Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti 1. La previsione finanziaria 1 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Le fasi per un’adeguata analisi di impresa Fase 1. Predisposizione materiale Analisi Raccolta e rielaborazione dati Obiettivo Rendere possibile le fasi successive 2. Analisi ex post Analisi per indici e flussi Interpretare la gestione passata, individuare eventuali problemi, analisi delle ragioni degli scostamenti. 3. Analisi ex ante Programmazione finanziaria Individuare l’evoluzione della gestione con particolare riferimento alla capacità di generare reddito e cassa. 2 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Perché analisi ex ante? Passare da una visione incentrata sul “cosa è successo?” A una visione propositiva e prospettica in cui ci si interroga su cosa “si potrà fare in futuro?” Ci si propone quindi: La verifica della compatibilità finanziaria dei piani e dei programmi di attività al fine di correlare la formazione del fabbisogno finanziario con la capacità di finanziamento interno ed esterno, secondo le condizioni di equilibrio prospettico della struttura finanziaria e in modo conforme alla combinazione rischio e rendimento ricercata dal soggetto economico. 3 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La programmazione finanziaria Si può articolare in più livelli in relazione all’orizzonte temporale preso in considerazione per l’indagine. Possiamo distinguere: a) Pianificazione finanziaria (o piano finanziario): si estende per un periodo da 1 a 7 anni. b) Programmazione di tesoreria (o budget di tesoreria): considera il breve o brevissimo periodo. 4 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La pianificazione finanziaria È un processo articolato nei seguenti punti 1. Analisi delle opportunità di investimento e di finanziamento che si presentano all’impresa. 2. Previsione dell’impatto prospettico delle decisioni di oggi. 3. Decisioni rispetto alle alternative disponibili. 4. Confronto dei risultati ottenuti con gli obiettivi del piano finanziario. Si basa su bilanci preventivi e sui preventivi finanziari. 5 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La programmazione di tesoreria Si pone l’obiettivo di: 1. determinare l’andamento del fabbisogno finanziario derivante dall’attuazione del programma strategico; 2. individuare possibili soluzioni per la copertura di questo fabbisogno, avendo come orizzonte temporale di riferimento il breve o brevissimo periodo. Si basa sulla predisposizione di budget di cassa e economici. 6 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Riepilogo dei livelli della previsione finanziaria Livelli Periodo Pianificazione finanziaria 1-7 anni Obiettivi Strumenti Determinazione finanziario fabbisogno Bilanci preventivi del derivante dalle scelte strategiche e dalle relative politiche di attuazione. Valutazione compatibilità finanziario con finanziamento la fabbisogno Preventivi finanziari capacità aziendale e con di gli equilibri della struttura finanziaria. Programmazione tesoreria di Determinazione del fabbisogno e delle Budget economico disponibilità dall’esecuzione di degli cassa incassi derivanti e dei pagamenti. Controllo dei movimenti e dei saldi dei Budget di cassa conti bancari. 7 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Come impostare le previsioni 1) Raccolta dati 2) Bilanci Pro-forma 3) Preventivi finanziari 8 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Come costruire i bilanci pro-forma 1. Redigere il conto economico preventivo sino a stimare il risultato della gestione caratteristica. 2. Stimare le poste dello stato patrimoniale preventivo. 3. Individuare l’esistenza di un surplus o di un fabbisogno finanziario. 4. Determinare le modalità di copertura del fabbisogno. 5. Stimare gli oneri finanziari. 6. Stimare le imposte. 7. Completare il conto economico. 8. Completare lo stato patrimoniale. 9 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Come costruire i bilanci pro-forma La variabile chiave di partenza è costituita dal fatturato previsto. Questo può derivare da due diverse modalità di stima: 1. Si considerano i valori storici e si estrapolano dagli stessi i tassi di crescita ritenuti più congrui. 2. Attraverso un’analisi di mercato si valuta la capacità di penetrazione del prodotto (quantità vendibile) e il prezzo di collocamento. Il fatturato deriva dal prodotto delle due quantità. Questa metodologia deve essere applicata nel caso di imprese di nuova costituzione, per le quali risultano assenti i dati storici. 10 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Stima dei ricavi Analisi di mercato Definizione delle quantità Definizione del prezzo unitario di vendibili vendita Ricavi 11 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La costruzione del conto economico preventivo: la stima delle voci di costo Consumi di materie: vengono solitamente determinati in percentuale del volume di vendita previsto. Sono dati dalla seguente formula: Consumi = Rimanenze iniziali + acquisiti – Rimanenze finali Tuttavia nel conto economico preventivo vengono solitamente evidenziate separatamente la voce acquisti e la voce variazione rimanenze. Quindi come procedere? 12 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La costruzione del conto economico preventivo: la stima delle voci di costo Caso A) si conoscono i consumi: Le rimanenze iniziali sono date dalle rimanenze finali del precedente esercizio. Le rimanenze finali sono invece ottenibili attraverso la seguente formula: RF = (acquisti/360)*giorni di giacenza Possiamo quindi scrivere: Acquisti = Consumi + (Acquisti/360)*giorni di giacenza -RI Da cui: Acquisti = (Consumi – RI)*(360)/(360-giorni di giacenza) Caso B) si conoscono gli acquisti (calcolati in percentuale del volume di vendita). Si procede al calcolo del valore delle rimanenze finali utilizzando la formula riportata sopra. 13 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La costruzione del conto economico preventivo: la stima delle voci di costo Spese per servizi: solitamente vengono calcolate in base alla loro incidenza storica. Spese godimento dei beni di terzi: sono canoni di affitto e canoni leasing, quindi facilmente computabili analiticamente. Altrimenti, incidenza sul fatturato. Costo del lavoro: prodotto tra lo stipendio lordo e il numero di addetti previsto. La stima del costo complessivo richiede tuttavia anche la stima dell’accantonamento al TFR (retribuzione annua lorda diviso un coefficiente massimo di 13,5). Ammortamenti: considerare la natura del bene e l’utilizzo previsto; il calcolo si deve basare sulle aliquote di ammortamento previste dalla legge. Ci si basa sulle ipotesi di investimento in capitale fisso (vedi oltre). Accantonamenti: Stima piuttosto difficoltosa, da effettuarsi in via analitica. 14 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La stima degli oneri finanziari: la necessità di passare alla costruzione dello stato patrimoniale Stima del risultato operativo – Oneri finanziari = Risultato prima imposte Stima delle voci di stato patrimoniale Determinazione fabbisogno finanziario e modalità di copertura Risultato netto Stima imposte 15 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La stima delle voci dell’attivo Gli investimenti immobilizzati: occorre effettuare delle previsioni con riferimento agli investimenti fissi. Può essere utile fare riferimento alle informazioni storiche. Gli investimenti possono essere programmati in funzione delle strategie di crescita perseguite. Queste previsioni devono essere elaborate al momento della stima degli ammortamenti. Le scorte: si applica la formula vista in precedenza. I crediti: per i crediti commerciali l’entità dipende dal volume di vendita, secondo la seguente relazione: crediti commerciali = (vendite/360) * giorni durata incassi Per gli altri crediti si procede a stime analitiche, se attendibili, o alla riproposizione di valori storici. Attività finanziarie non immobilizzate: si basa su ipotesi di investimento non essendo calcolabile attraverso il ricorso a modelli matematici formali. 16 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti La stima delle voci del passivo Il patrimonio netto: la stima di basa sul valore dell’esercizio precedente più gli utili e al netto della distribuzione a favore dei soci. Fondi rischi: fondo rischi esercizi precedenti più eventuale accantonamento previsto (al netto degli utilizzi previsti). Fondi TFR: fondo esercizio precedente più quota accantonata (al netto degli utilizzi previsti). Debiti commerciali: il calcolo si basa sull’entità degli acquisti e sui giorni di dilazione secondo la seguente relazione. Debiti commerciali = (acquisti / 360) * giorni di durata dilazioni Debiti tributari: è approssimativamente uguale all’importo delle imposte indicate nel conto economico. Nel caso di pagamento di acconti questi devono essere detratti dal valore delle imposte dell’esercizio. Altri debiti : La stima viene solitamente basata sull’andamento dei dati storici. 17 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Il calcolo del fabbisogno (o del surplus finanziario) e degli oneri finanziari La differenza tra poste attive e passive rappresenta (se positiva) l’ammontare di risorse finanziarie che devono essere reperite (fabbisogno finanziario), se negativo l’ammontare di risorse che affluisce nelle casse dell’azienda. In caso di fabbisogno finanziario si pone il problema di determinare le modalità di copertura, ad esempio: • Nuovi apporti di capitale proprio • Prestiti obbligazionari • Prestiti bancari Determinato l’ammontare di risorse finanziarie reperite sotto forma di prestiti bancari si può procedere al calcolo dei relativi oneri finanziari nel modo seguente: (Debiti bancari inizio periodo + Debiti bancari previsti a fine periodo)/2*tasso di interesse 18 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Riepilogo Conto Economico Stimato Vendite SI -Acquisti SI +/- Variazione rimanenze SI =Risultato lordo SI - Spese diverse SI - Ammortamenti SI = Utile operativo SI - Interessi passivi ? = Risultato prima delle imposte - Imposte ? = Utile netto 19 Corso di gestione finanziaria e valutaria di progetti Riepilogo Stato Patrimoniale Attivo Stimato Passivo Stimato Immobilizzazioni SI Cap. netto SI Scorte SI Utile netto ? Clienti SI Utile operativo SI Cassa SI Fornitori SI Debiti tributari ? Banche ? Totale attivo (A) Totale passivo (P) Fabbisogno (A-P) 20 Gestione finanziaria Il completamento del conto economico e dello stato patrimoniale L’analista può ora procedere al completamento del conto economico attraverso il calcolo delle imposte: Calcolo IRAP: 3,9% del valore aggiunto prodotto dall’impresa. Calcolo IRES: 27.5% del reddito imponibile. Dal 2008 la base imponibile può includere anche gli interessi passivi. La Finanziaria 2008 prevede infatti un tetto massimo di deducibilità degli interessi passivi pari al 30 per cento del risultato operativo lordo. Ciò vuol dire che le aziende dovranno pagare le imposte su un utile gonfiato dalla minore deducibilità degli interessi passivi. Per il completamento dello stato patrimoniale è necessario procedere alla stima dei debiti bancari finali (debiti prima oneri finanziari + oneri finanziari capitalizzati) e al calcolo dei debiti tributari (somma algebrica tra imposte e acconti). 21 Gestione finanziaria Il Budget economico Si ipotizza di: 1. voler realizzare un budget mensile; 2. essere in presenza di una attività priva di stagionalità. In questo caso: • il fatturato annuo può essere ripartito in modo omogeneo tra le singole mensilità; • si calcolano gli acquisti in percentuale sul fatturato mensile; • per il calcolo della variazione mensile delle rimanenze si procede nel modo seguente: si calcola un coefficiente di assorbimento medio. assorbimento medio annuo (AMA) = (consumi annui/vendite annue)*100 Quindi si calcola la merce in giacenza a fine mese: merce in giacenza a fine mese (RF) = -(vendite del mese * AMA)+ RI+ acquisti La variazione si ottiene dal confronto tra RI e RF. 22 Gestione finanziaria Il Budget economico Per la stima degli altri costi si ipotizza solitamente una loro ripartizione omogenea nei singoli mesi. Più problematica appare la stima degli oneri finanziari mensili. A tal fine le possibili soluzioni sono le seguenti: • Ripartire uniformemente gli oneri finanziari stimati a livello annuale. • Ripartire gli oneri finanziari in base all’ammontare delle vendite. • Predisporre un Budget di cassa. 23 Gestione finanziaria Il budget di cassa Si basa sul calcolo delle entrate e delle uscite monetarie: Entrate: si tratta solitamente di incasso crediti e dipendono non solo dal volume delle vendite ma anche dai tempi di pagamento. Se si ipotizza ad esempio un periodo di pagamento di 90 giorni, a gennaio le entrate saranno costituite dalle vendite realizzate nel mese di ottobre dell’esercizio precedente. Uscite: si tratta del pagamento dei fornitori che va stimato in base agli acquisti mensili e ai tempi di dilazione spuntati. Se il pagamento è ad esempio a 60 giorni, nel budget di cassa del mese di gennaio si considera il pagamento degli acquisti effettuati nel mese di novembre. Altre uscite derivano dagli altri costi sostenuti che si può ipotizzare regolati per contante. La contrapposizione tra entrate e uscite di cassa determina il flusso di cassa mensile che incide sulla posizione bancaria di partenza. Ad esempio nel caso di un flusso positivo si può ipotizzare che venga a ridursi l’esposizione nei confronti della banca. 24 Gestione finanziaria La relazione tra budget di cassa e preventivo finanziario Nel caso di assenza di stagionalità il saldo medio bancario stimato utilizzando il budget di cassa e il preventivo annuale tendono a coincidere, così come tende ad assumere lo stesso importo il valore degli oneri finanziari. In caso di stagionalità il saldo medio del periodo tende a divergere fortemente, modificando anche l’importo dei relativi oneri da caricare sul conto economico. Pertanto: quale stima dell’indebitamento bancario e degli oneri finanziari è la più precisa? La stima del preventivo annuale può costituire un utile punto di partenza, ma il trend stagionale rende inevitabile ricorrere alla elaborazione di budget di cassa. È consigliabile inoltre procedere al calcolo degli oneri finanziari su una limitata periodicità. 25 Gestione finanziaria 2. I modelli sullo sviluppo sostenibile 26 Gestione finanziaria Le motivazioni alla base dello sviluppo dimensionale dell’impresa I programmi strategici aziendali che si pongono l’intento di favorire la crescita dimensionale dell’iniziativa imprenditoriale possono essere motivati da una molteplicità di ragioni. Una prima è identificabile nelle dinamiche evolutive mostrate dal settore in cui opera l’unità produttiva e dal comportamento che all’interno di questo viene tenuto dai più diretti concorrenti. Si consideri ad esempio una impresa operante in un settore che attraversa una fase di forte sviluppo. L’esigenza di conseguire uno sviluppo dimensionale, che si riveli funzionale alla difesa del posizionamento competitivo, può però emergere anche per una unità produttiva che opera in un settore ormai maturo. In questo contesto, la strategia di sviluppo diviene dunque uno strumento di difesa contro il rischio di scomparire dal mercato. 27 Gestione finanziaria Le motivazioni alla base dello sviluppo dimensionale dell’impresa Una seconda motivazione alla base dei programmi di crescita può essere poi ricondotta alla volontà dell’impresa di ampliare i mercati di riferimento. Una ultima motivazione della crescita è identificabile nella volontà di conseguire i vantaggi economici che vengono tipicamente associati all’ampliamento della scala produttiva. Tra questi rientra in particolare la possibilità di migliorare i margini reddituali per effetto del conseguimento di rilevanti economie di scala. Tutto ciò a motivo della riduzione dell’incidenza dei costi fissi per unità di prodotto venduto. Al crescere della dimensione aziendale si accompagna inoltre solitamente anche una maggiore forza contrattuale sui mercati dei fattori produttivi e del credito, che consente all’impresa di spuntare, in entrambi, condizioni di prezzo più favorevoli rispetto al passato. 28 Gestione finanziaria Gli aspetti finanziari dello sviluppo dimensionale Lo sviluppo dimensionale dell’impresa comporta il sostenimento di nuovi investimenti in capitale fisso e in capitale circolante lordo. I primi non aumentano tuttavia in modo lineare rispetto ai livelli produttivi che si intendono realizzare, bensì in modo discontinuo (a gradini). I secondi aumentano in base alle variazioni osservate nel fatturato, secondo una relazione che può essere, in prima approssimazione, ipotizzata di tipo lineare. In ciascun esercizio diviene cioè possibile osservare mutamenti di valore nel livello del circolante in funzione di quelle che sono le dinamiche rilevate nel volume delle vendite. Qualora si considerino congiuntamente le due tipologie di investimenti appena sopra indicate, risulta comunque evidente come la loro complessiva entità sia destinata ad essere tanto maggiore quanto più elevato diviene l’obiettivo di sviluppo che l’impresa intende raggiungere. 29 Gestione finanziaria Gli aspetti finanziari dello sviluppo dimensionale Sotto il profilo finanziario, si noti poi come la realizzazione della strategia di crescita richieda che questi investimenti trovino copertura in fonti di finanziamento di pari valore. La variabile finanziaria assume dunque una valenza strategica nella definizione dei piani di sviluppo, dato che ad essa spetta il compito di “alimentare” l’accrescimento dimensionale dell’attività imprenditoriale. Le problematiche finanziarie da affrontare per sostenere la strategia di crescita non paiono però limitarsi al mero aspetto quantitativo, ma assumono anche una connotazione qualitativa. L’impresa, nella definizione delle scelte di finanziamento a sostegno della strategia programmata, deve coprire il fabbisogno finanziario incrementale, nel rispetto di almeno due importanti vincoli: 1. la necessità di mantenere la rischiosità dell’attività svolta entro una soglia che possa essere ritenuta accettabile dai potenziali apportatori di risorse finanziarie; 2. l’esigenza di massimizzare il valore aziendale attraverso un approvvigionamento di fondi alle minime condizioni di costo ottenibili sul mercato, e comunque su livelli di onerosità che siano compatibili con il rendimento garantito dall’attività. 30 Gestione finanziaria Gli aspetti finanziari dello sviluppo dimensionale Con riferimento al primo punto, se si assume come data l’entità del rischio operativo, è evidente che l’impresa può mantenere il rischio complessivo dell’attività entro soglie ritenute accettabili dagli apportatori di capitale soltanto attraverso un attento monitoraggio del suo grado di esposizione al rischio finanziario. Non solo, all’entità assunta dal rischio finanziario si ricollega poi anche la probabilità di spuntare condizioni di prezzo sul mercato del credito che non siano, rispetto ai rendimenti aziendali, eccessivamente onerose (secondo vincolo ricordato). Sotto tale aspetto sono evidenti le conseguenze che potrebbero prodursi a seguito di una crescita aziendale sostenuta attraverso il ricorso ad ingenti volumi di capitale di debito. In questa ipotesi il pericoloso innalzamento dell’esposizione al rischio finanziario, e, quindi, al rischio globale, non solo renderebbe l’impresa fortemente vulnerabile in caso di una evoluzione congiunturale avversa, ma condurrebbe ad un incremento del premio per il rischio da corrispondere ai finanziatori, che può, al limite, rendere in prospettiva economicamente non conveniente il ricorso ad ulteriore capitale di debito. 31 Gestione finanziaria Gli aspetti finanziari dello sviluppo dimensionale Se l’intendimento dell’impresa è allora quello di evitare questa pericolosa spirale, essa deve tendenzialmente privilegiare un finanziamento dello sviluppo programmato che sia almeno in parte sostenuto da capitale di rischio. Quest’ultimo svolge la funzione di “capitale paziente”, essendo in grado di tollerare rispetto a quello di debito, maggiori rischi e rendimenti maggiormente protratti nel tempo. In particolare, il ricorso a questa forma di finanziamento consente all’impresa di: 1. prevenire possibili reazioni avverse del sistema bancario e di accrescere la propria forza contrattuale nei confronti dei creditori; 2. avere una minore pressione sull’esigenza di matching fra il flusso monetario della gestione corrente e il servizio del debito a causa della riduzione del peso dell’indebitamento e di una possibile riduzione del costo medio del capitale di terzi; 3. accrescere la propria reputation nei confronti degli stakeholder aziendali, segnalando attraverso il suo progressivo accrescimento, la fiducia degli azionisti nell’attività imprenditoriale posta in essere. 32 Gestione finanziaria L’individuazione del tasso di sviluppo finanziariamente sostenibile Le problematiche finanziarie derivanti dallo sviluppo dell’impresa sono oggetto di analisi nei cosiddetti modelli della crescita sostenibile. Questi modelli si pongono l’obiettivo di individuare il tasso di sviluppo che può essere ritenuto “finanziariamente” sostenibile dall’impresa, in virtù delle condizioni economiche, finanziarie e patrimoniali presentate. Si possono identificare due principali tipologie di modelli, che si differenziano sotto molteplici aspetti: 1. Una prima tipologia si sofferma sul legame tra condizioni reddituali e potenzialità di crescita dimensionale, ponendo l’enfasi sull’equilibrio finanziario statico. 2. Una seconda concentra invece l’attenzione sulla disamina della relazione tra le condizioni di equilibrio finanziario dinamico e lo sviluppo aziendale. 