QUADERN / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Vaglio anche dei sindaci nei verbali di approvazione del bilancio Comunicazione per i modelli 730-4, “riapertura” al 15 aprile / Luciano DE ANGELIS / Massimo NEGRO Nelle prossime settimane si terranno le assemblee annuali delegate a prendere atto della gestione annuale delle società di capitali e altresì finalizzate all’approvazione del relativo bilancio di esercizio. Si tratta di un momento fondamentale nella dialettica fra soci, siano essi di maggioranza che di minoranza, i cui esiti devono trovare trascrizione nel “Verbale assembleare” che, quindi, assume un rilievo assoluto per documentare a posteriori in modo corretto le dichiarazioni rese e le decisioni assunte dall’assise. La corretta trascrizione, necessaria per documentare adeguatamente i fatti intervenuti, risulta indispensabile per mettere i soci in condizione di far valere i propri diritti e anche per consentire agli stessi soci, amministratori e sindaci di impugnare eventuali deliberazioni [...] I sostituti d’imposta che non hanno presentato, a partire dal 2011, l’apposito modello “CSO” e che non hanno trasmesso il quadro CT entro lo scorso 12 marzo devono effettuare la trasmissione della comunicazione CSO entro il 15 aprile 2015. È quanto emerge della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 33 di ieri, che costituisce una sostanziale “riapertura” dei termini, in relazione alla nuova disciplina introdotta dal DLgs. 175/2014 di semplificazioni fiscali. Unitamente alle Certificazioni Uniche, infatti, in presenza di almeno una certificazione di redditi di lavoro dipendente e assimilati, il sostituto d’imposta è tenuto a compilare il nuovo “quadro CT”, relativo alla comunicazione della “sede telematica” (propria o di un intermediario incaricato) per la ricezione dall’Agenzia delle comunicazioni relative ai conguagli derivanti dalla liquidazione dei modelli 730 (modelli 730-4): - anche in assenza di dipendenti e nei casi in cui si trasmettono soltanto dati di natura previdenziale; - qualora in passato non sia stata effettuata la comunicazione con l’apposito modello “CSO”. In base alle istruzioni per la compilazione del quadro CT, qualora lo stesso sostituto d’imposta Nuova possibilità per chi non ha trasmesso il quadro CT della Certificazione Unica entro il 12 marzo A PAGINA 2 A PAGINA 4 INEVIDENZA FISCO Niente alternatività per la cessione a seguito di preliminare inadempiuto Professionisti favorevoli all’inasprimento delle pene per l’esercizio abusivo Aggiornati i coefficienti per il valore dei fabbricati “D” delle imprese IMU e TASI sugli impianti sciistici di risalita Se la condotta non è ineluttabile escluso il ricorso alla teoria dell’inesigibilità ALTRENOTIZIE effettui più invii contenenti almeno una certificazione di redditi di lavoro dipendente, il quadro CT deve essere compilato per ogni fornitura. La compilazione del quadro CT andava quindi effettuata nelle certificazioni da trasmettere entro lo scorso 9 marzo, oppure, in caso di correzione di certificazioni già trasmesse, entro il successivo 12 marzo. Al riguardo, l’Agenzia precisa che: - in caso di più invii, ai fini della messa a disposizione dei risultati contabili dei modelli 730, sono acquisiti la sede telematica e gli altri dati presenti nel quadro CT contenuto nell’ultimo invio effettuato; - le comunicazioni trasmesse successivamente al 12 marzo non sono prese in considerazione ai fini della dichiarazione precompilata e quindi, analogamente, i dati contenuti nel quadro CT non sono acquisiti ai fini della messa a disposizione dei risultati contabili dei modelli 730. Pertanto, per i sostituti d’imposta che hanno effettuato più invii del quadro CT sono presi in considerazione i dati contenuti nell’ultimo invio effettuato [...] / A PAGINA 12 Costo della transazione deducibile come sopravvenienza passiva / Alessandro BORGOGLIO La somma corrisposta a titolo di risarcimento danni, in funzione di un accordo transattivo, costituisce per l’impresa erogante una sopravvenienza passiva deducibile nell’esercizio in cui viene sostenuta la relativa spesa. È quanto stabilito dalla Cassazione, con la sentenza n. 5976 depositata ieri. La pronuncia trae origine dal caso di una ditta individuale che aveva portato in deduzione dal reddito d’impresa una cospicua somma derivante da una transazione con [...] A PAGINA 5 ancora IL CASO DEL GIORNO Vaglio anche dei sindaci nei verbali di approvazione del bilancio Nelle trascrizioni ritardate obbligo di differenziare la data dell’assemblea da quella del verbale / Luciano DE ANGELIS Nelle prossime settimane si terranno le assemblee annuali delegate a prendere atto della gestione annuale delle società di capitali e altresì finalizzate all’approvazione del relativo bilancio di esercizio. Si tratta di un momento fondamentale nella dialettica fra soci, siano essi di maggioranza che di minoranza, i cui esiti devono trovare trascrizione nel “Verbale assembleare” che, quindi, assume un rilievo assoluto per documentare a posteriori in modo corretto le dichiarazioni rese e le decisioni assunte dall’assise. La corretta trascrizione, necessaria per documentare adeguatamente i fatti intervenuti, risulta indispensabile per mettere i soci in condizione di far valere i propri diritti e anche per consentire agli stessi soci, amministratori e sindaci di impugnare eventuali deliberazioni assembleari assunte in violazione della legge o dello statuto. È allora opportuno chiedersi: quali siano i contenuti minimi del verbale; se è ammissibile la trascrizione dello stesso in data diversa da quella dell’assemblea; quale sia il ruolo dei sindaci in merito alla verbalizzazione. In merito ai contenuti del verbale dell’assemblea, dispone l’art. 2375 c.c. che, a seguito della riforma del diritto societario, stabilisce analiticamente gli elementi da riportare. A riguardo, ad eccezione del ruolo del segretario (che nelle srl può mancare), non si ravvedono sostanziali differenze fra spa ed srl. In dettaglio, nel verbale assembleare devono risultare: - che siano stati nominati il presidente (sempre) e il segretario (sempre nelle spa, discrezionalmente nelle srl) dell’adunanza, con l’individuazione delle persone chiamate ad assolvere i relativi compiti; - che il presidente attesti espressamente la regolarità della convocazione con l’osservanza di tutte le relative formalità, nonché che sussistano tutte le condizioni perché si possa dar luogo alla costituzione dell’assemblea e allo svolgimento delle relative attività; - che si sia provveduto all’accertamento dell’identità dei presenti (anche in allegato) e della loro legittimazione alla partecipazione all’assemblea, nonché dell’ammontare delle quote o azioni possedute (tenendo anche conto delle azioni a voto multiplo) in modo da valutare il raggiungimento dei quorum minimi; - l’indicazione degli argomenti all’ordine del giorno su cui l’assemblea è stata chiamata a discutere e deliberare, nonché le modalità e il risultato delle votazioni in modo da consentire, anche a mezzo di allegati, l’identificazione dei / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 favorevoli, degli astenuti e dei dissenzienti; - il riassunto, su richiesta dei soci, delle loro dichiarazioni, nonché quelle rilasciate dagli amministratori e, se presenti, dai sindaci, purché le stesse siano pertinenti all’ordine del giorno; - l’indicazione degli avvenimenti occorsi, più significativi e rilevanti, che i soci assenti e i terzi possono avere interesse a conoscere; - il luogo in cui l’assemblea si è svolta e la data della stessa. Il verbale, si legge nel’art. 2375, comma 3 c.c., deve essere redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione. Tale disposizione supera ogni dubbio in merito alla tempistica di redazione del verbale, sconfessando definitivamente la tesi della