7. Altruismo e fitness complessiva
Per comportamento altruistico si intende ogni atto che aumenta la probabilità di
sopravvivenza dell’individuo che lo riceve a scapito di quella di chi lo compie.
• L’altruismo tende ad aumentare la fitness di altri individui della
popolazione
• Il comportamento altruistico può ridurre la fitness individuale a
vantaggio di quella del beneficiario
• Se il beneficiario è un parente il vantaggio è a favore della
parentela e indirettamente anche dell’individuo altruista
diminuzione fitness
individuale
a vantaggio della fitness
complessiva
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Prima di procedere, ci serve una definizione. Un'entità, come un babbuino, si dice altruista
se si comporta in modo tale da migliorare le condizioni di vita di un'altra entità simile a
spese di se stessa. Il comportamento egoistico ha esattamente l'effetto opposto. «Condizioni
di vita» è definito come «probabilità di sopravvivenza», anche se l'effetto sulle vere
prospettive di vita e di morte è così piccolo da sembrare trascurabile. Una delle sorprendenti
conseguenze della versione moderna della teoria di Darwin è che influenze apparentemente
minuscole ed irrilevanti sulla probabilità di sopravvivenza possono avere un enorme
impatto sull'evoluzione. Questo a causa dell'enorme quantità di tempo disponibile, che fa sì
che anche delle influenze minuscole acquistino peso notevole.
È molto complicato dimostrare gli effetti del comportamento sulle prospettive di
sopravvivenza a lungo termine. Nella pratica, quando applichiamo la definizione al
comportamento reale, dobbiamo qualificarla con la parola «apparentemente». Un atto
apparentemente altruistico è un atto che, superficialmente, sembra aumentare (anche di
pochissimo) le probabilità che l'altruista muoia, e che il beneficiario sopravviva. Spesso,
guardando da vicino, si scopre che alcuni atti di apparente altruismo sono in realtà atti di
egoismo dissimulati. Ancora una volta, non voglio dire che gli scopi soggiacenti siano
segretamente egoistici, ma che l'effetto reale dell'azione sulle prospettive di sopravvivenza
sono il contrario di ciò che in origine si pensava.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Vorrei dare ora qualche esempio di comportamento apparentemente egoistico e apparentemente
altruistico. Prima alcuni esempi di comportamento egoista in singoli animali.
I gabbiani dalla testa nera nidificano
in grandi colonie, con i nidi separati
soltanto di pochi metri l'uno
dall'altro. Quando i piccoli escono
fuori dall'uovo sono indifesi, piccoli, e
facili da ingoiare. È molto comune
che un gabbiano aspetti fino a che un
gabbiano vicino volta le spalle, forse
perché si è allontanato per pescare, e
poi si sporga verso il nido del vicino
ed ingoi uno dei suoi piccoli tutto
intero.
In questo modo ottiene un buon pasto nutriente, senza doversi prendere la briga di
allontanarsi per pescare un pesce, e senza dover lasciare il proprio nido privo di
protezione.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Più noto è il macabro cannibalismo nella mantide religiosa femmina. Le mantidi sono grandi insetti
carnivori. Normalmente mangiano insetti più piccoli come le mosche, ma attaccano quasi qualunque
cosa che si muova. Quando si accoppiano, il maschio striscia cautamente sulla femmina, la monta e
avviene la copulazione. Se la femmina ne ha la possibilità, mangia il partner, per prima cosa
strappandogli via la testa con un morso, o mentre il maschio si sta avvicinando, o immediatamente
dopo l'accoppiamento, o dopo che si sono separati. Potrebbe sembrare più logico per lei aspettare
fino alla fine della copulazione prima di cominciare a mangiarlo. Ma la perdita della testa non sembra
impedire al resto del corpo del maschio di continuare l'atto sessuale. Anzi, visto che la testa
dell'insetto è la sede di alcuni centri nervosi inibitori, è possibile che la femmina aumenti la
performance sessuale del maschio mangiandogli la testa. Se è così, questo è un beneficio aggiuntivo.
Quello primario è che ottiene un buon pasto.
cannibalismo,
evolutiva.
Il
una
strategia
Apparentemente dannosa, la predazione
intraspecifica consente in realtà di
adeguare la popolazione alle disponibilità
di
risorse
dell’ambiente
ed
è,
generalmente,
un
comportamento
geneticamente programmato, come è
stato dimostrato persino in organismi
complessi come i vertebrati.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
La parola «egoistico» potrebbe sembrare un po' sottotono per casi
estremi come il cannibalismo, sebbene questi si adattino molto bene
alla nostra definizione. Forse riusciremo a simpatizzare più facilmente
con il comportamento codardo dei pinguini imperatori dell'antartico.
Questi pinguini sono stati visti fermi in piedi ai bordi dell'acqua,
esitanti a tuffarsi, a causa del pericolo di essere mangiati dalle foche.
Se solo uno di essi si tuffasse, il resto di loro saprebbe se c'è una
foca o no. Naturalmente nessuno vuole fungere da capro espiatorio,
così attendono, e a volte cercano persino di spingersi l'un l'altro in
acqua.
