41.1 Capitolo 41 Esame del liquor A.R. MASSARO e D. DE PASCALIS Istituto di Neurologia, Università del Sacro Cuore, Roma - Organizzazione ELPIS, Roma INTRODUZIONE Sono passati un po’ più di cento anni da quando Heinrich Irenäus Quincke (Fig. 41-1) eseguì le prime punture lombari nell’ospedale di Kiel14. Da allora tale pratica è stata uno dei capisaldi per la diagnostica neurologica, sino all’avvento delle moderne tecniche di imaging, che hanno in alcuni casi reso meno fondamentale il suo ruolo. Essa continua comunque a fornirci una serie di informazioni delle quali anche oggi non possiamo fare a meno nell’attività clinica. La puntura lombare viene eseguita soprattutto per l’esame del liquido cefalo-rachidiano (liquor, LCR), ed è una pratica sicura e relativamente facile, mentre la puntura cisternale e la puntura subaracnoidea cervicale, per quanto sicure se eseguite da mani esperte, sono troppo rischiose per essere affidate a chi non ha sufficiente esperienza e manualità. Oltre che per scopi diagnostici la puntura lombare viene anche eseguita per la somministrazione endorachide di anestetici, di antibiotici, di steroidi, di farmaci antiblastici, oppure per il monitoraggio della pressione liquorale, come nel test di infusione di Katzmann. ESECUZIONE DELLA PUNTURA LOMBARE Prima di procedere alla puntura lombare è necessario procurare un campo sterile ed eseguire la disinfezione dei tegumenti. L’uso di guanti sterili è del tutto necessario; raramente si usa un anestetico locale intracute o sottocute, molto più comune invece, e abbastanza soddisfacente per il paziente, è l’uso di un anestetico refrigerante, quale il cloruro di etile. Per la puntura il paziente viene posto in posizione seduta sul bordo del letto, con i piedi che poggiano su un piccolo sgabello, col tronco curvo in avanti e con entrambi gli arti superiori che abbracciano un cuscino abbastanza grande. Su di esso egli potrà appoggiare il capo curvo in avanti. È opportuno che un assistente ponendosi in piedi di fronte al paziente gli sorregga entrambe le spalle, al fine di dargli maggiore tranquillità ed evitare movimenti o scatti inopportuni durante la manovra. Ove il paziente fosse agitato o in apprensione sarà bene somministrargli delle gocce di un ansiolitico a rapido effetto e, ove la pressione arteriosa fosse troppo bassa, sarà opportuno farla aumentare preventivamente mediante somministrazione di liquidi e/o di farmaci idonei. Alcuni neurologi preferiscono il decubito laterale, sul fianco sinistro se il medico è destrimane. In tal caso si fa assumere al paziente una posizione curva e gli si chiede di avvicinare per quanto possibile il capo alle ginocchia. Lo spazio interspinoso L3-L4, nel quale va introdotto l’ago, va ricercato tracciando una linea orizzontale che unisca le sommità delle due creste iliache, linea che passa per l’apofisi spinosa di L4 (Fig. 41-2). Il pollice è uno strumento abbastanza sensibile per percepire, palpando attraverso i tegumenti, le due apofisi spinose anzidette; può essere utile fare uso di una matita dermografica per indicare a lato della colonna lo spazio tra queste due apofisi. Nonostante che lo spazio L3L4 sia quello più agevole per effettuare la puntura, talora può essere conveniente servir- 41.2 Trattato italiano di neurologia Fig. 41-1. Heinrich Irenäus Quincke (1842-1922). Descrisse per la prima volta le metodica di esecuzione della puntura lombare nel 1891. si dello spazio immediatamente soprastante o sottostante. Nei neonati o nei bambini il midollo spinale può raggiungere lo spazio L3L4, pertanto è prudente pungere negli spazi inferiori. In alcuni casi la puntura senza fuoriuscita di liquor, dovuta al malposizionamento dell’ago, alla bassa pressione del liquor o alla sua viscosità in relazione al calibro dell’ago, può simulare una obliterazione della spazio subaracnoideo da lesione compressiva o da aracnoidite cronica: una semplice rotazione dell’ago sul suo asse o minime mosse di estrazione o introduzione dello stesso possono risolvere il problema. Una “scossa” nel territorio del nervo sciatico durante la procedura sta ad indicare che l’ago ha urtato una radice ad esso pertinente: per quanto sgradevole, essa non ha alcuna conseguenza nociva. Occasionalmente si può ricorrere a una delicata aspirazione con una siringa, per vincere la resistenza del liquor nei casi in cui esso sia molto ricco di proteine e particolarmente viscoso. Gli aghi di piccolo calibro (ni 22 o 24), che dovrebbero essere anche