(rotazione, vibrazione ed eventuale eccitazione elettronica), v rel `e la loro velocit`a
relativa e µ `e la massa ridotta MA MB /(MA + MB ).
La funzione d’onda di uno stato dissociativo non tende a zero per valori grandi della
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coordinata che descrive l’allontanamento della o delle particelle coinvolte, perci`o
l’integrale (2.1) non esiste e la normalizzazione della funzione d’onda come definita
sopra non `e possibile (vedi sezioni 6.1 e 6.3). In questo caso ci limiteremo a dire che
la densit`a di probabilit`a `e proporzionale (non uguale) a |Ψ(X)| 2 .
Le funzioni d’onda stazionarie Ψk obbediscono ad una particolare equazione, detta
equazione di Schr¨odinger indipendente dal tempo:
ˆ Ψ k = E k Ψk
H
(2.4)
ˆ `e un operatore, cio`e un inQuesto `e un tipo di “equazione ad autovalori”, in cui H
sieme di operazioni da eseguire sulla funzione d’onda Ψ k , detta autofunzione, mentre
Ek (l’energia associata allo stato Ψk ) `e detto autovalore. Il significato matematico
ˆ applicate alla funzione d’onda,
dell’equazione `e che le operazioni contenute in H,
producono una funzione identica, salvo per il fattore moltiplicativo E k . Il significato fisico `e che Ψk rappresenta uno stato ad energia definita E k , ossia che una
misura dell’energia della molecola fornir`a sempre il valore E k , a meno dell’errore
sperimentale. Per contro, un sistema fisico pu`o esistere in uno stato misto, con
probabilit`a non nulle di ottenere valori diversi da una misura dell’energia; un tale
stato non pu`o essere stazionario e non pu`o essere soluzione dell’eq. (2.4). Stati non
stazionari si generano, per esempio, quando una molecola `e soggetta ad interazione
ˆ si chiama hacon campi elettromagnetici esterni (vedi capitolo 6). L’operatore H
miltoniano, ed `e l’espressione dell’energia del sistema. L’energia potenziale `e una
funzione delle coordinate, proprio come in meccanica classica, mentre l’energia cinetica contiene un’operazione di derivata seconda rispetto alle coordinate stesse.
L’eq. (2.4) `e quindi un’equazione differenziale. I diversi stati stazionari corrispondono a diverse soluzioni (autofunzioni) dell’equazione. Un’equazione ad autovalori
pu`o avere soluzioni Ψk fisicamente accettabili solo per particolari valori di E k ; `e per
questo, ad esempio, che pu`o esistere uno spettro discreto, ossia un insieme di valori
distinti Ek ammissibili.
Alcuni esempi di autofunzioni, riguardanti sia il moto vibrazionale dei nuclei, sia
quello degli elettroni, sono mostrati in figura 2.1. Un maggior numero di nodi implica una pi`
u alta energia cinetica e in genere una pi`
u alta energia totale; nel caso
di una sola coordinata l’ordine energetico degli stati `e semplicemente determinato
dal numero di nodi. In uno spettro discreto, le differenze di energia tra uno stato
ed il successivo dipendono dalla forma del potenziale e diminuiscono al crescere della massa delle particelle coinvolte; per forme semplici del potenziale (rettangolare,
“armonico” ossia parabolico, coulombiano) la separazione energetica `e inversamente
proporzionale alla massa. Di conseguenza, le differenze di energia tra diversi stati di
moto per gli elettroni sono molto pi`
u grandi di quelle tra stati di moto dei nuclei; per
questo la spettroscopia elettronica riguarda luce visibile o UV, e quella vibrazionale
e rotazionale riguarda l’infrarosso (IR) o frequenze inferiori. Per masse molto grandi,
come quelle dei corpi macroscopici, i livelli energetici sono cos`ı vicini da poter ignorare, in pratica, la quantizzazione dell’energia; in questo caso, la meccanica classica
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diventa un’ottima approssimazione della realt`a.
R
Ψ2s
Ψ1
E2s
E1
ΨB
ΨA
Ψ0
E0
potenziale
armonico
Ψ1s
EB
E1s
EA
potenziale con
doppio minimo
potenziale
coulombiano
Figura 2.1: Esempi di funzioni d’onda.
2.2
Approssimazione di Born-Oppenheimer.
La descrizione di un sistema di molte particelle diventa molto pi`
u semplice se `e
possibile trattare separatamente diversi tipi di moto. Supponiamo di poter separare
le coordinate che descrivono un sistema fisico in due (o pi`
u) sottoinsiemi x e y,
tali che le componenti delle forze relative al sottoinsieme x non dipendano dalle
coordinate y. In meccanica classica potremmo allora prevedere il variare nel tempo
delle coordinate x senza sapere nulla delle y; se vale anche il viceversa, diremo che i
due tipi di moto sono indipendenti. Un esempio banale `e quello di due sistemi lontani
uno dall’altro e quindi non interagenti. Un altro esempio `e la separazione del moto
orizzontale da quello verticale per un corpo che cade. In meccanica quantistica,
l’indipendenza dei moti si esprime nel fatto che la funzione d’onda complessiva sia
il prodotto di due fattori, uno dipendente solo dalle coordinate x e l’altro dalle y
(vedi sezione 6.7 per l’approfondimento):
Ψ(x, y) = ψ(x) φ(y)
(2.5)
Infatti, una analoga relazione varr`a allora per la densit`a di probabilit`a, il che
corrisponde alla definizione di eventi indipendenti nella teoria delle probabilit`a:
P (x, y) = |Ψ(x, y)|2 = |ψ(x)|2 |φ(y)|2 = Px (x) Py (y)
(2.6)
In questo caso la distribuzione di probabilit`a per la variabile x, con y prefissata, non
dipende dal valore scelto per y, e viceversa. La separazione `e possibile se l’energia
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totale si pu`o scrivere come somma di due termini, che dipendono rispettivamente
solo dalle x e dalle y:
ˆ=H
ˆx + H
ˆy
H
(2.7)
ˆ x ψ = Ex ψ e analogamente per φ, abbiamo:
Infatti, se H
ˆ =H
ˆ x ψφ + H
ˆ y ψφ = Ex ψφ + Ey ψφ = (Ex + Ey )Ψ
HΨ
(2.8)
L’equazione di Schr¨odinger complessiva `e soddisfatta se i singoli fattori di Ψ obbediscono ad equazioni parziali, per le sole variabili x e y separatamente. Vediamo anche
che, nel caso di separazione dei moti, l’energia totale `e la somma dei contributi delle
energie relative ai diversi tipi di moto. Come in meccanica classica, per trasferire
energia da un moto all’altro occorre un’interazione, ossia un termine energetico che
coinvolga entrambe le coordinate x e y. A questo proposito, vediamo un altro esempio tratto dalla meccanica classica. Se lancio una pallina in uno scivolo rettilineo, con
sezione trasversale di forma ovunque uguale, la traiettoria sar`a la combinazione di
due moti indipendenti, che non si scambiano energia: quello longitudinale x(t), che
pu`o accelerare o rallentare a seconda della pendenza del canale, e quello trasversale
y(t), che descrive oscillazioni di ampiezza e frequenza costanti. Ci`o `e conseguenza
del fatto che l’energia potenziale `e somma di due termini: V (x, y) = V x (x) + Vy (y)
(l’energia cinetica `e automaticamente “separata”, in coordinate cartesiane). Se per`o
c’`e una curva, oppure la sezione trasversale cambia forma, vuol dire che V y dipende
in qualche modo anche dalla coordinata x. Ne consegue che i due moti non sono
pi`
u indipendenti; ad esempio, il moto trasversale pu`o acquistare energia da quello
longitudinale, e la pallina pu`o schizzare fuori dal canale.
Esempi importanti a livello molecolare sono la separazione del moto del baricentro
da tutti gli altri tipi di moto, e quella della rotazione complessiva rispetto ai moti
interni; questa seconda separazione si basa su di un’approssimazione, tanto pi`
u valida
quanto pi`
u la molecola `e rigida; infatti, ogni deformazione (moto interno) che altera
il tensore d’inerzia influisce sulla velocit`a angolare (moto rotazionale). Quando la
separazione di due tipi di moto `e perfetta, una transizione da uno stato quantico
ad un altro che avvenga nel sottosistema delle coordinate x non influenza affatto
il moto del sottosistema y. Per esempio, una molecola pu`o “cadere” in un campo
gravitazionale (moto traslazionale del baricentro), senza che i moti interni ne siano
influenzati. Due molecole A e B molto lontane una dall’altra non interagiscono;
quindi, A pu`o essere eccitata, per esempio assorbendo un fotone, senza che B ne sia
minimamente influenzata. Se per`o le due molecole sono vicine ed interagiscono, il
cambiamento nello stato di moto di A induce variazioni anche in B, e l’energia di
eccitazione si pu`o trasferire da A a B.
Per quanto riguarda la fotochimica, `e essenziale il fatto che si possano parzialmente
separare i moti degli elettroni da quelli dei nuclei. La separazione `e solo parziale
perch´e ovviamente l’attrazione coulombiana nucleo-elettrone non consente di con-
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Figura 2.2: Moti indipendenti in un canale rettilineo e moti accoppiati in un canale
curvo.
siderare veramente indipendenti i moti dei due tipi di particelle. L’approssimazione
introdotta da Born e Oppenheimer si basa sul fatto che gli elettroni, essendo molto
pi`
u leggeri dei nuclei, hanno mediamente velocit`a molto pi`
u alte; perci`o, dato un
qualsiasi spostamento dei nuclei, gli elettroni “adattano” molto rapidamente il loro
moto alla nuova situazione; in pratica, gli elettroni interni si limitano a seguire i
nuclei dovunque vadano e gli elettroni di valenza formano o disfano legami chimici a
seconda della geometria molecolare. Chiamando Q e q rispettivamente le coordinate
dei nuclei e degli elettroni, questo concetto si esprime scrivendo la funzione d’onda
complessiva come:
Ψ(q, Q) = ψ(q; Q) χ(Q)
(2.9)
Qui ψ(q; Q) `e la funzione d’onda elettronica, il cui modulo quadro esprime la probabilit`a di trovare gli elettroni in certe posizioni nello spazio, con una dipendenza
dalle coordinate nucleari come da parametri esterni. La funzione d’onda elettronica
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`e definita “a nuclei fissi”, cio`e per una data geometria molecolare. Il moto nucleare `e descritto unicamente dalla funzione χ(Q); questa `e spesso chiamata funzione
d’onda vibrazionale perch´e, una volta separati i moti traslazionali e rotazionali, il
moto nucleare si riduce ad oscillazioni intorno a posizioni di equilibrio. La funzione d’onda Ψ(q, Q) rappresenta uno stato “vibronico” (vibrazionale-elettronico)
nell’approssimazione di Born-Oppenheimer.
I diversi stati elettronici possibili saranno numerati da un indice k, cos`ı come le loro
funzioni d’onda ψk e le loro energie Uk . Queste ultime dipendono dalle coordinate nucleari Q e sono la somma di energia potenziale (attrazioni nucleo-elettrone e
repulsioni nucleo-nucleo ed elettrone-elettrone) ed energia cinetica degli elettroni.
La funzione Uk (Q) rappresenta quindi tutte le forme di energia, esclusa l’energia
cinetica dei nuclei; perci`o, ha il ruolo di una energia potenziale che governa il moto
dei nuclei, con la particolarit`a che `e determinata dal rapido moto degli elettroni e
dallo stato quantico k in cui essi si trovano. Le superfici di energia potenziale U k (Q)
possono contenere minimi, che sono posizioni di equilibrio per i nuclei, e quindi
rappresentano isomeri o conformazioni stabili della molecola; si potranno inoltre
trovare punti di sella che collegano due minimi tra loro e corrispondono a stati di
transizione. Stati elettronici diversi hanno superfici di energia potenziale diverse,
anche se ci possono essere somiglianze non casuali: per esempio, possono esistere
minimi e quindi geometrie di equilibrio approssimativamente coincidenti.
