marzo 2014 / anno 7

ANNO 7 - NUMERO 03
1 MARZO 2014
8
MENSILE DEL TERRITORIO DI LERICI
a cura dell’Istituto Comprensivo di Lerici
Eliana Bacchini: 30 anni alla guida delle scuole lericine
Marzo
Laboratorio di
Giornalismo
delle scuole
medie F. Poggi
e P. Mantegazza
Lerici In… è un
allegato di Ameglia
Informa, registrato al
tribunale della Spezia
al n.2 del 4.2.1998
(stampato in proprio)
LERICI IN...
non ha alcun finanziamento pubblico e
si regge solo grazie
alla pubblicità degli
inserzionisti
che permettono la
Del corpo docente di trent’anni
fa sono rimasti solo in tre, Oliviero
Lacagnina, Maria Luisa Eguez e
lei, Eliana Bacchini. Gli studenti
di allora sono i colleghi o i genitori
di oggi, un’intera generazione che
si è alternata sui banchi delle
scuole lericine.
La redazione di San Terenzo ha
così deciso, per la Festa della
Donna, di intervistare la dirigente per ripercorrere con lei questo
significativo tratto di cammino
non solo della sua carriera ma anche della sua vita.
D. Che cosa ha provato
quando è entrata in servizio a
Lerici nel 1984?
R. Sono stata nominata preside
della scuola media “Francesco
Poggi” il 1° ottobre 1984, dopo un
anno di presidenza nella scuola
media di Fosdinovo (Massa). Ero
vincitrice di concorso ed ero forse
una delle più giovani presidi
d’Italia.
Ho un ricordo netto del mio primo giorno di presidenza qui, della
calda accoglienza della vicepreside, la prof.ssa Paola Spina, e della
segretaria, la dott.ssa Nadia Biso;
ricordo tutti i docenti, tra cui la
prof.ssa Marisa Marras ed il prof.
Pietro Milano, i bidelli e gli alunni. Le classi erano molte e molto
numerose; la scuola occupava, oltre a tutto il proprio edificio, anche il piano terra delle elementari.
Ero felice ed emozionata ma
…e il 19 marzo
auguri anche
a tutti i papà
anche preoccupata per il nuovo
lavoro e per le responsabilità che
mi aspettavano; mi dava comunque grande sicurezza il clima di
amicizia e simpatia dell’ambiente
scolastico.
D. È difficile la professione
di dirigente scolastico?
R. Ritengo che questa professione sia ardua al pari di altre. È
certamente un lavoro molto delicato e di responsabilità, che prevede
il coordinamento e la programmazione delle attività didattiche ed
educative mediante rapporti costruttivi con le famiglie, le associazioni sportive e culturali, le amministrazioni comunali e il territorio in genere.
D. Qual è il suo ricordo più
felice e quello più triste nei
suoi trent’anni a Lerici?
(Continua a pagina 2)
Quello che ci rivelano oggi tv e
giornali, noi lo dicevamo quasi
un anno fa… (Lerici In di giugno 2013)
È il colmo! Alla mia
età mi tocca ancora
fare il badante alla
signora Italia.
Per chi
l’avesse
dimenticato!
(Continua a pagina 2)
Vignetta di
Irene Gennaro
DISTRIBUZIONE
GRATUITA
alla popolazione.
Diffuso in 2800 copie
Tutti i numeri di LERICI IN sono pubblicati in Internet sul sito del Comune
www.comune.lerici.sp.it e in quello della scuola, www.istitutocomprensivo-lerici.it
(Continua da pagina 1)
R. Premetto che per me ogni giorno trascorso a scuola è
un giorno felice, anche quando
le preoccupazioni superano le
soddisfazioni. Ogni anno, il
primo giorno di scuola poi è
per me un giorno di grande
emozione perché nuove vite si
affacciano al mondo del sapere. Quando faccio l’appello cerco di cogliere negli occhi dei
bambini ma anche in quelli
dei genitori, che li affidano
alla scuola, le speranze e le
aspettative di ciascuno.
Ci sono però alcuni momenti che ricordo con particolare
gioia: il mio rientro a scuola
nel 1989 dopo un incidente
sciistico che mi aveva tenuta
lontana per oltre tre mesi.
Zoppicavo ancora ma, con le
lacrime agli occhi per la felicità, ho voluto abbracciare tutti
gli alunni di terza media prima degli esami di licenza.
Ricordo anche la visita alla
scuola di monsignor Giulio
Sanguineti, vescovo della nostra diocesi, in occasione della
visita pastorale a Lerici, e anche del prefetto dottor Giuseppe Forlani, per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Il ricordo più triste è legato
alla scomparsa di un’alunna in
un incidente sciistico: era il 4
dicembre 1996. Ricordo il silenzio e le lacrime dei ragazzi
e di tutta la scuola, sopraffatta
da questo evento così inaspettato. Marta era un’alunna modello: sorridente, diligente e
disponibile. Per me era anche
il rinnovarsi di un dolore perché da poco, in quello stesso
anno, avevo perso la mamma,
entusiasta sostenitrice di tutte
le mie attività.
D. Quali sono i suoi programmi futuri dopo il collocamento a riposo?
R. Non sono entusiasta d’essere “collocata a riposo”! Spero
che mi sia concesso di restare
ancora qualche tempo a dirigere l’Istituto Comprensivo di
Lerici. Quando andrò in pensione continuerò certamente a
“lavorare” nel volontariato sociale o culturale, cioè in quei
settori in cui mi sento più esperta. Mi piacerebbe comunque poter essere di aiuto al
prossimo, ai giovani in particolare, ma anche ai meno giovani che vivono nelle case di
riposo. Certamente spero di
poter continuare a collaborare
con “Lerici In”
Nata ad Arcola (SP), ha studiato
all’Istituto Magistrale “Mazzini” della
Spezia, quindi alla Facoltà di Magistero dell’Università di Genova dove, nel 1970, ha conseguito la laurea in Pedagogia con il massimo dei
voti. Ha insegnato materie letterarie
nella Scuola Media nella Provincia
di Massa Carrara, quindi nel 1983 è
stata nominata preside della Scuola
media di Fosdinovo, quale vincitrice
di concorso. Dal 1984 ha diretto la
Scuola Media “Poggi” di Lerici e la
“Mantegazza” di San Terenzo e dal
2000-2001 è dirigente dell’Istituto
Comprensivo di Lerici.
Eletta nel Consiglio Comunale di
Arcola nel 1975 ha ricoperto
l’incarico di capo-gruppo della minoranza fino al 1999.
Ha fatto anche parte del Consiglio
Nazionale dell’ANCI, del Consorzio
Socio-Sanitario della Provincia della
Spezia e del Comitato di Gestione
della XX USL. Dal 2005 fa parte
della Fondazione della Cassa di
Risparmio della Spezia, dove ha
ricoperto il ruolo di vicepresidente
del Consiglio di Indirizzo e del Consiglio di Amministrazione oltre che
di presidente del “Progetto-musica”.
È stata Presidente Provinciale
del CIF (Centro Italiano Femminile),
associazione nella quale il 28 gennaio u.s., nel congresso di Roma è
stata eletta membro del Consiglio
Nazionale.
