14 SABATO 2 AGOSTO 2014 Plus24 - Il Sole 24 Ore N. 623 risparmio & investimenti derivati chiari e patologie finanziarie Rispunta l’ipotesi usura nei derivati Una Ctu considera l’«anticipo» dato sullo swap come un finanziamento implicito Marcello Frisone Macroscopici elementi di usurarietà nel Sunrise swap stipulato da una società manifatturiera (la Eurobox di Nocera Inferiore) con UniCredit. A dirlo, nero su bianco, non è la sentenza numero 1385 del 26 marzo scorso del Tribunale di Salerno (presidente Ricciardi; relatore Iannicelli) - che ha accolto l’azione di nullità dei contratti derivati ma la corposa (ben 427 pagine) Consulenza tecnica d’ufficio (Ctu) richiesta dal Tribunale e che ha affrontato, tra l’altro, un tema di "frontiera" come quello della possibile usura implicita nei derivati (si vedano su questo argomento «Plus24» del 20 febbraio e del 16 ottobre 2010). la vicenda Il caso è quello tipico di un’impresa che dal 2000 al 2007 ha stipulato tre swap (Convertible, Sunrise e Inflazione) sui tassi di interesse e numerose opzioni su cambi. Il Tribunale di Salerno, dopo aver accertato la presenza di firme false sul contratto quadro degli swap e la mancanza di un contratto quadro per le opzioni, ha condannato UniCredit (che interpellata da Plus24 ha fatto sapere «che valuterà il ricorso in appello») a restituire alla Eurobox (nel frattempo fallita) 1 milione e 985mila euro, oltre agli interessi e alle spese della consulenza tecnica. la ctu Nel corso del giudizio, il Tribunale di Salerno ha disposto una Consulenza tecnica d’ufficio affidata a Claudio Rispoli, commercialista e docente a contratto di Contabilità presso l’Università del Sannio nel 2013, coadiuvato dal professor Gennaro Olivieri, attuario e ordinario di matematica finanziaria presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma) al fine di analizzare gli aspetti finanziari dei derivati. In oltre 400 pagine, i tecnici incaricati dal Tribunale hanno descritto i contratti derivati sui tassi e le opzioni sui cambi come prodotti non semplici (plain vanilla) ma complessi e strutturati - costituiti cioè dalla combinazione di più prodotti plain vanilla e non - rischiosi, squilibrati nelle alee, privi di effettiva efficacia di copertura e con ingenti costi impliciti (821mila euro circa). i primi «casi» l’usura L’aspetto più innovativo della perizia consiste, tuttavia, nell’emersione nei derivati di finanziamenti impliciti che, in quanto tali, avrebbero dovuto rispettare la normativa vigente in tema di usura. La Consulenza tecnica d’ufficio facendo riferimento a precisi dati normativi e a copiosa giurisprudenza, ha confermato la presenza di finanziamenti impliciti all’interno degli swap, costituiti dagli upfront consegnati dalla banca al cliente in occasione delle rinegoziazioni dei derivati. In particolare, la Ctu ha accertato che il cliente si è visto accreditare dalla banca un upfront (una sor- su plus24 del 20 febbraio 2010 Oltre quattro anni fa abbiamo dato conto di una ricerca del Centro studi Almaiura sul possibile fronte usura sui derivati. Fino ad adesso non risultano sentenze che accertino l’usura nei derivati ma soltanto studi e Consulenze tecniche d’ufficio (Ctu) Y filo diretto Per capirne di più inviate il vostro contratto derivato in formato Pdf all’indirizzo e-mail: [email protected] ta di "anticipo") di 377mila euro (anziché di 868mila come avrebbe dovuto essere per rendere il contratto equo per chiudere precedenti derivati e che la banca si è fatta promettere la restituzione di questo finanziamento, ovverosia dell’upfront, con i flussi attesi del Sunrise swap. I calcoli sviluppati dai professionisti hanno evidenziato la presenza di un tasso di finanziamento ex ante ben superiore, per tutta la durata del contratto, ai tassi soglia previsti dalla normativa e riferiti alla pertinente categoria di operazioni. conclusioni L’usurarietà implicita nei contratti derivati potrebbe costituire un fronte di nuovo contenzioso tra imprese e banche in quanto ci potrebbero essere problemi di validità dei contratti stipulati in questi anni sui derivati. Infatti le transazioni sui contratti usurari (e quindi illeciti) potrebbero considerarsi nulle ed essere quindi impugnate dai clienti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ad Alessandria la «soglia» non viene superata Per i giudici piemontesi contro UniCredit elementi contraddittori Se nel caso della società Eurobox (si veda articolo sopra) i consulenti del giudice hanno riconosciuto l’usura nei derivati - aspetto che però il Tribunale di Salerno non ha considerato in quanto si è limitato a decidere soltanto sulla base di aspetti formali - il Tribunale di Alessandria (sentenza numero 156 del 9 aprile scorso) ha assolto due dipendenti UniCredit pro- prio