Il Sole 24 Ore - UNITELNews24 Le Newsletter de Il Sole 24 ORE Percorsi di informazione ed approfondimento per professionisti, aziende e Pubblica Amministrazione Servizio di informazione ed approfondimento in tema di ambiente, appalti, edilizia, urbanistica e sicurezza Chiuso in redazione il 10 dicembre 2014 87 © 2014 Il Sole 24 ORE S.p.a. I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze Sede legale e Amministrazione: via Monte Rosa, 91 – 20149 Milano a cura della Redazione Edilizia e PA de Il Sole 24 ORE e-mail: [email protected] tecnici24.ilsole24ore.com n. 87 – dicembre 2014 Sommario Pagina NEWS Ambiente, antincendio, appalti, economia e finanza, edilizia e urbanistica, energia, lavoro e previdenza, Pubblica Amministrazione, Pubblico Impiego, rifiuti, sicurezza 4 RASSEGNA DI NORMATIVA Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Appalti, beni culturali, edilizia e urbanistica, energia, Amministrazione, rifiuti, sicurezza ed igiene del lavoro 39 inquinamento, Pubblica 51 APPROFONDIMENTI Ambiente RESSO INS TALLAZIONI IN AIA ALLA L UCE DELLE MO DIFICHE "COMPETITIVITÀ E CRESCITA" L’articolo 13, c. 4, del D.L. n. 91/2014, conv. con modificazioni, in l. n. 116/2014, Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria,… Marco Fabrizio, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 11 dicembre 2014 IL RECUP ERO D I RIFIUTI P INTRODOTTE DAL DECRETO 56 Ambiente LE NUOVE NORME PER LA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Il Decreto Sblocca Italia (Decreto Legge, testo coordinato 12.09.2014 n° 133, G.U. 11.11.2014) contiene rilevanti novità relative ai servizi pubblici locali, in particolare per quanto riguarda il servizio idrico integrato. Giovanni La Banca, Il Sole 24 ORE – Ambiente24, 10 dicembre 2014 61 Ambiente ASSOGGETTABILITÀ A VIA: MANCA IL DECRET O ATTUATIV O E LE REGIONI INTERP RETANO "CASO PER CASO" È con l’inerzia caratteristica dei corpi pesanti che si vanno dispiegando gli effetti delle disposizioni normative in materia di VIA introdotte dal D.L. n. 91 del 24 giugno 2014 Carla Cimoroni, Il Sole 24 ORE – Ambiente24, 12 dicembre 2014 65 Appalti LA TRASPARENZA NEGLI ENTI LOCALI La trasparenza è uno dei principi che devono necessariamente reggere l’attività amministrativa, insieme a quelli di economicità, efficacia, imparzialità e pubblicità, fissati dall’art. 1, L. 7 agosto 1990, n. 241.Marco Porcu, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 25 novembre 2014 69 Pubblica amministrazione I COMUNI E LA LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE La contraffazione è un fenomeno che colpisce soprattutto le aree urbane, manifestando i suoi effetti in numerosi campi dell’economia e del vivere in comunità. Simone D’Antonio, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa, 30 Novembre 2014, n. 11/12 UNITELNews24 72 2 Pubblica amministrazione LA P UBBLICAZIONE D EI D OCUMENTI CONTAB ILI E LE ALTRE MISURE PER L A TRASP ARENZA DELLA FINANZA LOCALE Il Dlgs n. 126/2014, recante disposizioni integrative e correttive al Dlgs n. 118/2011, ha introdotto, con l’adeguamento dei sistemi informativo-contabili… Paolo Canaparo, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa, 30 Novembre 2014, n. 11/12 78 Pubblico Impiego I VINCOLI AL FINANZIAMENTO DEL TRATTAMENTO ACCESSORIO Con deliberazione n. 26/Qmig del 21 ottobre 2014, la sezione autonomie della Corte dei conti ha chiarito, con pronuncia di orientamento generale Donato Centrone, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa – 30 Novembre 2014, n. 11/12 85 Pubblico Impiego NO AL LICENZIAMENTO SENZA P REAVVISO DEL DIPENDENTE PUBBLICO IN DIFETTO DI SENTENZA DI CONDANNA Interessante questione è quella decisa con la sentenza n. 24728/14 dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro… Mario Piselli, Il Sole 24 ORE - Guida agli Enti Locali - Edizione del 21 novembre 2014 Numero OnLine 89 Pubblico Impiego DIRITTI D I ROGITO DEI S EGRETARI, NEI P ICCOLI ENTI D OPO IL TAGLIO P OSSONO ANCH E AUMENTARE I segretari dei Comuni in cui non vi sono i dirigenti possono percepire i diritti di rogito per l'intera quota introitata dall'ente, purché restino entro il tetto di 1/5 del proprio trattamento economico annuo. Arturo Bianco, Il Sole 24ORE – Guida agli Enti locali, Edizione del 26 novembre 2014 Numero OnLine 91 Pubblico Impiego ASSUNZIONI, LA SEZIONE AUTONOMIE BLOCCA IL CONTEGGIO DEI «RESTI» PER IL TURN OVER Gli enti locali, nel 2014, non possono utilizzare, quale capacità assunzionale, i "resti" provenienti dagli anni precedenti. Gianluca Bertagna, Il Sole 24ORE – Guida agli Enti locali, Edizione del 26 novembre 2014 Numero OnLine 93 L’ESPERTO RISPONDE Appalti, edilizia e urbanistica, fisco, rifiuti, sicurezza ed igiene del lavoro 95 UNITELNews24 3 Ambiente La IPPC: pubblicate le linee di indirizzo sulle modalità applicative della disciplina Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha emanato in data 27 ottobre 2014 la Circolare, prot. 0022295 GAB “Linee di indirizzo sulle modalità applicative della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, recata dal Titolo III-bis alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n.46”. Le linee guida chiariscono i seguenti punti: 1. Definizione di sito 2. Definizione del concetto di attività connessa 3. Applicazione dell’istituto del rinnovo periodico 4. Modalità di gestione dei procedimenti in corso 5. Presentazione della relazione di riferimento 6. Soglie delle attività di fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi 7. Chiarimenti in merito alla nozione di pollame 8. Chiarimenti in merito alla nozione di frantumatori di rifiuti metallici 9. Oggetto dei controlli 10. Sospensione dell’autorizzazione 11. Chiarimenti in merito alla capacità di incenerimento 12. Chiarimenti in merito agli obblighi di pubblicazione 13. Chiarimenti in merito all’impiego delle linee guida MTD 14. Primi chiarimenti in merito agli impianti esistenti non già soggetti ad AIA. (Francesca Sartori, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 29 novembre 2014) Appalti Nelle gare pubbliche regolarizzazioni in dubbio per il Durc Forti incertezze sui Durc (documento unico di regolarità contributiva) per le imprese che intendano partecipare a gare pubbliche. La sentenza del Tar Bologna 27 novembre 2014 n. 1153 ritiene che UNITELNews24 4 l’impresa debba attestare con Durc la regolarità contributiva con riferimento al momento della partecipazione alla gara. Non si possono quindi regolarizzare i debiti previdenziali fruendo del termine quindicinale che l’ente previdenziale è tenuto ad assegnare all’impresa per fruire di «agevolazioni normative e contributive» (art. 7 Dm lavoro 24 ottobre 2007). La regolarizzazione sarebbe possibile solo per il cosiddetto Durc “interno”, ossia quello rilasciato dall’Inps per il riconoscimento di benefici o sgravi contributivi all’impresa, mentre per partecipare alle gare occorre il Durc “esterno”, per il quale non è prevista la regolarizzazione. Di segno opposto è la sentenza del Consiglio di Stato 14 ottobre 2014 numero 5064, la quale sottolinea che l’ente previdenziale è obbligato a consentire all’impresa di regolarizzare la posizione, e ciò si riverbera in senso favorevole sugli appalti. La tesi del Consiglio di Stato è condivisa anche dal Tar del Lazio, che nell’ordinanza sospensiva 4 dicembre 2014 n. 6255 si è espresso favorevolmente alla regolarizzazione. La possibilità di fruire di 15 giorni per regolarizzare la posizione contributiva (art. 7 Dm 24 ottobre 2007), senza quindi distinguere tra Durc interno ed esterno, sembra anche coerente con l’articolo 4 del Dl 34/14 (convertito in legge 78/14), norma che consentirà di sostituire il Durc con un’interrogazione telematica. Quando l’interrogazione sarà possibile (si attende un decreto del Lavoro) essa sarà valida sia a fini previdenziali, sia per partecipare a gare di appalto, ed è previsto che siano individuati i «requisiti di regolarità» e le «tipologie di pregresse irregolarità» ostative al godimento di benefici normativi e contributivi. Quindi, non esiste né una regolarità assoluta, né un’irregolarità netta, ma sono possibili zone intermedie, coerenti all’elasticità che l’articolo 38 del Dlgs 167/06 (sugli appalti pubblici) individua con il concetto di «violazioni gravi, definitivamente accertate» che il Durc aiuta ad individuare. Inoltre va tenuta presente la modifica della legislazione sugli appalti introdotta dall’art. 39 co.1 del Dl 90/14 (convertito in legge 114/14): l’articolo 38 del Dlgs 163/06 sui Lavori Pubblici è stato arricchito del comma 2 bis, il quale consente una certa elasticità e quindi autorizza a leggere il Durc come regolarizzabile. La norma del 2014 prevede infatti che in mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale della partecipazione a gare generi una sanzione tra mille e 50mila euro e apra le porte ad una regolarizzazione entro 10 giorni. Se esistono quindi le procedure per regolarizzare il Durc e anche le sanzioni per bilanciare eventuali irregolarità, anche il Durc può essere regolarizzato. (Guglielmo Saporito, Il Sole 24ORE – Norme e Tributi, 10 dicembre 2014) Il soccorso istruttorio alla luce della nuova disciplina L’istituto del soccorso istruttorio è disciplinato dall’art. 46, comma 1 D.Lgs. 163/2006, ai sensi del quale “… le Stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”. La norma è stata subito oggetto di un ampio dibattito dottrinario e giurisprudenziale, articolato tra le teorie ispirate al principio del favor partecipationis e quelle volte al rispetto dell’opposto principio della par condicio. UNITELNews24 5 La prima soluzione normativa alla vexata quaestio viene fornita dall’introduzione del comma 1-bis dell’art. 46, D.Lgs. 163/2006 che stabilisce l’esclusione dalla gara solo nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, limitando, fortemente, la discrezionalità della P.A. nella determinazione della normativa di gara. La tassatività può ritenersi rispettata, dunque, non solo attraverso l’introduzione di specifiche clausole di esclusione, ma anche quando, pur non prevedendo espressamente l’esclusione, si impongano, tuttavia, adempimenti doverosi o introducano norme di divieto, qualora sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2014; id. n. 23/2013; id. n. 21/2013). Tutto ciò in applicazione del generale principio del giusto procedimento (art. 3, L. 241/1990) che impone all’Amministrazione di superare il rigido formalismo in favore del principio del favor partecipationis, ovviamente assicurando il pieno bilanciamento con i principi della par condicio, dell’imparzialità e del buon andamento della P.A. Di tal ché, il soccorso istruttorio troverà applicazione in ipotesi in cui si dovrà completare o correggere errori materiali e refusi di dichiarazioni o documenti già presentati, inerenti ai requisiti di ordine generale. Anzi, esso diventa doveroso, in applicazione del principio di leale collaborazione (art. 46, D.Lgs.163/2006), in virtù del quale la Stazione Appaltante è tenuta a richiedere o a consentire la suddetta integrazione, in modo da rendere conforme l’offerta quanto richiesto dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato 25 luglio 2014, n. 3962; T.A.R. Lazio 14 aprile 2014, n. 4031). Il nuovo soccorso istruttorio Il D.L. 24.6.2014, n. 90 (conv.dalla L. 11472014) introduce una profonda innovazione con l’art. 39: “Semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento dei contratti pubblici”. Viene inserito il comma 2-bis all’art. 38 D.Lgs.163/2006, che stabilisce che il soccorso istruttorio è sempre possibile non solo per regolarizzare documenti già presentati, ma anche per integrare una documentazione mancante con cui il concorrente è chiamato ad attestare il possesso dei requisiti di ordine generale. La norma si estende anche ai requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi ex art. 46, comma 1-ter relativa a tutte le ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara. Viene stabilita, dunque, la prevalenza del dato sostanziale su quello formale, in quanto diventa elemento imprescindibile il reale possesso di determinati requisiti e non la completezza della documentazione di gara. UNITELNews24 6 Sicché il concorrente che ha presentato una dichiarazione ex art. 38 incompleta, o che ha omesso in toto di presentarla, non può, ipso facto, essere escluso dalla gara, dovendo sempre essergli consentito di sanare le omissioni, dimostrando di essere comunque in possesso di tutti i requisiti di ordine generale di cui all’art. 38. Il nuovo istituto del soccorso istruttorio prevede due differenti patologie della fattispecie procedimentale. In primis, si fa riferimento alla sanabilità di irregolarità essenziali (es., l’assenza del documento di identità che deve accompagnare la dichiarazione in modo che questa possa produrre i suoi effetti sostitutivi dei certificati), nel qual caso la Stazione Appaltante sarà obbligata a esercitare il dovere del soccorso istruttorio, con imposizione, al concorrente, del pagamento di una sanzione pecuniaria e di procedere a integrare la documentazione nei termini stabiliti dalla stessa. In assenza di tali adempimenti, il concorrente sarà escluso. In secundis, nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la Stazione Appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. E in ciò si sostanzia l’elevata portata innovativa della disposizione in esame, in quanto permette, seppur entro certi limiti, l’integrazione degli elementi documentali essenziali anche quando gli stessi non sussistevano in sede di presentazione dell’offerta, creando, con ciò, difficoltà interpretative in una fase procedimentale (quella dell’ammissione o meno al procedimento degli operatori economici) che esige trasparenza e pari condizioni, non vantaggi arbitrari o elusivi delle norme in materia. La problematicità dell’innovazione che, anziché semplificare, sembrerebbe complicare la procedura di gara, viene analizzata, seppur in via incidentale, dalla prima giurisprudenza amministrativa emersa sul punto. Anche se trattavasi di una fattispecie sorta in vigenza della precedente normativa, il Consiglio di Stato ha preso atto dello ius superveniens di cui alla presente trattazione, affermando che, a seguito della semplificazione così intervenuta, «in ogni caso andranno risolti problemi esegetici in sede applicativa e, con riguardo alle fattispecie analoghe a quella all’esame e cioè alla omessa dichiarazione di pregresse condanne, non appare possa, anche in caso di successiva regolarizzazione, eliminarsi del tutto, ove non esplicitato, il “filtro” dell’Amministrazione» (v. Cons. Stato, Sez. III, 8 settembre 2014, n. 4543; T.A.R. Puglia, Lecce, n. 2358/2014). Alla luce delle argomentazioni suesposte, sembrerebbe, da una prima analisi normativa e giurisprudenziale, che la nuova normativa così introdotta potrebbe, al netto delle esigenze di semplificazione che intende meritevolmente perseguire, creare delle problematicità afferenti al corretto bilanciamento degli interessi in gioco, in particolare quello della par condicio e quello opposto del favor partecipationis. UNITELNews24 7 (Giovanni La Banca, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24, 10 dicembre 2014) Affidamento di servizi complementari senza gara L’affidamento diretto di servizi complementari all’oggetto del progetto o del contratto originario, ai sensi dell’art. 57, comma 5 D.Lgs. 163/2006, non può prescindere dal verificarsi di una circostanza imprevista, non imputabile alla condotta dell’amministrazione. Questo, il principio affermato dal Consiglio di Stato, con la sentenza 25 novembre 2014, n. 5827, nell’ambito di un contratto per la fornitura di un multi servizio tecnologico. Nel caso in esame, l’amministrazione aveva affidato direttamente, al soggetto gestore del servizio, attività manutentive di impianti tecnologici non ricomprese nel contratto originario. Con la decisione in commento, i Giudici amministrativi ritengono illegittimo l’agire dell’Ente, poiché non hanno ritenuto esistenti i presupposti per poter procedere all’affidamento diretto, ovvero, il verificarsi di una circostanza imprevedibile e l’esecuzione di attività necessarie per l’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale. La sentenza, considera il nuovo affidamento una illegittima estensione del contratto originario, mentre l’imprevedibilità richiesta dalla norma, non si è verificata. Non è stata ritenuta infatti plausibile la “controversa” motivazione addotta dall’amministrazione, anche perché il verificarsi della circostanza c.d. imprevedibile è dipesa da un comportamento non diligente della P.A. (Marco Porcu, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24, 1 dicembre 2014) Appalti, rischi penali per chi permette varianti ingiustificate Più sono «aggressivi» i ribassi con i quali vengono aggiudicati gli appalti, più frequenti sono le varianti in corso d’opera, che spesso consentono all’appaltatore di recuperare gli “sconti” offerti all’inizio e si giustificano solo formalmente con le classiche «cause impreviste e imprevedibili» che permettono di riformare i contratti. E non è solo un fatto di frequenza: quando il ribasso d’asta iniziale è stato superiore al 30%, almeno il 50% delle varianti approvate presentano problemi di varia importanza, che se messi sotto controllo potrebbero sfociare in responsabilità anche penali nei confronti di chi ha aggiudicato la gara. Non solo: nel 90% dei casi, l’importo della variante è vicinissimo al ribasso d’asta iniziale, annullando di fatto il risparmio. A dirlo è il primo esame delle varianti effettuato dall’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Il rapporto a volte perverso fra aggiudicazioni con ribassi extra e “correzioni” successive in corso d’opera è un fatto noto, al punto che proprio per contrastare fenomeni di questo tipo il decreto sulla Pubblica amministrazione (articolo 37 del Dl 90/2014) ha imposto agli enti pubblici di trasmettere le varianti all’Autorità. I numeri elaborati dall’Anac, però, offrono per la UNITELNews24 8 prima volta una misurazione puntuale del fenomeno, e già evidenziano «condotte ricorrenti» che «nella loro reiterazione testimoniano un’applicazione distorta dell’istituto della variante in corso d’opera». Il rapporto evidenzia in particolare undici di queste condotte ricorrenti, a partire dalle varianti approvate sulla base di «motivazioni non coerenti» o addirittura «in sanatoria» di lavori già eseguiti o ultimati fino alle modifiche che coprono errori di progettazione oppure che si presentano come migliorative, ma in realtà finiscono per «comportare una sensibile riduzione della qualità complessiva della realizzazione», per esempio quando prevedono l’utilizzo di materiali e tecnologie meno pregiate di quelle previste nel contratto originario senza però modificare il costo. L’analisi dell’Anac non si limita, tuttavia, a passare in rassegna la “fenomenologia della variante”. Il passaggio cruciale, anzi, è quello successivo, che porta l’autorità a evidenziare le ricadute che queste prassi possono avere in termini di responsabilità a carico delle stazioni appaltanti. Il Codice dei contratti (articolo 132 del Dlgs 163/2006) permette infatti di modificare il contratto iniziale solo quando ricorrono precise circostanze, come le cause o i rinvenimenti «imprevisti e imprevedibili» oppure le «sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari» che mettono fuori regola l’appalto originario. L’ampia maggioranza dei casi arrivati all'Anac sono giustificati con il primo gruppo di motivazioni, quelle legate ai fattori imprevedibili, che però nelle relazioni dei responsabili del procedimento spesso non sono dimostrate e servono «a nascondere carenze progettuali». Quando il responsabile unico del procedimento riporta nella relazione «circostanze non veritiere» oppure «motivazioni incoerenti con gli elementi di fatto», avverte il documento firmato da Cantone, non si limita a perseguire «una scarsa trasparenza amministrativa», ma rischia di «integrare la fattispecie penalmente rilevante di falso in atto pubblico». Non solo, perché con la trasmissione della relazione all’Anac può scattare la sanzione fino a 51.545 euro dedicata dal Codice (articolo 6, comma 11 del Dlgs 163/2006) a chi «fornisce informazioni o esibisce documenti non veritieri»: a far scattare la sanzione sarebbe la stessa Autorità. Conseguenze importanti possono ricadere anche sul responsabile