Nel novembre 2009 è stata insignita del titolo di Cavaliere della
Repubblica.
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La dirigente Eliana Bacchini
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Pagina 2
Un pomeriggio con Clelia, la figlia Garibaldi (2)
La prima parte è stata pub- sciabole appese al muro, il
blicata nel precedente numero. poncho, il berretto e la camicia
rossa esposti in teche di vetro
Durante l’incontro, fra i vae la carrozzina che egli utilizri conversari, mi colpì lo
zava giornalmente negli ultimi
schietto racconto che Clelia
tempi, quando i dolori artritici
fece riguardo la vita modesta,
non gli davano tregua. Ramma sana, condotta a Caprera
mento una finestrella della
dalla sua famiglia: si cibavano
camera dove morì perché Cledei prodotti della terra e
lia raccontò che, durante tutta
dell’orto e di quanto fornivano
l’agonia di suo padre, alcuni
pecore, capre, galline e altri
colombi, fatto alquanto singoanimali che Garibaldi stesso
lare, sostarono sul davanzale,
coltivava, curava e allevava.
involandosi solo dopo che GaMi stupì specialmente la notiribaldi fu spirato.
zia che sovente la loro tovaIn una zona vicina vedemglia, per risparmiare la bianmo anche la lunga barca di
cheria, fosse sostituita da giorlegno che l’eroe usava per la
nali che l’eroe riceveva in dono
pesca e per uscire in mare con
e che dopo la lettura assumela famiglia. Visitammo ancora,
vano tale pratica funzione.
guidati da Clelia, il luogo delle
Quando donna Clelia ci fece
tombe, situato in basso rispetgentilmente da guida alla casa
to al cortile e alle case. Mi me-museo dove erano conservati i
ravigliò il sepolcro di Garibalcimeli e le memorie di Garidi, povero e quasi rozzo, forbaldi, io seguivo attentamente
mato da una enorme pietra
quanto veniva detto e mostragrigio-marrone che ricopriva il
to perché conoscevo abbastanloculo sottostante. Un picchetza la figura e le gesta dell’eroe
to vi sostava perennemente a
in quanto in famiglia se ne
guardia e donna Clelia disse
parlava; d’altronde il suo riche era misura necessaria percordo era ancora ben presente
ché in passato vi erano stati
nella memoria dei maddalenivari tentativi di trafugare i
ni e frequente argomento di
resti dell’eroe; lei stessa, conficonversazioni e racconti.
dò, dubitava che la salma giaHo impressi in mente alcucesse veramente nella tomba.
ni oggetti in particolare: le
Direttore Responsabile
Sandro Fascinelli
Capo-redazione
Maria Luisa Eguez
redattore docente
Gabriella Molli
Redazione di San Terenzo
Matteo Basta, Alice Berlenghi,
Nicolò Conti, Alessandra Guariglia, Annalisa Mencacci, Francesco Mencacci, Emmanuele
Purpi, Gloria Tassoni, Martina
Bronzi, Irene Gennaro.
Redazione di Lerici
Alessandro Galazzo, Pietro
Luigini, Kevin e kledj ShurbaJ,
Giorgia Ramaglia, Filippo Tognetto, Chiara Machì, Jasmine
Oveslati, Andrea Nizzi, Andrei
Sima, Giorgia Tringale.
Clelia ci mostrò serena anche la sua lapide funebre, già
pronta lei vivente; mancava
soltanto la data di morte nel
suo epitaffio inciso nel marmo.
A fine visita donna Clelia ci
donò, oltre ad un sincero e affettuoso congedo, due cartoline
con la sua firma autografa che
religiosamente conservo. (fine)
Raffaele Cavaliere
Clelia Garibaldi
Figlia dell’Eroe e di Francesca Armosino nasce a Caprera nel 1867 dove
muore a 91 anni e viene ivi sepolta accanto ai genitori e ai fratelli Manlio e
Rosa, morta bambina. Riceve il nome di
Clelia in omaggio alla protagonista del
primo romanzo di Garibaldi.
La sua lunga esistenza è semplice e
totalmente dedita alla cura ed alla preservazione delle memoria dell’Eroe,
verso il quale nutriva una sconfinata
ammirazione e un amore profondo.
Nel 1884 sposa a Torino Vittorio
Casadei e vive per qualche anno in
questa città, ma il matrimonio finisce
presto con una separazione e Clelia
torna a Caprera. Inizialmente beneficia
di un’esigua pensione dello Stato che,
in seguito, verrà portata alla ragguardevole somma (per l’epoca) di diecimila
lire annue.
Si occupa molto di attività benefiche, specialmente nei riguardi dell’infanzia. Vive un lungo periodo dividendosi tra Caprera e Livorno, dove possiede
una villa ereditata dalla madre e dove il
figlio Manlio frequenta l’Accademia Navale. Si tiene lontana da ogni strumentalizzazione politica anche se accetterà,
nel 1948, di candidarsi al Senato nelle
liste del Partito Repubblicano Italiano.
La redazione, a suo insindacabile giudizio, potrà modificare, rinviare o rifiutare
la pubblicazione di scritti e annunci se non conformi all’etica ed allo spirito
della presente pubblicazione o per mancanza di spazio.
Sino a diverso orientamento, le lettere non vengono pubblicate. Gli articoli devono essere concordati preventivamente con il direttore responsabile.
Gli scritti, le lettere e le richieste di pubblicità, complete di nome, indirizzo, telefono ed eventuale e-mail, dovranno essere indirizzate alla redazione c/o la
Direzione Didattica di Lerici piazza Bacigalupi, 5 o tramite e-mail a:
l e r i c i .i n @ l i be r o .i t .
Si avverte che la pubblicazione non ha fine di lucro, quindi gli scritti, gli
articoli e le collaborazioni sono accettate a titolo gratuito e di volontariato.
Gli orari delle manifestazioni e le informazioni turistiche, nonostante la nostra
più scrupolosa precisione e attenzione, poiché predisposte con largo anticipo,
dovranno essere sempre verificate dai lettori interessati prima dell’evento.
La tariffa per ogni modulo di pubblicità è di euro 35 + IVA (gratis 1 ogni 12).
Per la pubblicità si può contattare il n° di telefono 0187-601268 (anche fax e
segreteria telefonica) o [email protected] .
LERICI IN… - marzo 2014
Pagina 3
Una storia e una strada da intitolare
Gli abitanti di Monti San
Lorenzo chiedono che venga
intestata ad Angelo Tonelli la
strada Guercio-Monti San Lorenzo e inserita nel patrimonio
del Comune di Lerici. Ci hanno
inviato una petizione che racconta la storia della frazione.
Durante l’ultima guerra
molte famiglie si rifugiarono in
Monti San Lorenzo per essere
un po’ più al sicuro dai bombardamenti e rastrellamenti.
Riescono grazie ai loro orti (gli
orti di guerra) e all’allevamento di animali da cortile e ovini,
ad avere un minimo sostentamento. Tra queste famiglie troviamo quella di Angelo Tonelli
(6 luglio1899 - 26 luglio 1968)
dapprima dipendente dell’Arsenale Militare della Spezia e
poi gestore di un panificio a
Lerici, città in cui ha da sempre dedicato il suo impegno nel
sociale.