contestualità della medesima verbalizzazione rispetto all’assemblea e sancendo la diversa regola della tempestività. Nella prassi operativa ci si chiede, poi, se nei casi (pressoché totalitari) di verbalizzazione non contestuale, in calce al verbale sia da inserirsi la sola data in cui l’assemblea sia tenuta o la data dell’assemblea distinta da quella della verbalizzazione. Nessun dubbio che la data della deliberazione (rectius dell’assemblea) debba essere inserita nel verbale, in quanto dalla sua assenza scaturirebbe addirittura, ai sensi dell’art. 2379, una vera e propria “Assenza” (mancanza) di verbale. In ottica squisitamente letterale l’art. 2375 c.c., nell’imporre l’indicazione della data dell’assemblea come primo e indefettibile requisito del verbale, fa supporre con chiarezza la possibile scissione tra tale data e quella di redazione del verbale, dal quale, quindi, dovrebbero presumibilmente risultare sia la prima che la seconda. Detta differenziazione appare peraltro fondamentale nel caso di ritardata trascrizione del verbale nel libro delle deliberazioni onde non accorciare, indebitamente, il periodo concesso alle impugnative che decorrono da tali trascrizioni. Soprattutto nell’ambito dei verbali “privati”, non si può escludere che nel documento assembleare vengano riportate situazioni o fatti non conformi al vero. Ad esempio, potrebbe accadere che venga qualificata come totalitaria un’assemblea, pur in assenza di un socio, che, in quanto appartenente al gruppo di maggioranza, non crei problemi mediante l’impugnazione delle delibere. La giurisprudenza sul tema, al di là dei possibili risvolti penali che una condotta di tal genere può comportare, è giunta / 02 ancora alla conclusione che le false attestazioni circa il regolare svolgimento dell’assemblea possono fondare il sospetto di gravi irregolarità ai fini della procedura di controllo giudiziario ex art. 2409, c.c.. Ciò in quanto “gli amministratori ed i sindaci, anche qualora non abbiano partecipato direttamente alla redazione del verbale, devono pur sempre esercitare un dovere di controllo della veridicità delle risultanze del verbale medesimo” (Trib. Cassino 19 aprile 1991, Trib. Mi- / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 lano 22 maggio 1984). Il controllo dei sindaci sui verbali delle assemblee è richiesto anche nell’ambito delle novellate norme di comportamento del collegio sindacale, attualmente in consultazione. Per approfondimenti sul tema, si veda l’articolo a cura di Busi e De Angelis “La verbalizzazione dell’assemblea di bilancio”, pubblicato nel n. 3/2015 della Rivista di Eutekne Dottrina “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”. / 03 ancora FISCO Comunicazione per i modelli 730-4, “riapertura” al 15 aprile Nuova possibilità per chi non ha trasmesso il quadro CT della Certificazione Unica entro il 12 marzo / Massimo NEGRO I sostituti d’imposta che non hanno presentato, a partire dal 2011, l’apposito modello “CSO” e che non hanno trasmesso il quadro CT entro lo scorso 12 marzo devono effettuare la trasmissione della comunicazione CSO entro il 15 aprile 2015. È quanto emerge della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 33 di ieri, che costituisce una sostanziale “riapertura” dei termini, in relazione alla nuova disciplina introdotta dal DLgs. 175/2014 di semplificazioni fiscali. Unitamente alle Certificazioni Uniche, infatti, in presenza di almeno una certificazione di redditi di lavoro dipendente e assimilati, il sostituto d’imposta è tenuto a compilare il nuovo “quadro CT”, relativo alla comunicazione della “sede telematica” (propria o di un intermediario incaricato) per la ricezione dall’Agenzia delle comunicazioni relative ai conguagli derivanti dalla liquidazione dei modelli 730 (modelli 730-4): - anche in assenza di dipendenti e nei casi in cui si trasmettono soltanto dati di natura previdenziale; - qualora in passato non sia stata effettuata la comunicazione con l’apposito modello “CSO”. In base alle istruzioni per la compilazione del quadro CT, qualora lo stesso sostituto d’imposta effettui più invii contenenti almeno una certificazione di redditi di lavoro dipendente, il quadro CT deve essere compilato per ogni fornitura. La compilazione del quadro CT andava quindi effettuata nelle certificazioni da trasmettere entro lo scorso 9 marzo, oppure, in caso di correzione di certificazioni già trasmesse, entro il successivo 12 marzo. Al riguardo, l’Agenzia precisa che: - in caso di più invii, ai fini della messa a disposizione dei risultati contabili dei modelli 730, sono acquisiti la sede telematica e gli altri dati presenti nel quadro CT contenuto nell’ultimo invio effettuato; - le comunicazioni trasmesse successivamente al 12 marzo non sono prese in considerazione ai fini della dichiarazione precompilata e quindi, analogamente, i dati contenuti nel quadro CT non sono acquisiti ai fini della messa a disposizione dei risultati contabili dei modelli 730. Pertanto, per i sostituti d’imposta che hanno effettuato più invii del quadro CT sono presi in considerazione i dati contenuti nell’ultimo invio effettuato entro il 12 marzo. I sostituti d’imposta che non hanno presentato, a partire dal 2011, l’apposito modello per la comunicazione della “sede telematica” in esame e che non hanno trasmesso il quadro CT, ovvero lo hanno trasmesso per la prima volta successi/ EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 vamente al 12 marzo 2015, devono quindi provvedere alla relativa comunicazione utilizzando il modello “Comunicazione per la ricezione in via telematica dei dati relativi ai modello 730-4 resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate” (modello CSO): - approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 22 febbraio 2013 n. 23840; - disponibile gratuitamente in formato elettronico nel relativo sito internet. Lo stesso modello CSO deve essere utilizzato dai sostituti d’imposta che intendono variare i dati già comunicati a partire dal 2011 con l’apposito modello ovvero con il quadro CT della Certificazione Unica 2015 (ad esempio, variazione di sede Entratel, indicazione dell’intermediario o variazione dell’intermediario già comunicato). In caso di “prima comunicazione”, la trasmissione telematica del modello CSO deve avvenire entro il 15 aprile 2015. Per quanto riguarda le comunicazioni di variazione dei dati, le relative informazioni sono prese in considerazione: - per i modelli 730-4 del 2015, se la comunicazione è trasmessa entro il 25 maggio 2015; - ovvero per i modelli 730-4 del 2016, se la trasmissione avviene successivamente. Nel modello di comunicazione è richiesta, tra l’altro, l’indicazione del: - numero di protocollo dell’ultimo modello 770 Semplificato presentato dal sostituto d’imposta nell’anno precedente a quello di inoltro della comunicazione; - numero di protocollo che è stato attribuito alla comunicazione trasmessa dal sostituto d’imposta, e regolarmente acquisita, che si intende variare, in caso di comunicazione di variazione dei dati già trasmessi. I suddetti numeri di protocollo sono rilevabili, oltre che dalle relative ricevute di trasmissione, anche dal cassetto fiscale del sostituto d’imposta. Se il sostituto d’imposta intende modificare le informazioni contenute nel quadro CT, dovrà indicare nel campo “Comunicazione sostitutiva” il protocollo telematico dell’ultimo file, inviato entro il 12 marzo e contenente il quadro CT. In tal caso, nel predetto campo “Comunicazione sostitutiva” vanno indicati il protocollo telematico dell’ultimo file contenente il quadro CT (composto da 17 caratteri) e di seguito, per completare la compilazione del campo, il numero convenzionale “999999”. / 04 ancora FISCO Costo della transazione deducibile come sopravvenienza passiva Rilevante, ai fini della deducibilità, il momento di sostenimento