33 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale Nel modello sullo sviluppo sostenibile in chiave reddituale la crescita dimensionale dell’impresa viene misurata dalla variazione subita dal capitale investito (∆CI) in un dato periodo di tempo. Secondo questa impostazione, la crescita deve essere sostenuta dal punto di vista finanziario combinando fonti interne (autofinanziamento) e fonti esterne in modo tale da mantenere invariato il rapporto iniziale tra i mezzi di terzi (MT) e i mezzi propri (MP). Proprio il vincolo in esame contribuisce ad esaltare il legame tra la crescita dell’impresa e le sue condizioni di redditività. Infatti l’invarianza del rapporto di indebitamento implica che la variazione percentuale subita dal capitale investito nel periodo di riferimento debba essere esattamente pari a quella della dotazione di ⎛ ΔCI ΔMP ⎞ mezzi propri ⎜ = ⎟ . La redditività della gestione aziendale, in quanto alimenta la crescita del MP ⎠ ⎝ CI capitale di rischio attraverso gli utili periodicamente accantonati a riserva, diviene allora l’elemento guida della dinamica di crescita dell’impresa. 34 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale Nel modello la formalizzazione di questo legame viene effettuata utilizzando una definizione di autofinanziamento pari agli utili reinvestiti, cioè alla differenza tra il reddito netto e l’entità dei dividendi da distribuire ai soci. Nello stesso tempo si ricorre ad una riclassificazione dello stato patrimoniale che distingue tra le voci dell’attivo le poste riconducibili alla gestione corrente e le immobilizzazioni al netto dei rispettivi fondi rettificativi, mentre il passivo risulta composto dai mezzi propri e dai mezzi di terzi, questi ultimi identificati nell’insieme delle passività non onerose e dei debiti aventi natura finanziaria. Nell’ambito dello schema contabile appena descritto la quantificazione del tasso di crescita sostenibile viene inizialmente effettuata ipotizzando che l’impresa non benefici nel periodo oggetto di analisi di nuovi conferimenti di capitale proprio. 35 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale In tale eventualità la crescita della dotazione patrimoniale può essere espressa nel modo seguente: ΔMP = RN t × (1 − d ) In altre parole, lo sviluppo dei mezzi propri è generato dagli utili che residuano una volta remunerati gli azionisti tramite la politica dei dividendi. Ora, dividendo il primo ed il secondo membro della formula sopra riportata per il valore iniziale dei mezzi propri si giunge a determinare il tasso di crescita della dotazione patrimoniale nel periodo oggetto di analisi. Nell’approccio reddituale questa variazione identifica, come detto, anche il tasso di sviluppo sostenibile del capitale investito (g): g= ΔCI RN t × (1 − d ) = = ROE × (1 − d ) CI t −1 MPt −1 36 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale La crescita aziendale viene perciò influenzata positivamente dalla redditività delle risorse conferite dagli azionisti (ROE) e negativamente dalla politica adottata dall’azienda in tema di distribuzione degli utili. Abbandoniamo ora l’ipotesi che l’azienda non si avvalga di apporti esterni di capitale proprio. In questo secondo scenario, lo sviluppo non solo è determinato dal contributo finanziario proveniente dall’interno (autofinanziamento), ma anche dall’entità del nuovo capitale di rischio sottoscritto. La crescita sostenibile è espressa dalla variazione percentuale dei mezzi propri, indotta dalla gestione aziendale (politiche di autofinanziamento) e da quella determinata dai conferimenti esterni di capitale da ⎛ NMPt ⎞ ⎟⎟ , come indicato nella formula seguente: parte di vecchi e/o nuovi soci ⎜⎜ MP ⎝ t −1 ⎠ g= ΔCI RN t × (1 − d ) NMP t NMPt = + = ROE × (1 − d ) + CI t −1 MPt −1 MPt −1 MPt −1 37 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale A partire da questa rappresentazione di sintesi del tasso g, e ricordando che il rendimento che gli azionisti ottengono dalle risorse conferite può essere espresso anche secondo la nota formulazione della leva finanziaria, si può infine procedere ad una più articolata disamina delle determinanti dello sviluppo aziendale. Il ROE può essere, infatti, espresso in funzione delle condizioni di redditività mostrate dalla gestione ⎛ ROt ⎞ MT ⎞ ⎟⎟ , del rapporto di indebitamento ⎛⎜ corrente ⎜⎜ ROA = ⎟ , del costo medio del capitale di debito (i) e, CI MP ⎝ ⎠ ⎝ t −1 ⎠ infine, dell’aliquota fiscale (t), come riportato nella formula che segue: ROE = RN t MT ⎤ ⎡ = ⎢ ROA + (ROA − i ) × × (1 − t ) MPt −1 ⎣ MP ⎥⎦ 38 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo in chiave reddituale La sostituzione di questa formalizzazione del ROE nell’equazione sintetica del tasso di sviluppo, consente così di giungere ad esprimere la variazione subita dal capitale investito nel modo seguente: MT ⎤ NMP t ⎡ × ( 1 − ) × ( 1 − ) + g = ⎢ ROA + (ROA − i ) × t d MP ⎥⎦ MPt −1 ⎣ ROE Lo sviluppo dell’impresa dipende pertanto da due tipologie fattori. I primi assumono natura “interna”, dato che la loro gestione è in prevalenza riconducibile alla sfera decisionale del management aziendale. I secondi sono di natura “esterna” poiché fortemente influenzati nella loro manifestazione dalle decisioni di soggetti estranei alla gestione dell’impresa. 39 Gestione finanziaria Esempio: il tasso di sviluppo sostenibile nel modello reddituale Calcoliamo il tasso di sviluppo sostenibile dell’impresa Alfa che inizialmente presenta mezzi propri pari a 25 e mezzi di terzi pari a 75. Ipotizziamo inoltre che l’aliquota fiscale sia pari al 40%, il tasso di distribuzione degli utili sia del 40%, il reddito operativo previsto sia di 20 Euro e, infine, che il costo unitario del debito sia fissato al 10%. Considerato che gli oneri finanziari, computati sul valore iniziale dei debiti, ammontano a 7,5 Euro, l’autofinanziamento dell’impresa a lordo dei dividendi è il seguente: 20 – 7,5 – 0,40 × (20-7,5) = 7,5 Euro. L autofinanziamento netto è invece di 7,50,40 × 7,5 = 4,5Euro. I mezzi propri possono quindi crescere nel periodo di 4,5 Euro, vale a dire del 18%. Questo tasso esprime anche la variazione sostenibile del capitale investito. t-1 Capitale T Passivo investito Passivo investito Mezzi 100 Capitale 25 propri Mezzi di terzi 75 Mezzi 118 25+4,5 propri Mezzi di 75+13,5 terzi Un risultato analogo può essere ottenuto attraverso l’applicazione diretta della formula estesa del tasso di crescita: NMPt MT ⎤ ⎡ ( ) ( ) g = ⎢ ROA + (ROA − i ) × t d × 1 − × 1 − + = [0,20 + (0,20 − 0,10) × 3]× 0,60 × 0,60 = 18% ⎥ MP ⎦ MPt −1 ⎣ 40 Gestione finanziaria Il tasso di sviluppo sostenibile ed il tasso desiderabile nel modello reddituale Il tasso di sviluppo che risulta finanziariamente sostenibile in base alle ipotesi proprie del modello reddituale, non sempre coincide con quello desiderato dall’impresa. Si pone cioè l’esigenza di identificare dapprima, e attivare poi, delle scelte di gestione in grado di incrementare le disponibilità finanziarie a sostegno della crescita aziendale. A tal fine le alternative disponibili possono essere ricondotte entro due principali categorie. Una prima ricomprende le azioni che consentono di incrementare la capacità di autofinanziamento dell’impresa, innalzando in tal modo il tasso di sviluppo dei mezzi propri per via interna. Sono da considerarsi come tali le iniziative che consentono di: 1. migliorare il rendimento della gestione operativa (ROA); 2. ridurre il tasso di distribuzione degli utili (d); 3. ridurre il costo medio del debito (i); 4. ridurre il peso della variabile fiscale (t). 41 Gestione finanziaria Il tasso di sviluppo sostenibile ed il tasso desiderabile nel modello reddituale La seconda categoria di azioni è invece rappresentata dall’insieme di interventi finalizzati ad incrementare, rispetto a quanto inizialmente programmato, il volume di risorse che possono essere reperite esternamente. In tale ambito è possibile identificare due diversi comportamenti aziendali. 1. Incrementare l’entità dei nuovi mezzi propri a pagamento, mantenendo nel contempo invariato il rapporto di indebitamento. L’ammontare del nuovo debito da negoziare viene, infatti, definito sulla base della crescita percentuale della dotazione patrimoniale, in modo tale da lasciare immutata la struttura finanziaria dell’impresa. 2. Rimuovere, ove possibile, il vincolo posto dal rapporto di indebitamento, procedendo ad un suo innalzamento, tale da consentire la coincidenza tra il tasso sostenibile e quello desiderato. Ad evidenza questa seconda alternativa non pare del tutto equivalente alla prima. Essa comporta una accentuazione del rischio finanziario gravante sull’impresa. 42 Gestione finanziaria Il tasso di sviluppo sostenibile ed il tasso desiderabile nel modello reddituale Nel concreto, l’attivazione sia di azioni che mirano a realizzare l’accrescimento dell’autofinanziamento, sia di quelle che puntano ad incrementare le risorse apportate dall’esterno, non è sempre agevole. Nel seguito si ipotizza che una impresa voglia innalzare il proprio tasso di sviluppo sostenibile (g1) al livello tasso di sviluppo desiderato (g2) così come descritto nel grafico seguente. Quest’ultimo viene costruito riportando sull’asse delle ordinate il tasso di sviluppo del capitale investito e sull’asse delle ascisse il rapporto di indebitamento e assumendo, almeno inizialmente, che al mutare di quest’ultimo non si osservino variazioni nelle altre determinanti della crescita aziendale. Ne deriva così la rappresentazione di una retta con pendenza positiva pari a (ROA − i ) × (1 − t ) × (1 − d ) ed intercetta pari a Y1 = ROA × (1 − t ) × (1 − d ) + NMP . MPt −1 Le scelte effettuabili per incrementare il tasso di sviluppo sostenibile che vengono esplicitate nella rappresentazione grafica sono poi costituite dalle azioni sulla redditività operativa, sulla politica dei dividendi, sul capitale di rischio sottoscritto esternamente, e, infine, sul rapporto di indebitamento. 43 Gestione finanziaria Allineamento del tasso di sviluppo sostenibile al tasso desiderato Divario dovuto all’incremento di i a seguito della g crescita del rapporto di indebitamento g2 A D Y2 g1 B C Y1 SF1 SF2 MT/MP Retta conseguente all’attivazione dell’azione n. 1 o n. 2 Retta conseguente all’attivazione dell’azione n. 3 L’azione n. 4 genera uno spostamento lungo la retta originaria dello sviluppo sostenibile sino al raggiungimento del punto D 44 Gestione finanziaria Azione n. 1: l’incremento della redditività operativa Il miglioramento del tasso di redditività operativa genera: 1. uno spostamento verso l’alto della retta 2. una accentuazione della sua pendenza. Questo spostamento denota per l’appunto che, nonostante l’incremento subito da g, rimane invariato il rapporto tra il capitale di debito ed il capitale proprio, sul valore indicato nel grafico con SF1. Tuttavia, le difficoltà da superare per poter realizzare questo percorso strategico emergono non appena si considerano le variabili sulle quali occorrerebbe agire per incrementare la redditività operativa, ossia il tasso ⎛V ⎞ di rotazione del capitale investito ⎜ ⎟ ed il tasso di redditività delle vendite ⎝ CI ⎠ ⎛ RO ⎞ ⎜ ⎟. ⎝ V ⎠ 45 Gestione finanziaria Azione n. 1: l’incremento della redditività operativa Consideriamo innanzitutto la prima variabile, espressa secondo la formula seguente: V 1 = CI CF + CCL V V dove CF indica il capitale fisso e CCL il capitale circolante lordo. Questa modalità di rappresentazione del tasso di rotazione del capitale investito, consente di evidenziare che un suo eventuale aumento richiederebbe: ⎛ CF ⎞ 1. una riduzione dell’intensità del capitale fisso ⎜ ⎟ e/o ⎝ V ⎠ ⎛ CCL ⎞ 2. una riduzione di quella del capitale circolante lordo ⎜ ⎟. ⎝ V ⎠ 46 Gestione finanziaria Azione n. 1: l’incremento della redditività operativa La riduzione della prima variabile potrebbe essere agevolmente realizzata se l’impresa disponesse di capacità produttiva non ancora pienamente utilizzata, dato che il suo sfruttamento condurrebbe inevitabilmente ad un aumento del fatturato più che proporzionale rispetto a quello dell’attivo fisso. Alternativamente, il contenimento del rapporto in esame potrebbe essere conseguito soltanto tramite un utilizzo più efficiente delle attività fisse a disposizione, a seguito di un miglioramento della tecnologia e/o dell’organizzazione del processo produttivo, che pare però difficilmente realizzabile nel breve periodo. La riduzione invece dell’incidenza del circolante per unità di vendita, richiama problematiche concernenti la gestione della politica commerciale, vale a dire le scelte di gestione del magazzino e delle complessive relazioni con i clienti e con i fornitori. In tale ambito, le possibilità di intervento da parte dell’azienda risultano spesso contenute, in quanto vincolate sia dalle caratteristiche del processo produttivo posto in essere, sia dalla forza contrattuale delle parti con le quali si intrattengono rapporti di scambio, che possono ad esempio rendere inopportuno il mutamento dei tempi medi di pagamento concessi. 47 Gestione finanziaria Azione n. 1: l’incremento della redditività operativa Passando all’esame delle scelte di gestione che è necessario intraprendere per il miglioramento del tasso di redditività delle vendite, possiamo esprimere la variabile in esame nel modo seguente: CV × Q + CF RO V − Cop P × Q − CVu × Q − CF = = = 1− u V V P×Q P×Q L’incremento della redditività delle vendite potrebbe pertanto essere realizzato: 1. aumentando i prezzi unitari (P); 2. aumentando le quantità collocate sul mercato (Q), 3. riducendo il peso dei costi operativi per unità di vendita (Cop/V), attraverso il miglioramento dell’efficienza nella conduzione della gestione caratteristica. Ciascuna delle alternative indicate presenta, tuttavia, alcune difficoltà di attuazione. 48 Gestione finanziaria Azione n. 1: l’incremento della redditività operativa L’aumento del prezzo unitario del prodotto venduto dovrebbe ad esempio essere fissato tenendo conto degli effetti generati da una tale scelta sulle quantità collocate sul mercato. Questi effetti, a loro volta, devono essere quantificati avendo cura di considerare le politiche di prezzo adottate dai più diretti concorrenti. L’accrescimento delle quote di mercato, oltre quanto inizialmente stabilito nel piano di crescita, potrebbe invece rivelarsi assai difficoltoso, dato che in tale ambito le possibilità a disposizione dell’impresa paiono solamente due. La prima prevede uno sviluppo dell’attività privilegiando le combinazioni prodotto-mercato già in essere. La seconda prevede l’adozione di scelte di differenziazione e/o diversificazione della propria attività, che paiono però anch’esse attuabili soltanto in un orizzonte temporale medio-lungo. Relativamente infine al contenimento dell’entità dei costi operativi per unità di ricavo, si noti come esso possa derivare dall’accrescimento delle quantità prodotte per effetto della riduzione del peso della componente fissa dei costi di produzione. A favorire una tale compressione possono però contribuire azioni volte a migliorare l’efficienza nell’utilizzo dei fattori produttivi, ivi incluso il fattore lavoro. Queste ultime tendono, tuttavia, ancora una volta a dispiegare i loro effetti in prevalenza nel medio periodo. 49 Gestione finanziaria Esempio: tasso di sviluppo sostenibile e crescita della redditività Ipotizziamo ora che l’impresa Alfa ritenga di poter incrementare il reddito operativo da 20 a 25. L’autofinanziamento a lordo dei dividendi è quindi pari a 25 – 7,5 – 0,40 × (25-7,5) = 10,5, mentre l’autofinanziamento netto è pari a 10,5- 0,40 × 10,5 = 6,3. Il capitale proprio può dunque crescere nel periodo del 25,2% (da 25 a 31,3). La struttura patrimoniale muta come segue. t-1 Capitale t Passivo investito 100 Capitale Passivo investito Mezzi 25 Mezzi propri propri Mezzi 75 125,2 25+6,3 Mezzi 75+18,9 di di terzi terzi L’incremento dei debiti, pari a 18,9, viene ancora una volta determinato in modo tale da lasciare inalterato a 3 il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri. Analogo risultato potrebbe essere ottenuto attraverso l’applicazione della formula estesa del tasso di sviluppo sostenibile: NMPt MT ⎤ ⎡ ( ) ( ) g = ⎢ ROA + (ROA − i ) × t d × 1 − × 1 − + = [0,25 + (0,25 − 0,10 ) × 3]× 0,60 × 0,60 = 25,3% ⎥ MP MP ⎣ ⎦ t −1 50 Gestione finanziaria Azione n. 2: riduzione del tasso di distribuzione degli utili La decisione dell’impresa di ridurre il tasso di distribuzione degli utili genera sulla retta dello sviluppo sostenibile effetti analoghi a quelli prodotti dal miglioramento del ROA. La retta si sposta cioè verso l’alto, a seguito dell’incremento del valore dell’intercetta, evidenziando inoltre un maggiore coefficiente angolare. Contrariamente però a quanto emerge esaminando la prima azione strategica a disposizione dell’impresa, questa seconda azione è sicuramente di più agevole implementazione nel breve periodo. I vincoli che si possono incontrare nella sua predisposizione sono riconducibili: 1. alle aspettative di rendimento degli azionisti 2. agli eventuali effetti indotti sulla capacità dell’impresa di attrarre nuovo capitale di rischio dall’esterno. 51 Gestione finanziaria Esempio: tasso di sviluppo sostenibile e riduzione del tasso di distribuzione degli utili Si riprenda la situazione iniziale dell’impresa Alfa e si ipotizzi che il tasso di distribuzione degli utili sia ora del 20%, mantenendo invariate tutte le altre determinanti della crescita aziendale. In questo caso il tasso g assume il seguente valore g = [0,20 + (0,20 − 0,10 ) × 3]× 0,60 × 0,80 = 0,24 = 24% La struttura patrimoniale dell’impresa di modica pertanto nel modo seguente: t-1 Capitale t Passivo Capitale investito investito Mezzi 100 Passivo 25 propri Mezzi Mezzi 124 75 di terzi 25+6 propri Mezzi 75+18 di terzi Anche questa volta, l’incremento dei debiti, pari a 18, viene determinato in modo tale da lasciare inalterato a 3 il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri. 52 Gestione finanziaria Azione n. 3: incremento del volume dei nuovi mezzi propri L’aumento del volume del capitale proprio conferito, determina uno spostamento parallelo della retta dello sviluppo sostenibile. Questa scelta strategica non è però di agevole attuazione, ma al contrario la sua fattibilità risente fortemente delle caratteristiche dimensionali dell’impresa interessata dal programma di sviluppo. Sotto questo profilo si consideri che le unità produttive di piccola dimensione sono spesso contrarie all’apertura del capitale sociale a terzi, risultando così il loro rafforzamento patrimoniale condizionato dalle sole disponibilità finanziarie dei soci fondatori. Inoltre, anche ipotizzando che vengano meno questi ostacoli di natura interna, l’impresa in esame si troverebbe poi a fronteggiare vincoli di natura esterna rappresentati dalla scarsa presenza sui mercati finanziari di alternative di capitalizzazione accessibili alle piccole unità produttive. 53 Gestione finanziaria Esempio: tasso di sviluppo sostenibile e conferimenti di mezzi propri Si riprenda la situazione iniziale dell’impresa Alfa e si ipotizzi che gli apporti esterni di capitale proprio siano pari al 4% della consistenza risultante dal precedente esercizio. Il tasso di sviluppo sostenibile diviene pertanto il seguente: g = [0,20 + (0,20 − 0,10 ) × 3] × 0,60 × 0,60 + 0,04 = 22% t-1 Capitale t Passivo investito 100 Capitale Passivo investito Mezzi 25 Mezzi 25+5,5 propri propri Mezzi 75 122 Mezzi 75+16,5 di di terzi terzi Anche questa volta, l’incremento dei debiti, pari a 16,5, viene determinato in modo tale da lasciare inalterato a 3 il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri. 54 Gestione finanziaria Azione n. 4: aumento del rapporto di indebitamento Contrariamente alle altre alternative sinora esaminate, l’incremento del rapporto di indebitamento (da SF1 a SF2 nella rappresentazione grafica) determina il raggiungimento del tasso di sviluppo desiderato per effetto di uno spostamento lungo la retta originaria dello sviluppo sostenibile. Questo spostamento può essere conseguito nel breve periodo più agevolmente rispetto alla gran parte delle possibilità alternative descritte in precedenza. Tutto ciò a patto che l’azienda non abbia già una esposizione debitoria molto elevata, tale da impedirne l’ulteriore accesso al credito a condizioni ritenute soddisfacenti. Il ricorso a questa scelta strategica deve però avvenire nella consapevolezza che: 1. l’utilizzo della leva finanziaria può accrescere anche in modo sostanziale il rischio finanziario a carico dell’azienda; 2. il rapporto di indebitamento non dovrebbe in ogni caso essere incrementato qualora, per effetto di questa scelta, il costo medio del capitale complessivamente preso a prestito dovesse risultare superiore alla redditività prodotta dalla gestione caratteristica corrente. 55 Gestione finanziaria Azione n. 4: aumento del rapporto di indebitamento 3. l’impresa ha l’esigenza di operare in una condizione di economicità, condizione questa che viene salvaguardata soltanto se il rapporto tra gli oneri finanziari sostenuti nell’esercizio ed il reddito operativo (RO) risulta inferiore all’unità. Ne deriva che il volume complessivo dei debiti non deve mai raggiungere il valore limite espresso dal rapporto tra RO ed il costo medio del capitale di debito; 4. è opportuno considerare il grado di variabilità potenziale degli oneri finanziari e del reddito operativo, al fine di verificare la probabilità che si manifestino movimenti di segno opposto nelle due quantità indicate che hanno l’effetto di amplificare le possibili variazioni del risultato d’esercizio; 5. è opportuno infine osservare come, proprio a seguito dell’effetto che l’incremento del debito genera sul rischio d’impresa, non può ritenersi realistica l’ipotesi che il tasso di sviluppo sostenibile mostri un legame lineare rispetto al rapporto di indebitamento. Ciò implica, infatti, che all’accentuarsi dello sfruttamento della leva finanziaria il costo medio dei debiti non subisca alcuna variazione. 