p e r i o d i c o

I
periodico
n.IT
Anno 2013
Nr. 29-30
(
(
quadrimestrale di servizio
per gli insegnanti di
italiano come lingua straniera
1
342
l METODOLOGIA
I n d i c e Nr. 29-30
Paolo E. Balboni
*Modulo, Unità Didattica, Unità d’apprendimento: non è una questione
terminologica
pag. 2
Alberta Novello
*Il feedback qualitativo: uno strumento per migliorare insegnamento
e apprendimento
»
Camilla Spaliviero
Insegnare i modi di dire italiani: aspetti problematici e proposte operative »
14
J.H. Hulstijn
Tre suggerimenti per migliorare l’insegnamento delle lingue straniere
27
»
9
l ITALIANO L2 IN ITALIA
Luca Di Dio
Un modello «umanistico» per l’inclusione.
» 30
Parte I: sviluppo della normativa per l’integrazione degli immigrati adulti
l ITALIANO LS NEL MONDO
Giuseppe Maugeri
*Riflessioni sui contesti didattici dell’italiano all’estero
Davide Schenetti, Tatiana Bisanti, Elena Carrara, Rita Cagiano,
Andrea Palermo, Enrico Serena, Gherardo Ugolini
L’italiano in Germania
Alessandra Ksenija Jelen
Il boom dell’italiano in Macedonia Rivista In.it
»
40
»
47
»
53
Paolo E. Balboni
Bibliografia 2013 sull’insegnamento dell’italiano
»
57
Le istituzioni:
- Progetto Globes, Glottodidattica per Bisogni Educativi Speciali
- Università per Stranieri di Siena
- Laboratorio Itals
»
»
»
62
64
66
In.
IT
l STRUMENTI
* Saggi sottoposti a referato e approvati da due revisori
Modulo, Unità Didattica, Unità
d’apprendimento: non è una
questione terminologica
Paolo E. Balboni
Centro di Didattica delle Lingue di Ca’ Foscari
Riprendiamo qui dal nostro Conoscenza, verità, etica nell’educazione linguistica (Guerra, 2011) le tre nozioni chiave su cui si basa la realizzazione di un manuale di lingua:
approccio, metodo, tecniche e attività didattiche.
Proponiamo dunque un modello per l’organizzazione delle conoscenze, della ricerca,
della riflessione sull’educazione linguistica:
Metodologia
Spazio della ricerca glottodidattica
In.
IT
Rivista In.it
Approccio
Metodo
- adeguato/non adegua- Metodologia didattica,
Teorie di riferimento,
- fondato/infondato
to a realizzare
mondo delle idee
mondo dell’azione
sulle teorie
l’approccio
- coerente/incoerente
- generativo/sterile
al suo interno
di metodi
Spazio dell’azione glottodidattica
Qui noi dobbiamo collocarci nello spazio dell’azione, anche se le frecce bidirezionali indicano la presenza di uno scambio reciproco tra la glottodidattica e i mondi delle idee,
nel versante teorico, e quello dell’azione didattica, della metodologia, dall’altro. E’ in
quest’ultimo campo che troviamo nozioni come quelle evidenziate nel titolo – che sono
nozioni differenti, non solo questioni nominalistiche.
Dagli anni Sessanta si parla di unità «didattica», aggettivo che mette il fuoco semantico sul processo di insegnamento, sul processo didattico – e tutti i materiali didattici
sono organizzati per unità, dall’inglese unit che indica un blocco autonomo. In realtà
un’unità didattica, così come la conosciamo, è composta da una serie di unità «matetiche», cioè di acquisizione: sono queste unità il punto di partenza nell’ottica di una
glottodidattica umanistico-affettiva che ponga davvero lo studente e i suoi processi
acquisitivi al centro dell’attenzione.
In tempi più recenti, inoltre, l’affermarsi di Babele ha richiesto l’elaborazione di un
ulteriore strumento di organizzazione didattica, il modulo, che consente di individuare
dei blocchi di competenza linguistica e di accreditarli a una persona.
Sono questi i tre modelli con i quali insegniamo le lingue oggi.
1. L’unità di acquisizione
In
.IT
L’unità d’acquisizione (o di ‘apprendimento’, come spesso è chiamata, senza riferimento all’opposizione tra acquisizione e apprendimento in Krashen) si definisce sulla
base delle varie ricerche di matrice psicodidattica, in particolare della psicologia della
Gestalt che descrive la percezione come una sequenza di tre fasi, una globale, una
analitica, ed una conclusiva in cui si attua una sintesi (spontanea o anche consapevole) che trasforma ciò che è percepito in elementi recepiti dalla nostra mente e, se ci
sono le condizioni, anche acquisiti. Vediamo in maniera più dettagliata i tre momenti
di questa «molecola matetica», di questa unità minima del processo acquisitivo, adattandola ai termini glottodidattici.
L’ipotesi di base è che ci sia anzitutto una percezione globale dell’evento comunicativo
o del testo. Essa coinvolge principalmente l’emisfero destro del cervello e si basa su
strategie quali:
a.
b.
c.
d.
e.
f.
lo sfruttamento massimo della ridondanza, del supplemento di informazioni contestuali e co-testuali;
la formazione di ipotesi socio-pragmatiche su quanto potrà avvenire in
quel contesto, sulla base delle nostre conoscenze del mondo;
la formazione di ipotesi linguistiche sulla base delle nostre conoscenze
grammaticali;
l’elaborazione delle metafore di cui il nostro parlare quotidiano, non solo
quello letterario, è denso;
la verifica nel testo delle ipotesi suddette;
la ricerca di analogie con eventi noti.
Questa prima fase di un’unità d’apprendimento è dedicata all’approccio globale al
testo: si tratta di ascoltare (o leggere, o vedere, a seconda del genere) il testo più
volte, ciascuna delle quali con specifiche attività da compiere prima, durante e dopo
l’ascolto, in modo che l’allievo penetri il testo muovendo dalla globalità (in cui gioca un
ruolo primario l’emisfero destro del cervello) per avviarsi a una comprensione via via
più dettagliata (che si fonda sempre più sull’emisfero sinistro).
A questo punto si apre una serie di sequenze analisi → sintesi spontanea → riflessione
guidata relative a:
a.
b.
c.
d.
ciascun atto comunicativo che si vuole far acquisire alla classe: lo si fa
individuare nel testo, poi lo si drammatizza, lo si fissa e lo si riutilizza,
guidando gli allievi nella riflessione sull’aspetto funzionale che hanno acquisito;
gli aspetti linguistici, cioè fonologici, morfosintattici, lessicali, testuali, secondo le tecniche che vedremo;
i temi culturali impliciti o espliciti nel testo. Queste attività portano spesso a sviluppare l’abilità di lettura, visto che usano materiali che approfondiscono gli spunti presenti nel testo iniziale;
i linguaggi non verbali, se il testo di partenza è un video.
Questa «molecola matetica» è il nucleo dell’attività di acquisizione della lingua straniera: ogni testo – ogni dialogo, canzone, video, favola, vignetta, poesia, lettera commerciale, barzelletta, scena di film, ecc. – che viene presentato allo studente va esplorato attraverso le tre fasi della percezione gestaltica: prima in maniera globale, poi in
Rivista In.it
In
.IT
maniera analitica, infine realizzando il più autonomamente possibile una sintesi e
una riflessione che permettano all’apprendimento di evolvere in acquisizione, che
portino le nuove informazioni ad accomodarsi nella mente insieme al patrimonio
pre-esistente.
Questo processo che porta dalla percezione alla ricezione non riguarda solo l’acquisizione della competenza in lingue straniere, è il processo naturale di acquisizione.
2. L’unità didattica come rete di unità d’acquisizione
Rivista In.it
Un’unità d’acquisizione può durare pochi minuti o anche un’ora e più: è l’unità di misura secondo la quale lo studente percepisce il suo apprendimento: «oggi a scuola abbiamo fatto..., ho imparato a...»; un’unità didattica è invece una tranche linguistico-comunicativa più complessa, realizzata mettendo insieme eventi, atti, espressioni, strutture
linguistiche
da un
contesto
Un’unità didattica
dalle 6realizzata
alle 10
a...»; un’unitàlegati
didattica
è invece
una situazionale.
tranche linguistico-comunicativa
più dura
complessa,
ore,
e
talvolta
anche
di
più,
ed
è
di
solito
basata
su
un
tema
situazionale/culturale.
mettendo insieme eventi, atti, espressioni, strutture linguistiche legati da un contesto situazionale.
AUn’unità
seconda
del tipo
lingua
si sta
insegnando,
unità su
di un
lingua
didattica
duradidalle
6 alleche
10 ore,
e talvolta
anche di possiamo
più, ed è di avere
solito basata
tema
generale,
che ben conosciamo, di letteratura, scandita da una serie di unità di acquisisituazionale/culturale.
A seconda
del sui
tiposingoli
di linguatesti
che siletterari;
sta insegnando,
possiamo
avere unità
lingua generale,
ben
zione
basate
unità di
microlingua,
chedipossono
essereche
altretconosciamo,
scandita
da una
di complessi,
unità di acquisizione
basate suitransazione
singoli testi
tanto
lunghediinletteratura,
quanto sono
basate
su serie
eventi
come un’intera
letterari; unità di microlingua, che possono essere altrettanto lunghe in quanto sono basate su eventi
commerciale.
complessi,
come un’intera
transazione
L’unità didattica
per insegnare
le commerciale.
lingue straniere è una struttura di base utile all’inL’unità didattica per insegnare le lingue straniere è una struttura di base utile all’insegnante (e
segnante (e all’autore di materiali didattici) per programmare l’attività, un contenitore
all’autore di materiali didattici) per programmare l’attività, un contenitore che include una rete di
che
include una rete di unità d’apprendimento:
unità d’apprendimento:
Motivazione
Sequenza/rete di unità d’acquisizione
Introduzione
al tema, per
contestualizzare e creare
motivazione
Verifica e
valutazione
Attività
supplementari
sugli obiettivi
linguistici,
extra-linguistici, pragmatici
e culturali dell’unità (e delle
precedenti
La
deldiagramma
diagramma
la seguente:
Lalettura
lettura del
è la èseguente:
motivazione
motivazione
non
senza
motivazione:
un percorso
complesso
comedidattica,
un’unitàche
didatnon c’è
c’è acquisizione
acquisizione senza
motivazione:
un percorso
complesso
come un’unità
dura
almeno
tre settimane,
una richiede
fase motivazionale
che renda significativo
tica,
che due
dura oalmeno
due o trerichiede
settimane,
una fase motivazionale
che renda
l’apprendimento,
che faccia nascereche
il desiderio
di iniziareil lo
sforzo di di
percorrere
E’ una
significativo
l’apprendimento,
faccia nascere
desiderio
iniziarel’unità.
lo sforzo
di
fase in cui cil’unità.
sono attività
di fase
elicitazione,
volte
a far
emergere
che già conoscono
quello che
percorrere
E’ una
in cui ci
sono
attività
di quello
elicitazione,
volte a fareemergere
immaginano
delconoscono
tema dell’unità;
rapide
video,
quello
che già
e quello
che presentazioni
immaginanodidel
temapubblicità,
dell’unità;canzoni,
rapide materiali
presenautentico, foto, esplorazioni di siti internet, e così via: è una fase di stimolo all’elicitazione e di
tazioni di video, pubblicità, canzoni, materiali autentico, foto, esplorazioni di siti interprima esplorazione di alcune parole chiave, utili per le fasi successive; eventuale racconto di
net, e così via: è una fase di stimolo all’elicitazione e di prima esplorazione di alcune
aneddoti personali che riguardano l’insegnante e offrono una contestualizzazione ‘umana’.
parole
chiave,
per le
fasi successive;
di aneddoti
personali
che
In questa
fase ilutili
teacher’s
talking
time è ridottoeventuale
e si realizzaracconto
essenzialmente
come domande
stimoli,
riguardano
l’insegnante
e
offrono
una
contestualizzazione
‘umana’.
oltre che come narrazione in lingua italiana (è una fase di motivazione), non di esercitazione
Inlinguistica;
questa fase il teacher’s talking time è ridotto e si realizza essenzialmente come domande stimoli, oltre che come narrazione in lingua italiana (è una fase di motivazione),
sequenza-rete
di unità d’apprendimento
non
di esercitazione
linguistica;
I materiali didattici offrono una sequenza, ed è il modo più semplice di svolgere un’unità didattica.
Ma se un docente ritiene che il terzo ‘pallino’ sia troppo complesso, può posticiparlo; oppure, se i
ragazzi, spontaneamente o stimolati, portano una loro esperienza o un testo che hanno trovato (una
sequenza-rete di unità d’apprendimento
I materiali didattici offrono una sequenza, ed è il modo più semplice di svolgere un’unità didattica. Ma se un docente ritiene che il terzo ‘pallino’ sia troppo complesso, può
posticiparlo; oppure, se i ragazzi, spontaneamente o stimolati, portano una loro esperienza o un testo che hanno trovato (una pagina internet, una canzone, una pubblicità,
ecc.), oppure se l’insegnante ritiene che il materiale offerto dal manuale sia troppo
poco o poco motivante, la sequenza può essere integrata con altre unità d’acquisizione, visualizzate nello schema come pallini tratteggiati;
In
.IT
verifica e valutazione
La verifica è riferita al raggiungimento degli obiettivi, è il classico test; la valutazione
è il giudizio che l’insegnante dà sulla performance di ogni singolo allievo sulla base
di considerazioni quali il percorso di miglioramento, l’impegno, la qualità della resa in
considerazione dei talenti personali, ecc.;
attività supplementari
La lingua non è solo quella presente nell’unità didattica, esiste un mondo di testi che
trattano gli stessi temi, soprattutto sul piano culturale: finita l’unità, prima di procedere meccanicamente a quella successiva, può essere utile inserire una o due lezioni
di decondizionamento con canzoni o spezzoni di film o pubblicità, esplorazione della
rete, collegamento con una scuola straniera per parlare di quel che si è appreso, quasi
per verificare l’autenticità di quanto proposto dal manuale, e così via. Si tratta di una
fase essenziale sul piano del sostegno della motivazione generale.
3. Il modulo
Rivista In.it
Recentemente si è venuta diffondendo la necessità di accreditare delle competenze
parziali: si è imposto a tal fine il «modulo», cioè una sezione, una porzione, un sottoinsieme del corpus dei contenuti di un curricolo.
Definire un modulo nella formazione scientifico-professionale è facile, così come lo
è nella formazione storica o in quella letteraria, artistica, filosofica, dove un modulo
può coincidere con un movimento o un gruppo di autori, artisti, filosofi. Più arduo è
definire il modulo in discipline non segmentabili, basate sulla progressione per cui
nuovi elementi si accomodano accanto ai precedenti modificando continuamente la
competenza, tornando a spirale più volte su quanto già acquisito, in un percorso di
continuo approfondimento, come nel caso della matematica, della fisica o delle lingue:
un modulo, infatti, deve essere
a.
b.
autosufficiente, concluso in se stesso – ammesso che questo sia possibile
in un sistema come quello linguistico, où tout se tient: sono macromoduli,
in questo senso, i livelli A1, A2, e così via, del Portfolio Europeo delle Lingue;
valutabile nel suo complesso, in modo da poter essere accreditato nel CV
dello studente.
Possiamo quindi concludere dicendo che un modulo è un blocco tematico concluso in
sé, autosufficiente, significativo, si articola in una serie di unità didattiche, ciascuna
basata su una rete di unità d’acquisizione.
In
.IT
4. Un esempio pratico
In questi anni abbiamo progettato, insieme a Marco Mezzadri dell’Università di Parma,
dei manuali che risolvano questi problemi, proponendo una struttura di questo tipo
(esemplifichiamo con Nuovo Rete!, delle edizioni Guerra, 2010-12; la prima edizione
dei primi anni 2000, aveva una strutturazione classica, per macrolivelli e per unità
didattiche). La strutturazione di quetsa nuova versione è esattamene quella che abbiamo descritto sopra:
Analisi
Lezione 1
Globalità
Sintesi
Lezione 2
idem
 Unità Didattica 1
Lezione
3
idem

Riflessione
di
cultura
e civiltà

Rafforzamento
linguistico

Test di autovalutazione

Rivista In.it
Modulo A1










Unità Didattica 2
idem
Unità Didattica 3
idem
Unità Didattica 4
idem
Unità Didattica 5
idem
Unità Didattica 6
idem
Unità Didattica 7
idem
Unità Didattica 8
idem
Sezioni di riferimento grammaticale, lessicale
Materiali integrativo on line
Ci pare quindi che sia possibile affermare che non si tratta di questioni nominalistiche che interessano solo i teorici dell’educazione linguistica, ma che al contrario sono
riflessioni che poi portano alla (ri)strutturazione di materiali didattici, quelli su cui
lavorano docenti e studenti. *
*Questo saggio riprende in parte la sezione centrale di una lezione di formazione tenuta al Centro
Linguistico di Napoli Federico II, in corso di stampa tra i materiali del corso stesso.
CATALOGO 2013
RISORSE PER INSEGNANTI
Biblioteca Italiana di Glottodidattica
Collana
BIBlIoteCA ItAlIAnA
dI glottodIdAttICA
Diretta da Antony Mollica
RISORSE PER INSEGNANTI
La collana Biblioteca Italiana di Glottodidattica, diretta da Anthony Mollica, presenta lavori che introducono l’insegnante nel variegato mondo
della glottodidattica contemporanea. Si tratta di opere che affrontano le
tematiche più attuali della disciplina, sempre con un occhio di riguardo
sulla formazione iniziale e permanente del docente di lingue. Un docente
di lingue che attraverso la lettura di questi testi trova irrinunciabili spunti di
riflessione finalizzati all’arricchimento della sua preparazione teorica e, allo
stesso tempo, numerosi stimoli e idee per migliorare la pratica dell’insegnamento. Il tutto all’insegna di una imprescindibile continuità tra teoria e
pratica, caratteristica di tutta la collana.
manuale per la formazione di base
degli insegnanti di italiano a stranieri
eduCAzIone BIlIngue
A cura di Paolo E. Balboni
Il volume raccoglie nella prima parte una serie di interventi che delineano la cornice concettuale dell´educazione bilingue, la seconda parte offre
analisi critiche di alcune situazioni bilingui in contesto europeo. Il primo saggio di Marcel Danesi introduce il tema, il secondo di Jimm Cummins
presenta le ricerche e le teorie contemporanee sull´educazione bilingue. Seguono due saggi di psicolinguistica: Renzo Titone affronta il problema dell´età dell´acquisizione di una seconda lingua, Remo Job indaga il tema secondo una prospettiva funzionale. Infine Cosimo Scaglioso
delinea le coordinate pedagogico-atropologiche dell´educazione bilingue.
ISBN: 978-88-7715-372-2
PAGINE: 128
FORMATO: cm 17x24
6
dIzIonArIo dI glottodIdAttICA
Paolo E. Balboni
La glottodidattica in Italia è una scienza relativamente recente e non ha ancora elaborato una terminologia sempre accettata in maniera univoca. La notevole eterogeneità terminologica che si ritrova nelle opere di studiosi italiani con retroterra scientifici e culturali differenti tra loro crea
spesso incomprensioni sul piano scientifico e rende più complicato l’accesso del non-specialista ad opere di per sé già complesse. Il Dizionario
è un contributo finalizzato a costruire una piattaforma terminologica condivisa dai glottodidatti italiani.
ISBN: 978-88-7715-338-8
PAGINE: 136
FORMATO: cm 17x24
lIngue strAnIere nellA sCuolA dell’InfAnzIA
A cura di Paolo E. Balboni, Carmen M. Coonan, Federica Ricci Garotti
Questo volume presenta il progetto, i percorsi e i risultati di una sperimentazione svolta in alcune delle scuole della Federazione Provinciale delle
Scuole Materne del Trentino. I materiali didattici presentati riguardano l’inglese e il tedesco, ma le loro indicazioni sono facilmente applicabili
ad altre lingue. Le riflessioni sull’organizzazione della scuola che ospita anche una lingua straniera possono essere utili in Italia come in Brasile,
Canada o Australia. I materiali usati per valutare i risultati sono applicabili, senza alcuna modifica, a tutte le lingue.
ISBN: 978-88-557-545-0
PAGINE: 136
FORMATO: cm 17x24
C.l.I.l. Apprendere InsIeme unA lInguA e ContenutI non lInguIstICI
Graziano Serragiotto
Il testo si rivolge sia agli insegnanti di lingue straniere sia ai docenti di altre discipline. Obiettivo è quello di riflettere sull’uso veicolare della
lingua straniera per insegnare discipline non linguistiche. Ai docenti viene data una panoramica teorica e pratica dell’apprendimento integrato
in particolare a livello di scuola superiore, tutte le riflessioni di questo volume sono applicabili anche all’insegnamento universitario e alla formazione in aziende con uno staff multinazionale. Nella parte conclusiva sono presenti vari esempi di unità didattiche C.L.I.L.