Un comportamento egoistico più comune potrebbe consistere semplicemente nel
rifiutarsi di condividere qualche risorsa di valore come il cibo, il territorio, o il partner
sessuale.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Adesso vediamo qualche esempio di comportamento apparentemente altruistico.
L'abitudine delle api operaie di pungere è una
difesa molto efficace contro i ladri di miele.
Ma le api che effettuano la puntura sono in
realtà combattenti kamikaze. Nell'atto di
pungere, degli organi interni vitali vengono in
genere strappati via del corpo, e l'ape stessa
muore poco dopo. La sua missione suicida
potrebbe aver salvato le riserve vitali di cibo
della sua colonia, ma lei non vivrà per trarne
beneficio. Per la nostra definizione, questo è
un atto di comportamento altruistico.
Ricordate che non stiamo parlando di scopi
consapevoli. Questi possono esserci o non
esserci, sia qui che negli esempi egoistici, ma
sono irrilevanti nella nostra definizione.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Comportamento simile presentano
anche i suricati: alcuni individui,
all’interno di un gruppo, fungono da
«sentinelle».
Donare la propria vita per quella degli amici è ovviamente un atto
altruistico, ma lo è anche l'atto di assumersi un piccolo rischio per
essi. Molti piccoli uccelli, quando vedono un predatore volante come
un falco, emettono un caratteristico «richiamo d'allarme», in
conseguenza del quale l'intero stormo comincia un'appropriata azione
evasiva. C'è evidenza indiretta che l'uccello che dà l'allarme mette se
stesso in un pericolo speciale, perché attrae l'attenzione del predatore
particolarmente verso di sé. Questo è soltanto un piccolo rischio
aggiuntivo, ciononostante sembra, almeno a prima vista, qualificarsi
come atto altruistico secondo la nostra definizione.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Gli atti di altruismo animale più comuni e cospicui sono compiuti dai genitori, specialmente le madri,
verso i loro figli. Possono covarli, o nei nidi o nei loro stessi corpi, nutrirli con enormi costi per se stesse,
e correre grossi rischi per proteggerli dai predatori. Per fare soltanto un esempio, molti uccelli che
nidificano al suolo effettuano una cosiddetta «azione diversiva» quando si avvicina un predatore come
una volpe. L'uccello genitore si allontana dal nido zoppicando, facendo pendere un'ala come se fosse
rotta. Il predatore, intuendo una preda facile, è portato ad allontanarsi dal nido che contiene i piccoli.
Finalmente il genitore termina la sceneggiata e vola via in aria giusto in tempo per sfuggire alle fauci della
volpe. Probabilmente ha salvato la vita dei suoi piccoli, ma ha corso qualche rischio per se stessa.
Nei gruccioni gli individui di ambo i sessi, scapoli o nubili, si prodigano
all’allevamento della prole delle coppie sposate. Non solo, i genitori
rimasti senza figli per eventi di vario tipo si danno da fare ad allevare quelli
altrui. Collaborare per nutrire i piccoli significa soprattutto dar loro da
mangiare. Ma questi uccelli prediligono insetti velenosi: api, vespe e
calabroni. Quindi occorre catturare, per esempio, una vespa in volo,
posarsi su un ramo e sbattere ripetutamente l’insetto contro il legno sino a
che non riescono a farne uscire il pungiglione con le annesse ghiandole del
veleno. Solo allora portano la preda ai piccoli o la mangiano loro stesi.
Merops apiaster
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Società matriarcali. Gli elefanti sono i più grandi mammiferi terrestri ed hanno una delle organizzazioni
sociali più avanzate. Essi vivono nella savana aperta dove i maschi e le femmine formano branchi separati.
Il raggruppamento più importante è l'unità familiare femminile, un branco costituito da 10-20 femmine e
da tutti i loro figlioli. Il branco è guidato da una potente matriarca che è in generale la femmina più
anziana, più grande e più forte, perché gli elefanti continuano a crescere anche dopo la maturità. A causa
della sua età, le femmine adulte che circondano la matriarca comprendono non solo le sue figlie ma anche
le sue nipoti, e si può supporre che i legami femmina-femmina durino ben 50 anni.
La matriarca riunisce le altre femmine e le guida da un luogo a un altro. Quando si trova di fronte a un
pericolo essa assume la posizione di avanguardia, si mette invece alla retroguardia durante le ritirate.
Infine, la matriarca è eccezionalmente altruista. E’ pronta a esporsi al pericolo mentre protegge il suo
branco ed è l'individuo più coraggioso quando il gruppo si aduna nella caratteristica formazione circolare
di difesa. Quando la matriarca invecchia e si indebolisce una femmina più giovane prende gradualmente il
suo posto.
Il grado di cooperazione e altruismo presentato all'interno del gruppo familiare
è straordinario. I piccoli di entrambi i sessi ricevono lo stesso trattamento e a
ciascuno è consentito di poppare da qualunque madre che allatti nel gruppo.
Le femmine adolescenti svolgono il ruolo di «zie», impedendo ai piccoli di
correre in avanti e svegliandoli con lievi colpetti quando sonnecchiano. Se un
giovane maschio viene atterrato con una freccia o con una pallottola, le
femmine adulte si precipitano in aiuto dell'animale e tentano di rimetterlo in
piedi. Infatti, a causa della sua grande mole, un elefante atterrato anche se
leggermente ferito soffocherebbe sotto il proprio peso o si surriscalderebbe
sotto i raggi del sole.