2.3
Stati elettronici e spin.
Gli stati elettronici molecolari vengono comunemente classificati secondo il modello
degli orbitali molecolari (MO), che consente di interpretarne le propriet`a, almeno
qualitativamente. Al modello MO corrisponde un formalismo molto conveniente per
il calcolo (metodo di Hartree-Fock, HF, o Self-Consistent-Field, SCF), di gran lunga
il pi`
u usato nelle applicazioni di chimica computazionale.
Per un solo elettrone, la funzione d’onda si pu`o scrivere come prodotto di fattore
spaziale e fattore di spin:
ψ(x, y, z, s) = φ(x, y, z) σ(s)
(2.10)
Infatti, spin e moto orbitale sono completamente indipendenti, se si trascurano i
termini magnetici nell’hamiltoniano. La variabile di spin, s, `e la componente del
momento angolare intrinseco della particella, lungo un dato asse. La funzione di
spin σ(s) per un elettrone assume solo due valori, a seconda se s = 1/2 oppure
s = −1/2 (in unit`a h
¯ ); avremo funzioni α(s) e β(s), definite da:
α(1/2) = 1
α(−1/2) = 0
β(1/2) = 0
β(−1/2) = 1
22
(2.11)
Nel contesto della chimica quantistica, il fattore spaziale φ(x, y, z) `e chiamato
orbitale atomico o molecolare e il prodotto φ(x, y, z)σ(s) `e chiamato spin-orbitale.
L’idea base del modello MO `e ancora una volta quella della separazione dei moti:
si considera il moto di ogni elettrone come indipendente da quello di tutti gli altri,
quindi si vorrebbe scrivere la funzione d’onda come un prodotto di fattori monoelettronici. In realt`a, il moto di pi`
u particelle identiche non `e mai veramente indipendente, neppure in prima approssimazione, perch´e esso deve obbedire a precise leggi
di simmetria per lo scambio di coppie di particelle. In particolare, una funzione d’onda di molti elettroni deve essere antisimmetrica, ossia cambiare di segno quando si
permutano le coordinate spaziali e di spin di due elettroni qualsiasi:
ψ(x1 , y1 , z1 , s1 , x2 , y2 , z2 , s2 ) = −ψ(x2 , y2 , z2 , s2 , x1 , y1 , z1 , s1 )
(2.12)
Perci`o, ad esempio, due elettroni con lo stesso spin (s 1 = s2 ) non possono mai
essere nella stessa posizione: infatti, in quel caso, l’eq. (2.12) implica ψ = 0, ossia
probabilit`a nulla. Ci`o basta a mostrare che i moti dei due elettroni sono correlati.
` facile scrivere una funzione d’onda per due elettroni con questa propriet`a, usando
E
prodotti di spin-orbitali:
ψ(1, 2) =
ψ1 (1)ψ2 (2) − ψ2 (1)ψ1 (2)
√
2
(2.13)
Per brevit`a, qui e nel seguito indichiamo le coordinate spaziali e/o di spin col solo
indice della particella: ψi (k) sta per ψi (xk , yk , zk , sk ).
Qualunque funzione d’onda pu`
o essere antisimmetrizzata, prendendo la somma delle
funzioni che ne derivano permutando in tutti i modi possibili le coordinate delle
particelle, e attribuendo ad ogni termine il segno + o − a seconda della parit`
a della
permutazione. Invece che un semplice prodotto, la funzione d’onda per molti elettroni
`e quindi un prodotto antisimmetrizzato di fattori monoelettronici; se ψ i indica uno
spin-orbitale e k1 , k2 . . . kn `e una delle n! permutazioni possibili degli indici degli
elettroni, abbiamo:
ψ(1, 2 . . . n) = (n!)−1/2
X
(−1)p ψ1 (k1 ) ψ2 (k2 ) . . . ψn (kn )
(2.14)
La somma corre su tutte le permutazioni degli elettroni e p `e la parit`
a della permutazione, cio`e il numero di scambi di due elettroni che realizzano quella permutazione.
L’espressione (2.14) `e il determinante della matrice di elementi A ij = ψi (j), detto determinante di Slater. Gli spinorbitali devono essere tutti diversi, altrimenti il
prodotto antisimmetrizzato sarebbe nullo; in altre parole, ogni orbitale pu`
o contenere
al massimo due elettroni, uno con spin α e uno con spin β.
Naturalmente, la funzione d’onda (2.14) `e valida nell’ambito dell’approssimazione
di elettroni “quasi indipendenti”, che caratterizza il modello MO. Nelle formulazioni
quantitative del modello, il moto di ogni elettrone, cio`e il suo orbitale, `e determinato
da un potenziale che comprende: 1) attrazione da parte dei nuclei; 2) repulsione da
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parte degli altri elettroni, visti come una distribuzione di carica negativa, somma di
tutte le densit`a di probabilit`a relative agli altri orbitali. In questo senso, gli orbitali
possono vedersi come funzioni d’onda che descrivono il moto di un singolo elettrone.
Se i livelli energetici monoelettronici (“energie degli orbitali”) sono ben separati,
come succede nella maggior parte delle molecole organiche, lo stato fondamentale
con n elettroni `e ben rappresentato da un prodotto in cui gli n/2 orbitali pi`
u bassi
sono occupati da due elettroni, α e β (supponiamo n pari). Per due soli elettroni,
accoppiati nell’orbitale φ1 , la funzione d’onda `e:
ψS = φ1 (1) φ1 (2)
α(1)β(2) − β(1)α(2)
√
2
(2.15)
In questo prodotto, la parte spaziale, φ 1 (1)φ1 (2), `e simmetrica rispetto allo scambio
delle particelle, mentre la parte di spin, α(1)β(2) − β(1)α(2), `e antisimmetrica. Vi
`e un solo modo di mettere due elettroni in un orbitale: questo stato unico `e detto
“singoletto”. Per molte coppie di elettroni, con doppia occupazione degli orbitali,
avremo ancora una funzione d’onda di singoletto, che si pu`o scrivere come prodotto
antisimmetrizzato di funzioni del tipo (2.15).
Con un numero dispari di elettroni, ci sar`a un orbitale occupato da un solo elettrone, α oppure β. Lo spin di questo elettrone non influenza l’energia totale, finch´e
si trascurano le interazioni magnetiche. Se tutti gli altri elettroni occupano gli orbitali a due a due, danno luogo ad un solo possibile prodotto, di tipo singoletto.
Perci`o, considerando anche l’elettrone spaiato, abbiamo due stati “degeneri”, cio`e,
con la stessa energia: si tratta di un doppietto. I radicali che derivano dalla rottura
omolitica di legami o i radicali cationi che si ottengono per ionizzazione di molecole
neutre sono in stati di doppietto.
Due elettroni in due orbitali diversi danno luogo a quattro funzioni d’onda
antisimmetriche:
ψS =
φ1 (1) φ2 (2) + φ2 (1) φ1 (2) α(1)β(2) − β(1)α(2)
√
√
2
2
(2.16)
e


φ1 (1) φ2 (2) − φ2 (1) φ1 (2) 
√
ψT =

2

α(1)α(2)
+ β(1)α(2)]
β(1)β(2)
√1 [α(1)β(2)
2
(2.17)
La prima funzione, eq.(2.16), ha parte spaziale simmetrica e parte di spin antisimmetrica, identica a quella di due elettroni accoppiati nello stesso orbitale; non
esistono altre funzioni di spin antisimmetriche per due elettroni, quindi si tratta
ancora di un singoletto. Le altre tre funzioni d’onda, eq.(2.17), hanno parte spaziale
antisimmetrica e parte di spin simmetrica; le tre funzioni differiscono soltanto per il
fattore di spin, in particolare per l’orientazione relativa degli spin dei due elettroni,
nonch´e per la proiezione dello spin totale lungo un asse; perci´o si tratta di tre stati
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degeneri nell’approssimazione elettrostatica, ossia di un tripletto. Anche qui, con
pi`
u coppie di elettroni, le funzioni d’onda (2.16) e (2.17) saranno moltiplicate per
un unico prodotto di doppia occupazione, il che non cambia la loro molteplicit`a
di spin. Singoletti e tripletti con due elettroni in due orbitali diversi si possono
ottenere “eccitando” un singolo elettrone da un orbitale doppiamente occupato ad
uno vuoto di pi`
u alta energia. Gli stati eccitati pi`
u bassi della maggior parte delle
molecole organiche si possono rappresentare in prima approssimazione come singole
eccitazioni e sono singoletti oppure tripletti. In fotochimica si indica solitamente
con S0 lo stato fondamentale di singoletto, con S 1 , S2 etc. si indicano i singoletti
eccitati, in ordine di energia, e con T 1 , T2 etc. i tripletti. Poich´e il tipo di fattore
di spin (singoletto, doppietto, tripletto etc) `e legato alla degenerazione dello stato
elettronico, esso `e anche detto “molteplicit`a di spin”.
Un singoletto ed un tripletto con due elettroni spaiati possono avere una funzione
d’onda spaziale simile, nel senso che implica un’eccitazione tra gli stessi orbitali.
Tuttavia, la forma antisimmetrica della funzione spaziale di tripletto fa si che i
due elettroni evitino di trovarsi a piccola distanza uno dall’altro, il che minimizza
l’energia di repulsione coulombiana; ci`o non vale per il singoletto. Per questo, in
una coppia di stati caratterizzati dalla stessa occupazione orbitalica, il tripletto
`e pi`
u basso in energia del singoletto; in generale, con diversi elettroni spaiati, lo
stato pi`
u basso `e quello di maggiore molteplicit`a di spin. La separazione tra livelli
energetici di singoletto e tripletto, con funzioni d’onda del tipo (2.16) e (2.17),
dipende dalla relazione spaziale tra gli orbitali che ospitano gli elettroni spaiati. Se
φ1 e φ2 occupano essenzialmente la stessa regione di spazio, singoletto e tripletto
sono ben separati, perch´e la repulsione tra i due elettroni `e grande. Se invece φ 1
e φ2 sono in regioni lontane, la separazione tra i livelli `e piccola; ci`o si verifica nei
sistemi diradicalici, dove due elettroni spaiati sono localizzati su due centri - atomi,
gruppi funzionali - diversi (vedi sezione 4.2).
2.4
Stati vibrazionali.
Le funzioni d’onda vibrazionali vanno numerate con un indice k per ricordare lo
stato elettronico a cui appartengono, e con un indice v per lo stato vibrazionale.
Avremo quindi funzioni d’onda χkv ed energie Ekv . Tradizionalmente la numerazione
comincia con v = 0. Il livello vibrazionale pi`
u basso, E k0 , `e sempre un po’ sopra
il minimo assoluto della funzione U k , cio`e Uk (Qeq ). La differenza Ek0 − Uk (Qeq ) `e
detta energia di punto zero.
I nuclei vibrano attorno alle loro posizioni di equilibrio allungando ed accorciando
legami, cambiando angoli di legame, etc., cio`e danno luogo a moti di stretch, bend,
torsione, piramidalizzazione, a seconda delle coordinate interne coinvolte. In generale il moto vibrazionale coinvolge pi`
u coordinate simultaneamente, a volte secondo
combinazioni definite necessariamente dalla simmetria (ad esempio: stretch sim25
energia
metrico in H2 O = allungamento simultaneo dei due legami OH; bend asimmetrico
nell’etilene = allargamento di un angolo HCH e riduzione dell’altro). Ogni singola
coordinata di vibrazione Qr darebbe luogo ad una successione di stati vibrazionali caratterizzati ciascuno da v “nodi” (punti in cui la funzione d’onda si annulla
e cambia segno). Lungo la coordinata vibrazionale si potranno distinguere zone
classicamente permesse, dove l’energia totale E kv `e pi`
u grande dell’energia potenziale Uk , e zone classicamente proibite, in cui E kv < Uk . Queste ultime sarebbero
zone irraggiungibili secondo la meccanica classica, mentre la meccanica quantistica
mostra che vi `e una probabilit`a, di solito piccola, di trovare i nuclei anche l`ı (effetto tunnel). La penetrazione nelle zone classicamente proibite diventa sempre meno
probabile all’aumentare della massa delle particelle coinvolte: `e molto importante
per gli elettroni, ha effetti chimici abbastanza rilevanti per i nuclei di idrogeno e
deuterio, molto meno per tutti gli altri nuclei.