Finita la guerra molti tornano a vivere nelle zone di provenienza ma alcuni scelgono di
stare lì e di non abbandonare il
borgo che li ha aiutati a superare quegli anni terribili. I servizi sono assenti: esiste solo
una vecchia mulattiera lunga
circa un chilometro che unisce
il Guercio a San Lorenzo. Quel
tratto era nato molti anni pri-
ma come via di accesso alla
cava di pietra della Gruzza,
percorsa da carri trainati da
buoi o muli, e ancora oggi lungo la strada si possono vedere
dei macigni scalpellati a mano
come testimonianza di quell’attività.
Non sono solo quelli che
hanno scelto di vivere in pianta stabile a San Lorenzo che
sono presenti nel borgo ma anche quelli che, tornati alle loro
case, salgono quotidianamente
per raggiungere gli orti e gli
animali che sono stati poco
tempo prima la loro salvezza.
Nasce così nella mente di
Tonelli l’idea di dotare il borgo
dei servizi e di dargli giusta
dignità. Fonda un consorzio
chiamato “Consorzio Strada
Monti San Lorenzo” al quale
aderiscono i proprietari dei
fondi di San Lorenzo ed anche
il Comune di Lerici. Tonelli
andando personalmente di porta in porta riesce a trovare i
denari per dar corpo al suo
progetto. Arriva così negli Anni ‘60 a dotare il borgo di una
strada carrabile, di energia
elettrica e di linea telefonica. È
l’inizio dello sviluppo demografico che ancor oggi continua.
La richiesta di intitolare ad
Angelo Tonelli la strada è, se-
condo noi, solo un piccolo riconoscimento per chi ha messo in
campo passione e lungimiranza per contribuire allo sviluppo
del nostro territorio. Noi abitanti di San Lorenzo non vorremmo che anche questa magnifica storia cadesse nell’ oblio, quella targa all’ini-zio della
strada avrà questo scopo. Grazie a Angelo Tonelli per quello
che ha fatto e ci ha insegnato.
Romolo Guastini
a nome degli abitanti di
Monti San Lorenzo
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•
1 marzo ore 16 - “Madama
Butterfly” di G. Puccini
•
8 marzo ore 16 - “Andrea
Chenier” di U. Giordano
•
15 marzo ore 16 - “The fairy
Qeen” di H. Purcell
•
22 marzo ore 16 - “Sogno di
una notte di mezza estate”di
F. Mendelssohn
•
29 marzo ore 16 - “L’amore…
melarance” di S. Prokof’ev.
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Pagina 4
Il mistero di Verucola, la terra scomparsa
Il Codice Pelavicino cita il
luogo di Verucola per ben tre
volte, associandolo a doveri
apparentemente insostenibili
per un piccolo manso nel distretto di Ameglia e Barbazzano. Gli uomini di Verucola infatti “devono portare il signor
Vescovo fino a Roma con una
propria galea, o saetta o con
altro legno... e anche fino a Genova e fino a Pisa”. (C.P 16 e
27). Del luogo, per anni se ne
sono cercate le tracce immaginandolo lungo la linea di costa
del distretto, poiché né la cartografia né tanto meno la tradizione orale hanno potuto aggiungere un qualsiasi pur minimo indizio.
Parlando di navi sembrava
cosa ovvia e scontata ricercare
un porto tra l’attuale Caletta e
la foce del Magra e tra i luoghi
più plausibili si immaginava
di collocare Verucola lungo la
costa sottostante il promontorio del Corvo; nel tempo ne
avrebbero cancellato ogni traccia le continue frane e la costante erosione: gli “Spiaggioni”, un luogo notoriamente flagellato da libeccio, scirocco e
qualsiasi altro vento e mai citato da altre fonti pisane o genovesi. La spiegazione di questo mistero, se tale possiamo
definirlo, è sempre stata sotto
gli occhi di tutti.
È scritto nel documento
n.16 del Codice Pelavicino:
“Gli uomini di Verucola, vale a
dire Guglielmo di Mezzana, i
figli di Baldicione, Martignone
e Bonico devono portare il Sig.
vescovo fino a Roma… omissis… Oliverio, Caciaguerra, i
figli di Datucio, Marchesino
figlio di Urbano, Oliverio suo
nipote (figlio) del fu Toso del
manso di Cala …”.
Ora, analizzando il documento n. 375, ci accorgiamo di
leggere un testo praticamente
identico ma soprattutto troviamo citati i medesimi uomini.
Cambia soltanto il nome del
luogo. Così “Gli uomini di
Barbazzano devono trasporta-
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re il Signor Vescovo con navi,
a Genova e a Pisa e anche i
suoi messi se vorrà mandarli...”. Ne segue il medesimo
l’elenco: stessi nomi, luoghi
diversi. Se dubbi dovessero
ancora rimanere, non resta
che leggere il documento n.493
dello stesso codice, nel quale si
chiariscono alcune controversie tra i consoli di Trebiano e il
vescovo Gualtiero.
Nel documento, definiti alcuni confini, viene stabilito….
“di ricevere dagli uomini che
abitano da Portesone verso
Trebiano un pagamento per
ogni famiglia … e non si proibisca a coloro che abitano da
Portesone verso Trebiano di
passare attraverso le vie transitabili di Rimaso e di ricevere
dagli uomini di Verucola (in
pagamento) per ciascuna famiglia…”
Non viene fatta alcuna
menzione di Barbazzano, principale centro del distretto.
Verrucola non era altro che un
più antico toponimo che identificava non propriamente il
borgo ma un’estesa parte del
territorio stesso di Barbazzano; significa “piccolo colle, poggio, collinetta”, toponimo assurdo da collocare sulla riva
del mare.
Gino Cabano
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LA COPPA MISTERIOSA
Un nostro lettore ha trovato
questa bellissima coppa. Dopo
averla pulita e lucidata si legge
chiaramente la seguente iscrizione
in tedesco:
Europamasterschaft Der 22 Qm.
R. Klasse Veranstaltet
Vom Zürcher Yacht Club
10-16 Juli 1937
Preis Gestiftet Von Der Schweiz.
Rückversicherungsgessellshaft
(Regata europea da 22 metri
quadri di velatura Classe R. organizzata da YACHT CLUB ZURIGO
10-16 luglio 1937 2° PREMIO Offerto dalla Società di assicurazioni
e riassicurazioni svizzera).
La coppa ha un diametro di 225
mm. e un’altezza di 170 mm., sul
fondo sono incisi i marchi dell’argento 830/1000 e la scritta
Sweden (Svezia).
Ci siamo incuriositi, abbiamo
fatto qualche ricerca, ma abbiamo
scoperto solo cose banali, la regata si è svolta sul lago di Zurigo da
sabato 10 a venerdì 16 luglio 1937,
la velatura di 22 mq. è compatibile
con una barca di 5,50 o 6 metri di
lunghezza ma come ha fatto la
coppa ad arrivare in un terreno in
provincia della Spezia e perché il
proprietario si è disfatto di un og-
Concorso letterario
Madonna di Maralunga
getto così prezioso rimane un mistero. Non ci siamo fermati e abbiamo scritto a Zurigo, lo Yacht
Club è ancora molto attivo e speriamo di poter chiarire il mistero nel
prossimo numero.
di Sio-Ca’ ( Alfredo Lupi )
Martedì 18 prof. Calzolari - immagini di Archetipi 2°
Venerdì 21 prof.ssa Carletti - Per chi suona la
campana?