quelli più “indolori” e quelli che, secondo alcuni, pongono minor rischio di cefalea post-puntura17, sono quelli che maggiormente possono ostacolare il flusso del liquor in caso di viscosità, e sono anche quelli che, in mani di operatori di non lunga esperienza, rendono l’esecuzione della puntura più indaginosa; in questo caso un ago n. 20 probabilmente è più maneggevole. È bene che l’affilatura della punta dell’ago venga tenuta in posizione verticale, al fine di “tagliare” il meno possibile le fibre meningee che decorrono anch’esse in direzione verticale. Comunemente viene suggerito di effettuare la puntura in sede mediana, penetrando sagittalmente nei tegumenti e poi inclinando l’ago verso l’alto di circa 25 gradi, per assecondare la configurazione ossea; una puntura in sede paramediana (1-1,5 cm dalla linea mediana) offre però il vantaggio di non dover perforare il ligamento interspinoso, rendendo l’atto meno traumatico per il paziente e più facile per l’esecutore. In questo caso tutto va effettuato come già detto, salvo che l’ago va subito inclinato sul piano orizzontale in direzione della linea mediana. In caso di rotazione delle vertebre per fatti scoliotici, il lato da preferire è quello opposto al lato verso il quale sono ruotate le apofisi spinose. In questo caso l’inclinazione in direzione della linea mediana può non essere necessaria. AVVERTENZE E COMPLICANZE L’esecuzione della puntura lombare non comporta particolari rischi, salvo nei casi nei quali vi è una sindrome da ipertensione endocranica (vedi Cap. 114). In questi casi essa può provocare una erniazione cerebrale, e pertanto la puntura va eseguita solo se essenziale ai fini diagnostici e dopo esecuzione di idonei esami di TAC o RMN cerebrale. La complicanza più comune è la cefalea, causata da una riduzione della pressione liquorale e dalla tensione a cui vengono sottoposti i vasi cerebrali e durali nel momento in cui il paziente assume la stazione eretta. Tale cefalea può persistere anche per qualche settimana, risultando di solito resistente ai trattamenti e abbastanza disagevole per il paziente. Non vi è accordo sul fatto se il mantenere prolungatamente una posizione sdraiata dopo la puntura prevenga o meno la sua insorgenza4,7: ad ogni buon conto Esame del liquor Cono terminale Cauda equina Apofisi spinosa di L3 Apofisi spinosa di L4 Fig. 41-2. Topografia ossea lombare ed estensione del cono e della cauda, al fine di evidenziare i reciproci rapporti. 41.3 essa certamente ne ritarda la comparsa e, una volta insorta, ne attenua i sintomi. I provvedimenti più frequentemente consigliati sono: idratazione mediante soluzioni saline e.v., uso di farmaci ergotaminici, teofillinici, e dei comuni antidolorifici. La complicanza meningitica, estremamente rara, è legata a rachicentesi effettuata in condizioni di non perfetta sterilità. Il sanguinamento negli spazi liquorali può verificarsi nei pazienti con coagulopatia o in trattamento con anticoagulanti (con PTT > 13,5 o INR > 1,2) o che presentano una piastrinopenia (< 50.000/mm3), oppure in casi nei quali la funzione piastrinica sia deficitaria (etilismo, uremia, etc.). PROVE MANOMETRICHE Se il caso lo richiede, estratto il mandrino dall’ago e collegato lo stesso al manometro, si misura la pressione iniziale, si effettua quindi il prelievo del campione nella quantità necessaria (minima, se vi è il rischio di incuneamento) e al termine si misura la pressione finale. I valori normali della pressione liquorale iniziale sono, per la posizione seduta, da 15 a 80 mm di acqua nel neonato, da 40 a 80 nel bambino oltre i sei anni e di 400 mm di acqua nell’adulto. Per la posizione in decubito laterale si ha un valore di normalità per l’adulto compreso tra 94 e 200 mm di acqua, pari a circa 8-15 mm di mercurio; nel bambino l’ambito di normalità è di 30-60 mm di acqua. Affidabile è il manometro a colonna, sulla cui scala graduata si leggono i millimetri del livello al quale il liquor è risalito dopo connessione con l’ago, ma va bene anche un aneroide che sia stato preventivamente tarato. Sono disponibili confezioni “a colonna” monouso. In situazioni particolari, per mettere in evidenza la presenza di blocco a livello degli spazi subaracnoidei spinali, si monitorizzano le variazioni di pressione causate dalla manovra di Valsalva (si dice al paziente di fare un colpo di tosse o di spingere l’addome come per andare di corpo) e dalla compressione delle vene giugulari (manovra di Queckenstedt-Stookey), sempre prima