Uk
v=2
v=1
v=0
Qr
Figura 2.3: Stati vibrazionali legati e dissociativi.
Nelle vicinanze di un minimo, finch´e l’energia E kv `e abbastanza bassa, avremo almeno due zone classicamente proibite, una a sinistra ed una a destra dell’intervallo
di variazione della coordinata. In queste zone, allontanandosi da quella classicamente permessa, la funzione d’onda e quindi la probabilit`a tende a zero. Si tratta
quindi di stati legati, perch´e i nuclei sono costretti a rimanere nelle vicinanze della
posizione di equilibrio. Per livelli energetici pi`
u alti, l’oscillazione diventa pi`
u ampia.
La differenza di energia tra livelli successivi `e quasi costante inizialmente, con una
tendenza dei livelli ad infittirsi verso l’alto. Una relazione approssimativa, valida per
i livelli pi`
u bassi, `e Ekv = (v + 1/2)¯h ωr , dove ωr `e la frequenza vibrazionale relativa
alla coordinata Qr ; la frequenza `e tanto pi`
u alta quanto maggiore `e la curvatura del
potenziale Uk e quanto minore la massa degli atomi coinvolti, esattamente come nel
26
caso classico di un peso attaccato ad una molla; le frequenze pi`
u alte riguardano
moti di stretch di legami CH, OH, NH (intorno a 3000 cm −1 ); le pi`
u basse sono
dovute a coordinate interne che lasciano quasi invariata l’energia, come la torsione
intorno a singoli legami. Poich´e a temperatura ambiente K B T ' 210 cm−1 , per frequenze maggiori di circa 500 cm−1 solo lo stato vibrazionale fondamentale (v = 0)
`e popolato, mentre per le vibrazioni pi`
u lente `e probabile trovare una molecola negli
stati vibrazionalmente eccitati.
Se la coordinata Qr in questione `e di tipo stretch e quindi descrive l’allontanamento
di un atomo o gruppo dal resto della molecola, il potenziale (l’energia elettronica
Uk ) tender`a ad un valore costante Uk (∞) per grandi Qr . La differenza tra il valore
asintotico e l’energia del livello pi`
u basso, U k (∞) − Ek0 , `e l’energia di dissociazione.
Quando l’energia vibrazionale `e maggiore di U k (∞), la molecola dissocia; la zona
classicamente proibita sulla destra (grandi Q r ) non esiste pi`
u e la funzione d’onda
non tende a zero, ma oscilla. Come abbiamo gi`a visto in generale, da U k (∞) in su
lo spettro vibrazionale `e continuo; gli stati non sono pi`
u numerabili con un indice
intero k e saranno invece identificati in base alla loro energia.
Solo le molecole biatomiche hanno una singola coordinata vibrazionale. Nelle poliatomiche, le funzioni d’onda vibrazionali dipendono da molte coordinate, ma la
dipendenza di una funzione da ogni coordinata Q r rimane simile a quella di figura
2.3. L’energia vibrazionale totale `e circa uguale alla somma delle energie relative
alle singole coordinate. In questo modo, i livelli vibrazionali sono molto pi`
u fitti
di quanto mostri la figura 2.3, perch´e `e possibile ottenere approssimativamente la
stessa energia distribuendo in maniere diverse il totale tra i vari moti interni.
Se l’energia `e distribuita a caso, anche quando il totale supera l’energia di dissociazione di uno dei legami, non `e detto che avvenga automaticamente la dissociazione,
perch´e l’energia contenuta nella coordinata di stretch Q r che ci interessa pu`o essere
insufficiente. Le varie vibrazioni per`o si scambiano energia, poich´e non sono indipendenti, quindi dopo un tempo pi`
u o meno lungo si concentrer`a abbastanza energia
nella coordinata Qr e la molecola dissocier`a. Statisticamente, il tempo necessario
affinch´e ci`o avvenga `e pi`
u lungo se le coordinate interne sono molte (grandi molecole),
mentre si accorcia aumentando l’eccesso di energia rispetto a U k (Qr = ∞). Poich´e
l’eccesso di energia `e maggiore per il legame pi`
u debole (quello con la pi`
u bassa energia di dissociazione), questo `e di solito quello che si rompe per primo. Una reazione
termica di dissociazione avviene in due passaggi successivi: prima la molecola acquista l’energia necessaria attraverso urti o interazioni con altre molecole, poi dissocia secondo una dinamica vibrazionale che spesso si pu`o ritenere del tutto casuale e
quindi regolata da leggi statistiche. Analogamente possiamo descrivere altre reazioni
unimolecolari in cui lungo la coordinata di reazione si trova una barriera energetica (stato di transizione), come nelle isomerizzazioni. Poich´e la probabilit`a che una
molecola raggiunga l’energia E secondo la distribuzione di Boltzmann `e e −E/KB T ,
se la soglia energetica (energia di dissociazione o energia dello stato di transizione)
∗
`e E ∗ , la costante di velocit`a conterr`a un fattore e −E /KB T .
27
Come abbiamo gi`a notato, poich´e i nuclei hanno masse abbastanza grandi, molti
processi che implicano solo moti nucleari si possono descrivere almeno qualitativamente ricorrendo alla meccanica classica. Per esempio, il passaggio attraverso uno
stato di transizione, che d`a luogo ad una reazione termica, `e un fenomeno essenzialmente classico; tuttavia in qualche caso risultano importanti l’energia di punto
zero ed il tunnelling, con i conseguenti effetti isotopici. Anche il trasferimento di
energia tra moti vibrazionali diversi o tra molecole diverse (vedi sezioni 7.2 e 5.1) si
pu`o descrivere mediante la meccanica classica, come nell’esempio della pallina in un
canale di sezione 2.2; la quantizzazione dell’energia vibrazionale per`o pone dei limiti
alle quantit`a di energia che vengono trasferite, rallentando il processo soprattutto
nelle piccole molecole con poche frequenze vibrazionali.
2.5
Assorbimento di radiazione e coefficienti B di
Einstein.
Esaminiamo ora l’interazione luce-molecola, allo scopo di comprendere le caratteristiche degli spettri elettronici. Una condizione fondamentale affinch´e si possa avere
una transizione dallo stato iniziale l allo stato finale k `e che si conservi l’energia
totale. Se lo stato k `e pi`
u alto in energia di l, per ogni molecola che compie una
transizione deve essere assorbito un fotone di energia hν kl = hc/λkl = Ek − El . Dal
punto di vista classico, il campo elettromagnetico deve oscillare con la frequenza ν kl ;
per esempio, considerando luce monocromatica, il campo elettrico in un dato punto
~
dello spazio dovr`a essere: E(t)
= E~0 cos(ωkl t) = E~0 cos(2πνkl t); se il vettore E~0 ha
una direzione fissa, si tratta di luce polarizzata linearmente. Questa `e detta la “condizione di risonanza”. La sezione d’urto σ(λ) e il coefficiente di estinzione molare
ε(λ) saranno grandi solo per lunghezze d’onda che soddisfano a questa condizione e
quindi avremo un picco nello spettro di assorbimento. Se lo stato k `e pi`
u basso di l,
la conservazione dell’energia richiede che sia emesso un fotone di energia E l − Ek .
La seconda condizione, affinch´e avvenga una transizione, `e che il campo elettromagnetico interagisca con la molecola. In effetti, il campo elettrico della radiazione
esercita una forte azione sulle cariche di nuclei ed elettroni, e tende ad introdurre
una polarizzazione della molecola che varia periodicamente nel tempo. Il campo
magnetico interagisce con gli spin delle particelle, oltre che con il moto orbitale degli
elettroni, ma le energie in gioco sono molto pi`
u piccole di quelle elettriche. Perci`o le transizioni tra stati con spin diverso sono molto improbabili, ossia, come si
dice nel gergo degli spettroscopisti, sono “proibite”. Poich´e lo stato fondamentale
della maggior parte delle molecole stabili `e un singoletto, gli stati di tripletto non
contribuiscono allo spettro di assorbimento ed `e quasi impossibile popolarli per eccitazione diretta. Questa `e la prima e fondamentale “regola di selezione”. Altre regole
di selezione, legate alla simmetria molecolare, contribuiscono a determinano quali
coppie di stati non possono dare luogo a transizioni radiative, cio`e con assorbimento
28
o emissione di radiazione.
La densit`a di energia di un campo elettromagnetico `e proporzionale al quadrato
dell’ampiezza di oscillazione del campo elettrico, E 02 , ed anche al numero di fotoni
contenuti nell’unit`a di volume. Come abbiamo gi`a visto, se la densit`a di fotoni non
`e troppo alta, possiamo pensare che una molecola interagisca solo con un fotone per
volta. Quindi, se la molecola `e inizialmente nello stato l, la probabilit`a che venga
eccitata allo stato k nell’unit`a di tempo `e proporzionale alla densit`a di fotoni aventi
la frequenza νkl = (Ek −El )/h (condizione di risonanza), ossia alla densit`a di energia
spettrale U (νkl ) ed all’irradianza spettrale I(νkl ):
Bkl I(νkl )
dPk
= Bkl U (νkl ) =
dt
c
(2.18)
La costante di proporzionalit`a Bkl dipende solo dalle caratteristiche della molecola e
dei due stati quantici coinvolti, e viene detto il “coefficiente B di Einstein”. Il coefficiente Bkl `e identico a quello per la transizione inversa, B lk , come sar`a dimostrato in
sezione 6.5, dove considereremo l’evoluzione temporale di una molecola soggetta ad
un campo elettrico oscillante. Dato che abbiamo supposto E k > El , la transizione
k → l restituisce energia alla radiazione, secondo il processo detto “emissione stimolata”. Va precisato che i fotoni prodotti da emissione stimolata sono identici a quelli
della radiazione stimolante, cio`e hanno la stessa frequenza, direzione di propagazione
e polarizzazione.
Per diverse ragioni, la condizione di risonanza non implica che lo spettro di assorbimento (come pure quello di emissione) sia composto di picchi, o righe, infinitamente
sottili. Innanzitutto, ricordiamo che uno “sciame” di fotoni pu`o essere descritto
come un lampo di luce, ovvero un impulso di radiazione elettromagnetica. Avremo
cio`e una sequenza di onde elettromagnetiche di lunghezza totale L, che non pu`o
essere definita con precisione assoluta, dato che l’ampiezza delle onde, E 0 , aumenta (all’inizio dell’impulso) e diminuisce (alla fine) pi`
u o meno gradualmente, nello
spazio di almeno alcune lunghezze d’onda. Le onde attraversano un dato punto
nello spazio (per esempio quello in cui si trova la molecola) in un certo intervallo
di tempo ∆t. Se la velocit`a della luce `e c (2.9979 · 10 8 m/s, nel vuoto), L = c∆t.