della spesa, piuttosto che quello di perfezionamento dell’accordo transattivo / Alessandro BORGOGLIO La somma corrisposta a titolo di risarcimento danni, in funzione di un accordo transattivo, costituisce per l’impresa erogante una sopravvenienza passiva deducibile nell’esercizio in cui viene sostenuta la relativa spesa. È quanto stabilito dalla Cassazione, con la sentenza n. 5976 depositata ieri. La pronuncia trae origine dal caso di una ditta individuale che aveva portato in deduzione dal reddito d’impresa una cospicua somma derivante da una transazione con soggetti terzi. In particolare, tale ditta, avente ad oggetto l’attività di estrazione e frantumazione di pietre, aveva abusivamente estratto del materiale lapideo dal fondo del vicino, con il quale, quindi, si era instaurata una causa legale per risarcimento danni durata sei anni e conclusasi, poi, con un accordo transattivo nel 2009. Il contribuente, quindi, aveva dedotto integralmente in tale anno la spesa sopportata in forza del ridetto accordo transattivo. Per l’Agenzia delle Entrate, però, tale modus operandi non poteva ritenersi fiscalmente corretto, atteso che, in base al principio contabile OIC 19, il contribuente avrebbe invece dovuto prudenzialmente accantonare negli anni precedenti delle somme a titolo di fondo per rischi, dovendosi ritenere tali le cosiddette “passività potenziali”, ovvero quelle afferenti a situazioni già esistenti, ma con esito pendente in quanto si risolveranno in futuro: si intende cioè una situazione, una condizione o una fattispecie, esistenti alla data di bilancio, caratterizzate da uno stato di incertezza, le quali al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri, potranno concretizzarsi per l’impresa in una perdita o in un utile, confermando il sorgere di una passività o la perdita parziale o totale di una attività. In questa prospettiva, quindi, secondo il Fisco, il contribuente avrebbe dovuto costituire un fondo per rischi, sulla base di una valutazione previsionale della passività potenziale, e dedurre i relativi accantonamenti annuali. La Cassazione ha ritenuto destituita di fondamento tale tesi, la quale denota una “evidente confusione” tra costo inteso come debito ai fini fiscali, vincolato, per quanto attiene alla sua deducibilità, alla sussistenza degli elementi di certezza e determinabilità di cui all’art. 109, comma 1 del TUIR, ed, invece, il costo inteso come passività, priva dei predetti requisiti, che assume invece rilevanza in ambito civilistico ai fini della redazione del bilancio d’esercizio. Per i giudici di legittimità, quand’anche fosse stato corretto considerare, ai fini dell’accertamento fiscale, la passività potenziale rilevante in ambito civilistico, alla stregua dei / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 criteri dettati dal principio contabile citato, ciò, a differenza di quanto sostenuto dal Fisco, non avrebbe avuto comunque rilevanza sul bilancio fiscale, atteso che gli accantonamenti deducibili dal reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 107, comma 4 del TUIR, sono soltanto quelli espressamente previsti dalle norme fiscali, tra cui non rientrano quelli in oggetto. Neppure, peraltro, poteva affermarsi che la somma afferente all’accordo transattivo fosse riconducibile alla fattispecie delle spese relative a più esercizi di cui all’art. 108 del TUIR, atteso che, a tal fine, sarebbe stata necessaria un’obbligazione certa, la cui esecuzione viene differita nel tempo secondo scadenze predeterminate, ovvero ancora al costo di beni materiali o immateriali ammortizzabili ex artt. 102 e 103 del TUIR. Secondo la Suprema Corte, invece, la somma ascrivibile all’accordo transattivo sottoscritto con il terzo si configura alla stregua di una sopravvenienza passiva deducibile integralmente nell’esercizio in cui la relativa spesa viene sostenuta. L’art. 101, comma 4 del TUIR, infatti, considera sopravvenienze passive, tra l’altro, il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi. Nel caso di specie, non vi era dubbio che il contribuente avesse conseguito ricavi in precedenti esercizi a fronte dell’estrazione abusiva di materiale lapidario dal fondo del vicino, circostanza che aveva determinato la conclusione dell’accordo transattivo e la corresponsione della relativa somma a titolo di risarcimento danni. Pertanto, correttamente il contribuente aveva integralmente dedotto la somma nell’esercizio oggetto di controllo. È appena il caso di aggiungere che, invece, sul fronte dei ricavi, la Cassazione si è di recente occupata del caso di una società che, a seguito di un accordo transattivo, aveva diritto a percepire una somma a mezzo di assegni bancari; tale somma non era però poi stata materialmente incassata. La Suprema Corte ha confermato, in quella sede, l’assunto del Fisco secondo cui il contribuente, in forza del principio di competenza, avrebbe dovuto contabilizzare il ricavo (somma derivante dalla transazione) nell’anno in cui era stato sottoscritto l’accordo, e solo in seguito rettificare tale dato (con imputazione di sopravvenienza passiva) per dare conto del mancato incasso delle somme dovute (Cass. 9317/2014). Sia la prassi dell’Amministrazione finanziaria che la giurisprudenza hanno sempre ribadito che i componenti econo/ 05 ancora mici relativi ad una controversia rilevano – ai fini della determinazione del reddito d’impresa – quando divengono certi ed obiettivamente determinabili, per effetto della chiusura della lite stessa (nota della DRE Emilia Romagna n. 38696/2007; Cass. nn. 9317/2014 e 12788/2001), ovvero nell’esercizio in cui è stipulato l’atto di transazione (Com- / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 missione tributaria regionale di Roma n. 487/2008). La sentenza in commento, però, inquadrando la spesa derivate dall’accordo transattivo come sopravvenienza passiva, sembrerebbe considerare rilevante, ai fini della deducibilità, il momento di sostenimento della spesa, piuttosto che quello di perfezionamento dell’accordo transattivo. / 06 ancora FISCO Niente alternatività per la cessione a seguito di preliminare inadempiuto Secondo la Cassazione, sebbene il contratto di compravendita immobiliare definitivo fosse soggetto ad IVA, il registro è dovuto in misura proporzionale / Anita MAURO Sconta l’imposta di registro proporzionale la sentenza con la quale, a seguito dell’inadempimento del promittente venditore, l’immobile oggetto del contratto preliminare di compravendita immobiliare sia trasferito al promissario acquirente, anche ove il cedente sia un soggetto IVA e sussistano tutte le condizioni per l’imponibilità IVA (cedente impresa di costruzione che trasferisce entro i 5 anni dall’ultimazione). Questo è il principio affermato dalla Cassazione, nella sentenza n. 5978, depositata ieri. La sentenza si sofferma sulle modalità di applicazione dell’imposta di registro alle sentenze di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, previste dall’art. 2932 c.c., con particolare riferimento all’applicazione del principio di alternatività IVA-registro (sul tema della tassazione indiretta della sentenza ex art. 2932, si veda anche “La condizione pagamento del prezzo non rileva per l’imposta di registro” del 3 giugno 2014). Si ricorda, infatti, che, a norma dell’art. 2932 c.c., ove una delle parti del contratto preliminare di compravendita immobiliare si renda inadempiente, l’altra parte (purché, a sua volta, abbia adempiuto o si offra di farlo) può richiedere al giudice di pronunciare una sentenza che produca gli effetti del contratto definitivo non concluso. La sentenza prevista dall’art. 2932 c.c. esplica, quindi, gli effetti del contratto definitivo, trasferendo la proprietà in capo alla parte adempiente del contratto preliminare. Nella sentenza in commento, la Corte afferma che la registrazione di tale