che venga effettuato il prelievo liquorale e solo quando non vi è il rischio di erniazione. La prima di queste manovre provoca una inibizione del normale flusso venoso sia di provenienza cranica 41.4 Trattato italiano di neurologia che di provenienza dalle vene spinali che drenano il midollo, ne consegue un aumento della pressione venosa nei rispettivi compartimenti che a sua volta si ripercuote in un contemporaneo aumento della pressione liquorale sia a livello cranico che a livello spinale. La seconda manovra provoca ipertensione venosa, e quindi liquorale, solo in conseguenza dell’ostacolo al normale deflusso venoso dal compartimento cranico. Tali aumenti, a speco vertebrale libero, vengono percepiti dal manometro in brevissimo tempo e cessano alcuni secondi dopo la cessazione delle manovre. In assenza di patologia, si verifica una rapida salita della pressione nell’ordine di 100-200 mm di acqua. Esclusi gli artefatti da malposizionamento dell’ago, l’aumento in seguito a compressione addominale e non in seguito a compressione delle vene giugulari fa pensare ad un blocco del circolo liquorale a livello spinale. Infatti, una occlusione a livello del canale midollare impedisce la trasmissione a livello spinale dell’incremento pressorio intracranico, ma rimane ancora possibile rilevare l’aumento pressorio intracanalare dovuto ad aumentata pressione a livello dei plessi venosi locali. La mancata risalita della pressione per compressione giugulare di un solo lato potrebbe essere indice di una trombosi del seno laterale. Questi test, particolarmente utili nel passato, sono ora meno utilizzati con l’avvento delle tecniche di imaging. DATI LIQUORALI Determinata la manometria, si prelevano i campioni occorrenti. Si osserva l’aspetto macroscopico del liquor e si inviano campioni in laboratorio per alcuni dei seguenti esami: (1) esame citologico e microbiologico; (2) valutazione del pH, del contenuto in proteine, albumina, IgG, glucosio, elettroliti, eventuali pigmenti, enzimi, marker specifici neurologici (MBP, S-100, γγ-enolasi, etc.), marker tumorali; (3) citologia; (4) elettroforesi proteica, immunoelettroforesi, focalizzazione isoelettrica, per la determinazione delle γ-globuline e di altre frazioni proteiche o di bande oligoclonali; (5) colture batteriologiche, test sierologici, reazione a catena della polimerasi (PCR) per l’identificazione di micobatteri, del DNA de- gli herpes virus e del cytomegalovirus, sierologia virale e isolamento di virus. INDAGINE ISPETTIVA Il liquor normale è limpido e incolore come acqua di roccia. Lievi alterazioni del colore possono essere apprezzate confrontando provette contenenti liquor e acqua su uno sfondo bianco (preferibilmente utilizzando una fonte di luce naturale piuttosto che l’illuminazione artificiale), oppure osservando le provette dall’alto verso il basso. L’aumento del contenuto cellulare (pleocitosi) conferisce al liquor un aspetto lievemente opalescente; centrifugando il liquor, o lasciandolo riposare, si ottiene la sedimentazione della parte corpuscolata, che può essere costituita da leucociti e/o da emazie. Affinché l’opalescenza divenga evidente occorrono almeno 200 globuli bianchi o 400 globuli rossi per mm3, mentre una concentrazione di globuli rossi da 1000 in su dà al liquor un colore dal rosato al rosso. Un liquor ematico può essere dovuto a emorragia subaracnoidea (ESA), ma può anche originare dalla puntura occasionale di un vaso durante la manovra per il prelievo; per discriminare tra le due possibilità si prelevano due o tre campioni seriati di liquor. Nel caso di puntura traumatica di un vaso si osserva una chiarificazione progressiva del colore nella seconda e nella terza provetta, e la tempestiva centrifugazione dei campioni darà luogo a un soprannatante limpido. Nell’ESA i globuli rossi penetrati negli spazi liquorali vanno incontro ad emolisi entro poche ore, dando una colorazione rosata del liquor e, quindi, del soprannatante dopo centrifugazione o sedimentazione, cosa che differenzia chiaramente l’ESA dall’altro evento. Col passare del tempo dopo il sanguinamento si assiste alla degradazione dell’emoglobina fuoriuscita negli spazi liquorali. Essa darà luogo a differenti pigmenti (ossiemoglobina, metaemoglobina e bilirubina), che daranno al campione un colore differente a seconda del momento del prelievo (dal rosato al rosatogiallastro al giallastro-scuro). La bilirubina infatti inizia a comparire dopo 12 ore e raggiunge il culmine dopo 2-3 