Nella lunghezza L saranno contenute n = L/λ lunghezze d’onda, con un’incertezza
di qualche unit`a per le ragioni viste sopra; perci`o, nessun metodo di misura potr`a
determinare la lunghezza d’onda con un errore relativo inferiore a 1/n, ovvero nessun
processo fisico potr`a distinguere tra due lunghezze d’onda che differiscono soltanto di
∆λ = λ/n. Mettendo insieme queste relazioni, vediamo che ∆λ∆t ≥ λ 2 /c. Dato che
∆λ/λ = ∆ν/ν e ν = c/λ, abbiamo questa semplice relazione tra durata dell’impulso
e incertezza sulla frequenza:
∆ν ∆t ≥ 1
(2.19)
Di conseguenza la condizione di risonanza non ha un valore assoluto; infatti, la
transizione l → k avverr`a anche quando la frequenza media della radiazione, ovvero
29
quella a cui corrisponde la massima irradianza spettrale, `e un po’ diversa da ν lk . Lo
spettro conterr`a una riga di assorbimento (o di emissione) con larghezza dell’ordine di
∆ν, il cui limite inferiore `e l’inverso della lunghezza dell’impulso. Questo argomento
verr`a trattato pi`
u rigorosamente nelle sezioni 6.6 e 7.5, utilizzando il formalismo
della trasformata di Fourier. Questa fonte di allargamento delle righe `e comune
a tutte le molecole di un campione e perci`o viene classificata come “allargamento
omogeneo” (“homogeneous broadening”).
Altre cause di allargamento sono dovute alle diverse situazioni in cui si possono
trovare le molecole (“inhomogeneous broadening”). La maggior parte delle molecole
di un campione si trovano nello stato elettronico e vibrazionale pi`
u basso, l = 0
(d’ora in poi, in questa sezione k e l indicheranno ad un tempo lo stato elettronico e vibrazionale, ma non quello rotazionale o traslazionale). Esse avranno per`o
velocit`a e momenti angolari diversi, cio`e occuperanno diversi stati traslazionali e
rotazionali. Lo stato di partenza (soprattutto la rotazione, ma anche la traslazione,
sotto forma di effetto Doppler) influisce sull’energia di transizione E k − El , che sar`a
leggermente diversa da molecola a molecola. I picchi di assorbimento relativi a stati
di partenza diversi si possono fondere a formare bande molto pi`
u larghe. Inoltre
possono essere popolati pi`
u stati vibrazionali di bassa energia (¯hω minore o paragonabile a KB T ), soprattutto in molecole grandi, dove solitamente esistono frequenze
vibrazionali molto basse; si possono averre allora delle sottobande distinte a seconda
dello stato di partenza (“hot bands”), oppure un ulteriore allargamento della banda
principale. Infine, anche allo stato gassoso, le occasionali interazioni tra molecole
modificano i livelli energetici, con effetti tanto maggiori quanto pi`
u cresce la pressione
(“pressure broadening”). Questa causa di allargamento diventa molto importante
in fase condensata, soprattutto in presenza di forti interazioni tra molecole. A tutte
queste fonti di “imprecisione” a livello molecolare va ancora aggiunta la limitata
risoluzione strumentale. Ne risultano spettri molto diversi: da quelli ad altissima
risoluzione (molecole piccole in gas rarefatti a bassa temperatura) a quelli costituiti
da bande molto larghe, estese su migliaia di cm −1 .
Consideriamo una banda di assorbimento a cui contribuiscono diverse transizioni;
supponiamo per semplicit`a che tutte partano dallo stato fondamentale ed arrivino a stati finali k, con frequenze ν k0 e coefficienti di Einstein Bk0 . Sia M
la molarit`a e quindi 1000NA M la densit`a numerale di molecole (volumi in m 3 ;
NA = numero di Avogadro). Nell’unit`a di tempo e di volume, saranno eccitate
P
1000NA M k I(νk0 )Bk0 /c molecole, il che corrisponde ad un’energia assorbita:
dW =
1000NA M X
I(νk0 ) hνk0 Bk0
c
k
(2.20)
Confrontiamo questa espressione con l’eq. (1.27), che fornisce l’intensit`a assorbita
nell’attraversare uno spessore dl; se la superficie considerata `e S il volume `e Sdl e
30
la potenza assorbita `e SdI, da integrare tra i due estremi della banda ν A e νB :
dW = ln10 M S dl
Z
νB
I(ν) ε(ν) dν
(2.21)
νA
Dividendo per Sdl in modo da riportarci all’unit`a di volume ed eguagliando le due
espressioni di dW , otteniamo:
X
ln10 c
=
1000hNA
I(νk0 ) νk0 Bk0
k
Z
νB
I(ν) ε(ν) dν
(2.22)
νA
Considerando il caso di irradianza indipendente dalla frequenza (I(ν) = costante),
abbiamo una relazione tra le propriet`a puramente molecolari B k0 e la grandezza
sperimentale ε(ν):
X
νk0 Bk0 =
k
ln10 c
1000hNA
Z
νB
ε(ν) dν
(2.23)
νA
Le quantit`a νk0 Bk0 sono comunemente sostituite dalle grandezze adimensionali:
fk0 =
2m¯h
νk0 Bk0
e2
(2.24)
Qui m ed e sono massa e carica dell’elettrone. La f k0 , detta “forza dell’oscillatore”,
si pu`o considerare come il rapporto tra la probabilit`a della transizione 0 → k in
questione, e quella tra i primi due stati di un oscillatore ideale, costituito da un
elettrone in un potenziale armonico, tale da avere la stessa frequenza di risonanza
νk0 . La forza dell’oscillatore si pu`o ricavare dallo spettro di assorbimento:
X
k
fk0
ln10 mc
=
1000πNA e2
= 1.4405 · 10
= 4.32 · 10−9
−19
Z
Z
Z
νB
ε(ν) dν =
(2.25)
νA
νB
ε(ν) dν =
νA
νB
ε(ν) dν
νA
In queste formule, ε `e espressa in cm −1 (moli/litro)−1 . La frequenza ν `e in s−1 ,
mentre il simbolo ν si usa per frequenze espresse in cm −1 . La forza dell’oscillatore
caratterizza una transizione in maniera molto pi`
u conveniente del valore di ε max ,
perch´e `e assai poco influenzata da fattori secondari quali l’allargamento delle righe
o la loro coalescenza. Nel caso di transizioni multiple che contribuiscono alla stessa
banda, le forze dell’oscillatore sono semplicemente sommabili, come in eq. (2.25).
Inoltre, le fk0 sono in diretta corrispondenza con propriet`a molecolari, attraverso
l’eq. (2.24).
31
2.6
Emissione spontanea e coefficienti A di Einstein.
Nella sezione precedente abbiamo trascurato l’emissione spontanea in base al dato di
fatto che normalmente quasi tutte le molecole sono nello stato fondamentale, quindi
assorbono radiazione piuttosto che emetterla. Nelle situazioni pi`
u comuni in fotochimica, le molecole eccitate tornano allo stato fondamentale molto pi`
u probabilmente
tramite processi non radiativi che per emissione stimolata (vedi sezione 1.2). Possiamo per`o immaginare una situazione inusuale in cui i processi non radiativi non
influiscono sul bilancio delle popolazioni degli stati: si tratta del caso in cui i due
sottosistemi costituiti da molecole e radiazione si trovino in equilibrio termodinamico, sia reciprocamente sia internamente a ciascuno dei due. In questa circostanza,
infatti, ogni tipo di processo deve essere controbilanciato da uno identico e opposto: per esempio, la disattivazione di stati eccitati dovuta a urti deve eguagliare in
velocit`a la creazione di stati eccitati per la stessa via. Per ottenere in pratica l’equilibrio materia-radiazione occorre impedire che la luce sfugga dal sistema (pareti
a specchio) o che, viceversa, luce proveniente da sorgenti esterne a diversa temperatura penetri nel sistema. Immaginando di aver realizzato questa situazione, si pu`o
considerare il bilancio tra emissione ed assorbimento di fotoni, che a sua volta non
deve dar luogo ad alcun trasferimento netto di energia tra materia e radiazione, per
rispettare la condizione di equilibrio termodinamico.
Siano Nk e Nl i numeri di molecole negli stati k ed l, con E k > El . Detta U (νkl ) =
I(νkl )/c la densit`a spettrale di energia della radiazione, il numero di molecole che
si eccitano passando da l a k nell’unit`a di tempo `e N l Bkl U (νkl ), mentre quelle
che si diseccitano per emissione stimolata tornando da k ad l sono N k Bkl U (νkl ).
All’equilibrio Nk /Nl = e−(Ek −El )/KB T < 1, secondo la distribuzione di Boltzmann
(1.1). Perci`o la velocit`a di assorbimento `e sempre maggiore di quella dell’emissione
stimolata. Per mantenere l’equilibrio, occorre un altro processo di emissione, la cui
costante di velocit`a sar`a indicata con A kl . La condizione di equilibrio allora `e:
Nk [Akl + Bkl U (νkl )] = Nl Bkl U (νkl )
(2.26)
Per trovare la relazione tra Akl e Bkl , occorre conoscere la distribuzione U (ν) all’equilibrio termodinamico. Il problema fu risolto da Planck formulando, per la prima
volta, l’ipotesi che l’energia del campo elettromagnetico sia composta di unit`a indivisibili di valore hν (fotoni). Con questa ipotesi, la densit`a di energia pu`o essere
derivata dai principi della statistica ed `e
U (ν) =
i−1
8πhν 3 h hν/KB T
e
−
1
c3
(2.27)
Sostituendo questa espressione nel bilancio (2.26), otteniamo:
Akl = (Nl Bkl /Nk − Bkl )U (νkl ) =
3
8πhνkl
= (e(Ek −El )/KB T − 1) Bkl
(ehνkl /KB T − 1)−1 =
c3
32
(2.28)
=
3
3
2¯hωkl
8πhνkl
B
=
Bkl
kl
c3
πc3
La probabilit`a di transizione Akl non dipende dalla densit`a di radiazione o dalla temperatura; il processo `e detto perci`o “emissione spontanea”. Transizioni spontanee
possono avvenire da un livello k a tutti i livelli l sottostanti, con diverse probabilit`a
Akl per nulla collegate alla frequenza della radiazione eccitante. Inoltre, la luce
emessa per transizioni spontanee si propaga dalla sorgente in tutte le direzioni e con
polarizzazione casuale. Per un campione isotropo, l’emissione spontanea `e altrettanto isotropa, ossia ha la stessa intensit`a in tutte le direzioni. Ricordiamo che, al
contrario, l’emissione stimolata “rinforza” la radiazione incidente, ossia ha la sua
stessa direzione di propagazione, polarizzazione e lunghezza d’onda.
Per osservare l’emissione spontanea, `e sufficiente scaldare una sostanza in maniera
da popolare gli stati eccitati: basta che una piccola frazione di molecole sia nello
stato k per avere emissione. L’espressione (2.27) fornisce anche lo spettro di emissione, cio`e la distribuzione nelle frequenze dell’energia emessa, per una sorgente a
temperatura T , ad una condizione: che tutte le frequenze possano essere emesse (e
quindi assorbite) in base alle transizioni disponibili nel sistema. Questa condizione
pu`o essere pi`
u facilmente soddisfatta da una miscela di sostanze in fase condensata,
con una moltitudine di transizioni che danno luogo a bande allargate, piuttosto che
da una sostanza pura e/o in fase gassosa. Un simile materiale, che assorbe tutte le
frequenze, `e di colore nero: perci`o lo spettro in questione `e detto “di corpo nero”.
Dalla (2.27), semplificata in:
U (ν) =
8πhν 3 −hν/KB T
e
c3
(2.29)
si ottiene la legge di Wien, secondo la quale il massimo di U (ν) si ha per una
frequenza proporzionale a T :
νmax =
3KB T
h
(2.30)
In termini di lunghezza d’onda, secondo l’eq. (1.24):
U (λ) =
8πhc −hc/λKB T
e
λ5
(2.31)
λmax =
hc
5KB T
(2.32)
da cui:
L’energia totale si ottiene integrando la (2.27):
Utot
8πh
= 3
c
Z
∞
0
ν 3 dν
ehν/KB T
8πk 4 T 4
=
h3 c3
−1
33
Z
∞
0
x3 dx
8π 5 k 4 4
T
=
ex − 1
15h3 c3
(2.33)
Questa `e la legge di Stefan, secondo cui la potenza emessa `e proporzionale alla quarta
potenza della temperatura assoluta.