56 Gestione finanziaria Esempio: tasso di sviluppo sostenibile e incremento della leva finanziaria Riprendiamo lo stato patrimoniale dell’impresa Alfa discusso nel primo esempio. t-1 Capitale t Passivo Capitale investito investito Mezzi 25 Mezzi propri 100 Passivo Mezzi di terzi 25+4,5 propri 75 118 Mezzi 75,5+13,5 di terzi Supponiamo che l’impresa voglia conseguire un tasso di crescita superiore al 18%, abbandonando il vincolo rappresentato da un rapporto di indebitamento che deve risultare pari a 3. Il modello non è però in grado di quantificare in modo esatto l’effetto che questa scelta strategica genera in termini di leva finanziaria finale. Ipotizzando che la crescita desiderata dall’impresa comporti una variazione del capitale investito da 100 a 125 si potrebbe infatti pensare che, rispetto alla situazione precedente, sia sufficiente aumentare il volume dei debiti da 13,5 a 20,5. In realtà questa ipotesi non considera l’impatto che le modifiche della struttura finanziaria producono sull’autofinanziamento. Ritenere che un mutamento del rapporto di indebitamento non influenzi l’entità dell’autofinanziamento conduce cioè ad una stima approssimativa della struttura finanziaria di fine periodo. 57 Gestione finanziaria I limiti del modello reddituale Il modello nella sua formulazione originaria: 1. non fornisce informazioni riguardo alle determinanti del fabbisogno di capitale ed in particolare sui legami con la dinamica attesa del fatturato dell’impresa; 2. non distingue all’interno dei mezzi di terzi la “componente onerosa” da quella rappresentata da passività correnti non esplicitamente onerose; 3. non è in grado di fornire il valore del rapporto MT/MP di fine esercizio, necessario ad allineare il tasso di crescita sostenibile a quello desiderato. Esso consente soltanto di determinare la struttura finanziaria che, se inizialmente adottata dall’impresa, avrebbe consentito il raggiungimento del tasso desiderato; 4. ipotizza che l’espansione dell’indebitamento avvenga alla fine dell’anno e che gli oneri finanziari gravanti sull’impresa vengano generati soltanto dallo stock di debiti in essere alla fine dell’anno precedente; 5. giudica finanziariamente sostenibile un piano di sviluppo che non modifica il rapporto MT/MP, non considerando che ciò può avvenire a fronte di un incremento sostanziale del valore assoluto dei debiti; 6. è di tipo “uniperiodale”, non restituendo così dati di fine periodo utili a riproporre l’analisi per gli esercizi successivi. 58 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria descrive l’evoluzione dimensionale dell’impresa prendendo come variabile di riferimento il volume delle vendite. Si ipotizza che il management intenda conseguire un obiettivo di sviluppo del fatturato in un dato periodo temporale (∆V), e che valuti la sostenibilità del programma strategico in base alla capacità dell’azienda di soddisfare il fabbisogno finanziario addizionale conseguente alla crescita dimensionale. Questo fabbisogno viene definito dal complesso dei nuovi investimenti in capitale fisso (CFL) ed in capitale circolante netto (CCN) che devono essere effettuati per poter raggiungere la crescita programmata. Contrariamente al modello in chiave reddituale, l’impostazione in oggetto misura il capitale investito in termini operativi, vale a dire come somma del capitale fisso e del capitale circolante lordo al netto delle passività correnti, lasciando dal lato del passivo soltanto le poste rappresentate dai mezzi propri e dai debiti aventi natura finanziaria. 59 Gestione finanziaria Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria L’implementazione di questo secondo modello richiede la stima di sole due variabili: 1. l’intensità di capitale incrementale; 2. la capacità di autofinanziamento dell’impresa. La prima variabile (IC) si ottiene rapportando l’incremento subito dal capitale investito (∆CI) a quello rilevato nelle vendite (∆V) in un periodo temporale di riferimento: IC = ΔCI ΔCFL ΔCCN + = ΔV ΔV ΔV Questo indicatore misura pertanto il valore degli investimenti addizionali che l’impresa deve sostenere per poter realizzare una unità aggiuntiva di fatturato. 60 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Gli investimenti devono essere quantificati nei termini dell’effettivo esborso monetario gravante sull’impresa. Conseguentemente, occorre considerare gli investimenti in immobilizzazioni tecniche al lordo delle rettifiche dovute agli ammortamenti. La loro entità deve poi essere quantificata avendo cura di distinguere la componente di rinnovo, necessaria per il mantenimento del livello produttivo in essere, e come tale non riconducibile alla strategia di sviluppo dimensionale, dalla componente per ampliamento, indispensabile invece per l’incremento delle quote di mercato. In assenza della citata distinzione, e considerando l’intero investimento in capitale fisso come parte integrante del capitale incrementale, si giungerebbe a sovrastimare il fabbisogno di risorse imputabile al solo programma strategico che l’impresa intende attivare. 61 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Il prodotto tra il valore dell’intensità di capitale incrementale, misurato nel modo appena descritto, e la variazione percentuale del volume dei ricavi (TSV), consente di quantificare una prima grandezza finanziaria che assume rilevanza nell’ambito della valutazione della sostenibilità del programma strategico, vale a dire il fabbisogno finanziario addizionale (FFA) per unità di vendita: ΔCI FFAt ⎛ ΔCFL ΔCCN ⎞ = TSV × IC = TSV × = TSV × ⎜ + ⎟ ΔV Δ Vt −1 V ΔV ⎠ ⎝ Esso esprime, in percentuale rispetto al fatturato dell’esercizio appena concluso, Vt-1, il capitale aggiuntivo che l’impresa deve reperire al fine di sostenere la crescita del volume delle vendite. 62 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Se si intende quantificare questo fabbisogno in valore assoluto, è sufficiente moltiplicare entrambi in membri dell’equazione precedente per il volume dei ricavi relativo all’ultimo periodo amministrativo, come evidenziato nella formula seguente: FFAt = Vt −1 × TSV × ΔCI ⎛ ΔCFL ΔCCN ⎞ = Vt −1 × TSV × ⎜ + ⎟ V ΔV Δ ΔV ⎠ ⎝ Si noti come il fattore “intensità di capitale incrementale” agisca da moltiplicatore del fabbisogno finanziario addizionale, a motivo della sua capacità di rappresentare il complessivo grado di efficienza dei processi produttivi posti in essere dall’impresa. In altre parole, un suo incremento, indicativo di un maggior assorbimento di capitale dovuto alla crescita di una unità nel volume dei ricavi, conduce inevitabilmente ad ampliare l’entità degli investimenti necessari a realizzare lo sviluppo programmato. 63 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio: il fabbisogno finanziario incrementale L’impresa Alfa ha conseguito nell’esercizio appena concluso un fatturato di 100 mila Euro. Le previsioni indicano una crescita per l’anno in corso del 20%. Considerato che l’intensità di capitale incrementale si ritiene possa attestarsi su un valore pari a 2, l’impresa stima il proprio fabbisogno finanziario incrementale (in migliaia di Euro) nel modo seguente: FFAt = Vt −1 × TSV × ΔCI = 100 × 0,20 × 2 = 40 ΔV L’impresa deve pertanto reperire 40.000 Euro di risorse finanziarie per sostenere lo sviluppo delle vendite. 64 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Con riferimento alla seconda variabile che occorre stimare per l’implementazione del modello, si osserva come non esista una definizione di autofinanziamento univocamente utilizzata a cui potersi riferire. Quella che è coerente con la quantificazione degli investimenti addizionali che noi adottiamo, definisce l’autofinanziamento (AFL) come somma del risultato dell’esercizio, degli ammortamenti, al netto delle spese per rinnovo e sostituzione delle attività fisse e dei dividendi distribuiti ai soci. Come illustrato nella tabella che segue, si tratta di una modalità di misurazione dell’autofinanziamento aziendale che conduce ad una quantità che non può essere del tutto assimilata né al flusso di capitale circolante netto della gestione corrente né al flusso di cassa prodotto dalla stessa gestione. 65 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Relazione tra flussi finanziari della gestione corrente e autofinanziamento lordo del modello finanziario Flussi di cassa (metodo indiretto) Calcolo dell’autofinanziamento lordo nel modello finanziario FCCN = Reddito netto + AMM. + Oneri FCCN = Reddito netto + AMM. + Oneri finanziari finanziari -∆ CCN - Oneri finanziari = Flusso di cassa della gestione corrente - Dividendi - Investimenti per rinnovo e sostituzione CF - Investimenti per rinnovo e sostituzione CF - Investimenti per ampliamento = Autofinanziamento lordo (AFL) - Oneri finanziari -∆ CCN -Dividendi - Investimenti per ampliamento = Fabbisogno esterno/Surplus finanziario = Fabbisogno esterno/Surplus finanziario 66 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Rispetto al primo flusso ricordato l’autofinanziamento del modello finanziario si differenzia per l’inclusione di uscite monetarie che non sono riconducibili all’attività tipica dell’impresa, come quelle derivanti dal pagamento degli oneri finanziari, dalla distribuzione di dividendi, e dagli investimenti necessari a mantenere invariata la capacità produttiva (investimenti per rinnovo e sostituzione del capitale fisso). Rispetto al flusso di cassa prodotto dalla gestione corrente, detta quantità non considera poi anche l’assorbimento di risorse finanziarie dovuto alla variazione del circolante netto (∆Attività correnti ∆Passività correnti). Nel modello le risorse finanziarie assorbite da questa variazione, nonché dagli investimenti per ampliamento, vengono infatti misurate tramite il prodotto tra la variabile “intensità di capitale incrementale” e la variabile “tasso di sviluppo delle vendite”. 67 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria La differenza tra il fabbisogno finanziario addizionale e l’autofinanziamento lordo così definito, consente di misurare il fabbisogno finanziario esterno (FFE) generato dalla strategia di crescita. Quest’ultimo esprime l’ammontare di risorse finanziarie che l’impresa ha necessità di reperire nella forma di nuovi conferimenti di capitale di rischio e/o di nuovi finanziamenti a titolo di debito, per poter conseguire l’equilibrio finanziario dinamico una volta attivato il programma di sviluppo. Più in particolare, se espresso per unità di vendita il fabbisogno finanziario esterno risulta pari a: FFEt ΔCI AFLt ⎛ ΔCFL ΔCCN ⎞ AFLt − = TSV × ⎜ = TSV × + ⎟− Vt −1 ΔV Vt −1 Δ V V Δ ⎠ Vt −1 ⎝ Se misurato invece in valore assoluto, lo stesso fabbisogno viene quantificato attraverso al formula che segue: FFEt = Vt −1 × TSV × ΔCI ⎛ ΔCFL ΔCCN ⎞ − AFLt = Vt −1 × TSV × ⎜ + ⎟ − AFLt ΔV Δ V V Δ ⎠ ⎝ 68 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il fabbisogno finanziario esterno L’impresa Beta ha elaborato le seguenti previsioni economiche per l’anno t: t-1 t Ricavi di vendita 100 120 - Costi monetari -50 -60 - Ammortamenti -20 -25 - Oneri finanziari -10 -10 -5 -5 15 20 - Imposte Nel corso dell’anno in esame, si prevede che l’impresa sostenga nuovi investimenti in capitale fisso per 35, necessari per l’ampliamento della struttura produttiva, e distribuisca dividendi per 5. Tutto ciò conduce alla seguente evoluzione della struttura patrimoniale: t-1 Capitale fisso Attivo corrente t 100 50 t-1 110 Mezzi propri 70 Debiti correnti Debiti finanziari 150 180 t 75 90 25 30 50 60 150 180 69 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il fabbisogno finanziario esterno Il preventivo finanziario è invece così sintetizzabile: Flussi di cassa FCCN = Reddito netto + AMM. + Oneri finanziari 20 + 25 + 10 = 55 ∆ Attività correnti - 20 ∆ Debiti correnti +5 = Flusso di cassa della gestione corrente 40 - Investimenti per ampliamento -35 - Oneri finanziari -10 -Dividendi -5 = Fabbisogno esterno (-)/Surplus finanziario (+) -10 ∆ Debiti finanziari +10 70 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il fabbisogno finanziario esterno La quantificazione nel fabbisogno finanziario esterno può essere determinata utilizzando il modello di sviluppo in chiave finanziaria. In particolare è noto che: Autofinanziamento lordo = utile netto + ammortamenti – dividendi distribuiti = 20 +25 -5 = 40 ∆ CCN = 20 -5 = 15 ∆ CF (nuovi investimenti che si ipotizzano motivati dall’esigenza di accrescere la capacità produttiva dell’impresa) = 35 TSV = (120-100)/100=20%. Il fabbisogno esterno per unità di vendita può essere dunque misurato nel modo seguente: ⎛ ΔCC ΔCF ⎞ AFL ⎛ 15 35 ⎞ 40 TSV × ⎜ + = 20% × ⎜ + ⎟ − = 0,10 . ⎟− ΔV ⎠ Vt −1 ⎝ 20 20 ⎠ 100 ⎝ ΔV Il fabbisogno finanziario esterno complessivo è pertanto pari a 10 Euro (0,10 × 100). 71 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Stante tale quadro di riferimento, la sostenibilità finanziaria della crescita dimensionale dipende dalla capacità dell’impresa di mobilitare le risorse necessarie al soddisfacimento del fabbisogno finanziario esterno generato dal piano di sviluppo. In altre parole il programma strategico è sostenibile se è realizzabile una copertura integrale del fabbisogno esterno avvalendosi di risorse che possono essere conferite a titolo di capitale di rischio (NMP), o negoziate come nuovo debito finanziario ( ΔDEBF ). Pertanto, la condizione di “sostenibilità finanziaria” può essere formalizzata nel modo seguente: FFEt = NMPt + ΔDEBF 72 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Se ipotizziamo allora che sia nota l’entità delle risorse finanziarie che l’impresa è in grado di reperire dall’esterno, indicata nel seguito con K, diviene possibile stabilire il valore del tasso di sviluppo finanziariamente compatibile ( TSVs ) con le complessive potenzialità di finanziamento, interne ed esterne, dell’impresa e con il livello di intensità di capitale incrementale dalla stessa mostrato. Più in particolare, considerando la modalità di quantificazione del fabbisogno esterno in precedenza descritta, si può ridefinire la condizione di “sostenibilità” del piano di sviluppo tramite la formula successiva: ΔCI AFLt FFEt K = t = TSVs × − ΔV Vt −1 Vt −1 Vt −1 Da cui esplicitando in funzione di TSVs, si ottiene il tasso di crescita del volume delle vendite che appare finanziarmene sostenibile, assumendo come data la capacità di autofinanziamento e di raccolta di risorse esterne dell’impresa: TSVs = ⎛K 1 AFLt ⎞ ⎟⎟ × ⎜⎜ t + Δ CI ⎛ ⎞ ⎝ Vt −1 Vt −1 ⎠ ⎟ ⎜ ⎝ ΔV ⎠ 73 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il modello di sviluppo sostenibile in chiave finanziaria Pertanto, se l’impresa non ha la possibilità di ottenere risorse finanziarie dall’esterno (K=0) lo sviluppo sostenibile è quello che non genera alcun fabbisogno finanziario esterno. L’impresa deve mostrare cioè una condizione di autosufficienza finanziaria espressa attraverso la capacità di coprire dall’interno l’intero fabbisogno addizionale determinato dall’accrescimento del volume delle vendite. Al contrario, all’aumentare del volume di risorse che l’impresa è potenzialmente in grado di mobilitare dall’esterno, si assiste anche ad un incremento del tasso di sviluppo dei ricavi che può essere ritenuto sostenibile dal punto di vista finanziario. 74 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il tasso di sviluppo sostenibile nel modello finanziario Supponiamo che l’impresa Alfa chiuda l’esercizio con un fatturato di 100.000 Euro e voglia determinare il tasso di sviluppo delle vendite finanziariamente sostenibile per l’anno seguente, in presenza di una intensità di capitale incrementale di valore pari a 2, di un autofinanziamento e di un volume addizionale di risorse esterne che risultano pari, rispettivamente, al 10% e al 4% del valore dell’ultimo fatturato. Applicando la formula descritta nel testo si ottiene il seguente tasso di sviluppo sostenibile: TSVs = ⎛K 1 AFLt ⎞ 1 ⎟⎟ = × (4% + 10% ) = 7% × ⎜⎜ t + Δ CI Vt −1 ⎠ 2 ⎛ ⎞ ⎝ Vt −1 ⎜ ⎟ ⎝ ΔV ⎠ 75 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il tasso di sviluppo sostenibile ed il tasso desiderabile nel modello finanziario Analogamente a quanto evidenziato nell’analisi del modello reddituale, anche il tasso di sviluppo del volume delle vendite che è sostenibile secondo i criteri fissati nel modello finanziario può rivelarsi inferiore rispetto a quello desiderato dall’impresa. In tale eventualità, se il management non intende rinunciare alla strategia programmata può comunque ricorrere a scelte di gestione, schematizzate nella figura che segue, atte a garantire il riallineamento tra i due tassi considerati. 76 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Variazioni delle variabili del modello “finanziario” che determinano un incremento del tasso di crescita sostenibile IC Si riduce il fabbisogno finanziario addizionale Aumenta TSV AFL Aumenta la disponibilità di K risorse finanziarie 77 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Variazioni delle variabili del modello “finanziario” che determinano un incremento del tasso di crescita sostenibile I comportamenti aziendali attivabili possono essere ricondotti a due tipologie. 1. riduzione dell’intensità di capitale incrementale, nell’intento di giungere ad una compressione del fabbisogno addizionale prodotto dalla strategia di crescita. L’impresa interviene cioè sulle determinanti dell’entità del fabbisogno aggiuntivo e non tenta quindi di agire sulle proprie potenzialità di copertura finanziaria. Riguardo agli strumenti utilizzabili per il raggiungimento dell’obiettivo si ripropongono integralmente le considerazioni già svolte in precedenza in tema di riduzione del turnover del capitale investito. 2. puntare ad incrementare le risorse finanziarie utilizzabili per la copertura del fabbisogno finanziario addizionale. Contrariamente alla prima ipotesi, l’impresa tenta ora di agire sulle proprie opportunità di finanziamento, mantenendo invariato il fabbisogno aggiuntivo generato dalla crescita del volume d’affari. 78 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Variazioni delle variabili del modello “finanziario” che determinano un incremento del tasso di crescita sostenibile Per poter conseguire questo obiettivo si può ricorrere a due differenti percorsi strategici, che a ben vedere non si escludono a vicenda, ma al contrario possono tra loro combinarsi. 1. accrescere le risorse finanziarie prodotte internamente per effetto di un miglioramento dell’autofinanziamento lordo. Considerata la natura della quantità in esame, questa possibilità è in prima approssimazione conseguibile attraverso un miglioramento delle condizioni reddituali della gestione caratteristica corrente, ovvero attraverso una riduzione del tasso di distribuzione degli utili. Gli ostacoli da affrontare nell’implementazione di questo comportamento strategico sono dunque in prevalenza quelli associati all’innalzamento del rendimento della gestione aziendale, anch’essi descritti in precedenza. 2 accrescere le risorse finanziarie a disposizione per via esterna. Questa possibilità si ricollega alla capacità dell’impresa di attrarre nuovo capitale di rischio e/o di accrescere la propria attrattività nei confronti dei creditori. Ad influenzare l’attivazione di questo percorso strategico sono in particolare le condizioni di equilibrio finanziario di struttura che, tuttavia, non vengono esplicitamente considerate nel modello in chiave finanziaria. 79 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I limiti del modello finanziario Questo secondo modello di sviluppo sostenibile, sebbene appezzabile in quanto caratterizzato dall’utilizzo di un ristretto numero di variabili esplicative, appare anch’esso contraddistinto da alcuni limiti di natura applicativa. In tal senso i più rilevanti appaiono due: 1. complessità del processo di stima degli investimenti in capitale fisso generati dallo sviluppo dimensionale, dunque imputabili al solo programma strategico. La stessa definizione dell’autofinanziamento prodotto dall’impresa deve risultare coerente con l’impostazione metodologica adottata nella stima degli investimenti. 2 mancata considerazione dell’evoluzione delle condizioni di struttura finanziaria proprie dell’impresa a seguito dello sviluppo della dimensione del fatturato. Questa carenza informativa assume particolare rilevanza quando la strategia di crescita ricercata dal management ponga la necessità di fronteggiare anche un fabbisogno finanziario di natura esterna. 