sentenza non risulta soggetta al principio di alternatività IVA-registro e, di conseguenza, sconta l’imposta di registro proporzionale prevista per il trasferimento immobiliare che con essa viene realizzato, anche ove il cedente sia un soggetto IVA e sussistano tutte le condizioni per l’imponibilità IVA. Nel caso di specie, in particolare, il promittente venditore era un’impresa di costruzione ed il trasferimento avveniva prima del decorso di 5 anni dall’ultimazione dell’immobile. Si trattava, pertanto, di uno dei casi in cui opera l’imponibilità IVA per obbligo (sia ove il fabbricato abbia natura abitativa che strumentale) a norma dell’art. 10 comma 1 n. 8-bis e ter del DPR 633/72. Per questo motivo, le parti ritenevano che l’imposta di registro fosse dovuta solo in misura fissa, in virtù dell’operatività del generale principio di alternatività IVA registro, sancito dall’art. 40 del DPR 131/86, in base al quale l’imposta di registro è dovuta in misura fissa “per gli atti / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto”. La Commissione tributaria regionale, tuttavia, non condivideva l’assunto dei contribuenti, affermando che l’alternatività non potesse operare a causa dell’assenza di emissione della fattura da parte dell’impresa costruttrice cedente. L’imposta grava sulla sentenza, non sul trasferimento La Corte di Cassazione, pur ritenendo che la motivazione addotta dalla Commissione Regionale non fosse corretta, ne conferma le conclusioni, affermando la tassazione con imposta di registro proporzionale. In particolare, secondo la Corte, nel caso di specie l’alternatività IVA-registro non potrebbe operare, in quanto l’atto da assoggettare a tassazione non è il trasferimento immobiliare, bensì la sentenza emessa ex art. 2932 c.c., in forza della quale è avvenuto il suddetto trasferimento. In breve – sembra dire la Corte – l’alternatività IVA-registro opera solo nel caso in cui lo stesso atto risulti soggetto contemporaneamente ad IVA e ad imposta di registro, mentre nel caso di specie l’IVA si applica alla cessione immobiliare e l’imposta di registro riguarda la registrazione della sentenza ex 2932 c.c. Pertanto, la sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo va assoggettata ad imposizione facendo applicazione del disposto dell’art. 8, comma 1, lett. a) della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, a norma del quale gli atti giudiziari che determinano il trasferimento della proprietà sono tassati applicando “le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti”. Si rileva, tuttavia, che il rinvio alla tassazione dell’atto di trasferimento sottostante, operato dalla norma da ultimo citata potrebbe essere interpretato come un “rinvio” esteso anche all’alternatività, ove essa operi per l’atto di trasferimento. D’altro canto, poi, è bene ricordare che l’alternatività IVAregistro non è del tutto estranea agli atti giudiziari, in quanto è richiamata, dalla Nota II all’art. 8 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, in relazione agli atti giudiziari recanti condanna al pagamento di somme e valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura, i quali “non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’IVA”. / 07 ancora PROFESSIONI Professionisti favorevoli all’inasprimento delle pene per l’esercizio abusivo Ieri, in audizione alla Commissione Giustizia della Camera, il CNDCEC ha espresso giudizio positivo sul Ddl. che propone di modificare l’art. 348 c.p. / REDAZIONE Un inasprimento sanzionatorio del delitto di esercizio abusivo della professione risulta “assolutamente coerente” con l’esigenza di tutelare l’interesse pubblico a che determinate attività, caratterizzanti una specifica professione, siano svolte, per la delicatezza della materia in cui si estrinsecano e la rilevanza degli interessi coinvolti, da soggetti le cui competenze siano state positivamente verificate attraverso un’abilitazione statale. Per questo motivo i professionisti, e in particolare i commercialisti, non possono che accogliere con favore la modifica dell’art. 348 c.p. contenuta nella proposta di legge C. 2281, passata alla Camera dopo il via libera del Senato. Sul testo ieri si è svolta una serie di audizioni alla Commissione Giustizia di Montecitorio, a cui ha partecipato anche il CNDCEC. Nel dettaglio, come anticipato, la proposta di legge, tra le altre misure, modifica l’art. 348 c.p.: - sostituendo la pena alternativa della reclusione o della multa con la pena congiunta della reclusione e della multa; - innalzando tanto la reclusione, che passa nel massimo da 6 mesi a 2 anni, quanto la multa, che passa da minimo di 103massimo di 516 euro a minimo di 10.000-massimo di 50.000 euro); - aggiungendo la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna; - prevedendo la confisca obbligatoria delle attrezzature utilizzate per commettere il delitto. Esprimendo un giudizio positivo sulla previsione contenuta nel Ddl., in audizione il Vicepresidente del Consiglio nazionale Davide Di Russo ha sottolineato che si tratta di “un implicito e apprezzabile riconoscimento delle garanzie connesse all’iscrizione all’Albo, che assicurano il possesso delle competenze tecniche necessarie allo svolgimento dell’attività, attraverso un percorso formativo universitario, un tirocinio, un esame di abilitazione e, poi, mediante il costante aggiornamento cui l’iscritto è obbligato”. / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 Tali garanzie “tutelano inoltre il cliente – ha proseguito – dalle conseguenze derivanti da errore professionale, mediante l’obbligo per l’iscritto di stipulazione di polizza obbligatoria e assicurano un’attività improntata ai principi deontologici, cui solo l’iscritto è vincolato, pena applicazione di sanzione nell’ambito del sistema disciplinare professionale”. Il CNDCEC auspica anche un intervento legislativo di più ampio respiro In materia – ricorda il CNDCEC nel testo dell’interrogazione e lo si può leggere anche nella scheda di lettura del Ddl. – con la sentenza n. n. 11545/2012, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che si commette esercizio abusivo della professione non solo con il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche con il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione (si veda “Linea dura sull’esercizio abusivo della professione” del 24 marzo 2012). Partendo dalla giurisprudenza di legittimità, il Consiglio auspica inoltre che la modifica dell’art. 348 c.p. possa fungere da volano per un intervento legislativo di più ampio respiro che, si traduca in un esplicito accoglimento dei principi sanciti dalle Sezioni Unite, “così da reprimere con decisione – ha concluso Di Russo – l’esercizio delle attività caratteristiche degli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili da parte di soggetti non iscritti all’Albo e/o l’impiego, da parte di tali soggetti, di qualifiche e/o denominazioni e/o titoli che, seppur atipici, sono tali da generare nei terzi, in modo ingannevole, l’idea che questi stessi soggetti non iscritti all’Albo siano in possesso di competenze proprie, invece, degli iscritti”. / 08 ancora FISCO Aggiornati i coefficienti per il valore dei fabbricati “D” delle imprese Stabiliti da un DM di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sono utilizzati per la determinazione di IMU e TASI relative a tali immobili / Arianna ZENI Col decreto del 25 marzo 2015 reso noto ieri, in attesa della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Ministero dell’Economia ha aggiornato, tenendo conto dei dati ISTAT sull’andamento del costo di costruzione di un capannone, i coefficienti per la determinazione dell’IMU per l’anno 2015 relativa ai fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (capannoni, centrali idroelettriche, impianti fotovoltaici, centri commerciali), non