Mercoledì 26 ing. Lancini - gioco degli scacchi
Venerdì 28 prof. Centi più studenti del liceo scientifico della Spezia - Recital e accompagnamento musicale su poeti e scrittori che hanno scritto del Golfo
dei Poeti
Lunedì 31 dr. Petacco - cineforum: “Miele”.
La parrocchia di San Francesco di Lerici
sede del santuario di Nostra Signora di Maralunga hanno organizzato il 4° concorso letterario “Madonna di Maralunga” per racconti e
poesie dal titolo: Dio disse: “Ci siano luci nel
firmamento del cielo…” (Genesi 1,4)
Guardo le stelle e …
NUMERI UTILI
Il concorso è rivolto agli studenti delle mePREFISSO TELESELETTIVO dei numeri: 0187
die di Lerici e agli adulti residenti o domiciliati
a Lerici. Scadenza 15 giugno 2014.
Carabinieri via XX Settembre 23 tel. 96 712 9
Per informazioni rivolgersi alla Parrocchia tutti i giorni, anche festivi dalle ore 8 alle 22 fax 967270
Ufficio Locale Marittimo via Calata Mazzini 23
di San Francesco Lerici.
Programma Lezioni di Marzo 2014
di UNITRE Lerici (ore 15.30 - 17.30)
Lunedì 3 dr. Petacco - cineforum: “Il primo uomo”
Martedì 4 amm. Romani - Turandot
Venerdì 7 prof. Centi - Canto XXXIV dell’Inferno
Martedì 11 prof.ssa Rondine - Caravaggio
Mercoledì 12 ing. Lancini - gioco degli scacchi
Venerdì 14 prof.ssa Carletti - il dr. Zivago
Lunedì - sabato dalle ore 9 alle 12 tel. 964545
Difensore civico – tel. verde 800807067 per appunta-mento
oppure tramite URP (uff. relazioni col pubblico)
Pubblica Assistenza Lerici - Esplica i seguenti servizi:
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Allestimenti per cerimonie
Pagina 6
Strategie contro la cellulite e la ritenzione idrica (2)
Proseguono dal numero precedente i consigli per una
giusta alimentazione.
Ridurre il consumo dei latticini è fondamentale, in quanto pur essendo una buona fonte di calcio e di proteine, contengono anche molti grassi e
sale. In alternativa come fonte
di calcio, si possono utilizzare
anche molte verdure fresche:
broccoletti, spinaci, crescione,
barbabietole, rape, cavoli, prezzemolo, cavolini di Bruxelles,
carote, noci, pane integrale,
cereali.
Il latticino migliore è lo yogurt semplice e magro a cui si
può aggiungere frutta fresca,
per il latte va bene quello parzialmente scremato. I formaggi più consigliati sono quelli
freschi, mozzarella, ricotta e,
tra quelli semigrassi, lo svizzero e il parmigiano.
Quest’ultimo può essere
aggiunto alle insalate sotto
forma di cubetti. Ricordiamoci
però di non esagerare in quanto contiene molto sale. Teniamo anche presente che troppe
proteine impoveriscono l’organismo dei minerali fondamentali, potassio incluso, e creano
un’eccessiva quantità di sostanze tossiche di scarto, causando ai reni un superlavoro
per eliminarle. Inoltre, affin-
ché le proteine vengano assorbite è necessaria la presenza
di carboidrati (pane, pasta).
Quindi, no alle diete dissociate! Cerchiamo di ridurre i
grassi. Essi arrivano da molte
fonti nascoste: in taluni casi è
solo una fonte naturale dell’alimento, come per la carne e il
formaggio; in altri sono aggiunti durante la preparazione, attraverso creme e condimenti a base di burro (patatine fritte e via dicendo). Una
quantità pazzesca di grassi è
aggiunta ai cibi trattati e al
fast-food.
Alcuni alimenti naturalmente poco calorici vengono
trasformati in alimenti ipercalorici durante la loro preparazione: ad esempio 240 gr. di
patate allo stato naturale forniscono solo due calorie dai
grassi, ma friggendole si passa
a 220 calorie di grassi, lo stesso vale per la pasta che di per
sé è naturalmente povera di
grassi, ma quando viene servita con sughi vari, specie panna liquida, diventa un disastro
per la linea.
I grassi non devono essere
totalmente aboliti dalla tavola
in quanto sono necessari al
nostro organismo per la formazione delle membrane cellulari, per la sintesi degli or-
moni, per il trasporto delle vitamine e il loro assorbimento,
e mantengono giovane la pelle
e altri tessuti. Tra i grassi è
meglio preferire quelli di origine vegetale: gli oli in commercio sono però estratti con solventi chimici e riscaldati a
temperature altissime, per cui
il prodotto finale è degenerato
e privato di tutte le sostanze
nutritive. Per tale motivo è
consigliabile utilizzare l’olio in
cui è specificato il metodo di
estrazione, e dove è scritto sull’etichetta “extra-vergine”.
È preferibile utilizzare padelle e tegami dove il cibo non
si attacchi. Per non usare
troppo condimento, se possibile si utilizzi solo un ricciolo di
burro o un filo di olio. La margarina non è meno dannosa
alla salute, meglio il burro anche se in minore quantità. Sulle verdure cerchiamo di spruzzare un po’ di succo di limone
fresco invece di condirle con
burro o margarina. Si renderanno deliziose anche con qualche goccia d’olio e un’idea di
parmigiano grattugiato.
Quando si acquistano del
tonno, sardine e salmone in
scatola, è bene scegliere quelli
allo stato naturale non sott’olio. (segue)
Alessandra Di Sibio Biologa
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LERICI IN… - marzo 2014
Pagina 7
P. De Benedetti: Variazioni sull'ebraismo vivente
“Se così si
può dire Variazioni
sull'ebraismo
vivente”
di
Paolo De Benedetti, ed.
EDB Morcelliana,
Brescia, 2013.
mud, ai targumim, alla kabbalah,
alla halakhah, ai midrashim, ai
commenti rabbinici anche più
recenti introducono chi legge nella ricchezza dell’enorme potenzialità del darash, la ricerca,
l’opera di scavo nel testo biblico,
che per il cristianesimo, stretto
per secoli nei propri dogmatismi
e nella presunzione di una propria indiscussa superiorità rispetto al resto del mondo è, nella
maggior parte dei casi, un universo tutto da scoprire.
L’ebraismo, definito da De
Benedetti nella sottolineatura del
sottotitolo come “vivente”, può
essere, se accolto in umiltà come
dono, un prezioso aiuto per la
crescita di un’esegesi e un’ermeneutica cristiane non mummificate in posizioni pregiudiziali. Il
Nuovo Testamento, letto per rimandi all’Antico, è illuminato di
nuove consonanze e l’insegnamento di Gesù è restituito al modo di argomentare rabbinico permettendo al lettore cristiano di
superare certe antinomie destinate altrimenti a creare pericolosi
anacronismi di senso.