del procedimento che approva varianti «in sanatoria», per regolarizzare opere già eseguite. Chi firma queste correzioni ex post, spiega l’Anac, «finisce per declinare alle proprie funzioni di controllo, nonché ai compiti di vigilanza sull’ammissibilità delle varianti in corso d’opera», e presta il fianco alle responsabilità erariali e disciplinari. (Gianni Trovati, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 25 novembre 2014) Sugli appalti controlli solo formali Le stazioni appaltanti fanno ampio utilizzo delle procedure negoziate per l’affidamento degli appalti, UNITELNews24 9 in un contesto di forte contrazione del mercato e con una maggiore complessità dei percorsi selettivi. La fondazione PromoPA e l’Università di Roma Tor Vergata hanno analizzato, nell’edizione 2014 del rapporto «Come appalta la Pa» (che sarà presentato domani a Roma alla sede Ance) le dinamiche del sistema degli affidamenti di lavori, servizi e forniture, mediante un confronto con gli esperti delle amministrazioni aggiudicatrici e l’elaborazione delle informazioni rilasciate dall’Autorità di vigilanza. L’analisi dei dati pubblicati dall’Anac ha evidenziato per il 2013 l’andamento negativo degli appalti di lavori, con una diminuzione del 13% delle procedure ordinarie (alla quale corrisponde una contrazione del 6% dei volumi economici) e addirittura del 21% delle procedure di partenariato pubblico-privato (con una riduzione di oltre il 50% delle risorse investite). Dalla contrazione del mercato viene stimata in media una perdita in termini di volume di affari del 16,8 per cento. Dal confronto con i soggetti che nelle amministrazioni pubbliche e nelle società partecipate si occupano di appalti emerge come sia chiaramente percepita una tendenza consolidata all’aumento dei ribassi, che va di pari passo con un aumento della complessità delle procedure per affidamento ed esecuzione degli appalti. Sull’anticorruzione e sulla trasparenza il giudizio appare univoco e tendenzialmente negativo: le norme, oltre ad essere giudicate poco efficaci nella loro ratio, sono considerate non idonee a migliorare la qualità delle procedure ma percepite come ulteriore appesantimento degli adempimenti. Tra gli operatori è comunque diffusa la convinzione che l’intervento in grado di incidere in misura forte sulla trasparenza sia l’introduzione di tecnologie nel processo di appalto, da accompagnare alla revisione del sistema delle Soa e la diffusione dei Protocolli di legalità. Allo stesso tempo, però, in merito all’AvcPass, la ricerca rileva le molte perplessità degli operatori, per il timore che il sistema si riveli un appesantimento. Pur a fronte del maggior utilizzo del «Mepa» e delle procedure telematiche (ma con un indice ancora molto basso rispetto al totale) permane un notevole utilizzo degli albi fornitori, soprattutto da parte delle società partecipate, ma con una ridottissima percentuale di casi nei quali è adottato un modello di valutazione dei fornitori. A questo aspetto corrisponde, in relazione all’esecuzione dei contratti, l’utilizzo di strumenti di controllo in circa il 50% delle amministrazioni, anche se con una prevalenza di soluzioni di verifica poco strutturate. Per individuare i fornitori le stazioni appaltanti fanno largo uso della procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara (26%), anche se aumenta il ricorso alle procedure aperte (24%), che risultano comunque quelle con maggior volume economico gestito. La scelta di ricorrere alla procedura negoziata è determinata da esigenze di semplicità del percorso ed è connessa anche alla UNITELNews24 10 riduzione del valore degli interventi trattati, ma curiosamente la ricerca evidenzia che molti operatori vi ricorrono perché la normativa ha allentato i vincoli al suo utilizzo. Le stazioni appaltanti dimostrano di essere molto legate al metodo selettivo più semplice e immediato, poiché nel totale delle procedure prevale largamente la valutazione delle offerte con il criterio del prezzo più basso (68%) con una forte contrazione del ricorso a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. «Le gare al massimo ribasso - riflette Ezio Melzi, ad di BravoSolution che ha collaborato alla definizione del rapporto - sono invise alle imprese che puntano su modalità più meritocratiche e meno penalizzanti dal punto di vista economico. Oggi le soluzioni tecnologiche ci sono, e le Pa potrebbero dare il giusto spazio alla componente qualitativa non solo nell’aggiudicazione, ma anche con meccanismi trasparenti di valutazione delle performance dei fornitori». (Alberto Barbiero, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 24 novembre 2014) Atti riservati se la gara è «chiusa» Nuovi limiti all'accesso agli atti di gara da parte di un concorrente, se non c'è possibilità di ribaltare il risultato. Li pone il Tar di Milano con la sentenza 30 ottobre 2014 n. 2587, che applica la riservatezza anche a servizi di pulizia. L'accesso è un diritto generale previsto dalla legge 241/1990 per favorire la partecipazione e assicurare imparzialità e trasparenza dei procedimenti, ma a condizione che ci sia un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata (articoli 22 e 24). Poi sono sopravvenute più norme, che hanno applicato il principio con intensità diversa di volta in volta, allargando o limitando l'accesso (si veda la scheda sulla destra). Punto di equilibrio tra restrizioni e ampliamenti è l'articolo 3 del Dpr 184/2006, che obbliga le amministrazioni ad informare i controinteressati (cui si riferiscono i dati oggetto di accesso), affinché esprimano o meno il proprio consenso. Per il Tar di Milano, la norma sull'accesso civico (il Dlgs 33/2012, articolo 3) non amplia i diritti che spettano ai partecipanti alle gare: per questi ultimi l'accesso è garantito, ma deve collegarsi a un'esigenza di difesa in giudizio. Ciò significa che l'ente pubblico che ha gestito la gara deve effettuare un accurato controllo in ordine all'effettiva utilità, per il richiedente, della documentazione richiesta. Nel caso specifico, poiché l'impresa di pulizie che chiedeva l'accesso alla documentazione si era classificata sesta e non aveva impugnato l'esito della gara, non è emerso un interesse concreto ed attuale a conoscere l'analisi dei costi dell'offerta della prima classificata. Quando le gare si svolgono sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa (e non sulla base del prezzo più basso), può essere utile conoscere soluzioni, innovazioni e specifiche tecniche delle offerte risultate UNITELNews24 11 aggiudicatarie. Con un accesso agli atti di gara si possono conoscere fornitori, sistemi di organizzazione, tecnologie utili per successive gare. Per ottenere ciò occorre tuttavia motivare l'istanza di esibizione, affermando di aver intenzione di rivolgersi ad un organo giurisdizionale per tutelare i propri interessi. Quando vi è una richiesta del genere, cioè un cosiddetto accesso difensivo, l'unico argomento che può tutelare la riservatezza dei dati delle imprese vincitrici è il diritto alla riservatezza commerciale dei dati tecnologici, dei brevetti o dei segreti commerciali o industriali. In particolare se si tratta di forniture, migliorie e tecniche di manutenzione. La fonte di questo diritto alla riservatezza dei dati è la Direttiva comunitaria 93/36 (articolo 9, numero 3), che limita la pubblicazione di informazioni successive ad una gara che possano pregiudicare interessi commerciali o generare una concorrenza sleale. Il chiarimento più utile su questa norma comunitaria proviene dalla Corte di giustizia della Ue (sentenza della causa C-450/06, resa nel 2008), che riguardava una controversia relativa alla gara per fornire le maglie dei cingoli destinati ai carri armati di tipo Leopard. Respingendo – nella sostanza – l'istanza di accesso di un produttore che voleva conoscere le tecniche costruttive di altri concorrenti, la Corte ha sottolineato che la commissione di gara deve garantire la riservatezza ed il rispetto dei segreti commerciali. Anche alle imprese di pulizie, nel caso deciso dal Tar di Milano, è stato applicato lo stesso principio di riservatezza. L'argomentazione è stata che l'azienda interessata potrebbe imitare tecniche altrui attraverso la scorciatoia dell'accesso alle offerte di gara. Le modifiche alla 241 CONTRATTI PUBBLICI Gli articoli 13 e 79 del Dlgs 163/2006 consentono l'accesso, esclusi appalti segretati per sicurezza nazionale (articolo 17) SPECIFICHE E ASTE Ci sono norme particolari su specifiche tecniche di forniture, lavori e servizi (Dlgs 152/2008) e aste elettroniche (articolo 85, comma 12, Dlgs 163/2006) LIMITAZIONI Riguardano andamento dei lavori e riserve (articolo 234, Dpr 207/2010) ACCESSO CIVICO Il Dlgs 33/2012, articolo 3, consente a chiunque di conoscere i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria: concorsi, sovvenzioni, esiti (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 13 novembre 2014) Servizi pubblici, l'interdittiva non conta È legittimo non interrompere il contratto pubblico di fornitura o prestazione di servizi con l'impresa vincitrice colpita da informazione interdittiva antimafia se questa non è sostituibile in tempi rapidi e UNITELNews24 12 la fornitura o il servizio è essenziale per l'interesse pubblico. Lo ha stabilito il Tar della Campania, sede di Napoli, con la sentenza n. 5692/2014, resa dalla Prima sezione e depositata il 5 novembre. I giudici hanno respinto il ricorso di un consorzio di aziende che aveva chiesto alla Regione di subentrare alla società cui era stato affidato in via provvisoria il servizio di trasporto pubblico locale, dopo che la società era stata sottoposta alle misure preventive del prefetto, in seguito agli accertamenti degli organi di polizia. Secondo il Tar, «ha natura eccezionale e suscettibile esclusivamente di stretta interpretazione» la norma del Codice degli appalti (articolo 140, Dlgs 163/2006) che consente di interpellare gli altri migliori offerenti – fino al quinto, aggiudicatario escluso – nel caso di interdittiva antimafia, ma anche per fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell'appaltatore, risoluzione del contratto per reati accertati, decadenza dell'attestazione di qualificazione, gravi inadempimenti, irregolarità o ritardi. La norma, afferma il Tar, «proprio perché riferita esclusivamente ai contratti relativi ai lavori pubblici e in quanto norma di stretta interpretazione non è applicabile ai contratti aventi ad oggetto prestazioni diverse dalla esecuzione di lavori pubblici, con particolare riferimento ai contratti per forniture o per prestazione di servizi». Per i giudici, confermando il gestore nonostante l'interdittiva, la Regione non ha fatto altro che garantire le «esigenze di continuità del servizio». In questo modo, ha applicato correttamente il Codice antimafia (comma 3, articolo 94, Dlgs 159/2011) che permette a tutte le Pa – inclusi enti vigilati o controllati dallo Stato, stazioni uniche appaltanti e concessionarie di opere pubbliche – di proseguire autorizzazioni, concessioni e contratti se l'opera è in corso di ultimazione o, come nel caso in esame, non è sostituibile in tempi brevi chi fornisce beni e servizi ritenuti essenziali per l'interesse pubblico. (Francesco Clemente, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi 24, 14 novembre 2014) Catasto Riclassamento sempre motivato È illegittimo il riclassamento catastale che non indichi gli elementi necessari per giustificare le ragioni della variazione. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 23247 del 2014, che annulla un classamento che l'Amministrazione aveva operato con un richiamo solo generico alle espressioni contenute nella norma che prevede modifiche di classe (nel caso specifico, l'articolo 1, comma 335 della legge 311/2004). «Questa sentenza – sottolinea il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici – è la prova della fondatezza della nostra posizione critica nei confronti di tutti quegli accertamenti». In particolare, si discuteva di un castello composto da 38 unità, a nove delle quali l'Agenzia delle UNITELNews24 13 entrate aveva negato l'attribuzione della specifica categoria (A 9: castelli, palazzi con eminenti pregi artistici o storici). Per fare ciò, l'ufficio si era limitato a richiamare la circostanza che il Comune avesse richiesto la revisione del classamento, e aveva richiamato una generica «evoluzione del mercato immobiliare» per negare a nove unità immobiliari la categoria A 9. Secondo la Cassazione, invece, per modificare un classamento e cioè il valore degli immobili presenti nella micro zona, sarebbe stato necessario dimostrare un significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona stessa, indicando il suddetto rapporto e le dimensioni del relativo scostamento. Di qui l'annullamento del provvedimento dell'Agenzia delle entrate, ed è il ritorno delle nove immobiliari nella categoria A 9. Accogliendo le tesi del contribuente, la Cassazione tributaria illustra la procedura che l'Agenzia deve effettuare quando attribuisce un nuovo classamento a seguito di variazioni: se la variazione si ricollega a trasformazioni edilizie subite dall'unità immobiliare, l'atto deve recare l'analitica indicazione di tali trasformazioni; se il nuovo classamento è adottato nell'ambito di una revisione dei parametri catastali delle microzone in cui l'immobile situato, a causa di un significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona stessa rispetto all'analogo rapporto tra valore di mercato e catastale nell'insieme delle micro zone comunali, l'Agenzia deve indicare i suddetti rapporti tra valori e lo scostamento che emerge tra i valori stessi (di mercato e catastale). (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 novembre 2014) Riforma del catasto a corto di dati Il crollo del mercato immobiliare impone una revisione in corsa del sistema di calcolo delle future rendite: a oggi mancano spesso i dati necessari alle elaborazioni statistiche. Ieri, al convegno svoltosi a Milano nell'ambito di Urbanpromo 2014 sulla riforma degli estimi, il vicedirettore delle Entrate, Gabriella Alemanno, ha illustrato come la struttura dell'ex Territorio stia andando avanti: «Abbiamo costituito un gruppo di lavoro che a breve ultimerà la bozza del decreto legislativo sulla riforma del sistema estimativo, che l'autorità politica porterà poi avanti. Ma vogliamo garantire la "comprensibilità sociale" dell'operazione, con la massima trasparenza e collaborazione con professioni e operatori». Le risorse, tuttavia, restano un problema da definire. A margine del convegno, Gabriella Alemanno ha spiegato che, riguardo alle convenzioni con gli ordini professionali per il necessario supporto «non so se saranno gratuite. La questione risorse è allo studio di un gruppo di lavoro specifico». Sono comunque già stati stanziati 205 milioni per i prossimi cinque anni. A segnalare il problema maggiore è stato Arturo Angelini, della direzione del catasto: «Ci sono quasi 5mila Comuni dove, nell'ultimo triennio, sono state effettuate meno di cento compravendite. Su questa base mancano le grandi quantità di dati che sono il presupposto per un serio approccio statistico. E se è un problema per le unità a destinazione ordinaria, figuriamoci per quelle speciali!». La soluzione è quella di allargare gli ambiti territoriali: «Delle attuali 30mila microzone UNITELNews24 14 alcune migliaia verranno accorpate, in modo da avere dati a sufficienza» ha detto Gianni Guerrieri, il coordinatore del gruppo che sta lavorando al prossimo decreto legislativo (l'unico approvato, per ora, è quello sulle commissioni censuarie, peraltro prodromico a tutto il resto). Anche perché l'alternativa sarebbe fare stime puntuali «Che con 63 milioni di unità immobiliari è piuttosto difficile». Sulla validità del metodo statistico ha espresso forti dubbi Antonio Anzani, presidente di Aspesi (promotori immobiliari), citando una serie di casi di immobili a prezzo reale zero o quasi ma con valore catastale elevato. «Ma la riforma non potrà tenere conto degli infiniti casi singoli - ha replicato Guerrieri -. Altrimenti non la faremo mai. Si tratta di ridurre il valore di dispersione tra valori di mercato e catastali, attualmente fermi a 41, almeno a 25, rimuovendo almeno in parte le iniquità». Altro tema caldo quello dei rapporti con i Comuni: «Senza una collaborazione, forte, costante e fedele non si riuscirà a correre - dice Guerrieri -; da loro devono arrivare informazioni indispensabili». Sempre i Comuni sono poi stati citati come destinatari finali dell'obbligo di invarianza di gettito: per Guerrieri «i conti si potranno fare solo a fine riforma» e il direttore delle Entrate, Rossella Orlandi, ospite ieri di Skytg24 Economia, ha confermato che l'invarianza «si otterrà con una rimodulazione delle aliquote che però saranno frutto di scelte politiche che competono agli enti locali». Mentre a margine del convegno il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, ha motivato il suo scetticismo: «Per esempio, risulta assai arduo poter verificare l'incidenza del continuo processo di riqualificazione edilizia, che dà luogo a un ovvio incremento del gettito per via dell'automatismo dell'aggiornamento catastale». Il funzionamento delle commissioni censuarie nel primo decreto legislativo LE «LOCALI» La composizione Tra i membri delle commissioni censuarie locali (il presidente è nominato dal presidente del Tribunale locale) è prevista la presenza di: due tra quelli designati dall'agenzia delle Entrate; uno tra quelli designati dall'Anci; tra quelli designati dal Prefetto, due su indicazione degli Ordini e Collegi professionali e uno su indicazione e delle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare; per le Commissioni censuarie provinciali di Trento e Bolzano, un rappresentante delle due Province autonome LA «CENTRALE» Membri e presidente La commissione censuaria centrale è composta da 25 componenti effettivi e 21 supplenti. Si articola in tre sezioni (il numero è modificabile con decreto dell'Economia), di cui una competente in materia di catasto terreni e due competenti in materia di catasto urbano. È presieduta da un UNITELNews24 15 magistrato ordinario o amministrativo con qualifica non inferiore a magistrato di cassazione o equiparata, nominato da un Dpr previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Economia LE NOMINE Alle commissioni locali Entro 60 giorni dalla richiesta del direttore regionale delle Entrate, l'Anci, il prefetto e la stessa Agenzia comunicano le rispettive designazioni al presidente del Tribunale, che entro 30 giorni sceglie i componenti; il direttore regionale provvede, con decreto, alla nomina Alla commissione centrale Entro 90 giorni dalla richiesta del direttore delle Entrate, l'Agenzia stessa, l'Anci e il Csm comunicano le rispettive designazioni al ministro dell'Economia che nomina con proprio decreto i componenti effettivi e supplenti LE COMPETENZE Le attività In tema di competenze, le commissioni censuarie dovranno validare anche le previste funzioni statistiche (che vanno a sostituire gli attuali quadri tariffari). Come fatto innovativo rispetto al passato prossimo, ma che richiama il passato remoto (formazione del catasto edilizio urbano), sono state introdotte procedure deflattive del contenzioso catastale: l'articolo 2, comma 3, lettera a) della delega fiscale prevede particolari e appropriate misure di tutela anticipata del contribuente sull'attribuzione delle nuove rendite (Saverio Fossati, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 novembre 2014) Per gli interventi liberi sparisce il «Docfa» Con lo Sblocca Italia (articolo 17, comma 1, lettera c, punto 3) viene prevista una modifica all’articolo 6, comma 5, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Dpr 380/01) che ingenera però dei problemi in tema di procedimenti di variazione catastale di immobili già censiti. L’articolo 6 del testo unico disciplina le tipologie di interventi liberi avviabili con semplice comunicazione al comune (opere di ordinaria e anche straordinaria manutenzione). Il comma 5 del suddetto articolo, nella sua formulazione originaria, prevedeva che al termine dei lavori l’interessato provvedesse, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, alla presentazione degli atti d’aggiornamento catastale nel termine di 30 giorni dall’ultimazione dei lavori. Il nuovo comma prevede, in tali