ISBN: 978-88-575-682-2
PAGINE: 184
FORMATO: cm 17x24
Rivista In.it
In
Biblioteca Italiana di Glottodidattica
.IT
lA frontIerA presente
Internet nella didattica dell’italiano
Marco Mezzadri
Questo testo offre da un lato spiegazioni e strumenti pratici per l’utilizzo di Internet e della telematica nell’apprendimento dell’italiano come
lingua straniera, dall’altro propone una riflessione teorica per dimostrare che Internet può fornire alla didattica della lingua non solo informazioni e occasioni di comunicazione, ma un’opportunità di mettere in pratica una serie di presupposti glottodidattici fondamentali, risultato delle
ricerche di questi ultimi decenni.
ISBN: 978-88-7715-515-3
PAGINE: 144
FORMATO: cm 17x24
I ferrI del mestIere
(Auto)formazione per l’insegnante di lingue
Marco Mezzadri
Il presente testo intende fornire strumenti pratici accompagnati da riflessioni teoriche per affrontare in maniera consapevole e autonoma la
professione del docente. Il volume può essere impiegato sia per l’autoapprendimento e l’autoformazione, sia in corsi di metodologia. È suddiviso
in percorsi che toccano le aree più rilevanti della pratica dell’insegnamento. Tutti i percorsi sono caratterizzati da momenti di coinvolgimento e
di interazione con il lettore perché, come insegniamo ai nostri studenti, si impara facendo.
ISBN: 978-88-557-650-1
PAGINE: 400
FORMATO: cm 17x24
Il QuAdro Comune europeo A dIsposIzIone dellA ClAsse
un percorso verso l’eccellenza
Marco Mezzadri
Rivista In.it
Il Quadro comune europeo a disposizione della classe cerca di calare il documento europeo nella realtà della classe, offrendo uno strumento
pratico e allo stesso tempo di approfondimento teorico a chi opera nel settore dell’insegnamento delle lingue. La seconda parte del libro è
dedicata a una riflessione sul profilo del docente di lingue nell’era del Quadro, visto in cammino verso l’eccellenza.
ISBN: 978-88-557-709-6
PAGINE: 224
FORMATO: cm 17x24
lA QuAlItà nell’InsegnAmento delle lIngue strAnIere
Marco Mezzadri
L’apprendimento delle lingue oggi non si sviluppa più prevalentemente all’interno di percorsi formali, ma investe una miriade di situazioni
quotidiane e fasi successive della vita di una persona. È necessario, allora, adottare un atteggiamento innovativo che parta dall’idea che
apprendere-insegnare le lingue sia un obiettivo ineludibile da affrontare all’interno di un sistema coerente e trasparente, nonché efficiente, in
altre parole: “di qualità”. È possibile immaginare un sistema di questo tipo? È la domanda che si pone questo libro dove sono ospitati, oltre a
una riflessione teorica, alcuni capitoli di carattere pratico.
ISBN: 978-88-557-834-5
PAGINE: 144
FORMATO: cm 17x24
Apprendere l’ItAlIAno l2 nell’erA dIgItAle
le nuove tecnologie nell’insegnamento e apprendimento dell’italiano per stranieri
Mauro Pichiassi
Le tecnologie multimediali stanno cambiando profondamente il mondo dell’educazione e della formazione linguistica e rappresentano un’importante risorsa per studenti e docenti. Questo volume offre una panoramica dei cambiamenti generati nella didattica dall’introduzione dei nuovi
media, analizza alcuni prodotti multimediali e propone un’analisi dettagliata dell’e-learning e delle sue integrazioni con i metodi tradizionali.
ISBN: 978-88-557-0062-7
1 RISORSE PER INS.indd 7
PAGINE: 204
FORMATO: cm 17x24
i testi sono disponibili presso il sito
www.guerraedizioni.com
19/09/1
In
.IT
Il feedback qualitativo:
uno strumento per migliorare In.IT
insegnamento e apprendimento
Alberta Novello
I dati raccolti da osservazioni e valutazioni di classe possono essere considerati una
fonte importante di informazioni sulle fasi di acquisizione degli studenti e sugli interventi da attuare nella didattica di classe.
Le analisi delle performance sono spesso, però, ridotte a giudizi o punteggi che poco
comunicano sui progressi o sulle difficoltà del discente e che non indirizzano il docente
verso le attività più efficaci da proporre.
Se entriamo nell’ottica di un percorso che voglia essere effettivamente formativo e che
intenda avvalersi di validi mezzi per potenziare insegnamento e apprendimento, l’uso
del feedback qualitativo si rivela fondamentale.
La natura del feedback deve essere, perciò, pensata per essere compresa sia dagli
studenti, in modo che possano capire lo stato del proprio apprendimento, sia dagli
insegnanti, onde ricavare le informazioni effettivamente utili per la programmazione,
sia dai genitori, al fine di essere partecipi delle decisioni di classe. Per questi motivi il
feedback deve essere sufficientemente dettagliato, ma allo stesso tempo non dispersivo per non rischiare di focalizzare l’attenzione su aspetti che al momento non sono
prioritari.
La decisione sulla tipologia di feedback da adottare deve essere, quindi, il punto di
partenza per l’insegnante nel momento in cui stabilisce di valutare od osservare i
propri studenti, in quanto tale decisione influenzerà tutte le scelte relative alla pianificazione dell’atto valutativo.
Come suggerito da Dickins (1992), infatti, il primo punto su cui è necessario riflettere è
quello riguardante la natura del feedback che può essere ottenuto dalla valutazione.
L’insegnante, innanzitutto, si deve chiedere quale tipo di feedback necessiti, se un
feedback di tipo qualitativo o quantitativo.
Nella pratica valutativa quotidiana possiamo trovare momenti in cui entrambi i feedback possono essere utilizzati, la scelta di una tipologia non esclude l’altra. E’ da
notare, tuttavia, che si usa spesso riportare i risultati di una prova attraverso dei punteggi, i quali sono però di scarsa utilità all’insegnante, in quanto la registrazione quantitativa delle performance non informa su che cosa l’apprendente è in grado di fare.
Uno studente che, ad esempio, ottiene continuamente un punteggio che sta appena
sotto o appena sopra la sufficienza con un feedback che rivela solamente il punteggio
conseguito, non ricava, e tantomeno l’insegnante, alcun suggerimento su che cosa
debba fare per migliorare la sua prestazione. Egli, inoltre, non riceve alcuna spiegazione sul metodo di assegnazione del giudizio, restando ignaro su ciò che era buono,
sufficiente o non sufficiente nella propria prova.
Una valutazione di tipo qualitativo risulta essere, invece, più significativa e utile: lo
studente può comprendere quale abilità o competenza necessiti di un rinforzo e l’insegnante ottiene informazioni (anche di tipo diagnostico) sulla performance analizzata.
Rivista In.it
In
.IT
10
Rivista In.it
Un feedback qualitativo su un elaborato scritto, ad esempio, può rivelare non solo il
grado di raggiungimento del compito assegnato, ma in quali competenze della produzione scritta lo studente manifesta difficoltà.
Proponiamo di seguito una griglia di osservazione per il dialogo pensata per ottenere
informazioni di tipo qualitativo:
Comprensione
Punteggio
1 2 3 4 5
Produzione
1 2 3 4 5
Competenza
pragmatica
Competenza
sociolinguistica
Note finali
1 2 3 4 5
1 2 3 4 5
Note
velocità:
pronuncia:
lessico:
strutture:
lessico:
grammatica:
pronuncia:
strategie:
velocità:
coerenza:
ironia:
turni di parola:
linguaggi non verbali:
Con una griglia di questo tipo l’insegnante alla fine dell’osservazione/ascolto dello
studente non possederà solamente un voto, ma una serie di informazioni fondamentali
per supportare lo studente nel suo apprendimento.
Come esempio di quanto affermato proponiamo di seguito la stessa griglia compilata
durante l’osservazione di uno studente di lingua inglese del secondo anno della scuola
secondaria di secondo grado:
Comprensione
Produzione
Competenza
pragmatica
Competenza
sociolinguistica
Note finali
Punteggio
4
Note
velocità: elemento di difficoltà. chiede di ripetere più
lentamente
pronuncia: qualche difficoltà
lessico: comprende quasi tutto il lessico, deduce il significato
del nuovo lessico dal contesto
strutture: nessuna difficoltà
3
lessico: utilizza solo il lessico conosciuto da tempo, scarso
uso del nuovo lessico
grammatica: abbastanza bene, sbaglia spesso la terza persona
singolare, probabilmente per cercare di essere veloce
pronuncia: qualche difficoltà
strategie: buon uso di strategie per il lessico non conosciuto
velocità: sufficiente, non fa troppe pause
3
coerenza: sufficientemente coerente
ironia: buona comprensione
4
turni di parola: adeguati al livello, riesce a sostenere la
conversazione
linguaggi non verbali: forte influenza della gestualità
italiana
Lo studente è più che sufficiente nella conversazione; lavorare su: pronuncia,
comprensione orale, reimpiego del lessico, linguaggi non verbali
Dalle note dell’insegnante, che ha costruito la griglia in seguito ad un lavoro sulle
abilità orali che includeva le competenze osservate, si può notare che al termine dell’osservazione si è a conoscenza dei punti su cui lo studente necessita di lavorare per
migliorare le sue competenze. Il docente è, così, in possesso di elementi decisamente
utili per aggiustare la programmazione e per supportare lo studente in quello che diventa un percorso formativo efficace.
Allo stesso modo l’insegnante è in grado di fornire al discente informazioni precise
riguardo alla sua prestazione e condividere le decisioni che hanno portato ad un dato
giudizio.
È evidente come l’impiego del feedback qualitativo sia determinante per il miglioramento della didattica, l’utilizzo di una griglia, anche con poche voci, accompagnata da
qualche nota si rivela molto più vantaggioso sia per lo studente che per l’insegnante
rispetto ad un voto o un giudizio che non fornisce alcuna informazione per uno sviluppo efficace del percorso di acquisizione linguistica.
Proponiamo di seguito un ulteriore esempio di feedback qualitativo (Barrs 1988) in cui
l’insegnante traccia un profilo della prestazione dell’alunno, commentando la sua capacità di riportare una storia ascoltata e analizzando l’importanza di questa nuova abilità
nello sviluppo della scrittura. La griglia elaborata contiene numerose voci e aspetti da
osservare in quanto il docente ha organizzato l’osservazione su più tempi e con un compito richiesto di tipo scritto (che permette un’analisi senza limiti di tempo).
Contesto e informazioni sull’abilità di scrittura:
- come si è sviluppata la scrittura
- come il bambino si è avvicinato alla scrittura
- quanto il bambino ha scritto da solo o con altri
- quanto ha discusso con qualcuno sullo scritto
mentre lo componeva
- tipo di scrittura (lista, lettera, storia, ecc.)
- completezza del lavoro presentato
Considerazioni dello studente riguardanti
lo scritto
Lo studente ha scritto una sua versione
della storia dopo
aver ascoltato il racconto. Il suo interesse
è probabilmente aumentato dopo la visita
di alcuni narratori che hanno raccontato
storie simili..
Ha scritto la storia in un solo momento,
ma ha impiegato tutto il pomeriggio.
Prima bozza.
È molto soddisfatta del suo lavoro. Non
ha mai smesso di parlare della storia da
quando l’ ha ascoltata.
Considerazioni dell’insegnante
Molto soddisfatto. Il rinarrare è buono e
ha incluso la maggior parte dei dettagli
e della lingua originale. È un lavoro lungo
- riguardanti il contenuto
-riguardanti la capacità del bambino ad affrontare da gestire da soli.
il tipo di scrittura
- impressione globale
Sviluppo della scrittura e delle sue strutture
Ha fatto buoni tentativi nello scrivere
parole che aveva solo sentito e non ha mai
visto scritte prima. Si sta avvicinando alla
struttura scritta, tranne che per alcune
vocali.
Cosa lo scritto suggerisce sullo sviluppo dello
studente nella scrittura
È il suo lavoro scritto più lungo e
tecnicamente il migliore. Preferisce
rinarrare storie piuttosto che scriverne di
nuove; sarebbe interessante se provasse
anche un tipo di scrittura creativa.
In
.IT
11
Rivista In.it
In
.IT
12
Rivista In.it
Anche da questo esempio si comprende come da un’osservazione di questo tipo si
possano ricavare una quantità di informazioni utili che vanno oltre la semplice segnalazione di errori di ortografia o grammatica. L’insegnante con tale metodo cerca
strategie per potenziare l’abilità di scrittura ed elabora suggerimenti per cogliere i
progressi dello studente.
Se ritenuto opportuno è conveniente affiancare questa tipologia di schede osservative
ad altre più tecniche ed analitiche (ma sempre con un feedback qualitativo) per cogliere la globalità del processo di apprendimento in atto e proseguire in maniera più
mirata e consapevole verso gli obiettivi comunicativi.
È interessante notare, a questo punto, come il feedback diventi, da tappa finale di un
processo, il punto di partenza. Stabilire la sua natura è il primo passo da compiere per
programmare la valutazione e i dati con esso ottenuti influiscono sulla globalità del
percorso formativo dando vita al processo circolare che vede coinvolte programmazione e valutazione.
Il feedback qualitativo si rivela, perciò, uno strumento basilare per perseguire un insegnamento di qualità che miri ad una acquisizione linguistica efficace. Il suo utilizzo è
un mezzo per aumentare la consapevolezza di docenti e studenti, grazie alla possibilità di venire a conoscenza di aspetti legati all’apprendimento che altrimenti sarebbero
trascurati.
Riguardo agli studenti Gipps (2004) afferma, infatti, che il feedback dovrebbe aiutarli
a confrontare le loro performance con gli obiettivi/performance attesi e ridurre così lo
scarto.
Cameron (2001) spiega, a tal proposito, che attraverso il feedback:
a.
b.
c.
“learner understands the target performance”
“learner compares target and current performance”
“learner closes the gap between target and current performance.”
Ciò sviluppa nello studente un senso importante di coinvolgimento nella disciplina,
oltre che essenziali strategie di apprendimento e di riflessione metacognitiva.
Sempre secondo Cameron, sono utili essenzialmente tre tipologie di feedback qualitativo:
a.
b.
c.
feedback correttivo: consiste nel fornire anche il modello corretto di risposta;
feedback valutativo: include un giudizio sulla performance;
feedback strategico: prevede dei consigli su come migliorare la prestazione.
Il docente a seconda del contesto potrà scegliere la tipologia di feedback qualitativo
più adatta, non dimenticando di avvalersi di uno strumento con una forte potenzialità
per l’efficacia del suo lavoro.
In
Bibliografia essenziale
CATALOGO 2013
B
alboni P
. E., 2002, Le sfide di Babele,Torino, Utet libreria.
CORSI
RAGAZZI
B
alboni
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A1/B1
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Corso
multimediale
per stranieri
Gipps
C., 1994,
Beyond d’italiano
Testing, Brighton,
Falmer.
Marco Mezzadri
- Paolo
Balboni
Mezzadri
M., 2002,
“LaE.correzione
degli errori”, in In.IT , 3, n.1.
Novello A.,
2009, Valutare
CATALOGO
2013 una lingua straniera: le certificazioni europee, Venezia,
Cafoscarina.
† Sono passati
anni dal lancio del manuale Rete! Junior.
CORSIalcuni
RAGAZZI
CATALOGO
2013
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Moderne,
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In particolare
A1/B1
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Porcelli
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e valutazione,
Torino, Utet libreria.
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delle1992,
riflessioni
degli autori e dellinguistica
contributo di insegnanti
e
RAGAZZI IN RETE
RAGAZZI IN RETE
RAGAZZI
IN RETE
Marco Mezzadri - Paolo E. Balboni
13
Rivista In.it
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- CD audio
- libro dello studente
- materiali
sul sitoinoltre
web: www.guerraedizioni.com/ragazziinrete
volume
contiene
in
appendice:
- una Guida
per l’insegnante
(disponibile
anche online)
†Ogni volume contiene 8 Percorsi composti da 3 Unità di apprendi- CD
audio
- una sintesi-grammaticale
mento
chiamate
“Lezioni”,
una
sezione
di civiltà, un progetto, un
materiali sul sito web: www.guerraedizioni.com/ragazziinrete
test di autovalutazione
e una sezione di revisione e ampliamento.
- una sezione†“giochi
di contiene
ruolo” 8 Percorsi
Ogni volume
composti da 3 Unità di apprendifonologia
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volume contiene
in appendice:
“Lezioni”,inoltre
una sezione
di civiltà, un progetto, un
- una sezione †
dimento
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e una sezione di revisione e ampliamento.
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grammaticale
- il glossario dei
termini
usati
- una sezione “giochi di ruolo”
†
Ogni
CORSI RAGAZZI
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32
†
Ogni
A2
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volume contiene inoltre in appendice:
- una sezione di fonologia
sito web- una
di sintesi
ogni grammaticale
volume
offre:
- il glossario
dei termini usati
- una sezione “giochi di ruolo”
32
- materiali
da- consultare
e
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Il
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di
ogni
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offre:
una sezione di fonologia
e gli audio in- ilformato
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- glossario
materiali da
consultare
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e gli audio
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- attività e progetti
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- attività e progetti da svolgere in rete
da
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per
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- informazioni- materiali
e
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per
l’apprendimento
l’insegnamento
- informazioni e collegamenti
percompresa
l’apprendimento
l’insegnamento
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dell’italiano
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e progetti da svolgere in rete
†Il
B1
B1
- informazioni e collegamenti per l’apprendimento e l’insegnamento
dell’italiano
B1
www.guerraedizioni.com/ragazziinrete
www.guerraedizioni.com/ragazziinrete
www.guerraedizioni.com/ragazziinrete
SCHEDATECNICA
SCHEDATECNICA
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multimediale
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si presenta
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- CD audio Ragazzi
contribuire
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(disponibile
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CORSI RAGAZZI
studenti, coordinatori di corsi e direttori didattici che hanno voluto
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per stranieri
contribuire Corso
all’aggiornamento
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del manuale.
RAGAZZI IN RETE - A1
Libro studente
ISBN: 978-88-557-0409-0
PAGINE: IN
216RETE - A1
RAGAZZI
FORMATO: cm 21x28,5
Libro studente
978-88-557-0409-0
Guida
insegnante
RAGAZZI IN ISBN:
RETE
- A1
PAGINE:
ISBN:216
978-88-557-0435-9
PAGINE:cm
64 21x28,5
Libro studenteFORMATO:
FORMATO: cm 21x28,5
ISBN: 978-88-557-0409-0
Guida insegnante
CD978-88-557-0435-9
audio
PAGINE: 216 ISBN:
PAGINE:
ISBN:64
978-88-557-0441-0
FORMATO: cm 21x28,5
FORMATO:
cm221x28,5
NUMERO:
CD audio
Guida insegnante
ISBN: 978-88-557-0441-0
ISBN: 978-88-557-0435-9
NUMERO: 2
PAGINE: 64
FORMATO: cm 21x28,5
1 corsi RAGAZZI.indd 32
A1
A1
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RAGAZZI IN RETE - A2
Libro studente
ISBN: 978-88-557-0424-3
PAGINE: IN
224RETE - A2
RAGAZZI
A2
FORMATO: cm 21x28,5
Libro studente
ISBN:
978-88-557-0424-3
Guida
insegnante IN RETE - A2
RAGAZZI
PAGINE:
ISBN:224
978-88-557-0442-7
FORMATO:
cm
21x28,5
PAGINE:
72studente
Libro
FORMATO: cm 21x28,5
ISBN:
978-88-557-0424-3
Guida insegnante
ISBN:
CD978-88-557-0442-7
audio
PAGINE:
224
PAGINE:
ISBN:72
978-88-557-0443-4
FORMATO:
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FORMATO:
cm221x28,5
NUMERO:
CD audio
Guida insegnante
ISBN: 978-88-557-0443-4
ISBN:
NUMERO:
2 978-88-557-0442-7
PAGINE: 72
FORMATO: cm 21x28,5
A2
RAGAZZI IN RETE - B1
B1
(in preparazione)
Libro studente
ISBN: 978-88-557-0446-5
RAGAZZI
IN RETE - B1
PAGINE: 218
(in preparazione)
FORMATO: cm 21x28,5
Libro studente
A2ISBN:
978-88-557-0446-5
Guida
insegnante
PAGINE:
ISBN:218
978-88-557-0444-1
FORMATO:
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64 21x28,5
FORMATO: cm 21x28,5
Guida insegnante
ISBN:
CD978-88-557-0444-1
audio
PAGINE:
ISBN:64
978-88-557-0445-8
FORMATO:
cm221x28,5
NUMERO:
CD audio
ISBN: 978-88-557-0445-8
NUMERO: 2
B1
RAGAZZI IN RETE - B1
B1
(in preparazione)
Libro studente
ISBN: 978-88-557-0446-5
PAGINE: 218
FORMATO: cm 21x28,5
Guida insegnante
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PAGINE: 64
FORMATO: cm 21x28,5
18/09/13
10:30
In
.IT
Insegnare i modi di dire
italiani: aspetti problematici
e proposte operative
Camilla Spaliviero
“Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero:
e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere,
l’uno con l’altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una
frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia
[…] per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza,
legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.”
