Settembre 2014 - Sezione Ivrea

T r i m e s t r a l e d e l l ’A s s o c i a z i o n e N a z i o n a l e A l p i n i - S e z i o n e d i I v r e a
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Anno LXVII - N° 3 settembre 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n.46 ) art.1, comma 1, NO/Torino
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Sul
Mombarone
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3-2014
LO SCARPONE
CANAVESANO
sommario
Ammainabandiera alla Testafochi
pag. 2
Piccole storie della Grande Guerra
È iniziata una lunga volata
Gioie e lutti
Vita dei Gruppi: Orio Canavese,
Cascinette, Chiaverano, Mazzè,
Parella, Bairo
L’Operazione “Sorriso”
vista dall’altra parte
“La lupa e il leone"
di Margherita Barsimi
Editoriale Orgogliosi di essere italiani 3
Pellegrinaggio al sacrario della Cuneense 4
Raduno intersezionale del Mombarone 5
Pellegrinaggio al Santuario di Belmonte 5
Fanfara e Protezione Civile
6
Alpiniadi 2014
7
Le prime fasi del conflitto in Europa
8-9
Il conflitto nel teatro extra-europeo 10-11
12-13
14
15
18-19
20
Ottobre
5
Pellegrinaggio al Sacrario Militare Caduti d’Oltremare di Bari – Bari
12
62° Convegno della Fraternità Alpina a Parella e 25° di Fondazione del Gruppo – Ivrea
12
Festa della Madonna del Don a Mestre – Venezia
18÷19Raduno 2° RGPT a Monza – Monza
Dicembre
16Riunione Presidenti Sezioni ANA Italia a Milano
14 Tradizionale S.Messa nel Duomo di Milano – Milano
OFFERTE
Offerta per Protezione Civile
Offerte per Scarpone Canavesano
Angelo Ferrero Aprato 50
Gruppo Alpini Lugnacco 50
Giulio Ceretto 50
Giuseppe Martinelli 20
Ammainabandiera
alla Testafochi
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3-2014
NUMERO 3 - 2014
16-17
manifestazioni 2014
Novembre
25Riunione Capi Gruppo a Nomaglio – Ivrea
Trimestrale della
Associazione Nazionale Alpini
Sezione di Ivrea
In copertina:
Sulla colma
del Mombarone
Proprietario-Editore:
Associazione Nazionale
Alpini, Sezione di Ivrea
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Presidente:
Marco Barmasse
Direttore Responsabile:
Carlo Maria Salvetti
Comitato di Redazione:
cav. Franco Amadigi
Remo Iosio - Luigi Sala
Alla redazione
di questo numero
hanno collaborato:
Fabio Aimo Boot
Ivo Chiolerio
Ciribola
Giorgio Mosca
Paolo Querio
Andrea Regruto Tomalino
Eraldo Virone
Enzo Zucco
Stampa
Tip. Bolognino, Ivrea
Aut. Trib. Ivrea n. 5
del16/3/1949
Iscrizione al R.O.C.
n. 21662
Giovedì 24 luglio scorso è stata eseguita ad Aosta, per l’ultima volta, la cerimonia
dell’ammainabandiera nella caserma Testafochi, definitivamente dismessa perchè ceduta
alla Regione Autonoma Valle d’Aosta per essere adibita a sede universitaria. Nella caserma, sede del prestigioso e decorato Battaglione
“Aosta” (unica M.O.V.M. della Grande Guerra nel Corpo degli Alpini), si è svolta una grandiosa e solenne cerimonia che ha visto una
notevole partecipazione di pubblico e la presenza di un numero rilevante di alpini, molti dei quali prestarono servizio di leva nell’”Aosta”.
Imponente e suggestivo lo schieramento nell’ampio cortile, formato da una compagnia in armi, dalla Fanfara della Taurinense, da numerosi vessilli sezionali e da una marea di gagliardetti.
Oltre alle Autorità Civili della Regione e della città di Aosta, era presente il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Gen. c.a. Claudio
Graziano, il Comandante delle Truppe Alpine Gen. c.a. Alberto Primicerj, e numerosi altri Ufficiali, Generali e Superiori, sia in servizio
che a riposo. Da notare la presenza del Gen. c.a. (a riposo) Aldo
Varda che ha pronunciato una sentita e commossa allocuzione
ricordando il periodo trascorso al Battaglione Aosta come comandante di compagnia e quello successivo in cui, al comando
della Scuola Militare Alpina, ebbe il battaglione alle proprie dipendenze.
Di rilievo è stata la partecipazione alla cerimonia da parte della
nostra Sezione, per la presenza del Presidente Barmasse, del VicePresidente Vicario Botaletto, di alcuni Consiglieri Sezionali e di
vari Gruppi canavesani con i rispettivi gagliardetti.
Franco Amadigi
EDITORIALE
di Carlo Maria Salvetti
Orgogliosi di essere italiani
Determinazione e coraggio nel voler demolire le forze di resistenza al cambiamento
Torri di luce a New York: un dovuto tributo alle vittime, ma anche un'icona del cambiamento
A
utorevoli quotidiani stranieri, spesso e volentieri, si permettono di
dileggiare l’Italia e gli italiani, noncuranti delle difficoltà e dei problemi che
incombono sui loro stessi Paesi. A queste
autorevoli testate si aggiungono messaggi
sempre più negativi di altrettanti quotidiani nostrani.
Ogni giorno si sente ripetere che ormai
siamo in condizioni tali da non assicurare al Paese competitività in quanto imprigionati da un sistema avente come unico
obiettivo la minimizzazione degli effetti di
qualunque decisione. In parole povere si
parla di un sistema totalmente incapace di
reagire. Ma non è così che si creano nuove
opportunità.
Il sistema ha bisogno di azione, di impegnarsi senza paura con la sfida globale.
Non è più tempo di aspettare che vengano
modificate le regole, occorre agire e rompere i vecchi schemi, diventare promotori
di quel cambiamento che vogliamo vedere
nella società. Non dobbiamo più combattere con la realtà esistente, con l’inefficienza,
con la burocrazia, dobbiamo pensare ad un
modello nuovo che renda obsoleta l’attuale realtà. La speranza sul futuro è in mano
alla gente che ha iniziativa, che ha determinazione e coraggio nel voler demolire le
forze di resistenza al cambiamento.
Il futuro non dipende da nessun altro se
non da noi; dimostrare di essere di nuovo
gente ammirata in tutto il mondo a fronte
di una ricostruzione di un nuovo capitale sociale , di una ricchezza collettiva data
dalla fiducia e dal senso di responsabilità
verso gli altri e le istituzioni.
Per questo , a costo di diventare monotono, ripropongo un messaggio di Carlo
Maria Martini, inserito nel quarto numero del 2012 sul nostro giornale, più attuale
che mai in questo momento.
“Occorre tornare ad essere leali cittadini,
noi italiani dobbiamo capire che domani
emergeranno dalla massa quelli che avranno una base solida, una formazione intellettuale e morale sicura. Perché ognuno
dovrà crearsi da sè il suo avvenire, faticosamente, pezzo per pezzo con tenacia e sacrificio; riuscirà meglio chi sotto al lavoro e
al sacrificio abbia saputo piegare le spalle e
piegare le gambe. Noia, apatia, indifferenza
e, peggio che mai, esasperazione contro il
nostro dovere sono un delitto contro noi
stessi e contro la società di cui facciamo
parte”.
Così torneremo orgogliosi di essere italiani, di dire che siamo tornati gente capace
come gli altri, perche lo siamo.
3
3-2014
di Ciribola
Pellegrinaggio al Sacrario
della Cuneense
6
luglio 2014 - Il grande pullman finalmente sale per le oggi più agevoli
strade della Val Tanaro, dopo aver lasciato Ceva. Si va su, al Col di Nava, dove
il Piemonte incontra la Liguria, dove la Val
Tanaro bacia la Val Arroscia.
Terre che evocano profumi di lavanda,
sapori di vitigni nobili ancorché poco conosciuti come l’Ormeasco ed il Rossese;
terre che raccontano storie antiche dei
Doria, dei Clavesana e, perfino, di streghe;
terre pregne di odori di castagni, di agli, di
funghi e di fraganze di delicate erbe.
Sono valli delle Alpi Marittime a cui la
guerra, quella di settant’anni fa, aveva sottratto i figli più belli. E li aveva strappati
in modo crudele: in molti uccisi, congelati, dispersi nel gelo della bianca, immensa
pianura che costeggiava il grande fiume
ghiacciato, ed altri, ancora, sterminati dagli stenti patiti nei campi di prigionia russi.
Intere vallate liguri e del cuneese spopolate
della gioventù più forte, quella che avrebbe
4
3-2014
dovuto sostenerne la vita e tramandarne la
genìa. Sono i 13.470 Alpini della Cuneense
non tornati dalla Russia, e si sale al Colle
per ricordarli.