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
In specie monogame promiscue a rigida struttura gerarchica,
spesso soltanto la coppia dominante ha il diritto di riprodursi,
sicché gli individui subordinati, detti helper, non avendo figli
propri, aiutano la coppia dominante ad allevare la prole.
Sciacalli
Altruisti per forza.
Ma queste sono femmine fertili che in casi eccezionali possono anche proliferare. Diverso è invece
il caso degli eterocefali, i più strani mammiferi del mondo, tra i quali vi sono individui sterili che si
comportano da altruisti non per vocazione, ma per forza.
Le colonie sono formate da 70-80 individui che vivono in un complesso sistema di gallerie a 15–
50 cm di profondità e si estendono per 70 metri a partire dalla stanza centrale.
Colonia di
eterocefali
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruisti e egoisti
Altruisti per forza.
Gli operai della colonia, che sono gli esemplari più piccoli, si
dispongono in gruppi con compiti diversi; c'è chi scava nuovi tunnel,
chi cerca il cibo, chi accudisce i piccoli, ecc. I soldati, più grossi,
restano nella tana finché non sono chiamati a difendere la colonia.
Gli eterocefali glabri risalgono in superficie solo per migrare in una
nuova colonia. Le regine vivono 13 - 18 anni e sono estremamente
ostili ad altre femmine che tentano di accoppiarsi. Le regine, inoltre,
perlustrano il territorio della colonia, provocando i compagni pigri e i
membri con cui hanno parentela meno forte. La regina è l'eterocefalo
glabro più grosso della colonia ed è caratterizzata dalla presenza di
una decina di mammelle sempre sviluppate. Nel periodo di estro, la
regina può accoppiarsi anche con tre maschi ed è recettiva ogni due,
tre mesi, già durante la fase di allattamento. Le figliate, abitualmente
cinque in un anno, possono raggiungere una media di 14 piccoli.
Quando la regina muore, un'altra femmina prende il suo posto, a
volte dopo una lotta violenta con le altre aspiranti regine. Questo
comportamento è analogo a quelli degli insetti sociali (soprattutto le
termiti), ragion per cui alcuni biologi (fra cui Richard Dawkins) li
considerano analoghi a questi strani animali.
7. Altruismo e fitness complessiva
Evoluzione del comportamento
Quali sono le spiegazioni biologiche dell’altruismo?
La maggior parte delle specie di gabbiani segnala la rappacificazione dopo la lotta girando
nettamente il capo dalla parte opposta del contendente. Questa parata facilmente identificabile è
chiamata «sbandieramento del capo». I giovani dei gabbiani non possiedono questo tipo di
segnalazione: se sono minacciati, corrono a ripararsi. Tuttavia, una specie (Rissa trydactila) ha
dimostrato di essere un'eccezione alla regola: i piccoli di questo gabbiano tridattilo, che costruisce
i nidi sulle scogliere a strapiombo, esibiscono quel comportamento quando sono intimoriti e tale
anomalia è il risultato dell'interazione tra modelli di comportamento innato e forze ambientali.
Diversamente da altre specie di gabbiani che vivono sulle spiagge, il gabbiano tridattilo vive su
strette sporgenze di scogli a precipizio in cui non vi è rifugio dove i piccoli possano correre a
ripararsi, se sono minacciati. Pertanto questa specie ha reagito alle pressioni ambientali
anticipando I'elaborazione di un comportamento motorio standard, tipico dei gabbiani adulti (V.
diapositiva successiva).
Questa spiegazione riflette un importante mutamento nell'interpretazione del comportamento
animale. Un tempo si pensava che questo consistesse di risposte semplici, alcune innate e altre
apprese, a stimoli provenienti dall'esterno. Il comportamento complesso, se pure veniva preso in
considerazione, era considerato come il risultato di stimoli complessi.
Successivamente, invece, un gruppo di etologi - in particolare Konrad Z. Lorenz, Nikolaas
Tinbergen e Karl von Frisch - ha stabilito un nuovo modo di considerare il comportamento
animale, dimostrando che il cervello animale possiede determinate competenze specifiche e che
gli animali hanno una capacità innata di eseguire atti complessi in risposta a stimoli semplici.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Evoluzione del comportamento
Il differenziamento in modelli di comportamento innati è il risultato di
pressioni selettive che insorgono nell'ambiente. Per esempio, i
gabbiani adulti segnalano la rappacificazione dopo la lotta con una
parata standard di «sbandieramento del capo», che viene nettamente
girato in direzione opposta all'avversario (a sinistra). La maggior parte
dei giovani gabbiani non fa uso di questo comportamento; in caso di
minaccia essi corrono a ripararsi da qualche parte. I piccoli della specie
gabbiano tridattilo, che costruisce i nidi su sporgenze rocciose, fanno
uso invece di questa parata proprio quando vengono minacciati (in
basso).