80 Gestione finanziaria e valutaria di progetti 3. L’analisi degli investimenti in condizioni di certezza 81 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I criteri per la valutazione degli investimenti secondo l’ottica finanziaria Dal corso triennale sappiamo che la valutazione di un investimento (secondo un’ottica finanziaria) può essere effettuata utilizzando tre metodi: 1. Il valore attuale netto (VAN); 2. Il tasso interno di rendimento (TIR); 3. L’indice di rendimento attualizzato (IRA) 82 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il valore attuale netto (VAN): riepilogo concetti di base Rappresenta il criterio più ampiamente e proficuamente utilizzabile nella valutazione degli investimenti. Esso considera: 1. Entità dei flussi di cassa assorbiti e generati dall’investimento; 2. Distribuzione temporale degli stessi flussi; 3. Valore finanziario del tempo. Per il calcolo del VAN la formula da utilizzare è la seguente: Ft − F0 t t =1 (1 + k ) n VAN = ∑ Se l’investimento prevede una serie iniziale di flussi di cassa negativi, che si protrae sino al tempo s, la formula deve essere modificata nel modo seguente: s Ft Ft VAN = ∑ − ∑ t s t = s + 1 (1 + k ) t = 0 (1 + k ) n 83 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’interpretazione del valore attuale netto (VAN): riepilogo concetti di base Il VAN rappresenta la ricchezza incrementale generata da un progetto, espressa come se fosse immediatamente disponibile. Regola decisionale: dobbiamo accettare soltanto progetti di investimento che presentano un VAN positivo, che testimonia la capacità di un progetto di liberare flussi di dimensione sufficiente per: 1. ripagare l’esborso iniziale; 2. remunerare i capitali impiegati nell’operazione; 3. lasciare ancora risorse residue per ulteriori destinazioni. Attenzione: la formula del VAN implica che il reinvestimento dei flussi del progetto originario abbia luogo ad un tasso che coincide con il costo del capitale. 84 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il tasso interno di rendimento È quel tasso r che consente di eguagliare il valore attuale dei flussi in uscita al valore attuale dei flussi in entrata: ∑ F (1 + r ) − F = 0 n t =1 −t t 0 Rappresenta il costo massimo della raccolta che il progetto può sostenere affinché permanga la sua convenienza economica. Regola di decisione: si confronta il TIR con il costo del capitale, e si scelgono soltanto quei progetti che presentano un rendimento superiore a tale costo. In altre parole: TIR > WACC : il progetto è conveniente TIR < WACC : il progetto non è conveniente 85 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Riprendiamo il caso della Login SRL Progetto Anno 0 Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 A -1000 100 300 500 700 B -800 50 200 300 600 Ricerchiamo ora il TIR dei due progetti, mantenendo l’ipotesi di un costo del capitale pari al 10%. Progetto A 0 = −1000 + 100 300 500 700 + + + 2 3 4 1 + r (1 + r ) (1 + r ) (1 + r ) usando la funzione TIR.cost su excel si trova un valore pari a circa il 16,6% Progetto B 0 = −800 + 50 200 300 600 + + + 2 3 4 1 + r (1 + r ) (1 + r ) (1 + r ) usando la funzione TIR.cost su excel si trova un valore pari a circa il 12% 86 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR Nel caso di progetti che presentano una alternanza tra flussi di cassa negativi e flussi di cassa positivi può divenire impossibile individuare una unica soluzione per la formula del TIR. Si consideri ad esempio il seguente progetto di investimento: 0 Flussi 1 -800 2 6.000 -5.000 Per il calcolo del TIR è necessario ricercare quel tasso di sconto che soddisfa la seguente identità: 0= 6.000 5.000 − 800 + − 0 1 (1 + TIR ) (1 + TIR ) (1 + TIR )2 87 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR L’identità sopra riportata può anche essere riscritta nel modo seguente: 0= − 800 (1 + TIR )2 + 6.000 1 (1 + TIR )2 − 5.000 2 (1 + TIR )2 = 0 (1 + TIR ) (1 + TIR ) (1 + TIR ) 800(1 + TIR ) − 6.000(1 + TIR ) + 5.000 2 Questa è un’equazione di secondo grado della seguente forma: ax 2 + bx + c Questa equazione può essere risolta usando la seguente formula: − b ± b 2 − 4ac x= 2a 88 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR Nel nostro caso quindi il TIR, o più precisamente i due tassi interni di rendimento, possono essere computati come segue: 6.000 ± 6.000 2 − 4 × 800 × 5.000 1 + TIR = x = 1.600 1 + TIR = x = 6.000 ± 36.000.000 − 16.000.000 6.000 ± 4.472,14 = 1.600 1.600 Le soluzioni sono quindi: TIR1 = −4,5% TIR2 = 554% Occorre però rammentare che l’inversione nel segno dei flussi è una condizione necessaria ma non sufficiente affinché si abbiano TIR multipli. È necessario considerare anche l’entità dei flussi. Se infatti la quantità sotto radice fosse stata pari a zero, il progetto avrebbe avuto un unico TIR, nonostante l’inversione nel segno dei flussi. 89 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR Il valore del TIR che otteniamo non rappresenta mai una misura puntuale della redditività del progetto considerato. Esso rappresenta invece il ritorno di una pluralità di investimenti. Ne deriva che il TIR non può essere utilizzato per comparare due o più investimenti, data la diversità di ipotesi relative al reimpiego dei flussi positivi generati dal progetto. In altre parole, con il metodo del TIR per le proposte con un elevato tasso interno di rendimento si ipotizza un elevato tasso di reinvestimento, mentre per le proposte che sono caratterizzate da un basso tasso di rendimento interno è conseguentemente basso il tasso di reinvestimento. 90 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR Sebbene, in genere, il metodo del TIR e quello del VAN portino ad accettare e rifiutare i medesimi progetti, nel caso di due proposte di investimento che sono reciprocamente esclusive i due metodi possono dare risultati contradditori, proprio a motivo della diversità relativa alle ipotesi di reinvestimento. Si consideri l’esempio che segue: 0 1 2 3 4 TIR VAN (10%) Progetto A -20.000 Progetto B -20.000 5.000 10.000 10.000 14.000 28,0% 9.885 0 5.000 10.000 28.000 24,6% 10.770 Il progetto A mostra un TIR notevolmente superiore a quello relativo al progetto B, che è invece preferibile in termini di ricchezza incrementale creata. 91 Gestione finanziaria e valutaria di progetti È possibile evitare questo errore? L’errore può essere evitato se si ipotizza che i flussi vengono reinvestiti ad uno stesso tasso, posto pari al costo del capitale: ∑ F (1 + k ) (1 + r ) − F = 0 n t =1 n −t t −n 0 L’equazione indica che per i flussi positivi, dal momento che vengono reinvestiti al tasso k, è necessario calcolarne il montante al tempo n per poi attualizzarli in base al tasso ricercato (TIR). 92 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Utilizzando la funzione TIR.Var su excel è possibile calcolare un tasso di rendimento depurato dall’ipotesi di reinvestimento dei flussi positivi ad un tasso pari al TIR, rendendo quindi possibile un confronto più attendibile tra i due progetti in precedenza considerati. Ipotizziamo che il reinvestimento avvenga ad un tasso pari al costo del capitale (10%). Progetto A ⎡ 4 Fc * (1 + 0,10)4 −t ⎤ (1 + r )− 4 − 20.000 = 0 t ⎢⎣∑ ⎥⎦ t =1 il nuovo Tir risulta pari a 21,6 % circa Progetto B ⎡ 4 Fc * (1 + 0,10)4 −t ⎤ (1 + r )− 4 − 20.000 = 0 t ⎢⎣∑ ⎥⎦ t =1 Il nuovo Tir risulta pari a 22,6 % circa. 93 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I problemi che possono sorgere utilizzando il TIR Altri problemi possono sorgere quando si confrontano investimenti contraddistinti da una scala dimensionale differente, dato che il TIR ignora la dimensione dell’investimento. Si consideri l’esempio che segue: 0 1 TIR VAN (10%) Progetto A -1000 1500 50% 363,64 Progetto B -5000 6250 25% 681,82 La seconda proposta è superiore in termini di ricchezza incrementale creata, nonostante il suo TIR sia pari alla metà del TIR della prima proposta. 94 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Indice di rendimento attualizzato (IRA) Un ultimo metodo utilizzabile per la valutazione degli investimenti è l’IRA. È il rapporto tra valore attuale dei flussi positivi generati dall’investimento e flusso iniziale (o valore attuale dei flussi in uscita): ∑ F (1 + k ) n IRA = t =1 −t t F0 In presenza di più flussi negativi la formula si modifica nel modo seguente: ∑ F (1 + k ) n IRA = t =1 −t t ∑ F ( ) (1 + k ) n t =0 −t t − Può essere interpretato come il numero di unità monetarie che possono essere generate per numero di unità investite. Si tratta pertanto di un indicatore utile a misurare l’efficienza dell’allocazione delle risorse monetarie. Regola decisionale: un progetto deve essere accettato quando l’IRA è superiore all’unità. 95 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Quando utilizziamo l’IRA? In presenza di progetti di investimento concorrenti e di carenza di risorse finanziarie per la realizzazione di tutti i progetti con VAN positivi. In questo caso è necessario individuare un ordine di priorità tra le alternative perseguibili, in modo da allocare efficientemente le risorse disponibili. Attenzione: Se vi fossero delle circostanze in cui la realizzazione degli investimenti con IRA più elevato comportasse un residuo di risorse finanziarie inutilizzate, l’operatore dovrà tentare di rivedere le proprie analisi, per verificare che l’eventuale attuazione di un progetto con IRA più contenuto non comporti una crescita complessiva in termini di VAN. Quindi la logica dell’efficienza nell’allocazione delle risorse non dovrà mai essere dominante rispetto a quella dell’efficacia. 96 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I flussi finanziari utilizzati per il calcolo del VAN, del TIR e dell’IRA I flussi devono essere: 1. Monetari (omogeneità rispetto all’esborso iniziale che è sempre di natura monetaria). 2. Differenziali (incrementali): occorre considerare la situazione dell’impresa in assenza del progetto, con quella conseguente alla realizzazione dello stesso. 3. Al netto delle conseguenze fiscali. 4. Al lordo degli oneri finanziari; detraendo gli oneri finanziari dai flussi di cassa si duplica l’effetto negativo prodotto dall’operazione di sconto. 97 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La determinazione dei flussi di cassa per la valutazione degli investimenti Si consideri la seguente rappresentazione del conto economico: Ricavi di vendita V - Costi variabili CV - Costi fissi monetari CF - Ammortamenti AMM = Reddito operativo RO - Oneri finanziari OF =Utile ante imposte =UAI - Imposte I Utile Netto UN 98 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La determinazione dei flussi di cassa per la valutazione degli investimenti 1. Determiniamo i flussi di cassa incrementali (al lordo delle imposte) generati dal progetto FCL = ΔV − ΔCV − ΔCF − ΔINV 2. Calcoliamo le imposte incrementali che l’impresa deve pagare nel caso effettui l’investimento ΔI = τ C (ΔV − ΔCV − ΔCF − ΔAMM ) dove τ C indica l’aliquota fiscale su redditi di impresa. 3. Calcoliamo il flusso di cassa incrementale netto FC = ΔV − ΔCV − ΔCF − ΔINV − τ C (ΔV − ΔCV − ΔCF − ΔAMM ) = (ΔV − ΔCV − ΔCF )(1 − τ c ) + τ c ΔAMM − ΔINV scudo fiscale generato dall’ammortamento 99 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il calcolo dei flussi differenziali Nonostante l’apparente semplicità, alcuni problemi applicativi possono sorgere con riferimento ai seguenti aspetti: 1. Il trattamento dei costi già sostenuti; anche se un costo avesse avuto manifestazione precedente all’atto della valutazione economica si potrebbe pensare di applicare correttamente la logica differenziale inserendo anche quel costo nel computo delle uscite imputabili al progetto. In realtà soltanto i costi che producono effetti successivi all’investimento hanno rilievo monetario differenziale. Il momento determinante per definire ciò che è rilevante sotto il profilo differenziale coincide con il momento della valutazione. 100 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il calcolo dei flussi differenziali 2. Il trattamento degli investimenti già realizzati; si pensi ad una azienda che intende realizzare un nuovo insediamento produttivo e sta valutando di utilizzare allo scopo un edificio acquisito in precedenza. Quale sarà il valore da imputare al progetto? Per trovare la soluzione occorre rispondere al seguente quesito: “a cosa si rinuncia per realizzare l’investimento?” A) Se l’alternativa all’utilizzo dell’immobile per il progetto in esame fosse la sua cessione, il valore di mercato dello stesso è indiscutibilmente quello da utilizzare. B) Se l’alternativa fosse rappresentata dalla locazione del bene al progetto dovrebbero essere imputati, in ogni periodo considerato nell’analisi, i mancati proventi dell’affitto. Come è ovvio infatti dal confronto dell’azienda con e senza il progetto emergerebbe il mancato introito periodale, come unica conseguenza differenziale. 101 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il calcolo dei flussi differenziali 3. Gli effetti sulla gestione complessiva: ci si riferisce alla possibilità che un investimento produca effetti sull’attività e sui risultati aziendali preesistenti. In realtà è difficile che un progetto, inserito in una realtà funzionante, non produca conseguenze tangibili anche nel contesto allagato nel quale viene inserito. Si consideri ad esempio il caso di un’azienda automobilistica che immette sul mercato un nuovo modello, in un segmento nel quale è già presente sebbene con una vettura tendenzialmente in fase di declino. L’apprezzamento dei flussi positivi generati dal nuovo modello non potrà prescindere dalla considerazione degli effetti indotti sulle vendite relative al nuovo modello. In altre parole, i flussi di cassa di periodo dovranno essere al netto dell’effetto “cannibalizzazione”. 102 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Al netto delle conseguenze fiscali e al lordo degli oneri finanziari 1. Al netto delle conseguenze fiscali: è ovvio che l’impatto fiscale del progetto debba essere considerato dato che questo impatto ha sia natura monetaria sia differenziale rispetto alla situazione preesistente. Negli anni ad esempio in cui il progetto produce una perdita per l’impresa, pur osservandosi per la stessa un risultato economico complessivamente positivo, si dovrebbe considerare anche la diminuzione del carico fiscale che viene per l’appunto generata dalle perdite sopra menzionate (riduzione pari al prodotto tra l’aliquota fiscale e la perdita imputabile al progetto stesso). 2. Al lordo degli oneri finanziari: la ragione va ricercato nell’utilizzo di sistemi di valutazione che considerano il valore finanziario del tempo. Attualizzare significa semplicemente applicare ai flussi futuri un tasso di sconto, per tenere conto del valore finanziario del tempo. Questa operazione è semplicemente un riflesso del costo delle risorse utilizzate per la copertura del progetto. In sostanza dunque se si sottraessero gli oneri finanziari dai flussi di cassa si otterrebbe un duplice effetto negativo sugli stessi. 103 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il tasso di sconto Quando si tratta di valutare un progetto di investimento k misura il costo medio ponderato del capitale. Questo tasso è cioè sintesi della onerosità delle forme di finanziamento utilizzate da una impresa. Perché non utilizzare il costo incrementale? L’utilizzo del costo incrementale rischierebbe di penalizzare i progetti che, pur avendo una qualità intrinseca assimilabile a quella dei progetti già intrapresi, sono sostenuti più avanti nel tempo. La formula generale del costo medio ponderato del capitale è la seguente: k= P CN ki + ke P + CN P + CN dove: P è il totale dell’indebitamento, CN è il capitale netto, k i è il costo dell’indebitamento k e è il costo del capitale netto. 104 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il calcolo del costo medio ponderato del capitale 1. Occorre considerare soltanto le forme di finanziamento esplicitamente onerose. Queste sono tipicamente rappresentate da debiti di natura finanziaria negoziati sia a breve che a medio lungo termine con intermediari finanziari (es. banche) ovvero sul mercato dei capitali (es. titoli obbligazionari). 2. Occorre adottare un metodo differente per il calcolo del capitale di debito e del capitale proprio. Soltanto il primo infatti genera oneri che sono fiscalmente deducibili dal reddito di impresa. Ne deriva che il costo del capitale di debito deve essere espresso al netto dei benefici fiscali che vengono generati dalla sua presenza attraverso la riduzione del carico fiscale. Al contrario non si osserva nessuna differenza tra costo netto e costo lordo per il capitale proprio. 105 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Da cosa dipende il costo medio ponderato del capitale 1. È funzione del costo delle singole forme di finanziamento alle quali l’impresa ricorre. 2. Dipende dal profilo di rischio sia aziendale che del singolo progetto. 3. Esiste un rapporto diretto fra il costo del capitale, il valore incrementale generabile da un progetto e, più in generale, il valore delle imprese. 4. A parità di profilo di rischio aziendale, se a diverse strutture di finanziamenti corrispondono diversi valori del costo del capitale, esiste allora un rapporto fra la struttura finanziaria e il valore dell’azienda. 106 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Costo del capitale attuale o futuro? Da un punto di vista teorico occorrerebbe utilizzare il valore futuro del costo medio ponderato del capitale. Si dovrebbe cioè tenere conto dell’impatto che il progetto genera sulle condizioni di rischiosità dell’impresa. Da un punto di vista operativo tutto ciò risulta alquanto difficoltoso e si propende per l’utilizzo del valore corrente del costo medio ponderato del capitale. In presenza di progetti che vengono ritenuti particolarmente rischiosi o dall’alea limitata si tende però a procedere ad aggiustamenti del tasso corrente per tenere empiricamente conto del possibile impatto gestionale generato dai progetti in esame. 107 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di calcolo del costo (corrente) medio ponderato del capitale Forma di Importo Peso % Costo lordo Costo netto finanziamento Costo ponderato Capitale netto 6.000 50,00% 14,00% 14,00% 7,00% Debiti a mlt 4.000 33,33% 11,50% 5,75% 1,92% 2.000 16,67% 12,50% 6,25% 1,04% Totale 12.000 100,00% WACC 9,96% Debiti a brt 9,96% 108 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di calcolo del costo (futuro) medio ponderato del capitale Riprendiamo i dati della tabella precedente e ipotizziamo che si stia considerando un nuovo investimento che genera un fabbisogno di 3000 €. La forma di finanziamento alla quale si è pensato di ricorrere è un prestito obbligazionario destinato a coprire l’intero ammontare. Forma di Importo Peso % Costo lordo Costo netto finanziamento Costo ponderato Capitale netto 6.000 40,00% 14,00% 14,00% 5,60% Debiti a mlt 4.000 26,67% 11,50% 5,75% 1,53% Debiti a brt 2.000 13,33% 12,50% 6,25% 0,83% Obbligazioni 3.000 20,00% 11,00% 5,50% 1,10% Totale 15.000 100,00% WACC 9,06% 9,06% 109 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’impatto di alcune forme particolari di finanziamento sul costo del capitale 1. I finanziamenti agevolati: se un investimento beneficia di un finanziamento agevolato le possibili soluzioni per la determinazione del costo del capitale sono sostanzialmente due: A) si può optare per l’utilizzo del costo medio ponderato futuro del capitale, inserendo nella struttura finanziaria anche il finanziamento agevolato, con il costo relativo. Il costo potrebbe essere pari a zero, nel caso di un contributo a fondo perduto. B) data la specificità del caso, si potrebbe utilizzare il costo incrementale del capitale, ovvero scontare i flussi dell’investimento al tasso del finanziamento agevolato. Non esiste in realtà una soluzione univoca. Se il finanziamento è specificatamente legato a un progetto particolare e, al di fuori di questo progetto non è possibile avere accesso ad altre forme di copertura, sembra allora lecito ricorrere alla seconda impostazione. Sarà invece opportuno ricorrere alla soluzione A qualora l’investimento e il finanziamento non siano inscindibilmente collegati. 110 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’impatto di alcune forme particolari di finanziamento sul costo del capitale 2. Il Leasing finanziario: il ricorso al leasing finanziario costituisce una forma di raccolta alternativa ad altre forme di copertura e ha un effetto sulla capacità di raccolta incrementale di debito e sul costo della provvista più in generale. Nel caso in cui le operazioni di finanziamento tramite leasing non abbiano un riflesso patrimoniale sarà necessario costruire una struttura finanziaria virtuale che include anche gli effetti indotti su k dal leasing. Nel calcolo occorrerà inoltre considerare il trattamento fiscale riservato alle operazioni di leasing, al fine di computare il costo netto dell’operazione analogamente a quanto avviene per le forme “tipiche” di indebitamento finanziario. 111 Gestione finanziaria e valutaria di progetti 4. L’analisi degli investimenti in condizioni di incertezza 112 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Incertezza nelle decisioni di investimento Molto spesso la complessità ambientale e l’incertezza legata all’entità e alla manifestazione temporale dei flussi di cassa obbligano il decisore a formulare scelte basate su contesti variabili e difficilmente prevedibili a priori, essendo in tal caso l’incertezza riferita ai valori che il progetto può assumere in dipendenza del verificarsi di diversi scenari. In questi casi il ricorso al VAN come strumento di valutazione costringe a semplificare la struttura del progetto e ad assumere i valori ritenuti più probabili. La considerazione dell’incertezza conduce alla formulazione di diversi risultati, interpretabili statisticamente mediante i concetti di media e varianza. 113 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Incertezza nelle decisioni di investimento A livello generale è possibile affermare che un investimento è tanto più rischioso quanto più i possibili risultati che da esso conseguono sono dispersi attorno alla media. Diversi sono i tentativi presenti in letteratura per arricchire l’originaria struttura del VAN, per renderlo uno strumento duttile al trattamento del rischio e dell’incertezza legati alle variabili fondamentali di un progetto. Nel seguito si presentano alcuni approcci di valutazione che, partendo dai fondamentali del VAN, giungono a definire strumenti più complessi e più sensibili al problema della valutazione in contesti di incertezza. 