In questo modo, questo libro e
non solo esso ma la produzione
tutta di De Benedetti, aiuta a riflettere sulle radici della cultura
occidentale che, proprio in quanto cristiane, sono di conseguenza
intrinsecamente ebraiche.
Contiene una serie di saggi
per la maggior parte già editi sulla rivista SeFeR (acronimo di
“Studi, fatti, ricerche”, ma anche
parola che in ebraico significa
“Libro” e quindi designa qui come
altrove il libro per eccellenza, la
Bibbia); l’opera è inserita nella
Maria Luisa Eguez
collana “Cristiani ed ebrei”, che è
curata dal gruppo interconfessio- Cosa
Vorrei un Porcellum ben
nale Teshuvà di Milano e pubbli- desidera
battuto col Mattarellum,
ca scritti che promuovono il dialo- dr. Renzi?
sul vino non ho preferengo ebraico-cristiano. "Se così si
ze, basta che sia Italicum
può dire" è la traduzione dell'espressione ebraica kivjaqôl, una
premessa rabbinica che permette
di argomentare poi con estrema
libertà, consapevoli della sostanziale inadeguatezza delle parole
umane per parlare del divino.
Il libro è suddiviso in tre sezioni (Dio; Uomo, donna e creazione; feste) che portano subito il
lettore nel vivo della sapienza
d’Israele e testimoniano la vocazione universalistica del messaggio ebraico.
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I riferimenti alla Torah nelle
Montecitorio
possibili interpretazioni più vicine
a una traduzione a calco, al Tal- Vignetta di Irene Gennaro
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consigli ed eventuali indicazioni
Pagina 8
Internet “dono di Dio”? Sì, se usato con giudizio
Papa Francesco ha definito
Internet “dono di Dio”, può
aiutare a farci sentire più
prossimi gli uni agli altri ma,
osserva per contro il Papa,
"esistono aspetti problematici"
come "la velocità dell'informazione" che "supera la nostra
capacità di riflessione e di giudizio”. Proprio per questo, prima di postare foto, scritti, commenti, ecc. riflettete sulle conseguenze e sulle responsabilità
verso se stessi e gli altri. Dopo
questa premessa scopriamo
l’ultima moda del Web (n.d.r.).
Se l fie , se l fie te e a ltr o
Anche voi soffrite di selfiete? Dai ammettiamolo, abbiamo quasi tutti la selfie-mania,
tranquilli/e, non è grave, e siamo in ottima compagnia.
Esiste un equivalente in
italiano del termine selfie, ossia autoscatto, solitamente fatto dal proprio cellulare per postarlo su un social network.
Il selfie sta diventando un
fenomeno del nostro tempo
che riesce a trascinare sempre
più persone. Del resto viviamo
in un’era in cui se non hai un
profilo su un social network,
come ad esempio Facebook,
Instangram, Twitter, sembra
che tu una vita non ce l’abbia.
Esisto quindi sono sempre
connesso e “posto”!
Pensate che il famoso Oxford Dictionary ha definito il
termine selfie parola dell’anno
2013, ma ha anche delle varianti, e viene modificato in
base allo scopo dello scatto.
Quindi avremo:
Helfie se vogliamo mettere
in risalto i capelli;
Belfie se ci fotografiamo il
lato B (e beata a chi se lo può
permettere!);
Welfie se lo scatto ce lo facciamo in ufficio;
Drelfie se ci fotografiamo
quando abbiamo bevuto un
bicchiere di troppo.
L’autoscatto quasi sempre
consiste in un primo piano del
viso, oppure di un particolare
che si vuole esaltare, come la
bocca oppure gli occhi.
Ma anche per immortalare
un’espressione. Quelle che vanno più di moda sono la “duck
face”, o la “kiss face”. In realtà
molte “Celeb” usano queste
smorfie per far sì che il loro
viso appaia più magro.
Per meritare il titolo di selfie, lo scatto deve avere delle
precise caratteristiche:
si vede il braccio che mantiene il cellulare;
solitamente si effettua davanti ad uno specchio;
ha come luogo la camera da
letto o il bagno. È un fenomeno esploso grazie alle star che
lo usano per condividere con i
fan la loro vita e i fan spesso lo
richiedono alle star al posto
“dell’obsoleto” autografo. Persino il nostro Papa Francesco
si è fatto immortalare di recente in una foto con alcuni
ragazzi (vedi foto).
È di pochi giorni fa la notizia che riguarda il “Riccing”:
se siete curiose provate a scrivere su Google questo termine.
Se invece siete pigre, ve lo racconto io in breve. Probabilmente un’annoiata Christina
Ricci, per dimostrare che avere un fisico minuto ha i suoi
vantaggi, ha postato una sua
foto su Instangram e su Twitter mentre si era comodamente infilata nel frigorifero.
L’autoscatto ormai fa parte
del nostro quotidiano, e sta
cambiando le nostre abitudini.
Si posta il piatto per far vedere cosa si mangia a colazione,
a pranzo e a cena. Tutto è da
condividere e da far vedere ai
nostri contatti ma ricordiamoci: sempre nei limiti del decoro
e senza far danno a nessuno.
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Pagina 9
Paolo Azzarini salvatore di Garibaldi
Il racconto su Clelia Garibaldi, ma ancor più un antipatico refuso sul calendario
strenna del Comune 2014 che
indica via Lazzarini anziché
via Azzarini a San Terenzo,
mi hanno spinto a rispolverare
questo mio inedito, scritto
qualche anno fa ancora con
carta e penna.
Ipsilonne era il soprannome
di Paolo Azzarini. Sembra che
da piccolo lo chiamassero così
perché non sapeva pronunciare la “x” e diceva “ippese”. A
San Terenzo, allora più che
oggi (eravamo nei primi anni
dell’800) le persone erano conosciute più per il soprannome
che per il cognome. Anch’io mi
porto dietro fin da bambino
questo “Sio-Cà” perché chiamavo così mio zio Carlo di solo
otto anni più grande di me.
Paolo Azzarini era un padrone marittimo proprietario
di una barca da pesca, la
“Madonna dell’Arena”. Pescava nell’alto Tirreno e vendeva
il pesce a Porto Ferraio, Follonica e Livorno, quando nel
1849 venne chiamato per scrivere la sua pagina di storia.
Il 2 luglio la Repubblica Romana era caduta, il 4 agosto
Anita era morta nella pineta
di Ravenna; Garibaldi, ricercato dagli Austriaci, da poliziotti, sbirri e soldati, era te-
nuto nascosto da amici e doveva cambiare posto ogni giorno
per non essere scoperto. Era
giunto in Maremma e per salvarsi doveva riuscire ad arrivare a Portovenere che era
sotto il dominio sardo-piemontese.
Ipsilonne, che pescava all’isola d’Elba, venne contattato
da Pietro Giaggioli, un locandiere toscano, che gli propose
di imbarcare il generale a Follonica e trasportarlo a Portovenere. Azzarini accettò subito
e cominciò a studiare un piano
per portare a buon fine l’impresa. Giunse a Follonica come se
dovesse vendere il pescato,
sbarcò il padre e un marinaio
per non destare sospetti e imbarcò Garibaldi e il suo attendente. Navigò verso l’Elba, poi
verso Livorno e giunse a Portovenere il 5 settembre.