giorni dal sanguinamento, in parallelo con la diminuzione dell’ossiemoglobina, in conseguenza di fenomeni degradativi che avvengono solo in vivo e in que- Esame del liquor ste condizioni. Un campione liquorale reso artificialmente ematico in provetta non dà luogo, nonostante col tempo vada incontro a degradazione, alla comparsa di bilirubina. Se vi è stato un solo sanguinamento che non si è protratto nel tempo, è possibile rintracciare la bilirubina nel liquor nell’arco di 2-3 settimane, a seconda dell’entità del sanguinamento stesso. Motivo di xantocromia liquorale (xantòs = giallo) può essere anche l’ittero grave e un aumento delle proteine liquorali (> 150-200 mg/dl). Vedi anche pag. 103.10. La presenza di globuli rossi negli spazi liquorali dà luogo a dei fenomeni caratteristici le cui cause sono in parte non ancora ben definite: — Essi vanno incontro a rapida emolisi quale non sarebbe da attendersi nella condizione di osmolarità del liquor, non sostanzialmente diversa da quella del sangue. Forse la membrana dei globuli rossi risente del basso contenuto proteico liquorale o delle sue differenze qualitative rispetto al sangue. — I globuli rossi nel liquor sono oggetto di fagocitosi in conseguenza di fattori che in gran parte ci sfuggono. — Le emazie emolizzate hanno un effetto irritativo sulle leptomeningi, causando un significativo aumento delle proteine liquorali. PROTEINE Il contenuto proteico liquorale ripete in qualche modo il quadro ematico, salvo il fatto che le molecole più grandi, quali lipoproteine, IgM, fibrinogeno, riescono a passare con difficoltà la barriera emato-encefalica (BEE). Le prealbumine, per motivi non ancora chiari, sono rappresentate in maniera peculiarmente elevata, ma anche la β2-globulina (transferrina) ha valori significativamente alti rispetto al sangue. Negli adulti il contenuto proteico liquorale a livello lombare, dosato col metodo turbidimetrico, è compreso tra i 30 e i 40 mg/100 ml, quindi con un rapporto di circa 1 a 200 rispetto al siero. A livello cefalico la proteinorrachia è sensibilmente più bassa. Nel neonato i valori normali vanno da 30 a 120 mg/dl, per poi scendere rapidamente a livelli più bassi col maturare della BEE; nel bambino la concentrazione proteica è leggermente inferiore rispetto all’adulto (< 20 mg/dl a livello 41.5 lombare). Livelli di proteine totali superiori alla norma suggeriscono in prima istanza la presenza di una patologia coinvolgente la BEE, come nei processi infettivo-infiammatori che sono la causa più frequente di iperproteinorrachia. Essi provocano soprattutto un’alterazione della BEE, ma spesso anche una iperproduzione locale di immunoglobuline. La BEE può essere alterata anche a causa di un tumore o di un accidente ischemico vascolare; come pure nell’ESA, dove alla quota di proteine ematiche giunte nel liquor in seguito all’emorragia, si aggiunge il trasudamento legato all’attività irritativa che l’emoglobina ha a livello leptomeningeo. Un blocco a livello degli spazi subaracnoidei spinali altera il normale flusso liquorale e provoca una iperproteinorrachia a valle del blocco, che talora è così marcata da configurare la cosiddetta sindrome di Froin, con liquor giallognolo-scuro che coagula prontamente. Più raramente la iperproteinorrachia può essere un riflesso a livello liquorale di iperconcentrazione ematica di una determinata proteina (p.e. nel mieloma multiplo), oppure essere dovuta ad una iperproduzione a livello intratecale, come ad esempio le IgG nella sclerosi multipla o nella panencefalite sclerosante subacuta. L’albumina è il principale costituente del LCR in termini quantitativi e il suo dosaggio può sostituire utilmente il dosaggio delle proteine totali, essendo questi due parametri liquorali strettamente correlati (Fig. 41-3). Di conseguenza essa mostra valori elevati, come già si è detto per le proteine totali, in caso di blocco del normale flusso liquorale a livello spinale, nei processi meningo-encefalomielitici o radicolitici, e in qualsiasi caso si abbia una alterazione della BEE. L’albumina è totalmente di provenienza ematica e non subisce catabolismo a livello del SNC. Queste caratteristiche, associate al peso molecolare relativamente basso, ne fanno l’elemento proteico ideale per la valutazione dell’integrità della BEE, attraverso la quale essa passa in gran parte seguendo il gradiente di concentrazione sangueliquor5. Il “quoziente albuminico” (albumina liquorale : albumina sierica x 1.000) è infatti un indice abbastanza accurato, anche se non sensibilissimo, dell’alterazione della BEE8. Anche il dosaggio dell’α2-macroglobulina liquorale ha riscosso qualche successo nella valutazione della integrità della BEE15. 