Noi, al Colle, si è davvero in tanti ed i
reduci sempre più in pochi: tre, forse quattro, ma la loro presenza emoziona, graffia
e scalfisce gli animi ancor più dei riti, delle
funzioni e delle parole che si susseguono.
Uomini curvi sotto il peso degli anni, delle
angosce patite, aiutati dal bastone e sorretti
da chi è più giovane, ma fieri con in testa
il loro cappello alpino, quello che indossavano nel fiore degli anni - era il gennaio
1943 - a Rossosh; quel cappello che vide i
pesanti T34, carri armati russi da quaranta
tonnellate, attraversare il Don ghiacciato
per inseguirli nel ripiegamento; quel cappello su cui caddero le nevi, poi macchiate
col loro sangue, di Popowka, Novo Postojalowka, Postojalyi, Annowka, Warvarowka,
Molakijeva, Voronovka, Waluiki e, per i
più fortunati, di Nikolajewka; quel cappel-
lo che ne vide tanti altri cadere nella neve
senza essere più raccolti, così tanti da non
volerli più contare ma solo ricordarli tutti,
uno ad uno...
***
È tardi. Si lascia il Sacrario della Cuneense, il Col di Nava, e si torna alle case. Si
pensa a quei poveri ragazzi che oggi abbiamo idealmente abbracciato, ma domani,
con le generazioni a venire, chissà...
Con la voce ormai poca - ed in pochi
alquanto stonati - si attacca Joska la rossa
pensando a quei nostri “veci” della Russia.
La strada che accompagna la val Tanaro è
sempre più agevole a mano a mano che si
scende, mentre sul pullman si diffonde il
profumo della lavanda comprata stamane
al mercatino...
Busa con crose, sarà stà i putei?
La par na bara e invece xe na cuna.
E dentro dormon tutti i tò fradei,
fermi impalà con i oci ne la luna.
Joska, Joska, Joska...
di Enzo Zucco
La Fanfara in trasferta
N
ei mesi scorsi la nostra Fanfara
per ben tre volte è stata in trasferta, ospitata dal Gruppi Alpini
di Mezzenile (Sez.di Torino), di Felizzano
(Sez. di Alessandria) e di Caraglio (Sez.
di Cuneo).
Venerdì 27 giugno ha aperto, con un apprezzato concerto, i festeggiamenti indetti
dal Gruppo di Mezzenile per l’85° anni-
versario di fondazione ed il 40° di rifondazione. Domenica 29 giugno, a Felizzano, i
nostri musici alpini, guidati come sempre
dall’impareggiabile M.llo Magg. Sergio Bonessio, sono stati la colonna sonora al 47°
Raduno Sezionale di Alessandria ed al 30°
di fondazione del locale Gruppo Alpini.
Infine, sabato 19 e domenica 20 luglio la
Fanfara ha affrontato un’impegnativa tra-
sferta a Caraglio per l’11° Raduno Alpini
della Sezione Cuneese. Lo stesso Gruppo
aveva già ospitato i nostri musici in occasione della grande Adunata Nazionale di
Cuneo 2007. Tutti e tre gli appuntamenti,
caratterizzati sempre da una fraterna accoglienza e da un’entusiastica ospitalità alpina, hanno ottenuto il vivo gradimento della
nostra Fanfara Sezionale.
di Eraldo Virone
Gli impegni del nucleo della
protezione civile
L
a giornata annuale di addestramento
del Nucleo di Protezione Civile della
nostra Sezione si è svolta il 29 aprile
scorso, con un intervento di pulizia e di sistemazione eseguito nel parco della Villa
Scolpis, al cui interno è situato l’Hospice
Casainsieme, una struttura che ospita ed
assiste i malati terminali.
Il parco nel quale abbiamo svolto il no-
stro intervento è particolarmente rinomato
sotto l’aspetto botanico essendovi piantati
un numero considerevole di alberi d’alto
fusto, alcuni di particolare pregio. Da notare, peraltro, che per consuetudine, da
quando è divenuto operativo (2007), il nostro Nucleo svolge una volta all’anno un
intervento a favore del suddetto Ente.
Siamo intervenuti di buon mattino con
35 volontari, equipaggiati di tutto il necessario, ed alla fine della
giornata abbiamo concluso tutto il lavoro
previsto.
Nella notte di Venerdì 8 agosto u.s. il
Nucleo P.C. della nostra Sezione ha svolto
il servizio di supporto
logistico alla tradizionale camminata
notturna che parte
da Andrate per concludersi ad Oropa. I
nostri volontari erano
partiti da Ivrea sotto
una fitta pioggia che li
ha accompagnati fino ad Andrate. Verso la
mezzanotte, però, il cielo si è rasserenato,
consentendo ai partecipanti ( circa 140) di
partire ed incamminarsi con buona lena;
alle ore 6 del sabato i primi erano già in
vista di Oropa, ed alle 7 sono arrivati gli
ultimi. Un ringraziamento ai volontari che
hanno partecipato al servizio, sempre attivi
ed attenti, è d’obbligo.
Colgo l’occasione per ricordare la scomparsa del nostro volontario Stefano Foresto, sempre attivo alle nostre chiamate finchè la salute glelo ha consentito. Al fratello
Domenico ed alla famiglia vanno le nostre
più sentite condoglianze.
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Il raduno sul Mombarone
G
li alpini delle sezioni di Biella, Aosta ed Ivrea si sono ritrovati, domenica 24 agosto, sulla cima del
Mombarone per il raduno biennale giunto
ormai alla 15ª edizione.
Il vento ed il sole hanno scacciato le
nebbie del giorno precedente, regalando
una incomparabile vista sulle Alpi e sulla
pianura e aumentando la soddisfazione di
essere in vetta al cospetto del monumento
al Redentore, la cui ricostruzione, tenacemente perseguita in particolare dagli alpini
canavesani, è stata la magnifica realizzazio-
ne di un sogno e bene esprime i valori della
nostra associazione.
Erano presenti i presidenti delle tre sezioni Marco Barmasse, Carlo Bionaz e
Marco Fulcheri, per il consiglio direttivo
nazionale Luigi Sala ed il vice presidente
vicario Renato Zorio, alcuni sindaci, molti
alpini con i loro gagliardetti, venti erano i
gruppi della nostra sezione.
La S. Messa, ai piedi del Redentore, è
stata seguita con grande partecipazione
e raccoglimento, anche per la passione e
le riflessioni che il celebrante, don Renzo
Gamerro, ha saputo infondere con le sue
parole.
Particolarmente emozionante e commovente è stato il “Signore delle cime” suonato dai musici della nostra fanfara sezionale.
Erano in dieci e, come sempre, hanno reso
più completa e coinvolgente la manifestazione, a partire dall’alzabandiera per finire
con i momenti di festa ed allegria.
L’appuntamento è ora per il 2016, quando celebreremo anche il 25° anniversario
dell’inaugurazione del monumento. (m.b.)
6
6
3-2014
3-2014
di Paolo Querio
Pellegrinaggio
alle “Penne Mozze”
E
rano 52 i gagliardetti dei Gruppi
presenti al pellegrinaggio alle Penne
Mozze svoltosi a Belmonte, la prima
domenica di settembre.
La Messa è stata celebrata da padre Alberto, del convento francescano vicino al
santuario, mentre l’orazione ufficiale è stata tenuta dal Vice-Presidente vicario Sergio
Botaletto.
Hanno accompagnato la sfilata e la funzione religiosa la Fanfara e il Coro della
sezione che con le loro note e i loro canti hanno creato un’atmosfera suggestiva
all’interno del Parco naturale.
Per finire una riflessione. L’altare in pietra del monumento risale a prima del Concilio Vaticano II° e fu costruito secondo i
canoni dell’epoca, in cui il celebrante dava
le spalle ai fedeli. La riforma conciliare
ha poi disposto che il sacerdote celebri la
Messa con il viso rivolto verso il pubblico.
Ora, a Belmonte, per ovviare alla situazione, ogni volta si fa uso di un altarino
in legno: non sarebbe bello che qualcuno
prenda l’iniziativa e, con tre blocchi di pietra, realizzi un altare permanente simbolo
degli alpini duri come la roccia?
7
3-2014
Alpiniadi
di Fabio Aimo Boot
Un brillantissimo risultato
8
3-2014
L
a lunga ricerca degli atleti per comporre la squadra della nostra Sezione
è sempre difficoltosa; questa volta,
poi, in considerazione dell’importanza della manifestazione, lo era ancor più. Certamente, però, non potevamo immaginare di ottenere un risultato così eclatante.
Erano presenti circa 1200 atleti tra alpini
in armi e congedati, e le Sezioni rappresentate erano 55. Ebbene, noi, zitti zitti,
ci siamo piazzati al sesto posto nel medagliere ed al settimo nella classifica a punti!