iscritti in Catasto o comunque privi di rendita catastale, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati. Il provvedimento ministeriale che è stato approvato, quindi, consente di determinare il valore di detti fabbricati così come previsto dall’art. 5 comma 3 del DLgs. n. 504/1992, applicabile all’IMU per espressa disposizione del comma 3 dell’art. 13 del DL n. 201/2011 (conv. L. n. 214/2011). Tali coefficienti si applicano anche per la TASI dovuta per l’anno 2015, dato che il comma 675 dell’art. 1 della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha stabilito che la base imponibile è la stessa prevista per l’IMU. Pertanto, in attuazione dell’art. 5 comma 3 del citato DLgs. n. 504/92, il DM in questione approva i coefficienti da utilizzare per il calcolo dell’IMU e della TASI, dovuti per l’anno 2015, sui fabbricati in possesso dei seguenti requisiti: - classificabili nel gruppo catastale “D”; - non iscritti in catasto con attribuzione di rendita; - interamente posseduti da imprese; - distintamente contabilizzati. Per detti fabbricati, inoltre, la base imponibile è determina- / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 ta: - applicando al valore contabile gli appositi coefficienti (che sono aggiornati annualmente con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze); - fino all’anno nel quale i fabbricati stessi sono iscritti in Catasto con attribuzione di rendita. Approvato il coefficiente per l’anno 2015 Nello specifico, per tali immobili la base imponibile è determinata alla data di inizio di ciascun anno solare oppure, se successiva, alla data di acquisizione, applicando per ogni anno di formazione dei costi i seguenti coefficienti di aggiornamento: per l’anno 2015 = 1,01; per l’anno 2014 = 1,01; per l’anno 2013 = 1,02; per l’anno 2012 = 1,04; per l’anno 2011 = 1,07; per l’anno 2010 = 1,09; per l’anno 2009 = 1,10; per l’anno 2008 = 1,14; per l’anno 2007 = 1,18; per l’anno 2006 = 1,21; per l’anno 2005 = 1,25; per l’anno 2004 = 1,32; per l’anno 2003 = 1,36; per l’anno 2002 = 1,41; per l’anno 2001 = 1,44; per l’anno 2000 = 1,49; per l’anno 1999 = 1,51; per l’anno 1998 = 1,54; per l’anno 1997 = 1,58; per l’anno 1996 = 1,63; per l’anno 1995 = 1,67; per l’anno 1994 = 1,73; per l’anno 1993 = 1,76; per l’anno 1992 = 1,78; per l’anno 1991 = 1,81; per l’anno 1990 = 1,90; per l’anno 1989 = 1,99; per l’anno 1988 = 2,07; per l’anno 1987 = 2,25; per l’anno 1986 = 2,42; per l’anno 1985 = 2,59; per l’anno 1984 = 2,76; per l’anno 1983 = 2,94; per l’anno 1982 e anni precedenti = 3,11. / 09 ancora FISCO IMU e TASI sugli impianti sciistici di risalita Fa discutere la prima sentenza della Cassazione in materia, per la quale gli impianti vanno classificati nella categoria D/8 / Antonio PICCOLO Gli impianti di risalita svolgono un’esclusiva funzione commerciale di ausilio e integrazione dell’uso delle piste sciistiche e come tali non possono essere classificati nella categoria catastale E/1 (“stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi e aerei”). Lo ha stabilito per la prima volta la Cassazione, con la sentenza n. 4541/2015. Dopo diverse decisioni delle Commissioni tributarie, in senso sia favorevole che sfavorevole ai contribuenti, alcune delle quali segnalate su Eutekne.info, è arrivata dunque la prima “parola” della Suprema Corte, che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate-Territorio. Di conseguenza gli impianti di risalita, vale a dire le funivie, le sciovie, le seggiovie e simili, vanno assoggettati all’ICI (fino al 31 dicembre 2011), all’IMU (dal 1° gennaio 2012) e alla TASI (dal 1° gennaio 2014), trattandosi di beni che (di norma) devono essere classificati nella categoria D/8 (“fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”). Secondo l’Agenzia, infatti, non possono essere classificate nella categoria E/1 gli impianti di risalita quando hanno destinazione esclusivamente o prevalentemente commerciale, in quanto non assimilabile al servizio di trasporto, ma al soddisfacimento di fini ricreativi, sportivi o turistico-escursionistici (Agenzia del Territorio, circ. n. 4/T/2007). Come detto, le Commissioni tributarie si sono pronunciate in senso sia favorevole che sfavorevole ai contribuenti. Tra le decisioni a favore ricordiamo le sentenze nn. 9/02/13 e 2/02/11 della dalla C.T. Reg. di Aosta. In particolare, con la sentenza più recente, i giudici hanno ritenuto che gli impianti di funivia devono essere censiti nella categoria catastale E/1, anziché in quella D/8, trattandosi di stazioni per i servizi di trasporto che non presentano un’autonomia funzionale e reddituale rispetto al generale servizio di trasporto. Secondo il Collegio del riesame, che nel merito ha confermato la decisione dei primi giudici, il criterio soggettivo, cioè lo scopo ricreativo, cui fa riferimento l’ufficio, non può prevalere sul dettato di legge (DPR n. 1142/1949) che individua nella categoria particolare E/1 le “stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi e aerei” e nella categoria speciale D/8 i “fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”. Di conseguenza – così i supremi giudici tributari di merito – le stazioni di partenza e di arrivo della funivia, per la loro intrinseca caratteristica tecnologica (impianti complessiva- / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 mente unitari e inscindibili), ben possono essere adibiti esclusivamente al trasporto di persone e quindi l’autonomia funzionale e reddituale rispetto al trasporto è inesistente. Sul fronte opposto, vanno segnalate le sentenze nn. 130/33/13 e 145/12/12 della C.T. Reg. di Milano. In particolare, con quest’ultima decisione i giudici lombardi hanno riaffermato in sostanza che anche le società di gestione degli impianti di risalita devono corrispondere l’ICI, perché vanno classificati nella categoria catastale D/8, come preteso dall’ufficio, anziché in quella E/1. L’altra decisione ha riguardato una seggiovia che il Collegio lombardo, oltre a classificare pacificamente nella categoria catastale D/8, l’ha considerata come un unico complessivo produttivo in cui i singoli elementi non possono essere valutati separatamente, dato che gli impianti di risalita, essendo impianti elettromeccanici, sono essenziali per la destinazione economica di tutto il complesso produttivo sciistico. Anche la Cassazione, con la stringata pronuncia in commento, si è occupata della determinazione della rendita catastale dell’impianto di risalita. La relativa valutazione deve comprendere anche il valore degli impianti fissi, in quanto – così la Suprema Corte – l’art. 1-quinquies del DL n. 44/2005 (conv. L. n. 88/2005) ha esplicitato un principio generale secondo cui gli immobili coinvolgono non solo il suolo e i fabbricati, ma anche tutte le strutture fisse che concorrono al pregio e all’utilizzabilità degli immobili stessi. Nello stesso senso sono le indicazioni fornite dall’Agenzia del Territorio nella circolare n. 6/2012 che, al § 3, puntualizza fra l’altro che negli impianti di risalita, sia su fune che su sede fissa, sono da includere nella stima i motori che azionano i sistemi di trazione, se posti in sede fissa, mentre vanno esclusi le funi, i carrelli, le sospensioni e le cabine che fanno specificamente parte della componente mobile del trasporto. Presentata un’interrogazione urgente Il tema è “spinoso”e la sentenza della Cassazione continua a far discutere. Il Senatore trentino e segretario del PATT (Gruppo per le autonomie), Franco Panizza, ha presentato un’interrogazione urgente al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia: “Il Governo deve intervenire urgentemente per escludere il pagamento dell’IMU sugli impianti a fune – ha dichiarato ieri –. Rischia di imporre alle aree montane l’ennesima imposta ingiusta, negando peraltro la funzione di natura pubblica degli