41.6 Trattato italiano di neurologia Fig. 41-3. Retta di regressione che evidenzia la stretta relazione esistente tra contenuto proteico e contenuto albuminico del LCR. Questi dati sono stati ottenuti col dosaggio, su 250 campioni differenti, di proteine (metodo turbidimetrico) e albumine (immunodiffusione radiale). Materiale originale di A.R.M., non precedentemente pubblicato. Le IgG rivestono un particolare rilievo. Esse sono normalmente presenti nel LCR, in gran parte per passaggio fisiologico dal compartimento ematico6,10. Di conseguenza, in patologie quali il mieloma multiplo, il mixedema, la sarcoidosi, ed altre, che si associano ad un aumento delle IgG ematiche, si ha di riflesso un aumento delle stesse anche nel liquor. In particolari circostanze, esse possono essere prodotte localmente e l’ “indice di produzione locale” di IgG (IgG liquorali : IgG sieriche / quoziente albuminico) ci dice quanto di esse proviene esclusivamente dall’ambito del SNC in seguito ad attivazione di selezionati cloni plasmacellulari ivi residenti. La formula anzidetta viene comunemente denominata in Italia come formula di Link o indice di Link9. Essa infatti, anche se ideata da Delpech e Lichtblau3, fu successivamente perfezionata e clinicamente validata dallo svedese Hans Link. Nel corso degli ultimi anni sono state elaborate anche altre formule, probabilmente più accurate, per valutare questa produzione locale (si citano: la formula di Tourtellotte, quella di Reiber e quella di Schuller) ma la prima da noi indicata è quella che più comunemente viene usata, anche per merito della sua semplicità. I valori normali di riferimento per albumina, IgG, quoziente albuminico e indice di produzione locale sono elencati nella Tabella 41-1. Si tenga presente che essi risentono significativamente del fatto che la BEE diviene relativamente più permeabile con l’avanzare dell’età16. La formula anzidetta per il calcolo dell’“indice di produzione locale” può essere applicata anche alle IgA e alle IgM, ma finora, in relazione a queste altre immunoglobuline, essa è stata utilizzata soprattutto nella ricerca1,11. Anche la focalizzazione isoelettrica del LCR, con immunofissazione specifica per le IgG, è un mezzo eccellente per mettere in evidenza una produzione locale delle IgG: esse assumono in questo caso il caratteristico aspetto “oligoclonale”2. Il termine “oligoclonale” (analogo è il termine “di ristretta etereogeneità”) significa che la loro area di migrazione sul tracciato non è, come nel normale, una banda omogenea (quadro detto “policlonale”) ma presenta più bande, di più piccole dimensioni, riferentesi a IgG prodotte nel SNC da selezionati cloni plasmacellulari in esso residenti (Fig. 41-4). Questo quadro oligoclonale è caratteristico di molte malattie infettive e parassitarie del SNC, soprattutto croniche, nelle quali può accompagnarsi anche ad un’alterazione della BEE con conseguente aggiuntivo passaggio di IgG dal circolo ematico. Per questi motivi è essenziale che alla corsa elettroforetica del campione liquorale venga sempre associata in contiguità quella del campione ematico opportunamente diluito. In questo modo sarà possibile valutare agevolmente concordanze e differenze. A seconda delle varie patologie possono essere individuati i seguenti quadri (Fig. 41-5): (1) Quadro normale; (2) Bande oligoclonali presenti solo sul liquor (= produzione locale); (3) Bande Esame del liquor 41.7 Tab. 41-1. Valori normali di albumina e IgG liquorali, e dei vari rapporti reciproci, in relazione all’età, secondo G. Tibbling e coll.16. Nei casi pratici tuttavia si faccia riferimento ai valori normali riportati dal proprio laboratorio, che tengono conto delle metodiche e degli standard effettivamente utilizzati. Tabella tratta dalla referenza bibliografica n. 11. Gruppi di età (in anni) 17- 30 31-40 41-50 51-60 Albumina sierica 4150-4950 4140-4800 4200-4740 4190-4650 Albumina liquorale 12,4-21,6 12,9-22,9 14,7-26,1 16,2-31,8 2,7-4,7 2,9-5,1 3,3-5,9 3,8-7,2 IgG sieriche 900-1220 900-1300 990-1330 930-1270 IgG liquorali 1,3-2,2 1,4-2,8 1,6-3,2 1,8-3,6 Quoziente IgG 1,2-2,2 1,4-2,4 1,4-2,8 1,8-3,2 IgG/albumina% 8-14 10-14 10-14 9-14 0,38-0,52 0,41-0,53 0,41-0,51 0,40-0,52 Quoziente albuminico IgG index oligoclonali presenti sul siero e sul