Un modo pi`
u efficiente di popolare selettivamente stati di alta energia, in particolare
quelli eccitati elettronicamente, `e l’irradiazione con luce di lunghezza d’onda adatta.
In questo caso, se l’energia non viene dispersa tutta da altri meccanismi di decadimento, l’emissione spontanea si manifesta sotto forma di luminescenza (fluorescenza
o fosforescenza, a seconda delle caratteristiche degli stati eccitati coinvolti). La luminescenza ha in genere frequenza pi`
u bassa della luce eccitante, ossia viene riemesso
un fotone meno energetico di quello assorbito, perch´e la molecola pu`o perdere energia prima di riemettere radiazione e perch´e la transizione relativa all’emissione pu`o
portare ad uno stato di energia pi`
u alta del fondamentale.
Qualunque sia il modo di eccitazione, finch`e ogni stato k `e meno popolato di quelli
sottostanti, un fascio di radiazione che attraversa il campione viene attenuato, perch`e
l’assorbimento supera l’emissione stimolata; per osservare quest’ultima, `e quindi
necessario “invertire” la popolazione degli stati; ci`o pu`o essere fatto, ad esempio,
con lampi di luce intensa, scariche elettriche nei gas, o “pompando” otticamente
in maniera continua sistemi a pi`
u di due livelli. Una volta ottenuta l’inversione
di popolazione, un raggio di luce di frequenza adatta che attraversa il campione,
viene amplificato per emissione stimolata di luce coerente e monocromatica. Questa `e l’idea base per il funzionamento dei laser (Light Amplification by Stimulated
Emission of Radiation).
2.7
Spettri di assorbimento e di fluorescenza.
L’assorbimento o emissione di luce visibile o UV implica transizioni tra stati elettronici, che pu`o essere accompagnata da un grado pi`
u o meno grande di eccitazione
vibrazionale. Nell’approssimazione di Born-Oppenheimer, le funzioni d’onda iniziale
e finale saranno date dai prodotti ψl χlu e ψk χkv . Se la transizione parte dallo stato
elettronico fondamentale, cio`e di solito il singoletto S 0 , avremo l = 0; anche lo stato
vibrazionale sar`a normalmente il pi`
u basso (u = 0) o uno dei pi`
u bassi in energia.
Ci`o implica che la geometria della molecola sia inizialmente molto vicina a quella di
equilibrio in S0 . L’assorbimento di un fotone (particella di massa nulla e impulso
molto piccolo rispetto a quelli delle particelle pesanti) conferisce una notevole quantit`a di energia alla molecola, ma non pu`o cambiare di molto le posizioni e velocit`a
dei nuclei. Secondo la descrizione ondulatoria della radiazione, il campo elettrico
della luce visibile o UV cambia segno periodicamente con frequenza troppo alta per
“spostare” efficacemente particelle lente e pesanti come i nuclei. Adottando una
descrizione classica del moto dei nuclei, la molecola passa quindi da uno stato elettronico all’altro senza che cambi la geometria e l’energia cinetica dei nuclei, secondo
il cosiddetto “principio di Franck-Condon”; questa schematizzazione del processo di
eccitazione o emissione `e detta anche “transizione verticale”.
34
Figura 2.4: Curve di potenziale, assorbimento e fluorescenza.
caso A
νassorb
U1
intensit`a
emissione
U0
intensit`a
assorbimento
Qr
νemiss
νassorb
U1
caso B
intensit`a
emissione
U0
intensit`a
assorbimento
Qr
35
νemiss
νassorb
U1
caso C
U0
Qr
intensit`a
assorbimento
L’energia di transizione, in questa approssimazione, `e la differenza tra le due energie potenziali, Uk (Qeq,0 ) − U0 (Qeq,0 ), valutata in corrispondenza del minimo di U 0
(coordinate Qeq,0 ); lo spettro di assorbimento presenter`a una banda col massimo
all’incirca corrispondente a questa energia.
In realt`a, i nuclei compiono piccole oscillazioni intorno alle coordinate di equilibrio
Qeq,0 , anche quando si trovano nello stato vibrazionale u = 0; perci`o, vanno considerate anche geometrie vicine, ma diverse, da quella di equilibrio. Se le superfici di
energia potenziale dei due stati elettronici coinvolti sono simili e presentano i minimi
approssimativamente alla stessa geometria, piccole variazioni delle coordinate non
avranno quasi nessun effetto sulla differenza di energia U k − U0 , e perci`o la banda
di assorbimento sar`a alta e stretta (vedi figura 2.4 A). Viceversa, se la superficie di
energia dello stato eccitato ha il minimo spostato rispetto a quella del fondamentale
(Qeq,k 6= Qeq,0 ), intorno a Qeq,0 essa presenter`a una pendenza, come in figura 2.4
B; allora, a diverse geometrie di partenza, corrisponderanno diverse energie di transizione Uk − U0 , creando una banda di assorbimento pi`
u o meno larga, a seconda
della pendenza.
La descrizione classica delle transizioni elettroniche come transizioni verticali si
avvicina molto alla realt`a quando si considerano impulsi di luce ultracorti, dell’ordine di poche decine di fs (1 femtosecondo = 10 −15 s). Infatti, in questo caso la
larghezza di banda della radiazione pu`o essere abbastanza grande da non distinguere
tra i diversi livelli vibrazionali nello stato elettronico di arrivo. Consideriamo invece
il caso in cui la risoluzione spettrale sia sufficiente per selezionare un singolo stato
vibrazionale, il che pu`o aversi solo con impulsi non troppo corti (luce monocromatica
o quasi). In questo caso verr`a eccitato un solo stato vibrazionale appartenente allo
36
stato elettronico di arrivo, in base alla condizione di risonanza, e lo spettro sar`a composto da molte sottobande vibrazionali. Le sottobande pi`
u intense (cio`e con maggiori coefficienti di estinzione, o forze dell’oscillatore) saranno quelle con differenze di
energia Ekv −E00 vicine a quella della transizione verticale, U k (Qeq,0 )−U0 (Qeq,0 ), in
accordo col principio di Franck-Condon. Come gi`a visto in termini classici, l’estensione della sequenza di sottobande vibrazionali che compongono la banda elettronica
sar`a tanto pi`
u grande, quanto pi`
u ripida `e la superficie di potenziale dello stato d’arrivo; se i minimi dei due stati differiscono notevolmente lungo una certa coordinata
Qα , sar`a probabile eccitare la corrispondente vibrazione, nel momento in cui avviene
la transizione elettronica, purch´e si usi luce della frequenza opportuna.
In figura 2.4 C `e rappresentato il caso in cui l’eccitazione verticale corrisponde ad
un’energia superiore al limite dissociativo nello stato eccitato, lungo una delle coordinate che portano all’allontanamento di un atomo o gruppo di atomi dal resto della
molecola. Questo pu`o accadere anche quando la superficie di potenziale d’arrivo
ha un minimo, per cui esistono stati vibrazionali legati, ed `e l’unica possibilit`a se
la superficie `e completamente repulsiva. Poich´e gli stati vibrazionali di arrivo sono
dissociativi, essi formano uno spettro continuo, ed avremo quindi una banda larga
senza sottostruttura vibrazionale. Notiamo che in questo caso la descrizione classica
del processo di eccitazione non differisce molto da quella quantistica. Poich´e, in
queste condizioni, la molecola pu`o dissociare restando sulla superficie di potenziale
dello stato eccitato, il processo `e di solito molto rapido; la “dissociazione diretta”
richiede tempi paragonabili ad un singolo periodo vibrazionale, cio`e dell’ordine di
100 fs. Quando lo stato eccitato d`a luogo ad un processo cos´ı rapido, di norma gli
altri possibili processi in competizione sono praticamente soppressi; in particolare,
non si avr`a luminescenza da uno stato dissociativo.
` interInvece avremo emissione dagli stati legati rappresentati in figura 2.4 A e B. E
essante considerare le relazioni tra spettro di assorbimento e di emissione per una
stessa transizione elettronica. Ricordiamo che in genere `e possibile osservare entrambi gli spettri solo per transizioni tra lo stato fondamentale e uno stato eccitato dello
stesso spin: in questo caso l’emissione prende il nome di fluorescenza. Quando la
molecola viene eccitata, l’eventuale surplus di energia vibrazionale `e solitamente perso molto rapidamente, portando all’equilibrazione termica con l’ambiente circostante
(“termalizzazione”). In fase gas, ci`o avviene tramite urti con altre molecole, quindi
la velocit`a del processo dipende dalla pressione e dalla temperatura; a pressione di
un’atmosfera, il tempo necessario di solito `e dell’ordine dei nanosecondi. In fase condensata, la termalizzazione `e pi`
u rapida (≈ 10 ps). Se lo stato eccitato ha un tempo
di vita pi`
u lungo, la termalizzazione precede il decadimento ad altro stato elettronico
e l’eventuale reazione fotochimica. Perci`o i processi successivi, tra cui l’emissione di
fluorescenza, solitamente partiranno dallo stato vibrazionale pi`
u basso, con v = 0.
Anche la fluorescenza pu`o essere descritta classicamente come una transizione verticale; per`o, se cambia la geometria di partenza, cambia anche la differenza di energia:
Uk (Qeq,k ) − U0 (Qeq,k ) ≤ Uk (Qeq,0 ) − U0 (Qeq,0 ). Nel caso A (minimi delle due su37
perfici di potenziale coincidenti), varr`a l’eguaglianza. Per le ragioni gi`a viste sopra,
anche lo spettro di fluorescenza sar`a rappresentato da una banda stretta e sar`a in
gran parte sovrapposto a quello di assorbimento; per entrambi, l’unica sottobanda
vibrazionale intensa `e la “0-0”, cio`e quella relativa a u = 0 e v = 0. Nel caso B,
invece, anche lo spettro di fluorescenza sar`a esteso in frequenze, con molte sottobande vibrazionali; di queste, solo la 0-0, poco intensa, `e in comune con lo spettro
di assorbimento; tutte le altre sono a frequenze pi`
u basse, perch´e corrispondono a
transizioni tra v = 0 nello stato elettronico eccitato e livelli vibrazionali eccitati nel
fondamentale. Se le due superfici di potenziale sono abbastanza somiglianti, salvo
per la posizione dei minimi, anche la struttura vibrazionale delle bande di assorbimento ed emissione somiglier`a, mostrando approssimativamente le stesse separazioni
tra i picchi e le stesse intensit`a relative; i due spettri per`o saranno approssimativamente immagini speculari uno dell’altro: infatti, la transizione ψ 0 χ00 → ψk χkv in
assorbimento corrisponde alla ψk χk0 → ψ0 χ0v in emissione, e le loro frequenze differiscono per v quanti vibrazionali rispettivamente in pi`
u ed in meno rispetto alla
banda 0-0, che `e l’unica a comune (vedi ad es. figura 2.6).
Dopo il ritorno ad S0 , l’energia vibrazionale eventualmente rimasta viene dispersa
nel mezzo come gi`a visto; con questo, il bilancio energetico del ciclo eccitazioneemissione risulta composto di quattro passaggi: uno solo “in salita” (fotone assorbito, pi`
u energetico) e tre in discesa (termalizzazione nello stato eccitato, emissione
di un fotone meno energetico o al pi`
u uguale, ancora termalizzazione nello stato
fondamentale).
Troveremo esempi di tutti questi tipi di spettri nel capitolo 4; inoltre torneremo sulle
differenze tra spettro discreto e continuo nel capitolo 7.
2.8
Conversione interna e regola di Kasha.