casi, che la comunicazione d’inizio lavori, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, sia tempestivamente inoltrata dal Comune alle Entrate e sia valida anche ai fini delle variazioni catastali previste dalla legge. Tale semplificazione crea, però, un UNITELNews24 16 notevole “impasse” operativa negli aggiornamenti catastali, atteso che la comunicazione inoltrata all’Agenzia non è immediatamente utilizzabile per l’aggiornamento degli atti catastali in quanto necessita di una preventiva e complessa elaborazione finalizzata alla compilazione delle planimetrie catastali nel formato standard e alla registrazione della eventuale nuova rendita e dei nuovi identificativi catastali. La disposizione ha un effetto ancora più dirompente in quanto tra le opere di straordinaria manutenzione (modifiche all’articolo 3, lettera b, del Dpr 380/2001), sono state incluse la fusione e il frazionamento di unità immobiliari urbane, purché non si modifichi la volumetria e la destinazione d’uso. In sostanza, con la nuova norma, i cittadini verranno sgravati dall’attuale obbligo di predisposizione dell’accatastamento (Docfa), che passa a carico delle Entrate. La legge solleva il cittadino da adempimenti burocratici, ma non dando dei termini perentori all’Agenzia per provvedere probabilmente non centrerà l’obiettivo della semplificazione. È probabile, quindi, che l’aggiornamento catastale troverà adempimento effettivo solo nei tempi tecnici (quasi sicuramente lunghi) compatibili con l’operatività dei vari uffici. Si profila, quindi, all'orizzonte la possibilità di ricostituzione di un nuovo arretrato nell’aggiornamento catastale. Tale scenario verosimilmente potrà comportare per il cittadino possibili ritardi nella compravendita immobiliare nei casi in cui l’Agenzia non provveda all’adeguamento della planimetria catastale allo stato reale dell’immobile. Di fatto, l’articolo 19, comma 4, del Dl 78/10, convertito nella legge 122/10, per la libera commerciabilità di un immobile impone che la planimetria in catasto sia conforme allo stato reale dell’immobile. Inoltre in caso di fusione o frazionamento, per l’individuazione nell’atto notarile le unità immobiliari derivate debbono ricevere un nuovo identificativo dalle Entrate. Quindi, nei casi di ritardi nell’aggiornamento catastale è probabile che vada in fumo per il cittadino l’agevolazione prevista dalla nuova norma, in quanto, se ha urgenza di stipula, si vedrà costretto a presentare volontariamente un Docfa. Si auspica che la nuova disposizione sia sottoposta ad un adeguato monitoraggio per constatarne l’effettiva applicabilità negli attuali procedimenti di aggiornamento catastale, senza ritardi nel rispetto del termine ordinario di conclusione dei procedimenti amministrativi, che, non essendo stato diversamente precisato, sembra da intendere in 30 giorni ex lege 241/90. (Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 26 novembre 2014) Edilizia e urbanistica Abusi edilizi, multe a chi non demolisce UNITELNews24 17 Prime incertezze applicative sul decreto legge 133/14 (cosiddetto "Sblocca Italia"), convertito nella legge 164/14 ed entrato in vigore dal 12 novembre scorso. La norma prevede, infatti, un'immediata sanzione pecuniaria tra 2mila e 20mila euro per gli abusi edilizi di maggior calibro e in particolare per i casi di demolizioni non eseguite spontaneamente. Dopo il pagamento di una prima sanzione, imposta dalla legge statale, le Regioni potranno prevedere che le sanzioni stesse siano periodicamente reiterabili qualora l'ordine di demolizione non venga eseguito nemmeno dopo il primo pagamento. Questo rischio di sanzioni rinnovate ciclicamente riguarda gli interventi realizzati senza permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (articolo 31, commi 4 bis e 4 quater del Dpr 380/01, introdotti dalla legge 164/14). Sono interessati dalla novità una schiera di abusivisti, destinatari di ordinanze non eseguite, che confidavano nell'inerzia delle amministrazioni o nelle lungaggini della giustizia amministrativa. Oggi, proprio per rimediare a situazioni di abusivismo rimaste nel limbo della mancata esecuzione, l'articolo 17 del Dl 133/14 prevede una sanzione supplementare collegata alla mera inottemperanza all'ordine di ripristino e quindi non sostitutiva della demolizione. Chi realizza un abuso edilizio integrale (senza permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha 90 giorni di tempo per eliminarlo o per mettersi in regola con un eventuale permesso in sanatoria. Già dal 91º giorno successivo all'invito del Comune a demolire (articolo 31 del Dpr 380/01, Testo Unico Edilizia), le Regioni potranno deliberare la reiterabilità della sanzione, facendo scattare una nuova sanzione pecuniaria che potrebbe essere anche trimestrale, trattandosi di abusi edilizi di particolare gravità. Indipendentemente dalla reiterazione, che spetta agli enti territoriali decidere, la prima richiesta, appunto da 2mila a 20mila euro, è oggi inevitabile perché prevista direttamente dal legislatore statale. Questa sanzione pecuniaria colpisce il proprietario attuale dell'immobile, senza che abbia rilievo la circostanza che l'abuso sia stato eseguito da altri o anni prima. La sanzione colpisce anche coloro i quali hanno un ricorso pendente, visto che ne sono esclusi solo coloro i quali hanno ottenuto un sospensiva da parte del giudice amministrativo. Poiché si tratta di una sanzione di tipo dissuasivo, finalizzata a rendere effettiva la demolizione disposta dal Comune, risulta difficile pensare alla possibilità di un ricorso che ostacoli la riscossione: la sanzione pecuniaria completa, infatti, la reazione dell'ordinamento contro gli abusi di maggiori dimensioni e non riapre i termini per contestare innanzi il Tar l'ordine di demolizione del Comune (che andava impugnato nei 60 giorni). In taluni casi, si può pensare a chiedere una sanatoria specialmente se l'evoluzione dello strumento urbanistico recepisce l'abuso e quindi rende possibile chiedere il rilascio del permesso di costruire che sani la situazione: sul punto, tuttavia, vi è un contrasto giurisprudenziale in quanto gli articoli 36 e 37 del Dpr 380/01 richiedono una doppia conformità per la sanatoria, ossia la conformità sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della richiesta di sanatoria. In specifici casi può essere possibile far presente l'esistenza di difficoltà tecniche nell'eliminazione UNITELNews24 18 dell'abuso (quando cioè si intaccherebbe la struttura di un edificio, come prevede l'articolo 33 del Dpr 380/01 per le ristrutturazioni in totale difformità). Anche questa, tuttavia, è una strada difficile da percorrere, perché presuppone un vero e proprio dissesto statico di opere illegittime nell'eliminazione dell'abuso Le altre novità dello «Sblocca Italia» COMUNICAZIONE D'INIZIO ATTIVITÀ Nel decreto legge 133/14 sono state introdotte alcune modifiche alla disciplina relativa al Testo unico dell'edilizia sull'attività edilizia libera. Si tratta, nello specifico, degli interventi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo e che si possono effettuare liberamente. Per quanto concerne gli interventi esenti anche dalla comunicazione d'inizio lavori, alcune novità sono previste poi in materia di manutenzione ordinaria. Il Dl 133/14 inserisce, infatti, un richiamo normativo al fine di definire gli interventi di manutenzione ordinaria, ossia gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti SEGNALAZIONE CERTIFICATA D'INIZIO ATTIVITÀ La Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) prende il posto a tutti gli effetti della Dia e si applica in tutti i casi intermedi rispetto a quelli di calibro superiore all'edilizia libera (articolo 6 Dpr 380/2001, edilizia libera) e di calibro inferiore all'attività che richiede permesso di costruire (articolo 10 Dpr 380/2001). Serve una doppia valutazione di coerenza alla previsione e di conformità alle previsioni di strumenti urbanistici, regolamenti edilizi e della disciplina urbanistica edilizia vigente. L'errore non è consentito perché se c'è discordanza tra le previsioni del Testo unico e le normative locali, prevale la norma più di dettaglio e cioè quella che motivatamente imponga un titolo diverso dalla Scia. Il limite massimo per modificare con Scia il permesso di costruire, è rappresentato dalla dichiarazione di ultimazione dei lavori PERMESSO DI COSTRUIRE Lo Sblocca Italia introduce due novità in materia di permesso di costruire. La prima riguarda il termine per l'istruttoria; non è, infatti, più prevista una durata doppia (120 e non 60 giorni) per i Comuni con popolazione superiore ai 100mila abitanti. La possibilità di avere tempi più lunghi per l'istruttoria viene mantenuta solo per i progetti particolarmente complessi. In tutti i Comuni il permesso di costruire deve quindi essere rilasciato entro 90 giorni (60 giorni per l'istruttoria della domanda e 30 per la decisione). UNITELNews24 19 Il Dl 133/14 ha inoltre ampliato i casi in cui è possibile ricorrere alla proroga del permesso di costruire mentre rimangono invariati i termini di decadenza del titolo edilizio: un anno dal rilascio per l'avvio dei lavori e tre anni, successivi all'avvio, per il completamento dell'opera I PERMESSI IN DEROGA Per facilitare e incentivare gli interventi volti al recupero edilizio e alla riqualificazione urbana lo Sblocca Italia ha previsto che i permessi di costruire possano essere in deroga (anche alle destinazioni d'uso) per gli interventi privati di ristrutturazione edilizia attuati anche in aree industriali dismesse. Questa previsione permette di intervenire anche sforando i limiti del piano regolatore, quali destinazioni d'uso, altezze, indici edilizi, previo accertamento dell'interesse pubblico con specifica delibera del consiglio comunale. Il mutamento della destinazione d'uso non deve, tuttavia, comportare un aumento della superficie coperta prima dell'intervento di ristrutturazione, ossia un aumento di superficie coperta rispetto a quella esistente prima dell'intervento L'APPARATO SANZIONATORIO Rafforzate le sanzioni per la mancata presentazione della comunicazione d'inizio lavori. L'omessa trasmissione della comunicazione d'inizio lavori, prevista per alcune opere di edilizia libera, o della comunicazione asseverata da un tecnico abilitato, per gli interventi di manutenzione straordinaria e le opere di modifica interna sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti all'esercizio di impresa, o di modifica della destinazione d'uso degli stessi, comporta la sanzione pecuniaria di mille euro. Quest'ultima viene ridotta di due terzi nel caso in cui la comunicazione d'inizio lavori venga effettuata spontaneamente se l'intervento è ancora in corso di esecuzione. L'incremento della sanzione si deve anzitutto al tentativo di combattere il fenomeno dell'abusivismo edilizio GLI ONERI DI CONCESSIONE Le semplificazioni dello Sblocca Italia hanno un contrappeso di tipo economico. Alle agevolazioni burocratiche, che consentono un più semplice riordino delle unità immobiliari, corrisponde la possibilità per i Comuni di modulare gli oneri di concessione. Questi si suddividono in costo di costruzione e oneri di urbanizzazione: i primi sono una percentuale sul valore delle opere che si realizzano; i secondi corrispondono all'aumento del peso urbanistico dell'intervento e quindi delle spese che l'ente locale sopporta per consentire standard qualitativi adeguati. Mentre si esclude il contributo di costruzione per le opere di manutenzione straordinaria, è previsto uno sconto del 20% sui costi di costruzione per le ristrutturazioni, ma solo per le ristrutturazioni ed il recupero di immobili dismessi (Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE, 23 novembre) UNITELNews24 20 Pubblica amministrazione Affidamento del servizio di riscossione dei tributi Con la sentenza n. 5284/2014, la V Sezione si è pronunciata sull'art. 3, comma 24, della l. 248 del 2005, che, nel riformare il sistema di riscossione dei tributi statali attraverso la creazione di una società a totale capitale pubblico (Riscossione s.p.a. in seguito denominata Equitalia s.p.a.), ha disciplinato il periodo transitorio prevedendo che “fino al momento dell'eventuale cessione…… del proprio capitale sociale alla Riscossione s.p.a… le aziende concessionarie possono trasferire ad altre società il ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, nonché a quelle di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446. In questo caso: a) fino al 31 dicembre 2010 ed in mancanza di diversa determinazione degli enti stessi, le predette attività sono gestite dalle società cessionarie del predetto ramo d'azienda, se queste ultime possiedono i requisiti per l'iscrizione all'albo di cui al medesimo articolo 53, comma uno, del decreto legislativo n. 446 del 1997, in presenza dei quali tale iscrizione avviene di diritto...” Alla stregua di tale disciplina transitoria, quindi, nel caso di trasferimento del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per gli enti locali o di scissione di una società già concessionaria del servizio di riscossione, le società cessionarie o risultanti da tale scissione societaria sono titolate ex lege (fino a tutto il 2010) alla prosecuzione diretta del rapporto concessorio con l'ente locale, salvo che quest'ultimo non adotti al riguardo una specifica “diversa determinazione”. Ciò posto, la V Sezione ha osservato come la diversa determinazione richiamata dalla norma debba necessariamente sostanziarsi in una delibera di natura regolamentare assunta dall'organo elettivo dell'Amministrazione e non di certo in un atto di carattere gestionale adottato da un suo organo burocratico, come sostenuto dall'appellante. Da questo punto di vista, sotto il profilo testuale, il termine “determinazione” usato dal legislatore ha una valenza oggettivamente neutra e, pertanto, non è di per sé dirimente ai fini considerati. Non v'è dubbio, tuttavia, che nella genericità del termine usato dal legislatore, l'unico parametro oggettivo di riferimento per la individuazione della natura dell'atto in questione e del soggetto di conseguenza competente ad assumerlo sia quello sistematico, con specifico riguardo all'assetto istituzionale degli enti locali ed alle finalità che la diversa determinazione è normativamente preordinata a perseguire nell'ambito di tale assetto. Del resto, l'art. 42 del T.U.E.L. disponga che il Consiglio comunale ha competenza relativamente all'adozione (per quanto qui interessa) dei seguenti atti: UNITELNews24 21 - “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione” (lettera e); - “appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nell'ordinaria amministrazione e funzione servizi di competenza della giunta del segretario o di altri funzionari” (lettera l). Ciò premesso, hanno osservato i giudici di Palazzo Spada, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un'attività di servizio pubblico (v. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 1° luglio 2005, n. 3672). In particolare, la decisione circa la modalità di gestione del servizio di riscossione delle entrate comunali, nonché la conseguente determinazione di indire una procedura negoziata per la scelta del soggetto incaricato del servizio stesso, costituiscono senz'altro una scelta di organizzazione del servizio pubblico di riscossione che rientra, dunque, nell'ambito di applicazione della lettera e) dell’art. 42 del T.U.E.L. sopra richiamata. (Massimiliano Atelli, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24, 10 dicembre 2014) Agenda p er le se mplificazioni 2015-2017: l'accelerazione dell'Italia passa per il digitale Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha affidato a un tweet e all’hashtag #Repubblicasemplice l’annuncio dell’accordo tra Stato, Regioni e Comuni sull’Agenda per le semplificazioni 2015-2017, approvata a norma dell’articolo 24 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 e recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”. Nel documento programmatico, sottoscritto tra il ministero e gli enti locali e approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 1° dicembre, sono previste 38 procedure di semplificazione, in cinque settori strategici di intervento (cittadinanza digitale, welfare e salute, fisco, edilizia e impresa) da attuarsi nei tempi indicati, al fine di ridurre di circa il 20% i costi degli oneri di adempimento che gravano su cittadini e imprese. Pin unico Ai blocchi di partenza ad aprile 2015 è prevista, riguardo alla cittadinanza digitale, l’introduzione del Pin unico: lo Spid, sistema unico di identità digitale, permetterà ai cittadini di autenticarsi e accedere in sicurezza, con una sola chiave, a tutti i servizi on line erogati dalla pubblica amministrazione. UNITELNews24 22 Lo Spid sarà testato, in una fase iniziale, solo in alcune amministrazioni, tra cui Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana e tre Comuni: Firenze, Lecce, Milano. L’obiettivo di questa prima fase è raggiungere i tre milioni di accessi ai servizi on line della PA entro settembre 2015, mentre entro dicembre 2017 la stima è di circa dieci milioni. Codice Iuv La semplificazione passerà anche attraverso i pagamenti elettronici: grazie al codice Iuv (Identificativo unico del versamento) saranno facilitati, infatti, tutti i pagamenti verso la pubblica amministrazione. Secondo il cronoprogramma dell’Agenda per le semplificazioni i cittadini potranno pagare on line tributi, multe, rette scolastiche, entro dicembre 2016. Un ottimo intento, ma per dare seguito a un effettivo servizio di pubblica utilità è necessario che tutte le PA si connettano al Nodo dei pagamenti Spc, questione su cui si registrano ancora molti ritardi. Marca da bollo digitale Nell’ambito di questo specifico punto del documento programmatico, si annuncia inoltre l’introduzione della marca da bollo digitale, secondo quanto disposto dall’Agenzia delle Entrate nel provvedimento del 19 settembre 2014, che definisce la marca da bollo digitale come il “documento informatico che costituisce la ricevuta di versamento dell’imposta di bollo ed attesta l’avvenuta erogazione del servizio che associa l’Identificativo Univoco di Bollo Digitale (IUBD) con l’impronta del documento ad esso correlato”. La dematerializzazione dei bolli prevede una fase pilota nel primo semestre del 2015, il progetto sarà poi portato a compimento nei successivi diciotto mesi. Nello specifico la marca da bollo digitale sarà introdotta nelle PA centrali e nelle Regioni entro dicembre 2015, presso il 50% dei Comuni entro il dicembre 2016 e nel 90% dei Comuni entro il dicembre 2017. Nei prossimi mesi l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia per l’Italia digitale pubblicheranno l’elenco delle PA che accetteranno i bolli digitali e quello degli intermediari che ne forniranno il servizio di emissione, oltre a una guida operativa per gli utenti. Inoltre, le amministrazioni ospitanti sui propri siti servizi interattivi che consentono di acquisire le istanze loro rivolte dovranno garantire un collegamento, usufruendo della piattaforma ex articolo 81 del Codice dell’amministrazione digitale, con i suddetti intermediari. Il sistema, denominato @e.bollo, si baserà sull’associazione diretta tra un Identificativo univoco UNITELNews24 23 bollo digitale (Iubd) e l’impronta del documento soggetto a imposta, l’esatta corrispondenza tra i due renderà assolta l’imposta. Interventi in Sanità Il digitale renderà più semplice anche la burocrazia sanitaria, entro dicembre 2016 sarà garantito l’accesso on line ai referti medici, progetto che rientra nella diffusione e nell’utilizzo capillare del Fascicolo sanitario elettronico (su cui ancora si attende l’emanazione di un decreto da adottare ai sensi dell’articolo 12, comma 7, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 e dell’articolo 13, comma 2-quater, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, punto 3). La tessera sanitaria elettronica sarà inoltre strettamente legata all’introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata dall’Agenzia delle Entrate. A partire dal 2016 infatti la dichiarazione dei redditi di lavoratori dipendenti e pensionati sarà disponibile on line già comprensiva delle spese sanitarie effettuate grazie ai dati trasmessi dalla tessera sanitaria. Si prevede più agilità anche nelle questioni ereditarie: la dichiarazione di successione e gli