Natalia Ginzburg
14
Rivista In.it
Qual è il problema dell’insegnamento e dell’apprendimento dei modi di dire?
La risposta è intrinseca alla loro natura. I modi di dire o espressioni idiomatiche sono
“locuzioni di una lingua o di un dialetto caratterizzate da una forma fissa ed un significato convenzionale generalmente diverso da quello letterale” (Pichiassi, Zaganelli,
2003: 82). La difficoltà risiede perciò nella spiegazione e nella successiva comprensione del loro senso figurato, che non si può ricavare in modo logico dalla “somma”
dei significati denotativi delle singole parole che li compongono, ma solo apprendere
nella loro struttura semantica predefinita e complessiva. Ad esempio, il modo di dire
“fare i portoghesi” non corrisponde all’atto di imitare il comportamento degli abitanti
del Portogallo, ma indica il tentativo di esimersi dal pagamento di servizi dei quali si
desidera usufruire.
La connotazione culturale dei modi di dire costituisce un ulteriore elemento problematico nei contesti di apprendimento L2 e LS. Le espressioni idiomatiche, infatti, sono
culturalmente connotate, ovvero sono fortemente legate alle radici storiche, sociali e
culturali dei Paesi in cui si sono originate ed evolute.
1. Implicazioni glottodidattiche legate ai modi di dire
Tale determinazione culturale comporta due ulteriori conseguenze sul piano didattico:
da un lato, esse sono difficili da comprendere per la stratificazione storico-culturale
che li ha generati e trasformati, dall’altro sono rilevanti, in una impostazione interculturale della didattica di una lingua straniera o seconda, perché cristallizzano le forme
dinamiche di una cultura. Come afferma Freddi (1994: 27) a tal proposito: la lingua è
un “precipitato della cultura” in quanto “codifica nel suo lessico, nelle strutture grammaticali le esperienza storiche del gruppo, i valori in cui si riconosce, i suoi schemi
del vivere e del pensare, i modelli culturali, insomma, che segnano e dirigono il suo
cammino nella storia”.
Di conseguenza, la conoscenza degli aspetti culturali che influenzano una lingua è
molto importante per la profonda comprensione e il successivo apprendimento del
senso figurato dei modi di dire. A questo proposito, Giddens (2000: 30) sostiene che
“una cultura deve essere studiata sulla base dei significati e dei valori che le sono
propri”, a dimostrazione ulteriore del legame indissolubile tra lingua e cultura che si
riflette nella costruzione dell’identità linguistica di un popolo.
In che modo le espressioni idiomatiche affondano le loro radici nella cultura di un popolo? L’origine dei loro significati può essere legata ad avvenimenti o a personaggi storici, a usanze tipiche della tradizione. In origine, infatti, i modi di dire possedevano un
significato reale, concreto e letterale. Successivamente, però, per estensione metonimica essi sono passati a rappresentare situazioni più astratte e generiche, acquisendo
nuovi significati simbolici, metaforici e figurati. A questo proposito, Pichiassi e Zaganelli (2003: 82) affermano che “il significato di un modo di dire si basa spesso su analogie, su immagini fantasiose, è frutto di metafore e corrispondenze che si perdono nella
storia delle singole espressioni”. Per riprendere l’esempio sopraccitato, il modo di dire
“fare i portoghesi” ha un’origine storica e rimanda ad un evento realmente accaduto
a Roma, nel XVIII secolo. L’ambasciatore portoghese dello Stato Pontificio invitò i suoi
connazionali risiedenti a Roma ad uno spettacolo presso il Teatro Argentina. L’evento
era gratuito per i portoghesi e faceva fede la dichiarazione della propria nazionalità,
ma non lo era per i romani, i quali, tuttavia, cercarono di fingersi portoghesi per godere
anch’essi dello stesso privilegio, e da qui l’origine del modo di dire.
In conclusione di questo nostro contributo, quindi, vogliamo riprendere gli elementi
che sostengono la complessità e, nello stesso tempo, l’importanza dell’insegnamento
dei modi di dire. Da un punto di vista strettamente linguistico, “il raggiungimento
degli aspetti formali del linguaggio avviene con relativa facilità, mentre afferrare le
sfumature e le implicazioni di un codice espressivo più elaborato, che si stacca dalla
realtà percettiva, richiede l’attivazione di molteplici funzioni legate a fattori quali le capacità cognitive, le conoscenze acquisite tramite contesti educativi e sociali e il livello
linguistico raggiunto” (Rolla, Sciutto, 2013: 9). La competenza comunicativa risiede
quindi anche nella capacità di comprendere e attuare il trasferimento dal significato
letterale a quello figurato di un’espressione idiomatica a partire dal riconoscimento
della relazione analogica che intercorre tra i due.
Dal punto di vista linguistico-culturale, i modi di dire permeano diverse aree tematiche
(come la religione, la mitologia, la storia ecc.) e molto spesso veicolano valori e rivelano schemi di pensiero culturalmente determinati: se l’obiettivo di una competenza
comunicativa interculturale (cfr. Balboni, Caon, cds) è anche quello di comprendere il
legame delle espressioni linguistiche odierne con la storia linguistica e culturale di
una nazione, è allora fondamentale non solo conoscere il senso figurato delle espressioni ma anche la loro origine ed evoluzione nel tempo.
Esplicitati i problemi, quali sono le soluzioni teoriche e pratiche tentate finora?
A livello teorico, in un discorso generale e non esclusivamente tarato sull’italiano,
ricordiamo, ad esempio, Comunicare in lingua straniera. Il lessico di Porcelli (2004),
il quale definisce le coordinate glottodidattiche del Lexical Approach considerando
l’importanza della conoscenza delle espressioni idiomatiche e dei riferimenti culturali
ad esse sottese per il raggiungimento della competenza comunicativa. Nello specifico
dell’italiano, alcuni contributi teorici si dedicano esclusivamente allo studio dei modi
di dire, focalizzandosi sugli aspetti pragmatici e sulle conseguenze glottodidattiche
della loro conoscenza. Citiamo, tra i vari:
-Berruto G., 2011, “Che cosa vuol dire ‘sapere una lingua’? Dai fonemi alle espressioni idiomatiche” in Bernini G. et al. (a cura di), Competenze e formazione linguistiche. In memoria di Monica Berretta, Perugia, Guerra;
- Casadei F., 1995a, “Per una definizione di espressione idiomatica e una tipologia
dell’idiomatico in italiano” in Lingua e stile, n. 2;
In
.IT
15
Rivista In.it
In
.IT
16
Rivista In.it
- Casadei F., 1995b, “Flessibilità lessico-sintattica e produttività semantica delle
espressioni idiomatiche” in Casadei F. et al. (a cura di), L’italiano che parliamo,
Rimini, Fara;
- Casadei F., 1996, Metafore ed espressioni idiomatiche. Uno studio semantico sull’italiano, Roma, Bulzoni;
-Lucatorto A., 2008, “La comprensione del lessico idiomatico: aspetti psicolinguistici, neurologici e implicazioni glottodidattiche” in Giudice T., Carlucci S. (a cura
di), Comprensione e malinteso. Lingua e scrittura tra babele e pentecoste, Bari,
Laterza;
-Vietri S., 1990, “La sintassi delle frasi idiomatiche” in Studi italiani di linguistica
teorica e applicata, n. 1.
A livello operativo, tra i manuali dedicati specificamente alla didattica delle espressioni idiomatiche, segnaliamo:
-Aprile G., 2008, Italiano per modo di dire, Firenze, Alma;
- Pichiassi M., Zaganelli G., 2003, Contesti italiani. Viaggio nell’italiano contemporaneo attraverso i testi. Materiali per la didattica dell’italiano L2, Perugia,
Guerra;
-Rolla R., Sciutto C., 2013, Capire le metafore e i modi di dire. Attività di recupero
del linguaggio pragmatico, Trento, Centro Studi Erickson;
-Zamora P. et al. (a cura di), 2006, Hai voluto la bicicletta… Esercizi su fraseologia
e segnali discorsivi per studenti di italiano LS/L2, Perugia, Guerra.
Infine, si possono trovare volumi dedicati ai materiali autentici in cui vi sia un’attenzione specifica ai modi di dire; è il caso, ad esempio, di due libri di Caon
incentrati sulla canzone:
- Caon F., 2010, Parole in viaggio, Perugia, Guerra;
- Caon F., 2011, L’italiano parla Mogol. Imparare l’italiano attraverso i testi delle sue
canzoni, Perugia, Guerra.
2. Dalla teoria alla pratica: Proposte operative
Sulla base dell’importanza dello studio delle espressioni idiomatiche da un lato e, dall’altro, della non ampia bibliografia operativa dedicata ai modi di dire, proponiamo qui
alcune attività sperimentate in un contesto di insegnamento dell’italiano L2.
2.1 Modi di dire con gli animali
Descrizione dell’attività 1
Si mostrano agli studenti quattro fotografie rappresentanti dei modi di dire italiani con
gli animali seguite dalle loro definizioni in ordine casuale e si chiede loro di abbinare le
lettere (fotografie) ai numeri (modi di dire). Successivamente, si propone un esercizio
di matching in cui si chiede agli studenti di accoppiare con delle frecce i modi di dire
(prima colonna) alle definizioni corrispondenti (seconda colonna). Infine, si chiede loro
di pensare ai modi di dire con gli animali nella propria lingua materna che esprimono
lo stesso significato, di scriverli accanto ai corrispondenti modi di dire italiani e di provare a tradurli letteralmente in italiano.
Consegna
Abbina le fotografie dei modi di dire italiani con gli animali alle loro definizioni.
A.
In
.IT
B.
17
Rivista In.it
C.
D. 1. Sputare il rospo 2. Non sapere che pesci prendere 3. In bocca al lupo 4. Prendere
un granchio
A. ______ ; B. _______ ; C. _______ ; D. _______ .
Collega con delle frecce i modi di dire alle definizioni corrispondenti.
Sputare il rospo
Augurio rivolto a chi sta per affrontare una prova importante.
Risposta: “Crepi!”
Non sapere che pesci prendere
Non sapere scegliere davanti ad
una vasta offerta;
non sapere che cosa fare
In bocca al lupo
Fare un errore
Prendere un granchio
Confessare qualcosa
In
.IT
Esistono dei modi di dire con lo stesso significato nella tua lingua materna? Se sì, scrivili e prova a tradurli in italiano.
Modi di dire IN ITALIANO
Modi di dire nella tua LINGUA MATERNA
Sputare il rospo
Non sapere che pesci prendere
In bocca al lupo
Prendere un granchio
2.2 Modi di dire a colori
18
Rivista In.it
Descrizione dell’attività 1
Si chiede agli studenti di osservare la tabella in cui sono riportati tre modi di dire
con i colori sugli italiani, di completarli a partire dai colori della bandiera italiana e di
provare ad indovinare il loro significato con l’aiuto del dizionario. Successivamente,
si chiede agli studenti di completare il cruciverba su nuovi modi di dire con i colori, a
partire da una lista di colori in ordine sparso che si trova in fondo all’esercizio. Infine
si chiede loro di pensare alla propria lingua materna e di scrivere i modi di dire con i
colori che conoscono, provando a tradurli in italiano.
Consegna
Osserva la tabella, pensa ai colori della bandiera italiana e completa i tre modi di dire
sugli italiani.
Noi italiani: siamo al…
Passiamo le notti in…
Abbiamo i conti in….
(1° colore
della bandiera italiana)
(2° colore
della bandiera italiana)
(3° colore
della bandiera italiana)
Secondo te, che cosa significano questi tre modi di dire? Aiutati con il dizionario.
Completa il cruciverba dei colori. Leggi le frasi, scegli il colore che ti sembra corretto
dalla lista dei colori in ordine sparso che trovi in fondo all’esercizio e scrivilo nel cruciverba.
In
.IT
19
Orizzontali
Verticali
2. Giulia mi sembrava felice, invece di punto in ______ è scoppiata a piangere.
3. Un mio antico parente aveva
origini nobili, quindi anch’io ho
un po’ di sangue ______!
4. É tutto il giorno che piove. Che
giornata ______!
7. Mia sorella è un’inguaribile romantica: sogna ancora il principe
______!
9. Per usufruire del servizio di assistenza clienti, chiamate il numero ______ indicato.
1. Sono un grande appassionato
del genere poliziesco, leggo solo
libri ______ . E tu?
5. Io preferisco le storie romantiche, leggo solo romanzi ______ .
6. Laura sta passando un brutto
periodo. Vede tutto ______ .
8. I film a luci ______ sono vietati
ai minori di 18 anni.
Blu – Rosse – Grigia – Verdi – Nero – Gialli – Rosa – Bianco – Azzurro
Nella tua lingua materna ci sono modi di dire o espressioni con i colori? Scrivili e prova
a tradurli in italiano.
Rivista In.it
In
.IT
2.3 Indovina i modi di dire
Descrizione dell’attività 1
Si mostrano agli studenti quattro fotografie rappresentanti quattro diversi modi di dire
italiani e si chiede loro di fare una crocetta sul modo di dire corretto tra i tre proposti.
Infine, si chiede agli studenti di provare a spiegare il significato dei modi di dire anche
con l’aiuto del dizionario.
Consegna
Osserva le fotografie e segna con una crocetta il modo di dire corretto.
20
p Mostrare le
parole
p Il telefono dà
alla testa
p Misurare le
parole
p Arrabbiarsi al
telefono
p Allungare le
parole
p Dare un colpo
di telefono
p Cadere dalle
nuvole
p Bersi un
bicchiere
d’acqua
Rivista In.it
p Guardare le
nuvole
p Andare sulle
nuvole
p Perdersi in un
bicchiere d’acqua
p Cadere in un
bicchiere
d’acqua
Qual è il significato dei quattro modi di dire? Per aiutarti, usa il dizionario.
Descrizione dell’attività 2
Si mostrano agli studenti due fotografie rappresentanti due diversi modi di dire italiani
e, dato il modo di dire, si chiede loro di osservare l’espressione del viso e di ricavare da
essa il significato del modo di dire. Successivamente, si propongono agli studenti tre
nuovi modi di dire e, a coppie, si chiede loro di sceglierne uno, di trovare il significato
e di rappresentarlo in una foto, dando importanza all’espressività.
Consegna
Guarda questa foto: rappresenta il modo di dire “camminare a tre metri da terra”. Per
aiutarti, osserva l’espressione del viso. Secondo te, che cosa significa?
In
.IT
“Camminare a tre metri da terra” significa ________________
___________________________ .
Guarda questa foto: rappresenta il modo di dire “dare i numeri”. Per aiutarti, osserva l’espressione del viso. Secondo te,
che cosa significa?
21
Rivista In.it
“Dare i numeri” significa _______________________
______________________________ .
A coppie, scegliete un modo di dire tra i seguenti,
cercate il loro significato e rappresentatelo in una
foto. Date importanza all’espressività.
“Cogliere con le mani nel sacco”; “Avere un piede
nella fossa”; “Essere un pezzo di pane”.
2.4. Modi di dire nella letteratura
Descrizione dell’attività 1
Si propongono agli studenti due passaggi tratti dal libro Lessico famigliare di Natalia
Ginzburg (nell’edizione, da noi consultata, del 2012) e si chiede loro di sottolineare il
modo di dire presente (“dare spago”). Poi si chiede agli studenti di mettersi a coppie,
di pensare al significato del modo di dire e di scrivere un testo in cui lo utilizzano.
In
.IT
Consegna
Leggi questi due brevissimi passaggi tratti dal libro Lessico famigliare di Natalia Ginzburg e sottolinea il modo di dire che compare in entrambi.
“Di lui, mio padre (…) diceva (…) che «dava poco spago». (…) Gino, infatti, dava poco
spago, perché leggeva sempre; e quando gli si parlava, rispondeva a monosillabi, senza alzare la testa dal libro.” (2012: 52)
“A me, mia madre, non raccontava niente, perché le sembravo piccola; e poi perché
diceva che io «le davo poco spago». (…) – Non dà spago! Non parla! – diceva mia madre
di me.” (2012: 81)
Insieme al tuo compagno, indovinate il significato del modo di dire e inventate un testo in cui lo utilizzate.
Descrizione dell’attività 2
Si chiede agli studenti di osservare la foto in cui è rappresentato il modo di dire “avere
le mani bucate” e di provare ad indovinarlo. Poi si chiede loro di leggere il breve passaggio tratto dal libro Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, di sottolineare il modo di
dire (lo stesso della fotografia) e di provare ad indovinare il suo significato.
22
Consegna
Osserva la foto e rispondi: secondo te, qual è il modo di dire rappresentato in questa
fotografia?
____________________________________________________________________________ .
Rivista In.it
Per capire se hai fatto giusto, leggi questo passaggio
tratto dal libro Lessico famigliare di Natalia Ginzburg
e sottolinea il modo di dire della fotografia. Che cosa
significa secondo te?
“Avevo scoperto anche il denaro: non che fossi diventata avara – sono stata sempre, come mia madre,
con le mani bucate – ma avevo individuato, dietro
alle cose, la presenza del denaro come una faticosa e
tortuosa complicazione (…). Tuttavia non mancavo,
quando avevo del denaro in mano, di spenderlo subito, pentendomi immediatamente d’averlo speso.”
(2012: 132)
Descrizione dell’attività 3
Si chiede agli studenti di leggere un breve passaggio tratto dal saggio L’umorismo di
Luigi Pirandello (nell’edizione, da noi consultata, del 1995) sul tema della maschera e
successivamente si presenta una fotografia in cui è rappresentato il modo di dire “togliersi la maschera”. Si chiede agli studenti di scrivere l’azione rappresentata e, dopo
averli informati che corrisponde anche a un modo di dire, si chiede loro di provare ad
indovinare il suo significato a partire dal testo appena letto.
Consegna
Leggi il breve passaggio tratto da L’umorismo di Luigi Pirandello, poi osserva la fotografia e rispondi alle domande.
In
.IT
“Ciascuno si racconcia la maschera come può – la maschera esteriore. Perché dentro
poi c’è l’altra, che spesso non s’accorda con quella di fuori. E niente è vero! Vero il
mare, sì, vera la montagna; vero il sasso; vero un filo d’erba; ma l’uomo? Sempre mascherato, senza volerlo, senza saperlo, di quella tal cosa ch’egli in buona fede si figura
d’essere: bello, buono, grazioso, generoso, infelice, ecc. ecc.” (1995: 141)
Quale azione è rappresentata nella fotografia?
_______________________________________
_______________________________________
L’azione rappresentata corrisponde ad un
modo di dire. Il testo di Pirandello ti aiuta a
capire il significato del modo di dire. Secondo te, qual è?
_______________________________________
_______________________________________
2.5 Modi di dire con il corpo umano
Descrizione dell’attività 1
Si presentano agli studenti delle fotografie che rappresentano i modi di dire italiani
con il corpo umano e si chiede loro di scrivere sotto ogni figura il modo di dire corrispondente, scegliendolo tra quelli della lista in fondo all’esercizio. Infine, si propone agli studenti un esercizio di scelta binaria vero/falso sul significato dei modi di
dire.
23
Rivista In.it
In
.IT
Consegna
Osserva le fotografie e scrivi sotto ad ognuna i modi di dire corrispondenti che trovi in
ordine sparso nella lista in fondo all’esercizio, come nell’esempio.
___________________
___________________
___________________
avere le mani bucate
___________________
___________________
___________________
___________________
___________________
24
Rivista In.it
“Darsi la zappa sui piedi”; “Avere le mani legate”; “Avere le fette di prosciutto davanti agli
occhi”; “Avere le mani bucate”; “Tenere due piedi in una scarpa”; “Avere la testa tra le nuvole”; “Avere il pollice verde”; “Avere la testa nel pallone”; “Toccare il cielo con un dito”.
Indica se i seguenti significati dei modi di dire sono veri (V) o falsi (F).