impianti”. / 10 ancora FISCO Se la condotta non è ineluttabile escluso il ricorso alla teoria dell’inesigibilità La Cassazione richiama tale principio soffermandosi sull’elemento soggettivo della dichiarazione fraudolenta / Maria Francesca ARTUSI Sull’elemento soggettivo della dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si sofferma la Cassazione nella sentenza n. 12531 depositata ieri. Al rappresentante legale di una società cooperativa viene contestato di aver indicato, nella dichiarazione annuale dei redditi relativa all’imposta sul valore aggiunto, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un ammontare complessivo di 400.000 euro. La particolarità del caso risiede nel fatto che l’imputato ha sempre ammesso di aver materialmente posto in essere tale condotta, negando tuttavia di essere stato animato dall’intenzione di evadere l’imposta. Viene, infatti, addotta la necessità di dover compensare il mancato pagamento delle fatture attive emesse nei confronti di clienti inadempienti, stante l’irrecuperabilità di tali importi mediante altre modalità. L’attenzione viene quindi posta sull’elemento soggettivo che deve informare il reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000, nonché sul concetto di “inesigibilità” di una condotta alternativa a quella tenuta. Quest’ultima nozione richiama un principio generale dell’ordinamento, per cui la colpevolezza sarebbe esclusa tutte le volte in cui il soggetto ha agito in circostanze tali da non potersi umanamente pretendere un comportamento diverso. Nel caso in esame tale principio viene implicitamente richiamato allorché si afferma che non potrebbe considerarsi penalmente rilevante quel comportamento che di fatto sarebbe stato l’unico possibile per evitare di incorrere in un’altra fattispecie criminosa, quella di omesso versamento IVA prevista dall’art. 10-ter del DLgs. 74/2000. La giurisprudenza si è talvolta mostrata sensibile alle istanze di moderazione sottese alla teoria dell’inesigibilità, ritenendo non punibili condotte, pur obiettivamente contrarie alle prescrizioni legali. Tuttavia è da notare che tale orientamento si è espresso proprio in relazione alle fattispecie di omesso versamento delle ritenute e di omesso versamento dell’IVA (si veda esemplificativamente Trib. Milano 7 gennaio 2013). “Scorciatoia” della creazione ad hoc di fatture false inammissibile La sentenza in commento non prende una posizione esplicita sul tema, ma sembra adombrare un certo favor per il principio in questione. Ciò si deduce dalle argomentazioni che / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 spende proprio per dimostrare come la condotta tenuta dall’imputato non avesse quel carattere di ineluttabilità che potrebbe rendere ammissibile una moderazione o un’esclusione del rimprovero penale. La Corte ritiene che la “scorciatoia” della creazione ad hoc di fatture false è doppiamente inammissibile: perché il risultato perseguito non è affatto scontato; perché non è possibile ricorrere ad un’azione criminosa per conseguire un risultato lecito per il quale, oltretutto, l’ordinamento contempla strumenti maggiormente idonei. Il legislatore, infatti, prevedeva all’epoca dei fatti – e prevede tutt’ora – dei meccanismi di recupero dell’imposta successivamente rivelatasi inesigibile per il mancato pagamento del corrispettivo fatturato, sia pure ancorandoli a dati oggettivi e incontrovertibili quali l’infruttuoso esperimento di procedure esecutive che, a loro volta, presuppongono l’avvenuto esercizio dell’azione civile per la tutela giudiziaria del credito. Si fa in particolare riferimento all’art. 26 del DPR 633/1972 vigente pro tempore, per cui se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile – ad esempio, in conseguenza di dichiarazioni di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione o simili, ovvero a seguito di procedure concorsuali o esecutive infruttuose – il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione, ai sensi dell’art. 19 del medesimo decreto, l’imposta corrispondente alla variazione. Viceversa il ricorrente non ha mai dedotto, neanche nei giudizi di merito, di aver azionato i propri crediti, nemmeno con le procedure monitorie. Posto che l’imposta evasa rilevante ai sensi del DLgs. 74/2000 è rappresentata dalla differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, in questo caso – secondo i giudici di legittimità – va tenuto conto per il calcolo dell’imposta anche delle fatture emesse nei confronti dei clienti inadempienti: pertanto, il ricorso alle false fatturazioni diviene indice dell’intenzione di non pagare il dovuto. A ciò si aggiunga il principio enunciato dalla Corte per cui il dolo di evasione non necessariamente esaurisce lo scopo dell’azione criminosa, né necessariamente si deve identificare con esso, essendo necessario e sufficiente che si ponga anche solo in consapevole rapporto strumentale rispetto ad altri scopi (cfr. Cass. 12719/2008). Queste finalità ulteriori potranno avere rilevanza come eventuali “moventi” ma non concorrono a tipizzare la fattispecie e ad individuare il bene giuridico leso. / 11 ancora PROFESSIONI Oggi a Roma l’Assemblea dei Segretari degli Ordini territoriali Nel corso della riunione verranno presentati anche i due nuovi regolamenti in materia di disciplina e formazione professionale / Savino GALLO Dalle novità in materia di “best practices” amministrative agli adempimenti in tema di anticorruzione e fatturazione elettronica, passando per i due nuovi regolamenti su formazione e funzione disciplinare e la convenzione quadro sul tirocinio. Sono questi gli argomenti che verranno affrontati nel corso dell’Assemblea dei Segretari dei 144 Ordini territoriali dei commercialisti, in programma questa mattina (ore 10), presso il Grand Hotel Plaza di Roma (Via del Corso, 126). A fare gli onori di casa il Segretario nazionale del CNDCEC, Achille Coppola, chiamato ad illustrare, assieme ai Consiglieri nazionali delegati per materia, le diverse attività portate avanti dal Consiglio nazionale in questi mesi. Attività che si muovono su una sorta di doppio binario. Da un lato, infatti, la “tante minacce” subite dalla professione, costretta tra “l’eccesso di offerta” e la “mancanza di tutela legislativa”, impongono di “promuovere delle azioni che portino ad un cambio di pelle degli studi professionali”. Dall’altro, la riforma della Pubblica Amministrazione e la normativa anticorruzione hanno prodotto la necessità di “ripensare la struttura organizzativa”, non solo a livello centrale. Un percorso tutto basato sul coinvolgimento diretto delle articolazioni territoriali, all’insegna di quel “fare sistema” che, da tempo, rappresenta una sorta di mantra dell’ex Presidente dell’Ordine di Napoli: “Di fronte alla crisi d’identità che stanno vivendo non solo le professioni, ma anche gli Ordini – spiega Coppola – la nostra prima risposta doveva essere provare a fare sistema. Penso, ad esempio, al lavoro delle Commissioni di studio: la cosa più semplice è che quelle nazionali si coordinino con le tante Commissioni presenti a livello territoriale, formando una rete delle conoscenze ed evitando di procedere in ordine sparso. Stesso discorso per la formazione: il Consiglio nazionale dovrebbe solo veicolare e promuovere, ma, in realtà, si è trovato spesso a fare formazione, sovrapponendosi agli Ordini territoriali”. Il “sistema” prevede un ruolo attivo anche delle Casse di previdenza di categoria, con cui ci sono già stati i primi colloqui. Con il loro aiuto, si potranno “promuovere quelle attività finalizzate a cambiare gli studi professionali, soprattutto / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 attraverso l’integrazione dell’offerta di servizi”. L’obiettivo, dunque, rimane l’implementazione della “rete del valore”, a cui si è cominciato a lavorare pur nella consapevolezza