liquor, ma con altre aggiuntive presenti solo sul liquor (= produzione locale in aggiunta a fattori patologici sistemici); (4) Bande oligoclonali presenti sul siero e sul liquor (= non evidenza di sintesi locale, che tuttavia non può essere esclusa sulla base di questo solo dato); (5) Bande monoclonali su siero e liquor (= non evidenza di sintesi locale). I quadri 4 e 5 vengono anche chiamati “quadri speculari” (mirror pattern), in quanto i relativi tracciati gammaglobulinici, osservati in contiguità, sembrano identici. Il quadro 2 soprattutto, ma anche il 3, sono caratteristici della sclerosi multipla, nella quale la produzione locale è presente nell’84-95% dei casi, a seconda dei vari studi, ed il passaggio di IgG dal circolo ematico per rottura della BEE è di regola quantitativamente insignificante2. La presenza di bande oligoclonali, comunque, non è mai patognomonica di questa o di altre malattie ma serve solo da orientamento o da conferma diagnostica. Altre proteine che hanno rilievo nella diagnostica liquorale sono i marker (o, meglio, marcatori o indici) che vengono dosati nel LCR per porre in evidenza fenomeni patologici specifici12,13. Ad esempio la proteina basica della mielina (MBP) per evidenziare la demielinizzazione, o la γγ-enolasi (o enolasi neurono-specifica) per evidenziare il danno neuronale, o la proteina S-100 come indice di reattività astrocitaria. Tutte queste proteine poi possono anche essere usate come marcatrici aspecifiche di danno parenchimale, come la crea- tin-chinasi (CK-BB), che viene riscontrata nel liquor dopo un ictus o un trauma. L’uso dei marcatori tuttavia non ha riscosso un unanime successo nella pratica clinica, in parte perché il prelievo di liquor viene emotivamente vissuto, anche dai medici, come un fatto traumatico, in parte perché le metodiche analitiche sono relativamente complesse e posiero > > > liquor Fig. 41-4. Tracciato di focalizzazione isoelettrica di liquor di paziente affetto da SM. Il campione di siero (diluito) è stato fatto correre accanto. È evidente come in quest’ultimo non siano presenti le bande oligoclonali segnalate dalle frecce sul tracciato liquorale. Ambito di pH: 3,5-9, catodo in basso. 41.8 Trattato italiano di neurologia Fig. 41-5. Schematizzazione diagrammatica dei vari quadri di focalizzazione isoelettrica che possono essere evidenziati a livello di IgG liquorali. Tracciati differenti per liquor e siero di uno stesso paziente indicano una produzione locale di IgG. Oltre all’aspetto morfologico del tracciato (posto in basso per ciascun campione), viene mostrata anche il diagramma della lettura densitometrica di ciascuna striscia. Il n°1 mostra il quadro normale; il n°2 è il quadro tipico della sclerosi multipla e della panencefalite sclerosante subacuta; il n°3 può essere trovato sia nella sclerosi multipla che in altre malattie infiammatorie del SNC con coinvolgimento anche sistemico — p.e. nella sarcoidosi o nella borreliosi —; il n°4 è caratteristico di patologie quali la sindrome di Guillain-Barré; il n°5 è riscontrato nel mieloma multiplo o nelle gammopatie monoclonali. L’ambito di focalizzazione è tra pH 6 e pH 9, col catodo posto a destra. La lettura densitometrica viene mostrata solo per ragioni di chiarezza didattica, ma non è affatto essenziale ai fini della lettura e della refertazione. Schema tratto dalla referenza bibliografica n. 2, modificato. co diffuse, in parte perché la RMN può dare alcune delle informazioni (ma non tutte) che ci si potrebbe attendere da tali marcatori. È nostra convinzione tuttavia che essi siano sottoutilizzati e che meritino un maggiore interesse da parte dei neurologi, non solo per fini di ricerca13. Interessanti sono anche le proteine marcatrici di particolari tumori, quali, in alcuni carcinomi, la ferritina e il CEA (antigene carcino-embrionario), la β-2-macroglobulina nei linfomi, la lattico-deidrogenasi (LDH) nella carcinomatosi meningea, insieme al CEA. Gli isoenzimi 4 e 5 della lattico-deidrogenasi tutta- via aumentano anche nelle meningiti batteriche (ma non in quelle asettiche o virali), derivando verosimilmente in questo caso dai granulociti. GLUCOSIO La concentrazione liquorale del glucosio, strettamente correlata con la glicemia, varia da 45 a 90 mg per dl ed è pari quindi a circa due terzi di quella ematica, con un rapporto liquor/sangue di circa 0,6: valori inferiori a 0,5 Esame del liquor sono da considerare con molta attenzione, sotto 0,4 pongono il fondato sospetto e sotto 0,23 pongono