Un risultato impensabile: siamo stati bravi
nella staffetta del venerdì mattina, veloci
nel duathlon del pomeriggio, tenaci nella
marcia di sabato e brillanti nell’individuale
di domenica. Insomma, tutti hanno capito
che l’Ivrea c’era e ci sarà sempre di più.
Le gare sono iniziate venerdì 6 giugno
a Chiusa Pesio dove si è svolta la staffetta
veloce con partenza tra i boschi ed arrivo
tra le viuzze del borgo, corsa allietata dai
numerosi bambini sul percorso e dalle
genti in festa lungo tutti i 7.650 metri del
tracciato . Nel pomeriggio, a Borgo San
Dalmazzo, è partita la gara di duathlon,
una novità nelle competizioni alpine, composta da un doppio giro di 3 km di corsa
ed un successivo percorso di 11 Km. da
percorrere in bicicletta, lungo il torrente
Gesso e la ciclabile Cuneo-B.S.Dalmazzo.
Il paese, sede di tutta l’organizzazione, era
agghindato a festa e i numerosi spettatori
non sono stati avari in fatto di incitamento. A coronare la giornata ci ha pensato il
nostro Pierandrea Ceschin (del gruppo di
Strambino) che con uno strepitoso primo
posto assoluto è salito sul podio rendendoci contenti ed orgogliosi per l’eccezionale risultato.
Il giorno successivo ci siamo recati a Limone Piemonte ove era prevista la marcia
di regolarità, una disciplina poco praticata
da noi, anzi quasi sconosciuta, ma interessante e molto divertente. Lungo il percorso, poco meno di 20 Km. su di un tracciato
che partendo da Limonetto saliva verso il
col del Tenda, siamo passati, sotto un sole
splendente, tra boschi, praterie, sulla
neve e vicino a vecchi forti militari. Verso
la fine della gara siamo ridiscesi lungo una
pista da sci a Limone ove era posto l’arrivo,
direttamente in piazza tra due ali di folla.
Domenica è stata la giornata conclusiva, dove siamo partiti in 19 alla volta di
Cervasca per la gara principe, l’individuale di 11 km. Di rilievo per questa gara va
segnalata la partecipazione del “vecio”
Fournier Ferruccio classe ’39 e del nostro
“bocia”Gamba Alessio classe ’82, i quali si
sono classificati, nelle rispettive categorie,
al 6° e 24° posto.
Non vanno neppure dimenticati i due
aggregati Merlo Luisella e Mario Monia
Fornero, che ci hanno aiutato a conseguire punti per la classifica. La cerimonia di
chiusura si è svolta a Borgo San Dalmazzo e, come da prassi olimpica, alla fine il
tripode è stato spento non prima di aver
prelevato la fiamma che partirà alla volta
del colle dell’Agnello.
Lì resterà per 4 anni in attesa degli Alpini che la preleveranno per portarla nella
località ove saranno indette le prossime
Alpiniadi.
Non mi resta che ringraziare la Sezione di Ivrea per il concreto sostegno accordatoci, nonchè tutti i componenti della
nostra squadra - di cui ritengo doveroso
segnalare il nominativo in stretto ordine
alfabetico - per l’impegno e la fatica profusi
durante tutte le gare:
Aimo Boot Fabio, Baratono Rosario,
Benedetto Eric, Benone Cristiano, Benone Paolo, Bianchetti Luigi, Boglino Ezio,
Borgesio Luca, Cagnino Ezio, Campani
Alberto, Cantello Giampaolo, Ceschin
Pierandrea, Clemente Mauro, Clemente
Ugo, Favre Marco, Fornero MoniaMario,
Fournier Ferruccio, Galisse Mauro, Galisse Valter, Gamba Alessio, Gamba Aldo,
Gigliotti Luciano, Lissolo Marco , Merlo
Luisella, Pellicanò Giampiero, Pitti Claudio, Pollino Franco, Ronchetto Graziano,
Vairos Lino.
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di Franco Amadigi
Le prime fasi del conflitto
in Europa
I
LA CRISI DI LUGLIO
l 28 giugno 1914, giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, l’erede al trono austriaco Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia, recatisi
a Sarajevo in visita ufficiale, furono colpiti
a morte da alcuni colpi di pistola sparati
dal nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip. Da questo avvenimento scaturì una drammatica crisi diplomatica che
precedette e segnò l’inizio della guerra in
Europa.
Nei giorni che seguirono l’attentato vi
furono violente manifestazioni antiserbe a
Vienna e Brno per sollecitare un intervento armato contro la Serbia. L’imperatore
Francesco Giuseppe, però, non era entusiasta ad eseguire tale progetto perchè temeva
che l’attacco austriaco alla Serbia avrebbe
coinvolto altre potenze, ed in particolare la
Russia, la quale si sarebbe sentita costretta,
in nome del panslavismo, ad accorrere in
aiuto dei serbi.
Di tutt’altro avviso era l’atteggiamento
della Germania, che faceva pressione affinchè si rompessero gli indugi, nella convinzione che la Russia non fosse assolutamente pronta per la guerra.
La sensazione dell’imminenza di una
crisi si stava attenuando, essendo ormai
passati 18 giorni dall’attentato, quando
il Consiglio dei Ministri austriaco, con il
consenso del vecchio imperatore, decise, il
14 luglio, di inviare entro una settimana un
ultimatum alla Serbia.
Venne approntato un documento contenente termini durissimi, nella consapevolezza che la Serbia avrebbe respinto le
condizioni austriache e che il passo successivo, quindi, sarebbe stato un intervento militare. Il 23 luglio l’ultimatum venne
consegnato alla Serbia che lo accettò solo
parzialmente decidendo la mobilitazione.
Conseguentemente, il 28 luglio 1914, l’Austria-Ungheria dichiarava guerra al Regno
10
3-2014
di Serbia determinando l’irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle
alleanze tra i vari stati.
Alla mezzanotte del 4 agosto 1914 erano
cinque le potenze entrate in guerra (Austria-Ungheria, Germania, Russia, Gran
Bretagna e Francia), convinta ognuna di
poter avere ragione degli avversari in pochi mesi. Molti ritenevano che la guerra
sarebbe finita a Natale del 1914, o tutt’al
più a Pasqua del 1915. Invece il conflitto
sarebbe terminato nel novembre del 1918,
dopo aver provocato sedici milioni di morti tra militari e civili.
L’Italia, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e l’Impero Ottomano inizialmente rimasero neutrali, ai bordi del
campo di battaglia, ma pronti a entrarvi appena avessero intravisto qualche vantaggio.
I
FRONTE OCCIDENTALE
L’INVASIONE DI BELGIO E
FRANCIA
n questo settore la strategia tedesca mirava a sconfiggere la Francia con una
“guerra lampo”, secondo un piano messo a punto fin dal 1905, perfezionato poi
nel 1912, che prevedeva l’invasione della
Francia a nord attraverso il Belgio, con l’occupazione di Parigi e la sconfitta dei francesi in sei settimane. Nel frattempo dieci
divisioni avrebbero tenuto in scacco i russi
ad oriente, confidando nella lentezza della
mobilitazione delle armate dello zar, fino al
momento in cui la Germania avrebbe potuto rivolgere tutte le proprie forze contro
la Russia.
Il 2 agosto i tedeschi occuparono il Lussemburgo senza opposizione, mentre più
a nord, alla frontiera con il Belgio, essi
avanzarono a gran velocità dando corpo
all’invasione. Il successivo 4 agosto le forze tedesche andarono all’assalto del primo
vero ostacolo sul loro cammino: il campo
fortificato di Liegi con la sua guarnigione
di 35.000 soldati. L’attacco durò più del
previsto e solo il 7 agosto la fortezza centrale capitolò.
Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell’esercito belga si ritirò verso ovest,
mentre più a nord i tedeschi bombardarono Anversa con uno Zeppelin, durante le
fasi preliminari dell’assedio della città che
durò fino al 28 settembre e comportò enormi devastazioni.
Il 12 agosto le avanguardie del corpo di
spedizione britannico attraversarono la
Manica scortate da 19 navi da guerra. In
dieci giorni furono sbarcati 120.000 uomini
senza che una sola vita o una sola nave andassero perdute, in quanto la Marina Imperiale tedesca non ostacolò le operazioni
di sbarco.
Il 20 agosto le truppe tedesche entrarono
a Bruxelles.
All’estremità meridionale del fronte i
francesi, penetrati in Alsazia e vicini alla
città di Mulhouse, giunsero a sedici chilometri dal Reno, ma non riuscirono ad andare oltre. Più a nord, in Lorena, i francesi
furono sconfitti a Morhange e iniziarono a
ritirarsi verso Nancy; la città, nonostante
la pressione tedesca, resse l’urto grazie ai
sacrifici della 2ª armata francese.
