ESOFAGO DI BARRETT CRITERI DIAGnOSTICI E FOllOw-up

ESOFAGO DI BARRETT
Criteri diagnostici e follow-up
Renzo Cestari1-3, Vincenzo Villanacci2
con la collaborazione di Gianpaolo Cengia1, Marianna Salemme2
U.O. Chirurgia Endoscopica Digestiva, 2Anatomia Patologica, A.O. Spedali Civili Brescia
3
Corso Integrato di Malattie dell’Apparato Digerente, Università degli Studi di Brescia
1
Revisione a cura di J.Z.A Jankowski
Queen Mary University of London, England, United Kingdom
L’Esofago di Barrett (EB) è una complicanza cronica della
Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE), con prevalenza variabile dall’1% al 3%, e rappresenta il principale
fattore di rischio per adenocarcinoma esofageo (ACE),
attraverso un processo multifasico, dalla metaplasia intestinale (MI) alla Displasia a Basso Grado (LGD) e Alto
Grado (HGD), al cancro intramucoso (IMC).
È pertanto cruciale la sinergia endoscopista-patologo,
nell’individuare e confermare la presenza di EB e delle
lesioni correlate.
Endoscopicamente L’EB viene univocamente definito
come la presenza, a livello esofageo, di epitelio colonnare
che sostituisce il normale rivestimento squamoso esofageo. Per contro, la definizione istologica di EB è tuttora
controversa; negli Stati Uniti e in Europa tale condizione
viene definita come “la presenza di metaplasia intestinale
a livello esofageo”, cioè il riconoscimento di cellule caliciformi mucipare all’interno della mucosa esofagea (Figura
1). In Giappone e nel Regno Unito tale condizione non
presuppone la presenza di metaplasia intestinale, ma
comprende qualsiasi modificazione metaplasica di tipo
gastrico a carico dell’epitelio squamoso esofageo, anche
in assenza di cellule caliciformi mucipare.
anche in soggetti pauci- o asintomatici, in relazione ad
una ridotta sensibilità viscerale all’insulto acido prolungato. L’EB presenta inoltre una maggiore incidenza in caso
di familiarità (6% nei pazienti con familiari di I grado).
I criteri anamnestici e clinici di
rischio per EB sembrano essere:
sesso maschile
età > 50 anni
storia di MRGE di lunga durata
familiarità per cancro esofago-cardiale
obesità viscerale.
Come diagnosticare l’EB?
L’indagine endoscopica rappresenta, a tutt’oggi, l’unica
metodica in grado di sospettare, definire e confermare,
insieme all’esame istologico, la presenza dell’EB, con
una sensibilità fino al 90%.
L’EB si caratterizza per la presenza di tessuto rossastro in
netto contrasto con l’epitelio nativo esofageo biancastro,
di morfologia ed estensione variabile, prossimalmente
alla giunzione squamo-colonnare (Linea Z).
Presupposto fondamentale, durante l’ispezione enQuali sono i fattori di rischio
doscopica, è la precisa identificazione di alcuni reperi
anatomici, quali la giunzione esofago-gastrica (EGJ per EB?
Più frequentemente (60% circa) i soggetti con BE pre- Esophago Gastric Junction) e squamo-colonnare (SCJ
sentano una storia clinica di MRGE di lunga durata e di - Squamo Columnar Junction - Linea Z).
intensità medio-severa, anche se non è raro il riscontro L’EGJ viene identificata dal limite superiore delle pliche
gastriche (in Occidente) o dalla
presenza dei vasi “a palizzata”
Figura 1: EB definito dalla presenza di metaplasia intestinale a carico
iuxtacardiali (in Oriente) e dal
dell’epitelio esofageo distale
punto di passaggio fra una cavità
tubulare (esofago) e una sacciforme (stomaco), differenziandola dallo jatus diaframmatico con
lo “sniff test”.
La Linea Z, in assenza di flogosi
marcata, è facilmente identificabile per il netto contrasto cromatico tra epitelio bianco-perlaceo
o roseo dell’epitelio squamoso e
quello più rosso dell’epitelio colonnare.
Va inoltre considerata la diretta
correlazione esistente tra l’aspetto endoscopico della linea
Z e la presenza di EB, secondo
Ematossilina-eosina
Colorazione istochimica Alcian-Pas
la classificazione della morfologia
Giorn Ital End Dig 2014;37:209-214
DEFINIZIONE
209
ESOFAGO DI BARRETT
Criteri diagnostici e follow-up
della linea Z stessa in quattro gradi (Z-Line Appearance - ZAP), che rappresenterebbe un criterio morfologico
predittivo di BE.