114 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I limiti del VAN nelle valutazioni in contesti di incertezza Il VAN si fonda su un concetto matematico semplice quanto efficace: attualizzare i flussi di cassa attesi da un certo progetto di investimento ad un tasso che ne esprima correttamente il rischio, o in altre parole che ne sottolinei la “qualità”. Il VAN si basa: 1. su un tasso di attualizzazione che è assunto costante 2. su un flusso di cassa è supposto unico, e quindi certo. 115 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La rigidità del tasso di attualizzazione La rigidità del tasso di attualizzazione sta ad indicare due cose importanti: 1. esiste un livello di rischiosità noto e determinabile associato al progetto; 2. il rischio è supposto non mutare durante la vita stessa del progetto per quanto possa essere lunga. Il fondamento teorico del VAN si basa sulla identificazione di un twin-security trattato sul mercato ed avente il medesimo profilo di rischio del progetto da valutare. Questo consente di utilizzare il tasso di rendimento del security come fattore di attualizzazione del flusso di cassa atteso dall’investimento. Tuttavia nella realtà aziendale un progetto di investimento presenta spesso una rischiosità variabile nel tempo e comunque difficilmente determinabile a priori. 116 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La certezza dei flussi di cassa Il secondo limite del VAN è riconducibile all’ipotesi di certezza dei flussi di cassa. Ciò equivale a dire che una volta intrapreso il progetto si suppone che il decisore non interferisca nel suo manifestarsi all’interno dell’intervallo temporale di riferimento. Questo principio assimila l’evoluzione del progetto a ciò che nella fisica viene chiamato “moto rettilineo perpetuo”: un corpo, in assenza di attriti, si muove nella stessa direzione e secondo una velocità costante, proporzionale alla spinta iniziale ricevuta. Tuttavia l’assenza di attriti che deviano il percorso o rallentino il moto di un corpo è una ipotesi forte se applicata alla valutazione di progetti di investimento, vista l’incertezza che caratterizza qualsiasi fenomeno economico-aziendale. 117 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Quando utilizzare il VAN Viste le ipotesi semplificatrici, si può affermare che il VAN è lo strumento principale da utilizzare per il pricing dei titoli obbligazionari a tasso fisso. Questi titoli sono infatti caratterizzati da una struttura dei flussi rigida sia nell’ammontare che nella distribuzione temporale. Altri campi di applicazione del VAN, nell’ambito dei quali i limiti di questo approccio possono essere ritenuti accettabili, sono i seguenti: 1. pricing di titoli azionari dall’andamento regolare e sui quali viene operata una politica di stabilizzazione dei dividendi; 2. valutazione di investimenti sostitutivi per i quali si ritengono affidabili in ottica prospettica le performance di prodotto e di mercato verificate storicamente; 3. valutazione di business generatori di flussi di cassa elevati e stabili nel tempo, la cui caratteristica sia dunque quella di essere inseriti in mercati maturi e dotati di sufficiente prevedibilità. 118 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Quando utilizzare il VAN Si tratta dunque di ambiti di applicazione che hanno in comune il carattere della stabilità e della prevedibilità delle performance. Al contrario il VAN risulta inadeguato per la valutazione di progetti di investimento contraddistinti da forte incertezza nella previsione dei flussi di cassa attesi e nella quantificazione del rischio, così come dalla possibilità di un intervento del management successivo all’inizio del progetto. Un approccio al capital budgeting basato su condizioni di incertezza non può comunque prescindere dalla considerazione della distribuzione di probabilità del VAN e del ruolo delle asimmetrie provocate dall’intervento attivo del management, una volta lanciato il progetto. 119 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approcci matematico statistici Se si assume che i flussi relativi a un determinato progetto di investimento non siano noti con certezza diviene necessario esprimere i possibili risultati derivanti dall’implementazione del progetto attraverso una determinata distribuzione di probabilità. In questa ottica due misure diventano rilevanti ai fini della valutazione del progetto: 1. la media (rendimento atteso); 2. lo scarto quadratico medio. Si consideri ad esempio il caso di un progetto di investimento che richiede un esborso pari a 100 al tempo zero. Gli scenari possibili dopo un anno vengono riepilogati nella tabella seguente. 120 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approcci matematico statistici Probabilità Valore in € al primo anno Tasso di rendimento 0,10 101 0,01 0,05 103 0,03 0,20 105 0,05 0,55 107 0,07 0,10 110 0,10 Ciascun valore identifica un particolare scenario atteso e le probabilità rappresentano la misura in cui si confida che lo scenario possa manifestarsi. Due sono i quesiti che in una situazione di questo tipo necessitano di una risposta per poter esprimere un giudizio di convenienza sull’intero progetto: 1. quale sia la misura di rendimento medio atteso in grado di esprimere un valore di tendenza centrale valido per l’intero progetto; 2. quale sia la “qualità”del rendimento determinato, in termini di rischio. 121 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Rendimento atteso Al primo quesito occorre rispondere in termini di rendimento atteso: n R = ∑ p s × Rx s s =1 Dove i simboli assumono i seguenti significati: R = rendimento atteso s = scenario n = numero complessivo di scenari ps = probabilità associata a ciascuno scenario Rxs = tasso di rendimento del progetto X al verificarsi dello scenario s. Il tasso di rendimento atteso è una misura della tendenza centrale dei diversi valori che si prevede che il progetto possa assumere. Rappresenta dunque una misura di sintesi di estrema importanza per valutare il rendimento complessivo da associare ad una iniziativa. 122 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Gli scenari probabilistici Nel calcolo del rendimento atteso abbiamo fatto riferimento a scenari probabilistici. In tale ambito occorre sottolineare che nell’attribuzione della probabilità ai diversi scenari, il grado di discrezionalità del decisore dipende da due fattori: 1. la disponibilità di dati oggettivi relativi al verificarsi di eventi che condizionano il manifestarsi degli scenari previsti. A tale proposito va infatti precisato che uno scenario sintetizza l’assunzione di determinate ipotesi relative alle variabili ritenute rilevanti per il progetto, e che tali variabili scaturiscono dal verificarsi o meno di determinati eventi, spesso di natura esterna rispetto all’ambito aziendale; 2. la volontà o la capacità del decisore di utilizzare i dati, ovvero di trattarli come strumenti statistici in grado di sintetizzare l’impatto sul valore complessivo del progetto. 123 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La “qualità” del rendimento Al secondo quesito si può rispondere attraverso l’utilizzo di misure di dispersione costituite dalla varianza e dallo scarto quadratico medio. Rendimento atteso e deviazione standard possono essere tra loro combinati per ottenere un altro fondamentale indicatore di rischiosità, il coefficiente di variazione (CV). Questo coefficiente è dato dal rapporto tra la deviazione standard e il rendimento atteso da un investimento, come indicato nella formula che segue: CV x = σx Rx Questo rapporto esprime l’ammontare di rischio per unità di rendimento. 124 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La “qualità” del rendimento Questo rapporto sopperisce alla mancanza di informazioni relative alla rischiosità dell’investimento nella formula del rendimento atteso e alla mancanza di indicazioni relative alla redditività nella formula della deviazione standard. L’utilità di questo indicatore è da ricondurre in modo particolare al caso in cui il decisore debba scegliere tra progetti alternativi di investimento che presentano misure di rendimento atteso e di deviazione standard tra loro molto diverse Interpretazione: un valore del coefficiente di variazione pari ad esempio al 4% suggerisce che per ogni punto percentuale di rendimento atteso l’investitore si deve aspettare un livello di deviazione standard del 4%. 125 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approccio media – varianza e concetto di funzione di utilità Si supponga di avere due progetti di investimento alternativi, A e B, i cui flussi di cassa attesi risultino variabili al verificarsi di tre scenari alternativi, secondo quanto riportato nella tabella che segue. Progetti A B Scenari Probabilità CF0 CF1 CF2 VAN Pessimistico 0,2 -100 30 40 -40 Atteso 0,5 -100 50 70 2 Ottimistico 0,3 -100 80 100 53 Pessimistico 0,3 -100 30 50 -32 Atteso 0,4 -100 60 60 3 Ottimistico 0,3 -100 80 80 37 Il VAN è stato determinato assumendo un tasso di attualizzazione pari all’11%. 126 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approccio media – varianza e concetto di funzione di utilità Ciascuno dei due progetti presenta tre possibili valori del VAN, a ciascuno dei quali sia accompagna una specifica probabilità di manifestazione. Ciascun progetto è dunque trattabile mediante gli strumenti di media e varianza discussi in precedenza. Più in particolare, per il progetto A possiamo quantificare il VAN atteso del modo seguente: E (VAN _ A) = −40 * 0,2 + 2 * 0,5 + 53 * 0,3 = −8 + 1 + 15,9 = 8,9 La deviazione standard può essere invece calcolata come segue: [ ] σ (VAN _ A) = (− 40 − 8,9)2 * 0,2 + (2 − 8,9)2 * 0,5 + (53 − 8,9)2 * 0,3 0,5 = 32,9 127 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approccio media – varianza e concetto di funzione di utilità Analogamente possiamo calcolare media e varianza per il progetto B: E (VAN _ B ) = −32 * 0,3 + 3 * 0,4 + 37 * 0,3 = −9,6 + 1,2 + 11,1 = 2,7 [ ] σ (VAN _ B ) = (− 32 − 2,7 )2 * 0,3 + (3 − 2,7 )2 * 0,4 + (37 − 2,7 )2 * 0,3 0,5 = 26,7 Riepilogando possiamo quindi scrivere che: A Media = 8,9 Deviazione standard = 32,9 B Media = 2,7 Deviazione standard = 26,7 128 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approccio media – varianza e concetto di funzione di utilità La definizione di un criterio di scelta tra l’investimento A e B conduce alla considerazione del grado di avversione al rischio dell’investitore, espresso attraverso la funzione di utilità. Affinché un simile approccio possa essere applicato occorre tuttavia che si verifichino due condizioni di base: 1. i valori di VAN devono essere rappresentabili mediante una distribuzione normale; 2. il decisore deve presentare una funzione di utilità concava che indica la condizione di avversione al rischio da parte dell’investitore. Se queste due condizioni possono essere soddisfatte, la scelta del decisore ricadrà sul progetto che presenta un livello di utilità maggiore. Tuttavia la derivazione matematica delle funzioni di utilità ricondotte ai diversi progetti non è problema di agevole soluzione, dato che richiede l’utilizzo di strumenti quantitativi che non vengono approfonditi in questo corso. 129 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approcci basati sul VAN classico Si tratta di due approcci che intervengono direttamente sulla struttura di base del VAN operandone alcune modifiche finalizzate ad una diversa considerazione del fattore rischio. I due approcci vengono indicati come: 1 metodo degli equivalenti certi; 2 metodo dell’adeguamento del tasso di sconto. Il primo metodo si basa sul calcolo del certo equivalente di un risultato aleatorio. Il secondo si basa invece sulla correzione del tasso di attualizzazione in modo tale che esso esprima correttamente la rischiosità del progetto. 130 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Metodo degli equivalenti certi In situazioni di avversità al rischio, due proventi, di cui uno certo S e uno incerto F, saranno equivalenti solo se il secondo presenta una maggiorazione rispetto al primo. Utilizzando il concetto di equivalente certo la formula del VAN può essere espressa nel modo seguente: n VAN = ∑ t =1 at × Ft (1 + r f )t dove il coefficiente a consente all’investitore di esprimere il premio richiesto coerentemente con il proprio grado di avversione al rischio. Il tasso di attualizzazione esprime in tal caso il rendimento previsto per attività non rischiose, coerentemente con la natura dei flussi da attualizzare. 131 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Metodo degli equivalenti certi Il valore dell’equivalente certo da inserire nella formula può essere ottenuto in diversi modi. In particolare si può ricordare il metodo basato sulla costruzione della funzione di utilità del decisore, partendo dalla struttura probabilistica del progetto che occorre valutare. Nel caso di applicazione del metodo degli equivalenti certi, il denominatore della formula del VAN può essere modificato inserendovi una corrispondente quantità monetaria conseguibile con certezza che fornisca al soggetto lo stesso livello di utilità attesa. Il modello d’analisi degli equivalenti certi è utile perché consente di determinare l’ammontare di risorse che l’investitore sarebbe disposto a pagare per assicurarsi contro le varie forme di rischio cui l’invetsimento è soggetto. 132 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Metodo dell’adeguamento del tasso di sconto Questo metodo si basa invece sulla correzione del tasso di attualizzazione in modo tale che esso esprima correttamente la rischiosità del progetto. Si tratta quindi di individuare un premio per il rischio da sommare al tasso di remunerazione per investimenti senza rischio. Il tasso di attualizzazione può dunque essere espresso nel modo seguente: k = rf + p Dove p rappresenta il consueto premio per il rischio e r f il rendimento per attività non rischiose. Il metodo dell’adeguamento del tasso risulta nella realtà il criterio di valutazione degli investimenti più diffuso, e ciò a motivo della relativa semplicità di applicazione. 133 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Metodo dell’adeguamento del tasso di sconto Ai fini della determinazione del premio per il rischio da associare a un singolo progetto ciò che rileva è esclusivamente il suo contributo al rischio complessivo d’impresa. In ultima analisi è il caso di sottolineare che il metodo dell’adeguamento del tasso di sconto coincide con il metodo degli equivalenti certi quando: a= 1 + rf 1+ h Ovvero quando: h= 1 + rf a −1 dove: r f = tasso risk free h = tasso di attualizzazione adeguato a = premio richiesto per il rischio nell’adeguamento dei flussi. 134 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approcci probabilistici: analisi reticolare delle decisioni Quando il decisore aziendale ha a che fare con progetti complessi, la sequenzialità e l’interdipendenza delle scelte pone problemi non riconducibili alla linearità insita nel VAN. Un progetto può essere definito “complesso” quando la sua implementazione è: 1. frammentata nel tempo in diverse fasi; 2. incerta sotto il profilo dei flussi di cassa in entrata e in uscita; 3. condizionata dall’andamento di variabili esterne e/o di carattere congiunturale. L’approccio costituito dall’analisi reticolare delle decisioni si presta in modo particolare a orientare il processo decisionale di progetti complessi. La logica sottostante il modello presuppone infatti che la struttura del progetto da valutare e i relativi snodi decisionali vengano tradotti in un diagramma di flusso denominato albero delle decisioni. 135 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Approcci probabilistici: analisi reticolare delle decisioni A ogni ramo dell’albero si associano i possibili valori che il progetto può assumere in conseguenza del verificarsi di determinate ipotesi di scenario, alle quali vengono assegnati precisi attributi probabilistici. L’analisi in questione consente di cogliere le interrelazioni tra decisioni maturate in momenti diversi. Quando, infatti, si è in presenza di una catena di scelte condizionate, in cui le ipotesi di condotta in una data fase dipendono dalle azioni intraprese nella fase anteriore e dai relativi esiti, per individuare la sequenza ottimale è necessario procedere a ritroso, partendo dalle ultime ramificazioni. In tal modo è peraltro possibile riflettere sui nodi dai quali si ramificano le diverse alternative decisionali. 136 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Una società editoriale sta progettando il lancio di un periodico di nicchia. Il processo di lancio di una nuova testata richiede in primo luogo una ricerca di mercato che indaghi la dimensione e l’evoluzione della nicchia di lettura che si intende presidiare. Verificata la rilevanza del target, la società procede al concepimento della testata e al lancio della stessa. Talvolta l’incertezza sul comportamento dei lettori implica che il lancio venga, in una prima fase, circoscritto a una determinata area geografica ovvero ad un determinato numero di edicole. L’eventuale successo riscontrato con il lancio pilota dovrebbe poi spingere la società editoriale ad estendere la diffusione della testata a tutto il territorio nazionale. Il progetto si presenta complesso (secondo la definizione ricordata in precedenza) e può essere scomposto in una pluralità di fasi. 137 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Fase 1: Al tempo t0 la società commissiona una ricerca di mercato il cui costo è pari a 1000 €. Lo scopo è di verificare la dimensione della “nicchia cosmetici” e la presenza di competitori di rilievo. Fase 2. In base ai risultati della ricerca la società deve decidere se andare avanti con il progetto. La decisione di procedere implica un lancio pilota dal costo complessivo di 3000 €. L’alternativa è l’abbandono del progetto. Fase 3. A un anno dal lancio pilota, la società valuta la capacità potenziale di risposta del target. In presenza di dati soddisfacenti, la società intenderebbe allargare la diffusione della rivista a tutte le edicole presenti sul territorio (con un investimento di 30.000 €). L’alternativa è la rinuncia al progetto. Fasi 4,5 e 6. Nel caso in cui si decida di procedere, vengono formulate le ipotesi relative ai flussi di cassa ottenibili nei tre anni successivi, secondo tre diversi scenari: ottimistico, realistico, pessimistico. 138 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio T=0 T=1 T=2 T=3 T=4 T=5 Prob VAN VAN cong (10%) prob 0,4 35.000 40.000 45.000 0,17 53.037 8.910 0,3 30.000 30.000 30.000 0,13 33.137 4.175 0,3 0,13 -10.154 -1.279 -30.000 0,60 8.000 9.000 10.000 -3000 0,70 0,40 0,28 -3.727 1.044 0,30 -1.000 -300 -1000 0,30 Stop VAN 10.462 atteso 139 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Entrando nel merito del calcolo del valore attuale del progetto, si procede anzitutto al calcolo della probabilità congiunta associata ad ogni singolo evento. Supponiamo che si verifichi la sequenza di eventi più favorevole alla società, ossia: 1. la ricerca di mercato fornisce un responso positivo al lancio della testata (p=70%); 2. la sperimentazione su un numero limitato di edicole sottolinea l’elevato numero di copie vendute rispetto alle attese (p= 60%); 3. potenziata la diffusione la società sperimenta la sequenza dei flussi di casa più ottimistica (p= 40%). La probabilità che si verifichi l’intera sequenza di eventi è uguale al prodotto delle tre probabilità semplici: PC = P1 × P2 × P3 = 0,70 × 0,60 × 0,40 = 0,17 140 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Sempre con riferimento alla sequenza migliore il relativo VAN può essere determinato attualizzando i flussi associati ai singoli eventi (-1.000; -3.000; -30.000; 35.000; 40.000; 45.000). il VAN risulta essere pari a 53.037 €. L’ultima colonna della tabella è dedicata al calcolo del VAN complessivo atteso dal progetto. I valori del VAN calcolati per ciascuna sequenza vengono ponderati per la relativa probabilità congiunta. Questo calcolo consente di quantificare in 10.462 € il valore atteso del VAN del progetto. Risulta dunque conveniente andare avanti con il progetto. Tuttavia, occorre tener conto di ulteriori elementi che emergono dal calcolo implementato nella tabella precedente. 141 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio In primo luogo, il campo di variazione dei possibili valori del VAN appare molto esteso (da -10.154 a 53.037) denotando una alta variabilità dei risultati. In secondo luogo occorre sottolineare che esiste una probabilità congiunta molto elevata che il progetto dia un risultato negativo. Più in particolare, si osserva una probabilità del 70% che il progetto distrugga e non crei risorse. In altre parole, l’apparente opportunità di procedere con l’investimento potrebbe essere contraddetta dalla considerazione della funzione di utilità del decisore che potrebbe qualificarsi come avverso al rischio. 142 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Simulazione Montercarlo Un’altra tipologia di investimenti difficilmente inquadrabili nella logica del VAN è costituita dai progetti caratterizzati da forte incertezza relativamente ai valori assunti da un certo numero di parametri ritenuti rilevanti. Anche riuscendo ad associare a ciascuno di tali parametri una determinata distribuzione di probabilità, è pressoché impraticabile la stima diretta di tutte le possibili combinazioni di valori che i diversi parametri possono assumere in conseguenza delle rispettive distribuzioni di probabilità. Si consideri il caso in cui il decisore si trovi di fronte al problema di stimare i flussi d cassa attesi da un investimento, e si supponga che l’incertezza riguardi contestualmente la determinazione dei valori di fatturato, dei costi monetari e dell’importo costituente l’investimento iniziale necessario alla realizzazione del progetto. 