Il 22 agosto iniziò l’avanzata tedesca lungo tutto il fronte; la 5ª armata francese fu
cacciata da Charleroi, mentre iniziò la furiosa battaglia di Mons, battesimo del fuoco per il Corpo di Spedizione Britannico. Il
23 i tedeschi riuscirono a rompere la resistenza delle forze dell’Intesa e proseguirono nell’avanzata, costringendo a ripiegare i
francesi da Charleroi ed i belgi da Namur.
Il 2 settembre il governo francese si rifugiò a Bordeaux e le truppe anglo-francesi si
attestarono sulla Marna, facendone saltare
tutti i ponti.
Il giorno dopo l’esercito tedesco era a
soli 40 km da Parigi. In questa situazione
di panico generale - un milione di parigini
aveva abbandonato la città - il governatore
militare di Parigi, generale Gallieni, approntava le difese avendo a disposizione
una nuova armata appena costituita da
schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano la capitale.
Il 12 settembre, comunque, con l’aiuto
dei Britannici, i francesi bloccarono l’avanzata nemica ad est di Parigi durante
la prima battaglia della Marna. Gli ultimi
giorni di questa battaglia decisiva segnarono la fine della guerra di movimento ad
occidente e l’inizio di una logorante guerra
di trincea lungo solide postazioni.
IL FRONTE ORIENTALE
M
entre sul fronte occidentale continuavano furiosi i combattimenti sul confine franco-tedesco
e soprattutto in Belgio, i primi scontri ad
oriente furono contrassegnati più da rapidi mutamenti di fortuna che da vantaggi
decisivi per una delle due parti. Inoltre, il
piano degli Imperi Centrali, che prevedeva
un’offensiva iniziale diretta a tagliar alla radice la “striscia” polacca con una manovra
a tenaglia, era stato compromesso da movimenti tatticamente scoordinati compiuti
dalle truppe tedesche.
La Germania, anzi, che aveva schierato
la sola 8ª armata con il compito di difendere la Prussia Orientale, rischiava di essere
sopraffatta dalle truppe dello zar Nicola II,
il quale aveva mobilitato anzitempo la 1ª e
la 2ª armata contro la Prussia, nel tentativo di allentare la pressione tedesca verso
la Francia.
Dopo una prima serie di sconfitte, la
Germania destituì il comandante in capo
delle proprie armate orientali con il generale in pensione Paul von Hindenburg che
nominò suo capo di stato maggiore Erich
Ludendorff. I due annientarono a Tannenberg i Russi, soccorsero le armate austro-ungariche in Polonia ed iniziarono il
contrattacco in direzione di Varsavia.
Nonostante l’enorme potenziale dell’esercito dello zar , composto da ben sette
armate, le forze degli Imperi Centrali riuscirono ad arrestare il “rullo compressore”
russo ed a contrattaccare sfruttando il miglior sistema ferroviario a loro disposizione. Ludendorff, attaccando sulla Vistola,
riuscì a far ripiegare la 1ª armata russa a
Varsavia e quasi ad accerchiare la 2ª, respingendo i russi sulla linea dei fiumi Bzura e Ravka con l’aiuto anche di nuove forze
provenienti da occidente.
La diminuzione delle provviste e delle
munizioni indusse poi lo zar a ritirare ulteriormente le proprie truppe trincerandole
lungo i fiumi Nida e Dunajec, lasciando al
nemico l’estremità della striscia polacca.
Anche ad est, come ad ovest, le ostilità erano giunte ad un punto morto, con le
forze contrapposte attestate su solide linee
trincerate; ma da questa parte l’inadeguatezza delle industrie russe non permetteva loro
di sopperire alla guerra allo stesso modo di
quelle delle forze alleate occidentali.
L’INVASIONE DELLA SERBIA
B
enché fosse tecnicamente il luogo
dove la guerra aveva preso avvio, il
fronte serbo fu relegato ben presto
a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue
forze concentrato in Galizia contro i russi,
l’Austria-Ungheria il 12 agosto 1914 diede avvio all’invasione del territorio serbo.
Guidate dal generale Radomir Putnik le
truppe serbe, supportate anche dalle forze
del Regno del Montenegro, opposero una
ostinata resistenza, infliggendo agli invasori una sconfitta nella battaglia del Cer (1619 agosto) ed obbligandoli a ritirarsi oltre
frontiera.
Gli austro-ungarici lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo ad
occupare la capitale Belgrado. Putnik fece
arretrare lentamente le sue forze fino al
fiume Kolubara, dove inflisse una disastrosa sconfitta agli invasori obbligandoli ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre
1914 i serbi ripresero Belgrado, riportando
la linea del fronte ai confini prebellici.
L’IMPERO OTTOMANO
N
el 1914 l’Impero ottomano era
ormai in solidi rapporti con la
Germania, che da tempo aveva investito capitali nello sviluppo economico
dell’Impero medesimo, curandone anche
l’addestramento dell’esercito. Sebbene fosse stato firmato il 1º agosto 1914 un trattato segreto di natura militare ed economica con la Germania, il governo ottomano
era ancora diviso sulla scelta di unirsi agli
Imperi centrali. Il sequestro da parte dei
britannici, all’inizio della guerra, di due
navi da battaglia turche in costruzione nei
cantieri inglesi provocò forte indignazione
a Istanbul, ed i tedeschi ne approfittarono
per cedere agli ottomani i due incrociatori Goeben e Breslau, sfuggiti alla caccia
nemica nel Mediterraneo.
Il 29 ottobre 1914 le due navi, battenti
bandiera turca, bombardarono e posarono
mine davanti ai porti russi sul Mar Nero, e
gli Alleati replicarono con una dichiarazione di guerra. L’entrata in guerra dell’Impero ottomano apriva nuovi scenari di conflitto in teatri molto distanti l’uno dall’altro:
nel Caucaso la Russia si ritrovò a sostenere
un difficile secondo fronte in un territorio
impervio, mentre la presenza ottomana
in Mesopotamia e Palestina minacciava
due cardini dell’impero coloniale britannico, la raffineria petrolifera persiana di Abadan (vitale per i rifornimenti di carburante
della Royal Navy) ed il canale di Suez.
11
3-2014
di Ciribola
Piccole storie della Grande Guerra
Giors dla Gina, vintequatr’ani,
dal “Val d’Orco”
1915 - Monte Nero e posizionamento Battaglioni Alpini il 10 luglio
Q
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3-2014
ui niente gli fa pensare alla sua Vidracco; no, assolutamente nulla. Il
suo Chiusella è ben più brontolone
di quell’Isonzo che, laggiù, percorre tranquillo il largo fondovalle, ed anche queste
montagne, le Giulie, hanno poco in comune con i suoi Monti Pelati.
Le ragazze - quelle poche che ha visto
qui, attraversando Tolmino - hanno quasi
tutte carnagione e capelli chiari (mamma
Gina direbbe che sembrano “slavà, quasi malave”) e nemmeno loro gli ricordano
Maddalena.
Già! Maddalena... L’aveva vista l’ultima
volta lo scorso aprile, quando era stato in
licenza, pochi giorni, al paese. Era la festa
patronale di San Giorgio e la gioventù della
borgata si era ritrovata al ballo. Una fisarmonica ed un clarino per accompagnare
i giovani nei vorticosi valzer musette che
dalla vicina Francia gli emigranti stagionali
avevano portato nella loro vallata. Maddalena... La rivedeva sorridente e felice mentre vorticosamente volteggiavano, quasi a
stordirsi, sulle note di Burrasque. L’aveva
invitata per un ballo e non si erano più allontanati l’uno dall’altra per tutta la sera.
Ed era ormai tardi quando l’aveva lasciato con un dolce, lungo sorriso che, tacitamente, era una promessa per un incontro
a venire...
No! la sua Vidracco e, chissà, “la sua”
Maddalena sono sicuramente estranee e
lontane da questo mondo.
Da inizio del mese - è il 21 luglio 1915 Giorgio Ceratto, Giors dla Gina per quelli
della borgata, è ritornato in prima linea,
nelle trincee in quota. Lui ed i suoi compagni del Val d’Orco hanno dato il cambio
agli alpini del Cividale sulla Colletta del
Krzliak, un pericoloso lembo del fronte
dell’alto Isonzo, sotto le minacciose cime
del Monte Rosso e del Monte Nero.
E qui, in trincea, proprio ieri, martedì
20, Giors ha compiuto ventiquattro anni.
Una ricorrenza scivolata via senza sorrisi, lontano da mamma Gina e dalla sorella
Maria; un anniversario vissuto con l’animo angosciato per l’imminente temibile
assalto che si dovrà portare a quota 2077,
sul fianco orientale di Monte Nero. Sarà il
vero battesimo del fuoco per gli alpini del
Val d’Orco che, finora, tranne qualche scaramuccia, sono stati poco impegnati sulla
linea del fuoco.