All’arrivo Garibaldi abbracciò Azzarini e avrebbe voluto
ricompensarlo con tutti i pochi
soldi che aveva in tasca, ma
egli rifiutò e allora il generale
volle lasciargli un foglio che
attestasse quello che aveva
fatto per lui. Le parole di quel
foglio sono scolpite nelle lapidi
dedicate in seguito all’avvenimento: (1)
“ Il padrone Paolo Azzarini,
che la fortuna mi ha fatto incontrare sulla terra italiana
dominata dai tedeschi, mi ha
trasportato su questa d’azilo e
salvamento trattandomi egregiamente e senza interessi.
Porto Venere 5 settembre
1849 Giuseppe Garibaldi”.
Azzarini non solo non ebbe
“interessi”, ma parecchi danni,
non poté più pescare all’isola
d’Elba e in Toscana e non poté
recuperare le reti. Il padre e il
marinaio lasciati a terra per
imbarcare Garibaldi poterono
rientrare solo qualche anno
dopo.
Azzarini visse poveramente
pescando con una piccola barca a remi e soltanto molti anni
dopo, grazie all’interessamento di Paolo Mantegazza, allora
senatore del Regno d’Italia,
ebbe un piccolo vitalizio. Morì
nel 1899 all’età di 95 anni.
Mi piacerebbe aver destato
la curiosità su questo piccolo
grande santerenzino e spero
che qualcuno vada a leggere
“TESTA”, il libro di Paolo
Mantegazza che racconta meglio di me questa storia.
(1) Una lapide è posta in Via
Trogu sulla facciata della Scuola
Elementare, un’altra in via Matteotti sulla facciata della Canonica e la
terza a Portovenere sulla passeggiata a mare, proprio davanti ai
pontili di imbarco dei “vaporetti”.
L’errore “azilo” non è mio, ma di
Garibaldi.
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Virtù rara la discrezione,
ma quando è troppa …
COME FUNZIONA
IL SERVIZIO
DELLE FARMACIE
Abbiamo ricevuto in redazione una lettera con una proposta di collaborazione che,
fra l’altro, ci interessa ma non
c’è mittente, è firmata con la
sigla “LD” e dal testo si desume solo che trattasi d’una sessantenne santerenzina.
Preghiamo la gentile lettrice di ricontattarci.
macista presente in farmacia.
I turni delle farmacie iniziano alle ore 8.30 del lunedì per terminare
alle ore 8.30 del lunedì successivo.
Le farmacie sono aperte dalle
ore 8.30 alle 12.30 e dalle ore
15.30 alle 19.30 (s. 30-04); chiuse i
festivi e lunedì mattina. La farmacia
di turno effettua il seguente orario
di apertura: dalle ore 8.30 alle ore
13.00 e dalle ore 15.30 alle 21.
La farmacia di turno nelle ore
di chiusura, e facoltativamente
dalle ore 19.30 alle 21, garantisce
il servizio a battenti chiusi con il far-
Farmacie di turno a marzo:
Dal 24-02 al 3-03 e dal 24-03
al 31-03 farmacia Padre Pio di
Tellaro,
Dal 3-03 al 10-03 farmacia
Bello di Lerici,
Dal 10-03 al 17-03 farmacia
Ghigliazza di San Terenzo,
Dal 17-3 al 24-03 farmacia
Giudici di Lerici.
Vittorio Alfieri e i suoi imprevisti di viaggio
Nel passato non pochi viaggiatori sono transitati da Lerici. Li attrae la bellezza del luogo, ma un ruolo importante lo
gioca il molo che allora costituiva una delle poche possibilità per arrivare nel territorio.
Passano anche personaggi
illustri. Alla fine del Settecento arriva Giacomo Casanova,
celeberrimo tombeur des femmes che non smentisce la sua
fama. Nell'autobiografia dice,
infatti, di essere svegliato a
mezzanotte dal padrone della
feluca su cui viaggia per partire dato che il tempo è migliorato. Il bel Giacomo è giocoforza costretto ad accomiatarsi
dalle due ragazze con cui divide il giaciglio ed una di loro
scoppia in lacrime. A parte
l'invidia, ma quanta verità
scriviamo nei nostri diari?
Di tutt'altro tenore è il resoconto che nell'identico torno
di tempo fa Vittorio Alfieri.
Niente femmine, ma interessanti informazioni su come
allora si viaggiava. Dunque, il
nostro, arrivato a Genova con
ben otto cavalli, li lascia proseguire per Lerici mentre lui
s'imbarca su una feluca. Questa, però, giunta quasi a destinazione, è ricacciata dal vento
che soffia contrario. Così il
Vittorio è costretto a fermarsi
un paio di giorni a Rapallo da
dove poi riparte a cavallo per
Sarzana dove aspetta paziente
che la sua nave possa finalmente attraccare a Lerici dove
l'Alfieri si sbriga ad arrivare
per imbarcarsi e riprendere il
viaggio non appena il tempo
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cambia.
Anche qua ci sono delle avventure, non però galanti. ma
di viaggio. Muoversi comporta
sempre un rischio: ieri il vento
avverso, oggi magari una frana o un allagamento ti obbliga
a fastidiosi imprevisti.
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Villa Marigola, una terrazza sul Golfo dei Poeti
Villa Marigola oggi
Costruita sulla breve altura
che separa la piccola baia di San
Terenzo dall'insenatura di Lerici
la villa è circondata da un grande
bosco di piante sempreverdi tra
le quali sono situati pregevoli
gruppi statuari in marmo bianco
di Carrara. Sulla parte alta del
parco, dove oggi si trova la villa,
si ergeva in origine una torre di
avvistamento per proteggere i
luoghi dalle incursioni dei Saraceni e aveva quasi una funzione
intermedia tra i castelli di Lerici e
di San Terenzo.
A questo punto facciamo un
po' di storia di questa splendida
costruzione che merita di essere
conosciuta dagli abitanti locali e
dai numerosi turisti ospiti in questo angolo pittoresco della Liguria.
Verso la fine del 1700 il proprietario dell'intera collina era il
marchese Gaetano Ollandini che
vi costruì la sua casa per la villeggiatura con una grande terrazza; il complesso comprendeva il
giardino degli agrumi composto
di cedri, limoni e aranci e circondato da coltivazioni di viti e di
olivi e da comodi vialetti degradanti verso il mare.
In seguito abitarono in una
dependance della villa il poeta
inglese Percy Bysse Shelley e la
compagna Mary, l'autrice di Frankenstein che narra la storia di
uno scienziato creatore di una
specie di mostro, storia che poi
diventerà popolarissima anche
attraverso il cinema. Un brutto
giorno del 1822, da questa abitazione, la giovane Mary attese che
il mare le rendesse il corpo dell'amato Shelley annegato nel golfo
di Lerici durante una furiosa tempesta.
Nel 1836 diventarono proprietari della tenuta Marigola i marchesi fiorentini Alli Maccarani i
quali dettero un nuovo aspetto al
bosco e lo aprirono al pubblico.