143 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Simulazione Montercarlo Sebbene il decisore si trovi nelle condizioni di attribuire pesi probabilistici ai valori assunti da ciascuno dei tre parametri singolarmente considerati, ciò non è sufficiente a determinare il VAN atteso dal progetto, dal momento che i tre parametri da stimare possono variare in modo contestuale all’interno di un intervallo di valori prefissato. In simili circostanze il problema consiste dunque nell’esplicitare una distribuzione di probabilità dei possibili valori di VAN alla luce delle combinazioni che si possono generare tra le distribuzioni di probabilità associate ai parametri chiave. L’approccio della simulazione Montecarlo consente di affrontare il problema, simulando statisticamente un elevato numero di possibili combinazioni dei valori che i parametri chiave possono assumere in conseguenza dell’attribuzione di determinate distribuzioni di probabilità. 144 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Simulazione Montercarlo I passi da compiere per l’applicazione della simulazione Montecarlo sono i seguenti: 1. Definizione dei parametri rilevanti. Consiste nella identificazione delle variabili critiche che hanno impatto sul risultato complessivo del progetto. La selezione delle variabili può essere operata mediante l’analisi di sensibilità il cui presupposto è quello di evidenziare l’impatto che la variazione di una singola variabile provoca sul risultato complessivo. 2. Definizione del risultato cui si intende pervenire. Si tratta di esplicitare matematicamente la formula o il modello che consente di determinare il risultato del progetto al variare degli input ritenuti rilevanti. 145 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Simulazione Montercarlo 3. Attribuzione delle distribuzioni di probabilità. Per ciascuno dei parametri selezionati occorre determinare un range di valori che si ritiene possano manifestarsi; tali valori vanno quindi accompagnati da attribuzioni probabilistiche, così da definire la distribuzione di probabilità completa per ciascuna variabile del modello. 4. Lancio della simulazione. Ricorrendo ad un elaboratori, si generano una serie di numeri casuali, ciascuno dei quali è associato a un determinato valore dei parametri rilevanti. Se i parametri rilevanti sono tre, il primo numero casuale chiama in causa un determinato valore del primo parametro, il secondo numero casuale un valore del secondo parametro e così via. I primi tre numeri casuali generano dunque una delle possibili combinazioni di valori assunti dai tre parametri. Tramite questa combinazione è possibile determinare il primo valore del VAN generato dalla simulazione. 146 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Si supponga che il progetto da valutare consista in un investimento di ampliamento della struttura produttiva di una società e che lo strumento di valutazione economica prescelto sia costituito dal VAN. Si supponga che sia noto il livello di fatturato atteso, che sia costante l’imposizione fiscale, che il livello di capitale circolante rimanga invariato in conseguenza dell’implementazione del progetto. Si supponga inoltre che l’investimento iniziale sia da effettuare al tempo zero, e che l’orizzonte temporale di riferimento si componga di 4 periodi, per ciascuno dei quali si prevede di conseguire un flusso di cassa positivo. Il tasso di attualizzazione è pari al 10%. La prima fase dell’analisi consiste nella definizione dei parametri rilevanti. Date le assunzioni fatte, ai fini della determinazione dei flussi di cassa risultano rilevanti i soli valori attesi relativi all’investimento iniziale e al flusso di circolante della gestione corrente. 147 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio In conseguenza della configurazione di risultato prescelto e dei parametri ritenuti rilevanti si tratta quindi di esplicitare la funzione matematica che associ alle diverse combinazioni di valori assunti un determinato valore del VAN. Il modello può essere esplicitato nel modo seguente: n VAN = ∑ t =1 Ft (1,1) t − F0 Dove i simboli assumono i seguenti significati: F0 = esborso iniziale richiesto per realizzare il progetto; Ft = flussi positivi attesi, coincidenti con il flusso di cassa della gestione corrente. 148 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio La terza fase della simulazione consiste nella definizione del range dei possibili valori che le variabili ritenute rilevanti possono assumere. A) Distribuzione di probabilità dei valori assunti dall’investimento iniziale. Valore Probabilità Numeri casuali assegnati 60 0,2 da 1 a 20 65 0,4 da 21 a 60 67 0,3 da 61 a 90 70 0,1 da 91 a 100 Totale 1 149 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio B) Distribuzione di probabilità dei valori assunti dal flusso di cassa della gestione corrente. Valore Probabilità Numeri casuali assegnati 18 0,15 da 1 a 15 24 0,45 da 16 a 60 28 0,25 da 61 a 85 30 0,15 da 86 a 100 Totale 1 Si noti come a ciascun valore si associ una determinata probabilità di manifestazione così da costruire l’intera distribuzione di probabilità delle due variabili. L’ultima colonna associa ai possibili valori assunti dalle due variabili chiave un intervallo di numeri casuali compresi tra 1 e 100, nel rispetto delle probabilità assegnate a ciascun evento. 150 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Terminata la fase precedente occorre selezionare una funzione di generazione di numeri casuali. L’elaboratore viene impostato per generare una serie di coppie di numeri casuali di cui il primo associato all’investimento iniziale richiesto e il secondo al livello di flusso di cassa. Maggiore è il numero di coppie di numeri casuali generati, più precisa è la determinazione della distribuzione di probabilità del VAN che scaturisce dalla simulazione, dal momento che questa tende alla distribuzione teorica, quando il numero di estrazioni diventa molto elevato. In corrispondenza di ogni coppia di numeri casuali si ottiene un dato valore del VAN. Ripetendo l’estrazione n volte si è infine in grado di costruire la distribuzione di probabilità del VAN e di determinare il suo valore atteso attraverso la seguente formula: VAN ATTESO = ∑ (VAN t × FRt ) n t =1 Frequenza relativa 151 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un altro approccio di valutazione in contesti di incertezza: l’analisi di sensibilità L’analisi di sensibilità si propone di evidenziare le possibili conseguenze dell’incertezza legata all’andamento di variabili ritenute fondamentali per la valutazione del progetto. Su tali variabili occorre formulare determinate ipotesi assegnando a ciascuna di esse il valore più probabile, calcolando quindi il VAN relativo. La valutazione basata su ipotesi differenziate differisce dall’analisi di sensibilità per il fatto che quest’ultima agisce in modo singolo sulle diverse variabili che determinano il valore del progetto, mentre la prima prende in considerazione tre scenari all’interno dei quali si presuppone una determinata interazione tra le diverse variabili. 152 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’analisi di sensibilità I limiti dell’analisi di sensibilità sono così riassumibili: • necessità di uno schema di riferimento in cui siano chiaramente definiti i fattori di rischio e il livello delle grandezze fondamentali; • analisi separata delle singole variabili, il che non tiene conto del fatto che l’incertezza agisce simultaneamente su più fattori; • profilo teorico dei risultati dell’analisi che non considera le probabilità di manifestazione degli eventi; • indicazione della variabilità dell’investimento senza che questa venga tradotta in elementi di scelta. 153 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Ipotizziamo di essere il responsabile finanziario della Solar Electronics Corporation (SEC) e che il gruppo di progettisti abbia recentemente ideato una tecnologia per motori a reazione a energia solare da impiegare in aerei commerciali. L’azienda ipotizza i seguenti scenari: Variabile Pessimistico Atteso Ottimistico Dimensione del mercato 5.000 10.000 20.000 Quota di mercato (%) 20 30 50 Prezzo ( MLN €) 1,9 2 2,2 Costo variabile unitario 1,2 1 0,8 1.891 1.791 1.741 1.900 1.500 1.000 (MLN €) Costi fissi annui (MLN €) Investimento (MLN €) 154 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Esempio Calcolo del VAN Variabile Pessimistico Atteso Ottimistico Dimensione del mercato - 1.802 1.517 8.514 Quota di mercato (%) - 696 1.517 5.942 Prezzo ( MLN €) 853 1.517 2.844 Costo variabile unitario 189 1.517 2.844 1.295 1.517 1.628 1.208 1.517 1.903 (MLN €) Costi fissi annui (MLN €) Investimento (MLN €) Si noti come il valore -1.802 venga ottenuto utilizzando un valore pessimistico per la variabile “Dimensione di mercato” ed i valori attesi per tutte le altre variabili. Analogamente il valore 5.942 viene ottenuto utilizzando la previsione ottimistica per la quota di mercato ed il dato atteso per le restanti variabili. 155 Gestione finanziaria e valutaria di progetti 5. Forme innovative di finanziamento 156 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Le forme intermedie di finanziamento Negli ultimi anni la gamma delle forme di finanziamento utilizzabili dalle imprese, tradizionalmente incentrata sul binomio capitale proprio-capitale di debito, si è progressivamente arricchita. Si sono cioè rese disponibili tipologie contrattuali: • con caratteristiche intermedie tra l’apporto di capitale di rischio ed il finanziamento a titolo di debito; • che impattano in modo del tutto peculiare sull’esposizione dell’impresa al rischio finanziario. Questi strumenti intermedi consentono di accrescere le risorse complessivamente utilizzabili dal management, con una limitata influenza sulle condizioni contrattuali di accesso ai prestiti tradizionali. Le due forme intermedie di finanziamento più note nella realtà italiana sono il debito mezzanino ed il prestito partecipativo. 157 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance Il termine Mezzanine Finance (debito mezzanino) identifica un insieme di strumenti di finanziamento di natura intermedia tra il capitale proprio ed i contratti di debito, che possono presentare caratteristiche tecniche anche sostanzialmente differenti tra loro. Si tratta di strumenti che hanno trovato originaria applicazione nel mercato USA per la realizzazione di operazioni di finanza straordinaria (acquisizioni, ristrutturazioni aziendali). Contribuiscono a definire le peculiari caratteristiche tecniche di un finanziamento mezzanino due componenti: 1. la natura subordinata del debito negoziato dall’impresa; 2. la previsione di una remunerazione in favore del creditore determinata, almeno in parte, attraverso il meccanismo dell’equity kicker. 158 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance La prima componente consiste nella concessione di un finanziamento a medio – lungo termine subordinato, nel rimborso e in sede di liquidazione dell’impresa, rispetto ai debiti senior, cioè quelli concessi dalle banche e da altri istituti finanziari e garantiti dalle attività aziendali. In concreto esistono due principali tipologie di subordinazione: • completa: prevede che il creditore junior sia in una posizione di subordinazione soltanto nei confronti di uno specifico creditore senior e quindi per un dato ammontare di finanziamento; • parziale: implica che il creditore junior sia subordinato rispetto a tutti i creditori senior dell’impresa finanziata, inclusi i soggetti che apporteranno in futuro risorse finanziarie. L’apparente contraddizione terminologica è originata dal fatto che la tipologia di subordinazione viene definita in base alla posizione dei creditori senior e non in base a quella dei creditori junior 159 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance La clausola di subordinazione ha modo di incidere su diversi momenti della relazione creditizia. Un primo impatto si osserva nel corso della durata del finanziamento mezzanino, compresa tra i quattro e i dieci anni. In tale periodo l’impresa deve al massimo corrispondere gli interessi maturati sul prestito subordinato, calcolati in base ad un tasso fisso, ovvero indicizzato ad un parametro di mercato, mentre il capitale è oggetto di rimborso soltanto una volta estinto il debito senior. Più specificatamente la struttura del finanziamento subordinato può assumere la forma: 1. zero coupon, che non prevede alcun pagamento a carico dell’impresa prima della scadenza contrattuale in quanto la remunerazione per il finanziatore viene definita dalla differenza tra il valore di rimborso e l’importo inizialmente concesso. 2. stepped interest che prevede il pagamento periodico di flussi di interessi computati inizialmente ad un tasso inferiore a quello di mercato, quindi ad un tasso pari a quello di mercato e nella fase conclusiva del finanziamento ad un tasso più elevato rispetto a quello di mercato. 3. Pik debt, che si caratterizza per il pagamento degli interessi non in forma monetaria, ma tramite l’incremento del valore nominale del debito sui quali gli stessi vengono computati. 160 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance La condizione di subordinazione nel rimborso può determinare l’insorgere di talune problematiche per i creditori (subordinati) dato che l’impresa, estendendo o rinnovando il debito senior, può di fatto rinviare a tempo indeterminato il rimborso del prestito mezzanino. Tuttavia le parti possono risolvere tale inconveniente fissando contrattualmente l’ammontare e i tempi dei rimborsi a titolo di capitale, limitando attraverso l’utilizzo di clausole contrattuali anche la possibilità di estendere i debiti senior. Un secondo impatto generato dalla condizione di subordinazione si manifesta nell’ipotesi di liquidazione dell’impresa finanziata: in questa eventualità i diritti patrimoniali dei creditori junior possono essere soddisfatti soltanto in modo residuale, vale a dire una volta soddisfatti i creditori senior. 161 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance Relativamente alla seconda componente distintiva del prestito mezzanino, l’equity kicker, si noti come essa consista nella possibilità che viene concessa al finanziatore di beneficiare di un eventuale incremento nel valore di mercato dell’impresa finanziata. Tutto ciò può essere realizzato secondo differenti modalità: 1. assegnazione al creditore di azioni dell’impresa target al raggiungimento di prefissati valori del suo capitale economico 2. riconoscimento al finanziatore della titolarità di strumenti finanziari che gli consentono di esercitare il diritto all’acquisizione di detti titoli ad un prezzo concordato, in modo tale da soddisfare le sue attese di remunerazione. 3. remunerazione cash, definita in base alla variazione rilevata nel valore del capitale economico dell’impresa debitrice. In tutti i casi appena considerati, è comunque evidente che il rendimento associato alla concessione di un prestito mezzanino dipende sia dal flusso di interessi che viene corrisposto al creditore nel corso della durata del contratto, sia dal guadagno in conto capitale generato dal meccanismo dell’equity kicker. 162 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance A motivo della peculiare posizione contrattuale dei creditori junior, la concessione di un prestito mezzanino viene solitamente fatta dipendere dall’assenso del prenditore a talune clausole contrattuale (covenants) fissate dal finanziatore in modo tale da monitorare il comportamento e l’evoluzione della gestione dell’impresa nel corso della durata del rapporto di prestito. I principali vincoli contrattuali che vengono solitamente imposti all’azione del management aziendale sono: 1. la necessità di richiedere l’autorizzazione ai creditori subordinati per realizzare operazioni di finanza straordinaria, nella forma dell’acquisizione di altre imprese ovvero della cessione dell’attività in essere; 2. il divieto di pagare dividendi in assenza del consenso dei creditori subordinati; 3. l’obbligo di rispettare condizioni minime di capitalizzazione e di liquidità. 163 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance A partire dallo schema contrattuale appena descritto, negli ultimi anni si sono diffusi nella realtà europea strumenti di finanziamento con connotati del tutto assimilabili a quelli tipici del mezzanino tradizionale, sebbene contraddistinti da taluni adattamenti dovuti alla loro destinazione a più generali finalità di copertura del fabbisogno finanziario aziendale. Si tratta di tipologie contrattuali che: 1. non si ricollegano necessariamente ad operazioni di finanza straordinaria; 2. non mostrano un nesso con un debito primario (senior) e, spesso, non prevedono la richiesta di alcuna garanzia collaterale; 3. prevedono condizioni di subordinazione rispetto all’insieme delle posizioni debitorie dell’impresa nell’evento del default; 4. prevedono il rimborso del capitale alla scadenza; 5. comportano l’erogazione sia vincolata all’assenso del prenditore a talune clausole contrattuali imposte dal creditore. 164 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Mezzanine Finance I vantaggi che vengono tipicamente generati dal ricorso alle diverse forme di finanziamento mezzanino sono riconducibili: 1. alla possibilità che viene concessa all’impresa di incrementare la leva finanziaria, senza modificare l’esposizione al rischio di default per gli intermediari creditizi; 2. alla conseguente attenuazione degli effetti sulle condizioni di accesso praticate sui finanziamenti tradizionali. Si noti poi come la successione delle uscite monetarie generate da un prestito mezzanino è tale da consentire una efficace copertura delle esigenze finanziarie, dovute a progetti di investimento che non sono destinati a produrre alcun flusso positivo almeno nel breve periodo, senza dover modificare l’assetto proprietario aziendale. 165 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I prestiti partecipativi I prestiti partecipativi sono una forma intermedia tra il capitale di rischio ed il capitale di debito introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento nel 1991 a seguito dell’approvazione della legge n. 317, con l’intento di favorire le PMI nella realizzazione di programmi di sviluppo e di innovazione. Si tratta sostanzialmente di finanziamenti a medio-lungo termine, con scadenza che oscilla tra i quattro ed i dieci anni, ed una remunerazione in favore del creditore che viene almeno in parte fatta dipendere dai risultati economici conseguiti dall’azienda finanziata. Il costo del prestito partecipativo dipende generalmente da una parte fissa, o indicizzata ad un parametro di mercato (tipicamente l’Euribor a 3/6 mesi), e da una componente commisurata al rendimento aziendale, corrisposta annualmente in sede di approvazione del bilancio di esercizio. 166 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I prestiti partecipativi L’entità di questa seconda componente viene spesso fissata contrattualmente nei suoi valori massimi e minimi, per evitare da un lato di assoggettare l’impresa a condizioni di costo eccessivamente penalizzanti e dall’altro lato per garantire all’investitore in ogni scenario di mercato una remunerazione congrua rispetto al rischio sostenuto. Gli schemi contrattuali proposti dai finanziatori si possono differenziare riguardo agli indicatori di riferimento utilizzati per la misurazione del rendimento aziendale, a cui collegare il costo del finanziamento, rendendo così difficoltosa qualsivoglia generalizzazione. Si può comunque sostenere che gli indici di performance più frequentemente utilizzati siano i seguenti: 1. EBITDA/ (Patrimonio Netto); 2. Utile netto/Patrimonio netto; 3. ROI; 4. Δ(EBITDA t1 –EBITDAt0)/EBITDAt0. 167 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I prestiti partecipativi Il beneficiario di un prestito partecipativo sopporta un costo complessivo superiore rispetto a quello conseguente alla negoziazione di tradizionali contratti di debito aventi analoga scadenza. Con riferimento alla loro funzionalità nell’ambito della gestione finanziaria dell’impresa, si può affermare che le caratteristiche del prestito partecipativo paiono particolarmente adatte a soddisfare le esigenze delle unità produttive che hanno necessità di procedere al rafforzamento della struttura finanziaria, in quanto risultano eccessivamente esposte nei confronti del sistema bancario ovvero devono attivare programmi di sviluppo, ma non hanno la capacità di reperire nuovo capitale di rischio. Il ricorso a questo strumento può infatti rivelarsi funzionale al consolidamento dei debiti a breve nei confronti delle aziende di credito e a costituire una soluzione ponte in attesa della ricapitalizzazione dell’azienda da parte dei soci con mezzi propri. 168 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I prestiti partecipativi Specificatamente, queste forme di finanziamento partecipativo si configurano come un rapporto triangolare tra la banca, l’impresa debitrice ed i soci. In tal caso la quota interessi del prestito viene pagata direttamente dall’impresa, mentre la quota capitale viene pagata a valere su risorse fornite dalla compagine sociale, sulla base di quanto previsto da un apposito “Atto di obbligo” precedentemente sottoscritto. Il credito che i soci maturano nei confronti dell’impresa per effetto dei pagamenti effettuati diventa un finanziamento soci in conto futuro aumento di capitale sociale e viene dunque trasformato in mezzi propri, periodicamente oppure alla fine del periodo di ammortamento del prestito. Lo schema contrattuale appena descritto consente ai soci di ricapitalizzare l’impresa senza dover subire da subito l’intero esborso finanziario e all’impresa di disporre immediatamente delle risorse finanziarie necessarie a sostenere l’attività, anche qualora non sia possibile (opportuno) ricorrere a forme tradizionali di indebitamento. 