Darsi la zappa sui piedi:
1. Farsi del male da soli
2. Ricevere del male da qualcuno
3. Essere deboli
V F
V F
V F
Avere le mani legate:
1. Essere in punizione
2. Non potere agire liberamente
3. Affidarsi al destino
V F
V F
V F
V F
V F
V F
Avere le mani bucate:
1. Sprecare i propri soldi
2. Farsi male alle mani
3. Avere le mani delicate
V F
V F
V F
Tenere due piedi in una scarpa:
1. Stare stretti in un luogo
2. Essere indecisi tra due possibilità
3. Avere perso una scarpa
V F
V F
V F
Avere la testa tra le nuvole:
1. Pregare
2. Essere distratto
3. Non ricordare
V F
V F
V F
Avere il pollice verde:
1. Essere appassionati di giardinaggio
2. Lavorare come giardinieri
3. Farsi un taglio al pollice
V F
V F
V F
Avere la testa nel pallone:
1. Avere la testa gonfia
2. Essere appassionati di calcio
3. Trovarsi in uno stato confusionale
V F
V F
V F
Toccare il cielo con un dito:
1. Essere felicissimo
2. Essere molto alto
3. Esagerare
V F
V F
V F
Riferimenti bibliografici
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Caon F., 2010, Parole in viaggio, Perugia, Guerra.
* Le foto sono dell’autrice.
In
.IT
Avere le fette di prosciutto davanti agli occhi:
1. Avere moltissima fame
2. Non riuscire a vedere bene
3. Rifiutarsi di vedere l’evidenza
25
Rivista In.it
In
.IT
26
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Fara.
Casadei F., 1996, Metafore ed espressioni idiomatiche. Uno studio semantico sull’italiano, Roma, Bulzoni.
Freddi G., 1994, Glottodidattica. Fondamenti, metodi e tecniche, Torino, Utet Libreria.
Giddens A., 2000, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita,
Bologna, Il Mulino.
Lucatorto A., 2008, “La comprensione del lessico idiomatico: aspetti psicolinguistici,
neurologici e implicazioni glottodidattiche” in Giudice T., Carlucci S. (a cura di), Comprensione e malinteso. Lingua e scrittura tra babele e pentecoste, Bari, Laterza.
Pichiassi M., Zaganelli G., 2003, Contesti italiani. Viaggio nell’italiano contemporaneo
attraverso i testi. Materiali per la didattica dell’italiano L2, Perugia, Guerra.
Porcelli G., 2004, Comunicare in lingua straniera. Il lessico, Torino, Utet Libreria.
Rolla R., Sciutto C., 2013, Capire le metafore e i modi di dire. Attività di recupero del
linguaggio pragmatico, Trento, Centro Studi Erickson.
Vietri S., 1990, “La sintassi delle frasi idiomatiche” in Studi italiani di linguistica teorica e applicata, n. 1.
Zamora P. et al. (a cura di), 2006, Hai voluto la bicicletta… Esercizi su fraseologia e segnali discorsivi per studenti di italiano LS/L2, Perugia, Guerra.
Rivista In.it
ISBN: 978-88-557-0059-7
PAGINE: 168
FORMATO: 20X27
LIVELLO: elem./interm. A2/B2
PREZZO: 16,50 €
Il volume è composto da 63 schede autonome, che
non hanno una sequenza obbligatoria - anche se in
ogni caso sono indicati dei rimandi ad altre schede
che trattano argomenti collegati o simili.
Ogni scheda è composta da un testo e da
un’illustrazione, sulla pagina di sinistra. L’illustrazione
è messa lì per far vedere l’Italia e soprattutto perché, sulla base della foto di quella pagina e anche di
quella di fronte, ci si sforzi di fare delle ipotesi, di immaginare l’argomento del testo: saper fare ipotesi è
fondamentale per esercitare la comprensione. Dopo,
seguendo gli esercizi, si affronterà tutto il testo. Se
si hanno difficoltà con alcune parole va osservato se
sono stampate in colore: sono parole che si trovano
nella stessa pagina destra, di solito in basso, con una
spiegazione che ne faciliterà la lettura. Prima di fermarsi davanti ad una parola sconosciuta conviene
tentare di intuirne il significato e poi chiedere ai compagni, all’insegnante, al dizionario.
Tre suggerimenti per
migliorare l’insegnamento
delle lingue straniere*
In
.IT
J. H. Hulstijn
L’insegnamento delle lingue straniere in Olanda ha raggiunto standard elevati. Nonostante ciò, si può fare ancora di meglio. Qui a seguire esporrò tre questioni che possono
rivestire un certo interesse per i docenti e i progettisti di corsi.
Mettete nelle condizioni di riuscire
Imparare una lingua costa tempo e fatica. Ad ogni studente può capitare, di tanto in
tanto, di perdersi d’animo. Per questo motivo, ogni corso deve essere strutturato in
modo tale da porre chi lo segue nelle condizioni di riuscire. Ciò che di certo non motiva è essere corretti sugli errori di forma quando si è ancora principianti. Con questa
tipologia di apprendente, pertanto, per quanto riguarda la correttezza nella produzione
orale, bisogna prefiggersi obiettivi realizzabili. Inoltre, è necessario avere un programma strutturato: ogni capitolo non può far compiere un passo in avanti molto più grande
del precedente. Questo vale non solo per il lessico e la grammatica ma anche per la
velocità e la chiarezza d’eloquio dei testi da ascoltare. Il metodo del “gettalo a mare,
tanto poi imparerà a nuotare” non è mai stato tanto efficace per nessuno. Un corso
strutturato in modo graduato, che proceda a piccoli passi, è giustificato non solo da
ragioni di ordine linguistico, psicolinguistico e di psicologia della didattica, ma anche
perché ciò assicura maggiori possibilità di riuscita.
Proponete anche testi orali e scritti privi di parole o strutture nuove
É fuor di dubbio che ogni capitolo debba contenere testi, scritti e orali, di difficoltà
leggermente superiore a quelli presentati nel capitolo precedente. Tuttavia, dovrebbero esserci anche brani che, quanto a lessico e grammatica, siano del tutto privi
di nuovi elementi. Testi di questo tipo sono importanti per permettere l’elaborazione
automatica delle parole e delle strutture precedentemente incontrate. Essere in grado
di comprendere ciò che viene detto o scritto significa essere in grado di elaborare
le parole e le strutture in un modo pressoché automatico. In questo modo, quindi,
l’apprendente deve concentrare la propria attenzione solo sul contenuto (come accade
con la propria madrelingua). È soprattutto il caso della comprensione orale, dove è il
parlante a determinare il ritmo delle frasi costringendo l’ascoltatore a stargli dietro.
Ma anche nella lettura è questione di velocità. Quando si legge lentamente, parola
per parola (ad esempio, un articolo di giornale), è facile, una volta giunti alla fine, non
titolo originale: “Drie suggesties voor nóg beter vreemde-talenonderwijs”.
Tratto da: rivista della casa editrice Het Spectrum. Traduzione di Agata Claudia Privitera. Supervisione di Roberto Dagnino.
*
27
Rivista In.it
In
.IT
28
Rivista In.it
ricordarsi più quanto letto all’inizio. Inoltre, i testi orali e scritti che giocano un ruolo
chiave per la fissazione delle parole nella memoria sono di regola quelli privi di termini
nuovi. Un’antica regola empirica dice che il miglior metodo per imparare una parola
nuova è incontrarla sette volte sempre in un contesto diverso (entro un periodo di
tempo limitato).
L’automatizzazione della comprensione orale e scritta è un fattore, a mio avviso, non
debitamente considerato in tanti corsi. Ascoltare molto la radio, vedere la TV, leggere
libri, giornali e riviste sono attività di certo utili e da consigliare, tuttavia l’offerta linguistica di tali media contiene anche parole non note, che finiscono ogni volta per inceppare
il processo di lettura e di comprensione. Sia principianti che avanzati hanno pertanto
bisogno di testi orali e scritti aventi una quantità minima, se non nulla, di parole e strutture nuove. E non è neanche sufficiente far ascoltare il testo soltanto una volta. La prima
volta il brano può essere ascoltato (senza la versione stampata) con l’obiettivo di capirne
il contenuto. Poi, il testo può essere ascoltato più volte (a questo punto con la versione
scritta accanto) con l’obiettivo di estrapolare ogni parola dal flusso di suoni.
Molti docenti trovano che questo sistema pretenda troppo dagli studenti. Ma così non
è. Se un parlante di madrelingua olandese dice ad un altro olandese “daweeknie”,
quest’ultimo è perfettamente in grado di capire l’espressione per intero e senza il minimo sforzo o, a richiesta, di scandirla parola per parola: “dat weet ik niet” (“non lo so”,
ndt). L’apprendente L2 deve afferrare tali semplici espressioni di uso comune con la
stessa scioltezza di un madrelingua. Per questo motivo, si rivela necessario esporre
ripetutamente gli studenti all’ascolto di testi orali, fornendo poi loro la versione scritta
(per ulteriori suggerimenti, si veda la bibliografia alla fine).
Grammatica: insegnate le forme in contesto, piuttosto che regole e paradigmi
Sarebbe meraviglioso se dopo l’adolescenza si riuscisse ad apprendere una lingua
straniera con la medesima facilità con cui si riusciva a farlo prima di quel periodo,
senza l’insegnamento guidato della grammatica. Purtroppo, però, un “metodo pienamente naturale” non è realizzabile quasi per nessuno. Comporterebbe, ad esempio,
abitare per almeno un anno presso una famiglia nel paese di cui si intende imparare la
lingua. La grammatica conserva, pertanto, un posto di rilievo nell’insegnamento delle
lingue straniere. Nonostante ciò, non è stato ancora detto tutto.
Soltanto una parte dei fenomeni formali che gli studenti devono far propri può essere
descritta da regole applicabili universalmente. È solo in questi casi che le regole si
rivelano utili. In morfologia, invece, ci si imbatte raramente in regole che non hanno
eccezioni. La maggior parte delle volte, infatti, bisogna imparare parola per parola
quelle che sono le irregolarità nella flessione e le possibilità di combinazione – e le
regole, in questo caso, non vengono granché in aiuto.
Si prenda, ad esempio, la classificazione dei verbi in francese: in questa lingua vi sono
classi di verbi “regolari” e poi una classe di verbi “irregolari”. Nulla da obiettare contro tali suddivisioni e mostrare così che vi sono gruppi di verbi che devono essere
coniugati nella stessa maniera. Ma da studente, con queste informazioni, sei ancora
ad un nulla di fatto. L’effettivo carico didattico per lui consiste piuttosto nell’imparare
come deve essere coniugato ogni verbo. E ciò lo si impara, al meglio, incontrandone
le forme in più contesti. Ancora un esempio. Sapere qual è in olandese il plurale di un
sostantivo, o il passato di un verbo, o se un nome è maschile, femminile o neutro, o
sapere se in tedesco il verbo fragen vuole l’accusativo (Ich frage dich – “Ti domando”,
ndt), sono tutti casi in cui la conoscenza delle regole grammaticali non è di grande
aiuto.
In linguistica moderna molte vecchie barriere che separavano il lessico dalla grammatica sono crollate. Al contempo, ha acquisito sempre maggiore influenza l’analisi
statistica. Con l’aiuto di robusti programmi è possibile stabilire quante volte, in quali
contesti e in quali situazioni comunicative si presentano determinate parole. Da queste
analisi è emerso che il plurale di un nome non occorre sempre con la stessa frequenza
di un singolare, o non sempre negli stessi contesti. In un negozio di frutta e verdura,
ad esempio, gli articoli sono scritti al plurale, invece che al singolare. L’insegnamento
dei plurali regolari e irregolari può quindi riuscire bene all’interno di un contesto di
questo genere: Die Nüsse sind teuer; die Äpfel sind billig (Le noci sono costose, le mele
sono economiche, ndt). Tuttavia, se domandiamo a qualcuno se ha voglia di una mela
dovremmo piuttosto usare il singolare: Möchtest du eine Apfel? (Vorresti una mela?,
ndt). Si prendano ancora le forme del verbo sterben (morire, ndt). Le terze persone
sono più frequenti delle seconde: quand’è che si dice du stirbst o du starbst (tu muori,
tu moristi, ndt)? Starben (morirono, ndt) è però tipico di resoconti o relazioni: Die Patienten starben innerhalb von drei Monaten (I pazienti morirono nel giro di tre mesi,
ndt). Dal punto di vista dell’insegnamento delle lingue straniere questo significa che
l’apprendimento per paradigmi (je prends, tu prends, il prend, nous prenons, vous
prenez, ils prennez; to take, took, taken; Apfel- Äpfel, Nuss-Nüsse) è assai meno utile
di quanto pensato sinora. Invece che esercitarsi sugli specchietti, gli studenti devono
esercitare le forme in modo “orizzontale”, siano esse di nomi, verbi ecc. (soprattutto
le forme che occorrono spesso – vale a dire, non per forza tutte le forme). Se è quindi
sempre vero che nell’insegnamento delle lingue straniere vi deve essere di certo attenzione per la correttezza grammaticale, è anche vero che l’esercitazione per paradigmi
verticali può essere in gran parte sostituita dall’esercitazione di forme particolari in
contesti adeguati.
Bibliografia
Hulstijn, J.H. (in pubblicazione). ����������������������������������������������������
Impliciete en expliciete taalverwerving. Bundel aangeboden aan Prof. B. Sciarone bij diens afscheid van de Technische Universiteit
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Hulstijn, J.H. (2004). Oefenen in woord-voor-woord verstaan als vorm van impliciet
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Hulstijn, J.H. (2003). Connectionist models of language processing and the development of multimedia software for listening comprehension. Computer Assisted
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In
.IT
29
Rivista In.it
T
Italiano L2 in Italia
Un modello «umanistico»
per l’inclusione.
Parte I: sviluppo della
normativa per l’integrazione
degli immigrati adulti
30
Sebbene in ritardo rispetto ad altri paesi europei, anche l’Italia si sta dotando di un suo
modello di inclusione per la ‘gestione’ (brutta parola) del fenomeno immigrazione. Una
gestione che – trattandosi di meccanismi estremamente complessi, multiformi, spesso
imprevedibili e in continuo mutamento – poggia su una normativa in fieri che, lungi dal
mettere in discussione il lavoro del legislatore, va letta in tutte le sue potenzialità ma
anche in tutti i suoi limiti. Solo questo lavoro condotto con serietà, dentro un quadro
di riferimento ideale, ci permette di cogliere la costruzione di un sistema di inclusione
efficace ed organico, vieppiù nella misura in cui non tende alla sterile riproposizione
di modelli già sperimentati altrove, ma tiene conto delle peculiarità e della storia dell’Italia.
Un po’ di storia, anzi… preistoria
L’Italia, tra gli Stati membri dell’Unione Europea, è il caso più significativo di passaggio
da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione. Come negli altri Stati membri che fanno parte del cosiddetto “modello mediterraneo”, l’immigrazione nel Bel Paese iniziò a
manifestarsi in un contesto caratterizzato da un andamento demografico negativo, dal
perdurare della disoccupazione in vaste aree del territorio nazionale e dal bisogno di manodopera aggiuntiva solo in alcune realtà (dall’agricoltura alla collaborazione familiare,
dall’edilizia a certi comparti lavorativi dell’industria), spesso sotto forma di impiego irregolare (AA.VV. 2011a: 26).
Il primissimo provvedimento per quanto riguarda l’Italia repubblicana (in quanto l’unico riferimento previo era il Regio Decreto del 18 giugno 1931, n. 773, articoli 142-152)
risale alla Legge 943 del 1986, Norme in materia di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine, anche se si tratta in realtà
più di un intervento atto a regolamentare aspetti del diritto del lavoro e ad evitare il
sommerso piuttosto che un quadro di azione con chiare politiche per l’immigrazione e
l’inclusione.
Al pari di quanto avviene per il comparto scuola, infatti, anche nella gestione delle
politiche migratorie lo Stato ha per decenni lasciato grande autonomia agli Enti Locali
(Ambrosini 2013), e non è estranea a questa scelta la differenza che fin da subito si è
venuta a determinare tra il numero di immigrati nelle regioni del centro-nord e quelle
del sud.
In.
IT
Rivista In.it
Luca Di Dio
È con i primi anni Novanta e con l’esodo albanese che non appare più rimandabile un
intervento unitario, cui fornisce una prima risposta la Legge 39/1990 – la cosiddetta
“Legge Martelli”, che sancisce il riconoscimento dello status di rifugiato e profugo,
dando il via alla programmazione nazionale dei flussi di extracomunitari in ingresso
sulla base delle necessità produttive e occupazionali del Paese e che fissa anche i primi parametri del meccanismo di espulsione –, cui segue il Decreto Legge n. 489/1995
– cosiddetto Decreto Dini – che concentra la sua attenzione sulle norme in materia di
lavoro stagionale (sei mesi di permanenza) dei cittadini di Paesi extraeuropei, sulle
espulsioni, sui ricongiungimenti familiari e sulla regolarizzazione dello straniero per
offerta di lavoro.
Poiché il meccanismo dei flussi – frutto di una motivazione economica che, ahimè, sarà
il fil rouge anche di tutti gli interventi legislativi successivi – non risolve il permanere
dell’emergenza, soprattutto da un punto di vista socio-istituzionale, si sente la necessità di un quadro d’insieme normativo, anche e soprattutto nella misura in cui da parte
degli Enti Locali si viene progressivamente a creare una situazione estremamente differenziata e a macchia di leopardo, esemplificata, ad esempio, nelle dinamiche riguardanti la creazione di organismi elettivi a valenza consultiva per la partecipazione degli
immigrati alle politiche di indirizzo locale (Boccagni 2012: 77).
In
.IT
Dalla gestione dell’emergenza al Testo Unico
Sulla soglia del nuovo millennio, viene emanata la legge n. 40 del 1998, “Disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, norma che porta il nome
di Turco-Napolitano e che, nel rinnovare i meccanismi dei flussi con quote riservate
ai Paesi non UE che hanno siglato accordi con l’Italia sul controllo dei flussi irregolari
e sulla riammissione dei cittadini che potevano risultare più difficili da integrare (ad
esempio gli stranieri immigrati in modo irregolare), introduce diverse novità:
-
in primis arriva la Carta di soggiorno a tempo indeterminato per lo straniero che soggiorna regolarmente in Italia da almeno cinque anni con
reddito sufficiente per sé e la propria famiglia (vengono infatti inclusi
nella carta il coniuge e i figli minori conviventi);
-
guardando alla Germania, viene introdotto l’istituto dello sponsor, una prestazione di garanzia (polizza assicurativa o fideiussione bancaria) per coprire economicamente lo straniero nel primo anno di ricerca del lavoro;
-
nascono i Centri di Permanenza Temporanea (CPT), finalizzati all’adempimento dell’espulsione amministrativa;
-
oltre ai CPT è prevista anche la creazione di Centri di prima accoglienza,
in grado di provvedere alle esigenze dell’immigrato (Titolo V, Capo III,
art. 38, 3) e all’interno dei quali sono previste attività di formazione professionale e di apprendimento della lingua italiana;
-
sotto l’aspetto educativo e formativo, la Legge dedica un intero articolo
(36) all’Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale, precisando
che
Da non confondere con CTP, Centri Territoriali Permanenti, che si occupano dell’Istruzione e
della Formazione in età adulta.
31
Rivista In.it
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le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche
sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono: a) l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle
scuole elementari e medie; b) la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti
regolarmente soggiornanti […]; c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti
nel Paese di provenienza […]; d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana; e) la
realizzazione di corsi di formazione […].
La legge 40/1998 confluisce poi nel D.Lgs. n. 286/1998, conosciuto anche come “Testo
Unico delle disposizioni in materia di immigrazione”, a sua volta applicato con l’uscita
del DPR 394/1999 “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico”.
Il T.U. è attualmente il punto di riferimento in materia nonostante le numerose modifiche intervenute nella normativa successiva. Le prime apportate dalla legge n.189/2002
(Bossi-Fini), attualmente in vigore e oggetto di costanti e reiterate polemiche, in quanto basa il proprio impianto fondamentalmente sulla lotta all’immigrazione irregolare
e sulle restrizioni agli ingressi, lasciando aperte molte questioni relative alla reale
inclusione sociale.
Viene eliminato l’istituto dello sponsor e l’ingresso in Italia subordinato all’esistenza
di una concreta offerta di occupazione e all’assunzione di vari obblighi da parte del
datore di lavoro.
Aumenta la severità per le espulsioni e per le richieste di asilo politico e il prolungamento di altri trenta giorni, previo parere del giudice, del periodo di trattenimento nei
CPT degli immigrati in attesa di espulsione. Il permesso di soggiorno non può avere
una validità superiore ai due anni (uno per i lavoratori a tempo determinato) e, proprio
in occasione della richiesta del permesso di soggiorno, lo straniero (extracomunitario
e non) deve sottoporsi a rilievi dattiloscopici. Viene infine aumentato da 5 a 6 anni il
tempo di residenza in Italia necessario per poter richiedere la carta di soggiorno per-
manente che, con il Decreto Legislativo n. 3 dell’8 gennaio 2007, in adeguamento alle
direttive europee (2003/109/CE), diviene “Permesso di soggiorno CE per soggiornanti
di lungo periodo”.