Inversamente da altre specie di gabbiani, che
vivono sulle spiagge, il gabbiano tridattilo
nidifica sugli scogli, su strette sporgenze a
strapiombo, dove non esiste alcun riparo in cui i
piccoli possano fuggire correndo. Il precoce
sviluppo di quel tipo di comportamento noto
come «sbandieramento del capo» contribuisce
alla sopravvivenza della specie. Pertanto la
selezione naturale favorisce I'evoluzione di
questo comportamento anomalo del gabbiano
tridattilo.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Evoluzione del comportamento
La scoperta che certi modelli di comportamento sono ereditari è stata un importante contributo allo
studio dell'evoluzione. Le risposte determinate geneticamente devono essere soggette alle pressioni
della selezione naturale e, pertanto, il comportamento innato può e si deve evolvere. Gli etologi sono
stati in grado di mostrare come un comportamento motorio, impiegato in un contesto di non
comunicazione, per esempio nella alimentazione, poteva evolvere in una forma ritualizzata usata come
segnale, per esempio nel corteggiamento (V. presentazione 2 – capitolo 5: L’evoluzione dei segnali: la
ritualizzazione). Si poteva così far risalire il differenziamento dei modelli di comportamento innato,
riscontrabili per esempio nel gabbiano tridattilo, a pressioni di selezione, originatesi nell'ambiente.
Fin dai tempi di Darwin, sono state usate le strutture morfologiche per identificare rapporti filogenetici.
Per esempio, la somiglianza tra il braccio di un uomo e l'ala di un pipistrello viene presa come prova
della loro origine comune. Lorenz ha sottolineato che anche nei modelli di comportamento le
somiglianze possono servire a ricostruire la storia evolutiva.
Tuttavia, non è chiaro come certi tipi di comportamento innato si siano evoluti attraverso la selezione
naturale. Nella sua forma moderna, I'interpretazione darwiniana dell'evoluzione asserisce che:
(1) I'evoluzione consiste di variazioni nella frequenza di comparsa di differenti geni nelle popolazioni
(2) la frequenza di comparsa di un particolare gene può aumentare solo se il gene fa aumentare
l'idoneità riproduttiva (in senso darwiniano) degli individui che lo possiedono (cioè il numero
atteso di discendenti di quegli individui, che sopravvivono).
Si conoscono molti casi di modelli comportamentali animali che non sembrano, però, contribuire alla
sopravvivenza degli individui che esibiscono quei comportamenti. L'esempio classico è il
comportamento dell'ape operaia: questo insetto pungerà un intruso e in conseguenza di questo fatto
potrà morire nel difendere I'alveare. Il problema è chiaro: come può affermarsi un gene che rende più
probabile il suicidio?
7. Altruismo e fitness complessiva
Tre sono i punti nodali per cercare di capire questo comportamento
•
•
•
•
L’evolversi di caste sterili tra gli insetti, così come Darwin aveva già ipotizzato, è il
risultato della selezione naturale non solo sui singoli individui, ma anche sulle famiglie
che spartiscono i caratteri ereditari. E’ così probabile che famiglie portatrici di
caratteristiche favorevoli lascino più discendenti di altre.
W.D. Hamilton ha elaborato le ipotesi di Darwin introducendo il concetto di pool
genico. Nella genetica di popolazioni la misura della fitness corrisponde a quanti alleli
del genotipo di un individuo sono presenti nella generazione successiva.
Se una madre corre dei rischi per i figli e questo comportamento viene
favorevolmente selezionato, allora aumenterà la frequenza di tali alleli nella sua
discendenza e in quelle successive (kin selection o selezione parentale), fino a
diventare il comportamento prevalente nella popolazione.
Fitness complessiva: il contributo genetico relativo che un individuo di una
popolazione fornisce alla generazione successiva, sia attraverso la propria
riproduzione sia attraverso l’assistenza offerta ai propri consanguinei, intesa a favorire
anche la riproduzione di questi ultimi.
Cerchiamo di chiarire questi concetti nelle pagine successive!
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Dal punto di vista darwiniano i fenomeni di altruismo sono stati per molto tempo di difficile
comprensione. Darwin stesso si domandò come mai, in quei casi, non tutti gli individui lottino
singolarmente per la sopravvivenza, e arrivò a considerare l’idea di una «evoluzione di gruppo», in cui i
soggetti avvantaggiati o meno nella lotta per l’esistenza fossero appunto i gruppi anziché i singoli
individui; ma lucidamente non ne fu soddisfatto, poiché ritenne che questa idea dell’evoluzione di
gruppo fosse oggettivamente debole, essendo i gruppi difficilmente interpretabili come unità
omogenee e ben distinte le une dalle altre.
Il primo a formulare un’ipotesi che offriva una possibile spiegazione del problema fu, nel 1964, il
biologo inglese William Donald Hamilton (Hamilton, 1964). Per comprenderne I'argomentazione, si
consideri il fatto che un genitore possa rischiare la propria vita per difendere la prole, per esempio
fingendosi ferito per distrarre un predatore. In questo modo, può aumentare la propria idoneità
riproduttiva. Pur essendo possibile che sia il genitore sia la prole vengano uccisi, è più probabile che sia
I'uno sia I'altra si salvino. In quest'ultimo caso, I'idoneità riproduttiva del genitore dopo I'atto altruistico
sarà maggiore di quanto lo sarebbe stata se avesse abbandonato la propria prole alla mercé del
predatore. I geni associati con I'atto altruistico (in questo caso la simulazione di una lesione) potranno
essere presenti anche nella prole, per cui la loro frequenza aumenterà. La selezione naturale favorisce
dunque I'altruismo parentale (o kin selection, o selezione parentale), cioè è attraverso questa forma di
altruismo che la caratteristica comportamentale del genitore si affermerà nelle generazioni future.