Puntuale, inizia il tiro delle artiglierie. Paurosi boati al deflagare delle
Alpino Ceratto Giorgio di Vidracco
granate cadute vicine ai camminamenti.
Un plotone di arditi alpini striscia con le
cesoie verso la prima fila di reticolati austriaci e ne inizia il taglio; presto scoperto,
diventa bersaglio del fuoco delle mitragliatrici e dei fucili nemici. Si sentono le disperate invocazioni di aiuto dei feriti, mentre
altri rimangono inanimati sul terreno.
Gli alpini della 238ª e della 239ª compagnia, quella di Giors, sono sotto il muraglione roccioso che porta alla Colletta,
tra il Monte Rosso e il Monte Nero, pronti
all’assalto. Giorgio stringe il suo ‘91 con
la baionetta inastata. Il suo animo è in
tumulto, come quello di Battista Perrucca e di Giustino Enrione, i suoi compagni
di plotone che gli sono accanto e con cui
scambia silenziosi, apprensivi sguardi. Sanno che sarà quasi impossibile arrivare fin
lassù, ma nessuno lo dice...
Gli arditi riescono a creare un varco tra
i reticolati, mentre dall’alto si intensifica il
fuoco di sbarramento.
E adesso tocca a loro: un’erta di poche,
ma infinite, centinaia di metri senza riparo, da superare con il cuore in gola per poi
gettarsi, corpo a corpo, nelle trincee nemiche...
« Tuic un!!! » grida il tenente Bonessio,
incitando gli uomini della 239ª.
« Savoia!!! » rispondono all’unisono i
suoi alpini, mentre scattano fuori dalle postazioni per gettarsi all’attacco, impegnati in “aspro e sanguinoso combattimento,
svellendo le difese accessorie nemiche con
mezzi primordiali, opponendo al fuoco di
artiglieria, di mitragliatrici e di fucileria
avversario i petti e le baionette”, come riporta uno sbiadito scritto trovato nell’archivio del 4° reggimento alpini, ad Aosta.
* * *
Quota 2077, tenacemente difesa dal nemico, venne conquistata dagli alpini che
lasciarono sul campo tantissime giovani
vite. Pur decimato, il Val d’Orco rimase a
difendere le posizioni conquistate fino alla
fine di luglio 1915, senza cedere un palmo
di terreno ai più numerosi austro-ungarici.
Dei 420 alpini combattenti del battaglione, ben 308 furono messi fuori combattimento nella battaglia di Monte Nero. Per
l’immane sacrificio del 21 luglio 1915, ai
battaglioni Val d’Orco ed Intra, che aveva
partecipato al suo fianco all’azione, venne
attribuita la Medaglia d’Argento al Valor
Militare.
Quel lontano mercoledì 21 luglio 1915 il
Val d’Orco contò 97 caduti, tra i quali il suo
comandante, il maggiore Cornelio Sonza di
Lessolo (in suo onore la quota venne chiamata Colletta Sonza). Tra gli altri morti,
tanti alpini canavesani di Agliè, Bollengo,
Borgofranco, Canischio, Carema, Castellamonte, Chiaverano, Fondo Valchiusella,
Frassinetto, Ivrea, Lessolo, Locana, Loranzè, Mercenasco, Muriaglio, Noasca,
Quassolo, Ribordone, Romano, Ronco,
Rueglio, Sale Castelnuovo, Salto, San Giorgio, San Giusto, San Martino, San Ponso,
Settimo Vittone, Torre Bairo, Traversella,
Valperga, Vistrorio e Vidracco.
Di Vidracco proprio lui, Giors dla Gina,
nato il 20 luglio 1891, ventiquattro anni
compiuti da un giorno. Venne sepolto a
quota 2077, la quota conquistata.
21 luglio 1915. Una data che gli alpini
canavesani dovrebbero averla scolpita nel
cuore e nella mente, per Giors e quei 96
suoi compagni; per un sacrificio, quello di
un Battaglione Alpino Canavesano, il Val
d’Orco, che ormai si perde nell’oblio del
tempo, sempre più...
Maggiore Sonza di Lessolo
Vedetta Monte Nero vs Monte Rosso
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3-2014
di Paolo Querio
È iniziata una lunga volata
L
a lunga volata che porterà alle commemorazioni del Centenario della
Grande Guerra è già iniziata. Non
si contano ormai le iniziative che hanno come tema il conflitto che cento anni
fa cambiò in modo profondo la storia del
mondo: dalle proposte editoriali (con libri,
opuscoli, riedizioni di documenti etc.) alle
commemorazioni delle battaglie che segnarono cinque anni di lotte e scontri provocando milioni di morti. Come è stato più
volte rimarcato, l’ANA ha da tempo dato
indicazioni su come affrontare il Centenario, dettando le linee guida di cui abbiamo
anche già scritto, parlando degli incontri
dei referenti del Centro Studi.
Le ricordiamo, scusandoci per la ripetizione, ma riteniamo sia importante non
farsi trovare impreparati.
• Recupero, anche materiale, dei monumenti (presso il Centro studi è stato approntato il documento “Il milite … non
più ignoto”, con le indicazioni su come
eseguire la ricerca)
• Recupero dei dati anagrafici dei caduti
e dei combattenti della Grande Guerra;
• Recuperare l’esperienza umana del do-
14
3-2014
lore e del dovere, nonché la dignità di
uomo, a ciò che oggi non è altro che un
semplice nome inciso su una lapide, restituendo a quegli uomini la dignità di
soldati e quella di semplici eroi
• Le celebrazioni dovranno servire per recuperare il concetto di patria e di identità nazionale
• Sviluppare il ricordo dinamico e vivo
dell’uomo semplice e della sua tenacia,
del suo infinito coraggio e senso del dovere in modo da suscitare negli uomini
d’oggi quei sentimenti di compassione
e di ammirazione che impongono di
misurare le proprie azioni quotidiane con quel grande valore espresso dai
soldati. In questo modo si vuole anche
fare giustizia di quella semplificaziona
mistificatoria che nel tempo si è stratificata dipingendo il soldato italiano come
imbelle, vigliacco e sempre alla ricerca
di una scorciatoia per evitare di andare
in prima linea (il capolavoro “La Grande
Guerra” di Monicelli è un esempio abbastanza evidente di questa semplificazione…)
• Favorire lo sviluppo delle ricerche storio-
grafiche attraverso la consultazione degli
archivi e il recupero delle documentazioni familiari e locali.
In tutte queste iniziative è essenziale il
coinvolgimento dei ragazzi e dei giovani,
ed ecco perché le scuole sono gli interlocutori privilegiati. I gruppi delle nostra sezione sono invitati a impegnarsi per cercare
i contatti adeguati nel mondo scolastico
sia per quel che riguarda la ricerca documentale, sia per ciò che si vuole instillare
nei giovani a proposito di amor patrio e
senso del dovere. Infine un suggerimento:
malgrado la crisi economica che sta falcidiando le cosiddette “gite scolastiche”,
non sarebbe una cattiva idea sforzarsi per
una volta a portare gli studenti nei luoghi
(sentieri e trincee) che hanno visto il sacrificio di migliaia di soldati, suscitando in
tal modo emozioni e pensieri che vanno
oltre le semplici preoccupazioni quotidiane. Sarebbe un punto di partenza per
recuperare quei valori, come la patria e il
dovere verso la comunità, che sono andati
persi nel cammino egoistico della “società
del benessere”.