ZAP 0 Linea Z di aspetto regolare, senza digitazioni
ZAP I Linea Z con lieve irregolarità senza tuttavia
digitazioni
ZAP II Linea Z con digitazioni di estensione < 3 cm
ZAP III Linea Z ampiamente digitata, con estensioni > 3 cm.
Al fine di standardizzare la diagnosi endoscopica di EB, dal
2004 viene impiegata la Classificazione C&M di Praga
(Figura 2) che considera sia l’estensione circolare che prossimale dell’EB, utilizzando reperti endoscopici facilmente riproducibili (C: distanza della giunzione squamo-colonnare
da quella esofago-gastrica; M: estensione massima della
metaplasia indipendentemente dalla sua morfologia).
Un importante ausilio diagnostico è rappresentato dall’applicazione di tecniche di cromoendoscopia ottica, mediante impiego di acido acetico (0,5-1%) e di coloranti
(blu di toluidina, blu di metilene, soluzione di Lugol, indaco
carminio), associati all’uso di endoscopi ad alta definizione
ed eventualmente con visione magnificata. Questa tecnica
consente di classificare diversi tipi di pattern della mucosa, con caratteristiche predittive di anomalie architetturali
e cellulari:
tipo I: piccole cavità circolari di forma e dimensioni
uniformi
tipo II: cavità a fessura
tipo III: strutture cerebriformi e villiformi
tipo IV: strutture di dimensioni e disposizioni irregolari
tipo V: pattern destrutturato.
Renzo Cestari et al > Esofago di Barrett
210
1
Gli Autori Giapponesi hanno confermato come i pattern di
tipo I, II e III non risultino associati istologicamente a cancro,
mentre si riscontra cancro precoce nel 40% dei campioni bioptici con pattern di tipo IV e nel 40 % circa di quelli
con pattern di tipo V, con sensibilità del 100% e specificità dell’90%. Pe incrementare l’accuratezza diagnostica
dell’indagine, si possono impiegare tecniche di cromoendoscopia elettronica, quali Narrow-Band Imaging
(NBI®), Hi-scan® e FICE® che amplificano la visualizzazione del dettaglio superficiale impiegando filtri luce selettivi
accoppiati ad endoscopi ad alta definizione. L’NBI utilizza
Figura 2: EB C2M7 secondo Praga (Hi-scan®)
Giunzione
esofago-gastrica
Segmento C
2cm
Segmento M
7cm
sistemi ottici con lunghezza d’onda variabile (filtri per blu,
rosso, verde), integrati con magnificazione e l’incremento
visivo del dettaglio mucoso è fondato sull’elevata intensità
della luce blu, che definisce al meglio le strutture superficiali grazie alla bassa profondità di penetrazione nel tessuto;
inoltre, l’assorbimento della luce blu da parte dell’emoglobina consente un’accurata valutazione delle strutture vascolari della mucosa.
Mediante studio NBI, si classificano tre pattern di superficie mucosa (rilevata/villosa, circolare o irregolare) e due di
vascolarizzazione capillare (normale, anormale), per l’identificazione di metaplasia intestinale e displasia o neoplasia,
con elevata sensibilità (86-100%) e specificità (77-90%).
L’Endomicroscopia Confocale Laser (Confocal Laser
Endomicroscopy - CLE) è una altra tecnica di visualizzazione dinamica della superficie mucosa, che consente
scansioni tissutali a differenti profondità, offrendo il dettaglio
delle cripte ghiandolari, del reticolo capillare e delle singole
cellule epiteliali con il flusso ematico satellite.
Questa metodica, eseguibile con endoscopi dedicati (eCLE- endoscope-based CLE), o con sonde flessibili
(pCLE- probe-based CLE) in strumenti standard o ad alta
risoluzione, fornisce scansioni della superficie mucosa variabili dai 55 μm ai 65 μm (e-CLE) fino a 250 μm (p-CLE).
Già dai primi risultati (2006), l’accuratezza nella diagnosi di
EB, displasia e cancro correlati è stata elevata (dal 92% al
97%), consentendo una standardizzazione dei reperti in sistemi classificativi ( ad esempio la Mainz Confocal Barrett’s
Classification).