che “nessuno ha la bacchetta magica e che il mandato di questo Consiglio sarà breve”. Durerà abbastanza, però, per “provare a gettare le basi del cambiamento strutturale”, che, a livello organizzativo, passa anche dall’adozione dei nuovi regolamenti in materia di disciplina e formazione professionale: “È importante – spiega il Segretario nazionale – che i Consigli di disciplina funzionino a dovere, perché è l’unico modo per dimostrare che noi, a differenza di altri, abbiamo delle regole e le facciamo rispettare. Oggi l’illecito disciplinare si è ampliato e il nuovo regolamento va a risolvere questioni rilevanti come la sospensione collegata a provvedimenti cautelari e il mancato rispetto degli obblighi formativi. Su quest’ultimo aspetto, i numeri (di coloro che non sono i regola con i crediti, ndr) sono considerevoli, quindi è stata fatta anche una valutazione circa la necessità di ampliare l’offerta formativa, anche tramite e-learning”. Il nuovo regolamento sulla formazione professionale, “discusso e condiviso” con le rappresentanze degli Ordini territoriali, crea, inoltre, una “netta separazione” tra aggiornamento e formazione, facendo chiarezza sul “ruolo, particolarmente rilevante, delle scuole di specializzazione”. In più, vengono “modificate le procedure di accreditamento”, introducendo dei criteri a cui ci si dovrà attenere per poter essere iscritti al nascituro “albo degli enti autorizzati a fare formazione”. Insomma, cambiamenti significativi, che verranno tutti illustrati nella giornata di oggi. Ci vorrà qualche settimana in più, invece, per la sottoscrizione della convenzione con le Camere di Commercio per la verifica delle incompatibilità di carica. Con tale intesa, “gli Ordini che si fanno autocertificare dagli iscritti l’assenza di cause di incompatibilità possono rivolgersi gratuitamente alle Camere di Commercio e verificare, a campione, la sussistenza dei requisiti”. La firma dell’accordo dovrebbe arrivare per metà aprile. / 12 ancora FISCO Dal 2015 detrazione IMU per coltivatori diretti e IAP Pubblicata in Gazzetta la L. 34/2015, di conversione del DL 4/2015, che introduce l’agevolazione per i terreni agricoli, siti in determinati Comuni / Arianna ZENI Sul Supplemento Ordinario n. 15 della Gazzetta Ufficiale n. 70 di ieri, è stata pubblicata la L. 24 marzo 2015 n. 34, di conversione del DL n. 4/2015, che entra in vigore oggi. Il comma 1-bis dell’art. 1 del DL, inserito in sede di conversione, prevede che, a decorrere dall’anno 2015, per i terreni agricoli ubicati nei Comuni di cui all’allegato 0A del DL convertito e posseduti e condotti dai coltivatori diretti (CD) e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) di cui all’art. 1 del DLgs. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola, si detraggono 200 euro dall’imposta dovuta ai sensi dell’art. 13 comma 8-bis del DL n. 201/2011 (conv. L. n. 214/2011), fino a concorrenza del suo ammontare. Della nuova disposizione, pertanto, si dovrà tenere conto in sede di versamento della prima o unica rata (nel caso in cui si decida di versare l’imposta complessivamente dovuta in un’unica rata annuale) dell’IMU per l’anno 2015 da pagare entro il 16 giugno 2015. L’allegato 0A in questione riporta un elenco di Comuni ai quali è attribuita la qualifica “T” o “PD” (parzialmente delimitato). Nell’ipotesi in cui nell’allegato 0A, in corrispondenza dell’indicazione del Comune, sia riportata l’annotazione “parzialmente delimitato” (PD), la “detrazione spetta unicamente per le zone del territorio comunale individuate ai sensi della C.M. 14.6.93 n. 9” (cfr. la nota IFEL 6 marzo 2015 e la Scheda di lettura della Camera del 2 marzo 2015). L’annotazione di Comune parzialmente delimitato “PD” era stata attribuita dalla C.M. 14 giugno 1993 n. 9. Con tale sigla l’esenzione (allora da ICI, oggi da IMU) opera limitatamente ad una parte del territorio comunale. Come precisato dalla C.M. n. 9/93, per l’esatta individuazione delle zone agevolate occorre rivolgersi agli uffici locali competenti. Come evidenziato dall’IFEL nella nota del 6 marzo 2015, il nuovo comma 1-bis dell’art. 1 del DL n. 4/2015 convertito si riferisce ai terreni (definiti “collina svantaggiata”) che si trovano in quei Comuni che erano in precedenza esenti, in quanto inclusi nella C.M. n. 9/93 e che, nella classificazione riportata dall’ISTAT, sarebbero totalmente assoggettati all’IMU in quanto né montani, né parzialmente montani. Nel caso in cui, nell’allegato 0A del DL n. 4/2015 convertito, al Comune sia attribuita la sigla “T”, la detrazione di 200 euro compete per tutti i terreni agricoli che sono posseduti e condotti dai coltivatori diretti (CD) e dagli impren- / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 ditori agricoli professionali (IAP) di cui all’art. 1 del DLgs. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola. La detrazione di 200 euro, inoltre, si applica ai terreni: - posseduti e condotti dai coltivatori diretti (CD) e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) di cui all’art. 1 del DLgs. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola; - posseduti dai coltivatori diretti (CD) e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) di cui all’art. 1 del DLgs. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola, che sono concessi in comodato o in affitto ad altri coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del DLgs. n. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola. La disposizione è contenuta nell’art. 1 comma 2 del DL n. 4/2015 così come modificato in sede di conversione. Con riferimento al citato comma 2, nella versione precedente alla conversione (si ricorda che il comma stabiliva che “L’esenzione si applica anche ai terreni di cui al comma 1 lettera b), nel caso di concessione degli stessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola.“), poteva sorgere il dubbio se l’agevolazione potesse essere invocata anche nel caso in cui i terreni agricoli (nei Comuni ”P”) fossero concessi in affitto o in comodato ai predetti IAP e CD, a prescindere dalla qualifica soggettiva del possessore. In altre parole, se l’esenzione valesse anche nel caso in cui il possessore fosse un soggetto diverso da CD o IAP. Il Ministero dell’Economia e delle finanze, con la ris. 3 febbraio 2015 n. 2/DF, aveva fornito un’interpretazione restrittiva della disposizione. Nello specifico, il Dipartimento delle Finanze ha ritenuto che “in base al combinato disposto di cui alla lett. b) e al comma 2 dell’art. 1”, per poter beneficiare dell’esenzione dall’IMU il soggetto che concede i terreni in affitto o in comodato a coltivatori diretti (CD) o imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti alla previdenza agricola, debba essere anch’egli un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo professionale, iscritto alla previdenza agricola. Con le modifiche apportate in sede di conversione, tuttavia, la norma contenuta nel comma 2 è stata riformulata e non sembra possa dare adito ad altre interpretazioni rispetto a quella sopra descritta dalla ris. n. 2/DF. / 13 ancora FISCO Dichiarazione IMU valida anche per la TASI Lo ha ribadito il Ministero dell’Economia nella ris. n. 3/DF, data l’identità di informazioni richieste ai fini dei due tributi in questione / REDAZIONE Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la risoluzione n. 3/DF di ieri, 25 marzo 2015, ha ribadito che il modello di dichiarazione IMU vale anche ai fini del tributo per i servizi indivisibili (TASI). Sull’argomento il Ministero si era già espresso rispondendo alle FAQ n. 20 e 21 del 3 giugno 2014. Nello specifico, con riferimento alle agevolazioni IMU e TASI previste per gli alloggi sociali e per quelle previste per gli immobili posseduti da soggetti appartementi alle Forze armate, alle Forze di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed al personale appartenente alla carriera prefettizia, vista la sostanziale identità di informazioni richieste ai fini del controllo dell’esatto adempimento relativo ai tributi in questione (IMU e TASI appunto), era stato affermato che “La dichiarazione IMU vale anche ai fini TASI”. La precisazione fornita dalla ris. n. 3/DF si è resa necessaria in quanto diversi Comuni hanno emanato un apposito modello di dichiarazione relativo alla TASI valido nel solo territorio comunale. Tale operato costringerebbe i contribuenti a doversi informare presso ciascun Comune circa l’adozione di eventuali modelli di dichiarazione TASI e, in caso positivo, ad adattare le proprie procedure in relazione alle varie modalità di compilazione richieste nei diversi modelli. Si pensi alle complicazioni se tale procedura venisse considerata corretta, anche per lo stesso professionista, nel caso in cui il contribuente possieda diversi immobili siti in più Comuni; sarebbe impossibile predisporre una procedura e un software unici per assolvere gli obblighi dichiarativi. Fortunatamente il MEF ha scongiurato tale situazione e, in seguito a una ricostruzione normativa, ha precisato che il modello di dichiarazione TASI deve essere unico e valido / EUTEKNEINFO / GIOVEDÌ, 26 MARZO 2015 su tutto il territorio nazionale. Né nella disciplina generale della IUC, Né in quella della TASI, contenute nell’art. 1 commi da 639 e seguenti della L. 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014), è presente una norma (che peraltro sarebbe in contrasto con i principi di semplificazione amministrativa degli adempimenti dei contribuenti già osservati per l’IMU), che consente ai Comuni di predisporre autonomamente modelli di dichiarazione concernenti la TASI. Modello TASI unico e valido su tutto il territorio nazionale Ai sensi del comma 685 dell’art. 1 della L. n. 147/2013, il quale dispone che la dichiarazione deve essere redatta “su modello messo a disposizione del comune”, al Comune è demandato il solo onere di mettere a disposizione dei contribuenti il modello, ma non anche di predisporlo. Il MEF, in aggiunta, ricorda che il successivo comma 687 stabilisce espressamente che “ai fini della dichiarazione relativa alla TASI si applicano le disposizioni concernenti la presentazione della dichiarazione dell’IMU”. A questo proposito, viene ricordato che l’art. 13 comma 12ter del DL n. 201/2011 (conv. L. n. 214/2011) prevede che la dichiarazione IMU deve essere presentata “utilizzando il modello approvato con il decreto di cui all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23” il quale, a sua volta, stabilisce che “con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, sono approvati i modelli della dichiarazione...”. / 14 ancora FISCO Da maggio, importazione temporanea dei mezzi di trasporto con nuove regole La Commissione europea ha previsto alcune restrizioni per i mezzi destinati a essere utilizzati da persone fisiche residenti nel territorio dell’Unione / Vincenzo CRISTIANO L’Agenzia delle Dogane, con nota prot. 31094 dell’11 marzo 2015, ha annunciato che il Regolamento di esecuzione (UE) della Commissione 13 febbraio 2015 n. 234 ha modificato l’art. 561, paragrafo 2 del Reg. CEE 2454/93, avente ad oggetto l’importazione temporanea dei mezzi di trasporto destinati ad essere utilizzati da persone fisiche residenti nel territorio dell’Unione. La modifica si inquadra in un contesto teso ad evitare abusi nell’applicazione di tale norma, specificando in maniera più marcata le ipotesi in cui è possibile applicare la disposizione. In questi ultimi anni, infatti, non è infrequente riconoscere il fenomeno del contrabbando di veicoli con targa extracomunitaria circolanti all’intero del territorio doganale comunitario, la cui disciplina – in verità – è contenuta in parte nel DPR 23 gennaio 1973 n. 43 (cosiddetto “TULD”), in parte nel Regolamento (CEE) n. 2454/1993 e, in parte, nella Convenzione di New York del 4 giugno 1954, approvata e resa esecutiva in Italia con la L. 1163/1957. A partire dal 1° maggio 2015, la possibilità di importare temporaneamente nel territorio doganale dell’Unione mezzi di trasporto destinati a essere usati da persone fisiche in detto territorio sarà sottoposta a nuove condizioni. La Commissione europea, adottando il Regolamento (UE) n. 2015/234, ha, difatti, previsto al paragrafo 2 dell’art. 561 alcune restrizioni, stabilendo che un soggetto residente nel territorio dell’Unione può utilizzare un mezzo di trasporto che gli è stato messo a disposizione per motivi commerciali o privati da parte del datore di lavoro residente al di fuori dell’Unione. La nuova norma chiarisce che il datore di lavoro può essere proprietario, locatario o affittuario del mezzo di trasporto dato in utilizzo al dipendente e, inoltre, che quest’ultimo può utilizzare il mezzo di trasporto a fini privati esclusivamente per effettuare il tragitto tra il luogo di lavoro e la propria residenza oppure per svolgere l’attività professionale prevista dal contratto di lavoro stesso. Mezzi messi a disposizione da datori di lavoro residenti al di fuori dell’Ue In pratica, gli Uffici della dogana competente, al rilascio dell’autorizzazione al regime di ammissione temporanea, dovranno richiedere la presentazione di copia del contratto di lavoro in cui è previsto l’utilizzo privato del mezzo di tra- sporto. Le Autorità doganali, chiarisce la Commissione, perciò possono richiedere la presentazione del contratto. Sul tema giova ricordare che per quanto concerne i mezzi di trasporto stradale, ai sensi dell’art. 555 del regolamento n. 2454/1993, occorre distinguere fra: - mezzi ad uso commerciale, usati per il trasporto di persone a titolo oneroso o per il trasporto industriale o commerciale di merci, in quest’ultimo caso sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito; - mezzi ad uso privato, utilizzati per un qualsiasi uso diverso da quello commerciale. Per quanto concerne i mezzi di trasporto stradale ad uso commerciale con targa extra Ue, l’esenzione dal pagamento dei diritti di confine (e dunque la libera circolazione) è prevista a condizione che sussistano contemporaneamente tutte le seguenti condizioni. In primis, il mezzo deve essere immatricolato in uno Stato Ue a nome di una persona stabilita fuori del territorio doganale (in caso di persona fisica, si avrà riguardo al luogo di residenza). Inoltre, il mezzo deve essere utilizzato: - per un trasporto che inizia o termina fuori del territorio doganale comunitario essendo ammesso, in via eccezionale, l’uso per il traffico interno allorché le disposizioni vigenti per il settore dei trasporti relative, segnatamente, alle condizioni di accesso e di esecuzione dei medesimi lo prevedano expressis verbis (cfr. art. 558 paragrafo 1 lett. d) del regolamento n. 2454/1993); - ovvero, da parte di una persona fisica stabilita nel territorio doganale comunitario e alle dipendenze del proprietario del mezzo di trasporto stesso, a patto che l’utilizzo privato sia previsto dal contratto di lavoro e avvenga secondo le istruzioni emesse dal titolare dell’immatricolazione stessa (cfr. art. 561 paragrafo 2 del regolamento 2454/1993). Proprio per evitare fenomeni di abuso della norma, il regolamento in commento introduce le novità esposte che, a dire il vero, se da un lato si prefiggono di contrastare casi in odore di frode, dall’altro lato ben cautelano la posizione di quegli operatori che, ancor prima del documento comunitario, grazie alla collaborazione degli Uffici della dogana, avevano “contrattualizzato” la circolazione degli automezzi nel rispetto della ratio espressa dall’art. 561 del regolamento 2454/1993. Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2015 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO
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