come molto probabile l’ipotesi di menigite batterica. Il glucosio liquorale, affinché sia significativo ai fini delle nostre valutazioni cliniche, deve sempre essere confrontato con la glicemia effettuata su campione prelevato contemporaneamente al liquor, con paziente a digiuno; questo perché vi è un significativo ritardo nei tempi nei quali le variazioni della glicemia si ripercuotono successivamnte sui livelli di glicorrachia. Una meningite tubercolare o luetica, ma anche da piogeni o da funghi, si accompagna ad ipoglicorrachia (< 40 mg/dl), ed è spesso associata pleocitosi. La glicorrachia può essere ridotta nelle meningiti da infestazione parassitaria, quali l’amebiasi, la cisticercosi, la trichiniasi, ma anche nei soggetti con diffusione meningea di neoplasie; nella malaria del SNC non si ha ipoglicorrachia. Ipoglicorrachia viene talora riscontrata nella prima settimana dall’emorragia subaracnoidea, nella sarcoidosi e, più di rado, in alcune forme virali quali quelle da virus parotitico o da virus herpetici. Nelle forme virali tuttavia il livello di glucosio liquorale è usualmente normale. Durante il periodo di miglioramento delle meningiti batteriche il glucosio tende verso la normalizzazione più velocemente che le proteine e le cellule liquorali, esso è pertanto un importante parametro nel monitorare la risposta al trattamento. Nelle meningiti batteriche si osserva spesso un aumento dell’acido lattico liquorale con valori patologici che variano da > 2,2 a > 4 mmol/l, oppure > 1,6 mEq/l, a seconda degli Autori. Questa ampia variazione del parametro di normalità potrebbe spiegare perché alcuni considerano la determinazione dell’acido lattico poco specifico per le meningiti batteriche (solo il 31% di specificità). Quanto all’origine di questo lattato, si ritiene che esso derivi dal glucosio che va incontro a glicolisi anaerobia ad opera dei granulociti, abbondanti nelle meningiti purulente. Questa spiegazione, insieme con quella che chiama in causa un malfunzionamento del meccanismo del trasporto del glucosio attraverso la BEE dovuto all’infezione, sono più verosimili rispetto all’altra che imputa questo fenomeno al consumo da parte dei batteri, in quanto quest’ultima ipotesi non spiegherebbe il fatto che il glucosio persiste a livelli sotto la norma per 1-2 setti- 41.9 mane dopo l’inizio del trattamento specifico, quando i batteri dovrebbero in gran parte essere già debellati. La determinazione dell’acido lattico liquorale tuttavia, pur essendo molto sensibile, ha dimostrato, come si è detto, bassa specificità. SOLUTI LIQUORALI L’osmolalità liquorale ripete quella ematica ed è di circa 0,29 Osmol/l. Le variazioni dell’osmolalità ematica si ripercuotono dopo ore a livello del SNC, e quindi del liquor; ne consegue che l’introduzione endovenosa di soluzioni ipertoniche (urea, mannitolo) richiama liquidi dal tessuto cerebrale e dal compartimento liquorale, espletando così una funzione antiedema per un periodo sufficientemente prolungato. Anche sodio e bicarbonato hanno la stessa concentrazione media che nel sangue. Più bassi sono potassio (2,8 mEq/l) e calcio (2,1 mEq/l), mentre più elevati sono magnesio (2,3 mEq/l), cloruri (120 mEq/l) e lattato (1,6 mEq/l). In generale, le malattie neurologiche non alterano la concentrazione liquorale dei soluti in modo caratteristico, tranne la bassa concentrazione dei cloruri che si verifica nelle meningiti batteriche, in particolare quella tubercolare, e le variazioni patologiche delle concentrazioni dell’acido lattico, di cui si è già parlato. Nell’encefalopatia epatica si ha un aumento dell’ammonio liquorale in proporzione diretta al suo incremento a livello sistemico. Esso, che di norma è circa un terzo di quello ematico, è tossico per il tessuto cerebrale e pertanto nel SNC viene coniugato con l’acido α-chetoglutarico per dar luogo alla glutamina, che aumenta anch’essa nel liquor nella grave insufficienza epatica. I livelli di entrambi sono correlati con la gravità dell’encefalopatia e del conseguente coma. L’ammonio liquorale aumenta anche nella sindrome di Reye. La concentrazione totale degli aminoacidi è circa 1/3 di quella ematica. Nelle aminoacidurie si assiste ad un aumento liquorale dei singoli aminoacidi. L’acido urico liquorale è circa il 5% di quello ematico, dalle cui variazioni è dipendente, come ad esempio nella gotta, nell’uremia, nelle meningiti. Nella morbo di Wilson i suoi livelli sono più bassi del normale. La concentrazione liquorale di