DAI GRUPPI
LE NOSTRE GIOIE
STRAMBINO
•CIGNETTI ANDREA ,
nipote del socio GIULIO
ALDO
TORRE CANAVESE
ANDRATE
•BODO GIULIA, nipote
del capogruppo BODO ILDER e del segretario NICOLETTA FIORENZO
BAIRO
•CHIAPETTO MARTA figlia del socio CHIAPETTO
LEONARDO
•PERADOTTO GREGORIO nipote del socio PERADOTTO LODOVICO
BOLLENGO
•PIETRO LORENZINO
nipote del socio GUERRA
SILVANO
•GINEVRA SASSOÈ POGNETTO pronipote del
socio REDENZIO PRANDINA
TRAVERSELLA
•ALBERTO BERATTO figlio del socio MARCO
I NOSTRI DOLORI
del socio GIGLIO TOS DARIO
•BR AGAGNINI ALES SANDRO, suocero del
socio FRANCESCHINI
ROBERTO
•CALVETTI BATTISTA,
cognato del socio CAT
BERRO PAOLO
•PRETE MARIA ANNA,
cognata del socio Chialva
Bruno
•CARESIO GIUSEPPE,
fratello dei soci ALDO e
ATTILIO FRASSINETTO
•RONCAGLION PEDRIN
RICCARDO, nipote del socio GIOLITTO MAURO
LOCANA
•PENNISI IRIS, nipote
del socio GUGLIELMETTI
PIETRO
PALAZZO-PIVERONE
•ERIK QUAGLIOTTI nipote del socio BAGNOD
ROBERTO
•GIULIA FORMENTO,
nipote del socio NOVALE
ANGELO
QUASSOLO
•GIULIO GIANOTTO, figlio del socio OSMAR e nipote del socio GIANOTTO
BRUNO
BAIRO
•PERADOTTO LODOVICO, socio del Gruppo
•GUGLIELMETTI MADDALENA, nonna del socio
CHIAPETTO LEONARDO
•BUSATTA ALBERTO, socio del gruppo, fratello del
socio GIOVANNI BUSATTA e zio del capogruppo
BUSATTA GIUSEPPE
•RINA GROSSO COGNATA DEL SOCIO DOMENICO RUFFINO
•ANNA MARIA BETASSA nonna del socio FABIO
NERI
CROTTE
•BELLIS PIERANTONIO
socio del Gruppo
•GILLIO GIUSEPPE, socio
del Gruppo
•DELUCIA FRANCESCO,
cognato del socio SPEZIE
TIZIANO
•DECAROLI ELISA, suocera del socio STRATTA
LUIGI
•ALBERTO GIOVANNI,
fratello del socio ALBERTO
GIUSEPPE
CALUSO
•CESARE FISANOTTI,
consigliere anziano del
Gruppo
CASCINETTE
•CAMPAGNOLO GIOVANNI, anni 89, socio del
Gruppo, già corista nel coro
sezionale
•BIZZO VANNA moglie
•DORMA GIUSEPPE socio del Gruppo, fondatore
del Museo Nossi-Reis
SAN GIUSTO CANAVESE
•BORRA PASQUALE, reduce di guerra, socio del
Gruppo
•DECAROLI ELISA suocera del socio CALDERARO
ROBERTO
•CASERIO MARIA mamma del socio FIORAVANTI
BERGHINO
•GHISI LUIGI , socio del
Gruppo
PAVONE
•PELOSO CLEMENTINA, suocera del socio CIOCHETTO GIANNI, zia del
socio DE LISE LUCA
•FABRIZIO ORLAREY,
fratello del socio VALERIO
ORLAREY
•A N SE L M O PI E R I N A
mamma del socio ALLIONE BRUNO
PONT CANAVESE
•BOCCATO LORENZO
nipote del socio BOCCATO
GIUSEPPE
•FORNELLI BARRA SERGIO, QUAGLIOTTI ERIK
E CHIAVENUTO DANTE,
nipoti dei soci CHIAVENUTO GIOVANNI E BRUNO
•DAVIDE MONETTA nipote del socio EZIO CAGNINO
PALAZZO-PIVERONE
•BILLIA MARGHERITA
suocera del socio VERCELLI FLAVIO
BOLLENGO
SAN GIUSTO CANAVESE
SETTIMO VITTONECAREMA
•GUGLIELMETTI ANGELO, socio del Gruppo
•ROSARIO TOMAINO,
papà del socio Alpino in
armi ENZO
ALBIANO-AZEGLIO
MONTALTO DORA
•MARTA MASSERA nipote del socio WALTER
•M ATTIA CHIEI GAM AC C HI O, pronip ote
del nonno bis RENACCO
FRANCESCO, nipote dei
soci DOMENICO e LUIGI
DE BIASIO e nipote del socio PIERO RENACCO
SAN GIORGIO CANAVESE
CHIAVERANO
•BORRA RICCARDO socio del Gruppo
•PATTONO TERESA, zia
dei soci COPPO MARIO,
GIVONETTI PIERANGELO e RICCARDO
CANAVESE
•VECCHIA GIOVANNI
, socio del gruppo, cugino
dei soci VECCHIA GIORGIO e VECCHIA ENRICO CASTELLAMONTE
CHIAVERANO
•A N D R E A A S C A N I O
MOSCA figlio del socio SIMONE
•C E C I L I A , A M E D E O
MASSIMO E CATERINA
nipoti dei soci CARLO ed
EMANUELE SERAZIO
•TOMMASO DE SANDRE
nipote del socio PAOLO
OZEGNA
LOCANA
•BUGNI DUC GIACOMO
socio del Gruppo e zio dei
soci AIMONETTO GIANFRANCO e CONTERIO
GIOVANNI
•NEGRO FRER DOMENICO papà del socio NEGRO
FRER MARINO, fratello
del socio NEGRO FRER
ALBINO e zio del socio
DECOUR SILVANO
•BELLINO ALBINO socio
simpatizzante
•PICCHIOLDI BATTISTA, zio del socio GIORI
FRANCO
•NOVA ADELE zia del socio BUGNI BRUNO
•GUGLIELMETTI DOMENICO, Socio del Gruppo e papà del Socio Valter
•GIACHERIO IOLE, zia
del Socio Nardi Danilo
MONTALTO DORA
•BIGNOTTI PASQUALINO, fratello del socio LUI­
GI
•AMERIO MARIANGELA
VED. ROBERTO, mamma
del capogruppo GUIDO
ROBERTO e del consigliere
MARCO ROBERTO
QUASSOLO
•VOIGLIO DANTE MARIO, zio dei soci MOTTIRONI MARTINO, GIUGLER ADRIANO e FELICE
RIBORDONE
•DONETTI GIUSEPPE
RICCARDO cognato del
socio FERRINO ROMANO
•DONETTI LIVIA cognata
del socio BELLARDO SECONDINO
RONCO CANAVESE
•SUSSETTO CATERINA
suocera del socio BUZZI
DECIMO
SALASSA
•RANDISI BIAGIO, papà
del socio GIUSEPPE
SAMONE
•VALLINO Elena, suocera
del socio Beata Getto Sergio
•BEATA Luciana, mamma
del socio Vallino Adriano
SAN BENIGNO
SETTIMO VITTONECAREMA
•SILVANO ARVAT zio del
socio RENZO
•IVANA VAIR PIOVA figlia del socio OLIVIO
STRAMBINO
•CIGNETTI LUCIANA,
moglie del socio RAVETTO
GIOVANNI
TONENGO
•FORMIA SERGIO socio
simpatizzante del Gruppo
•DEZZU TTO VALTER
socio fondatore del gruppo,
cognato del socio EUSEBIO
GERVASIO
TRAVERSELLA
•GIACOMO CASSIETTO
papà del socio ed ex capogruppo REMO e del socio
DARIO
VESTIGNE’
•DECAROLI FRANCO,
socio fondatore del Gruppo
•DECAROLI CATERINA,
mamma del segretario VALERA GIANNI
•CHELER LIDIA, suocera del segretario VALERA
GIANNI
•FROLA GIUSEPPE, papà
del socio FROLA GIANLUIGI
•PISTONO ALDO, zio del
capogruppo GIOVANNI
LALà
VICO CANAVESE
•NICOLINO Ettore, socio
del Gruppo
VISCHE
•REZZA MADDALENA,
zia del socio FIORETTA
GIANPIERO
•ACOTTO ROSA, mamma del socio SAVOI A
GIOVANNI e zia del socio
ACOTTO BARTOLOMEO
(Causa la mancanza di
spazio disponibile siamo costretti a rimandare al prossimo numero la pubblicazione
delle Sezioni “Nozze”, “ Anniversari” e Lauree. Ci scusiamo con i lettori)
15
3-2014
DAI GRUPPI
BAIRO
Gemellaggio con gli Alpini di Germignaga
Il Gemellaggio tra il nostro Gruppo e quello di Germignaga della
Sezione di Luino, nato da un continuo scambio di visite e partecipazioni reciproche e suggellato con un patto di amicizia, è stato festeggiato al suo 5° anniversario.
La prima parte dei festeggiamenti e’ avvenuta sulla riva lombarda
del Lago Maggiore, con visita alle Isole Borromee, ove la nostra rappresentanza era composta da più di 50 tra alpini e simpatizzanti. La
seconda parte si e’ svolta a Bairo in concomitanza con la festa annuale
del paese e la ricorrenza del 47° di fondazione del nostro Gruppo.
Gli Alpini di Germignaga hanno partecipato con una quindicina di
rappresentanti guidati dal Capo Gruppo Remo Pizzolon insieme al
Consigliere Nazionale Lorenzo Cordiglia che ci ha onorato con la sua
presenza ed amicizia.
Erano presenti i vessilli delle sezioni di Luino, Saluzzo ed Ivrea, oltre a 42 gruppi delle sezioni di Aosta, Savona, Torino, Pinerolo, Luino
ed Ivrea con i rispettivi gagliardetti.