In seguito la villa passò al banchiere inglese Reginald Jenkin
Pearse e assunse una nuova
importanza culturale perché frequentata da nobili ed artisti famosi di passaggio in Italia. Con lui il
parco, in precedenza caratterizzato dalla macchia mediterranea,
venne trasformato in un giardino
all'inglese più selvaggio e romantico con camminamenti che portano ad angoli dai quali si godono
spettacolari vedute su Lerici, San
Terenzo, Portovenere e la Palmaria.
Ai primi del 1900 Marigola fu
in possesso dei marchesi MagniGriffi e nel 1926 venne acquistata
Pasticceria - produzione propria
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LERICI IN… - marzo 2014
dall'armatore lericino Giovanni
Battista Bibolini che incaricò l'architetto Franco Oliva di ampliare
l'edificio e di trasformare nuovamente il parco in un giardino all'italiana.
Sulla cima della collina si trova la “torretta” nella quale è stato
a lungo ospite il drammaturgo
toscano Sem Benelli che qui
compose la sua opera più famosa “La cena delle beffe” dalla
quale il regista Alessandro Blasetti trasse l'omonimo film con
Amedeo Nazzari e Clara Calamai
(1941).
Osservando forse il paesaggio
e il mare mentre lavorava attorno
alle sue fatiche letterarie Sem
Benelli ebbe anche l'idea per primo di chiamare questo splendido
angolo di Liguria “Il Golfo dei Poeti”. Dopo la seconda guerra
mondiale la villa conobbe un
brutto periodo di degrado per
l'abbandono e i furti degli arredi
nel giardino e nell'interno.
Finalmente nel 1979 villa Marigola diventò proprietà della
Cassa di Risparmio della Spezia
per conoscere una nuova vita
come centro di manifestazioni
culturali e congressi. Attualmente
è aperta al pubblico per visite
scolastiche guidate, per i turisti,
per ricevimenti e matrimoni romantici, indimenticabili per la sua
bellezza ritrovata.
Vinicio Arfavelli
Trascrizione di
Francesco Mencacci
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Cinque buoni motivi per far pubblicità su Lerici In
1. Sostenere un’attività della
scuola;
2. Aiutare a mantenere viva la
memoria del passato e a far
conoscere il presente;
3. Dare la possibilità di scoprire
nuove pagine della storia del
territorio;
4. Promuovere la propria attività (vecchio proverbio: nessuno, a parte la zecca, può fare
soldi senza la pubblicità);
5. Attraverso la versione Internet di LERICI IN farsi conoscere in tutto il mondo assieme alle vicende di Lerici.
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Ultimi giorni per la mostra di Beppe Mecconi
Il Museo Etnografico della Spezia ospita sino al 2 marzo la mostra dedicata al lavoro di Beppe
Mecconi come illustratore di fiabe
e racconti per l’infanzia. È esposto
La redazione di Lerici alle prese con la celiachia
Intervista a mia cugina (12
anni, celiaca) di Alessandro Galazzo (classe prima A)
D. Che cos’è la celiachia?
R. La celiachia è una malattia
a causa della quale non si possono assumere alcuni cereali contenenti glutine.
D. Cos’è il glutine?
R: Il glutine è una sostanza
che spesso viene aggiunta per
rendere gli alimenti più elastici.
D. Che problemi ti crea?
R. Problemi all’intestino con
forti dolori alla pancia, nausea e
vomito.
D. In quali cereali è contenuto il glutine?
R. Frumento, orzo, farro, segale e kamut.
D. Come vivi questa situazione?
R. A volte male perché quan-
do vado a mangiare fuori sono
costretta a prendere cose diverse
dagli altri, anche se ho desiderio
di mangiare quello di cui ho voglia.
D. Cosa vorresti che accadesse?
R. Che inventassero una medicina per farmi guarire.
Il racconto di Gabriella Molli
Nell’ultimo incontro con il primo gruppo di giornalismo avevo
messo in programma una lezione
sull’intervista. Il lavoro di Alessandro Galazzo mi ha offerto
l’input per far capire quanto siano
importanti le domande per inquadrare il tema dell’intervista.
E poiché nella lezione precedente avevamo sviluppato le tematiche dell’inchiesta, ho fatto in
modo da inserire domande op-
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anche il materiale che ha accompagnato la sua vena creativa rivolta all’universo infantile e, per la
prima volta, le tavole originali che
illustrano i libri per l'infanzia di Beppe Mecconi. La mostra è visitabile
fino al 2 marzo. Orario: giovedì
ore 10 - 12.30 - venerdì sabato e
domenica: ore 10 - 12.30 e dalle
16 alle 19 (tel. 0187-258570).
È iniziato il 20 febbraio il progetto Come è Bello Essere Studenti
sui Bisogni Educativi Speciali, coordinato dalle psicologhe Francesca Ambrosini ed Ethel Bertagna.
I prossimi appuntamenti, sempre
nella sala consiliare del Comune, il
17 e il 31 marzo alle ore 16.30.
portune collegate alle informazioni del testo d’intervista, in modo
da poter attestare le situazioni sul
momento per alzata di mano.
La lettura del lavoro di Alessandro ha motivato immagini sul
fare il pane, sul lievito, sui vari tipi
di farine, sulla vecchia cucina
lericina che aveva una pasta
chiamata “dandarandìn” e sull’uso di questa pasta nel mesciae e nel menestron: due piatti
fatti di verdure di stagione tagliate a dadini e manipolate per ottenere due diversi prodotti. Er
mesc-iae è un passato e non ha
aggiunta di pasta. En ter menestron si buttano i dandarandìn.
Ci siamo lasciati con l’inchiesta sul quesito: quanti di voi hanno in famiglia persone che parlano ancora il dialetto? E abbiamo
scoperto che sono pochi, molto
pochi.
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Pagina 13
Un Lotario pittore e un Lotario editore a Lerici (2)
Lotario Vecchi editore
Nel precedente articolo sul
“pittore lericino” Lotario Farina, ho accennato al fatto che
la nonna Giulia aveva voluto
chiamarlo così in onore del
cognato Lotario Vecchi, noto
editore, sposato con una lericina, la signora Elide Bacchione, e proprietario di una bella
villa a Lerici, appena sopra il
“Lido”. Personaggio davvero
interessante, Lotario Vecchi
ebbe una vita avventurosa e
dal nulla riuscì a creare un
impero editoriale.
Sul giornalino “Il Golfo dei
poeti” il compianto dr. Piero
Colotto gli dedicò, nel 1974, un
bell’articolo, dal quale ho cercato di estrapolare le informazioni più significative per delineare il personaggio. Nacque a
Parma nel 1888 e si trasferì
alla Spezia con i genitori al-
l’età di 9 anni. Frequentò le
scuole tecniche e si imbarcò
come garzone di camera per
aiutare la famiglia; dopo un’esperienza al cantiere di Muggiano lavorò come fattorino
telegrafico alle Poste.
Nel frattempo frequentava
corsi di francese e inglese e,
nei fine settimana, gestiva un
cinema a Lerici assieme ad un
amico. Nel 1908 partecipò a
un concorso alle Poste risultando quattordicesimo su quattromila partecipanti. In attesa
della nomina lesse sul Secolo
XIX che si cercava chi potesse
reclamizzare saggi di un romanzo a dispense; si presentò,
ritirò le copie e riuscì a ottenere venti abbonamenti.