adempimenti necessari, quali domanda di voltura catastale e trascrizione potranno essere compilati e inviati online. La fase di sperimentazione partirà a dicembre 2015 ed è previsto che il sistema funzioni a pieno regime a dicembre del 2017. Puntare al digitale per semplificare L’Agenda per le semplificazioni 2015-2017, dunque, è ricca di buoni intenti, puntare al digitale per gli obiettivi di semplificazione è indubbiamente un segno di innovazione per il Paese. Con tali provvedimenti, inoltre, si prevede il monitoraggio di azioni e risultati per rendere trasparente ai cittadini il work in progress. Sarà infatti valutata l’effettiva riduzione di tempi e costi sull’esperienza diretta degli utenti, i dati saranno pubblicati on line e sarà possibile per cittadini e imprese verificare costantemente l’effettiva attuazione dei 38 procedimenti previsti. Analisi quantitative e qualitative saranno inoltre condotte per rilevare la percezione del cambiamento nella quotidianità degli italiani. Con il documento programmatico ci si pone, dunque, l’ambizioso obiettivo di riportare l’Italia ad elevati livelli di competitività in Europa: snellire le procedure burocratiche e amministrative significa accelerare i tempi per la creazione di nuove imprese e allo stesso tempo migliorare la qualità della vita dei cittadini. UNITELNews24 24 Tuttavia, è auspicabile che i provvedimenti e le misure previste si traducano in concrete innovazioni che semplifichino e rendano più digitale il rapporto dei cittadini con le pubbliche amministrazioni. (Chiara Pascali, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24, 9 dicembre 2014) Fattura elettronica senza rinvii Lo ha chiesto con forza ieri notte Rossella Orlandi, direttore dell’agenzia delle Entrate, durante l’audizione effettuata dalla commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria nell'ambito dell’indagine conoscitiva sulla prospettiva di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche in materia economica e finanziaria. Banche dati a cui contribuiranno anche gli elementi gestiti attraverso la fatturazione elettronica. Dati che, ha ribadito Rossella Orlandi, stanno diventando sempre più precisi; in totale, dal 6 giugno al 30 novembre, il sistema di interscambio chiamato a gestire l’operazione - ha ricevuto 1.482.283 file di cui oltre 294mila (19,8%) sono stati scartati per errori formali. Un elemento questo che aveva indotto il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Gerardo Longobardi, a chiedere un rinvio dell’estensione a tutte le amministrazioni pubbliche se questa percentuale di errore fosse rimasta così elevata. Rossella Orlandi ha precisato che, in realtà, i file scartati per errori che indicano una difficoltà nell’utilizzo dei supporti (ad esempio formato e regole di colloquio) è pari a 97.789 file, vale a dire poco più del 6% dei file ricevuti. E proprio per questo Rossella Orlandi ha ribadito come la scelta di ritardare l’adeguamento «non appare in linea con gli obiettivi di efficientamento delle fasi amministrative e contabili delle imprese». Da parte sua Longobardi ha insistito sugli aspetti problematici relativi alla conservazione della fattura elettronica e ai costi che essa determina per imprese e professionisti, proponendo che siano i server della Sogei a gestire, appunto, la conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche. In alternativa, sempre secondo Longobardi, si potrebbero esonerare le imprese dalla conservazione visto che si tratta di documenti già in possesso della Pa. Strade non percorribili, secondo Orlandi, stante l’attuale sistema normativo (articolo 1, comma 9, legge 244/2007) che obbliga emittente e destinatario alla conservazione sostitutiva. E Michele Pelillo (Pd), a questo riguardo, ha proposto di utilizzare lo strumento della delega, in particolare un secondo provvedimento di semplificazione, per modificare la normativa in senso più favorevole a imprese e professionisti. Da parte di Cristiano Cannarsa, presiedente amministratore delegato di Sogei, è arrivata la conferma che il sistema operativo non avrà alcuna difficoltà a sostenere il carico di lavoro in arrivo e che la scadenza del 31 marzo 2015 può essere perfettamente sostenibile: a patto però che tutte le pubbliche amministrazioni si registrino sul sito di Italia digitale e dispongano quindi di quel codice che è indispensabile affinché possa essere emessa dal fornitore la fattura digitale. (Giorgio Costa, Il Sole 24ORE, Norme e Tributi, 4 dicembre 2014) UNITELNews24 25 Diritto di accesso ad esposti e denunce Con la sentenza n. 1251/2014, il Tar Brescia ha chiarito che il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l’esercizio del potere – inclusi, di regola, gli esposti e le denunce che hanno attivato l’azione dell’autorità – suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all’accertamento di fatti pregiudizievoli per il denunciato (Consiglio di Stato, sez. V del 19 maggio 2009 n. 3081; sez. VI del 25 giugno 2007 n. 3601). I giudici del Tar Brescia affermano inoltre: - che l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela, e di conseguenza il denunciante perde il controllo sulla propria segnalazione la quale diventa un elemento nella disponibilità dell’amministrazione; - che la sua divulgazione non è preclusa da esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi (Tar Veneto, sez. III del 3 febbraio 2012 n. 116); - che la tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico (si veda Tar Brescia del 29 ottobre 2008 n. 1469), e gli autori degli esposti sono tutelati dagli strumenti predisposti dall’ordinamento contro ogni forma di ritorsione o vendetta privata; - che non può pertanto seriamente dubitarsi che la conoscenza integrale dell’esposto rappresenti uno strumento indispensabile per la tutela degli interessi giuridici dell’istante, essendo intuitivo che solo in questo modo egli potrebbe proporre (eventualmente) contro-denunce a tutela della propria immagine verso l’esterno; - che detto rilievo rende privi di qualsiasi fondamento giuridico i dubbi sull’uso strumentale e ritorsivo della conoscenza dell’esposto che ha dato luogo ai procedimenti a carico del ricorrente, non potendo ammettersi che pretese esigenze di riservatezza possano determinare un vulnus intollerabile ad un diritto fondamentale della persona, quale quello dell’onore (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5132 del 28 settembre 2012); UNITELNews24 26 - che il principio di trasparenza dell’attività amministrativa vale sia per il denunciato nei confronti del denunciante sia in senso inverso, in quanto la posizione di denunciante legittima l’accesso agli atti della procedura che ha preso origine dall’esposto; - che infatti, specularmente, la qualità di autore di un esposto che abbia dato luogo a un procedimento lato sensu sanzionatorio è circostanza idonea a radicare la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante di accesso agli atti della pubblica amministrazione (Tar Toscana, sez. III, n. 1569 del 16 ottobre 2014 e la giurisprudenza ivi richiamata); - che è pur vero che, in un caso particolare sul quale si è confrontata la giurisprudenza – ossia quello dell’accesso ai verbali redatti dalle autorità amministrative (Inps e Inail), titolari delle funzioni di vigilanza sui rapporti di lavoro – è stata affermata una stringente esigenza di tutela dei lavoratori che hanno reso le dichiarazioni agli organi ispettivi, per il possibile rischio di condotte ritorsive provenienti dalla parte “forte” del rapporto contrattuale; - che è stato tuttavia affermato che le suesposte necessità appaiono in ogni caso recessive, rispetto alle esigenze difensive del datore, ove il rapporto d’impiego sia cessato (cfr. Tar Umbria – n. 31 del 21 gennaio 2013); - che deve pertanto in simili casi riconoscersi sussistente un evidente interesse diretto alla conoscenza integrale dell’esposto, che permetterà all’interessato di valutare eventuali future azioni da compiere. Tar Brescia, sez. II, sentenza n. 1251 del 20 novembre 2014 (Massimiliano Atelli, Il Sole 24 ORE –Pubblica Amministrazione24, 27 novembre 2014) Sì al danno er ariale nell e società in hous e, ma a r ispondere saranno gli amministratori locali Niente giurisdizione della Corte dei conti sugli amministratori delle società a capitale pubblico, quando queste ultime difettano dei requisiti richiesti per la configurabilità dell’in house providing. In particolare, quando a mancare è il requisito del vincolo statutario della chiusura dell’azionariato al capitale privato. Con le decisioni nn. 22608 e 22609 del 24.10.2014, le SS.UU. della Cassazione hanno, in questi termini, confermato l’indirizzo fatto proprio, al riguardo, sin da Cass., SS.UU., sent. n. 26283/2013. Le conseguenze sulla verifica preliminare cui è tenuta la Corte dei conti UNITELNews24 27 Nel confermare l’indirizzo inaugurato circa un anno fa, le SS.UU. pongono anzitutto una questione di metodo, vincolando le Procure regionali prima e le Corti giudicanti contabili poi a scrutinare la sussistenza, caso per caso, e con riferimento all’epoca in cui si sono svolti i fatti in contestazione, della ricorrenza di un autentico in house providing. Ciò comporta, essenzialmente, una rigorosa verifica dello statuto sociale e delle sue previsioni. L’indagine sull’oggetto sociale Anche l’eventuale ampiezza dell’oggetto sociale della società, sempre da valutarsi con riguardo all’epoca dei fatti contestati, ha peraltro la sua rilevanza, ad avviso delle SS.UU. Da questo punto di vista, a fare la differenza sarà, in particolare, la previsione di attività diverse da quelle propriamente afferenti funzioni pubbliche o servizi pubblici (ferma restando, in alcuni casi, la difficoltà di classificarne alcune, peraltro di diffusa intestazione a società a partecipazione pubblica, quale ad esempio la gestione di parcheggi). Per conseguenza, Procure e Corti giudicanti contabili saranno tenute a svolgere anche questo tipo di verifica. La responsabilità “ascendente” L’effetto naturale principale – ma anche quello destinato a far più discutere – dell’orientamento fatto proprio dalle SS.UU. è certamente una sostanziale minor responsabilizzazione del management delle società in house, che per un verso risulterà sì soggetto sul piano formale alla giurisdizione della magistratura contabile, ma per altro verso è da considerarsi privo – sempre ad avviso delle SS.UU. (sent. n. 26283/2013) –, in questo tipo di società, di un reale potere di autodeterminazione, essendogli interdetto perfino un legittimo potere di opporre un motivato dissenso alle direttive che gli vengano impartite dell’azionista pubblico. La conseguenza è che la responsabilità per danno erariale finisce con il “risalire” verso l’alto, tenendo a concentrarsi in capo a chi (gli amministratori locali) detiene, in definitiva, il potere di impartire direttive vincolanti agli amministratori della società in house, e, di riflesso, quello di revocarli, laddove ne ricorrano i presupposti. (Massimiliano Atelli, Il Sole 24 ORE – Pubblica Amministrazione24, 18 novembre 2014) Pubblico impiego Incentivi di progettazione: la riforma Renzi non è retroattiva sull'an, ma sul quantum Il Dl 24 giugno 2014, n. 90 (art. 13), sebbene con le più tolleranti modifiche della legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114 (art. 13-bis), ha abbattuto la sua scure anche sugli incentivi di progettazione destinati ai tecnici dipendenti delle amministrazioni alla stregua della legge 11 UNITELNews24 28 febbraio 1994, n. 109 (c.d. legge Merloni) rifluito in buona sostanza nell’art. 92, commi 5 e 6, del Dlgs 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti). Tuttavia, mentre il Codice aveva confermato il diritto a percepire gli incentivi professionali fino al 2% dell’importo posto a base di gara di un’opera pubblica, nonché il 30% della tariffa professionale per la redazione di progetti o di atti di pianificazione comunque denominati indistintamente al predetto personale di livello dirigenziale o meno, il decreto legge Renzi-Madia lo ha dapprima totalmente espunto, per poi reintrodurlo in sede di conversione, attraverso un emendamento unico, con esclusione però dei tecnici dirigenti e con dei limiti quantitativi per i restanti dipendenti. La sopravvivenza degli incentivi alle leggi di contenimento finanziario Gli incentivi di progettazione, almeno fino al recentissimo intervento normativo, hanno resistito anche alle misure di contenimento della spesa pubblica, in piena congiuntura depressiva, adottate dal Dl 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 133 (recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”) risultando sottratte, anche secondo la Corte dei conti, sezioni riunite, 4 ottobre 2011, n. 51, al blocco dei fondi per la contrattazione decentrata ed alla crescita del trattamento economico individuale introdotte dall’art. 9 per il personale pubblico. Tuttavia, come anticipato, la riforma Renzi ha abrogato tali prebende solo per i tecnici dirigenti locali in ragione della onnicomprensività del relativo trattamento economico, mentre ha previsto che le amministrazioni destinano ad un fondo per la progettazione e l'innovazione risorse finanziarie in misura non superiore al 2% degli importi posti a base di gara di un'opera o di un lavoro, tenuto conto della complessità del progetto, ripartendolo nella misura dell’80% (la restante quota essendo acquisita al bilancio dell’ente), per ciascuna opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti dalla contrattazione decentrata integrativa del personale dei livelli e di un emanando regolamento, tra il resp0onsabile del procedimento; gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo; i loro collaboratori, in considerazione dell’apporto di ciascuno ma comunque in un importo non superiore al 50% del trattamento economico complessivo annuo lordo spettante al dipendente interessato. Le quote parti dell'incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all'organico dell'amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituiscono economie. Il parere del giudice contabile sui limiti della riforma Renzi UNITELNews24 29 In assenza di disposizioni intertemporali, due sono i nodi sciolti dal giudice contabile meneghino, entrambi inerenti la data di decorrenza della riforma, ma il primo sotto il profilo del divieto di erogazione ai dirigenti tecnici ed il secondo sotto quello del limite economico introdotto a livello individuale. La Corte dei conti, sezione di controllo regione Lombardia, con il parere n. 300 del 13 novembre 2014, quanto al problema dell’esclusione del personale dirigenziale, ritiene di far salve le remunerazioni per le opere già eseguite, non avendo la legge n. 114 citata efficacia retroattiva non trattandosi di norma di interpretazione autentica (cfr. Corte dei conti, Emilia Romagna, 19 settembre 2014, n. 183). A tal proposito, peraltro, il tutore dell’erario rammenta che anche la sezione autonomie, 8 maggio 2009, n. 7, ha precisato che “dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva. Né rileva, in contrario avviso, che alla rigorosa applicazione del criterio della spettanza dell’incentivo nella misura vigente all’atto del compimento della specifica attività, possa conseguire una differente consistenza del beneficio in ordine alla stessa opera per la quale è stanziata la somma da ripartire, a seconda se la stessa attività sia stata compiuta prima o dopo il 31 dicembre 2008. Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta … con la conseguenza che il 'quantum' del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire”. Viceversa, quanto al tetto individuale di remunerazione, la Corte dei conti lombarda lo ritiene già operativo, perché la norma effettua un chiaro riferimento al momento della corresponsione che non condiziona la possibilità di erogare l’incentivo, ma si limita a determinarne (per relationem rispetto al trattamento economico fruito) l’ammontare massimo. Conclusioni La novella, che si colloca sulla scia di quelle ostili alla sola classe dirigente, così interpretata ed applicata risulta meno foriera di contenzioso, facendo salvi i diritti quesiti del personale dirigenziale per prestazioni già svolte e responsabilità già assunte in vigenza del precedente regime incentivante, spesso alternativo, in maniera totale o parziale, di quello inerente il c.d. risultato. UNITELNews24 30 Permane, tuttavia, qualche perplessità sulla reale volontà ed efficacia contenitiva della misura, atteso che l’eliminazione degli incentivi per i soli dirigenti, così formulata, non costituisce risparmio di spesa per l’amministrazione, dovendo l’80% del 2% di cui all’art. 92 del Codice essere pur sempre ripartito, sebbene tra un numero inferiore di dipendenti (cioè tutti i progettisti che non abbiano qualifica dirigenziale), celando, piuttosto, la scelta di aderire ad un generale clima di malcontento verso i vertici burocratici degli enti. (Paola Cosmai, Il Sole 24 ORE – PubblicaAmministrazione24, 1 dicembre 2014) Spazio agli incarichi per i pensionati Il divieto di conferire a pensionati incarichi dirigenziali o direttivi, di studio o di consulenza o, ancora, cariche di governo di amministrazioni, enti o società controllate nonché authority, compresa la Consob, non si applicherà ai commissari straordinari nominati temporaneamente al vertice di enti pubblici o per specifici mandati governativi. E lo stesso vale per la nomina di eventuali sub-commissari. Esclusi dal divieto saranno, poi, gli incarichi di ricerca (l’amministrazione che li conferisce deve aver prima definito uno specifico programma di ricerca) e quelli di docenza, a patto che siano “effettivi” e non fatti per aggirare il divieto. E consentiti saranno pure gli incarichi in commissioni di concorso e gara oppure la partecipazione a organi collegiali consultivi, come per esempio gli organi collegiali delle scuole. Eccole le attese eccezioni alla norma contenuta nel decreto Madia (articolo 6 del Dl 90/2014), in vigore dal 25 giugno, che ha perfezionato il divieto di affidare incarichi soggetti in quiescenza. Sono specificate in una circolare della Funzione pubblica di imminente uscita. Un divieto già voluto due anni fa dal Governo Monti (Dl 95/2012, articolo 5) ma che è stato facilmente aggirato con numerose nomine successive, non solo governative. Ora il nuovo Esecutivo è tornato sul punto con un orientamento rafforzato dalla volontà di realizzare una vera e propria “staffetta generazionale” nelle pubbliche amministrazioni, da realizzare anche con strumenti come il divieto del trattenimento in servizio, sul quale pure è attesa una circolare interpretativa. Tra i divieti che dovranno rispettare tutte le amministrazioni la circolare interpretativa messa a punto a palazzo Vidoni comprende anche quelli per contratti d’opera intellettuale a pensionati. Ma non, per esempio, per altri tipi di contratti d’opera, come un caso di cui s’è occupata anche la Corte dei conti, di conferimenti d’incarico a un falegname in pensione da parte di un ateneo universitario per la realizzazione di un mobile. Possibili, inoltre, incarichi di carattere professionale, come per esempio quelli legati ad attività legale o sanitaria, a patto di non ricadere nei casi supergettonati di studio e consulenza. La circolare è molto attesa dalle amministrazioni che, in queste settimane, hanno inviato numerosi quesiti alla Funzione pubblica. Ma offre un’interpretazione che dovrebbe proteggere la norma anche UNITELNews24 31 da eventuali ricorsi alla Consulta, visto che si escluderebbe la volontà di qualunque forma di discriminazione nei confronti dei pensionati. Obiettivo vero è evitare aggiramenti a un divieto con incarichi camuffati, in particolare di consulenza e studio, con cui di fatto si sono finora attribuiti incarichi direttivi. Le nomine vietate sono quelle successive all’entrata in vigore del decreto e vale per tutti i pensionati, compresi quelli degli organi costituzionali, i quali ultimi si devono adeguare alle nuove norme nell’ambito della loro autonomia. Nella circolare si invitano le amministrazioni anche a non dare incarichi a persone prossime alla pensione, a meno di non optare per la gratuità. Una carta, quest’ultima, prevista dalla norma e che consente il superamento di tutti i divieti indicati solo a patto che, appunto, l'incarico sia gratuito, non più lungo di un anno e non sia prorogabile né rinnovabile. (Davide