Ivo Chiolerio
CASCINETTE 50° Anniversario di Fondazione
Sono state due bellissime giornate di festa per la
comunità di Cascinette che si è unita agli Alpini del
Gruppo per festeggiare il loro 50º Anniversario di
fondazione. Una grande partecipazione di cittadini,
Gruppi Alpini, autorita’ civili e militari, Associazioni
d’Arma e culturali hanno coronato le manifestazioni
programmate per ricordare questo importante evento,
che hanno avuto inizio sabato sera 21 giugno u.s. con il
concerto di canti alpini e popolari di tradizione alpina,
tenuto presso il Centro Alberton di Cascinette.
Il concerto è iniziato con il Coro della nostra Sezione, diretto dal C.M. Capo Francesco Pozzo, con la presentazione dei brani in esecuzione da parte del Presidente Botaletto. Il Coro ha eseguito molto bene, e con
sentimento, i tradizionali canti suggeriti dagli eventi e
dalle emozioni vissute durante le guerre.
Il concerto è proseguito con il Coro “I Murfej” un
coro di Salto diretto dal “magister” Luca Aimonino, un complesso
formato da giovani elementi con un repertorio ispirato alla tradizione tipica canavesana, popolare ed alpina. Al termine grandi
applausi per entrambi e conclusione in allegria con un ricco buffet.
Domenica 22 giugno la giornata è iniziata sotto buoni auspici,
con un sole splendente che ha accompagnato gli Alpini nel corso di tutta la manifestazione. Dopo l’accoglienza e la cerimonia
dell’alzabandiera, il corteo, accompagnato dalla Fanfara Sezionale
impeccabilmente diretta dal Maestro M.llo Magg. Sergio Bonessio,
si è avviato verso il monumento ai caduti per rendere loro il doveroso onore. Ha poi avuto luogo la celebrazione della Santa Messa
officiata dal Vescovo Emerito mons. Bettazzi, che nella sua omelia
non ha mancato di rivolgere parole di elogio per l’impegno degli
Alpini nella solidarietà e nell’altruismo verso i bisognosi.
Quindi si è riformato il corteo che si è diretto verso Piazza
Chiaverano
16
3-2014
Alpini d’Italia dove sono state pronunciate brevi allocuzioni da
parte del Capogruppo Moià, del Sindaco Osenga, del Presidente
Barmasse e del Revisore dei conti nazionale Sala che ha portato
i saluti e gli auguri del Presidente Nazionale. Infine, il corteo si
è diretto verso la zona impianti sportivi ove si è svolto il pranzo
accuratamente preparato e servito dall’ Associazione Sant’Antonio
di Cascinette.
L’ammaina bandiera ha concluso la manifestazione cui hanno
partecipato 33 Gruppi della Sezione con i rispettivi gagliardetti.
Per noi Alpini di Cascinette è stato un grande giorno. È stato
meraviglioso ed appagante aver potuto celebrare il nostro 50º anniversario di Fondazione in modo così solenne e, per molto tempo,
ne conserveremo il ricordo.
GiorgioMosca
Gemellaggio con il
gruppo di Serravalle Sesia
Lunedì 2 giugno u.s. il nostro Gruppo ha festeggiato il gemellaggio con il Gruppo Alpini di Serravalle Sesia. Il legame di stretta
amicizia tra Chiaverano e la cittadina vercellese aveva preso vita
ad Ivrea, nello scorso settembre, in occasione del Raduno del 1°
Raggruppamento, quando il nostro CapoGruppo si era ritrovato
con un proprio commilitone di Serravalle.
La festosa giornata ha avuto inizio con la cerimonia dell’alzabandiera, cui ha fatto seguito l’inizio della sfilata per le vie di Serravalle, tra la gente festante, con l’accompagnamento della fanfara
alpina di Foresto. Lungo il percorso il corteo ha sostato al monu-
DAI GRUPPI
mento ai caduti, ove è stata deposta una corona d’alloro e sono
stati pronunciati i discorsi ufficiali dei sindaci di Chiaverano e di
Serravalle, nonchè gli interventi del Capogruppo di Serravalle, del
Presidente della Sezione Valsesiana e del Segretario della Sezione
di Ivrea Giuseppe Franzoso.
Dopo le orazioni ufficiali la sfilata si è riavviata recandosi presso
il monumento degli Alpini, ove è stato reso il doveroso omaggio,
concludendosi poi con la celebrazione della Santa Messa officiata
dal parrolo locale.
L’immancabile pranzo conviviale, organizzato presso il centro
anziani, ha degnamente coronato, nel migliore dei modi, la nascita
di un legame all’insegna della fraternità alpina, certamente destinato a rafforzarsi e consolidarsi nel tempo
Regruto Tomalino Andrea
CHIAVERANO
Lettere dal campo di prigionia
Il Gruppo ci ha inviato in copia alcune lettere che l’Alpino Pluma Adelmo di Chiaverano, internato in un campo di prigionia in
Germania durante il secondo conflitto mondiale, scrisse alla propria
famiglia. Indubbiamente si tratta di corrispondenze interessanti per
CHIAVERANO
l’aspetto storico e documentale delle condizioni dei nostri militari durante l’ultimo conflitto mondiale. Abbiamo scelto di pubblicare quella
scritta il 1° gennaio 1945 e pervenuta a destinazione non prima del
14.3.1945, come risulta dal timbro della censura apposto sulla lettera.
Auguri per i 99 anni
Formuliamo all’Alpino RAVERA EDEN, socio del Gruppo di Chiaverano, gli auguri dello Scarpone per aver raggiunto il ragguardevole traguardo dei 99 anni. (f.a.)
MAZZÈ
Un “pezzo” della nostra
Storia Alpina...
La storia alpina è da sempre sinonimo di solidarietà, di altruismo, e gli alpini del Gruppo di Mazzè hanno avvalorato questo
assioma con una bella iniziativa che, sicuramente, riscuoterà il
successo che merita. Il progetto, dovuto alla fervida mente del segretario Corrado Daynè, prevede di abbinare un “pezzo” di storia
alpina canavesana alla filantropia.
Dopo aver visto su ebay un spilla degli anni ‘30 del Battaglione
Ivrea, offerta ad Euro 159,99, Corrado ha deciso, con gli amici del
Gruppo di Mazzè, di replicarne il conio e di offrirlo ad un prezzo
quasi simbolico.
La bellissima spilla (cm. 3,3x2,3), replica in ottone rifinito a
smalti duri, verrà offerta ad Euro 6,00 al pezzo; non solo: tutto
l’utile dell’operazione sarà devoluto alla Sezione ANA di Ivrea per
progetti di solidarietà e beneficenza.
Le spille sono già disponibili e si possono
ordinare alla Sezione di
Ivrea oppure al Gruppo di
Mazzè (Corrado Daynè:
cell. 3470571948 - email
[email protected])
oppure Bruno Mila: cell.
3386948789).
Ancora una volta”TUCC
UN” anche nella Solidarietà!
17
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di Franco Amadigi
L’Operazione “Sorriso”
vista dall’altra parte
Rossosch: chiesa ortodossa e monumento con la stella russa unita al cappello alpino stilizzato
A
lcuni appassionati “camperisti” di
Orio Canavese compirono, nell’autunno del 2012, un suggestivo ed
interessante viaggio verso oriente fino a Samarcanda, nell’Uzbekistan, attraversando
i Balcani ed il Caucaso, ritornando poi in
Italia attraversando il Kazakistan, la Russia,
l’Ucraina e l’Europa dell’est. Gli Alpini di
Orio suggerirono agli escursionisti, durante il passaggio in Russia, di visitare la città di Rossosch ove, durante la sfortunata
campagna di Russia nel secondo conflitto
mondiale, era situata la sede del comando
del Corpo d’Armata Alpino.
Fermatisi a Rossosch, i camperisti visitarono l’asilo costruito dall’ANA e furono
stupiti di trovare, ospitato al suo interno,
un piccolo museo che recava la denominazione “Museo Storico Italiano della Guerra”. Ovviamente, si trattava dell’ennesima
memoria della campagna di Russia, questa
volta, però, vista dall’altra parte.
Nel piccolo museo, curato ed allestito da
Alin Morozov, professore di storia a Rossoch, i visitatori potevano prendere visione
di una interessante raccolta di cimeli, fotografie e documenti molto interessanti; inoltre risultava disponibile nella versione in
18
3-2014
italiano, per chi lo voleva acquistare, una
interessante raccolta di memorie autobiografiche scritte dallo stesso Morozov in un
volume dal titolo “Dalla lontana infanzia
di guerra”.
Il libro, improntato a sentimenti di profonda pietà senza alcuna indulgenza verso
la prepotenza inumana della guerra, recava
la prefazione di Mario Rigoni Stern, circostanza che ha particolarmente stupito i
nostri viaggiatori.
In quello scritto il nostro amatissimo
scrittore, purtroppo scomparso da alcuni
anni, con la sua scrittura semplice, ma potente, testimonia i tragici momenti della
guerra in Russia con una forza espressiva
che merita di essere portata a conoscenza
sia nell’introduzione che nella parte finale:
«Era nell’inverno del 1942, in gennaio,
quando incontrai per la prima volta i ragazzi russi, i malenki, che la guerra aveva
resi orfani, o dispersi, o vagabondi, o conviventi con vecchie bàbuscke o, anche, piccoli
partigiani.