Come abbiamo gi`a accennato, una volta eccitata una molecola pu`o tornare allo stato fondamentale anche senza emettere fotoni, cio`e con un processo non radiativo
che non provoca una variazione dell’energia molecolare. Sperimentalmente, questo
fatto `e dimostrato dai valori delle rese quantiche di fluorescenza, che raramente si
avvicinano a 1, anche se non avvengono reazioni o trasferimenti di energia ad altre
molecole. Secondo l’approssimazione di Born-Oppenheimer, il moto degli elettroni
si dovrebbe adattare istantaneamente in risposta a cambiamenti della geometria
molecolare, e in questo modo non si avrebbero transizioni ad altri stati elettronici,
ma solo una variazione graduale (“adiabatica”) della funzione d’onda. In realt`a,
soprattutto quando i nuclei si muovono velocemente (collisioni ad alta energia, stati
vibrazionali eccitati), lo stato elettronico non pu`o adattarsi perfettamente alle variazioni di geometria molecolare, il che significa che avvengono transizioni a stati elettronici diversi. Questi fenomeni sono detti “nonadiabatici” e l’influenza reciproca tra
moti elettronici e nucleari, trascurata nell’approssimazione di Born-Oppenheimer,
38
si dice “accoppiamento nonadiabatico”. Nell’approssimazione elettrostatica, cio`e
finch´e si trascurano le interazioni magnetiche tra le particelle, gli stati elettronici
iniziale e finale ψk e ψl devono avere la stessa molteplicit`a di spin. Infatti, il moto
di nuclei ed elettroni nello spazio `e largamente indipendente dal loro spin, perci`o
le transizioni tra stati di spin diverso (ad esempio singoletto-tripletto) sono molto
meno probabili di quelle tra stati dello stesso spin. Il decadimento da uno stato
elettronico ad un altro pi`
u basso con lo stesso spin `e detto “Internal Conversion”
(IC).
Una transizione nonadiabatica implica anche un cambiamento nella funzione d’onda
vibrazionale. Complessivamente, si pu`o passare dallo stato ψ k (q; Q)χkv (Q) ad altri stati vibronici, ψl (q; Q)χlu (Q), purch´e rimanga invariata l’energia totale, somma
di energia elettronica e vibrazionale. Il processo si pu`o anche descrivere con riferimento alla meccanica classica per il moto nucleare; in questo contesto, il punto
rappresentativo delle coordinate nucleari si muove sulla superficie di potenziale U k
e compie un “salto” alla superficie U l ; simultaneamente la sua energia cinetica deve
aumentare (se Uk > Ul ) oppure diminuire (se Uk < Ul ); analogamente alla versione
classica del principio di Franck-Condon per le transizioni indotte dalla radiazione,
si pu`o ritenere che il salto avvenga a geometria molecolare invariata.
Poich´e una transizione non radiativa conserva l’energia totale della molecola, al contrario di quanto accade nell’assorbimento o emissione di radiazione, una diminuzione
di energia elettronica deve accompagnarsi ad un corrispondente aumento di energia vibrazionale o viceversa. Come in qualsiasi sistema meccanico, anche classico,
quando due tipi di moto sono approssimativamente indipendenti `e poco probabile
che una notevole quantit`a di energia si converta in breve tempo dall’uno all’altro;
perci`o le transizioni non-radiative avvengono pi`
u probabilmente quando i due stati
elettronici hanno energie non molto diverse, ossia la differenza U k (Q) − Ul (Q) `e abbastanza piccola (dell’ordine di 10 kcal/mol o meno). Nei pressi della geometria
di equilibrio, la maggior parte delle molecole ha una separazione S 0 − S1 di 50-150
kcal/mol. Se la molecola `e abbastanza rigida, cio`e non sono possibili deformazioni
della geometria che rendano molto pi`
u vicine le due superfici di energia potenziale,
il decadimento di S1 `e lento: tipicamente, richiede 1-10 ns (10 −9 -10−8 s). Come
vedremo, invece, la dissociazione di un legame singolo o la torsione di un doppio
legame possono abbassare l’energia dello stato eccitato ed innalzare quella del fondamentale, portando a geometrie dove le superfici di energia potenziale si toccano o
quasi; tali zone dello spazio delle coordinate nucleari sono dette “funnel” e permettono un passaggio molto rapido da uno stato elettronico all’altro. Come vedremo
pi`
u approfonditamente nelle sezioni 7.7 e 7.8, c’`e anche un altro motivo per cui le
transizioni nonadiabatiche avvengono pi`
u facilmente a geometrie molecolari in cui
due stati elettronici hanno energie quasi coincidenti; infatti, in queste condizioni
una piccola variazione nelle posizioni dei nuclei pu`o corrispondere ad un importante
cambiamento nelle funzioni d’onda elettroniche, e persino ad un’inversione completa
tra lo stato k e lo stato l; ma un riadattamento molto spinto della funzione ψ k ha
39
scarsa probabilit`a di verificarsi in un tempo breve, mentre pu`o essere pi`
u probabile
la transizione ad un altro stato elettronico.
I composti in cui si verifica una rapida IC non sono fluorescenti, o hanno rese quantiche di fluorescenza molto basse, perch´e i due processi di decadimento sono in competizione. Una riprova del fatto che le deformazioni geometriche siano importanti
per il decadimento non radiativo degli stati eccitati, viene da azocomposti o alcheni
in cui la torsione del doppio legame `e impedita dalla presenza di strutture cicliche:
in questi composti si osserva fluorescenza, perch´e l’IC `e sufficientemente rallentata
(vedi figura 3.7). Lo stesso effetto si pu`o ottenere in qualche caso con solventi molto
viscosi.
TT
TT
T
T N=N
Figura 2.5: Fluorescenza e struttura.
TT
TT
TT
T
T
T
T
T N=N T
TT
TT
Azobenzene,
non fluorescente
cis-stilbene,
non fluorescente,
tranne che in solventi
molto viscosi
Azofenantrene,
fluorescente
"b
b
"
"
− OOC" b
b"
"b
"b
"b
b"
b"
b
"
b
"
"
"
1,2-difenilciclobutene,
fluorescente
"b
b
"
"
− OOC" b
b"
"
"
b"
"
O" b
TT
TT
TT
TT
TT
TT
T
TT
T
T
T
T
T
"b
"b
"b
b"
b
"
b"
"
"
b
"
"
"
"
"b
"b O
"b
bO"
b"
"
b"
O" b
"
"b O −
b
b"
Fenolftaleina,
non fluorescente
−
Fluoresceina,
fluorescente
Normalmente la IC `e un processo irreversibile, nel senso che, una volta avvenuta la
transizione da uno stato elettronico pi`
u alto ad uno pi`
u basso, `e poco probabile che
si torni indietro. Ci`o `e dovuto, in primo luogo, al fatto che un funnel deve trovarsi ad
una geometria energeticamente pi`
u favorevole per lo stato superiore che per quello
sottostante; perci`o, dopo la transizione, la nuova superficie di energia potenziale
tender`a ad allontanare i nuclei dalla zona dove l’IC `e pi`
u probabile; difficilmente
si avr`a un ritorno alla geometria del funnel, soprattutto per molecole grandi, con
molte coordinate vibrazionali. Inoltre, nello stato elettronico pi`
u basso l’energia
vibrazionale a disposizione `e maggiore; ma l’energia vibrazionale viene dispersa pi`
u
40
rapidamente di quella elettronica tramite urti o interazioni con un intorno in fase
condensata (vedi capitolo 5); perci`o, salvo il caso di gas rarefatti, la perdita di
energia impedisce il ritorno allo stato di partenza.
In genere, le differenze di energia tra stati eccitati sono notevolmente pi`
u piccole di
quella tra S0 e S1 . Ci`o avviene perch´e ci sono molti modi per disporre gli elettroni
negli orbitali, una volta abbandonata la doppia occupazione che caratterizza il fondamentale. Questa osservazione spiega perch`e la Internal Conversion da S 2 a S1 sia
molto pi`
u rapida di quella da S1 a S0 . I tempi di vita di S2 (o stati pi`
u alti) sono
tipicamente 0.1-1 ps. Altri due processi avvengono con tempi caratteristici di poco
pi`
u lunghi (da 1 a 10 ps): la redistribuzione dell’energia vibrazionale tra moti interni
diversi e la sua dissipazione nel solvente; in fase gassosa, a pressione atmosferica, il
trasferimento di energia vibrazionale per urti `e un po’ pi`
u lento, ≈ 10 −10 s. La rapidit`a di queste transizioni fa s`ı che quasi tutte le molecole, a qualunque livello fossero
state eccitate inizialmente, vengono a trovarsi nello stato vibrazionale pi`
u basso di
S1 : da qui hanno luogo gli altri processi, come fluorescenza, reazioni chimiche uni- o
bimolecolari, transizioni allo stato di tripletto, etc. Questa constatazione costituisce
la cosiddetta regola di Kasha.
Figura 2.6: Spettro di assorbimento e fluorescenza dell’azulene.
5
4
XX
HH
L
L
S S ZZ
assorb.
fluoresc.
3
logε
assorb.
2
1
0
10000
15000
20000
25000
30000
frequenza, cm−1
35000
40000
45000
Una conseguenza della regola di Kasha `e che lo spettro di fluorescenza di norma `e
costituito da una sola transizione elettronica, e non cambia con la lunghezza d’onda
41
λ della luce eccitante. Analogamente, non dipendono da λ le rese quantiche degli
altri processi primari. Naturalmente, l’andamento complessivo di una reazione fotochimica non `e influenzato solo dalle rese quantiche, ma anche dalla quantit`a di fotoni
assorbiti dalle varie specie chimiche presenti, quindi in ultima analisi pu`o dipendere
da λ. La regola di Kasha ammette eccezioni: innanzitutto, `e necessario un efficiente
meccanismo per la dissipazione dell’energia vibrazionale in eccesso, subito dopo l’eccitazione e dopo la Internal Conversion da S 2 a S1 ; perci`o, in gas rarefatti `e pi`
u
facile avere prodotti di reazione diversi per lunghezze d’onda diverse. In certi casi
l’atto elementare di reazione pu`o essere anche pi`
u rapido della Internal Conversion
S2 − S1 : ad esempio, in fotodissociazioni dirette, con una curva di energia potenziale fortemente repulsiva nello stato eccitato. Un’eccezione che conferma la regola
`e quella dell’azulene; qui la differenza di energia S 1 − S2 `e pi`
u grande del solito, circa
uguale a quella S1 − S0 , e perci`o la IC S2 − S1 `e poco efficiente; di conseguenza si
osserva la fluorescenza da S2 (vedi figura 2.6).
2.9
InterSystem Crossing e fosforescenza.
Solo interazioni di tipo magnetico possono causare transizioni tra stati con molteplicit`a di spin diversa. Infatti, lo spin di un elettrone non interagisce con i campi elettrici
dovuti alle cariche di nuclei ed altri elettroni, ma solo con i campi magnetici generati
dal loro moto. Fin qui ci siamo limitati a considerare solo interazioni coulombiane
tra le particelle, e in questo contesto il moto degli elettroni nello spazio risulterebbe
completamente indipendente dal loro spin, fatto salvo il vincolo dell’antisimmetria.
In particolare, se l’hamiltoniano non contenesse alcun termine dipendente dallo spin,
stati elettronici con la stessa funzione d’onda spaziale sarebbero perfettamente degeneri (ad es., gli stati di tripletto con spin αα, αβ + βα e ββ). Inoltre, anche in uno
stato molecolare non stazionario, l’evoluzione temporale riguarderebbe solo la parte
spaziale, mentre lo stato di spin rimarrebbe invariato; potremmo avere transizioni
radiative o non radiative soltanto fra stati elettronici dello stesso spin, singoletti
oppure tripletti. Lo stato di tripletto pi`
u basso, T 1 , non potrebbe decadere al fondamentale, che solitamente `e un singoletto, e perci`o avrebbe un tempo di vita infinito
(in compenso, sarebbe impossibile popolare lo stato di tripletto tramite i processi di
eccitazione/decadimento visti fin qui).