Colombo, Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 25 novembre 2014) Anatomia dell'invisibile: il concetto di cultura organizzativa È nota a tutti la storia del “conosci te stesso”, come raccomanda l’Oracolo ad ogni visitatore del tempio di Delfi. È da qui che ogni organizzazione, sia essa un’impresa privata o un ente pubblico, dovrebbe partire. Il management è sempre più spesso chiamato ad implementare azioni di change management, con l’obiettivo principale di rendere efficace ed efficiente l’azione organizzativa. Ma spesso queste operazioni (vuoi il cambio della struttura organizzativa, vuoi l’implementazione di un nuovo gestionale delle paghe) sono di fatto rigettate dall’organizzazione o meglio dalla cultura organizzativa che la permea. Infatti l'organizzazione è soprattutto un sistema sociale in cui gli individui portano con sé valori, norme ed aspettative; essi elaborano delle forme di comprensione collettiva del mondo che li circonda, tali da fornire loro una sensazione di previsione e di controllo sugli eventi in misura sufficiente per intraprendere delle azioni. E tale sistema è guidato dalla cultura, che è una ragnatela di significati, vissuta dagli attori come un dato di fatto e nella sua quotidiana ovvietà. La nozione di cultura organizzativa Alcune definizioni possono aiutare a comprendere questo complesso concetto del vivere organizzativo: a) la cultura è un fenomeno collettivo, perché si riferisce a orientamenti e valori comuni che danno l'impronta all’agire del singolo componente, rendendolo conforme e coerente con quello organizzativo; UNITELNews24 32 b) la cultura è il risultato di un processo d’apprendimento concreto nella storia dell'impresa ovvero un insieme di soluzioni pratiche consolidate nel tempo di problemi complessi, che vengono trasferite e “socializzate” ai nuovi membri come vincenti ed appropriate nella risoluzione di problemi critici analoghi. La cultura è quindi un fenomeno complesso, una scatola nera, sconosciuta agli stessi appartenenti ad una certa realtà organizzativa. La struttura Per “visualizzare” la struttura della cultura organizzativa è possibile utilizzare la metafora della “cipolla a tre strati”. Il primo strato riguarda il sistema simbolico; è costituito dalle espressioni visibili presenti nell'impresa: si passa da elementi tangibili - quali il layout degli uffici, il modo di vestire, l'architettura degli edifici aziendali, i documenti ufficiali - a elementi immateriali come storie (esempio, il primo direttore generale), rituali (es., le riunioni periodiche), linguaggi (es., quello utilizzato nella corrispondenza esterna), cerimonie (gli auguri formali in occasione delle principali festività). Questi elementi sono simboli che preservano e rafforzano l'identità dell'organizzazione agli occhi degli attori esterni ed interni. Ogni organizzazione, infatti, come ogni individuo, comunica con l'ambiente in cui si ritrova immersa, trasmettendo non solo all'esterno l'immagine che ha di sé, ma anche cercando, in certe occasioni, di falsarla, plasmando, a volte, le situazioni in modo da comunicare significati simbolici che siano a lei favorevoli. Il secondo strato è costituito dai valori, che sono la cristallizzazione di soluzioni che hanno portato ripetutamente l’organizzazione ad avere esperienze di successo. Tali valori sono deducibili da interviste mirate agli attori o dall'analisi documentale presente nell’organizzazione (bilanci sociali, relazioni varie, documenti strategici ecc.): rimangono pertanto valori dichiarati e cioè ragioni che le persone hanno idealmente di se stesse ovvero razionalizzazioni a posteriori del loro comportamento Arriviamo al terzo strato, quello più interno della “cipolla”. Dopo ripetuti successi nel tempo, l'organizzazione sposta la sua attenzione e si concentra non più sugli effetti ma sulla credenza stessa. Quest'ultima viene via via sempre più data per scontata, divenendo un ideale condiviso ed indiscusso. Il valore diventa un assunto, che implica un comportamento automatico da parte dell'attore quale risposta ad uno stimolo noto, indicandogli come la realtà debba essere percepita, pensata e sentita. UNITELNews24 33 Il gruppo La cultura organizzativa implica necessariamente l'esistenza di un gruppo, che ha una continuità storica e ha condiviso delle esperienze e dei problemi comunemente risolti. Tali soluzioni hanno concesso al gruppo di adattarsi all'ambiente esterno tramite il raggiungimento del consenso sulla strategia (missione fondamentale), sugli obiettivi, sui mezzi per raggiungere gli obiettivi, sulla valutazione delle prestazioni (parametri che fissano in che misura gli obiettivi sono stati raggiunti) e sulle strategie (correttive o difensive nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi fissati). In conclusione, prima di ogni riflessione sul cambiamento organizzativo da implementare nell’organizzazione, va posta particolare attenzione in quale contesto culturale si va ad operare. E ciò presuppone un’analisi approfondita sulla cultura presente nell’organizzazione stessa. Ma questa è un’altra storia. (Stefano Bombace, Il Sole 24 ORE – PubblicaAmministrazione24, 17 novembre 2014) Rifiuti Terre da scavo, restyling per i piccoli cantieri Una nuova disciplina sul deposito temporaneo di terre e rocce da scavo e la razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di questi materiali prodotti in piccoli cantieri. Così il decreto Sblocca Italia introduce nuovi criteri per la semplificazione della disciplina sulle terre e rocce da scavo, che si aggiungono a quelli già previsti nell aprima versione del Dl 133/14 (coordinamento disposizioni vigenti, esplicitazione norme abrogate, proporzionalità della disciplina, divieto di introdurre livelli di regolamentazione superiori a quelli comunitari). In realtà questi nuovi indirizzi per il riordino della normativa sono meno innovativi di quanto potrebbero apparire ad una prima lettura e - forse - sono unicamente volti a confermare disposizioni già esistenti che gli enti locali tendono ad interpretare restrittivamente, vanificando così le finalità reali delle norme. Il deposito temporaneo La legge di conversione del Dl Sblocca Italia (Dl 164/2014) prevede che il futuro regolamento (Dpr) di riorganizzazione della materia dovrà contenere anche una specifica disciplina sul deposito temporaneo dei materiali da scavo che integri quella prevista dal Codice dell’ambiente (articolo 183 UNITELNews24 34 Dlgs n. 152/2006). In realtà, questo nuovo criterio, potrebbe creare non pochi fraintendimenti in futuro. Infatti, il deposito temporaneo disciplinato dall’articolo 183 ha ad oggetto un’attività preliminare di gestione dei rifiuti, la cui applicazione presupporrebbe che le terre e rocce da scavo non vengano riutilizzate come sottoprodotti, ma debbano essere avviate a smaltimento o recupero come rifiuti. Discorso diverso, invece, è il deposito temporaneo dei materiali scavati in attesa di essere riutilizzati in altri cantieri come sottoprodotti. Questa possibilità non ricade nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 183, ma è già stata prevista dal Dm 161/2012 (siti di deposito intermedio) e potrebbe già essere applicata analogicamente a tutti i cantieri anche nell’ambito della procedura semplificata ex articolo 41 bis del Dl 69/2013. Non è, dunque, chiaro il criterio ispiratore del legislatore e si auspica che la riorganizzazione della disciplina di settore non confonda il deposito temporaneo di rifiuti con il deposito temporaneo di sottoprodotti. I piccoli cantieri L’ulteriore criterio di semplificazione introdotto dalla legge di conversione rispetto ai piccoli cantieri sembra più una dichiarazione di principio piuttosto che un criterio sostanziale. Innanzitutto, il principio di razionalizzazione e semplificazione varrebbe solo per i piccoli cantieri (fino a 6mila metri c ubi) e limitatamente a interventi di costruzione e manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di altri interventi di scavo sebbene di piccole dimensioni. Non è neppure chiara la portata della semplificazione stessa che dovrebbe trovare applicazione solo quando i materiali da scavo vengono riutilizzati nel medesimo cantiere di produzione. Questa ipotesi, invero, è già prevista per tutti i cantieri (grandi o piccoli) dall’articolo 185, comma 1, lett. c) del Codice dell’ambiente il quale consente senza particolari formalismi il riutilizzo di suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione nel medesimo sito di produzione, escludendo questo caso dalla disciplina sui rifiuti. A questo punto, è legittimo domandarsi quali siano le effettive chances di successo della futura norma di riorganizzazione e razionalizzazione del settore, dato che proprio i criteri di ispirazione di questa norma sono confusi e tra loro contraddittori. Si auspica che chi metterà mano al nuovo testo normativo segua i principi generali di razionalizzazione, semplificazione e proporzionalità UNITELNews24 35 inizialmente indicati nel Dl Sblocca Italia, senza concentrarsi sugli specifici criteri aggiuntivi appena introdotti che rischiano di creare maggiore confusione. La via d’uscita Potrebbe, invece, essere opportuno che il legislatore, nel riorganizzare la materia, semplifichi la possibilità di riutilizzo dei materiali da scavo prodotti in piccoli cantieri rispetto ad interventi di manutenzione di reti e infrastrutture in siti esterni, prevedendo anche la possibilità di depositare temporaneamente i materiali presso le sedi delle imprese esecutrici dei lavori, con facoltà delle stesse di indicare successivamente (ma entro un periodo di tempo certo) i futuri siti di riutilizzo. Forse erano queste le finalità che il legislatore intendeva perseguire con la legge di conversione, anche se ciò che è scritto nel decreto Sblocca Italia ha un significato diverso. Le semplificazioni 1 IL RIUTILIZZO Come previsione generale (applicabile anche ai piccoli cantieri) il Codice dell’ambiente esclude dalla disciplina sui rifiuti il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nell’attività di costruzione, se è certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato. L’operatore deve dimostrare la non contaminazione del materiale e la certezza del riutilizzo nel medesimo sito di produzione, ma non sono previsti particolari adempimenti Articolo 185, comma 1 lett. c) Dlgs n. 152/2006 2 LE REGOLE AD HOC Il Codice dell’Ambiente (Dlgs 152/2006) fin dall’inizio aveva previsto che il ministero dell’Ambiente dovesse adottare un regolamento specifico per semplificare il riutilizzo dei materiali provenienti dalle costruzioni, incluse le terre e rocce da scavo, in particolare per i piccoli cantieri. La soglia dimensionale è stata individuata in 6mila metri cubi. Questa norma ha trovato attuazione non con un regolamento ministeriale ma con un’altra norma di legge (l’articolo 41 bis del Dl 69/2013) Articolo 266, comma 7, del Dlgs n. 152/2006 3 I REQUISITI In deroga alle regole generali (Dm 161/2012), il riutilizzo come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo provenienti da piccoli cantieri avviene sulla base di criteri specifici dichiarati dall’impresa: -certezza del riutilizzo; UNITELNews24 36 -rispetto delle soglie di contaminazione (Csc) -assenza di rischi per la salute; -esclusione di preventivi trattamenti diversi dalla normale pratica industriale. La disposizione nasce per i cantieri sotto i 6mila mc, ma è stata estesa a tutti i cantieri (tranne quelli soggetti a Via o Aia) Articolo 41 bis Dl n. 69/2013 n. 152/2006 4 LE INFRASTRUTTURE La semplificazione del decreto Sblocca Italia prevede una nuova razionalizzazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni (max 6mila mc) per la costruzione e manutenzione di reti e infrastrutture, escluse quelle provenienti da siti contaminati. La semplificazione è limitata ai casi di: -riutilizzo dei materiali nel medesimo sito di produzione; -materiali originati in piccoli cantieri; -costruzione e manutenzione di reti e infrastrutture -Articolo 8, comma 1 lett. d bis), Dl n. 133/2014 (Federico Vanetti, Il Sole 24 ORE – Norme e tributi, 1 dicembre 2014) Sicurezza Infortuni senza «timbro» Il decreto legislativo 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) ha previsto la soppressione del registro infortuni. Sono però le Regioni a intervenire per semplificarne - in realtà non più di tanto - le procedure. L’ultima è stata il Veneto: con la legge 32 del 22 ottobre 2014, ha disposto che, in attesa dell’abrogazione dell’articolo 403 del Dpr 547/1955 (istitutivo del registro infortuni), il registro infortuni non è soggetto all’obbligo di vidimazione stabilito dal decreto ministeriale 12 settembre 1958, purché sia tenuto in conformità a quanto stabilito dall’articolo 53 del Testo unico. UNITELNews24 37 Il provvedimento della Regione Veneto non è isolato. Ha iniziato la Provincia autonoma di Bolzano con il decreto 18 del lontano 1992, cui hanno fatto seguito, dopo lunga parentesi, nel 2007 la Provincia Autonoma di Trento (quindi prima della prevista cancellazione contenuta nel Testo unico del 2008). Poi si sono aggiunte nel 2009 la Lombardia, nel 2013 la Liguria, il Friuli Venezia Giulia, Puglia e Calabria e, il 28 marzo 2014, la Campania. La Commissione per gli interpelli presso il ministero del Lavoro con l’interpello 9/2014 si è doverosamente riportata all’articolo 53, comma 6, del Testo unico in base al quale fino ai sei mesi successivi all’adozione del decreto interministeriale che elimina il registro, restano in vigore le disposizioni relative al registro degli infortuni. Pertanto la Commissione ha ritenuto che, in attesa dell’emanazione del decreto istitutivo del Sistema informativo nazionale (Sinp) con conseguente eliminazione del registro dopo 180 giorni, il documento è obbligatorio per tutte le aziende che ricadono nella sua sfera di applicazione. La Commissione ha ribadito che il registro dovrà essere redatto conformemente al modello approvato con il decreto del 1958 (come modificato dal Dm 5 dicembre 1996), tuttora in vigore, vidimato presso l’Asl competente per territorio, salvo che nelle regioni che hanno abolito tale prassi, e conservato a disposizione dell’organo di vigilanza sul luogo di lavoro. La mancata tenuta o vidimazione del registro comporta l’applicazione della sanzione amministrativa (da 564 a 3.395 euro) prevista dall’articolo 89, comma 3, del decreto legislativo 626/1994. Da considerare che il decreto istitutivo del registro non ne prevede soltanto la vidimazione ma anche la conformità al modello stabilito nell’allegato A al decreto stesso, la numerazione in ogni sua pagina, la dichiarazione nell’ultima pagina del numero dei fogli che lo compongono e la data della sua istituzione che, necessariamente corrisponderà a quella dell’inizio dell’attività, nonché le notizie, in caso di infortunio o malattia professionale, riportate nel medesimo decreto ministeriale e ribadite dall’articolo 4, comma 5, lettera o), del Dlgs 626/1994. Sul punto è da notare che il legislatore dopo oltre sei anni dalla data di nascita del Testo unico ancora non è riuscito a dare esecuzione alla previsione di legge. Infatti, ciò non è avvenuto neanche con le novità introdotte con il decreto legge 69/2013 “del fare” che, pur disponendo alcune semplificazioni in materia di lavoro intervenendo sul Dpr 1124 del 30 giugno 1965 (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nulla ha disposto in merito alle denunce degli infortuni sul lavoro che sono pur correlate al registro degli infortuni. (Luigi Caiazza, Roberto Caiazza Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 21 novembre 2014) UNITELNews24 38 Legge e prassi (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) Ambiente DECRETO-LEGGE 11 novembre 2014, n. 165 Disposizioni urgenti di correzione a recenti norme in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati e misure finanziarie relative ad enti territoriali. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle avversita' atmosferiche che hanno colpito il territorio della regione Lombardia tra il 7 luglio ed il 31 agosto 2014. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 6 novembre 2014 Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzate al superamento della situazione di criticita' determinatasi a seguito dei gravi eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Parma, Reggio Emilia e Modena il giorno 23 dicembre 2008. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 ottobre 2014 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che hanno colpito il territorio delle provincie di Parma e Piacenza nei giorni 13 e 14 ottobre 2014. (G.U. 11 novembre 2014, n. 263) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 3 ottobre 2014 Integrazione e modifica del decreto 23 dicembre 2013, di attuazione dell'articolo 67-octies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante credito d'imposta in favore dei soggetti danneggiati dal sisma del maggio 2012. (G.U. 11 novembre 2014, n. 263) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 7 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei giorni dal 1° al 6 settembre 2014 nel territorio della provincia di Foggia. (G.U. 14 novembre 2014, n. 265) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 11 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che nei giorni 19 e 20 settembre 2014 hanno colpito il territorio delle province di Firenze, Lucca, UNITELNews24 39 Pisa, Pistoia e Prato. (G.U. 17 novembre 2014, n. 267) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 23 ottobre 2014 Istituzione dell'elenco degli alberi monumentali d'Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2013-2017, predisposto dall'Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ricadente nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio e Marche, ai sensi dell'art. 8 comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2012-2016, predisposto dalla Fondazione giustiniani Bandini quale ente gestore della Riserva naturale statale Abbadia di Fiastra, ricadente nel territorio della regione Marche, ai sensi dell'art. 8, comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validita' 2014-2018, predisposto dall'Ente parco nazionale del Gargano, ricadente nel territorio della regione Puglia, ai sensi dell'art. 8 comma 2 della legge 353/2000. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 14 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che nei giorni 13 e 14 ottobre hanno colpito il territorio delle province di Parma e Piacenza. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 14 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche che nei giorni dal 9 al 13 ottobre 2014 hanno colpito il territorio della provincia di Genova e dei comuni di Borghetto di Vara, Ricco' del Golfo di Spezia e Varese Ligure nella Val di Vara in provincia di La Spezia. (Ordinanza n. 203). (G.U. 22 novembre 2014, n. 272) ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile relative agli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 25 al 26 dicembre 2013, dal 4 al 5 e dal 16 al 20 gennaio 2014 nel territorio della regione Liguria. (Ordinanza n. 207). (G.U. 29 novembre 2014, n. 278) ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni di protezione civile per favorire e regolare il subentro del comune di Villa San Giovanni nelle iniziative finalizzate al definitivo superamento della situazione di criticita' conseguente all'attraversamento del contesto urbano da parte dei mezzi pesanti. (G.U. 29 novembre 2014, n. 278) UNITELNews24 40 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi atmosferici verificatisi tra il 30 gennaio ed il 18 febbraio 2014 nel territorio della regione Veneto. (Ordinanza n. 205). (G.U. 1 dicembre 2014, n. 279) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 24 novembre 2014 Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzata al superamento della situazione di criticita' conseguente alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel mese di ottobre 2011 nel territorio della provincia di Massa Carrara. (G.U. 1 dicembre 2014, n. 279) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 18 settembre 2014 Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 28 novembre 2014 Primi interventi urgenti di protezione civile conseguenti alle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi nel periodo dal 7 luglio al 31 agosto 2014 nel territorio della regione Lombardia. (G.U. 6 dicembre 2014, n. 284) DECRETO LEGISLATIVO 30 ottobre 2014, n. 178 Attuazione del regolamento (CE) n. 2173/2005 relativo all'istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunita' europea e del regolamento (UE) n. 995/2010 che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati. (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 28 novembre 2014 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalita' degli eventi calamitosi verificatisi nella regione Lombardia. (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 28 novembre 2014 Modifica del decreto 9 settembre 2014 relativo alla dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalita' degli eventi calamitosi verificatisi nella regione Marche. (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 28 novembre 2014 Modifica al decreto 5 agosto 2014, recante «Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e del regolamento (CE) n. 555/08 della Commissione per quanto riguarda le comunicazioni relative agli anticipi». (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 2 dicembre 2014 UNITELNews24 41 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della regione autonoma della Sardegna nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticita' determinatasi in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi nel mese di novembre 2013 nel territorio della medesima regione. (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 2 dicembre 2014 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della regione Puglia nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticita' determinatasi in conseguenza delle eccezionali avversita' atmosferiche verificatesi nei giorni 7 ed 8 ottobre 2013 nei comuni di Ginosa, Castellaneta, Palagianello e Laterza in provincia di Taranto. (G.U. 10 dicembre 2014, n. 286) Appalti MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 24 settembre 2014 Avvio della procedura per l'istituzione dell'elenco degli operatori economici di fiducia della Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura per l'espletamento delle procedure di acquisizione in economia, dirette all'affidamento di appalti di servizi. (G.U. 14 novembre 2014, n. 264) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 24 ottobre 2014 Procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici e per la redazione e la pubblicazione del programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi. (G.U. 5 dicembre 2014, n. 283) Economia, fisco, agevolazioni e incentivi MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 24 settembre 2014 Riordino degli interventi di sostegno alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative in tutto il territorio nazionale. (G.U. 13 novembre 2014, n. 264) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DECRETO 7 novembre 2014 Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE, dell'attestazione, nonche' delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159. (G.U. 17 novembre 2014, n. 267, S.O. n. 87) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 10 ottobre 2014 Modifiche dei termini per la presentazione delle domande per l'accesso al credito d'imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati di cui all'articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE UNITELNews24 42 DECRETO 6 novembre 2014 Esclusione della regione Campania dalla sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 23 settembre 2014 Attuazione dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, relativo al contributo tramite voucher alle micro, piccole e medie imprese per la digitalizzazione dei processi aziendali e l'ammodernamento tecnologico. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 17 novembre 2014, n. 172 Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, in materia di criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille dell'Irpef devoluta alla diretta gestione statale. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 20 ottobre 2014 Rideterminazione del cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per il Programma Operativo Regionale (POR) Umbria FESR dell'obiettivo Competitivita' regionale e occupazione, programmazione 2007-2013, per le annualita' dal 2007 al 2013 al netto del prefinanziamento del 7,5 per cento. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175 Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata. (G.U. 28 novembre 2014, n. 277) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 17 ottobre 2014, n. 176 Disciplina del microcredito, in attuazione dell'articolo 111, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (G.U. 1 dicembre 2014, n. 279) DECRETO MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE 1 dicembre 2014 Integrazione dell'elenco allegato al decreto 20 ottobre 2014 relativo alla sospensione, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dagli eventi metereologici del 10 - 14 ottobre 2014 verificatisi nelle regioni: Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Friuli-Venezia Giulia. (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 24 ottobre 2014, n. 177 Regolamento di modifica dell'articolo 2 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 29 ottobre 1996, n. 603, in materia di documenti sottratti al diritto di accesso. (G.U. 3 dicembre 2014, n. 281) AGENZIA DELLE ENTRATE PROVVEDIMENTO 20 novembre 2014 Estensione delle modalita' di versamento, mediante modello «F24» ed «F24 Enti pubblici» dei diritti UNITELNews24 43 relativi ai titoli di proprieta' industriale e delle tasse sulle concessioni governative sui marchi. (G.U. 3 dicembre 2014, n. 281) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Comunicato relativo alla circolare direttoriale n. 64180 del 24 novembre 2014 concernente ulteriori istruzioni utili all'espletamento delle procedure previste dal decreto direttoriale 11 marzo 2014, recante disposizioni in merito alle modalita' di erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al perseguimento di specifici obiettivi di innovazione, miglioramento competitivo e tutela ambientale nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. (G.U. 3 dicembre 2014, n. 281) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 15 ottobre 2014 Intervento del Fondo per la crescita sostenibile in favore di grandi progetti di ricerca e sviluppo nell'ambito di specifiche tematiche rilevanti per l'«industria sostenibile». (G.U. 5 dicembre 2014, n. 283) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 28 novembre 2014 Esenzione dall'IMU, prevista per i terreni agricoli, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. (G.U. 6 dicembre 2014, n. 284, S.O. n. 93) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 31 ottobre 2014 Attuazione dell'art. 1, commi 522 - 525, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, concernente la riduzione delle risorse spettanti alle regioni a statuto ordinario, per l'anno 2014. (G.U. 9 dicembre 2014, n. 285) Energia MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 6 novembre 2014 Rimodulazione degli incentivi per la produzione di elettricita' da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico spettanti ai soggetti che aderiscono all'opzione di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 9. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Risoluzione anticipata della convenzione Cip6 per gli impianti alimentati da combustibili di processo o residui o recuperi di energia. (G.U. 20 novembre 2014, n. 270) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 20 ottobre 2014 Cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 delle attivita' dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) per il programma Euratom, anno 2013. (G.U. 26 novembre 2014, n. 275) UNITELNews24 44 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 settembre 2014 Piano infrastrutturale per i veicoli alimentati ad energia elettrica, ai sensi dell'articolo 17-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83. (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280) Immobili AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 27 novembre 2014 Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato. (Decreto n. 30331). (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 27 novembre 2014 Rettifica dell'allegato A del decreto n. 25933 del 19 luglio 2002 e del decreto n. 28212 del 26 novembre 2013, recante: «Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (Decreto n. 30337). (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 27 novembre 2014 Rettifica dell'allegato A del decreto n. 28216 del 26 novembre 2013, recante: «Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (Decreto n. 30335). (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 4 dicembre 2014 Rettifica del decreto n. 30337 del 27 novembre 2014 relativo alla rettifica dell'allegato A del decreto n. 25933 del 19 luglio 2002 e del decreto n. 28212 del 26 novembre 2013, recante: «Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (G.U. 9 dicembre 2014, n. 285) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 4 dicembre 2014 Rettifica del decreto n. 30331 del 27 novembre 2014 recante: «Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (G.U. 9 dicembre 2014, n. 285) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 4 dicembre 2014 Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato. (G.U. 9 dicembre 2014, n. 285) Lavoro, previdenza e professione MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI UNITELNews24 45 COMUNICATO Avviso relativo al decreto interministeriale, recante modalità e criteri di assegnazione di risorse agli enti pubblici della regione Calabria per l'assunzione, entro l'anno 2014 con contratto a tempo determinato, di lavoratori socialmente utili, di pubblica utilità ed ex articolo 7, decreto legislativo 468/1997 (G.U. 12 novembre 2014, n. 263) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI COMUNICATO Linee di indirizzo per la presentazione di progetti sperimentali di volontariato finanziati con il Fondo per il volontariato, di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 - Anno 2014. (G.U. 14 novembre 2014, n. 264) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI COMUNICATO Approvazione della delibera adottata dal Comitato nazionale dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti in data 26-27 giugno 2014. (G.U. 17 novembre 2014, n. 267) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI COMUNICATO Approvazione della delibera n. 20562/14 adottata dal Consiglio di amministrazione della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti in data 7 maggio 2014. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) AGENZIA PER LA RAPPRESENTANZA NEGOZIALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI COMUNICATO CCNL per il riconoscimento ai direttori dei servizi generali ed amministrativi dell'indennita' di cui all'art. 19, comma 5-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come integrato dall'art. 4, comma 70, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DECRETO 24 ottobre 2014 Concessione del prolungamento degli interventi di sostegno al reddito, ai sensi dell'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. (Decreto n. 85708) (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) Pubblica amministrazione LEGGE 11 novembre 2014, n. 164 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262, S.O. n. 85) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 24 ottobre 2014 UNITELNews24 46 Attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della regione Siciliana e della regione Sardegna del contributo, pari a 110,7 milioni di euro, quale rimborso del minor gettito dell'imposta municipale propria relativo ai terreni agricoli posseduti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola ed ai fabbricati rurali ad uso strumentale, a decorrere dall'anno 2014 (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 settembre 2014 Criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali. (G.U. 12 novembre 2014, n. 263) AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO DECRETO 28 ottobre 2014 Criteri di determinazione del rendimento individuale ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. (G.U. 12 novembre 2014, n. 263) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 settembre 2014 Definizione degli schemi e delle modalita' per la pubblicazione su internet dei dati relativi alle entrate e alla spesa dei bilanci preventivi e consuntivi e dell'indicatore annuale di tempestivita' dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. (G.U. 14 novembre 2014, n. 265) MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 7 novembre 2014 Variazione della misura dell'indennita' di trasferta spettante agli ufficiali giudiziari. (G.U. 19 novembre 2014, n. 269) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI AGENZIA PER L'ITALIA DIGITALE COMUNICATO Linee guida per la valutazione della conformita' del sistema e degli strumenti di autenticazione utilizzati nel processo di generazione della firma digitale. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 6 novembre 2014 Determinazione a conguaglio del contributo compensativo spettante ai comuni a seguito dell'abolizione della seconda rata dell'IMU 2013. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 6 novembre 2014 Attribuzione del contributo di 625 milioni di euro ai comuni. (G.U. 21 novembre 2014, n. 271) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 24 ottobre 2014 Riparto del contributo ex articolo 2-bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, introdotto in sede di conversione dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per l'attibuzione ai comuni del minor gettito dell'imposta municipale propria (IMU) relativo agli immobili equiparati all'abitazione principale, per l'anno 2013. (G.U. 25 novembre 2014, n. 274) COMUNICATO Determinazione delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilita' interno relativo all'anno UNITELNews24 47 2013. (G.U. 25 novembre 2014, n. 274) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI M INISTRI - DIPA RTIMENTO P ER GLI REGIONALI, LE AUTONOMIE E LO SPORT DECRETO 16 gennaio 2014 Fondo nazionale integrativo per i comuni montani. (G.U. 27 novembre 2014, n. 276) AFFARI MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Integrazioni alla descrizione delle voci contabili dei modelli allegati al decreto 14 maggio 2013, recante: «Certificazioni di bilancio di previsione 2013 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunita' montane e delle unioni dei comuni.». (G.U. 27 novembre 2014, n. 276) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 1 agosto 2014 Interventi nel settore dei sistemi di Trasporto Rapido di Massa. (G.U. 3 dicembre 2014, n. 281) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 settembre 2014 Approvazione del piano triennale per la riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale di bilancio di Roma Capitale. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 28 novembre 2014 Ripartizione delle risorse, per l'anno 2012, da attribuire alle regioni a fronte degli oneri per gli accertamenti medico legali sui dipendenti assenti da servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 1 dicembre 2014 Determinazione per alcuni comuni della regione Sicilia interessati da flussi migratori, degli importi delle spese escluse dal computo dello specifico obiettivo di saldo finanziario, ai fini del patto di stabilita' interno, per l'anno 2014. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 10 ottobre 2014 Attribuzione di risorse alle sezioni del Fondo per la crescita sostenibile relativa alla promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e al rafforzamento della struttura produttiva. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 15 ottobre 2014 Intervento del Fondo per la crescita sostenibile in favore di grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione elettroniche e per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana. (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) UNITELNews24 48 MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Determinazione della sanzione al comune di Villamaina per il mancato rispetto del patto di stabilita' interno, relativo all'anno 2013 (G.U. 4 dicembre 2014, n. 282) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 ottobre 2014 Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell'identita' digitale di cittadini e imprese (SPID), nonche' dei tempi e delle modalita' di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese. (G.U. 9 dicembre 2014, n. 285) Sicurezza MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 29 ottobre 2014 Estensione dell'attivita' di certificazione della societa' Rina Service S.p.A., in Genova, per l'esecuzione delle procedure di valutazione della conformita' dell'equipaggiamento marittimo alle direttive 96/98/CE e 98/85/CE e successivi emendamenti. (G.U. 11 novembre 2014, n. 262) DECRETO-LEGGE 18 novembre 2014, n. 168 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero e gli adempimenti relativi alle armi per uso scenico, nonche' ad altre armi ad aria compressa o gas compresso destinate all'attivita' amatoriale e agonistica. (G.U. 18 novembre 2014, n. 268) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 4 novembre 2014 Integrazioni e modifiche al decreto 5 marzo 2014 recante approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attivita' estrattive, per l'anno 2014 (G.U. 20 novembre 2014, n. 270) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 11 novembre 2014 Attuazione della direttiva 2013/52/UE della Commissione del 30 ottobre 2013, recante modifica della direttiva 96/98/CE del Consiglio sull'equipaggiamento marittimo, gia' attuata con decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1999, n. 407. (G.U. 2 dicembre 2014, n. 280, S.O. n. 92) UNITELNews24 49 UNITELNews24 50 Giurisprudenza Appalti Corte di cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 19 novembre 2014 n. 47751 NOTA Se l'appalto è parziale il committente risponde dell'infortunio del terzo «Il contratto di appalto non solleva da precise dirette responsabilità il committente allorché lo stesso assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, in quanto, in tal caso, rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, compreso quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza dei cantiere». Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza 47751/2014, confermando, sotto questo aspetto, la responsabilità per omicidio colposo dell'amministratore di una società, incaricata dal Comune di Catania della realizzazione di una condotta idrica, a seguito di un infortunio mortale occorso ad un motociclista caduto a causa della mancata segnalazione del dislivello del manto stradale dovuto ai lavori di scavo. Il ruolo di garanzia - La Suprema corte ha ricondotto il ruolo di garanzia dell'imprenditore verso i terzi all'obbligazione personale «al rispetto scrupoloso delle cautele prevenzionali del caso e in special modo ad apporre la completa segnaletica di pericolo prevista» contratta col municipio. Inoltre, prosegue la sentenza, pur avendo dato in subappalto «le opere di scavo, messa in opera e connessione delle tubature», la committente «si era riservata di fornire la conduttura, e l'opera di saldatura dei relativi tranci, di pari passo con l'andamento dello scavo, sorgendo, così, all'evidenza, una esigenza di coordinamento, vigilanza e verifica certamente esuberante rispetto ai poteri del nudo committente». Da questa «speciale ingerenza», giustificata dalla parzialità dell'appalto e dagli obblighi assunti nei confronti del comune di Catania, «deriva la sussistenza del ruolo di garanzia nei confronti degli utenti della strada» in capo all'imprenditore. Sì alla att enuanti - Per i giudici di Piazza Cavour, invece, non è stata dimostrata la condotta sleale dell'imputato, «unica ragione per la quale è stata esclusa la prevalenza delle attenuanti generiche e la meritevolezza della non menzione». Nel condannarlo, infatti, la Corte d'Appello ha UNITELNews24 51 attribuito alla sua volontà di nascondere le proprie responsabilità la frettolosa bitumazione della strada, avvenuta il giorno successivo all'incidente. L'asfalto, tuttavia, argomenta la Cassazione, era stato messo dalla impresa appaltatrice, e, quindi, «sarebbe occorso dimostrare che artefice, o, perlomeno, istigatore o suggeritore della condotta diretta ad inquinare le prove era stato l'imputato». Non essendo per questo sufficiente l'apodittico asserto secondo il quale l'imputato non poteva essere all'oscuro dell'operazione «stante il suo costante interessamento ai lavori e la sua presenza sul luogo dell'incidente il giorno dell'accaduto». Infatti, conclude la sentenza, per la prima parte l'affermazione costituisce «un assioma fondato sul sospetto mero» e per la seconda parte si appalesa illogica, in quanto vista la gravità del sinistro la presenza dell'imprenditore era «ampiamente giustificata», né se ne può desumere che abbia «influito sulla decisione di bitumare al più presto lo scavo». (Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 19 novembre 2014) T.A.R. Liguria, Sez. II, 21 novembre 2014, n. 1690 NOTA Oneri per la sicurezza: negli appalti di servizi di natura intellettuale non occorre indicarli Il T.A.R. Liguria, Sez. II, 21 novembre 2014, n. 1690 ribadisce che negli appalti di servizi di natura intellettuale non occorre indicare gli oneri per la sicurezza. Il Collegio è stato chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto per l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara d’appalto a procedura negoziata indetta per l’affidamento dei servizi e delle prestazioni relative alla direzione lavori, alla misurazione, alla redazione di tutti gli atti e documenti della contabilità e al coordinamento sicurezza in fase di esecuzione lavori e per ogni altra prestazione richiesta per il completamento dell’incarico fino alla ultimazione e al certificato di regolare esecuzione dei lavori per l’omessa indicazione nella lettera di invito dei costi per la sicurezza non soggetti a ribasso. Preliminarmente il Collegio osserva che l’omessa indicazione nella lettera di invito dei costi per la sicurezza non soggetti a ribasso costituisce una circostanza direttamente incidente sulla formulazione dell’offerta e, in conseguenza, deve essere immediatamente contestata, per rilevare il pregiudizio che ne derivava ai danni della concorrente, senza attendere l’esito sfavorevole della gara (Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671; Cons. Stato, 26 novembre 2009, n. 7442; T.A.R Liguria, Sez. II, 21 marzo 2014, n. 453). Comunque, la giurisprudenza amministrativa, dopo talune oscillazioni, ha chiarito che negli appalti di servizi di natura intellettuale non occorre indicare gli oneri per la sicurezza, poiché le attività da svolgersi non sono caratterizzate da profili di interesse in tema di sicurezza sul lavoro (cfr., fra le UNITELNews24 52 ultime, Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3054). In particolare, non si profilano in tale ambito rischi da interferenze esterne (derivanti, per esempio, dalle particolari condizioni dei luoghi in cui dovrà svolgersi l’attività) ed è per questa ragione che l’art. 26, comma 3-bis, D.Lgs. 81/2008, esclude espressamente l’obbligo per la stazione appaltante di indicare detti oneri nel bando di gara (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 28 febbraio 2012, n. 378). L’indicazione dei costi aziendali per la sicurezza da parte dei singoli concorrenti, invece, risulta funzionale al giudizio di anomalia e nessuna disposizione normativa prevede la comminatoria di esclusione per l'omessa indicazione degli stessi nell’offerta (Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3056; T.A.R. Liguria, sez. II, 29 agosto 2014, n. 1323). Infine, il Collegio osserva che una eventuale anomalia dell’offerta aggiudicataria non comporterebbe né la riedizione dell’intera procedura competitiva né l’aggiudicazione in favore della ricorrente, ma solo lo scorrimento della graduatoria e la conseguente aggiudicazione in favore di una delle concorrenti che vi occupano una posizione anteriore alla ricorrente. (Francesco Garritano, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 27 novembre 2014) Pubblica Amministrazione Tribunale di Palermo - Sentenza 13 ottobre 2014 NOTA Anche le società in house possono fallire L’assoggettabilità alle procedure fallimentari deriva dallo spostarsi del baricentro della legislazione culminato con la spending review. Un risultato coerente conl progressivo ridimensionarsi della partecipazione statale nell’esercizio dell’attività d'impresa, seguita anche alla soppressione del ministero delle Partecipazioni statali. In questi termini si sofferma il Tribunale di Palermo, con sentenza del 13 ottobre, nell’arrivare a dichiarare lo stato di insolvenza di una società per azioni il cui oggetto era la riorganizzazione le modalità di gestione del servizio di smaltimento rifiuti attraverso la presa in carico della raccolta, trasporto, smaltimento e riciclaggio. La società, nel negare l’applicabilità della Legge fallimentare (che avrebbe condotto all’amministrazione straordinaria), aveva sostenuto che la normativa civilistica e fallimentare sono concordi nel mandare esenti da fallimento gli enti pubblici economici, sottoponendoli piuttosto a liquidazione coatta amministrativa. La ragione dell’esenzione starebbe nell’incompatibilità tra le finalità della gestione di un servizio pubblico essenziale e gli effetti tipici del fallimento; in caso UNITELNews24 53 contrario verrebbe a determinarsi un’ingerenza dell’autorità giudiziaria in ambiti riservati alla pubblica amministrazione. Ma i giudici della Sezione fallimentare di Palermo non sono stati di questo avviso. E hanno innanzitutto proceduto a una riflessione di ordine generale, che muove dalla constatazione che negli ultimi decenni le pubbliche amministrazioni hanno abusato del privilegio dell’affidamento diretto delle gestione dei servizi pubblici a società partecipate, in deroga ai fondamentali principi della concorrenza tra imprese e della trasparenza. Si è sviluppato «in modo esponenziale un modello di gestione mediante società controllate (cosidette in house) in un’ottica rivolta solo formalmente all’aziendalizzazione dei servizi e ad una privatizzazione effettiva, in realtà sostanzialmente diretta a eludere i procedimenti ad evidenza pubblica ed a sottrarre interi comparti della pubblica amministrazione ai vincoli di bilancio». A questa linea di tendenza più risalente, si è accompagnata – sottolinea la sentenza – una posizione diversa, tesa a moralizzare il fenomeno della partecipazione pubblica. Posizione arrivata a compiuta definizione con gli interventi di spending review. Da ultimo, almeno nella ricostruzione dei giudici, il decreto legge 95/2012, convertito dalla legge n. 135, ha dettato una norma di generale rinvio alla disciplina codicistica delle società di capitali anche per società a totale o parziale partecipazione pubblica. In contrasto con questa evoluzione, ammette la Sezione fallimentare, c’è un orientamento giurisprudenziale che esclude, quanto alle società in house, una diversità di rapporto tra l’ente pubblico partecipante e la società stessa, come pure una separazione patrimoniale. Per la sentenza, invece, la qualificazione di società in house riguarda esclusivamente l’ambito della responsabilità degli organi sociali per danni prodotti al suo patrimonio, incardinando la giurisdizione davanti alla Corte dei conti e non al giudice ordinario, «senza comportare una più generale riqualificazione della sua natura e senza avere alcuna ricaduta sull'assoggettamento alle procedure concorsuali». Nel caso esaminato, invece la società in house, costituita nella forma di spa, iscritta al registro, si indirizzava a una disciplina privatistica che trova rispondenza nella lettura della visura camerale. Da questa emerge infatti, l’attribuzione al consiglio di amministrazione dei più ampi poteri di ordinaria e straordinaria gestione, con la libertà di assumere tutti gli atti necessari al raggiungimento degli scopi sociali. I giudici ne concludono così, in sintonia con la Cassazione, nel senso che una società che ha per oggetto lo svolgimento di un’attività commerciale nelle forme previste dal Codice civile deve essere assoggettata a procedura fallimentare, indipendentemente poi dall’effettivo esercizio dell’attività UNITELNews24 54 stessa. La società acquista così la qualifica di imprenditore commerciale già dal momento della costituzione. E non dall’inizio concreto dell’attività d’impresa. (Giovanni Negri, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 9 dicembre 2014) Edilizia Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 1° dicembre 2014 n. 49991 NOTA La demolizione delle mura perimetrali non apre all'abbattimento del manufatto Deve essere considerata illegittima la condanna alla demolizione del manufatto, nel caso in cui siano state abbattute mura perimetrali in contrasto con il permesso a effettuare semplici lavori di ristrutturazione. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 49991/2014. I fatti. In particolare il ricorrente ha eccepito la violazione dell'articolo 31, comma 9, del Dpr 380/2001, per essere stata disposta la demolizione delle opere abusive. E ciò in considerazione sia del fatto che nel caso di specie l’abusività aveva a oggetto non un'edificazione, ma semmai una demolizione, sia del fatto che in questo caso, sebbene in origine fosse stata concessa la violazione della lettera b) dell'articolo 44 del Dpr citato, nella sentenza di fatto era stata riscontrata quella della lettera a) cioè un abuso minore per il quale non è prevista una sanzione così pesante. Pronuncia dell a Cassazione. La Corte ha dato ragione all'imputato ricordando che l'articolo 31 del Dpr 380/2001 prevede l'ingiunzione alla demolizione delle opere abusive solo per interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali. Si legge nella sentenza, pertanto, che la misura così pesante deve colpire esclusivamente gli abusi di maggiore gravità, quelli cioè che comportano «la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche e di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di opere edili oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza o autonomamente». Conclusioni. Non rientrano, pertanto, nella previsione normativa dell'articolo 31 gli abusi minori, puniti ai sensi dell'articolo 44, lettera a) del Dlgs 380/2001. Per tali violazioni le sanzioni amministrative costituite dal ripristino dello stato dei luoghi o dalla irrogazione di una sanzione pecuniaria sostitutiva restano di esclusiva competenza della pubblica amministrazione, mentre l'autorità giudiziaria può solo irrogare la pena dell'ammenda comminata dalla norma avente carattere penale. (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 1 dicembre 2014) UNITELNews24 55 Ambiente Il recupero di rifiut i pre sso installa zioni in AIA alla luce delle modifiche introdotte dal decreto "competitività e crescita" Marco Fabrizio, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 11 dicembre 2014 L’articolo 13, c. 4, del D.L. n. 91/2014, conv., con modificazioni, in l. n. 116/2014, Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea , ha introdotto modifiche anche alla disciplina in materia di recupero di rifiuti, sostanzialmente demandando a nuovi decreti attuativi l’aggiornamento della disciplina tecnica del caso, ivi compresa l’operazione consistente “nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinche' gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste” (nuovo art. 216, c. 8-quinquies, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd..). Tali decreti, aggiunge la nuova disposizione, dovranno, comunque, considerare taluni principi generali all’uopo fissati, quali: a) la qualita' e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare; le condizioni specifiche che devono essere rispettate prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti nello svolgimento delle attivita'; siano trattati senza pericolo per la b) c) le salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio; cessano di essere d) la destinazione dei rifiuti che considerati rifiuti agli utilizzi individuati (cc. 8-quater e 8-quinquies, art. 216 cit.). Rileverà, a carico dei gestori degli impianti di recupero esistenti, un periodo di salvaguardia di sei mesi dall’emanazione di nuovi regolamenti per procedere all’adeguamento dei processi (se necessario). Il comma 8-septies della medesima disposizione ha aggiunto, inoltre, una ulteriore disposizione relativa agli impianti di recupero assoggettati alla normativa in tema di autorizzazione integrata ambientale, apparentemente al fine di agevolare la conduzione delle attività di recupero di rifiuti presso gli impianti medesimi (rectius “installazioni”), del seguente tenore: “al fine di un uso piu' efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione, i rifiuti UNITELNews24 56 individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi della disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del …- D.lgs. n. 152/2006 – , nel rispetto del relativo BAT da inoltrare quarantacinque giorni prima dell'avvio References, dell'attivita' previa comunicazione all'autorita' ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto alle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione “. I rifiuti in questione sono quelli indicati nell’allegato III al menzionato regolamento n. 1013/2006, Elenco dei rifiuti soggetti agli obblighi generali di informazione di cui all'articolo 18, ovvero quelli che, ai fini di un trasporto internazionale, necessitano di una mero documento di accompagno contenente talune informazioni (spedizioni di rifiuti superiori a 20 kg., elencati nell'allegato III o III B al reg., piuttosto che miscele di rifiuti, non classificati sotto una voce specifica dell'allegato III, composte da due o più rifiuti elencati nell'allegato III, sempreché la composizione delle miscele non ne impedisca il recupero secondo metodi ecologicamente corretti e tali miscele siano elencate nell'allegato III A, a norma dell'articolo 58, reg. medesimo; spedizioni di rifiuti, inferiori a 25 kg., esplicitamente destinati alle analisi di laboratorio allo scopo di accertare le loro caratteristiche fisiche o chimiche o di determinare la loro idoneità ad operazioni di recupero o smaltimento). Trattasi della dichiarazione di inizio attività (DIA, oggi SCIA) da inoltrare all’autorità competente e, quindi, della legittimazione all’esercizio dell’attività al decorso di 45 giorni dall’invio della comunicazione all’autorità competente, con maturazione del silenzio assenso. Il legislatore ha ricalcato, in tal senso, la disciplina semplificata di cui all’art. 216, c. 1, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd. in tema di recupero (in generale) di rifiuti, tale che la comunicazione resa nelle forme e contenuto di legge (norme tecniche), unita al decorso del termine (45 giorni nel caso in questione, differentemente dai 90 gg. Altrimenti previsti in generale dall’art. 216 citato), abilita il privato a condurre l’attività di recupero di rifiuti. Se, dunque, all’apparenza il legislatore spinge per un’apparente liberalizzazione delle attività di recupero rifiuti presso i siti (installazioni) soggetti alla disciplina di cui all’autorizzazione integrata ambientale (elenco di attività di cui all’allegato VIII, parte seconda del D.lgs. n. 152/2006, per l’a.i.a. regionale, e allegato XII, stessa parte seconda del D.lgs. n. 152/2006 per l’a.i.a. nazionale) pur vero è che, analizzando l’iter procedimentale con cui le autorità competenti conducono l’istruttoria per le modifiche in materia, non v’è ragione di temere alcuno scadimento dei controlli, prima, e delle pratiche condotte all’uopo, poi… Rileva, innanzitutto, come l’amministrazione non potrebbe di certo sottrarsi ad un attento esame istruttorio sulla comunicazione in questione ricevuta, non solo e non tanto perché ciò è previsto UNITELNews24 57 dalla legge (tale che anche nel caso di recupero di rifiuti di attività non in AIA la provincia potrebbe intervenire inibendo l’attività ai sensi dell’ art. 216, c. 4, D.lgs. cit.), bensì anche perché è lo stesso schema amministrativo di cui all’art. 19, c. 3, l. n. 241/1990 e succ. modd., a richiedere ciò, fermo restando il generale potere di autotutela dell’amministrazione, sempre legittimata a riaprire un’istruttoria (anche nel caso di decorso di termini), fino all’eventuale revoca del provvedimento per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (anche per mera ri-valutazione dell’interesse pubblico originario – art. 21-quinquies, l. cit.), piuttosto che all’annullamento del medesimo (art. 21-nonies, l. cit.). Ancora più in particolare, inoltre, soccorre, ai fini del controllo da parte dell’autorità competente, l’iter in materia di autorizzazione integrata ambientale. Come è noto, al riguardo, la comunicazione prevista dall’art. 216, c. 8-septies, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd. con il suo apparente termine breve di 45 giorni, si inserisce, in realtà, nella disciplina più complessa della modifica sostanziale/non sostanziale di cui all’art. 29-nonies, D.lgs. medesimo, per gli impianti soggetti alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale. Invero, in caso di qualsiasi modifica, intesa come “…variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, produrre che possano effetti sull'ambiente” il gestore dell’installazione autorizzata in a.i.a. deve, infatti, comunicare all’autorità competente le modifiche progettate (art. 29-nonies, c. 1, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd.), decorrendo, a questo punto, a carico dell’autorità competente il temine di 60 giorni entro il quale la medesima amministrazione “dovrà” procedere all’aggiornamento dell’autorizzazione (presunta modifica non sostanziale) ovvero, qualora ravvisi che le modifiche progettate possano considerarsi sostanziali, per inviare al gestore notizia in tal senso, con conseguente obbligo, a carico di quest’ultimo, di inviare all’autorità competente una vera e propria nuova domanda di autorizzazione corredata dalla relazione di cui all’art. 29-ter, cc. 1 e 2, D.lgs. cit. (ovvero: a) descrizione dell'installazione e portata; delle sue attivita', specificandone tipo e b) descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell'energia usate o prodotte dall'installazione; del c) descrizione delle fonti di emissione dell'installazione; sito di d) descrizione dello stato ubicazione dell'installazione; e) descrizione del tipo e dell'entita' delle prevedibili emissioni dell'installazione in ogni comparto ambientale nonche' un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente; f) descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l'uso per prevenire le emissioni dall'installazione oppure, qualora cio' non fosse possibile, per ridurle; g) descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti prodotti dall'installazione; h) descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente nonche' le attivita' di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l'intervento dell'ente responsabile degli UNITELNews24 58 accertamenti di cui all'articolo 29-decies, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 e succ. modd.; i) descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal gestore in forma sommaria; l) descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all'art. 6, c. 16, D.lgs. cit.; m) se l'attivita' comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilita' e delle acque sotterrane nel di contaminazione del suolo sito dell'installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell'installazione o prima del primo aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata, per la quale l'istanza costituisce richiesta di validazione; n) una sintesi non tecnica delle precedenti informazioni) (art. 29-nonies, c. 2, cit.). Si rammenta come, alla luce delle ultime modifiche apportate alla disciplina in materia di a.i.a., è “sostanziale” la modifica di un progetto, opera o di un impianto, tale che “…la variazione delle caratteristiche o del dell'infrastruttura o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o progetto…, secondo l'autorita' competente…- producono – effetti negativi e significativi sull'ambiente” (art. 5. C. 1, lett. L-bis, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd.). La modifica introdotta dal D.lgs. n. 46/2014 prevede inoltre, come, con specifico riferimento particolare alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale “…, per ciascuna attivita' per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, e' sostanziale