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Il punto di svolta della Legge 94/2009
È con l’entrata in vigore della Legge 15 luglio 2009 n. 94, recante “Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica”, che il panorama italiano in tema di immigrazione inizia a cambiare radicalmente, lasciando intravedere – pur tra le mille difficoltà, ritardi,
applicazioni sommarie – quel nucleo iniziale di modello di inclusione che prende tratti
caratteristici del sistema Italia e a cui vorremmo dare il nome di «umanistico».
L’iter avviato dalla Legge 94/09, infatti, ha portato giorno dopo giorno alla creazione
di un quadro complessivo e unitario di riferimento in materia di inclusione linguistica
e sociale degli immigrati, con azioni sempre più definite e sempre più incidenti, al
punto tale che è possibile realmente iniziare a leggere tratti di consolidamento di un
nascente “modello italiano” che punta su identità, incontro, ma anche e soprattutto
“educazione” (Italia 2020: 8).
In particolare:
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l’art.1, comma 22, lettera i, va ad integrare l’art. 9 comma 2 del Decreto
Legislativo 286/98 (il TU.) e stabilisce che “il rilascio del permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua
italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto del
Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca”;
l’articolo 1 comma 25, aggiunge altresì al T.U. l’articolo 4-bis e introduce
la sottoscrizione dell’Accordo di Integrazione, «articolato per crediti, con
l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno» ;
l’articolo 4 elenca alcuni principi fondamentali del provvedimento, riporta i casi eccezionali per i quali la stipula dell’Accordo non è obbligatoria
e rimanda a future regolamentazioni dei criteri e delle modalità di sottoscrizione.
Il D.M. 4 giugno 2010
La prima di queste regolamentazioni è rappresentata dal Decreto che l’allora Ministro
dell’Interno Maroni ha emanato il 4 giugno 2010 (uscito in Gazzetta Ufficiale l’11 giugno)
per definire le modalità di svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana:
per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo,
lo straniero deve possedere un livello di conoscenza della lingua italiana che
consente di comprendere frasi ed espressioni di uso frequente in ambiti correnti,
In tal modo l’Italia si ricollega a quanto già presente in altre nazioni europee. Ad esempio non
sembra inappropriato un richiamo al francese Contrat d’accueil et d’intégration, sebbene la
struttura a punti faccia fortemente pensare all’inglese Point-Based System.
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in corrispondenza al livello A2 del Quadro comune di riferimento europeo per la
conoscenza delle lingue approvato dal Consiglio d’Europa (art.2, comma1).
L’altra grande novità (art. 3, commi 1 e 2) è che lo straniero presenta domanda di partecipazione al test con modalità informatiche, e la prefettura territorialmente competente è tenuta a convocare il richiedente entro 60 giorni «indicando il giorno, l’ora ed il
luogo in cui lo straniero si deve presentare».
Mentre l’articolo 1, comma 3, specifica subito quali sono le categorie esentate dal
provvedimento:
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-
figli minori di anni 14 propri e del coniuge;
straniero affetto da patologie, handicap o semplicemente l’età, che non
consentono un adeguato apprendimento linguistico;
all’articolo 4, comma 1, viene presentato un lungo elenco di requisiti il cui possesso
permette di non svolgere il test:
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il possesso di un attestato di conoscenza della lingua italiana di livello
A2, rilasciato dagli Enti Certificatori riconosciuti (indicati nell’allegato
A): Università degli Studi di Roma Tre; Università per stranieri di Perugia;
Università per stranieri di Siena; Società Dante Alighieri;
il possesso di una attestazione di conoscenza della lingua italiana ad un
livello non inferiore all’A2 rilasciata dai CPIA al termine di un Corso di
Integrazione Linguistica e Sociale;
il riconoscimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 ottenuto nell’ambito dei crediti maturati per l’Accordo
di Integrazione di cui all’art. 4-bis del Testo Unico;
il conseguimento di un diploma di scuola secondaria di primo o secondo
grado presso un istituto scolastico appartenente al sistema italiano di
istruzione;
un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 27, comma 1, lettere a), c) d),
e q), del Testo Unico in quanto «svolge una delle attività indicate nelle
disposizioni medesime».
Quanto alla struttura del test di lingua italiana, il Decreto Maroni, all’art. 3, comma 3,
precisa solamente che
è strutturato sulla comprensione di brevi testi e sulla capacità di interazione in
conformità ai parametri adottati per le specifiche abilità dagli Enti di certificazione
Più volte a livello ministeriale si tornerà sull’argomento dell’impossibilità a sostenere il test. Vale
la pena citare la nota 463 del 20 febbraio 2012 con cui il MIUR indica chiaramente che «preso atto
dei numerosi casi di analfabetismo funzionale, si è convenuto, sempre d’intesa con il Ministero
dell’Interno, che a richiesta dello straniero, il quale dichiari – sotto la propria responsabilità – di essere incapace di sostenere la prova relativa all’interazione, sia nella prevista modalità informatica
che anche in quella scritta, le commissioni […] predispongono, nell’ambito della loro autonomia,
prove integrative/suppletive definite in modo da consentire lo svolgimento della prova relativa
all’interazione in altre modalità in ogni caso coerenti con le specifiche indicazioni contenute nel
Vademecum» (di cui si tratterà più avanti).
Dirigente altamente specializzato di società aventi sedi o filiali in Italia [...]; professore universitario con incarico accademico; traduttore e interprete; giornalista regolarmente retribuito.
ai quali è affidato anche il compito di decidere il contenuto delle prove che compongono il test, i criteri di assegnazione del punteggio e la durata della prova, fermo restando che
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per superare il test il candidato deve conseguire almeno l’ottanta per cento del punteggio complessivo.
Primo Accordo Quadro Ministero Interno-Miur
Il 16 novembre 2011, con Circolare n. 7589, il Ministero dell’Interno comunica a tutte
le Prefetture che
a partire dal 9 dicembre p.v., lo straniero che intende richiedere il permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo dovrà inoltrare l’istanza di svolgimento del test in via informatica, collegandosi al sito internet www.testitaliano.interno.it e compilare, in ogni sua parte, il modulo di domanda
di cui la circolare riporta un fac simile.
La macchina istituzionale è partita, per cui entro sessanta giorni a far data dal 9 dicembre 2011 le Prefetture dovranno essere in grado di convocare gli aventi diritto.
Ma il D.M. uscito il 4 giugno 2010 lascia ancora molte questioni in sospeso relativamente a luoghi, contenuti, modalità di valutazione del test di lingua italiana; questioni che,
in questo lasso di tempo, divengono oggetto di un attento lavoro di collaborazione interistituzionale attraverso il quale si arriva alla definizione dell’Accordo Quadro, siglato l’11
novembre 2010 dal Ministero dell’Interno e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca (MIUR). Tale accordo mira soprattutto a definire criteri e modalità per:
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l’individuazione delle istituzioni scolastiche, sedi dello svolgimento del
test;
lo svolgimento del test presso le suddette istituzioni scolastiche;
la valutazione della prova;
la comunicazione degli esiti alla Prefettura.
Per cui, secondo l’art. 4, comma 2, lo svolgimento del test avviene presso i Centri per
l’istruzione degli adulti (CPIA) e, in attesa della completa riorganizzazione dei Centri,
presso le istituzioni scolastiche sedi dei Centri Territoriali Permanenti (CTP), che sono
tenuti a costituire apposite commissioni per lo svolgimento del test (art. 5, comma 2).
Tali commissioni, composte da almeno due docenti di italiano in servizio presso le isti�
Il link funzionante è in realtà il seguente: https://testitaliano.interno.it/Ministero/index2.jsp
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tuzioni medesime, individuati preferibilmente tra quelli che abbiano frequentato corsi
aggiornamento o di formazione in Italiano Lingua Seconda (comma 3),
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-
definiscono il contenuto del test;
i criteri di assegnazione del punteggio;
la durata del test,
sulla base delle Linee guida ministeriali e del Sillabo prodotto dagli Enti di certificazione già individuati dal D.M. 4 giugno 2010 (comma 4).
Le Istituzioni, infine (comma 5), concordano con la Prefettura territorialmente competente il calendario dello svolgimento del test, i cui partecipanti saranno comunicati 10
giorni prima delle date previste dal calendario.
Dal Vademecum ai primi test
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Dopo l’uscita dell’Accordo Quadro, in un clima di chiara fibrillazione tra gli addetti ai
lavori, si susseguono una serie di note e circolari tra Ministero dell’Interno e MIUR e tra
l’Amministrazione Centrale e le direzioni e i competenti uffici periferici per diffondere
il lavoro che i 4 Enti Certificatori hanno portato avanti e che si concretizza nell’invio da
parte del MIUR di un Vademecum contenente «le indicazioni tecnico-operative per la
definizione dei contenuti delle prove che compongono il test, criteri di assegnazione
del punteggio e durata del test». Sulla base di quanto previsto dal D.M. 4 giugno 2010,
il test è costituito da due sezioni basilari:
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la comprensione di brevi testi;
la capacità di interazione.
Per la comprensione vengono individuate due prove, una orale e una scritta.
Secondo il Vademecum, il candidato per superare la prova di comprensione orale deve
essere in grado di:
[…] comprendere quanto basta per soddisfare bisogni di tipo concreto, purché si
parli lentamente e chiaramente. […] Comprendere espressioni riferite ad aree di
priorità immediata (ad es. informazioni veramente basilari sulla persona e sulla
famiglia, su acquisti, geografia locale e lavoro), purché si parli lentamente e chiaramente (pagg. 7-8).
Tale prova prevede l’ascolto di due brevi testi che si riferiscono a due delle seguenti
quattro sottoabilità:
Con nota 3525 del 15 dicembre 2010 il Ministero dell’Interno trasmette al MIUR il documento
fornito dagli Enti certificatori (Sillabo di riferimento per i livelli di competenza in italiano L2)
contenente le linee guida e di indirizzo per lo svolgimento dei test.Con la circolare n. 11020 del
16 dicembre 2010 il MIUR dirama agli Uffici Scolastici Regionali l’Accordo Quadro dell’11 novembre, unitamente ad uno schema di protocollo di intesa con relativo standard di costo per attivare
i test presso i CTP. Vi si specifica che il numero minimo di domande per attivare le sessioni di
Test è di 40, numero che sarà poi abbassato a 30 e, in deroga, a 20 unità. Lo stesso giorno, il
16 dicembre 2010 con nota 8571, il Ministero dell’Interno richiede al MIUR l’elaborazione di un
Vademecum contenente indicazioni tecnico-operative coerenti con le disposizioni dettate nel
decreto 4 giugno 2010.Con la nota Miur 1255 del 28 dicembre 2010, infine, viene trasmesso il
Vademecum agli USR che provvedono ad inoltrarlo ai CTP.
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comprensione orale di una conversazione tra nativi;
comprensione orale di annunci e istruzioni;
comprensione orale della radio e di audio-registrazioni;
comprensione orale della TV.
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Quanto alla comprensione scritta, anch’essa misurata con una prova articolata in due
parti, il candidato deve essere:
[…] in grado di comprendere testi brevi e semplici di contenuto familiare e di tipo
concreto, formulati nel linguaggio che ricorre frequentemente nella vita di tutti i
giorni o sul lavoro (pagg. 8-9).
I due testi da leggere fanno riferimento anch’essi a quattro sottoabilità:
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lettura della corrispondenza;
lettura per orientarsi;
lettura per informarsi e argomentare;
lettura di istruzioni.
Infine, per misurare la capacità di interazione, una prova che si svolge in forma scritta
e in cui il candidato deve essere in grado di:
[…] scrivere brevi e semplici appunti, relativi a bisogni immediati, usando formule convenzionali.
Le sottoabilità previste sono due:
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corrispondenza;
appunti, messaggi e moduli.
In caso di dichiarato analfabetismo funzionale, lo straniero incapace di sostenere la
prova relativa all’interazione scritta è tenuto a sostenere prove integrative/suppletive,
predisposte dalla commissione, in modo da consentire lo svolgimento della prova con
altre modalità.
Il tempo a disposizione per svolgere il test è complessivamente di 60 minuti: 25 minuti per la prova di comprensione orale, 25 minuti per la comprensione scritta e 10
minuti per l’interazione. Ogni prova ha un peso specifico sull’esito del test: l’ascolto è
costituito da 10 item a ciascuno dei quali vengono assegnati tre punti se la risposta è
corretta, per un totale massimo di 30 punti; per la comprensione scritta il punteggio
per ogni risposta esatta è di 3,5 punti per un totale massimo di 35 punti; per la prova
di interazione il punteggio va da 0 a 35 punti, sulla base del fatto che la prova sia non
valutabile (0 punti), sia svolta in modo parziale (fino a 28), sia svolta in modo completo
e corretto (fino a 35 punti). Il test viene superato se, secondo quanto previsto dall’art.
3, comma 3, del D.M. 4 giugno 2010, il candidato raggiunge almeno l’80% del punteggio complessivo.
La preparazione del test è in carico alle Commissioni nominate, secondo quanto previsto dall’Accordo Quadro, dal Dirigente delle istituzioni scolastiche individuate territorialmente sulla base dei protocolli con le Prefetture-UTG competenti, e i contenuti
Circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo n. 1204 del 21 febbraio 2012.
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dello stesso devono essere ricondotti a una dimensione familiare e quotidiana e improntati sull’aspetto pragmatico-funzionale della lingua.
Per facilitare la predisposizione del test, dunque, il Vademecum riporta delle tabelle
con aree lessicali relative a campi semantici di alto uso, con contesti d’uso in cui il parlante potrebbe trovarsi ad utilizzare la lingua e con azioni socio-comunicative di fronte
alle quali mettere il candidato alla prova.
Nella seconda metà di gennaio 2011 hanno dunque avvio tendenzialmente su tutto il
territorio nazionale i test di lingua italiana finalizzati al rilascio del permesso di soggiorno CE di lungo periodo, e – a distanza di due anni – oltre 240 mila stranieri risultano aver sostenuto la prova, con una stima che il Ministero dell’Interno indica intorno
al 25% degli aventi diritto, percentuale che sale intorno al 30% se si considerano solo
i non esonerati.
È però con l’uscita del D.P.R. 179 del 14 settembre 2011 che prende avvio quello che
possiamo definire il nascente modello italiano per l’inclusione, con la definizione del
già citato Accordo di integrazione articolato per crediti e tutte le successive norme
attuative che ne regolano la verifica; l’ultima uscita nei primi giorni di aprile 2014 con i
“Criteri per lo svolgimento del test di conoscenza della cultura civica e della vita civile
in Italia (artt. 5 e 6, D.P.R. 179/2011)”.
Il 17 gennaio 2011 a Firenze il primo test in assoluto con 17 candidati e 16 promossi, insieme
ad Asti con 10 candidati.
Ai sensi dei già citati art. 1, comma 3, e art. 4, comma 1, del D.M. 4 giugno 2010. I dati citati fanno
riferimento ai monitoraggi del Ministero dell’Interno compiuti al 9 dicembre 2011 per la prima annualità e al 31 dicembre 2012 per la seconda annualità.
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* La seconda parte di questo saggio sarà presentata nel numero 31 di In.it.
ISBN: 978-88-7715-935-9
PAGINE: 144
FORMATO: 17X24
LIVELLO: insegnanti
PREZZO: 15,00 €
La didattica delle lingue agli adulti non ha ricevuto
l’attenzione dovuta ad un settore che si espande con
grande vigore; in particolare, poco trattata è la didattica dell’italiano ad immigrati adulti, in quanto l’attenzione si è focalizzata sull’accoglienza e l’integrazione, più che sull’insegnamento della nostra lingua.
Eppure un immigrato, superata la prima fase di permanenza, ha bisogno di una competenza solida, sia
per poter crescere professionalmente, sia per la sua
sicurezza sul lavoro, sia per poter accedere ai mass
media e capire sempre di più questa Italia. Il volume
sposa queste due esigenze: dopo un’introduzione sui
problemi specifici dell’adulto che apprende una lingua, ci sono moltissime schede operative per integrare i materiali reperibili in commercio.
Riferimenti essenziali
Aa.Vv., 2011a, Le migrazioni in Italia. Scenario attuale e prospettive, Roma, Edizioni
Idos.
Aa.Vv., 2013, Immigrazione. Dossier Statistico 2013. Rapporto UNAR. Dalle discriminazioni ai diritti, Roma, Edizioni Idos.
Ambrosini M., 2013, “La ricerca della coesione sociale per vivere in città multiculturali”,
in Rezzara notizie, n. 4.
Antonelli V., 2012, “Quale disciplina della cittadinanza per l’inclusione sociale”, in Per
l’inclusione sociale. Politiche pubbliche e garanzia dei diritti, Roma, Astrid.
Balboni P. E., 2006, “Dal Quadro di Riferimento al Piano d’Azione e al Quadro Strategico
per il Multilinguismo: linee di politica linguistica europea del prossimo decennio”, in
Mezzadri M. (a cura di), Integrazione linguistica in Europa, Torino, Utet.
Boccagni P., 2012, “Negoziando i confini della nuova convivenza multietnica. Il caso di
Madrid”, in Ambrosini M., 2012, Governare città plurali. Politiche locali di integrazione per gli immigrati in Europa, Milano, Franco Angeli.
Di Dio L., (a cura di), 2012, ICAM. Cantiere Aperto per l’Integrazione, Ancona, Errebi
Editore.
Gallina V., 2011, “Sperimentazione di modelli di approccio alle esigenze formative del
territorio regionale” e “Riferimenti teorici per lo sviluppo di percorsi di studio di
soggetti adulti” in Invalsi (a cura di), Strumenti per il potenziamento e lo sviluppo
dell’apprendimento in età adulta, Trento, Erickson.
Joppke C., Seidle F.L. (a c. di), 2012, Immigrant Integration in Federal Countries, Montreal, McGill-Queen’s University Press.
Masillo P., 2013, “Il test di lingua italiana (D.M. 4 giugno 2010): riflessioni sul Vademecum MIUR” in InSegno n. 0.
Quirico M., 2012, “Le politiche dell’UE in materia di immigrazione e integrazione: Olanda, Germania, Francia, Svezia, Regno Unito”, in Caponio T. (a cura di), Dall’ammissione all’inclusione: verso un approccio integrato? Un percorso di approfondimento
comparativo a partire da alcune recenti esperienze europee, Roma, FIERI - Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione; ricerca realizzata dall’ONCCNEL in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione.
Rocca L., 2008, Percorsi per la certificazione linguistica in contesti di immigrazione,
Perugia, Guerra.
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straniere, Torino, Utet.
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Riflessioni sui contesti
didattici dell’italiano
all’estero
Italiano LS nel mondo
Giuseppe Maugeri
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1. Le componenti strutturali del contesto di insegnamento
Il percorso che si intende presentare si limita a prendere coscienza dei meccanismi e
delle priorità socioculturali che uno sfondo LS definisce, in ordine sparso, nel lavoro
del docente. In particolar modo, ciò che si vuole mettere in evidenza sono le potenzialità e le sfere di azione che un contesto estero possono alimentare nella pianificazione
didattica e nei momenti tattici di tale evento se il gorgo di creatività (Mighetti, Cutrano, 2004) è scandito non solo da un approccio glottodidattico coerente scientificamente e contestuale ai bisogni formativi degli allievi, ma da una prospettiva culturale LS
su cui rispettivamente:
a)
b)
riadattare in termini di varietà il valore dei contenuti;
ricostruire i modelli fatti in favore di una nuova esperienza segnata da
maggiore riflessività, da una soggettività vissuta e condivisa in momenti
che aprono orizzonti di sviluppo e di integrazione.
In tal modo, il processo di apprendimento si fonda su di una maggiore imprevedibilità,
sull’emozione di possibili percorsi e traiettorie che determinano una pratica di vita
didattica mobile (Goleman, 1998) progressivamente imperfetta per la dimensione dei
mondi che vengono esplorati, avvicinati e connessi.
Decadono perciò i metodi unici e unidirezionali (Minghetti, Cutrano, 2004) per lasciare
spazio a un approccio orizzontale e aperto nel tessere quell’anima narrativa della lingua in grado di cogliere e sostenere le mosse di concetti originali e rilevanti di ciò che
l’esperienza dei discenti vuole dirci.
Su tutto, si impone il bisogno che il docente si adatti all’evidenza umana che lo circonda e si trova di fronte, cogliendo in concreto il senso forte di ogni storia della quale valorizzare il sistema relazionale affinché ciascuno possa nuovamente ridefinire la
propria identità, raccontarsi mediante l’azione che la lingua suscita in forma di dialogo
con gli altri e di poli appartenenza.