Il maggior vantaggio di questa tecnica, potrebbe essere
quello di consentire diagnosi istopatologiche in tempo reale
e di ridurre la necessità di prelievo bioptico, ma la limitazione principale rimane la ridotta performance sull’intera
superficie del tessuto patologico da analizzare, rendendo
pertanto la sua applicazione complementare allo studio
con altre metodiche; inoltre, l’acquisizione, l’interpretazione e la riproducibilità delle immagini richiedono particolare
esperienza e addestramento.
Queste tecniche forniscono maggiore accuratezza diagnostica anche nel guidare il campionamento bioptico standard, con evidenza di aree patologiche, di tipo focale, diffuso o associate a nodularità, aree depresse, discromie o
ulcerazioni (“lesioni visibili”), alterazioni morfologiche che
presentano un rischio di cancerizzazione 2.5 volte superiore. La maggior parte di tale lesioni su EB sono classificabili
come di tipo II secondo la Classificazione di Parigi (Figura
3), in particolare IIa + IIc o IIa + IIb, con diretta correlazione
alla profondità di infiltrazione, indicativa del rischio di invasione sottomucosa e, quindi, di metastasi linfonodali. In assenza di lesioni visibili, l’EB viene classificato come “piatto”
Figura 3: lesione visibile tipo Iia-IIc su EB C3M5 (Hi-scan®)
o “flat” e tale distinzione, oltre a differenziare la malattia secondo la Classificazione di Praga, condiziona l’orientamento della sorveglianza e la modalità di trattamento (resettivo
vs ablativo).
Qual è il numero e la sede di biopsie
che il patologo deve ricevere?
La diagnosi di EB necessita di un campionamento bioptico
sistematico e accurato della giunzione squamo-colonnare
(Linea Z), e di ogni area con apparenza metaplastica in
esofago, indipendentemente dall’estensione nonché di
biopsie in stomaco e su mucosa esofagea apparentemente normale.
Le più recenti linee guida nell’ambito dell’EB prevedono un
ampio campionamento bioptico, con biopsie eseguite nei 4
quadranti dell’esofago distale (al di sopra della linea Z, nella
c.d. “area del Barrett”) ogni 2 cm e ogni 1 cm se è stata
diagnosticata una displasia in precedenza. In particolare
le biopsie devono essere mantenute separate in modo da
permettere una precisa identificazione topografica da parte
del patologo (Figura 4).
Come devono essere trattate
le biopsie?
È auspicabile che le biopsie eseguite e mappate con precisione siano correttamente orientate su filtri di acetato di
cellulosa e poste in adeguati contenitori contenenti formalina (Figura 5).
Quali sono gli elementi istopatologici
fondamentali per la diagnosi di EB?
Poiché l’EB rappresenta il principale fattore di rischio per
adenocarcinoma esofageo (ACE), è pressante la necessità
di una chiara e precisa definizione di questa condizione paFigura 6A: displasia di basso grado insorta in EB
Figura 5: filtri di acetato di cellulosa già tagliati
per il posizionamento delle biopsie
tologica, al fine di pianificare un programma di sorveglianza
adeguato al singolo paziente. Nonostante ciò il ruolo della
metaplasia intestinale nella definizione di EB è ancora oggi
dibattuto; recentemente, alcuni Autori hanno sottolineato
come un ruolo importante in quest’ambito sia dovuto alla
fase pre-analitica e quindi ad un adeguato campionamento
bioptico; secondo questi studi la metaplasia intestinale è
una caratteristica quasi sempre presente nella condizione
di EB e molto spesso non viene riscontrata a causa di un
insufficiente numero di biopsie effettuate.
Sulla scorta di queste evidenze, numerosi studi hanno valutato il rischio di sviluppo di displasia e/o cancro in relazione
alla presenza o meno di metaplasia intestinale nell’epitelio
esofageo; nella nostra esperienza l’analisi di diverse serie
di casi diagnosticati come EB e valutati nel follow-up (da
4 a 12 anni), ha permesso di dedurre come la presenza di
metaplasia intestinale sia un importante fattore di rischio
per la progressione maligna dell’EB verso displasia e cancro, la cui corretta definizione istologica si basa quindi sulla
identificazione di questa caratteristica morfologica.
La progressione istologica dell’EB:
la displasia
Il principale marcatore di progressione nel BE è rappresentato dalla displasia, trasformazione inequivocabilmente
neoplastica dell’epitelio, espressione di un danno del DNA
che non può regredire e rappresenta un passo importante nella progressione verso il cancro; da un punto di vista
morfologico viene classificata in basso grado (Low Grade
Dysplasia - LGD) e alto grado (High Grade Dysplasia HGD) sulla base di precise caratteristiche istologiche.