Quando arrivò l’ordine di
prender servizio alle Poste,
rinunciò, suscitando scalpore
(il capo servizio si chiese se
non fosse impazzito), per continuare la carriera di piazzista
in campo editoriale. Si trasferì
a Torino e successivamente a
Roma. In un viaggio a Vienna
conobbe l’editore Rubinstein e
decise di diventare editore.
Acquistò per 1.200 marchi
il diritto di stampare un libro
“Fra i pazzi - i misteri del castello Falconieri”, lo fece tradurre in spagnolo cambiandogli il titolo e fondò a Barcello-
na la casa editrice Vecchi &
Casini.
Un altro episodio dimostra
la sua intraprendenza: un
giorno si piazzò davanti ad
una fabbrica e distribuì il saggio di un romanzo a 1.500 operai e operaie all’uscita dal lavoro; fu un successone! Le case
editrici Vecchi si moltiplicarono in vari paesi dell’America
Latina. Le pubblicazioni riguardavano autori italiani fra
i più disparati; nel 1930 stampò in Italia dallo spagnolo
“Stalin, l’uomo d’acciaio”, che
andò esaurito in pochi giorni.
Mussolini ne chiese una copia,
ma non se ne trovarono più; il
Prefetto di Milano mandò agenti di polizia a perquisire
archivi, tipografia e magazzini, senza esito.
Da quel giorno un dossier
su Lotario Vecchi fu tenuto in
evidenza sulla scrivania del
Duce. La sua attività fu sempre sorvegliata dal regime fascista, essendo nota la fervida
azione antifascista del cognato
ing. Ettore Carozzo, originario
della Spezia, che ospitò a Parigi molti esuli perseguitati fra
cui Don Sturzo, Salvemini,
Nitti ed altri. A rivoluzionare
l’attività della casa editrice fu
il lancio dei “giornalini per ragazzi”. (segue)
Raimondo Pagano
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Il miracolo di Sant’Antonio a San Terenzo
È così che nacque il det- sa, nel pomeriggio vi erano le
solite vecchiette che andavano
to “Scherzo da prete”?
a pregare.
Non vi posso parlare del
Un giorno il parroco, che
finto miracolo di Sant’Antonio,
aveva voglia di scherzare, si
nella chiesa parrocchiale di
era messo d'accordo con alcuni
San Terenzo, se prima non vi
ragazzi e il fido Marietto per
parlo di don Mario, il parroco
fare uno scherzo alle oranti
della mia infanzia. Era giovavecchiette.
ne, magro, con le lenti rotonde
Fra i due altari nel lato sicome usavano a quei tempi,
nistro vi era, posta un po’ più
precisamente negli Anni ‘50.
in alto, una nicchia con dentro
Con i ragazzi sapeva come
la statua a grandezza naturale
comportarsi, come si dice; ci
di Sant’Antonio da Padova,
sapeva fare. Quello che non ho
vestita di tutto punto.
mai dimenticato, e sono passaIl parroco tolse il Santo,
ti trent'anni, é stata la sua
vestì Marietto, lo fece mettere
morte tragica, misteriosa, per
dentro la nicchia e gli disse
via di un voto che aveva fatto.
che, quando le vecchiette si
Ritornando al "miracolo", il
fossero fermate a pregare cosuo braccio destro (si fa per
me di consueto, doveva muodire) era Marietto, detto “Il
versi e fare l'atto di benedire.
testonetto”, che era un uomo
Tutto si volge come previsto
senza età, non troppo furbo
ma, al primo cenno di benedima sempre lindo e ordinato.
zione, le donne si sono messe a
La sua testa era un po’ più
gridare al “miracolo” e decidogrossa del normale (da qui il
no di andare a chiamare il
nome), portava le scriminatu“Preosto”, come dicevano loro,
ra nel mezzo e i pochi capelli
che si trovava in canonica.
ben attaccati al capo.
“Don Mario, vegni zà, la
In quegli anni un po’ dapghé Santantogno chi se smoa”.
pertutto si avevano notizie di
Egli per dare modo ai raapparizioni, di statue che
gazzi di rimettere tutto a popiangevano, insomma, per casto, chiede se erano ben certe
pirci erano gli anni della Madi aver visto giusto, di aver
donna Pellegrina e delle nuvisto il Santo muoversi e altre
merose processioni.
domande ancora.
La nostra chiesa in quei
Quando, dopo aver calcolato
lontani anni non era mai chiu-
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Nell’articolo a firma Sergio Marchi “Ritrovato un trittico scomparso
da Sarzana” a pag 13 di Lerici In di
gennaio 2014 veniva indicato il
prof. Gianni Donati come l’autore
dell’autenticazione, mentre invece
si tratta del prof. Piero Donati ex
soprintendente alle Antichità della
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il tempo necessario, i1 parroco
seguito dalle donne entra in
chiesa e, dopo aver acceso tutte le luci, si avvicina alla nicchia, il Santo era ben fermo al
suo posto. Le vecchiette mortificate non sapevano più che
cosa dire. Quando la voce del
“miracolo” si sparse per il paese, tutti capirono che si era
trattato di una burla del prete,
ma le povere vecchiette erano
convinte di aver assistito a un
vero “miracolo”.
Non potevano neppure pensare, per un attimo, che un
prete potesse fare simili scherzi, tanto più che un vecchio
proverbio dice: “Scherza coi
fànti, ma lassa stae i santi”.
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25 marzo: per Lerici non è solo una festa
Madonna di Maralunga
in un disegno di Emmanuele Purpi
Lerici, il 25 marzo, festeggia la
Madonna di Maralunga.
Maralunga è una penisola a
est del castello di Lerici, tutta
scogli e olivi. Secondo la leggenda collegata con la festa,
nell’anno 1406 tre pescatori tro-
varono sugli scogli una tavola
dipinta, raffigurante una doppia
immagine della Madonna e del
Bambino. Intorno al 1500 i frati
Agostiniani che in tutta la costa
ligure amavano coltivare gli olivi,
costruirono un convento e si presero cura di questa doppia immagine. Nel 1799 quando vennero a
Lerici i Francesi, il loro generale
de Miollis fece installare al posto
del convento una batteria militare
che esiste ancora oggi.
E se il 25 marzo per Lerici è
una festa mariana molto sentita,
occorre ricordare che il 31 maggio la chiesa compie una processione al luogo del ritrovamento a
Maralunga, con una sosta di fede
presso una chiesina che non è
aperta se non in quella occasione.
Tutti gli anni per festeggiare
l’evento religioso del ritrovamento
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dell’immagine a Lerici si fa una
fiera: vengono le bancarelle che
vendono dolciumi, salumi, vestiti,
utensili per casa, palloncini e giocattoli per i più piccoli.
Per i ragazzi ci sono autoscontri, il tappeto elastico, il lancio dei cerchi e il tiro a segno.
Per i bambini più piccoli ci sono
anche vari divertimenti come la
pesca dei cigni, i miniautoscontri, lo scivolo gonfiabile,
la giostra e il trenino della giungla. Noi ragazzi a questa festa ci
divertiamo molto perché ci ritroviamo tutti assieme. Ma è una
festa che coinvolge anche gli adulti, un tempo molto amata: in
casa si preparavano due torte, di
riso dolce e di grano farro.
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