Una riflessione sull’esperienza di insegnamento LS che porta con sé qualcosa di
perentorio e di inesauribile che si innesta in modo armonioso e in misura sempre diversa sull’approfondimento dell’acquisizione della lingua. Un processo, dunque, che
conduce a una ristrutturazione del linguaggio segnato dall’esperienza personale e
collettiva, la cui modalità di studio è rappresentata dal valore della propria partecipazione al racconto e al piacere di esplicitare i propri bisogni di tipo emotivo e comunicativo, nonché una combinazione di consapevolezza diverse che vanno elaborate,
discusse, interpretate e connesse.
Obiettivi che possono avere un valore distintivo nella misura in cui si decide di dare
qualità all’insegnamento della lingua partendo dal contesto in cui si opera. Esso infatti rappresenta l’unità di analisi minima (Balboni, 2002) per leggere e interpretare
il punto di vista personale (Byrne, 1997) ed evitare spiacevoli fraintendimenti con le
mete formative dell’ambiente istituzionale e con ciò che più desiderano e vogliono gli
studenti.
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1.1 Il ruolo del contesto nella definizione della motivazione ad apprendere
Il contesto è una realtà oggettiva che va aumentata in direzione dello studente e delle
sue capacità di ridefinire i contenuti della lingua in modo strutturato. A tal fine, occorre creare delle piattaforme convergenti fra soggetto conoscitivo e oggetto conosciuto
affinché lo studente codifichi e sviluppi le nuove informazioni sulla base della modularità dei saperi e possa abilitare il nuovo come strumento di reinterpretazione del sistema. Infatti, lo studente ha acquisito ora più ampie possibilità di scelta per compiere
delle azioni finalizzate ad accrescere il valore della propria esperienza linguistica in
termini di vantaggio competitivo espresso con un diverso posizionamento all’interno
dell’area mercato alla quale si desidera accedere o, semplicemente, partecipare.
Altro aspetto in costante mutazione è che l’assetto operativo e strutturale del contesto
si basa su numerosi variabili. Quelle precipue che determinano la direzione e le forme
organizzative per la gestione di un sistema d’apprendimento di lingua straniera, sono
fondate sul modello tripolare suggerito da Schumann e Balboni a cui si ritiene opportuno aggiungere al “bisogno”, la variabile hard della “necessità”, come condizione naturale interna della specificità dei contesti. Per questo motivo, la prospettiva verticistica
proposta in precedenza e che ha la punta dell’iceberg sul piacere, va ristrutturata in
rapporto alle interdipendenze e le evoluzioni di cambiamento dei contesti.
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piacere
piacere
bisogno-necessità
bisogno dovere
dovere
In questo modo, le relazioni reciproche della motivazione rappresentano le prime
potenzialità per la formazione di un sistema organizzato che va in direzione dell’apprendimento di una lingua straniera. Inoltre, tale modello considera le tre motivazioni
come:
a) strutturanti i contesti di apprendimento;
b) componenti trasversale degli ambienti di apprendimento;
c) organiche al contesto e riferimento comune agli apprendenti.
Assunti che inducono a considerare le tre motivazioni come rinforzo reciproco di processi che vanno inquadrati in una strategia di cultura interna al contesto organizzativo
che va pianificata, a sua volta, e gestita mediante un’organizzazione coerente alla missione formativa. Significa dunque elaborare una cultura di progetto proattiva, ovvero
in grado di individuare le aree di intervento potenziale per pianificare la crescita e
sostenere il cambiamento con lo scopo di creare competenze, nuovi comportamenti e
attitudini.
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2. Il contesto come cornice glottodidattica
Per capire il senso e la direzione della propria missione formativa, il docente deve prestare attenzione in primo luogo al contesto. Lo scopo è di prepararsi a soluzioni diverse
da quelle in precedenza sperimentate dal momento che ogni ambiente è il risultato di
un’idea di civiltà strutturata e negoziata sulla base di condizioni e sociotipi differenti;
l’allievo porta con sé una storia e una lingua diversa, uno sguardo nuovo sui contenuti
proposti che affonda le sue radici nell’ambiente socioculturale e linguistico di cui fa parte e in cui si muove con una comprensione maggiore e profonda rispetto al docente LS.
In questo senso, la coerenza del progetto di educazione linguistica subisce delle variazioni guidate da un modello culturale differente, da uno spirito etico e intellettuale che
risponde a un sistema sociale vissuto con un’altra sensibilità organizzativa. La ricerca
personale del docente si avvale da questo momento di acutezza e di un atteggiamento
riflessivo del proprio ruolo all’interno di un ambiente culturale che non pretende dal
docente straniero di essere cambiato, ma di essere colto come elemento significativo
(Novak, 2001) per via della lingua e della cultura che mette insieme le persone che lo
compongono.
Requisito fondamentale sarà allora l’attivazione di una empatia strutturata col contesto, non episodica ma sistemica, profonda al punto da leggere quella grammatica organizzativa (Weick, 1993) e narrativa che lega i metodi e le persone, il tradizionale alla
tensione del nuovo (per richiamare Wittgeinstein), l’apprendimento e il suo sviluppo.
Si instaura così un linguaggio differente dal precedente dove il docente
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b)
individua i fattori che alimentano la cultura;
esplicita i bisogni percepiti e li introduce in un sistema col quale ordinare
e dare unità alla riflessione sulla lingua.
In questo modo, vengono elaborate in modo autentico ed esperienziale forme di apprendimento che spingono ad agire dall’interno in modo consapevole e intelligente,
con spirito critico e valore etico per un impegno di ricerca personale che produce interazione, mosse comunicative poli direzionali che vanno ricostruite sulla base della
scala socio culturale di cui il contesto si compone, si destruttura e si rappresenta,
continuamente, nella complessità.
Seguendo questa linea di sviluppo, il docente LS si pone come soggetto nella collettività di cui fa parte, cercando per analogia le migliori soluzioni per rendere i diversi
modelli cognitivi operativi congrui all’acquisizione linguistica. Ed è su questo binomio
cultura del soggetto docente e contesto che il capitale affettivo (Caon, 2005) e intellettuale degli allievi trae vantaggio dal fatto di divenire l’elemento strutturale, centrale e
creatore del nuovo.
3. Il binomio docente LS e contesto
Il distretto culturale delineato fonda la sua componente strategica sulle risorse intellettuali presenti che definiscono in forza della loro missione e dei loro obiettivi un
approccio alla cultura e alla lingua LS duplice. Si tratta di un assetto operativo che
considera il contesto come una struttura organica collegata alla cultura che lo contraddistingue; in secondo luogo, tale contesto ha una natura interattiva poiché lega
le persone da una seria di azioni sociali. Il contesto quindi diventa motore di sviluppo
offrendosi come ambiente settoriale in grado di negoziare col territorio le risorse e le
logica di una nuova conoscenza. Il costruttivismo che investe il capitale umano costi-
tuirà il driver di un luogo dinamico e produttivo, orientato sui diversi apprendimenti
delle persone in chiave sempre più personalizzata, i cui effetti vengono distribuiti lungo la catena stessa dell’apprendimento e dei servizi che l’organizzazione culturale
promuove ad ogni fase d’incontro tra essa e il cliente-studente.
Da quest’ottica, scaturisce una strategia di sviluppo in cui l’insegnante LS è elemento necessario di forze aggregative per e nel distretto culturale con cui si identifica
l’organizzazione preposta per la comunicazione (Invernizzi,2000) e la promozione dei
corsi di lingua. La trasformazione della scuola a distretto culturale non più periferico
e centrale colma quel vuoto sistemico e organizzativo avendo attivato delle iniziative
culturali con cui sviluppare un investimento sulle persone, sulle infrastrutture didattiche e sulla stessa economia della scuola trasferita dall’area culturale. Perché ciò possa
realizzarsi, la scuola deve prepararsi ad essere area di trasformazione nel territorio,
proponendo pertanto un’agenda di cambiamenti e di iniziative che sappiano moltiplicare il dinamismo e l’esperienza attrattiva di investimenti e di presenze interessate a
una prospettiva di crescita culturale.
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4. Il rapporto fra organizzazione e docente
La dimensione valoriale trova un riscontro profondo nella cultura dell’Istituto, di un
Dipartimento universitario o di un centro linguistico e nel rapporto simbolico (Pfeffer,
1994) e affettivo tra queste organizzazioni e il corpo docente.
La condivisione delle strutture e l’interiorizzazione dei valori dell’organismo rivestono
uno notevole importanza, psicologica e comunitaria, perché inducono il docente a
una condotta esplicita dei valori appresi nel contesto lavorativo. Eventi, ruoli, comunicazione e competenze in itinere rappresentano perciò i principi della cultura organizzativa (Severino, 2012), la quale si richiama agli ideali e agli obiettivi che dovrebbero
guidare le risorse umane all’integrazione. Pur interpretando in modo diverso gli assunti base della filosofia organizzativa, l’insegnante osserva e realizza il suo patrimonio
di conoscenze attraverso un’attività didattica che superando i momenti dell’aula, è
strettamente connessa alla strategia dell’organizzazione. Il senso allargato di questo
atteggiamento, rivela il carattere centrale e dominante (Alvesson, 1996) della vita dell’organizzazione che dovrebbe mantenersi in sintonia con la personalità, i ruoli e gli
obiettivi di crescita sociale e professionali del docente. Si rende perciò evidente la posizione dell’organizzazione che riconosce i docenti in qualità di soggetti sociali perché
si muovono in un’area educativa e sociale che esige la padronanza di comportamenti
sociali omogenei, mai ambigui, proiettati all’interno di una dimensione sociale del lavoro e in una prospettiva di tempo di lungo periodo.
5. Il docente LS: risorsa e competenze
Naturale riferimento di questo nucleo culturale e propulsivo in cui si innesta l’istituzione culturale, è il docente LS. La distribuzione geografica e geopolitica mette a fuoco
dei processi per cui, in determinate aree, l’insegnante LS svolge un ruolo cruciale per
essere parte di una strategia e di un progetto da promuovere o che si sta già realizzando nel territorio.
Senza entrare nel merito di contesti territoriali specifici, la presenza di un insegnante
in ambito LS rappresenta un scelta precisa per indirizzare la facoltà, il dipartimento o
l’intera istituzione verso un modello dinamico di senso e di comportamento inteso in
un’ottica politica interna e di internazionalizzazione. La lingua straniera diventa con
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esso un prodotto culturale che va vissuto oltre che osservato, studiato nei termini di
un alto livello di partecipazione finalizzato ad accrescere, in primo luogo, i riferimenti
culturali e a rimetterli poi in discussione, forti di una prospettiva che misura le persone
sulla base della loro competenza comunicativa intesa secondo la logica balboniana
(2011). Dunque, il processo di apprendimento costituisce il contenuto di un messaggio
di tipo contestuale e semantico perché destinato a connettere le persone, a coglierne
le motivazioni e le necessità per creare un vasto sistema di reti di relazioni reciproche
che prendono forma mediante un’azione che va coordinata, gestita e qualificata in tutti
i punti di contatto fra l’allievo, l’organismo promotore e il docente.
Da questa rinnovata visuale, il docente LS giustifica ed è conseguenza diretta di una
strategia di sviluppo e di rapporto col territorio innovativa, in quanto la sua presenza crea delle aspettative per una specializzazione degli studenti che punta a essere
efficace e introdotta in un sistema complementare e di sviluppo di diffusione della
conoscenza.
L’integrazione del docente costituisce perciò un passo fondamentale per conciliare ed
evolvere localmente dei contenuti culturali e linguistici con i rapporti discorsivi delle
persone dove la comunicazione è un fattore discriminante e pervasivo che dà la misura
stessa dei programmi di azione del contesto, segnalando il dinamismo dell’organizzazione a creare una pratica e dei processi culturali costruiti sui valori e sulla visione
delle persone, oltre che sugli assunti per cui si vuole contribuire alla creazione e alla
appropriazione di forme e di nuovi significati.
Secondo questa prospettiva, il contenuto/le persone e il contenitore diventano elementi visibili e discriminanti in quanto sintetizzano la strategia, la missione e la vision di quella organizzazione culturale che si distingue per un programma di azione
coordinato e attento alla gestione del capitale intellettuale e all’interiorizzazione dei
significati. In sintesi, il contesto partecipa al processo di valorizzazione delle persone,
regolando i diversi indirizzi che assumono i processi di gestione delle risorse umane.
Affinché ciò possa generare dei risultati, sarà fondamentale che il docente prenda consapevolezza del proprio ruolo sulla base di una comunicazione che risponda ai criteri
con cui l’ambiente di apprendimento ha costruito in modo razionale, chiaro e definitivo
il suo rapporto con il contesto. Da questa ultima analisi, si può concludere quindi che
il contesto è uno spazio sociale esterno che cresce nella misura viene ricreato sulla
base del consolidamento di pratiche relazionali e di lavoro (spazio interno) che a loro
volta generano forme pure di apprendimento, dando vita alla formazione di comunità
di pratiche e alla trasformazione del contesto.
6. La comunicazione del docente come gestione di un sistema di apprendimento
organizzato
La forma espressiva con cui il docente presenta e guida la propria professionalità deve
seguire e adattarsi alla logica con cui l’istituto ha definito la sua comunicazione in
riferimento alle seguenti aree:
a)
b)
c)
d)
la missione pedagogico- formativa dell’organismo;
la dimensione organizzativa e interna ai diversi ambienti;
il flusso comunicativo che è specchio dello stato monologico-verticistico
della struttura oppure orizzontale, vale a dire aperto e basato sulla circolarità delle informazioni;
gli obiettivi necessari al controllo dei risultati finali relativi allo studente
in uscita;
e)
f)
g)
h)
i)
l’interazione col territorio mediante canali appropriati;
la coerenza con il metodo glottodidattico adottato per l’insegnamento/
apprendimento della lingua straniera;
la motivazione ad apprendere e le aspettative dei discenti;
la crescita psico-affettiva e cognitiva degli stessi durante l’apprendimento;
il ciclo valutativo finalizzato al riconoscimento dello stato di indipendenza comunicativa dello studente e della sua progressiva soddisfazione.
In
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In sintesi, le implicazioni che emergono riguardano il compito del docente che non
è limitato all’esecuzione tattica dell’evento linguistico-culturale ma è focalizzato sul
mantenimento di un sistema organizzativo che dà valore all’apprendimento. Pertanto,
la funzione dell’insegnante assume una posizione di potere interno in quanto fulcro
funzionale della filosofia dell’organizzazione che evolve in rapporto alle relazioni che è
riuscita a costruire mediante dei modelli di business culturale e di approccio qualitativi all’insegnamento capaci di assicurare valore e autonomia allo studente.
7. Considerazioni finali
La circolarità strutturata del suddetto contesto organizzativo finalizzato all’apprendimento della lingua straniera, pone al centro l’individuo che costituisce in maniera
inesauribile, per via dei movimenti e delle forme con cui si espone e media fra i propri
valori e l’analisi di un diverso modello culturale, il fulcro a cui offrire una comprensione
di un universo linguistico parallelo facilitata, organica e rilevante per la relazione fra
le aspettative del cliente e gli obiettivi di resa efficace della formazione. Il riferimento
sono i diversi ambienti riferiti agli orizzonti dell’apprendimento di valori e di mosse
comunicative adeguate ad aumentare l’esperienza dello studente e che il docente LS
arricchisce di significati.
In questo scenario di apprendimento organizzato, il sistema organizzativo della formazione linguistica tradizionale è un modello obsoleto per i seguenti motivi:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
non attinge valori dal contesto;
non affronta il tema della complessità che connatura gli ambienti e il
nuovo utente attraverso una proposta, un approccio di sistema e un loro
coordinamento;
non presta attenzione al dialogo e allo scambio condiviso fra l’organizzazione e il target;
non coglie in profondità l’allievo né la sua attitudine al cambiamento;
non ridisegna l’apprendimento in chiave personalizzata;
non crea esperienze né processi di rete.
Piuttosto, si limita a trarre dai risultati ottenuti l’originalità o meno di uno stile di insegnamento e di apprendimento che ha la funzione di risultare con poca spinta innovativa e di non ispirare la trasformazione per via di una comunicazione ancorata a modelli
e dogmi tradizionali.
In ultima analisi, la necessità di dare valore alla cultura è presupposto del contesto
organizzativo di sintonizzarsi sullo studente rendendolo inseparabile espressione e
patrimonio del contesto. In questa direzione, occorre procedere per promuovere una
strategia di sviluppo concertata tra i diversi attori allo scopo di fornire un quadro logico ed epistemologico entri cui la prestazione culturale è erogata e fruita diversamente.
Scenario che valorizza tanto il docente che consolida una cultura orientata alla comunicazione e all’applicazione di una metodologia (Sbisà, 1989) interdipendente, quanto
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il valore sociale, pratico, educativo della sua esperienza distribuita in tutti i momenti
(Serragiotto, Maugeri, 2012) della gestione di un modello culturale di insegnamento/
apprendimento ampio ed efficace.
Riferimenti bibliografici
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Rivista In.it
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Quaderni di cinema italiano per stranieri
Irene Baggio
à
VIT
NO
Il grande sogno
Michele Placido
21/05/14 09.57
L’italiano in Germania
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Davide Schenetti, Tatiana Bisanti, Elena Carrara, Rita Cagiano, Andrea Palermo,
Enrico Serena, Gherardo Ugolini
Parlare della salute dell’italiano come lingua straniera in Germania non è facile. La
realtà dell’insegnamento della nostra lingua è molto variegata e la struttura federale
della Repubblica Tedesca rende il lavoro di ricerca lungo e complicato e a volte anche
difficilmente integrabile. I grandi tagli che hanno colpito le nostre rappresentanze all’estero (ambasciata, consolati e istituti italiani di cultura) hanno inoltre portato anche
da parte italiana ad una maggiore regionalizzazione dell’offerta, facendo diminuire i
momenti di incontro e scambio e le iniziative comuni. Al problema della frammentazione dell’offerta di italiano si aggiunge quello della concorrenza sempre più forte di
altre lingue e la difficoltà del nostro sistema di promozione a reagire velocemente e ad
adattarsi in un panorama che cambia rapidamente e diventa ogni giorno più globale.
1. L’italiano nel sistema educativo tedesco
a. la fascia prescolare
L’assistenza ai ragazzi in età prescolare sta vivendo in questi anni un periodo di forti
e veloci cambiamenti.
Specialmente in questi due ultimi gruppi sono presenti alcune scuole materne che
hanno scelto di offrire un modello educativo impostato sul bilinguismo italo-tedesco.
Le iniziative di carattere privato ed ecclesiastico (in particolare la Caritas) hanno portato così alla nascita di alcuni asili in cui l’italiano è normale lingua di comunicazione
e gioco. Queste strutture si sostentano grazie alle rette, a sponsor e a finanziamenti
pubblici non solo da parte tedesca, ma a volte anche da parte italiana.
b. la scuola primaria e secondaria
La Germania prevede una gestione dell’istruzione a livello di Länder: in ogni regione
sono infatti il rispettivo ministero dell’istruzione e quello dell’università che determinano le scelte in questo settore, con differenze a volte anche sostanziali. Ciononostante si proverà qui di seguito a dare indicazioni generali utili a capire il quadro globale.
Un bambino tedesco ha in genere 4 anni di scuola elementare cui segue la scelta tra
uno dei tre percorsi possibili: il Gymnasium, la Realschule o la Hauptschule.
Il Gymnasium dura tra gli 8 e i 9 anni e fornisce una formazione al termine della quale
lo studente consegue la maturità liceale, l’unico diploma con cui, in genere, è possibile iscriversi all’università.
Oltre alla formazione liceale esiste poi la Realschule, che inizia a seconda dei Bundesländer nella quinta o nella settima classe e termina al decimo anno di scuola. La
Realschule ha la sua specificità nella formazione di personale tecnico qualificato e offre
quindi un curriculum più orientato all’inserimento immediato nel mondo del lavoro,
dà però anche la possibilità di accedere a percorsi di formazione integrati tra scuola e
lavoro che portano, dopo due o tre anni, a conseguire un diploma che permette, spesso
con alcune restrizioni, l’iscrizione all’università.
La terza colonna del sistema scolastico tedesco è rappresentata dalla Hauptschule, che
si conclude dopo cinque anni e fornisce ai propri studenti una qualifica professionale.
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Parallelamente a questi tipi di scuola esiste la Förderschule (una volta chiamata Sonderschule), una istituzione in cui confluiscono tutti quegli scolari che, per problemi di
handicap fisico o mentale o per deficit linguistici, non sono in grado di inserirsi con
profitto nelle scuole normali.
2. L’italiano nella scuola primaria e secondaria
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La complessità del sistema scolastico si rispecchia anche nell’insegnamento delle lingue straniere, per cui valgono spesso regole diverse e curricula a volte difficilmente
equiparabili. Tuttavia è possibile indicare alcune caratteristiche che, seppur non senza eccezioni, possono valere per tutta la Germania.
Innanzitutto bisogna sottolineare la posizione di predominio dell’inglese alle scuole
elementari, dove è quasi ovunque l’unica lingua straniera insegnata (anche se in zone
di confine la situazione può essere diversa). Un ruolo importante è svolto poi dal latino,
che in Germania viene considerato una lingua straniera a tutti gli effetti.