In realt`a, gli stati di tripletto hanno solitamente tempi di vita molto lunghi, mai per`o
infiniti. L’hamiltoniano elettronico contiene delle piccole interazioni che dipendono
dallo spin delle particelle. Allo spin elettronico o nucleare `e associato un momento
di dipolo magnetico. I dipoli di due particelle interagiscono tra di loro (accoppiamento “spin-spin”). Inoltre, ogni particella “vede” le altre (nuclei ed elettroni)
in moto relativo rispetto a se stessa, perci`o `e soggetta all’azione di una somma di
campi magnetici, che interagiscono col suo dipolo (accoppiamento “spin-orbita”).
L’interazione spin-orbita `e solitamente la pi`
u importante delle due, e la sua forza
42
cresce rapidamente col numero atomico, perch´e i campi magnetici sperimentati dagli
elettroni diventano pi`
u intensi. Infatti, il campo magnetico generato da un nucleo
nella posizione dove si trova un elettrone cresce all’aumentare della carica nucleare
e della velocit`a relativa delle due particelle, e al diminuire della loro distanza. I tre
fattori tendono tutti ad accrescere l’effetto per atomi pesanti, in cui gli elettroni
sono attratti molto vicino al nucleo e raggiungono elevate energie cinetiche.
Cos`ı, la rigorosa separazione tra stati di molteplicit`a diversa viene a cadere. Si
possono avere transizioni non radiative da singoletto a tripletto e viceversa, dette
InterSystem Crossing (ISC). L’efficienza dell’ISC pu`o variare di molto; analogamente
al caso dell’IC, conta la forma delle superfici di energia potenziale e la separazione
energetica tra gli stati di arrivo e di partenza.
Inoltre, quando si considerano gli stati elettronici stazionari, occorre tener presente
che le funzioni d’onda non sono puri singoletti o tripletti come in equazioni(2.16) ed
(2.17), ma piuttosto delle mescolanze, ossia combinazioni lineari. Ad esempio, uno
stato di tripletto avr`a in realt`a un piccolo contributo dai singoletti, soprattutto da
quello pi`
u vicino in energia:
ψT0 1 = ψT1 + λψS1
(2.34)
Il coefficiente di mescolamento, λ, cresce con l’importanza dell’accoppiamento spinorbita e con la vicinanza dei livelli energetici.
Anche l’interazione tra campo elettrico della radiazione e carica delle particelle `e
inefficace nel causare transizioni tra stati con diversa molteplicit`a di spin, perci`o le
transizioni del tipo S0 → T1 sono proibite, in prima approssimazione, come abbiamo
gi`a osservato. L’interazione tra campo magnetico della radiazione e spin delle particelle in questo caso pu`o essere importante, bench´e normalmente sia molto pi`
u piccola
dell’interazione campo elettrico - carica. Di solito, ancor pi`
u importante `e considerare il mescolamento delle funzioni d’onda causato dall’interazione spin-orbita ed
espresso dall’ eq. (2.34). Il fatto che lo stato finale (o iniziale) della transizione
abbia un parziale carattere di singoletto, proporzionale al parametro λ 2 , rende la
transizione permessa. L’intensit`a della banda di assorbimento o di emissione S 0 − T1
`e perci`o una misura dell’importanza dell’accoppiamento spin-orbita.
Consideriamo ad esempio i pi`
u bassi stati eccitati in una serie di atomi di numero
atomico crescente: Mg, Ca, Zn, Sr, Cd, Ba, Hg. Questi atomi sono accomunati dall’avere lo stato fondamentale, S0 , con tutti gli orbitali doppiamente occupati; il pi`
u
alto in energia `e un orbitale s. T1 e S1 sono essenzialmente eccitazioni s → p, transizioni permesse per simmetria. In entrambi gli stati elettronici il momento angolare
~ degli elettroni `e 1 (in unit`a h
L
¯ ); in T 1 , la componente del momento di spin diretta
~
lungo L pu`o assumere tre diversi valori: 1, 0 e -1 (stati αα, αβ + βα e ββ). In altre
parole, lo spin pu`o sommarsi al momento angolare orbitale, oppure essergli perpendicolare, oppure sottrarsi: cos`ı abbiamo tre livelli, indicati con i simboli 3 P2 , 3 P1
43
Figura 2.7: Accoppiamento spin-orbita.
6
1
1
→ P1 )
log ff ((1 SS00 →
3P )
1
5
log∆E(3 P2 −3 P0 )
4
3
2
Mg
1
1
Ca
1.2
Zn
Sr
1.4 log(Z) 1.6
Hg
Cd Ba
1.8
2
e 3 P0 , dove l’indice in basso indica il momento angolare totale J = L + S. I tre
livelli energetici sono leggermente diversi, a causa dell’accoppiamento spin-orbita;
nel magnesio lo splitting ∆E(3 P2 −3 P0 ) `e 61 cm−1 e cresce col numero atomico fino
a 6398 cm−1 nel mercurio (vedi figura 2.7). Parallelamente, cresce il mescolamento
tripletto-singoletto, perci`o aumenta l’intensit`a della riga di assorbimento S 0 − T1 .
Se consideriamo il rapporto delle forze dell’oscillatore f ( 1 S0 −1 P1 )/f (1 S0 −3 P1 ),
abbiamo una variazione di circa 4 ordini di grandezza passando da Mg ad Hg.
Oltre che assorbimento, possiamo avere transizioni da T 1 a S0 con emissione di fotoni. Quando l’emissione `e dovuta a transizioni fra stati di spin diverso `e detta
fosforescenza. In molecole organiche, poich´e T 1 `e pi`
u basso in energia di S1 , l’emissione di fosforescenza ha λ pi`
u lunghe della fluorescenza. Lo spettro di fosforescenza
pu`o avere una struttura vibrazionale, secondo i fattori di Franck-Condon tra T 1 e S0 ,
ma non ha sottobande in comune con quello di assorbimento. Il fatto che T 1 sia coinvolto nella fosforescenza `e stato confermato rilevando il paramagnetismo prodotto
da irradiazione intensa di composti fosforescenti, o identificando T 1 mediante spettroscopia EPR o di assorbimento (T1 → T2 ). Quando queste misure sono risolte nel
tempo, si trova che il segnale (per esempio EPR) decade parallelamente a quello di
fosforescenza. Poich´e, come si `e detto, T 1 ha tempi di vita molto pi`
u lunghi di S 1 ,
la fosforescenza decade molto pi`
u lentamente della fluorescenza (tempi dell’ordine
di 1 µs o anche pi`
u, vedi anche la sezione 3.7). Il red shift e la durata nel tempo di
solito permettono di distinguere facilmente la fosforescenza dalla fluorescenza.
44
2.10
Rappresentazione dei processi fotochimici.
Allo scopo di rappresentare in maniera schematica e convenzionale i livelli energetici
molecolari, si usa chiamare “energia elettronica” di uno stato k il valore di U k nel
(el)
minimo, cio`e alla geometria di equilibrio: E k = Uk (Qeq,k ). L’energia vibrazionale
(vib)
(el)
per lo stato k, v `e allora definita per differenza: E kv = Ekv − Ek . Dobbiamo
inoltre tener conto dell’energia rotazionale, che `e anch’essa quantizzata, cio`e d`a luogo
a uno spettro discreto, ma con livelli molto fitti (tanto pi`
u fitti quanto maggiore `e il
momento d’inerzia della molecola). Infine, aggiungiamo l’energia traslazionale, che
`e invece variabile in maniera continua. Formalmente, possiamo cos`ı scrivere:
(el)
E (tot) = Ek
(vib)
+ Ekv
(rot)
+ Ej
+ E (trasl)
(2.35)
Le relazioni energetiche e le transizioni tra stati elettronici si rappresentano usualmente nei diagrammi di Jablonski (vedi figura 2.8). Ogni stato elettronico `e indicato
con diverse linee orizzontali, per simboleggiare i livelli vibrazionali e rotazionali che
gli appartengono. Le transizioni radiative (assorbimento, fluorescenza, fosforescenza) sono indicate con frecce diritte, quelle non radiative con frecce ondulate. Frecce
orizzontali indicano processi che conservano l’energia, come il trasferimento di energia da elettronica a vibrazionale (IC e ISC). Frecce verticali od oblique indicano
scambio di energia col campo elettromagnetico (assorbimento, emissione stimolata,
luminescenza) oppure con altre molecole (urti, interazione col solvente).
Figura 2.8: Un diagramma di Jablonski.
S2
S1
IC
IC
ISC
T1
ISCT
A
F
P
A = assorbimento
F = fluorescenza
P = fosforescenza
IC = internal conversion
ISC = intersystem crossing
S0
45
I diagrammi di Jablonski permettono di rappresentare graficamente le relazioni energetiche tra gli stati molecolari e mettono in evidenza la natura quantistica degli stati
stessi e dei processi che li coinvolgono. Un altro tipo di rappresentazione, basato
sulle curve o superfici di potenziale (vedi figura 2.9), mette in evidenza la natura
quasi classica del moto dei nuclei e gli aspetti legati alle variazioni di geometria
molecolare. Qui i processi fotochimici sono simboleggiati da frecce curve, o traiettorie, in un grafico a due dimensioni: una coordinata spaziale (coordinata di reazione)
in ascisse, l’energia in ordinate. La rappresentazione semiclassica `e pi`
u adeguata per
processi reattivi, ma `e possibile solo quando si ha una conoscenza o qualche ipotesi,
almeno qualitativa, sulle curve di energia potenziale. In una visione classica del
moto dei nuclei, lo scambio di energia con altre molecole (p. es., il solvente) porta
ad un’accelerazione o (pi`
u spesso) ad un rallentamento della traiettoria, ed ha conseguenze sulla capacit`a del sistema di superare barriere di attivazione o comunque di
allontanarsi dalle regioni di minima energia potenziale. Il concetto di “accessibilit`a
di regioni dello spazio delle coordinate” prende il posto di quello di “popolazione
degli stati quantici”, che `e messo in risalto nei diagrammi di Jablonski.
Figura 2.9: Rappresentazione semiclassica di eventi fotochimici.
S1
T1
ISC
A
IC (lento)
IC (veloce)
ISC
S0
2.11
Cinetica di stati eccitati.
Comunemente i processi che collegano S 0 e S1 sono l’assorbimento di radiazione
(A), il decadimento non radiativo (IC) e la fluorescenza (F); inoltre S 1 pu`o decadere
46
a T1 (ISC). Nel trattare la cinetica di stati eccitati, di solito non ha importanza
sapere se la transizione che d`a luogo ad assorbimento di radiazione coinvolge S 1
oppure uno stato eccitato pi`
u alto, visto che comunque in un tempo molto breve
la molecola decade ad S1 . Una conseguenza importante della regola di Kasha `e
che le rese quantiche di molti processi (emissione, reazioni fotochimiche, etc.) sono
largamente indipendenti dalla lunghezza d’onda usata: infatti, se la molecola assorbe
un fotone con λ pi`
u corta di quella strettamente necessaria per raggiungere S 1 , di
solito l’energia in eccesso `e dispersa nel mezzo.
Il numero di moli di fotoni (“einstein”) assorbiti per unit`a di tempo e di volume `e:
IA = ln10 [S ]
Z
banda
I(ν)ε(ν)
dν
NA hν
(2.36)
Qui I(ν) `e l’irradianza spettrale della luce eccitante, e l’integrale `e esteso a tutta
la banda di assorbimento del composto considerato (eventualmente, a pi`
u bande,
se contribuiscono stati eccitati pi`
u alti). N A `e il numero di Avogadro. [S ] `e la
concentrazione (molarit`a) di molecole nello stato fondamentale. Se abbiamo una
sorgente di luce approssimativamente monocromatica, di frequenza ν 0 e di irradianza
totale I0 , la velocit`a di assorbimento `e:
IA = ln10 [S ]
I0 ε(ν0 )
NA hν0
(2.37)
` chiaro che, per controllare accuratamente il numero di fotoni assorbiti, `e meglio
E
avere a disposizione una sorgente monocromatica.