Hamilton si è reso conto che I'analisi dell'altruismo parentale poteva anche essere utilizzata per
spiegare atti che aumentano le probabilità di sopravvivenza di parenti che non siano i figli, per esempio
i fratelli o le sorelle, o perfino i cugini. Questa percezione fondamentale è stata la chiave che ha portato
alla comprensione di come si evolve un'ampia gamma di comportamenti animali.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Gli atti altruistici non sembrano contribuire alla sopravvivenza degli animali che li effettuano, ma la loro
evoluzione può essere compresa esaminando il rapporto genetico tra colui che esegue un atto e il
beneficiario di quell'atto.
Il rapporto genetico tra due individui qualsiasi si può esprimere con un coefficiente di relazione, che
viene definito come la frazione media di geni condivisi tra i due individui, o geni con una comune
discendenza, presenti in quegli individui.
L'illustrazione mostra due genitori, ciascuno con due
serie di quattro geni e due discendenti (quindi tutti
organismi diploidi): «Ego» e un fratello (o maschio, o
femmina). Le quattro paia di alleli (forme alternative
dello stesso gene) sono rappresentate in ogni individuo
da quattro forme diverse. Il colore dei geni nella
discendenza indica il modo in cui sono stati riassortiti gli
alleli parentali.
I due figli hanno ciascuno due serie di geni ereditari dei
genitori, una della madre e l'altra del padre, sicché in
media la probabilità che un gene presente nell'uno sia
anche presente nell'altro è pari a 1/2. Pertanto, il
coefficiente di relazione tra i due fratelli (o sorelle) 1/2
(50%).
TORNA
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
La teoria evoluzionistica moderna afferma che I'evoluzione consiste di mutamenti nella frequenza con
cui compaiono i vari geni in una popolazione e che la frequenza di un gene può aumentare solo se
esso fa aumentare I'idoneità riproduttiva, in senso darwiniano, dell'individuo che lo possiede, ossia il
numero atteso di discendenti che sopravvivono.
W. D. Hamilton ha mostrato che (con certe
approssimazioni) la frequenza di un gene, associato con
un atto altruistico, aumenterà a causa di quest'atto solo
se il coefficiente di relazione tra I'individuo che lo
compie e il beneficiario è superiore a C/B in cui C è il
costo dell'atto (nell'idoneità riproduttiva darwiniana) per
chi lo compie e B il beneficio (sempre nell'idoneità
riproduttiva darwiniana) per colui che ne approfitta.
Quindi, per seguire il ragionamento di Hamilton, se un
gene presente nell'individuo gli fa sacrificare la propria
vita per salvare la vita di più di due fratelli, il numero di
duplicati di quel gene presenti dopo il sacrificio diventa
maggiore del numero presente qualora il sacrificio non si
fosse compiuto. Quel sacrificio è dunque selettivamente
vantaggioso. (In questo caso il costo C è uguale a 1 e il
beneficio B è uguale a più di 2, per cui il coefficiente di
relazione 1/2 è più grande di C/B).
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Il lavoro di Hamilton prevede che il comportamento altruistico e quello cooperativo siano più frequenti
nelle interazioni tra individui legati da parentela (selezione parentale) che in quelle tra individui non
imparentati. Le osservazioni confermano con certezza questa previsione. In realtà, come Hamilton
stesso mette in evidenza, il massimo grado di cooperazione viene esibito da colonie di cellule
geneticamente identiche, come sono a esempio le cellule del corpo umano. È importante notare che
questi concetti si applicano a organismi incapaci di riconoscere i gradi di parentela. In specie che
vivono abitualmente in gruppi familiari, un gene che induce un individuo a comportarsi altruisticamente
verso i membri della sua comunità aumenterà di frequenza anche se gli individui che lo portano non
possono riconoscere i membri della propria famiglia. I segnali di allarme dati dagli uccelli e dai
mammiferi (come il coniglio che percuote il terreno con le zampe posteriori) esemplificano questo tipo
di comportamento altruistico.
Uno dei migliori esempi dello stesso tipo di altruismo è dato dal comportamento di una particella
genetica autoduplicantesi, simile a un virus, che vive da parassita nei batteri e che viene chiamata
plasmide. Quando è necessario, essa sintetizza una tossina che uccide il batterio ospite e
probabilmente anche se stessa. Appena I'ospite muore, la tossina viene riversata all'esterno, ma uccide
solo quei batteri vicini che non contengono plasmidi. Quelli dotati di plasmidi, infatti, restano indenni
perché ogni plasmide sintetizza, oltre alla tossina, una proteina che conferisce immunità e che lo
protegge contro la tossina prodotta da altri plasmidi. Quindi, uccidendo i batteri competitori, il gene
suicida che produce la tossina contribuisce alla sopravvivenza di quei batteri che contengono i suoi
duplicati genetici. Quest'interpretazione è sostenuta dal fatto che i plasmidi tendono a produrre la
tossina quando i batteri sono in una condizione di sovraffollamento e di competizione.