Lungo la ferrovia, in quel freddissimo
inverno che aveva fermato i te­deschi alle
porte di Mosca, l’inverno più freddo nella
memoria storica, que­sti ragazzi si avvicina-
vano furtivi alla nostra tradotta per chiedere un pezzo di pane o di galletta sfidando
le ire e qualche volta le fucilate delle sentinelle tedesche. «Ital’janski dai galieta!»
dicevano spalancando i grandi occhi nel
viso affilato sotto rustiche e grandi berrette.
Quando arrivammo a Rikovo, come uccelletti attirati dalla fame, ven­nero in molti
attorno alle cucine del Cervino per offrire
i loro servizi: prov­veder l’acqua e la legna
per il rancio, lavare le marmitte per avere
in cambio un tozzo di pagnotta rimasta in
fondo ai sacchi della spesa o un mestolo di
minestra. Dopo qualche giorno fu come se
anche loro fossero «in forza» al battaglione.
Ma anche gli altri reparti del CISR avevano i loro ragazzi da sfamare. Molte volte
nascevano affetti, e più d’uno in misere condizioni venne rico­verato nei nostri ospedali.
In quel tempo, sempre a Rikovo, un bambino ebreo fu salvato dalla deportazione, o
meglio dalla eliminazione, dalla pietà di
un ufficiale medico.
Durante la ritirata del gennaio 1943 ne
abbiamo incontrati dentro le isbe o nascosti
nei ripostigli sotterranei che aspettavano
che passasse la bat­t aglia e il ritorno dei
loro soldati. Ci guardavano piangendo con
occhi im­ploranti: «Mir! Mir!» Pace, pace
sembrava chiedessero.
Ecco, ora un malenko svelto e vivace,
intelligente e scaltro visse la sua guerra a
Rossosch dove c’era il comando del Corpo
d’Armata Alpino e ci racconta la sua storia,
che è un po’ anche la nostra.
............(.) E arriva il 14 gennaio 1943
quando i carri armati russi T34, ala di una
offensiva invernale che per loro segnerà una
grande riscossa, si presentano nella città
dove ha sede il comando del nostro Corpo
d’Armata Alpino. Alim ci racconta la sua
paura e la sua speranza, la battaglia per le
vie, l’abbando­no della città da parte degli
italiani, i caduti nostri e suoi. Il triste passaggio dei prigionieri. E i mucchi di lettere
abbandonate dove c’erano gli uffici del­la
Posta Militare: lettere che non furono mai
recapitate, nè lette.
Alim, caro malenko, cresciuto tra gli orrori della guerra, anche tu, ora, sei diventa-
to nonno, dièduska, e guardi ai tuoi nipoti
come tutti i nonni del mondo, e racconti
la tua storia perché ami la pace. Noi, tuoi
«nemici» vedia­mo in te tutti i ragazzi russi
che allora soffrirono e piangevano, e la tua
gente, e le donne che di noi avevano pietà
e pena. Grazie per questa tua storia che ci
illumina di pace e di speranza».
Mario Rigoni Stern
Uno scorcio interno del “Museo Storico italiano della guerra”
Le ultime pagine del libro di Morozov
sono interamente dedicate all’”Operazione
Sorriso”. Per evidenti ragioni di spazio sintetizziamo il più possibile quanto, con dovizia di particolari, egli scrive in ordine a
quella meravigliosa operazione che nacque
nel giugno del 1991, quando il Vice Presidente Nazionale dell’ANA Ferruccio Panazza, reduce di Russia, venne a Rossosch
con un gruppo turistico. Durante il suo ritorno in Italia, parlando con gli amici della
emozionante visita sul Don, così si esprimeva: «Nel rivedere i posti dove avvennero
le battaglie, il vecchio edificio mezzo distrutto di Rossosch nel quale era situato il
quartier generale del Corpo Alpino, io non
potei rimanere indifferente e mi nacque il
pensiero che sarebbe stato bello costruire
lì qualcosa in ricordo dei ragazzi italiani e
russi caduti in quei luoghi».
L’idea di Panazza, che affascinò subito gli
Alpini, venne sostenuta e decisa dal Consiglio Nazionale dell’ANA nel settembre
1991 ed ebbe subito favorevole accoglienza
dalla città di Rossosch, che invitò gli Alpini a scegliere fra tre possibili realizzazioni:
una farmacia, un ospedale per veterani e
un’asilo d’infanzia. Un mese dopo a Ros-
sosch arrivò una delegazione dell’ANA con
a capo il Vice Presidente Nazionale, ed il
16 ottobre 1991 Panazza sottoscrisse con
il Presidente del Comitato Esecutivo del
Consiglio Comunale un protocollo per la
costruzione nella città di un asilo, cui gli
Alpini, nel corso dell’insolita realizzazione,
diedero il nome di “Operazione Sorriso”.
Nel gennaio del 1992 iniziò subito la raccolta dei mezzi per l’operazione; dall’Italia
vennero portati tutte le attrezzature ed i
materiali necessari, ad eccezione del cemento, dei mattoni e della sabbia.
La parte più difficile per la costruzione
dell’asilo stava sulle spalle dei volontari.
Afferma Morozov nel suo libro che ogni
due settimane un aereo militare e da carico
della Repubblica portava a Voronez 30-35
persone che venivano a lavorare gratuitamente usando il periodo delle loro ferie.
Tuttavia i volontari risultavano talmente
numerosi che si dovette organizzare tra di
loro una sorta di concorso.
I lavori di costruzione e l’organizzazione
delle “vacanze” e della vita quotidiana degli
Alpini, che lavoravano tutti in sintonia e
puntigliosamente, era posta direttamente
sotto la responsabilità dell’ANA che a Ros-
sosch mantenne costantemente presente
qualcuno del Consiglio Direttivo Nazionale. Spesso veniva a fare visita il Presidente
Leonardo Caprioli.
Nello stesso tempo assiduo e costante
era il controllo su come procedeva la costruzione, esercitato a turno da uno degli
autori del progetto, tra i quali l’ingegnere
Sebastiano Favero (l’attuale Presidente Nazionale dell’ANA n.d.r.).
Il calendario dei lavori venne rispettato puntualmente e nel settembre del 1993
l’opera era compiuta: i rapporti di amicizia fra gli abitanti di Rossosch ed i veterani
dell’Associazione Nazionale Alpini si erano
concretizzati in una meravigliosa costruzione!
Il 19 settembre 1993, alla presenza delle
delegazioni dei Ministeri della Difesa italiano e russo, fu portata a termine l’iniziativa
pacifica più sbalorditiva per l’organizzazione, le modalità di attuazione ed il suo
significato internazionale.
Conclude Morozov che Leonardo Caprioli ebbe a riconoscere che fra i progetti
che era riuscito a portare a termine, il più
importante e ricco di soddisfazioni era stato L’”Operazione Sorriso”.
19
3-2014
Un romanzo di Barsimi
tra fantasia e realtà
Grande interesse ha suscitato la
presentazione del volume “La lupa e
il leone” frutto della pen­na della giornalista e storica ponsammartinese,
Margherita Barsimi, preziosa collaboratrice de “Lo Scarpone Canavesano”. «È una storia vera e un libro
d’amore: l’amore di Egisto ed Elisa,
ai quali la vita ha rega­lato un destino comune - com­menta la scrittrice
- L’abbando­no alla nascita da parte
dei geni­tori naturali avrebbe potuto
renderli dei proscritti, dei reiet­ti, non
riconosciuti dai genitori, disprezzati
dalla società. Ma in essa trovano supporto grazie a due istituzioni secolari
che per­mettono, a chi non possiede
di suo nemmeno un cognome, di es-
sere accolto in una grande fa­miglia.
Per Egisto è l’Arma dei carabinieri,
nella quale trova la dignità personale e il punto di riferimento sociale
mentre per Elisa è l’Opera Pia Santa Maria della Pietà, dove gli orfani
ven­gono accolti ed educati».
Mar­gherita Barsimi ambienta que­
sto racconto, che potrebbe a tutti gli
effetti essere una storia per il cinema,
in due città: Ro­ma e Venezia. Elisa e
Egisto so­no due personaggi reali: i
geni­tori dell’autrice, consapevole di
non aver rispettato il desiderio di suo
padre che, per tutta la vi­ta, nascose la
sua vicenda di fi­glio illegittimo dietro
il paraven­to del rispetto umano. «Ho
tro­vato nelle situazioni che per mio
padre erano motivo di ver­gogna, occasioni di rivincita so­ciale e di legittimo orgoglio», evidenzia Margherita
Barsimi.