169 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di una operazione di prestito partecipativo per una PMI Una SRL, operante nel comparto manifatturiero, con un capitale sociale di 200.000 euro e con un fatturato di 5 milione di euro, ha la necessità di realizzare un investimento di 600.000 euro per acquisire una nuova linea di produzione. I soci hanno inoltre già da tempo manifestato l'intenzione di realizzare un aumento di capitale, per portare il capitale sociale almeno a 400.000 euro. La banca interpellata propone ai 5 soci dell'azienda di effettuare una operazione di prestito partecipativo che, oltre a soddisfare la domanda di risorse finanziarie per l’investimento, andrà a capitalizzare l'azienda affiancandosi all'azione autonoma dei soci: al termine dell'operazione, l'azienda avrà un capitale sociale di 1 milione di euro. La proposta avanzata dalla banca viene valutata dai soci che decidono di accettare l'offerta e quindi di convocare l'assemblea ordinaria per approvare l’operazione. 170 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di una operazione di prestito partecipativo per una PMI Viene quindi avanzata ufficialmente la richiesta alla banca di un finanziamento per un importo di 600.000 euro, da rimborsare in 10 anni secondo un piano di ammortamento con quota capitale annua costante (pari a 60.000 euro), con la formula del prestito partecipativo. La banca svolge la sua attività istruttoria, valutando il merito di credito, in particolare con riferimento alla capacità dell’azienda di generare utili per pagare gli interessi sul prestito. E alla disponibilità da parte dei soci di risorse finanziarie da destinare (per i successivi 10 anni) al rimborso del finanziamento e eventualmente, in caso di insolvenza della SRL, anche di risorse aggiuntive per la copertura degli interessi. La banca richiede a garanzia del finanziamento l’emissione di cambiali a firma personale dei soci e/o dell’impresa, con eventuale garanzia integrativa del Confidi per almeno il 45% del prestito. Per il rimborso/aumento di capitale si prevede che i soci siano solidalmente responsabili tra loro nel pagare le rate, effettuando accantonamenti in una apposita riserva indisponibile, denominata «riserva versamento soci in conto futuri aumenti di capitale sociale». 171 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di una operazione di prestito partecipativo per una PMI Viene quindi deliberato il finanziamento bancario e sottoscritto il contratto di mutuo, che presenta alcune particolarità: 1. è previsto un impegno dei soci al mantenimento delle somme versate nel fondo fino alla loro conversione in capitale; 2. è citato l'atto d'impegno da parte dei soci, che va ad integrare i contenuti del contratto di mutuo; 3. è prevista una remunerazione del prestito bancario (spread sul tasso di mercato) in funzione della gestione aziendale. Sintetizzata da 2 indicatori di bilancio, uno economico/produttivo e uno patrimoniale/finanziario che danno luogo a diverse classi di merito, cui corrispondono diversi livelli di spread sull’Euribor a 6 mesi. Avviene pertanto l'erogazione del finanziamento bancario per 600.000 euro, che genera nei conti d'ordine della società una evidenziazione delle garanzie prestate dai soci per l'importo equivalente. 172 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Un esempio di una operazione di prestito partecipativo per una PMI Per dare il via all'aumento di capitale si convoca l'assemblea straordinaria che lo delibera; l'aumento complessivo di capitale sarà di 800.000 euro, per un quarto derivante da versamento da parte dei soci e per i tre quarti rappresentato dal prestito bancario. I soci versano sul conto appositamente acceso 200.000 euro e viene evidenziato sulla documentazione societaria che il capitale sociale è di 1.000.000 euro, versato per 400.000 euro. Nei successivi 10 anni, insieme al pagamento degli interessi da parte della società, avviene l'ammortamento del mutuo da parte dei soci: 60.000 euro all'anno vengono accantonati nel fondo destinato al futuro aumento di capitale. La conversione di tale fondo in capitale sociale può avvenire o al termine o nel corso dell'ammortamento del mutuo, successivamente alla delibera da parte di una assemblea straordinaria. Alla conclusione dei 10 anni il capitale sottoscritto e il capitale versato coincideranno (1.000.000 di euro). 173 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Schema di atto d’obbligo L'anno 2006 il giorno ..... del mese di ............ in, i sottoscritti: • Sig. .............. , nato a.............. il .............. , residente in.............. - Via .............. n. .............., Codice Fiscale.............. ; Sig. .............. , nato a .............. il .............. , residente in .............. - Via .............. n. .............. , Codice Fiscale .............. ; Sig. .............. , nato a .............. il .............. , residente in .............. - Via .............. n. .............. , Codice Fiscale .............. ; Sig. .............. , nato a .............. il .............. , residente in .............. - Via .............. n. .............. , Codice Fiscale .............. ; PREMESSO - di essere soci della Società ........... , con sede in ........... Via........... n. ........... , in quanto titolari, per gli importi di seguito specificati, Sig. ......... Euro 50.000,00, Sig. ......... Euro 50.000,00, Sig. ......... Euro 50.000,00, Sig. ......... Euro 50.000,00., delle azioni/quote dell'attuale capitale sociale della medesima, pari a Euro 200.000,00, di cui è previsto un aumento minimo di Euro 800.000,00 (ottocentoottantamila/00) nel periodo 2006\2016, tramite la richiesta di un «prestito partecipativo» da Euro 600.000,00 (ottocentoottantamila/00) stipulato in data odierna; - di avere intenzione di garantire interamente l'accennato futuro aumento di capitale fino a un importo di Euro 800.000,00 (ottocentomila/00), sottoscrivendo la differenza tra l'aumento di capitale sociale e l'importo della «Riserva per futuri aumenti di capitale sociale», iscritta nel bilancio della Società .......................................... ed utilizzata per l'aumento di capitale sociale; - che il ................ (banca) ................ con contratto in data ................ ha concesso alla predetta società un finanziamento di Euro 600.000,00 nella forma di «prestito partecipativo», per la cui erogazione e buon fine dell'operazione, è stato richiesto ai sottoscritti, quali soci sottoscrittori del su esposto futuro aumento del capitale della 174 Gestione finanziaria e valutaria di progetti società in parola, di obbligarsi irrevocabilmente all'effettuazione degli adempimenti sotto illustrati. DICHIARANO - che le premesse sopra indicate formano parte integrante ed essenziale del presente atto; - che hanno piena ed esatta conoscenza delle condizioni, modalità e pattuizioni che regolano il finanziamento sotto forma di «prestito partecipativo», citato in premessa, per aver preso preventiva visione del relativo contratto e pertinenti allegati. Attestato quanto sopra noi sottoscritti Sigg. ......., ci obblighiamo irrevocabilmente nei confronti della menzionata società ...... , ad effettuare i seguenti adempimenti, con la consapevolezza che il mancato rispetto, in tutto o in parte, anche di uno soltanto di tali adempimenti darà facoltà a ..... (banca) ..... considerare la predetta società finanziata come decaduta dal beneficio del termine di cui all'art. 1186 c.c. e/o di avvalersi della risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi e per gli effetti dell'art. 1456 C.C.: - a reintegrare la suddetta Società .................. della differenza tra la «Riserva» per futuri aumenti di capitale sociale», riserva indisponibile risultante dal bilancio della .................. stessa, e, se inferiore, il totale delle quote di capitale rimborsate, relative al finanziamento concesso dal ................. , pagate semestralmente, dalla medesima per il rimborso rateale del capitale mutuato con il finanziamento succitato, mediante versamenti con valuta pari a quella di pagamento delle suddette semestralità. Tale reintegrazione dovrà essere adeguatamente documentata da ciascuno di noi a ................... entro 30 giorni da ogni versamento; - a fare in modo che le somme come sopra da noi corrisposte alla suddetta società siano mantenute in una apposita «riserva versamento soci in conto futuri aumenti di capitale sociale» che dovrà rimanere indisponibile, anche in caso di cessione, in tutto o in parte, delle partecipazioni sociali fino alla completa estinzione del finanziamento 175 Gestione finanziaria e valutaria di progetti e che sarà destinata, insieme alla «Riserva per futuri aumenti di capitale sociale», a coprire il summenzionato aumento del capitale sociale di Euro 800.000,00; - a far deliberare, entro e non oltre la scadenza de periodo di ammortamento del suindicato finanziamento, il predetto aumento di capitale, da effettuare al termine dell'ammortamento del finanziamento medesimo mediante trasformazione in capitale delle somme già reintegrate ed accantonate nella summenzionata «riserva», salvo che si ritenga di procedere ad aumenti parziali di capitale, periodicamente per le quote via reintegrate ed accantonate nella «riserva» medesima; - in caso di cessione, anche parziale, delle nostre partecipazioni sociali, a provvedere anche a cedere le nostre correlate quote della predetta «riserva versamento soci in conto futuri aumenti di capitale sociale» ed a fare, altresì, accettare e sottoscrivere dai cessionari un atto d'obbligo di contenuto uguale al presente. Firme 176 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Differenze tra prestito partecipativo e mezzanino Nonostante l’appartenenza alla stessa categoria dei prestiti a carattere intermedio, il prestito partecipativo in esame si differenzia sotto molteplici aspetti dal debito mezzanino. 1. Contrariamente al debito mezzanino, i prestiti partecipativi non prevedono alcuna condizione di subordinazione né in sede di rimborso né in sede di liquidazione dell’impresa. 2. Nel prestito partecipativo è minore la rilevanza della componente “partecipativa”, dato che non viene prevista la possibilità di ingresso del finanziatore nella compagine azionaria attraverso l’acquisto di azioni dell’impresa debitrice. 3. Un ulteriore profilo differenziale tra i due strumenti è poi rappresentato dalle garanzie che assistono la relazione creditizia. Il prestito partecipativo è generalmente assistito da una garanzia di natura personale, individuale o collettiva, mentre, come detto, nel Mezzanine Finance è spesso presente una garanzia di tipo reale. 177 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Elementi comuni al mezzanino e al prestito partecipativo Tra le due forme di finanziamento esistono peraltro anche taluni punti in comune. 1. vengono erogati soltanto sulla base dell’impegno dell’impresa a rispettare precisi covenants, volti ad evitare che si pongano in essere dei comportamenti che mettano a rischio la restituzione del capitale preso a prestito ed il pagamento del costo del finanziamento; 2. la loro onerosità dipende dalle performance aziendali. In una ideale classificazione delle fonti di finanziamento aziendale incentrata sulle condizioni di costo e di rischio delle alternative disponibili, si può sostenere che il prestito partecipativo sia più vicino ai tradizionali contratti di debito, mentre il prestito mezzanino presenti caratteristiche che lo rendono più simile ad un vero e proprio apporto di capitale di rischio. 178 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I titoli di debito delle SRL Il nuovo diritto societario, contrariamente alla normativa precedente, consente alle società a responsabilità limitata di emettere titoli di debito (art. 2483 del Codice Civile). La possibilità di emettere questi strumenti deve essere specificatamente prevista dall’atto costitutivo che deve inoltre anche fissare gli eventuali vincoli dimensionali del collocamento, nonché le modalità e le maggioranze necessarie per dar luogo all’emissione. La gestione della fase operativa dell’emissione può essere effettuata attribuendo specifiche competenze ad un socio o all’organo amministrativo. Nella prima eventualità, il socio incaricato deve essere individuato in modo preciso ed è chiamato ad operare, limitatamente alle competenze riconosciutegli, al di fuori dell’ambito assembleare. Nella seconda eventualità, l’organo amministrativo potrà operare in autonomia in ottemperanza comunque alle disposizioni contenute nello statuto. 179 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I titoli di debito delle SRL I titoli emessi possono essere sottoscritti soltanto da soggetti professionali assoggettati a vigilanza prudenziale, non potendosi così realizzare, contrariamente alle società per azioni, un collocamento presso il pubblico. Nell’ipotesi in cui gli stessi titoli siano successivamente posti in circolazione, e non vengano acquistati da altri investitori professionali ovvero dai membri della compagine sociale, il primo sottoscrittore è tenuto a rispondere della solvibilità dell’emittente nei confronti degli investitori subentranti. Il nuovo quadro normativo consente di ampliare la gamma delle fonti di finanziamento a disposizione delle imprese di più piccola dimensione, prevedendo però un più rigido sistema di circolazione dei titoli emessi dalle SRL rispetto alle obbligazioni, nell’intento di tutelare gli interessi dei risparmiatori. 180 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I titoli di debito delle SRL Con riferimento alle caratteristiche del prestito, la normativa stabilisce che, al momento dell’emissione dei titoli, vengano definite in modo chiaro le condizioni contrattuali del finanziamento e le modalità di rimborso. Questi elementi devono inoltre essere espressamente comunicati al registro delle imprese. Le condizioni prestabilite possono essere successivamente modificate purché vi sia il consenso della maggioranza dei possessori dei titoli di debito. L’emissione di titoli di debito da parte delle società a responsabilità limitata presenta come elemento di debolezza la sostanziale assenza di meccanismi di controllo all’azione dei soci o dell’organo amministravo delle stesse società. E questo a motivo del fatto che la nomina del collegio sindacale è prevista soltanto al superamento di specifiche soglie dimensionali dell’attività aziendale, mentre è di norma assente il controllo da parte di una società di revisione. 181 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I titoli di debito delle SRL È tuttavia ipotizzabile che la destinazione dei titoli ad “investitori qualificati” determini da parte di questi un attento monitoraggio dell’agire aziendale, anche a motivo del rischio di insolvenza che potrebbe sugli stessi gravare con la cessione dei titoli. Occorre infine ricordare come nell’ambito della categoria dei titoli di debito possano rientrare varie tipologie contrattuali, con caratteristiche finanziarie anche nettamente differenti tra loro. Lo strumento potrebbe cioè non soltanto essere utilizzato in una forma tradizionale, in termini di condizioni di pagamento degli interessi e di rimborso del capitale, ma potrebbe anche essere strutturato secondo condizioni di subordinazione rispetto agli altri debiti presenti in azienda. In quest’ultima eventualità si tratterebbe così di inserire nella struttura finanziaria aziendale un prestito mezzanino incorporato in titoli di debito. 182 Gestione finanziaria e valutaria di progetti 6. Il finanziamento attraverso il capitale proprio 183 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La raccolta di capitale proprio Il ricorso dell’impresa a finanziamenti a titolo di capitale di rischio che, affiancandosi all’autofinanziamento aziendale, favoriscano il mantenimento di condizioni di equilibrio nella struttura finanziaria, risulta spesso alquanto problematico. Le alternative disponibili risentono: 1. della fase ciclica attraversata, dimostrandosi fortemente limitate in particolare nei momenti di avvio dell’iniziativa; 2. di vincoli di origine interna all’impresa; 3. di vincoli di origine esterna. I vincoli interni sono riconducibili, specie nelle unità produttive minori, alla riluttanza della proprietà a condividere l’attività con soggetti terzi, a motivo della volontà del gruppo di controllo di evitare ingerenze nelle scelte di gestione. I vincoli esterni sono imputabili alle caratteristiche strutturali del sistema finanziario di riferimento, che rendono spesso non attivabili talune strategie di capitalizzazione in assenza di una scala dimensionale minima del prenditore di fondi. 184 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La raccolta di capitale proprio Tutto ciò comporta che, soprattutto nei momenti iniziali dell’attività, le scelte concretamente adottabili per il rafforzamento della dotazione patrimoniale siano soltanto quelle più convenzionali: 1. apporti di risorse da parte dei soci che hanno dato avvio all’iniziativa; 2. contributi in conto capitale a fondo perduto, che vengono erogati da soggetti pubblici a sostegno delle imprese in fase di start-up, o, più in generale, per incentivare gli investimenti aziendali in nuova capacità produttiva. Tuttavia, la gamma delle opportunità di finanziamento a titolo di capitale di rischio tende a risultare più ampia per le imprese in possesso di specifici requisiti, come un elevato potenziale di sviluppo, e con il progressivo protrarsi della vita aziendale. 185 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La raccolta di capitale proprio Più precisamente, le imprese con elevate potenzialità di sviluppo hanno la possibilità di attrarre sin dalla fase di avvio apporti di capitale di rischio da parte: 1. di particolari operatori finanziari privati (Business Angel); 2. di operatori professionali che si propongono di realizzare elevati rendimenti tramite la successiva cessione della partecipazione acquisita. Con il protrarsi del ciclo di vita, si può poi prospettare per l’unità produttiva anche l’opportunità del collocamento dei propri titoli azionari in un mercato regolamentato (Public equity). L’accesso al mercato mobiliare impone una attenta analisi dei benefici e dei costi conseguenti ad una eventuale quotazione, dato che ai fini del successo della scelta strategica in esame occorre possedere precisi requisiti qualitativi e quantitativi. 186 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Evoluzione dell’impresa e finanziamenti a titolo di capitale di rischio Dimensione dell’impresa Età dell’impresa Informazioni disponibili t 0 Apporto dei soci Contributi in conto capitale Angel Finance Venture Capital Private Equity Public equity (quotazione) Venture Capital: Seed financing 187 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Venture Capital ed il Private equity Il mercato del Venture Capital e del Private equity identifica l’insieme delle operazioni di investimento in capitale di rischio che vengono realizzate al di fuori dei circuiti di mercato ufficiali da intermediari finanziari altamente specializzati. Più in particolare, vengono definite: 1. operazioni di Venture Capital gli interventi nel capitale di rischio effettuati da operatori professionali nelle fasi iniziali del ciclo di vita delle imprese; 2. operazioni di Private equity, tutte quelle operazioni di finanziamento che riguardano le unità produttive che si trovano in fasi successive rispetto a quella iniziale. 188 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Venture capital e Private equity Avvio Sviluppo Cambiamento Seed financing Start-up financing First stage financing Venture capital Expansioning financing Bridge financing Replacement capital Turnaround financing Private equity 189 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Venture Capital ed il Private equity Pertanto, i soggetti attivi nel mercato in esame vengono genericamente definiti come Venture capitalist oppure Private equity investors, qualora la loro attività si concentri esclusivamente nelle fasi avanzate del ciclo di vita. La natura degli operatori professionali interessati alle attività di cui si tratta può essere peraltro piuttosto variabile. In prima approssimazione si possono identificare le seguenti tipologie prevalenti: 1. le finanziarie di partecipazione di natura privata o industriale, che possono potenzialmente intervenire in tutte le fasi del ciclo di vita; 2. le banche d’affari e le divisioni di banche commerciali, che partecipano in prevalenza al capitale di rischio di imprese che hanno superato le fasi iniziali del loro ciclo di vita, fornendo alle stesse anche un supporto di carattere consulenziale; 3. gli operatori di emanazione pubblica, la cui operatività è prevalentemente indirizzata a sostegno di aree geografiche depresse o di settore produttivi svantaggiati; 4. i fondi mobiliari chiusi. 