Un esempio simile si ha negli organismi pluricellulari con la apoptosi cellulare.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
La più inattesa dimostrazione della forza della teoria di Hamilton è stato I'uso che egli stesso ne ha fatto
per spiegare I'evoluzione degli insetti sociali. Questi insetti vivono con un ordinamento sociale
progredito, caratterizzato dalla cooperazione, dalla specializzazione in caste e da un altruismo
individuale. Insetti eusociali a pieno titolo (perché hanno tutte e tre le caratteristiche sociali sopra
menzionate) esibiscono una divisione del lavoro, che si riflette sulla riproduzione, con forme più o
meno sterili (le operaie), le quali lavorano nell'interesse di forme feconde (le regine). Con la sola
eccezione delle termiti, tutte le specie di insetti sociali completi appartengono all'ordine degli
imenotteri. Tra i vertebrati, l’unica specie che presenta un comportamento simile è quella
dell’Heterocephalus glaber. Ritornando agli imenotteri, quest’ordine include anche molte specie non
sociali e il fatto sorprendente (ma, forse, neanche tanto!) è che tra le api, le formiche e le vespe la
socialità ha avuto origine in un certo numero di occasioni separate. Hamilton è riuscito a far risalire
questa predisposizione a una particolare caratteristica del sistema genetico di questo ordine di
insetti.
formica
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Negli imenotteri, le femmine si sviluppano dalle uova fecondate e sono pertanto diploidi, cioè hanno
due assetti cromosomici. I maschi si sviluppano, invece, da uova non fecondate e sono pertanto
aploidi, cioè hanno un singolo assetto cromosomico. In una popolazione in cui ambedue i sessi siano
diploidi, il coefficiente di relazione, o la frazione media di geni con discendenza comune, tra una
madre e una figlia è uguale al coefficiente di relazione tra due qualsiasi fratelli o sorelle: in ambedue i
casi r è uguale a 1/2. Come risultato della aplodiploidia degli imenotteri, invece, una femmina ha più
geni in comune con le proprie sorelle che non con le proprie figlie.
Infatti, ogni femmina riceve metà dei suoi geni dal padre aploide e metà dalla madre diploide.
Pertanto le sorelle condividono tutti i geni che ricevono dal padre (dato che egli ha solo una serie di
cromosomi) e, in media, metà dei geni che ricevono dalla madre (dato che essa, ha invece, due assetti
cromosomici). Pertanto,
• l’eredità paterna è 1/2 del totale, quindi, per quanto riguarda tale ereditarietà il coefficiente di
relazione tra due sorelle è : (1/2) x (1) = 1/2 = 50%,
• l’eredità materna è 1/2 del totale, quindi, per quanto riguarda tale ereditarietà il coefficiente di
relazione tra due sorelle è : (1/2) x (1/2) = 1/4 = 25%,
• quindi il coefficiente di relazione tra le sorelle è (1/2) x (1) + (1/2) x (1/2) = 3/4 = 75%;
• mentre con una eventuale figlia il coefficiente di relazione sarebbe solo al 50%,
• e con un fratello solo al 25%.
continua
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Le specie di insetti socialmente progrediti sono caratterizzate
da cooperazione, da specializzazione in caste e da altruismo
individuale.
Con I'eccezione delle termiti,
queste specie appartengono
tutte
all'ordine
degli
imenotteri. Hamilton ha
analizzato l’evoluzione del
comportamento sociale in
questi animali, esaminando la
struttura genetica di tutto
l'ordine. Le femmine si
sviluppano
da
uova
fecondate e hanno due
assetti cromosomici, mentre i
maschi si sviluppano da uova
non fecondate e hanno un
solo assetto cromosomico.
Si consideri la femmina «Ego» in questa
illustrazione. Qualunque femmina riceve
due serie di geni (eventualmente riassortiti):
una dalla madre (con due assetti
cromosomici) e una dal padre (che ha un
solo assetto).
Pertanto il coefficiente di relazione (frazione media di geni con discendenza comune) tra la femmina Ego e una sorella è
(1/2) x (1/2) + (1/2) x (1), ossia 3/4 (75%), mentre il coefficiente di relazione tra la femmina Ego e una figlia è 1/2 (50%).
Ego ha quindi più geni in comune con la sorella che con la figlia. Se la madre continua a rifornire di cibo le uova nelle celle
dopo che Ego ha raggiunto la maturità (tutti gli insetti sociali esibiscono una sovrapposizione riproduttiva di questo tipo),
Ego farà del suo meglio per perpetuare i propri geni aiutando ad accudire quelle celle che contengono le sorelle invece che
le figlie. Insomma, la costituzione genetica degli imenotteri li predispone a evolvere un sistema sociale in cui le operaie
sterili si prendano cura delle sorelle.