A partire in genere dall’ottava classe del liceo è poi possibile iniziare lo studio di una
terza lingua, sia curricolare sia facoltativa.
In genere l’italiano è presente nei licei come terza lingua straniera, come spätbeginnende Fremdsprache e come lingua facoltativa. Nelle Realschulen l’italiano è di solito
relegato a materia facoltativa e la sua diffusione si deve più alla singola iniziativa di
docenti e direttori scolastici molto motivati che ad un preciso volere dei singoli ministeri.
In questo panorama rappresentano un’eccezione le scuole (o sezioni interne) che offrono un percorso di formazione bilingue, in cui cioè, spesso fin dai primi anni delle
elementari, l’insegnamento di alcune materie avviene nella logica CLIL. L’obiettivo di
queste scuole non è solo il raggiungimento di una competenza veramente bilingue ma
anche biculturale. L’italiano è presente in contesti di formazione bilingue ad esempio
a Berlino, con due scuole nell’istruzione primaria e due in quella secondaria di primo
e secondo grado; in Nordreno-Vestfalia le scuole che offrono un indirizzo di studi bilingue coprono diversi ordini e gradi. Nella sola Colonia si contano 3 scuole primarie, una
Gesamtschule, un liceo e un istituto professionale, a Düsseldorf una scuola primaria
e una Gesamtschule, a Stommeln una Gesamtschule e ad Hagen una scuola primaria. L’offerta bilingue è presente anche in altre regioni come per esempio in Assia (3
scuole), in Baviera (1 scuola), in Baden-Württemberg (1 scuola) e in Saarland (5 scuole
primarie).
Nell’anno scolastico 2009/10 hanno frequentato lezioni di italiano nelle scuole primarie
e secondarie 56.169 studenti, con una flessione dello 0,2% rispetto ai dati dell’anno
precedente. Nello stesso periodo il francese ha avuto un calo dello 0,3% (da 1.700.116 a
1.694.173 scolari), mentre lo spagnolo è cresciuto del 5,2% (da 320.599 a 337.294). Tra tutti i ragazzi che, invece, dopo la decima classe decidono di proseguire con un percorso di
formazione e praticantato (duale Berufsbildung), nel 2009/10 hanno studiato italiano in
4.877 (+ 0,1% rispetto al 2008/09) contro i 109.124 che hanno studiato spagnolo (+4,2%
rispetto all’anno precedente) e i 98.071 che hanno fatto francese (- 6,4% rispetto a dodici
mesi prima). (Fonte: Ufficio federale di statistica, www.destatis.de sotto Startseite Weitere Themen - Bildung, Forschung, Kultur - Schulen – Tabellen).
Per l’anno scolastico 2010/11 i dati provvisori sembrerebbero indicare una ripresa dell’italiano che salirebbe a 58.819 studenti. Contemporaneamente lo spagnolo aumenterebbe di
quasi il 10% arrivando a 362.295 scolari su tutto il territorio federale (cfr. cit. 1, 104ss).
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3. L’università e la formazione parauniversitaria
Dopo la maturità liceale si apre anche per i ragazzi tedeschi il mondo dell’università,
basata sul processo di Bologna.
Quasi tutti i corsi di laurea prevedono la combinazione di una disciplina principale e
una secondaria. Negli atenei in cui viene offerto, l’italiano è studiabile in genere sia
come materia principale sia come materia secondaria a livello di BA. Lauree magistrali (MA) in italiano e formazione per insegnanti (Lehramt) sono meno frequenti.
L’insegnamento delle lingue straniere nelle università prevede in genere una divisione
fra gli studenti di filologia (italianisti e futuri insegnanti) e quelli di altre facoltà che
studiano le lingue per avere una qualifica in più da spendere sul mercato del lavoro.
I primi hanno come docenti di lingua i cosiddetti “lettori”, i secondi, invece, vengono
curati dai centri linguistici d’ateneo.
Un discorso a parte meritano quei corsi di studio che vanno sotto il nome di binationale Studiengänge, cioè quelle lauree che prevedono il raggiungimento di un diploma
riconosciuto sia in Germania sia in Italia e in cui l’insegnamento della lingua riveste
una importanza notevole. Questi corsi nascono da accordi stipulati fra università dei
due paesi e prevedono in genere un periodo di studio obbligatorio presso ognuno degli atenei coinvolti. Al momento sono attivati fra l’Italia e la Germania 13 progetti di
diploma binazionale: quattro in Baden-Württemberg (università di Hohenheim e di
Tubinga), due in Baviera (Monaco e di Ratisbona), uno ad Amburgo, tre nel Nordreno-Vestfalia (Bonn), uno in Sassonia (Dresda) e uno in Turingia (Jena) (Fonte: DAAD,
l’organismo tedesco adibito al coordinamento di questi progetti: daad.de).
Gli studenti che non hanno il diploma di maturità, ma che, attraverso la Realschule e
gli anni integrativi hanno raggiunto un diploma, possono in genere accedere alle Fachhochschulen, dette anche University of Applied Sciences, ma le statistiche ufficiali
riportano solo i dati degli studenti iscritti a corsi di laurea in lingue straniere senza
indicazioni che ci possano essere utili.
Come si è detto non esistono dati affidabili in materia, ma volendo rischiare una proporzione si può dire che un’analisi empirica dei dati spingerebbe a supporre un rapporto di
circa uno a quattro: per uno studente di filologia italiana ci sarebbero quindi quattro studenti di altre facoltà che frequentano corsi di italiano come qualificazione aggiuntiva.
Un dato significativo è fornito dal numero di studenti che hanno sostenuto l’esame finale di laurea in italiano (e per confronto in spagnolo e francese) nel periodo compreso
tra il 2000 e il 2009 (dati dello statistisches Bundesamt, www-genesis.destatis.de):
Materia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Italiano 147153151161154161181184
Spagnolo 279 260
277
298
299
332
360
423
Francese 869 711
687
678
681
593
625
734
2008 2009
213
233
601
675
9181044
4. La formazione degli adulti
Al di fuori dei percorsi scolastici e universitari, esiste una galassia sconfinata di istituzioni ed enti, quasi tutti privati, che offrono corsi di lingua a pagamento rivolti soprattutto ad un pubblico adulto. In questo settore meritano una menzione particolare
le cosiddette università popolari (Volkshochschulen, VHS), gli istituti italiani di cultura
e le società Dante Alighieri.
Le VHS sono istituzioni gestite generalmente dai comuni che offrono corsi di ogni tipo
rivolti ad un pubblico generalmente adulto. Ogni VHS è autonoma nella scelta del-
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l’offerta e della struttura dei propri corsi. Le circa 1000 VHS offrono anche una propria
certificazione nelle lingue straniere ( www.telc.net). In italiano sono previste certificazioni per tutti i livelli del QCER fino al B2.
Il pubblico delle VHS è costituito in buona parte da apprendenti adulti e anziani (con
una netta prevalenza delle donne sugli uomini) che studiano l’italiano sopratutto per
motivi turistici e culturali o per motivi personali (un partner italiano, parenti o amici
in Italia, altri ancora sono proprietà nel nostro paese); molti sono semplicemente alla
ricerca di un’occupazione intelligente per il proprio tempo libero o per avere occasioni
di incontro e di socializzazione con altre persone.
I corsi offerti dalle università popolari registrano un alto livello di fidelizzazione da
parte del pubblico, ma allo stesso tempo vedono diminuire il numero degli iscritti man
mano che si procede con i livelli di competenza: molto difficilmente, soprattutto nei
piccoli centri, si tengono corsi di un livello superiore al B1.
I docenti di italiano delle VHS sono in buona parte collaboratori esterni a contratto,
reclutati sul posto attraverso colloquio. Nelle VHS dei piccoli centri i corsi sono spesso
tenuti da docenti non di madrelingua [cit. 6] o di madrelingua senza formazione glottodidattica.
La tabella seguente mostra lo storico di questi dati nel triennio 2007-2009 nelle VHS:
Lingua
2007
2008
2009
Inglese
625.795
594.858
558.887
Tedesco per stranieri
355.861
398.994
421.262
Spagnolo
237.494
223.823
215.315
Italiano186.033167.451167.380
Francese177.009167.677165.416
5. L’italiano negli Istituti Italiani di Cultura (IIC) e alla Dante Alighieri (SDA)
L’educazione degli adulti il settore in cui operano maggiormente anche i sette istituti
IIC presenti sul territorio tedesco: Amburgo, Berlino, Colonia, Francoforte, Monaco,
Stoccarda e Wolfsburg. Spesso gli istituti non sono attivi direttamente nel campo dei
corsi di lingua, ma delegano quest’attività a strutture e associazioni locali, oppure
stipulano accordi con le sedi distaccate della SDA.
Le motivazioni che spingono molti a studiare l’italiano presso gli IIC, che offrono tutti i
livelli del Quadro) sono le stesse di quelle dei corsisti delle università popolari, soprattutto una motivazione intrinseca, anche se naturalmente non mancano discenti che si
avvicinano alla lingua per lavoro.
Gli insegnanti, free lance incaricati in loco, sono nella quasi totalità dei casi madrelingua italiani qualificati, spesso con una specializzazione in didattica dell’italiano come
lingua straniera.
Gli IIC non forniscono statistiche ufficiali pubblicamente accessibili sui propri corsi,
ma, come si è già segnalato anche per le VHS, anche in questa realtà si registra negli
ultimi anni un calo dell’interesse nei confronti della lingua italiana.
Un altro attore importante per la promozione dell’italiano è la SDA con le sue 21 sedi
sul territorio tedesco. Pur nell’assenza totale di dati riguardanti questo settore, si può
dire che il pubblico a cui si rivolge questa associazione è in genere maturo (spesso
pensionato), benestante e con un livello di istruzione medio-alto.
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6. L’italiano lingua etnica e lingua di origine
La lingua italiana in Germania non è soltanto lingua straniera per apprendenti germanofoni, ma anche lingua di origine e lingua etnica per immigrati di seconda e terza
generazione. In molte realtà vengono offerti ai bambini italiani inseriti nella scuola
istituzionale corsi di italiano affidati dallo stato italiano alle rappresentanze diplomatiche locali e in alcuni altri, come il Nordreno-Vestfalia, gestita direttamente dall’ufficio
scolastico tedesco che assume gli insegnanti. Le sezioni bilingui italo-tedesche, precedentemente menzionate, sono aperte ai figli degli immigrati che possono in questo
modo seguire un percorso formativo parallelo nella lingua etnica e in quella autoctona
insieme ad alunni tedeschi a vantaggio di una maggiore integrazione.
Questo è il settore più curato dallo stato italiano e sul quale si concentrano anche i
maggiori sforzi economici: nel 2010 oltre 3 milioni di euro (con un taglio di circa il 40%
rispetto al 2008). I corsi di lingua e cultura si rivolgono essenzialmente ai bambini delle scuole elementari e si dividono in corsi che godono di finanziamenti del Ministero
degli Esteri) e corsi finanziati dalle autorità tedesche. Queste lezioni possono essere
curricolari, extracurricolare o “preparatori”, cioè di sostegno in altre materie. e adulti,
soprattutto legati alla realtà carceraria. L’insegnamento con contributi del MAE è affidato ad enti gestori locali che operano in accordo con le rappresentanze consolari e
che occupano in gran parte personale docente reclutato in Germania.
Mentre nei corsi curricolari si è registrato per il triennio 2008-2010 un sostanziale calo
sia del numero di corsi sia del numero di studenti, nei corsi extracurricolari si registra
una riduzione dell’offerta ma una sostanziale tenuta del numero dei partecipanti, inserito tra parentesi nella tabella seguente:
Tipo di corso
2008
Corsi curricolari
337 (4.076)
Corsi extracurricolari1.150 (10.388)
2009
184 (2.608)
1140 (10.825)
2010
216 (2.859)
824 (10.311)
Il personale docente dei corsi finanziati dallo stato italiano può essere o reclutato tra il
personale di ruolo nella scuola pubblica o essere assunto in loco dagli enti gestori.
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Gandini, E.M.: Quale formazione per i docenti di italiano in Germania? La DITALS risponde. Approfondimenti, domande e chiavi per la preparazione agli esami Ditals
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Serena, Enrico: Come insegnare l’italiano a adulti e anziani? Le Volkshochschulen tedesche. La DITALS risponde. Approfondimenti, domande e chiavi per la preparazione agli esami Ditals di I e II livello, (7):58–68, 2010.
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Vedovelli, Massimo: L’italiano degli stranieri. Storia, attualità e prospettive. Carocci,
Roma, 2002.
Vedovelli, Massimo: La piazza, la lingua, il mercato: ovvero, il mercato mondiale delle
lingue nell’epoca della crisi globale, 2009.
Vedovelli, Massimo: Storia linguistica dell’emigrazione italiana nel mondo. Carocci,
Roma, 2011.
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Rete! non è solo un manuale di italiano: il mondo dell’italianistica è troppo variegato, complesso,
differenziato per essere soddisfatto con una proposta semplificata. Quindi un ‘progetto’. Perché
un ‘progetto’? Essere ‘progettati’, ‘proiettati’, spinti in avanti guardando avanti: è questa la
scommessa sulla diffusione dell’italiano nel mondo: guardare avanti pensando al mondo com’è
e soprattutto come sarà.
Un progetto significa avere:
- Un manuale di base, questo manuale è l’ossatura, la struttura base; chi vuole, in considerazione delle condizioni in cui si trova ad insegnare, può usare questo pilastro lasciando perdere
il resto del progetto oppure può integrarlo con le altre componenti.
- Un sito Internet: www.rete.co.it in cui trovare ulteriori materiali di civiltà; la cultura italiana
cambia con tale rapidità che solo in rete si può quotidianamente aggiornare ciò che viene offerto
agli studenti.
- Materiali ad hoc per sviluppare le varie abilità in maniera particolare, a seconda degli interessi
e delle necessità degli studenti.
- Materiali, su carta, disco o in rete, per recuperare le lacune, per rinforzare alcuni aspetti più
complessi.
- Materiali multimediali vari.
Il boom dell’italiano
in Macedonia
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Alessandra Ksenija Jelen
Noi la chiamiamo Macedonia, in virtù degli accordi bilaterali tra i nostri due Paesi; ma
pochi sanno collocare nella propria mappa geografica mentale questo stato, stretto
tra Bulgaria, Grecia, Albania, Kosovo, Serbia. Non stiamo parlando della regione settentrionale greca e neppure di un’area geografica che possa coincidere perfettamente
con lo stato antico che i Greci consideravano barbaro e che ciascuno di noi ricorda
vagamente dai libri scolastici. Stiamo parlando della FYOM (Former Yugoslav Republic
of Macedonia), un pezzo della ex Jugoslavia che è diventato autonomo nel 1991. Due
milioni di abitanti, macedoni nella maggioranza, ma anche albanesi (28% circa), turchi,
serbi, rom e di altre etnie, tutte popolazioni originarie della zona, che hanno condiviso
una storia, un destino, e che ora cercano di far funzionare uno stato.
Qui , da più di cinquant’anni, si insegna la lingua italiana all’Università pubblica dei
“SS. Cirillo e Metodio” di Skopje; qui da una quindicina d’anni è stato aperto un corso
di laurea nell’ambito della rinomata Facoltà di Filologia “Blaze Koneski”; qui, lo scorso
anno, è stato inaugurato il Dipartimento di Italianistica autonomo, grazie all’alto numero di studenti (numero programmato di accesso di 70 studenti all’anno per un totale
di circa 400 iscritti), ma anche grazie al lavoro qualificato dei docenti macedoni . E
qui il Ministero Affari Esteri italiano invia due lettori per l’insegnamento della lingua
italiana, la seconda lingua straniera più studiata nel Paese, dopo l’inglese. Ma quella
di Skopje non è l’unica università che propone la lingua italiana nella propria offerta
formativa: oltre alle molte università private, tra quelle pubbliche vanno segnalate le
Università di Stip, Bitola e Tetovo.
1. Lo studente-tipo di italiano
Circoscrivendo il discorso all’ambito studentesco, è interessante cercare di capire la
situazione pregressa che fa approdare così tanti giovani universitari allo studio proprio ed esclusivo di questa lingua. Al di là della televisione (per i più solo RAI1), del
pochissimo cinema italiano proposto (solo qualche rassegna nella capitale), della molta musica commerciale (Ramazzotti e Pausini su tutti), da dove nasce questa motivazione?
Devo subito chiarire che i miei studenti sono quasi esclusivamente studentesse, di
etnia macedone, di famiglia benestante (le tasse universitarie tendono a scendere, ma
comunque siamo in uno dei Paesi più poveri d’Europa), spesso provenienti da paesi
anche distanti da Skopje. Pochi i pendolari, a causa del trasporto pubblico poco efficiente, gli studenti di fuori vivono in fatiscenti case dello studente o in appartamenti
privati. Siccome la lingua italiana è proposta come lingua straniera opzionale in numerose scuole primarie (8 anni), ma soprattutto nelle scuole secondarie(4 anni), quasi tutti hanno studiato l’italiano per qualche anno e spesso ad un buon livello. Questo è uno
dei percorsi più comuni dei miei studenti, motivati e appassionati da bravi insegnanti
, i quali evidentemente hanno puntato molto, nella strategia di insegnamento, sulla
cultura italiana e sulle sue espressioni più conosciute (arte, design, musica, moda,
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cucina,….). Le famiglie, solitamente, supportano questa scelta di studio o perché si
tratta di famiglie di elevato livello culturale, che riconoscono all’Italia un prestigioso
ruolo nel passato anche recente, oppure – soprattutto nelle aree di Strumica, Stip,
Probistip, Debar – si tratta di famiglie immigrate in Italia per lavoro, che vogliono far
studiare italiano ai figli rimasti in Macedonia.
Diversa la situazione degli studenti di etnia albanese, tradizionalmente meno spinti
dalle famiglie verso l’alta formazione, che frequentano soprattutto il Corso di Laurea
di lingua italiana dell’Università pubblica di Tetovo, cittadina a maggioranza albanese. Dopo diverse vicissitudini di tipo politico-burocratico, sono iniziati anche lì i corsi
con 9 studenti iscritti al primo anno: tutti hanno fatto almeno le scuole superiori in Italia! Fenomeno interessante anche questo, per cui si fa veramente fatica a sintetizzare
in poche righe – o in qualche schema di glottodidattica – una situazione così complessa e variegata. In sintesi: due corsi di laurea di lingua italiana a trenta chilometri di
distanza, con numeri e storia molto diversi, con tipologia di studenti diversissima, con
lingua veicolare di insegnamento diversa (macedone a Skopje, albanese a Tetovo), ma
con un obiettivo comune: insegnare la lingua e la cultura dell’Italia.
A mio avviso, c’è però un fatto che accomuna tutti questi studenti e che è importante considerare nell’analisi delle loro preconoscenze linguistiche: nessuno (veramente
nessuno) è monolingue. Per tutti, l’esposizione al plurilinguismo è costante e continua,
inizia dalla nascita e procede con la crescita, riguarda la scuola, la famiglia, la televisione, insomma, tutta la società. Certo, i livelli di conoscenza e competenza sono
diversificati, ma almeno la comprensione passiva dell’altra lingua c’è sempre; inoltre
l’inglese è diffuso e ben conosciuto dalle nuove generazioni, il serbo – lingua studiata invece dalla generazione precedente – è orecchiato alla televisione, le telenovelas
turche (senza traduzione sincronizzata, ma con i sottotitoli) imperversano, come successe del resto per la serie televisiva italiana Incantesimo, da molti studenti indicata
come primo impatto occasionale con la lingua italiana e le sue sonorità.
Credo sia necessario proporre a questo punto anche una riflessione che investe l’intero sistema formativo – educativo di questo Paese, che sta ancora cercando una strategia scolastica rispettosa di tutte le situazioni etnico-linguistiche del territorio. Dopo
un periodo in cui si è cercato di organizzare le scuole primarie e secondarie secondo
criteri interetnici (bambini macedoni e albanesi nella stessa classe o aImeno nella
stessa struttura), negli ultimi anni questa politica ha lasciato il posto a scelte di separazione, per cui le scuole albanesi tendono a separarsi da quelle macedoni e viceversa,
ciascuna con la propria lingua veicolare. Non entriamo nel dettaglio dei curricula, ma
va detto che, sul piano dell’educazione linguistica, nelle scuole macedoni si propone l’
albanese come lingua facoltativa, mentre in quelle albanesi il macedone si studia obbligatoriamente, ma dalla quarta elementare. Risultato? Pochissimi giovani macedoni
sanno l’albanese, quasi tutti i giovani albanesi sanno il macedone, ma spesso solo ad
un livello basso di competenza. Negli ultimi tempi, sono nate alcune tensioni a proposito di un intervento legislativo che imporrebbe lo studio della lingua macedone a tutti dalla prima elementare, ma la situazione è fluida e le organizzazioni internazionali
ancora presenti sul territorio dopo le guerre del decennio precedente stanno cercando
di mediare tra le diverse posizioni.