per il reato di usura nei derivati. Vediamo il perché. La vicenda (si vedano «Plus24» del 4 dicembre 2010 e del 21 aprile 2012) è iniziata con la vendita, tra il 2000 e il 2002, di tre derivati da UniCredit alla Nuova BB Srl (azienda idro-termosanitaria di Bistagno, Alessandria). Dopo ingenti perdite, la società ha depositato una denuncia per due reati truffa contrattuale (prescritta) e usura - dalla quale è scaturito un processo penale nei confronti di due dipendenti UniCredit, nonostante in sede civile lo stesso istituto abbia concluso una transazione con la Nuova BB, restituen- do quasi il doppio del valore del danno patito dall’azienda (90mila euro). Il Tribunale di Alessandria ha assolto i due imputati (comma 2 dell’articolo 530 del Codice di procedura penale) perché gli elementi dell’accusa si sono rivelati contraddittori. Il Tribunale, infatti, dopo aver accertato che l’upfront riconosciuto alla cliente è di certo un finanziamento e che su questa natura non incide l’incertezza della sua restituzione, ha affermato che si può parlare di usura in uno swap soltanto se si prova che, già al momento della conclusione, sia stato pattuito un tasso usurario. il rinvio a giudizio della banca su «plus24» del 21 aprile 2012 Due anni fa abbiamo dato conto del processo Nuova BB-UniCredit Nel caso della Nuova BB, però, l’attività istruttoria non è riuscita a dimostrare questo aspetto. In particolare, l’accusa non ha indicato in base a quale procedimento logico-matematico e in base a quali dati e calcoli sia stato individuato un tasso del 35%; ciò non è emerso né dalla consulenza tecnica di parte né dall’audizione nel corso del processo della professionista che l’ha redatta. Questo è stato il motivo per cui il Tribunale non ha neppure disposto una Consulenza tecnica d’ufficio (Ctu). [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA San Marino, tra la via Emilia e il (Far) west Karnak, quasi tutti a giudizio gli indagati per i dossier pirata Stefano Elli Menti criminali a processo. Il Gup di Rimini Vinicio Cantarini ha accolto la richiesta dei pm Davide Ercolani e Luca Bertuzzi per il rinvio a giudizio di quasi tutti gli indagati nella vicenda della società sammarinese Karnak. Il processo inizierà a Rimini il 29 gennaio prossimo. Il gip ha rigettato le eccezioni preliminari avanzate dalle difese per questioni di competenza territoriale e ha ammesso la costituzione di parte civile della so- cietà Errebian, concorrente della Karnak danneggiata dai reati di accesso abusivo alle banche dati della Guardia di Finanza e delle forze di Polizia. Per ogni epilogo c’è un prologo, eccolo. Era una potenza finanziaria che agiva da San Marino (in odore di dumping fiscale) quella della Karnak, società che aveva il cuore pulsante sul Titano e la testa rivolta, soprattutto, a Roma. Era alla capitale infatti e alla pubblica amministrazione che si rivolgeva la rete di vendita di articoli di cancelleria dell’azienda presieduta da Marco Bianchini, imprenditore sammarinese, titolare tra l’altro della Fingestus, chiacchierata fiduciaria-finanziaria sammarinese. Articoli venduti a condizioni sin troppo buone a una serie di soggetti ed en- ti pubblici, tra i quali l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e altri corpi dello Stato in una sorta di salto in alto che aveva come asticella un’imponibile fiscale sostanzialmente più basso rispetto ai concorrenti italiani che consentiva a Karnak di arrivare laddove ad altri ogni strada era preclusa. Ma la condizione di sostanziale monopolio nella quale operava la Karnak non poteva non indispettire la concorrenza (Errebian appunto) che si è trovata a fronteggiarla nelle aule di Tribunale. E d’altra parte una prassi di aggiramento fiscale tanto scoperta non poteva non attirare l’attenzione dell’agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza di Rimini, così come del suo Comando Generale. Che infatti sul conto della Karnak avevano Marco Bianchini a capo della Karnak avviato una serie di controlli. Il punto è che Karnak per mettere in sicurezza il suo business, si era affidata a un’agenzia di investigazioni gestita da Salvatore Vargiu che aveva ottime entrature presso il comando riminese della polizia tributaria. Era - secondo l’accusa un sottufficiale della Gdf, Enrico Nanna, a informare nei dettagli Bianchini e soci, delle iniziative intraprese sia dall’agenzia delle Entrate sia dal locale comando della polizia tributaria nei confronti della Karnak. Oltre ad accedere abusivamente agli archivi informatici per ottenere informazioni sulle condizioni della concorrenza. Un’attività che i magistrati non hanno considerato solo sleale, ma anche corruttiva. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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