7. Altruismo e fitness complessiva
Kin selection
Per afferrare il significato di queste cifre, si consideri una specie in cui una femmina costruisca per
ogni uovo una cella e poi I'approvvigioni e continui a deporre uova anche dopo che la sua prima figlia
abbia raggiunto la maturità. Tutti gli insetti sociali più evoluti mostrano una sovrapposizione di
questo tipo. I coefficienti di relazione indicano che, rimanendo uguali le altre condizioni, la figlia farà
del suo meglio per perpetuare i propri geni se, invece di allontanarsi e andare ad approvvigionare le
celle contenenti le proprie figlie, rimane con la madre ad approvvigionare le celle contenenti le sue
sorelle. Così, il corredo genetico degli imenotteri predispone gli individui a evolvere un sistema
sociale in cui le operaie sterili accudiscono le loro sorelle.
E per quanto riguarda i maschi, cosa è stato osservato?
Tenendo conto dei coefficienti di relazione tra madre e figli (r è uguale a 1/2 per i figli maschi e a 1/2
per le figlie femmine) e tra fratelli e sorelle (r è uguale a 1/4 per i fratelli e a 3/4 per le sorelle), si può
dimostrare che, se il rapporto tra i sessi, nei membri della colonia che si riproducono, è determinato
dai geni presenti nelle operaie, si avranno tre femmine per ogni maschio, mentre se esso è
determinato dai geni presenti nella regina, si avrà all'incirca una femmina per ogni maschio. L'analisi
dei dati ottenuti con le formiche da R. L. Trivers e H. Hare della Harvard University mostra, in effetti,
un eccessivo investimento in biomassa femminile, con un rapporto di circa 3 a 1. Si può dedurre
quindi che il rapporto tra i sessi nelle formiche è controllato dalle operaie, cioè dagli individui
sterili, più che dalla regina. Con questo rapporto tra i sessi alterato, le formiche operaie dovrebbero
prendersi cura delle sorelle e dei fratelli piuttosto che della loro prole, e in maggior misura delle
sorelle piuttosto che dei fratelli.
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruismo reciproco
Negli anni recenti, le idee di Hamilton sono state sempre più applicate allo studio della vita sociale
degli animali superiori, in particolare degli uccelli e dei mammiferi. Una di queste applicazioni interessa
le molte specie di primati che vivono in gruppi consistenti di parecchi maschi adulti, di parecchie
femmine adulte e dei loro piccoli. Appare sempre più manifesto che, in queste specie, i giovani di un
sesso, generalmente di quello maschile, abbandonino il loro gruppo quando raggiungono la maturità
sessuale e si uniscono a un altro gruppo per la riproduzione. Craig Packer dell'Università del Sussex ha
rilevato questo modello comportamentale in tre bande di paviani oliva, una specie di babbuini (Papio
anubis) nella Gombe National Reserve in Tanzania. Dei 41 passaggi da un gruppo all'altro, osservati in
un periodo di 6 anni, 39 interessavano maschi e tutti i maschi che raggiunsero la maturità in quel
periodo abbandonarono il loro gruppo natale.
Sembra che i giovani maschi abbiano questo comportamento perché le
femmine presenti nel gruppo si rifiutano di accoppiarsi con loro e
perché essi stessi sono attratti da femmine che non conoscono. Un
simile comportamento sembra essere selettivamente vantaggioso
perché un maschio e una femmina nati nello stesso gruppo sono
spesso parenti stretti e pertanto produrrebbero una prole inincrociata,
con una bassa idoneità riproduttiva. Per le finalità di questa
trattazione, però, I'aspetto più interessante di questo modello
comportamentale non sono le sue cause genetiche, ma i suoi effetti
genetici, cioè le sue conseguenze per i rapporti genetici all'interno del
gruppo.
Papio anubis
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruismo reciproco
Come risultato del passaggio dei maschi da un gruppo all'altro, le femmine di un gruppo di paviani
oliva saranno strettamente imparentate mentre i maschi adulti in età riproduttiva, in generale, non
avranno alcun grado di parentela. Nei gruppi di scimpanzé, in cui i maschi formano la base
permanente mentre le femmine si spostano, la situazione è capovolta. Secondo la tesi di Hamilton, ci
si può aspettare un'intensa cooperazione tra le femmine dei paviani e i maschi degli scimpanzé, ma
non viceversa. Questa previsione è stata confermata, ed è presente in altri mammiferi con
comportamenti simili, come, ad esempio, gli elefanti.
Malgrado la mancanza di un rapporto genetico nei maschi dei
paviani, essi esibiscono un tipo di comportamento cooperativo.
Quando due di essi si trovano in un certo tipo di contesa, uno può
ottenere I'appoggio di un terzo paviano. Il paviano che sollecita
I'aiuto lo fa con un segnale facilmente riconoscibile, muovendo la
testa ripetutamente in avanti e all'indietro tra il suo contendente e il
suo potenziale soccorritore.
Packer ha registrato 140 casi di comportamento di questo tipo: venti riguardavano un maschio, che
sollecitava I'aiuto di un altro maschio B per sottrarre una femmina in estro a un terzo maschio C, con il
quale essa si stava accoppiando. In sei di questi casi, il tentativo ebbe successo e ogni volta era il
maschio A che sollecitava I'aiuto per conquistare la femmina. Non sembra che I'idoneità riproduttiva
del maschio B venuto in soccorso sia stata incrementata da questo comportamento.
Allora la domanda ovvia è: che cosa ottiene B in cambio dei suoi servigi?