2. Il percorso di studi al Dipartimento di Italianistica di Skopje
Il corso di laurea è quadriennale e organizzato in semestri. La Direttrice attuale è la
prof. Anastasija Gjurcinova, docente di Letteratura italiana e traduttrice letteraria; le
docenti sono otto, supportate da due lettori italiani e da alcuni collaboratori esterni
per le esercitazioni. L’impostazione
è prettamente linguistica, ma lo studente che si laurea dopo quattro anni
deve aver fatto obbligatoriamente otto
semestri di letteratura italiana, oltre
a quelli di grammatica (morfologia,
sintassi, lessicologia e sociolinguistica) e di Lingua contemporanea. Poi ci
sono materie opzionali come storia
della lingua, civiltà italiana, ecc. Nei
primi due anni gli studenti seguono
un percorso comune, poi devono
scegliere tra il percorso di filologia o
di didattica (in cui si seguono anche
corsi specifici di glottodidattica della
lingua italiana come LS) o quello per
traduttori e interpreti (con esami di
traduzione consecutiva, simultanea,
ecc.). Gli esami sono scritti e orali per
tutte le materie. Nel caso degli esami di lingua italiana, la prova scritta è articolata in
quattro parti, che precedono la prova orale. Dal terzo anno, anche gli esami di letteratura
sono interamente condotti in lingua italiana. La valutazione finale è espressa in voti da 5
(insufficiente) a 10 e la stessa scala viene utilizzata anche per il voto di laurea (in decimi).
Per quanto riguarda i manuali e i libri di studio, quelli più usati per la lingua, soprattutto nel primo biennio, sono Progetto italiano, Rete, Qui Italia ed Espresso. Nel secondo
biennio invece si procede con materiale autentico che viene organizzato in base alla
programmazione concordata a livello di docenti di settore. Per la storia della letteratura, i riferimenti bibliografici sono G. Ferroni, Storia della letteratura italiana, Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, Donnarumma, La scrittura e l’interpretazione e
S.Guglielmino, H.Grosser, Il sistema letterario 2000; la lettura dei classici letterari italiani è obbligatoria, in traduzione o in lingua originale. Ampia e sempre aggiornata la
bibliografia di riferimento per la grammatica, ma, considerata la difficoltà di far arrivare qui libri a prezzi ragionevoli, si lavora molto con dispense predisposte dai docenti.
Infine, una parola va spesa per l’originale struttura architettonica della sede del Dipartimento: nel complesso universitario, che risale agli anni Settanta, la Cooperazione italiana e il Governo di qualche anno fa hanno finanziato un’ala in vetro e acciaio
con un centro multimediale e una cabina per le esercitazioni di interpretariato. Nella
stessa struttura, ormai troppo piccola e sovrautilizzata, è stata trasferita la biblioteca
italiana (poco aggiornata, purtroppo, perché i fondi per i libri mancano sempre!). Quest’isola di colori e trasparenze sicuramente colpisce matricole e visitatori che si sentono bene accolti in un ambiente così moderno e attrezzato, in forte contrasto con il
grigiore e il senso di abbandono che caratterizza il resto della struttura universitaria.
Comunque, il Dipartimento è molto attivo e recettivo rispetto a tutte le novità che vengono dall’Italia. I contatti sono costanti con diversi atenei italiani, ma senz’altro il rapporto
privilegiato è con le università pugliesi, in particolare quella di Bari, che offre anche
borse di studio agli studenti e ai docenti. Frequenti le videoconferenze e i progetti di
collaborazione, nonostante i limiti imposti dal fatto che la Macedonia non sia ancora in
UE. Presso il Dipartimento si può ottenere la certificazione CILS, ma a Skopje è presente
anche un comitato della Società Dante Alighieri che offre corsi di italiano per stranieri e
la certificazione PLIDA, oltre a corsi di macedone per italiani.
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3. “Come è il livello degli studenti?”
È una delle domande che mi sento rivolgere più frequentemente dai colleghi italiani,
spesso depressi per il livello medio dei loro studenti . Premesso che non condivido del
tutto il pessimismo sulla preparazione degli studenti italiani e che in ogni istituzione
scolastica c’è un ampio ventaglio di livelli, dopo due anni qui, affermo senza ombra di
dubbio che, mediamente, il livello di competenza linguistica raggiunto dagli studenti
macedoni è molto alto. Ovviamente parliamo di media, con punte veramente di eccellenza, anche di persone che non sono mai state in Italia, ma che riescono a utilizzare
la lingua italiana nei diversi registri e con una sensibilità fonetica notevole. Senz’altro,
come già detto, la motivazione di partenza per lo studio della nostra lingua è molto
alta. Ma il vero motore di tutto questo per me rimane un mistero o quasi: poche le ditte
italiane presenti in Macedonia, scarse le possibilità di emigrare in Italia per trovare lavoro, percepibile anche da qui la crisi occupazionale dei giovani italiani. E allora? Cosa
vedono dell’Italia? A parte la Puglia, il resto d’Italia è conosciuto come meta turistica
(immagini stereotipate!) o come meta di immigrazione(altrettanti stereotipi!). Però la
musica, l’arte, la cultura del passato ci fanno sempre fare una gran bella figura! Siamo
veramente nani su spalle di giganti! E da qui i giovani si prefigurano questa nostra
altezza! Ma le prospettive concrete rimangono fumose.
Punti di criticità nell’apprendimento degli studenti? Certo che ci sono. Ad esempio riguardano la produzione scritta complessa (il livello C1 e C2 del CEFR, per intenderci),
ma anche alcuni aspetti della competenza morfologica come l’uso dei tempi passati e
quello dei connettivi (logici e testuali).
Ma questo è un altro discorso che merita senz’altro un’analisi più approfondita e che comunque non impedisce agli studenti che da qui vanno in Italia a altre esperienze di formazione di avere un’ottima competenza comunicativa e di essere apprezzati per questo.
Dal 2005 Rete! Junior è stato usato da migliaia di
docenti e alunni; da lì si è partiti per questa nuova
versione che risponde anche alle nuove impostazioni
glottodidattiche, proponendo, in particolare, un superamento del modello tradizionale di unità didattica. I commenti di tanti insegnanti hanno contribuito
ad ampliare l’offerta al livello B1.
Ragazzi in Rete si presenta così:
3 volumi secondo i livelli A1, A2, B1;
per ogni volume sono disponibili una guida per
l’insegnante, cd audio, materiali sul sito web;
ogni volume contiene 8 percorsi, così strutturati:
|Lezione 1| + civiltà,
Percorso|Lezione 2| test autovalutazione,
|Lezione 3| revisione e ampliamento
ogni volume contiene inoltre in appendice:
- una sintesi grammaticale
- una sezione di fonologia
- una sezione ‘giochi di ruolo’
- il glossario dei termini usati
Il sito web di ogni volume offre gratuitamente:
- gli audio in formato MP3 scaricabili;
- attività e progetti da svolgere in rete;
- attività grammaticali supplementari;
- informazioni e collegamenti per l’apprendimento e l’insegnamento dell’italiano.
www.guerraedizioni.com/ragazziinrete (In costruzione)
Bibliografia 2013
sull’insegnamento dell’italiano
Paolo E. Balboni
Il Centro di Ricerca sulla Didattica delle Lingue di Ca’ Foscari raccoglie ogni
anno la bibliografia relativa all’educazione linguistica, cioè all’insegnamento
dell’italiano L1 e L2, delle lingue straniere, seconde, etniche, classiche, e aggiorna in repertorio generale, dal 1960, che si può liberamente consultare nella
sezione Ricerca di www.unive.it/crdl oppure nel sito della Società Scientifica
di Didattica delle Lingue e Linguistica Educativa, www.dille.it.
Presentiamo qui le pubblicazioni relative all’italiano.
Abbaticchio R., Da lingua di esodi a lingua di approdi. Contesti immediati e ‘mediati’ di insegnamento dell’italiano L2, Lecce, Pensa MultiMedia.
Balboni P. E., 2013, Fare educazione linguistica: Insegnare italiano, lingue straniere, lingue classiche, seconda edizione completamente ristrutturata e aggiornata, Torino, Utet Università.
Lo Duca M.G., 2013, Lingua italiana ed educazione linguistica. Tra storia, ricerca e didattica, Roma, Carocci (seconda edizione).
Monami E., 2013, Strategie di correzione orale dell’errore in classi di italiano L2,
Perugia, Guerra.
Volumi collettanei
Benucci A. (a cura di), 2013, Formazione e pratiche in italiano L2, Perugia,
OL3. Include, tra i vari saggi:
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Strumenti
Monografie
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Benucci A., Monami E., Vannini E., “La formazione all’Università per Stranieri
di Siena”.
Bresciani L., Donna C., Garolla A., “Narrare cantando. Come usare la canzone d’autore contemporanea nella classe di italiano lingua straniera”.
Caruso G., “La formazione all’Università Federico II di Napoli”.
Emmi D., “La lavagna interattiva multimediale nella didattica dell’italiano a
stranieri”.
Grassi R., “La formazione all’Università degli Studi di Bergamo”.
Grosso G., “La formazione del docente di italiano a immigrati adulti”.
La Grassa M., “Studiare italiano nei programmi di università americane in
Italia: profilo degli apprendenti e proposte operative”.
Maggini M., “Potenzialità matetiche dell’utilizzo degli audiovisivi nell’insegnamento delle LS/L2”.
Santeusanio N., “La formazione all’Università per Stranieri di Perugia”.
Sciuti Russi G., “La formazione all’Università Ca’ Foscari di Venezia”.
Spagnesi M., “L’acquisizione linguistica di qualità e il tirocinio”.
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Troncarelli D., “Il computer nell’insegnamento dell’italiano L2: risorse, strategie e
prospettive”.
Villarini A., “La formazione dei docenti tramite l’e-learning: risorse, criticità e proposte operative”.
Caruso G., Dolci R. (a cura di), 2013, Competenze d’uso e integrazione, Napoli,
E.S.I.. Include:
Balboni P. E., “La dimensione emozionale nell’apprendimento linguistico”.
Caruso G., “Dalla visione all’interpretazione: l’uso del cinema e della videocamera
nel corso di italiano per studenti Erasmus del CLA”.
Celentin P., “Insegnare italiano a studenti di lingua materna slava”.
Chiacchiella E., “Il testo autentico: criteri di selezione ed utilizzo del materiale (livelli C1, C2) per un miglioramento della consapevolezza grammaticale”.
Malavasi I., “Insegnare italiano come L2 alla scuola primaria. Il project work”.
Marra S., “Educazione linguistica e insegnamento interculturale”.
Pavan E., “L’italiano della pubblicità: motivare a comprendere per conoscere”.
De Meo, A. (a cura di), Professione italiano. Lingua, cittadinanza, salute e tutela
della persona per immigrati di Paesi Terzi, Napoli, Università di Napoli L’Orientale. Include, tra i vari saggi:
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ad adulti slavofoni”.
Caruso G., “L’insegnamento dell’italiano L2 a donne migranti: caratteristiche specifiche e strategie didattiche”.
De Meo A., “La formazione degli immigrati di paesi terzi: l’esperienza del progetto
FEI “Professione italiano”.
De Santo M., “Multimedialità e Web 2.0 nell’apprendimento dell’italiano L2: il blog
nello sviluppo della scrittura in utenti sordi”.
Francomacaro M. R., “La formazione del docente di italiano L2 per immigrati adulti”.
Iannelli A., “Immigrati di livello pre-intermedio e intermedio: un nuovo pubblico”;
Lo Feudo M., “L’italiano L2 per il lavoro e i corsisti immigrati principianti: l’importanza di imparare a imparare”.
Maffia M., Maffia C., “Italiano L2 per immigrati adulti: dall’analisi dei bisogni alla
progettazione del sillabo”.
Pellegrino E., Caruso V., Mignano M. R., Migliaccio E., “La classe dei sordi: dalla fase
della pubblicizzazione alla didattica in aula”.
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contesti britannici di insegnamento.
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DEAL
Dislessia Educativa
e Apprendimento Linguistico
Globes
Glottodidattica per
Bisogni Educativi Speciali
Il progetto GLOBES
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GLOBES è un progetto di ricerca e formazione dell’Università Ca’ Foscari Venezia che
si occupa dell’insegnamento delle lingue non materne a studenti con bisogni speciali derivanti sia da cause congenite (deficit o disabilità, ma anche allievi definiti
“superdotati”) sia da fattori ambientali (svantaggio sociale, adozione internazionale
ecc.). GLOBES svolge: o attività di ricerca finalizzate ad esplorare le peculiarità del processo di apprendimento dell’allievo con bisogni speciali per elaborare metodologie glottodidattiche specifiche;
o attività di formazione e consulenza glottodidattica a Venezia o presso le istituzioni richiedenti;
o progettazione di materiali glottodidattici, in collaborazione con case editrici.
Direttore del progetto: Dott. Michele Daloiso ([email protected])
Formazione presso le istituzioni scolastiche
GLOBES organizza corsi di formazione presso istituzioni scolastiche, associazioni ed
enti pubblici e privati, sulla base di una specifica richiesta. I corsi si basano su un
progetto formativo costruito ad hoc per rispondere alle esigenze dell’istituzione scolastica. Per concordare il progetto e richiedere un preventivo contattare il referente.
Formazione a Venezia
Durante il periodo estivo l’Università Ca’ Foscari, in collaborazione con l’Associazione
Italiana Dislessia, organizza il MASTERCLASS DEAL (Dislessia Evolutiva e Apprendimento delle Lingue), un corso di alta formazione rivolto ai docenti di lingue non materne
di ogni ordine e grado che offre una preparazione teorico-metodologica specifica per l’insegnamento delle lingue ad allievi con disturbi dell’apprendimento, offrendo strumenti
metodologici e operativi spendibili nella didattica quotidiana. Il corso si compone di un
ciclo di giornate di lavoro a Venezia e una fase di approfondimento online.
MASTERCLASS DEAL - Edizione 2014
MODULO BASE
Fondamenti teorici e metodologici per una glottodidattica accessibile agli allievi con
Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Il modulo offre ai docenti una preparazione teorico-metodologica di base specifica
per l’insegnamento delle lingue straniere ad allievi dislessici. Facendo riferimento
non solo alla normativa ma anche agli studi glottodidattici internazionali, si offriranno
strumenti metodologici e operativi spendibili nella didattica quotidiana.
In
.IT
MODULO SPECIALISTICO A (Scuola dell’Infanzia e Scuola Primaria)
Sensibilizzare i bambini ai suoni e alle lettere della lingua inglese. Principi
metodologici e strategie operative
Il modulo offre ai docenti una preparazione specifica per accostare i bambini italiani
al sistema fonetico e ortografico della lingua inglese in modo sereno ed efficace. I
principi metodologici e le strategie fornite costituiscono un supporto necessario nel
caso di allievi con DSA, ma rappresentano anche una risorsa utile per il lavoro con
l’intera classe.
MODULO SPECIALISTICO B (Scuola Secondaria di 1° e 2° grado, adulti)
Insegnare la grammatica ad alunni con dislessia: dalla teoria alle buone pratiche
Il modulo offre ai docenti una preparazione specifica per favorire l’apprendimento
della grammatica della lingua straniera da parte di allievi con DSA, promuovendo lo
sviluppo di competenze metalinguistiche e metacognitive.
CALENDARIO DELLE LEZIONI
Palestra informatica A distanza (facoltativa)
Modulo Base
Fase a distanza
Moduli specialistici
5 ore
15 ore
26-29 giugno 2014
30 giugno – 12 luglio 2014
Fase in presenza
15 ore
14-16 luglio 2014
Fase in presenza
15 ore
17-18 luglio 2014
Fase a distanza
15 ore
21 luglio – 2 agosto 2014
SCADENZA PRE-ISCRIZIONI: 30 APRILE 2014 ISCRIZIONI: 23 MAGGIO 2014
Per altre informazioni sulle modalità d’iscrizione, consultare il bando alla pagina:
www.unive.it/centrodidatticalingue, link “GLOBES-DEAL”, sezione “Formazione”
Per altre informazioni:
Coordinatore Scientifico: Dott. Michele Daloiso, [email protected]
Seguici anche su Facebook: www.facebook.it/progetto.deal
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Rivista In.it
In
.IT
Università per Stranieri di Siena (In It.)
Università per Stranieri di Siena
www.unistrasi.it
UNIVERSITÀ PER STRANIERI
DI SIENA
ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015
64
Sono attivati presso il Dipartimento di Ateneo per la Didattica e la Ricerca i seguenti corsi,
ai quali possono iscriversi studenti/-esse italiani/-e e stranieri/-e:
Rivista In.it
■ Corso di Laurea in MEDIAZIONE LINGUISTICA E CULTURALE
Classe L12 – Mediazione. 2 curricoli:
• Traduzione in ambito turistico-imprenditoriale
• Mediazione linguistica nel contatto interculturale
Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014..
■ Corso di Laurea in LINGUA E CULTURA ITALIANA PER L’INSEGNAMENTO AGLI STRANIERI E PER LA SCUOLA
Classe L10 – Lettere. 3 Curricoli:
• Insegnamento della lingua e della cultura italiana a stranieri
• Competenze storiche e letterarie per la scuola italiana
• Insegnamento della Lingua dei Segni Italiana (LIS)
Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014
■
Corso di Laurea Magistrale in SCIENZE LINGUISTICHE E COMUNICAZIONE INTERCULTURALE
Classe LM 39 – Linguistica. Domande di immatricolazione entro il 30
settembre 2014
■ Corso di Laurea Magistrale in COMPETENZE TESTUALI PER L’EDITORIA, L’INSEGNAMENTO E LA PROMOZIONE TURISTICA
Classe LM 14 – Filologia Moderna. Domande di immatricolazione entro
il 30 settembre 2014
■
Master di I livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici)
- Master Ditals (Centro DITALS: [email protected])
- Master on-line in Didattica della lingua e della letteratura italiana in collaborazione con il Consorzio interuniversitario ICoN (Centro DITALS: [email protected])
■
Master di II livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici)
- E-Learning per l’insegnamento dell’italiano a stranieri (Centro FAST: [email protected])
In
.IT
■ Scuola Superiore di Dottorato e di Specializzazione
Dottorato in Linguistica e didattica della lingua italiana a stranieri
Dottorato in Letteratura, storia della lingua e filologia italiana
([email protected])
Scuola di specializzazione in didattica dell’italiano come lingua straniera
Durata: 2 anni. È previsto il riconoscimento crediti per i possessori di titoli di master,
sia di primo che di secondo livello, sulle tematiche inerenti la Scuola.
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Rivista In.it
NOVITà
PER INFORMAZIONI GENERALI
In Italia: Università per Stranieri di Siena, Piazza Carlo Rosselli 27-28 SIENA
Tel.: +39 0577 240115 - Fax: +39 0577 283163; E-mail: [email protected]
All’estero: Istituti di Cultura italiani e rappresentanze diplomatiche del governo
Italiano
In
.IT
ITALS Italiano Come Lingua Straniera
Centro di Ricerca e Formazione
Centro di Ricerca sulla Didattica delle lingue, Ca’ Foscari, Venezia
Laboratorio Itals
l
1. Il progetto Itals
Formazione iniziale e in servizio degli insegnanti e del personale impegnato in agenzie
o scuole che, all’estero, diffondono la lingua e la cultura italiana:
a. Master in promozione e didattica della lingua e cultura italiana all’estero
• indirizzo didattico generale, per chi insegna a stranieri in generale
• indirizzo didattico specifico per chi insegna a immigranti in Italia
• indirizzo organizzativo, per chi si occupa dell’organizzazione di corsi e della
promozione dell’italiano all’estero.
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Rivista In.it
b. Corsi fi formazione iniziale tenuti in Italia, di primo e secondo livello.
c. Corsi di formazione iniziale tenuti all’estero, quando si realizzi un gruppo
di dimensioni sufficienti a sostenere i costi del corso.
d. Corsi di perfezionamento.
e. Corsi speciali finanziati dal Ministero degli Affari Esteri.
f. Corsi ad hoc per associazioni di insegnanti di italiano, tenuti in Italia o
all’estero.
g. Certificazione della competenza didattica nell’insegnamento dell’itals.
Due sessioni l’anno in Italia, altre sessioni all’estero sulla base di accordi con Istituzioni locali.
h. Scuola estiva di formazione dei docenti.
sono aperte le iscrizioni
ai due master on line
Itals 1° livello
di carattere più operativo e di formazione glottodidattica
Itals 2° livello
di natura più progettuale e avanzato
le descrizioni sono in www.itals.it
i bandi sono in http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=135530
I