La velocit`a con cui cambia la popolazione di S 1 `e:
d [S ]
= IA − (KIC + KISC + KF ) [S ]
dt
(2.38)
dove KIC , KISC e KF sono le costanti di velocit`a dei processi di IC, ISC e fluorescenza. Se S1 `e stato popolato da un lampo di luce, dopo che l’intensit`a di radiazione
e quindi IA si sono ridotte a zero, abbiamo per un breve tempo un decadimento
esponenziale:
[S ] = [S ]0 e−t/τS
(2.39)
1
1
1
1
= KIC + KISC + KF =
+
+
τS
τIC
τISC
τF
(2.40)
con
Si intende che il tempo t `e misurato a partire da un istante scelto arbitrariamente, in
cui si `e certi che l’intensit`a della radiazione si sia ridotta a livelli trascurabili; [S  ]0 `e
la popolazione dello stato eccitato in quell’istante. τ S `e il tempo di vita dello stato
eccitato, e l’eq.(2.40) lo collega ai tempi caratteristici di IC e ISC ed al tempo di
vita radiativo (τF o τrad ) di cui si `e parlato in sezione 2.5. Evidentemente, i processi
47
pi`
u lenti hanno poca influenza su τS . L’intensit`a della fluorescenza, I F = KF [S ],
decade nel tempo con la stessa legge esponenziale. Per questo, τ S `e spesso chiamato
“tempo di vita di fluorescenza”, bench´e di norma sia determinato prevalentemente
da processi non radiativi, come risulta da eq. (2.40).
In condizioni di irradiazione continua, `e facile raggiungere lo stato stazionario per
[S ]. Normalmente, nel valutare IA , si pu`o identificare [S ] con la concentrazione
totale della specie chimica in questione: infatti, se l’irradiazione non `e eccezionalmente intensa, la frazione di molecole presenti in ogni istante negli stati eccitati `e
molto piccola. Ponendo d [S ] /dt = 0 si ottiene:
[S ] =
KIC
IA
= I A τS
+ KISC + KF
(2.41)
Il numero di fotoni emessi per unit`a di tempo e di volume `e K F [S ], perci`o la resa
quantica di fluorescenza `e:
ΦF =
n. f otoni emessi
KF
=
= K F τS
n. f otoni assorbiti
KIC + KISC + KF
(2.42)
Se KIC + KISC KF non si osserva fluorescenza. Una condizione per avere rese
di fluorescenza non trascurabili `e che non esistano meccanismi di IC troppo efficienti, come gi`a visto in sezione 3.3: in genere ci`o richiede scheletri molecolari rigidi.
Un’altra condizione `e che l’intensit`a della transizione S 0 → S1 sia abbastanza alta
(in emissione, e di conseguenza anche in assorbimento, vedi sezione 2.5). Vedremo
in sezione 4.4 come la natura dello stato eccitato influenza la fluorescenza.
Consideriamo ora lo stato T1 . Esso `e popolato per InterSystem Crossing a partire da
S1 . In una molecola poliatomica, il processo si pu`o schematicamente separare in due
passi, come l’IC: transizione causata dall’accoppiamento spin-orbita, da S 1 , v = 0,
ad uno stato di eguale energia, vibrazionalmente eccitato, di T 1 ; diseccitazione vibrazionale, per urti o cessione di energia al solvente. Lo stesso vale per la transizione
T1 → S0 (ISCT ). Le relative costanti di velocit`a, K ISC e KISC T , sono molto variabili, anzitutto in dipendenza dalle differenze di energia S 1 − T1 e T1 − S0 . Poich´e
in genere ∆E(S1 − T1 ) < ∆E(T1 − S0 ), la velocit`a di ISC (106 ÷ 1011 s−1 ) `e molto
maggiore di quella di ISCT (10−2 ÷ 104 s−1 ).
L’altro processo che disattiva T1 `e la fosforescenza, con costante di velocit`a K P .
Cos`ı:
d [T ]
= KISC [S ] − (KISC T + KP ) [T ]
dt
(2.43)
Poniamo che un lampo di luce popoli S 1 ; in un tempo di 10−8 s, o poco pi`
u, tutte le
molecole hanno abbandonato S1 compiendo transizioni ad altri stati. In particolare,
una frazione delle molecole eccitate si troveranno in T 1 , la cui popolazione decade
48
Figura 2.10: Dipendenza di KISC T da ∆E(T1 − S0 ) per composti aromatici.
1000
"b"b"b "b
n n n n
b"b"b" b"
"b"b
n n
b"b"
KISC T , s−1
100
"b"b
n n
b"b"
"b"b" b
n n n
b"b"b "
10
"b
n
"b"b
n n
"b"b
b"b"
n n
n
b
b
b"
"
"
"
b"
n n
1
0.1
10000
b "b "
"b"b
n n
b"b""b
n
"b "b"
n n
b" b"
15000
20000
∆E(T1 − S0 ), cm−1
25000
"b
n
b"
30000
pi`
u lentamente, con la legge:
[T ] = [T ]0 e−t/τT
(2.44)
1
= KISC T + KP
τT
(2.45)
Poich´e entrambi i processi (ISCT e fosforescenza) sono proibiti in prima approssimazione, il tempo di decadimento della fosforescenza, cio`e dello stato T 1 , `e molto
pi`
u lungo di quello della fluorescenza.
In condizioni stazionarie, d [T ] /dt = 0 implica:
[T ] =
KISC
IA
KISC
[S ] =
KISC T + KP
KIC + KISC + KF KISC T + KP
49
(2.46)
Possiamo definire una resa quantica di tripletti come il numero di molecole che
arrivano a T1 per ogni fotone assorbito:
ΦT =
KIC
KISC
+ KISC + KF
(2.47)
La resa quantica di fosforescenza `e:
ΦP =
KP
KP
KISC
= ΦT
KIC + KISC + KF KISC T + KP
KISC T + KP
(2.48)
La possibilit`a di osservare fosforescenza dipende quindi dall’efficienza di ISC rispetto
ad IC e fluorescenza, nonch´e da quella dell’emissione da T 1 rispetto a ISCT . Come
gi`a detto, la differenza di energia influenza molto la velocit`a delle transizioni non
Figura 2.11: Velocit`a di processi unimolecolari e rese quantiche per naftaleni
sostituiti.
1e+10
1e+09
1e+08
X
KISC
"b
"b
"
b"
b
b
"b
"
b"
b"
1e+07
KF
1e+06
sec−1
100000
10000
1000
KISC T
100
10
KP
1
ΦP
0.1
0.01
ΦF
0.001
0.0001
X=
H
νF
31750
νP
21250
F
31600
21150
Cl
31360
20700
50
Br
31280
20650
I
20500
radiative. Figura 2.10 mostra la dipendenza di K ISC T da ∆E(T1 − S0 ) per una serie
di composti aromatici.
Un altro fattore importante `e la presenza di atomi pesanti, che introducono forti
accoppiamenti spin-orbita. Ci`o provoca una diminuzione di Φ F a vantaggio di ΦT ;
KP e KISC T aumentano quasi parallelamente (vedi figura 2.11). L’effetto degli atomi
pesanti pu`o essere anche intermolecolare: per esempio, l’aggiunta di bromobenzene
a soluzioni di antracene e derivati abbassa Φ F e aumenta ΦT , meno ΦP .
Fin qui abbiamo considerato solo i meccanismi di decadimento unimolecolari, ma
quando i tempi di vita sono lunghi, come quelli di T 1 , occorre tener conto anche
di processi bimolecolari, che diventano molto competitivi. Molecole paramagnetiche
(in particolare O2 ) o contenenti atomi pesanti possono disattivare facilmente T 1 .
Per evitarlo, occorrono solventi molto puri, degassati, senza atomi pesanti: risultano adatti i perfluoroalcani. Normalmente, tuttavia, la fosforescenza `e osservata in
solidi, matrici polimeriche (pellicole) o matrici vetrose. Queste ultime di solito sono
costituite da miscele di solventi organici raffreddate in azoto liquido (77 K); ad esempio, EPA (etere-isopentano-alcool). In queste condizioni si impedisce la diffusione e
quindi gli incontri con molecole capaci di disattivare T 1 .
2.12
Fluorescenza ritardata, tipo E.
In alcuni composti, come l’eosina, si osserva la fluorescenza ritardata, cio`e l’emissione di un normale spettro di fluorescenza, con un decadimento molto pi`
u lento del
solito. Si tratta di composti con ∆E(S 1 − T1 ) piccola e ISC efficiente; quest’ultima
caratteristica permette di osservarne anche la fosforescenza.
Il piccolo ∆E tra S1 e T1 rende possibile il processo inverso di ISC: quando una
molecola, che si trova in T1 , acquista energia sufficiente, pu`o compiere la transizione
a S1 . Si tratta di un processo attivato, la cui costante di velocit`a si pu`o scrivere:
KISC inv = A e−∆E/KB T
(2.49)
Dopo un lampo di luce, si pu`o osservare la solita fluorescenza con tempo di vita molto
breve, ma una frazione abbastanza grande delle molecole eccitate, Φ T , popola lo
stato T1 . Da qui, una parte tornano ad S1 e possono ancora dar luogo a fluorescenza,
mentre le altre decadono per ISCT o fosforescenza. La resa quantica di fosforescenza
`e data da una formula simile a eq. (2.48), ma al denominatore va aggiunto il termine
KISC inv , relativo al nuovo processo che spopola T 1 :
ΦP = Φ T
KISC T
KP
+ KP + KISC inv
(2.50)
La frazione di molecole che danno fluorescenza ritardata (Delayed Fluorescence, DF)
51
`e data dal prodotto di ΦT , per la frazione di molecole che tornano a S 1 , per la solita
ΦF di eq. (2.42):
ΦDF = ΦT
KISC T
KISC inv
ΦF
+ KP + KISC inv
(2.51)
Sperimentalmente `e sempre pi`
u facile determinare il rapporto di due rese quantiche,
piuttosto che i loro valori assoluti; infatti, per avere il rapporto non occorre sapere
il numero di fotoni assorbiti, denominatore comune alle due Φ. Inoltre, quando si
tratta di due rese quantiche di emissione, di solito si pu`o assumere che entrambe
le emissioni siano isotrope a livello microscopico (stessa probabilit`a che una singola
molecola emetta un fotone in tutte le direzioni); allora `e sufficiente misurare le due
intensit`a in una sola direzione, invece che raccogliere tutti i fotoni emessi, senza
tener conto dell’anisotropia introdotta a livello macroscopico dalla geometria dello
strumento.
Nel caso della fluorescenza ritardata, conviene considerare Φ DF /ΦP , il che semplifica
notevolmente anche le formule:
AΦF −∆E/KB T
ΦDF
=
e
ΦP
KP
(2.52)
Un grafico di Arrhenius, −ln(ΦDF /ΦP ) contro 1/KB T , ha come pendenza ∆E. Se
l’interpretazione del fenomeno `e corretta, l’energia di attivazione ∆E deve coincidere
con la differenza di energia S1 −T1 rilevabile dagli spettri di fluorescenza e di fosforescenza: ∆E = h(νF − νP ), dove νF e νP sono le frequenze delle rispettive sottobande
0-0. Per l’eosina, entrambe le valutazioni danno circa 10 kcal/mole.
"b
"
b
b
"b COOH
b"
Brb"
"b
"b
"b
b"
b"
b" Br
"
"
b
"
"
"
"
"b
"b OH
"b
bO"
"
b"
b"
O" b
Br
Br
Eosina
52