urea, un po’ più bassa di 41.10 Trattato italiano di neurologia quella ematica, è comunque in equilibrio con i livelli di quest’ultima, nell’uremia pertanto anche i livelli liquorali sono aumentati. Il pH liquorale è circa 7,31, più basso di quello del sangue arterioso che è di 7,41, mentre la pCO2 è un po’ più alta ed i bicarbonati sono alla pari con i livelli ematici. La valutazione dell’equilibrio acido-base del liquor, pur interessante, ha scarso rilievo clinico. Esso ha una sua stabilità molto ben regolata e riflette poco i possibili squilibri a livello sistemico. CITOLOGIA E TEST MICROBIOLOGICI Normalmente sono presenti 0-5 cellule per mm3 rappresentate in genere da linfociti. Un aumento dei leucociti è sempre indice di un processo infiammatorio o reattivo alla presenza di agenti infettivi o infestanti, di sangue, di sostanze chimiche, di tumori e di qualunque altra cosa possa rendere la BEE permeabile al passaggio dei leucociti. Le emazie non sono normalmente presenti nel liquor, pertanto un’aumento dei leucociti in presenza di emazie deve far pensare innanzitutto alla possibilità di una contaminazione ematica del campione in conseguenza delle procedure per il prelievo. Per l’ESA vedi pagine precedenti ed anche pag. 103.10. Nel bambino fino a due mesi di vita possono essere normalmente presenti fini a 15 cellule per mm3. Particolare interesse può avere l’esame morfologico del sedimento per la identificazione degli elementi della serie bianca (ipercitosi liquorale) o rossa (emorragia subaracnoidea), per la ricerca di batteri, di parassiti o di elementi neoplastici. Nel sospetto di una meningite batterica è routinario l’allestimento di uno striscio liquorale colorato col metodo di Gram. Esso non è sufficiente se si sospetta una forma tubercolare, nel qual caso è indicata la colorazione di Ziehl-Nielsen e l’effettuazione di esami colturali specifici, con i noti tempi lunghi per ottenerne l’esito. Esami colturali vanno comunque allestiti in tutti quei casi nei quali il semplice striscio non ha dato esito soddisfacente. È prudente, nelle forme la cui natura non si riesce ad evidenziare con facilità o nelle forme croniche, allestire anche colture per i miceti. Di regola l’allestimento di colture per i virus dà risultati frustranti, ciò non di meno esse debbono essere richieste quando si sospetti una patologia di questo genere. SIEROLOGIA E VIROLOGIA Tutti i test sierologici effettuabili a livello ematico possono essere effettuati anche a livello liquorale, quelli più comunemente richiesti riguardano lue e borreliosi, nonché quelli per virus neurotropi o herpetici. In quest’ultimo caso, non è frequente trovare test sierologici significativamente positivi, ed ancor meno frequente è trovare una positività alle IgM specifiche; prelievi e test, comunque, andrebbero sempre ripetuti, anche sul sangue, a distanza di dieci giorni o più, al fine di valutare l’andamento del titolo anticorpale. L’uso dei test sierologici per le malattie virali acute è in effetti limitata dal fatto che esse diventano positive solo a distanza di tempo; il loro uso ha tuttavia egualmente rilievo in relazione ad utilizzo diagnostico per ottenere una conferma a posteriori. L’uso della PCR per evidenziare il DNA virale nel caso di sospette infezioni acute, in particolare da virus herpetici e da cytomegalovirus, si va sempre più estendendo, nonostante alcuni limiti tecnici che possono condurre occasionalmente a risultati falsamente positivi. Ha il notevole vantaggio di funzionare nella prima settimana di infezione, quando il DNA antigenico è abbondante e le immunoglobuline non sono ancora positivizzate. Successivamente le tecniche sierologiche diventano più rilevanti e sensibili. Nota: Per tutti i valori normali riportati in questo capitolo si tenga presente che essi possono sensibilmente variare in relazione al metodo analitico utilizzato, essi pertanto hanno solo valore orientativo e vanno di volta in volta confrontati con quelli del laboratorio di propria afferenza. BIBLIOGRAFIA 1) ACIERNO G. E MASSARO A.R.: Neuroimmunological findings in Alzheimer’s disease. Arch. Psicol. Neurol. Psich. 44: 147-158, 1983. 2) ANDERSSON M. E COLL.: Cerebrospinal fluid in the diagnosis of multiple sclerosis: a consensus report. J. Neurol. Neurosurg. Psychiatry 57: 897-902, 1994. 3) DELPECH B., LICHTBLAU E.: Étude quantitative des immunoglobulines G et de l’albumine du liquide céphalo-rachidien. Clin. Chim. 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