Nella LGD (Figura 6A) le cripte ghiandolari presentano
un’architettura relativamente conservata con atipie citocariologiche (nuclei ipercromici, con contorno irregolare e
cromatina densa) limitate alla porzione basale delle stesse;
nella HGD (Figura 6B) il grado di atipia citologica e archiFigura 6B: displasia di alto grado insorta in EB
Giorn
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LUNEDì
- I SESSIONE
Figura 4: schema del corretto campionamento
bioptico nell’ambito di EB
211
15
ESOFAGO DI BARRETT
Criteri diagnostici e follow-up
tetturale è maggiore, con cripte ghiandolari ramificate e nuclei marcatamente pleomorfi e vescicolosi, con numerose
mitosi atipiche.
La displasia insorta in EB ha molto spesso una distribuzione focale; per questo è fondamentale eseguire un ampio
campionamento bioptico per la sua corretta identificazione.
Nonostante questo, dal punto di vista istopatologico vi è
un elevato grado di soggettività nell’interpretazione della
displasia con uno scarso “inter-observer agreement” riportato in diversi lavori in letteratura e per la quale è stata creata la categoria “indefinita per displasia” in cui l’incertezza
diagnostica impone la ripetizione delle biopsie oppure più
semplicemente un secondo parere da parte di un patologo
dedicato. L’assenza di displasia nell’EB (NDBE) condiziona le probabilità di evoluzione sia verso HGD (0,5% circa)
che ad ACE (0,3-0,6%), anche se alcuni Autori, per contro, riportano progressione a LGD nel16,1%, ad HGD nel
3,2% ed a IMC nel 2%. Anche la propensione della LGD a
progredire ad ACE risulta estremamente variabile, in relazione alla bassa concordanza nella diagnosi istologica, con
rischio dello 0,77% annuo, mentre in caso di conferma da
parte di due patologi dedicati, tale evento può variare dal 3
al 15%. Univocamente riconosciuta è, invece, l’incidenza
di cancro in portatori di HGD, compresa tra il 15 e il 60%.
Dall’esperienza personale appare non condivisibile, allo
stato attuale, il concetto di “regressione” della displasia,
peraltro riportato in letteratura e verosimilmente da attribuire
ad un insufficiente campionamento o ad una errata valutazione da parte del patologo.
FOLLOW UP
Il rischio neoplastico dell’EB giustifica l’applicazione di
programmi di sorveglianza, con lo scopo di selezionare
i pazienti maggiormente predisposti all’insorgenza di modificazioni displastiche, così da effettuare in fase precoce
un trattamento curativo, eventualmente conservativo, anche se, ad oggi, nessun parametro clinico né endoscopico
(età, sesso, obesità, fumo, dieta, lunghezza dell’BE, presenza di ernia jatale) sembrerebbe predirne l’evoluzione;
analogamente il ruolo dei biomarkers, pur studiato, non
è ancora validato su larga scala da analisi prospettiche e
randomizzate.
Attualmente la strategia di sorveglianza endoscopica più
condivisa è quella proposta e rivalutata recentemente
dall’American College of Gastroenterology, come segue:
Renzo Cestari et al > Esofago di Barrett
212
1
Displasia
Diagnosi
Follow up
Assente
2 EGD con biopsie
entro 1 anno
EGD ogni 3 anni
Lesione visibile
Resezione endoscopica
Conferma EGD+biopsie
entro 6 mesi
EGD ogni anno fino
alla scomparsa (x2)
LGD
II consulto patologo
esperto
Lesione visibile
HGD
Ripetizione
EGD+biopsie entro 3
mesi per esclusione CA
Resezione endoscopica
(EMR/ESD)
EGD + biopsie ogni 3 mesi
o Chirurgia
II consulto patologo
esperto
In caso di primo riscontro di displasia, risulta opportuna una
successiva conferma ad opera di un patologo di riferimento, in quanto proprio a causa dell’elevato grado di soggettività nell’interpretazione della condizione displastica (fino
al 70%), è importante affidarsi ad un patologo “dedicato”,
che identifichi correttamente la displasia, differenziandola
da condizioni reattive (esofagite concomitante).
La c.d. “displasia non confermata” è infatti presente in percentuali elevate (dal 28 al 61%) nei pazienti con EB sottoposti a programmi di sorveglianza endoscopica.