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruismo reciproco
La spiegazione più convincente dell’evoluzione di questo tipo di comportamento altruistico tra
individui non imparentati si trova nel concetto di altruismo reciproco, formulato da Trivers. Secondo
la sua ipotesi, il maschio B, aiutando il maschio A (senza incorrere in un grande rischio personale), ha la
sicurezza che, in una futura occasione, A lo aiuterà a sua volta. Pertanto il maschio B aumenta
verosimilmente in misura notevole la propria idoneità riproduttiva e aumenterà, con tutta probabilità,
anche la frequenza di quel gene che dà origine a questo tipo di comportamento altruistico.
Un problema che emerge da questa spiegazione è che non sembrano esservi difese contro I'inganno.
Che cosa impedisce al maschio A di accettare I'aiuto e dopo di rifiutarsi di ricambiarlo?
La risposta potrebbe essere che i modelli comportamentali dei paviani si sono evoluti in modo che
questi animali aiutano solo quegli individui che ricambieranno. In questo caso, I'inganno non
pagherebbe.
Naturalmente, una simile ipotesi presuppone che
(1) gli individui possano riconoscere altri individui,
(2) ricordare il loro comportamento passato e, infine,
(3) che abbiano un’aspettativa di vita sufficientemente lunga in modo da godere a loro volta del
favore.
Sembra, proprio, che i paviani posseggano queste capacità, e, i dati di Packer certamente danno un
appoggio a questa supposizione. Egli ha trovato che i paviani maschi, che rispondono con maggiore
frequenza alle sollecitazioni per un aiuto, lo hanno ricevuto a loro volta con maggior frequenza e che
questi maschi tendevano a sollecitarlo da particolari partner che, a loro volta, lo sollecitavano da loro.
Insomma, una sorta di amicizia non disinteressata. Ma l’amicizia, anche tra gli uomini, è veramente
disinteressata?
7. Altruismo e fitness complessiva
Altruismo reciproco
L’altruismo reciproco è una strategia conveniente soprattutto verso i
parenti. Ecco allora che la capacità di distinguere estranei e consanguinei
diventa molto importante.
La vespa (Polistes fuscatus) riconosce i propri parenti unicamente
dall’odore e non dall’aspetto fisico o dal comportamento, come fanno molti
altri insetti. In altre parole, per riconoscere un parente, la vespa paragona
il proprio odore chimico, formato da una miscela di feromoni, a quello del
compagno appena incontrato: più sono simili le due miscele, maggiore è la
parentela. Questa capacità permette a questa vespa di divorare la prole di
altre vespe non strettamente imparentate, piuttosto di quella delle proprie
sorelle.
I pipistrelli vampiro (Desmodus rotundus) che si nutrono di sangue si
comportano con i compagni in modo molto simili ai babbuini o agli
scimpanzé: quelli che sono riusciti a procacciarsi un pasto, rigurgitano un po’
di sangue per nutrire quelli digiuni, che, in passato, hanno fatto altrettanto
per loro.
Ma la cosa più straordinaria è il modo in cui vengono nutriti i piccoli. Infatti,
le pareti delle caverne sono tappezzate di pipistrelli, ammucchiati gli uni sugli
altri: e sembrerebbe impossibile per le madri ritrovare i piccoli, anche perché
essi svolazzano spesso per la caverna. In un primo tempo, i ricercatori
conclusero che esisteva una specie di altruismo reciproco (io nutro tuo figlio,
tu nutri il mio ecc.). Ed, invece, si è scoperto che le madri riescono a ritrovare
ogni volta i loro piccoli. Con esami genetici, infatti, si è scoperto che nell’83%
dei casi i piccoli nutriti sono i figli. Ma come avviene il riconoscimento?
Grazie agli odori? O ai segnali vocali? Non è facile determinarlo con un
milione di pipistrelli sopra e un metro di guano sotto.
7. Altruismo e fitness complessiva
Il gene egoista
• Alcuni biologi considerano l’organismo come il tramite con cui un
gene produce altri geni. Il singolo organismo è transitorio, ciò che
viene trasmesso è il patrimonio genetico sottoforma di repliche; più
sono le repliche maggiori le possibilità di sopravvivenza.
• L’organismo, quindi, è un dispositivo per produrre repliche del gene,
indipendentemente dal prezzo pagato dal singolo individuo.
7. Altruismo e fitness complessiva
“Il mio scopo è quello di esaminare la biologia dell’egoismo e
dell’altruismo. (…) L’argomento base di questo libro è che noi, e tutti
gli altri animali, siamo macchine create dai nostri geni (…) i nostri
geni sono sopravvissuti, in alcuni casi per milioni di anni, in un
mondo altamente competitivo. Questo ci autorizza ad aspettarci
che i nostri geni possiedano certe qualità. Io sosterrò che una
qualità predominante da aspettarsi in un gene che abbia successo è
un egoismo spietato.(...). Tuttavia esistono circostanze speciali in cui
il gene può raggiungere le proprie mete egoistiche favorendo una
forma limitata di altruismo a livello dei singoli (…). Sosterrò che
l’unità fondamentale della selezione, e quindi dell’egoismo, non è
né la specie né il gruppo e neppure, in senso stretto, l’individuo, ma
il gene, l’unità dell’ereditarietà.
Richard Dawkins, Il gene egoista.