190 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Venture Capital ed il Private equità Il fondo chiuso raccoglie risorse finanziarie presso investitori istituzionali o presso privati in possesso di un consistente patrimonio personale, da destinare all’investimento di medio/lungo periodo in titoli di società non quotate. Questo è reso possibile dalla stabilità della raccolta dato che non è consentito agli investitori il riscatto delle quote sottoscritte prima della scadenza convenuta. Il fondo viene gestito da una entità separata, la Società di gestione, che ha il compito di definire le strategie e le politiche di investimento. Questo strumento si caratterizza per una vita limitata, che si conclude con la liquidazione delle quote all’atto del completamento del ciclo di vita dell’investimento. Si tratta inoltre di uno strumento flessibile in quanto la stessa Società di gestione può lanciare più fondi con connotati differenti in tema di scelte e strategie di investimento. 191 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Venture Capital ed il Private equity A prescindere dalla natura dell’operatore e dal momento dell’intervento, l’apporto di capitale di rischio viene sempre realizzato attraverso strumenti finanziari fondati su un rapporto di partecipazione, e riguarda imprese non quotate. Per l’investitore la singola operazione rientra solitamente nell’ambito di una più ampia strategia di investimento che si propone di realizzare la combinazione desiderata tra il rischio ed il rendimento atteso di un portafoglio di partecipazioni azionarie. L’intervento nella vita dell’impresa non è dunque motivato dalla volontà di acquisire il controllo sulla gestione della partecipata, bensì è finalizzato a realizzare un guadagno in conto capitale attraverso lo smobilizzo nel medio-lungo periodo (3-5 anni) della quota azionaria sottoscritta. Infine, la cessione della partecipazione può avvenire secondo differenti modalità. Tra queste le più frequenti sono rappresentate dal riacquisito delle azioni da parte dei soci di controllo ovvero dalla vendita delle azioni sul mercato dei capitali, se nel frattempo l’impresa ha completato un processo di quotazione. 192 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Il Venture Capital ed il Private equity Con riferimento ai bisogni che le imprese riescono a soddisfare tramite l’ingresso nel capitale sociale di un investitore specializzato, la loro identificazione richiede di distinguere tre principali tipologie di operazioni: 1. le operazioni di avvio; 2. le operazioni di sviluppo; 3. le operazioni di cambiamento. Le prime riguardano gli investimenti nel capitale di rischio realizzati nelle fasi iniziali del ciclo di vita, classificabili a loro volta: 1. seed financing, 2. start up financing 3. first stage financing. 193 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Gli interventi nelle fasi iniziali del ciclo di vita Il seed financing si osserva quando l’investitore professionale interviene nella fase di sperimentazione dell’iniziativa, nella quale è generalmente assente un business plan adeguatamente strutturato. L’imprese mostra in questa fase non soltanto la necessità di soddisfare un bisogno di finanziamento, ma anche l’esigenza di ricevere una adeguata assistenza tecnica nella predisposizione del piano di attività. Ne deriva che le operazioni in esame vengono effettuate quasi esclusivamente da soggetti con una forte specializzazione di natura settoriale, in quanto muniti delle competenze tecniche e scientifiche indispensabili a valutare la sostenibilità della costituenda iniziativa. Tipicamente si tratta di Società di Venture capital collegate a gruppi industriali operanti in settori limitrofi a quelli di interesse della nascente iniziativa, che erogano un apporto finanziario mediamente contenuto (100.000/150.000 Euro). 194 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Gli interventi nelle fasi iniziali del ciclo di vita Lo start-up financing identifica le operazioni sul capitale di rischio effettuate in un momento in cui l’attività produttiva è già iniziata, sebbene non si abbia ancora conoscenza della validità commerciale del prodotto/servizio offerto. Formalmente la società esiste, con un management già costituito che ha già avviato test sul prodotto e opportune ricerche di mercato. Anche in questo caso le problematiche affrontate dall’impresa sono essenzialmente di natura tecnica, a carattere fortemente specialistico, richiedendo così spesso l’intervento di soggetti professionali con caratteristiche che non si discostano da quelle rilevate nel caso precedente. 195 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Gli interventi nelle fasi iniziali del ciclo di vita Il first stage financing indica infine le operazioni di investimento nel capitale di rischio che riguardano imprese che hanno già completato la fase di avvio dell’attività produttiva, pur restando ancora da valutare appieno le condizioni di validità commerciale del prodotto/servizio offerto. I soci fondatori in tal caso hanno sviluppato su livelli di scala modesti l’iniziativa e intendono avvalersi del supporto di nuovi investitori per poter conseguire l’accrescimento dimensionale. Contrariamente a quanto rilevato nei due casi precedenti, in questo tipo di interventi l’aspetto finanziario risulta prevalente rispetto a quello di natura tecnica, rendendo così possibile anche l’acquisizione di partecipazioni da parte di operatori che non hanno una precedente esperienza di investimento nel settore in cui l’impresa opera. 196 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Gli interventi nella fase della crescita Queste operazioni riguardano le imprese che hanno già raggiunto una adeguata dimensione, ma hanno necessità di rafforzare la struttura finanziaria per poter effettuare il definitivo salto di qualità. Quest’ultimo può richiedere l’attivazione di scelte alquanto complesse come l’acquisizione di altre imprese, la penetrazione in nuovi mercati oppure l’adozione di nuove tecnologie. È proprio la complessità delle scelte in oggetto a richiedere l’intervento di investitori professionali in grado di fornire non solo un contributo di natura finanziaria, ma anche un apporto sotto il profilo strategico, guidando il management nell’identificazione delle opportunità da preferire. Le esigenze di sviluppo dell’impresa si possono anche ricollegare alla volontà di raggiungere una soglia dimensionale adeguata ad affrontare con successo il processo di quotazione in un mercato regolamentato. In questo contesto, l’intervento dell’investitore nel capitale di rischio consiste in un finanziamento ponte (bridge financing) tra lo status di impresa a capitale chiuso e quello di impresa quotata. Egli deve apportare non solo un contributo finanziario in senso stretto, ma anche la consulenza tecnica necessaria affinché la quotazione dell’impresa sul mercato si riveli una operazione di successo. 197 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Le operazioni di cambiamento La terza categoria di interventi sul capitale di rischio si propone di sostenere finanziariamente i processi di cambiamento interni all’impresa, che conducono ad un mutamento dell’assetto proprietario. Si tratta di operazioni che, contrariamente a quelle di avvio e di sviluppo, mostrano un legame meno stretto con il ciclo di vita dell’impresa, potendosi manifestare sia in momenti di crescita sostenuta, sia, soprattutto, nelle fasi della maturità o del declino. Rientrano in questa tipologia le operazioni di ristrutturazione azionaria, dette anche replacement capital, attraverso le quali l’intermediario si sostituisce ad alcuni soci di minoranza non più interessati a protrarre il loro coinvolgimento nell’iniziativa, senza che ciò porti a grandi mutamenti sotto il profilo della strategia aziendale. 198 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Le operazioni di cambiamento L’esigenza di cambiamento all’interno dell’impresa si può manifestare anche a seguito di momenti di crisi o di fasi di forte rallentamento dell’attività. Il superamento di questi momenti richiede spesso un radicale avvicendamento del gruppo proprietario e/o manageriale, che porti la disponibilità di nuovo capitale e un rinnovamento della formula imprenditoriale. Questo tipo di operazioni, definite di turnaround financing, si propongono di recuperare situazioni aziendali deteriorate sostituendo con operatori finanziariamente solidi e capaci di sostenere il peso della ristrutturazione e del rilancio chi, all’interno dell’impresa, non è più in grado di proseguire nell’attività. 199 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’Informal Venture Capital L’Informal Venture capital consiste nell’apporto di capitale di rischio e di professionalità manageriale da parte di investitori privati in favore di imprese che presentano elementi di forte innovazione, dimensioni limitate e sono di nuova o recente costituzione. Questi investitori, chiamati Business Angel, sono generalmente imprenditori o ex manager di impresa che dispongono di eccedenze finanziarie da destinare al sostegno di iniziative imprenditoriali, potendo inoltre fornire una buona rete di conoscenze, nonché capacità gestionali che possono risultare preziose per la conduzione di una nuova attività. L’investimento si posiziona sempre nelle fasi iniziali del ciclo di vita dell’impresa target ed è di ammontare inferiore rispetto a quello effettuato dagli investitori istituzionali, attestandosi su valori mediamente non superiori a 250.000 Euro. I Business Angel sono propensi a concedere risorse alle imprese richiedenti in tempi più brevi e sulla base di un set informativo meno dettagliato rispetto a quello richiesto dal Venture Capitalist vero e proprio, purché ovviamente i richiedenti siano dotati di un adeguato potenziale di crescita. 200 Gestione finanziaria e valutaria di progetti L’Informal Venture Capital Le condizioni di accesso al finanziamento sono per le imprese sostanzialmente meno rigide rispetto a quelle applicate nell’industria del Venture Capital. Un ulteriore elemento peculiare del Business Angel può poi essere rinvenuto nelle motivazioni sottostanti all’intervento. Frequentemente la decisione di investire nell’impresa non è riconducibile all’obiettivo di realizzare un consistente guadagno in conto capitale, essendo spesso influenzata da motivazioni di natura psicologica o reputazionale. Il mercato dell’Informal Venture Capital è qualificabile come un mercato a ricerca diretta della controparte: i datori di risorse, dunque, non possono essere considerati degli intermediari finanziari. L’incontro tra la domanda e l’offerta potenziale di capitale di rischio viene però agevolato dalla presenza di reti locali, chiamate Ban (Business angel network), cioè strutture permanenti che attraverso la costruzione di un data-set informativo agevolano l’identificazione degli imprenditori che sono alla ricerca di capitali di rischio ed esperienze manageriali. 201 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La raccolta di capitale di rischio attraverso il mercato di Borsa La quotazione dell’impresa su un mercato regolamentato rappresenta una ulteriore modalità di raccolta di capitale di rischio da destinare al sostegno dello sviluppo aziendale ovvero una scelta strategica atta a realizzare il mutamento dell’assetto proprietario. Contrariamente a quanto si osserva nei circuiti di scambio di natura privata, in tale ipotesi l’unità produttiva non ricerca uno specifico partner finanziario che, condividendo i programmi gestionali, aderisca alla compagine sociale, bensì si propone di beneficiare del sostegno finanziario di una vasta e indistinta schiera di (piccoli) investitori. L’impresa ha necessità di predisporre, avvalendosi del supporto di intermediari finanziari (Advisor) specializzati nella fornitura di servizi consulenziali in tema di accesso ai mercati mobiliari, una Offerta Pubblica Iniziale (Initial pubblic Offering - IPO). Quest’ultima consiste per l’appunto nell’offrire, per la prima volta, in un mercato regolamento titoli rappresentativi del proprio capitale sociale. 202 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La raccolta di capitale di rischio attraverso il mercato di Borsa La fattibilità ed il successo del collocamento azionario sono però subordinate alla capacità dell’impresa di soddisfare un insieme di requisiti di natura sia formale che sostanziale. Requisiti formali: occorre considerare che l’accesso al mercato dipende dal rispetto delle condizioni di ingresso, stabilite di norma dai regolamenti approvati dalla società di gestione del mercato su cui si intende operare. I requisiti in esame sono relativi alle caratteristiche dell’impresa emittente, nonché a quelle dei titoli oggetto di quotazione. Requisisti sostanziali: diviene indispensabile che l’impresa verifichi anche la sussistenza di un ulteriore insieme di condizioni che, sebbene non esplicitamente previste dalla normativa di riferimento, sono solitamente indispensabili dapprima per affrontare con successo la quotazione, poi per mantenere con continuità lo status di società quotata. 203 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I requisiti sostanziali Si possono suddividere in due tipologie prevalenti: 1. requisiti aventi carattere economico-finanziario; 2. requisiti di natura istituzionale e organizzativa. Tra i primi rientra ad esempio la necessità di godere di un buon posizionamento di mercato, indicativo della disponibilità di adeguate potenzialità di crescita. Inoltre è opportuno che l’unità produttiva disponga di una buona capacità attuale e prospettica di produrre reddito attraverso la propria attività tipica. Le condizioni indicate sono indispensabili affinché le azioni, una volta quotate, possano mantenere con stabilità un adeguato valore di mercato. 204 Gestione finanziaria e valutaria di progetti I requisiti sostanziali Nell’ambito dei requisiti di carattere istituzionale e organizzativo assumono invece rilevanza i seguenti aspetti: 1. la chiarezza del rapporto tra la proprietà e l’impresa; 2. la qualità e la motivazione del management; 3. la formalizzazione e l’efficienza della struttura organizzativa; 4. la presenza di un adeguato sistema di controlli interni; 5. la trasparenza nella contabilità. La valutazione dell’attitudine dell’impresa a soddisfare l’insieme dei requisiti indicati, rientra in una più ampia analisi dei benefici e dei costi derivanti dall’accesso al mercato mobiliare, condotta nell’intento di stabilire la convenienza del progetto di quotazione. 205 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Costi e benefici generati dalla quotazione In tale ambito, i benefici prodotti dalla quotazione vengono di norma esaminati considerando disgiuntamente la posizione dell’impresa e quella dei suoi azionisti di controllo. Impresa: 1) un primo beneficio si manifesta sotto il profilo finanziario, in quanto, oltre all’ampliamento dei canali di finanziamento, la quotazione può generare degli effetti positivi anche nei rapporti con il sistema bancario. Infatti la possibilità di modificare la struttura finanziaria in favore di una maggiore dotazione di mezzi propri, l’accrescimento delle alternative di finanziamento disponibili e la maggiore trasparenza imposta dall’accesso ai mercati di Borsa, possono accrescere la forza contrattuale dell’impresa nei confronti delle banche, migliorando così le complessive condizioni di accesso al credito; 206 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Costi e benefici generati dalla quotazione 2) valorizzazione dell’immagine aziendale. In altre parole, la negoziazione del titolo in un mercato regolamentato accresce la visibilità ed il prestigio dell’impresa creando così nuove opportunità per accrescere la rete di relazioni aziendali; 3) possibilità di motivare il management e i dipendenti attraverso piani di stock option, vale a dire creando una diretta correlazione tra il successo dell’azienda e le opportunità di remunerazione offerte ai soggetti citati. 207 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Costi e benefici generati dalla quotazione Soci: 1) per il gruppo di controllo la quotazione rappresenta uno strumento per poter beneficiare di una rapida monetizzazione, di tutto, o quantomeno di una parte, dell’investimento realizzato. La quotazione ha il pregio di garantire liquidità ed un valore certo alle azioni, migliorando così le opportunità di disinvestimento; 2) attraverso il mercato possono risultare di più agevole risoluzione i problemi conseguenti al passaggio generazionale della proprietà, favorendo scelte di riassetto che non conducono necessariamente alla perdita del controllo da parte della famiglia. 208 Gestione finanziaria e valutaria di progetti Costi e benefici generati dalla quotazione Svantaggi associati alla quotazione: 1) l’assoggettamento al giudizio del mercato pone l’impresa nella posizione di dover costantemente valutare l’opportunità delle scelte gestionali in termini di impatto sulla quotazione dei titoli, e non sulla base di mere valutazioni contabili. 2) le imprese potrebbero dover affrontare importanti cambiamenti di natura organizzativa per soddisfare i requisiti sostanziali, ed in particolare gli elevati obblighi informativi, che l’accesso al mercato ed il mantenimento dello status di società quotata generalmente impone. 3) esigenza di modificare uno stile di gestione radicato nel tempo, tipicamente incentrato su un assetto proprietario chiuso ai soggetti esterni. 4) la convenienza ad accedere al mercato regolamentato dipende infine dall’entità dei costi che devono essere sostenuti sia nella fase preparatoria dell’operazione sia per l’accesso alla quotazione, nonché per la permanenza sul mercato. 209 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La quotazione in Italia Le imprese interessate ad aprire la proprietà a nuovi investitori hanno la possibilità di richiedere la quotazione nei tre mercati azionari gestiti da Borsa italiana S.p.A.: il mercato telematico azionario (MTA), l’MTAX e, infine, il mercato EXPANDI. I primi due mercati condividono gran parte dei requisiti formali di ingresso richiesti agli emittenti, nonché la stessa ripartizione in segmenti, identificati dalle autorità di gestione sulla base della capitalizzazione minima raggiunta dalle società quotate. Al contrario, il mercato EXPANDI si differenzia sotto molteplici aspetti. 210 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La quotazione in Italia Per accedere ai primi due mercati occorre soddisfare requisiti che sono sostanzialmente comuni. E questo sia con riferimento ai requisiti richiesti alle società emittenti, sia a quelli applicati ai titoli che sono oggetto di quotazione. Le società devono aver pubblicato e depositato almeno i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi annuali e devono aver sottoposto l’ultimo bilancio a revisione da parte di società autorizzata, conseguendo un giudizio positivo. L’emittente deve inoltre dimostrare la propria capacità di generare ricavi in condizioni di autonomia gestionale. Le azioni devono presentare una capitalizzazione di mercato prevedibile pari almeno a 40 milioni di Euro e devono essere sufficientemente diffuse presso il pubblico, o anche presso gli investitori professionali qualora le società richiedano l’accesso all’MTAX. Questo requisito si ritiene soddisfatto se i titoli ripartiti tra gli investitori rappresentano almeno il 25% del capitale dell’impresa. 211 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La quotazione in Italia Le azioni quotate nei due mercati in esame confluiscono poi nei tre seguenti segmenti: 1. il segmento BLUE CHIP, dedicato alle società con capitalizzazione superiore a 1.000 milioni di Euro; 2. il segmento STAR, nel quale confluiscono le imprese con capitalizzazione compresa tra 40 e 1.000 milioni di Euro e che collocano almeno il 35% del capitale, impegnandosi nel contempo a rispettare più stringenti requisiti di trasparenza e di liquidità; 3. il segmento STANDARD, all’interno del quale si distinguono i titoli della classe 1, quelli cioè relativi a società che, pur avendo i requisiti previsti per l’accesso al segmento STAR, decidono di non aderirvi, e i titoli della classe 2, relativi a società sprovviste di detti requisiti. 212 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La quotazione in Italia Ai fini dell’accesso al mercato EXPANDI è sufficiente che le società abbiano pubblicato e depositato i bilanci relativi agli ultimi due esercizi, di cui almeno l’ultimo corredato da un giudizio positivo espresso da una società di revisione. Inoltre gli emittenti devono rispettare i requisiti quantitativi di profittabilità e di struttura finanziaria contenuti nelle Istruzioni elaborate dalle autorità di gestione del mercato. L’impresa deve cioè mostrare nell’ultimo esercizio un utile netto pari almeno a 100.000 Euro e presentare nel contempo un risultato delle attività ordinarie di valore positivo. Inoltre si richiede che il rapporto tra la posizione finanziaria netta, espressa in valore assoluto, ed il risultato operativo non sia superiore a 4. 213 Gestione finanziaria e valutaria di progetti La quotazione in Italia Per quanto concerne i requisiti fissati per le azioni, si richiede una capitalizzazione di mercato prevedibile di almeno 1 milione di Euro e una diffusione tra il pubblico, ovvero presso investitori professionali, di almeno il 10% del capitale della società. Le differenze brevemente sintetizzate nelle condizioni di accesso ai tre mercati azionari gestiti da Borsa Italiana S.p.A., e all’interno di essi tra i diversi segmenti, hanno modo di incidere sulla scelta di collocamento da parte dell’impresa emittente. Il mercato EXPANDI viene ad esempio ritenuto dalle autorità di gestione più adatto a soddisfare le esigenze di finanziamento delle unità di più piccola dimensione, vale a dire con un volume di ricavi quantificato nella misura di 100 milioni di Euro, mentre il segmento STAR è giudicato più funzionale alle società di medie dimensioni, ossia con un fatturato tra i 100 ed i 1.000 milioni di Euro. 214
© Copyright 2024 Paperzz