In presenza di HGD, per il riscontro nel 50% dei casi di
cancro iniziale e/o invasivo all’esame del pezzo chirurgico in
relazione all’estrema frequenza di multifocalità dell’adenocarcinoma su BE (45%), deve essere considerata la scarsa
capacità di stadiazione dei protocolli bioptici standard.
Ciò presuppone l’impiego di tecniche diagnostiche che
consentano l’asportazione “en bloc” del tessuto patologico
per confermare e definire la displasia e per stadiare una neoplasia intra-epiteliale associata.
Tecniche diagnostiche
complementari:
Resezione Endoscopica
Come ampiamente dimostrato dall’esperienza clinica e dagli studi di follow up, il riscontro di “lesioni visibili” (ulcere,
nodulazioni, discromie depresse, rilievi polipoidi) o di HGD
su mucosa piatta rappresenta un reale fattore di rischio per
l’insorgenza di cancro su EB.
Al fine di ottenere una stadiazione accurata della lesione
è possibile utilizzare metodiche endoscopiche resettive
(Mucosectomia- EMR, Dissezione Sottomucosa- ESD) che
consentano, oltre all’asportazione del tessuto patologico,
un’adeguata stadiazione in toto della lesione e delle tonache superficiali esofagee, con variazioni diagnostiche dal
25 al 40% e il riconoscimento di lesioni ad interessamento
sottomucoso (SM), ad alto rischio di localizzazioni linfonodali (15-30%) che necessitano pertanto di trattamento
chirurgico.
La Resezione Mucosa Endoscopica o Mucosectomia
(EMR), a fronte di una relativa semplicità d’esecuzione e di
una scarsa incidenza di complicanze, consente l’asportazione completa di mucosa displastica o neoplastica e della
sottomucosa, associata agli strati più superficiali della muscolare propria.
La EMR può essere eseguita con le seguenti metodiche:
“Lift-and-snare” iniezione e taglio
EMR “cap” assisted (EMR-C) cappuccio di plastica ed
ansa diatermica dedicata
“Multi Band Technique” (MBT) legatura elastica e resezione con ansa diatermica.
Il vantaggio di tale tecnica è rappresentato dalla radicalità di resezione, con conseguente possibilità di stadiazione
di neoplasie superficiali secondo la classificazione di Kudo
(Tabella 1).
Questa prevede in caso di diffusione neoplastica limitata
alla sola tonaca mucosa (m1-m2) una bassa percentuale
di metastasi linfonodali; in caso, invece, di estensione alla
muscolaris mucosae (m3) o alla sottomucosa (sm1-sm2) le
localizzazioni linfonodali si riscontrano nello 0-6% e nel 1653% rispettivamente, con sopravvivenze globali a 5 anni
dopo chirurgia radicale rispettivamente del 64-100% e del
48-90%.
Le principali limitazioni all’impiego di EMR riguardano l’estensione delle lesioni (> 2cm) e la multifocalità, con tassi di
recidiva fino al 30%, anche in relazione alla persistenza di
anomalie genetiche cellulari nel tessuto rigenerato e/o alla
persistenza di foci cellulari metaplastici o neoplastici sottomucosi (“buried glands”); inoltre l’utilizzo di EMR nell’ablazione di estese aree esofagee, mediante esecuzione di
do quindi la radicalità dell’intervento
eseguito.
In particolare per una completa valutazione dei margini laterali viene sfruttato un particolare accorgimento da
parte del patologo: in laboratorio le
sezioni relative ai margini laterali vengono, dopo essere state ottenute sezioni istologiche verso la porzione interna, ruotate di 180° e reincluse con
sezioni sul margine esterno in modo
che a livello istologico ci sia una più
adeguata visualizzazione di tali aree.
L’eventuale recidiva o lesione residua
potrà poi beneficiare di un trattamento ablativo termico che attualmente
viene condotto mediante Radiofrequenza (RFA), o Coagulazione con
Argon Plasma (APC), con l’obiettivo
primario di giungere all’eradicazione
completa dell’EB, secondo quella
che viene definita “Terapia Multimodale”. In Figura 8 viene riportato l’algoritmo più frequentemente applicato
e applicabile nella pratica clinica per
la diagnosi e la gestione del paziente con EB.
Tabella 1: classificazione di Kudo delle neoplasie precoci gastrointestinali
m1
intraepiteliale
m2
lamina propria
m3
muscolaris mucosae
Infiltrazione sottomucosa (sm)
m
sm
sm1
terzo superiore
a
1/4
b
1/4 - 1/2
c
>1/2
sm2
terzo medio
sm3
terzo inferiore
mucosectomie circonferenziali (Widespread Mucosectomy)
espone al rischio di complicanze stenotiche (per resezioni
estese oltre 1/3 della circonferenza, dal 48% al 49,7%) e
perforative (4%)
Con tali presupposti è stata introdotta anche la Dissezione
Endoscopica Sottomucosa (Endoscopic Submucosal Dissection) che prevede l’asportazione del tessuto patologico
mediante tecnica di resezione “piano per piano” attraverso
l’impiego di accessori dedicati (Knife).
Si tratta di una metodica che richiede esperienza e che,
pur consentendo in mani esperte la resezione “en-bloc”
di ampie lesioni, espone ad un maggior rischio perforativo
viscerale (variabile dal 2 al 30%) e a sanguinamento peri e
post procedurale (10-30%).
Dal punto di vista istologico è fondamentale che il tessuto
asportato venga posizionato attraverso l’utilizzo di supporti
in speciali bio-cassette (Figura 7) le quali vengono poste in
adeguati contenitori contenenti formalina; in questo modo
si evita l’utilizzo di aghi che, posti ai margini della lesione,
alterano il tessuto e portano ad artefatti che pregiudicano
la corretta valutazione morfologica da parte del patologo,
con particolare riferimento all’analisi dei margini del pezzo
operatorio. Di fondamentale importanza è infatti la corretta
valutazione dei margini della lesione asportata, al fine di
escludere la presenza di processo displastico, conferman-
CONCLUSIONI
L’EB è una condizione patologica che espone al rischio di
cancro, in relazione alla comparsa di anomalie displastiche.
Il riconoscimento di tali lesioni non può prescindere pertanto dalla più accurata diagnosi endoscopica e dall’esclusione della displasia, in rapporto ad una adeguata analisi
istopatologica; ciò richiede una completa sinergia tra endoscopista e patologo, entrambi “dedicati” ed esperti, nella
valutazione e condivisione dei reperti.
La diagnosi endoscopica si fonda sull’impiego di tecniche
complementari di visione ad alta definizione, necessarie per
l’adeguata classificazione morfologica del BE e per il riconoscimento di “lesioni visibili”, che influenzano la prognosi.
Nell’ambito della popolazione con EB è altresì fondamentale l’applicazione di programmi di sorveglianza in relazione ai
principali fattori di rischio, strategia che consente di identificare precocemente le lesioni displastiche e/o neoplastiche
e orientarne il trattamento più adeguato.
La stretta collaborazione tra endoscopista e patologo,
nell’ambito di un vero e proprio “multidisciplinary team” dedicato al singolo paziente, è quindi il prerequisito primario
affinchè tale percorso diagnostico-terapeutico sia efficace
e razionale.
Figura 7: biocassetta per mucosectomia con supporto specifico e mucosectomia posizonata
Giorn
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LUNEDì
- I SESSIONE
Infiltrazione mucosa (m)
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15
ESOFAGO DI BARRETT
Criteri diagnostici e follow-up
Figura 8: algoritmo per la gestione dell’EB
Diagnosi endoscopica di EB
Ispezione accurata
Cromoendoscopia - Alta Definizione
Classificazione sec. Praga
Biopsie (su 4 quadranti e mirate)
EB non Displastico
Terapia con IPP
Displasia e/o Cancro
II Consulto Patologo
Sorveglianza Endoscopica
2 volte/primo anno poi annuale
HGD
LGD
Sorveglianza Endoscopica a 3 anni
Cancro early
Stadiazione EMR
HGD
Cancro intramucoso
Terapia Endoscopica
(EMR/ablazione)
Corrispondenza
Renzo Cestari
U.O. Chirurgia Endoscopica Digestiva
Azienda Ospedaliera Spedali Civili
Piazza Spedali Civili, 1 - 25100 Brescia
Corso Integrato di Malattie dell’Apparato Digerente
Università degli Studi di Brescia
Tel. + 39 030 3995539
Fax + 39 030 398276
e-mail: [email protected]
Renzo Cestari et al > Esofago di Barrett
214
1
Vincenzo Villanacci
Anatomia Patologica
Azienda Ospedaliera Spedali Civili
Piazza Spedali Civili, 1 - 25100 Brescia
Tel. + 39 030 3995479
Fax + 39 030 3995 053
e-mail: [email protected]
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