una modifica all'installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa” (art. 5, c. 1, lett. L-bis. Cit.). Peraltro, a seguito dell’ultima modifica introdotta alla disciplina in questione, anche al di fuori dei casi sopra richiamati di modifica sostanziale e non, il gestore dovrà pur sempre informare l'autorita' competente (oltre che l'autorita' di controllo di cui all'art. 29-decies, c. 3, D.lgs. n. 152/2006) “…in merito ad ogni nuova istanza presentata per l'installazione ai sensi della normativa in materia di prevenzione dai rischi di incidente rilevante, ai sensi della normativa in materia di valutazione di impatto ambientale o ai comunicazione, sensi della normativa in materia urbanistica”. La da effettuare prima di realizzare gli interventi, dovrà specificare espressamente gli elementi in base ai quali il gestore ritiene che gli interventi previsti non comportino ne' effetti sull'ambiente, ne' contrasto con le prescrizioni esplicitamente gia' fissate nell'autorizzazione integrata ambientale (art. 29-nonies, c. 3, D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd.), ancora una volta con necessario avvio di un’istruttoria e comunicazione di avvio del procedimento… Si consideri, sotto tale ultimo profilo, come l’avvio di attività di recupero di rifiuti comporterà pur sempre una qualche variazione sotto il profilo urbanistico-edilizio, quando non anche implicare una vera e propria valutazione di impatto ambientale (es. lettere m) e n), allegato III, D.lgs. n. 152/2006, come richiamato da art. 6, c. 6, D.lgs. medesimo: m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; UNITELNews24 59 n) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacita' superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D9, D10 e D 11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). In conclusione l’istruttoria che l’autorità competente apre per una modifica anche prima facie “non sostanziale” corrisponde sempre ad un preciso adempimento di legge, cui fa sovente seguito un’attenta disamina tecnico-giuridica dell’istanza ricevuta (non solo sulle BAT References), preceduta da comunicazione di avvio del procedimento ed in genere con richiesta di integrazioni documentali e successivi approfondimenti. Si ritiene, pertanto, che la “liberalizzazione” in questione sarà tale nel senso positivo della parola, senza scadimento dei controlli o, peggio, dello stato di salute dell’ambiente. UNITELNews24 60 Ambiente Le nuove norme per la gestione delle risorse idriche Giovanni La Banca, Il Sole 24 ORE – Ambiente24, 10 dicembre 2014 Il Decreto Sblocca Italia (Decreto Legge, testo coordinato 12.09.2014 n° 133, G.U. 11.11.2014) contiene rilevanti novità relative ai servizi pubblici locali, in particolare per quanto riguarda il servizio idrico integrato. Si evidenzia che si tratta del primo organico intervento legislativo a seguito del Codice dell’Ambiente e, in particolar modo, dopo l’esito del referendum del 2011. Le nuove norme per la gestione delle risorse idriche vanno a modificare ed integrare il Codice dell’Ambiente (Dlgs. 152/06) non solo per accelerare gli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico e l’adeguamento del sistema di fognatura e depurazione, ma anche al fine di migliorare gli assetti istituzionali, organizzativi e gestionali del settore. L’obiettivo dichiarato è quello di accelerare i tempi e offrire certezza alle procedure di affidamento del servizio. La prima innovazione di rilievo è attinente alla partecipazione obbligatoria degli enti locali agli enti d’ambito, con contestuale riassetto della governance, individuando ruoli e responsabilità dei soggetti coinvolti. Nello specifico, viene affidato all’ente di governo d’ambito il compito di definire i piani delle opere e quello di affidare il servizio mentre si incardina, in capo alle Regioni, un dovere di vigilanza sulle attività degli stessi enti di governo d’ambito. Allo stesso tempo, la Regione diviene titolare di poteri sostitutivi di commissariamento nei casi di inerzia o inadempienza di questi ultimi. Infine, a chiusura del complessivo riparto di competenze, all’Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico sono demandati precisi doveri di vigilanza e segnalazione circa il rispetto dalle procedure e dei tempi, mentre alla Presidenza del Consiglio è lasciato, come organo di ultima istanza, il compito di nominare commissari ad acta. Complessivamente, dunque, il Presidente della Regione esercita i poteri sostituitivi in caso di inadempienza degli enti di governo d’ambito nell’organizzazione del servizio; se la Regione non UNITELNews24 61 provvede l’Autorità per l’energia elettrica e il gas segnala l’inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri per i provvedimenti di propria competenza. L’esercizio di poteri sostitutivi risponde all’esigenza di garantire la definizione della governance del servizio idrico integrato indispensabile per generare economie di scala e, di conseguenza, accelerare gli investimenti nel settore. Inoltre, ad una ripartizione delle competenze tra i vari Enti, con il decreto Sblocca Italia, si aggiunge una precipua delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, sulla base del principio volto ad assicurare e conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza, perseguendo, altresì, l’unicità della gestione. Rilievo fondamentale, a parere di chi scrive, assume la parte direttamente sanzionatoria Accanto ai poteri sostitutivi delle Regioni, che invero erano già previsti dal Codice dell’Ambiente, e che non sono stati esercitati se non in casi sporadici, il provvedimento introduce la responsabilità erariale in capo agli Enti locali che non aderiscono entro termini perentori all’Ente di governo d’ambito. In particolare, l’art. 7 comma 1, lett. b), punto 1) impone l’obbligo di adesione entro il termine perentorio di sessanta giorni. In caso di violazione, possono intervenire, esercitando poteri sostitutivi previsti dal comma 1, lett. i), punto 4, il Presidente della Regione e, in caso di sua inattività, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su segnalazione AEEGSI, che nomina un commissario ad acta. La violazione della norma comporta responsabilità erariale. La disposizione in esame ha grande rilievo in quanto, da quando sono state soppresse le Autorità di Ambito territoriale ottimale (Ato) ed è stato assegnato alle Regioni il compito di definire struttura e caratteristiche dei nuovi regolatori locali, 15 Regioni su 19 hanno completato l'iter con l'approvazione di una legge regionale, mentre Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia hanno nominato commissari o comunque definito regimi transitori. Questo processo ha portato a una riduzione dei cosiddetti enti di governo di Ambito che sono passati da 92 a 70, facendo registrare la positiva tendenza a costituire soggetti di dimensioni regionali (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Sardegna e Calabria). Ma di negativo c'è la grande eterogeneità delle scelte regionali e la parziale o assente operatività degli Ega in molte Regioni del Sud, in cui detti Enti non sono stati costituiti o si è ancora in una fase commissariale. Il decreto in esame, prevedendo il termine perentorio del 31 dicembre 2014 per le Regioni ancora inadempienti, decorso il quale scatta il commissariamento da parte del Governo, unitamente alla UNITELNews24 62 responsabilità erariale, cerca di individuare la via maestra per la soluzione della problematica in questione, assicurando, anche a coloro che ancora non l’avessero fatto, una governance idonea alla tutela degli interessi de quibus. Altre specifiche norme di rilievo sono: - La necessità di un affidamento avente la durata massima di 30 anni per le convenzioni tipo tra l’ente di governo e il gestore, predisposte dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con l’obbligo di raggiungimento dell’equilibrio economico, la disciplina relativa al subentro; - L’obbligo, per gli enti di governo di ciascun ambito territoriale, di provvedere, nel termine di un anno, all’affidamento del servizio ad un gestore unico, con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi; - per garantire il rispetto della normativa europea in materia di gestione dei servizi idrici, con il comma 6 è stato istituito un Fondo ad hoc destinato agli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, finanziato attraverso la revoca delle risorse stanziate per le Regioni del Sud dalla delibera CIPE 60/2012 che stanziava 1,6 miliardi di euro per interventi per la depurazione delle acque, per i quali, al termine del 30 settembre 2014, non risultino essere stati assunti atti giuridicamente vincolanti e, a seguito di verifiche dell’ISPRA, risultino presenti obiettivi impedimenti di tipo tecnico-progettuale o urbanistico. L’utilizzo delle risorse del Fondo è condizionato all’avvenuto affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato dell’ATO, e alla partecipazione con il co-finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato. E’ prevista, infine, una dettagliata disciplina transitoria che regola l’organizzazione del servizio in attesa di giungere alla gestione unica d’ambito. Alla luce di tali argomentazioni, può dedursi che il legislatore ha inteso intervenire, in maniera decisa, su una problematica ormai ben nota agli addetti al settore e ai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Ad oggi, gli aspetti di maggiore problematicità riguardano la governance istituzionale del settore e l'assetto industriale delle aziende che gestiscono il servizio. Basti ricordare che, per quanto riguarda il sistema delle aziende che gestiscono i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, a distanza di anni dalla legge Galli, si registra ancora una elevata frammentazione del settore, per il quale di certo non può parlarsi di assetto industriale. La dimensione media delle aziende è ancora molto ridotta sia in termini di abitanti serviti (300.000) sia in termini di comuni gestiti (40) sia infine per valore del ricavo da vendita (36,2 UNITELNews24 63 milioni di euro con solo dieci aziende che superano gli 87 milioni nel 2013). Lo sblocca-Italia sembrerebbe evidenziare una decisa volontà di riforma, non solo ribadendo il principio di unicità della gestione, ma collegandolo a un tendenziale favor verso dimensioni dell'ambito territoriale di livello regionale. A ciò, però, andrebbe aggiunta l’estensione della fattispecie della responsabilità erariale, attualmente prevista solo nei casi di mancata adesione dell’Ente locale all’Ente di governo d’ambito, ai vari livelli di governo del settore, al fine di giungere in tempi celeri all’individuazione del gestore unico e all’affidamento del servizio. Di tal chè, al decreto in esame, pur lasciando ad ulteriori provvedimenti il compito di “normare” in merito agli aspetti tecnici specifici (come mancanze, inerzie, inadempienze), va riconosciuto l’indubbio merito di aver rimesso al centro del dibattito politico - istituzionale la problematica del servizio idrico integrato, individuando una disciplina specifica volta alla garanzia dell’ottimale gestione del servizio stesso. UNITELNews24 64 Ambiente Assoggettabilità a VIA: manca il de interpretano "caso per caso" creto attuativo e le Regio ni Carla Cimoroni, Il Sole 24 ORE – Ambiente24, 12 dicembre 2014 È con l’inerzia caratteristica dei corpi pesanti che si vanno dispiegando gli effetti delle disposizioni normative in materia di VIA introdotte dal D.L. n. 91 del 24 giugno 2014 (Decreto Competitività) e le conseguenti reazioni da parte delle amministrazioni locali deputate al rilascio delle autorizzazioni in campo ambientale. Ma tutto il sistema rischia di collassare solennemente se a breve non interverrà un chiarimento che dia attuazione a quanto previsto dallo stesso D.L. L’articolo 15, infatti, così come modificato in sede di conversione in Legge n.116 dell’11 agosto 2014, prevede, tra le altre cose, che criteri e soglie per sottoporre i progetti di competenza regionale a verifica di assoggettabilità a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), vengano stabiliti attraverso un decreto ministeriale, nelle more della cui adozione, la stessa verifica dovrà essere effettuata “caso per caso”. Proprio questa dicitura, “caso per caso”, ha generato il caos, anche perché le amministrazioni coinvolte stanno reagendo in maniera diversificata alle nuove disposizioni, con interpretazioni più o meno restrittive. Per comprendere la portata dell’intera vicenda, è opportuno ricordare che sono soggetti a VIA di competenza regionale non solo i progetti contenuti nell’Allegato III alla Parte II del D.Lgs. 152/2006, ma anche quelli di cui all’Allegato IV che, in base a una preliminare fase di screening (verifica di assoggettabilità), siano ritenuti appunto assoggettabili sulla base dei criteri previsti dall'Allegato V. L’allegato IV contempla in molti casi delle soglie dimensionali minime per sottoporre il progetto a verifica di assoggettabilità, che le Regioni e le Province autonome hanno avuto finora solo la facoltà e non l’obbligo di modificare per fissare criteri e condizioni di esclusione diversi. Solo per citare qualche esempio, in base alla norma nazionale sono sottoposti a verifica gli impianti termici per produzione di energia con potenze superiori a 50 MW, i gasdotti per tratte più lunghe di 20 km, le fonderie con capacità di produzione maggiore di 20 tonnellate al giorno, i progetti di sviluppo di zone industriali e aree urbane per superfici superiori a 40 ettari. Quelli di taglia minore non sono automaticamente sottoposti a verifica e quindi evidentemente non è nemmeno contemplata la possibilità di assoggettamento a procedura di VIA, per quelli ricadenti in aree naturali protette le soglie si intendono ridotte del 50%. UNITELNews24 65 La Commissione europea ha censurato la formulazione di tali soglie aprendo una procedura d’infrazione nel 2009 (2009/2086). Nel frattempo, inoltre, sono intervenute nuove disposizioni sulla VIA a livello comunitario contenute nella Direttiva 2011/92/UE e in ultimo nella Direttiva 2014/52/UE, da recepirsi com’è noto nei tre anni successivi all’emanazione. Vale senz’altro la pena di ricordare che delle 94 procedure d’infrazione aperte, ben 16 riguardano la materia ambientale. La procedura sulle soglie della verifica di assoggettabilità a VIA risale in realtà al 2003 (2003/2049). Con l’emanazione prima del D.Lgs 152/2006 e poi del D.Lgs. 4/2008, era stata sospesa, ma successivamente riavviata (2009/2086), in quanto la Commissione Europea non ha ritenuto superati i rilievi già formulati in base alla normativa previgente. Nel fissare le soglie, infatti, gli Stati membri avevano l’obbligo di prendere in considerazione tutti i criteri dettati dall’Allegato III della Direttiva VIA. Invece, nel determinare quali progetti di competenza regionale sottoporre a screening (Allegato IV) la normativa italiana prende in considerazione solo alcuni di tali criteri (in particolare la “dimensione del progetto” e le “zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri”) ignorando gli altri. Nemmeno le recenti modifiche normative intervenute con la Legge n. 97 del 2013 sono state ritenute sufficienti dalla Commissione che non ha archiviato la procedura di infrazione. Per questo, con l’articolo 15 del D.L. 91/2014 si è inteso superare una volta per tutte i rilievi mossi dalla Commissione europea, recependo quanto disposto dalla Direttiva 2011/92/UE e intervenendo in maniera definitiva sulla questione delle soglie, la cui individuazione viene direttamente demandata ad un decreto ministeriale, da emanarsi, previa l’intesa in sede di Conferenza StatoRegioni, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (21 agosto 2014). Ma il termine è scaduto e del decreto attuativo ancora non c’è traccia. Nel frattempo, come si è detto, “la procedura di cui all'articolo 20 (screening) è effettuata caso per caso, sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato V”. Tra le prime a lanciare l’allarme la Provincia di Lucca, che ha rilevato che, in base all’interpretazione della Regione Toscana, i recenti mutamenti legislativi hanno reso di fatto inapplicabile il concetto di soglia dimensionale con la conseguenza che tutte le categorie progettuali presenti nell’elenco dell’Allegato IV dovrebbero essere sottoposte alla procedura di verifica di assoggettabilità indipendentemente dalle dimensioni, finché non vengano definiti con decreto le nuove taglie e i nuovi criteri applicativi. Ne è nata anche un’interrogazione parlamentare, proposta prima in Commissione (25 settembre) e successivamente in Aula (19 novembre), tuttora in attesa di risposta da parte del Ministro competente. Alla richiesta dell'Amministrazione Provinciale, infatti, di fornire un indirizzo procedimentale per valutare i progetti sì «caso per caso», ma in modo da poter escludere le piccole attività con situazioni di evidente irrilevanza sotto il profilo dell'impatto ambientale, la Regione Toscana ha risposto di non essere competente né a interpretare la normativa statale né tantomeno a fornire criteri per l'applicazione della procedura di screening ai UNITELNews24 66 progetti di cui all'Allegato IV “sotto soglia” finché vige la fase transitoria ovvero fino all’entrata in vigore del più volte citato decreto attuativo. Anche altre Amministrazioni regionali, come quelle di Abruzzo e Sardegna, in linea con quanto rilevato dalla Toscana, hanno evidenziato che le soglie previste dall’Allegato IV non sono più applicabili e che ogni diversa interpretazione diretta ad escludere l’attivazione della procedura di screening per uno qualsiasi dei progetti elencati nell’Allegato IV contrasta con le finalità della norma in questione di superare le censure della Commissione europea. Stando così le cose, i procedimenti in itinere inerenti progetti “sotto soglia” o modifiche degli stessi devono essere sospesi per consentire lo svolgimento della procedura di verifica di assoggettabilità. In sede di Conferenza Unificata per l’espressione del parere di competenza sulla conversione in legge del Decreto Competitività, le Regioni avevano già espresso forti perplessità sulla formulazione dell’articolo 15 denunciando oltre al “pesante aggravamento degli oneri alle imprese, in un frangente di estrema fragilità del contesto produttivo”, anche “un’assoluta inidoneità degli apparati della Pubblica Amministrazione” per far fronte all’ulteriore e sproporzionato carico di lavoro, paventando “il collasso del sistema autorizzatorio degli impianti e delle opere rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia di VIA”. Il suggerimento, non accolto, era stato dunque quello di sopprimere il periodo che si riferisce alla gestione della fase transitoria (da condurre “caso per caso” fino all’emanazione del decreto per soglie e criteri), ritenendo tale disposizione addirittura eccedente rispetto a quanto richiesto dalla Commissione europea che non contesta tanto l’apposizione delle soglie “ma rileva come, nel definirle, lo Stato membro abbia tenuto conto solo di due criteri tra quelli rilevanti”. Del resto, anche la nuova Direttiva 2014/52/UE di modifica alla Direttiva VIA prevede una generale semplificazione degli obblighi connessi al procedimento. È doveroso rilevare che l’aggravio comportato dalla norma transitoria così introdotta dipende anche dalle modalità con cui, nelle varie regioni, è disciplinato l’iter della VIA. In Toscana come in Emilia Romagna, per esempio, le procedure in ambito di valutazione di impatto ambientale si integrano con i processi autorizzatori in capo a Regione, Province e Comuni in base ad un preciso riparto di competenze, consentendo in generale di abbreviare i tempi dei processi decisionali e di renderli più trasparenti. In molte altre regioni, invece, le procedure sia di screening che di valutazione di impatto ambientale sono distinte da ulteriori autorizzazioni di natura ambientale e sono prerogativa dell’amministrazione regionale attraverso Servizi e Comitati dedicati. Se nel primo caso le nuove disposizioni implicano certamente un maggior onere per i proponenti e per le amministrazioni, nel secondo rischia di crearsi un vero e proprio collo di bottiglia. Non per niente, la Regione Umbria che individua l'Autorità cui spetta lo svolgimento dei UNITELNews24 67 procedimenti di verifica di assoggettabilità ovvero di VIA nel competente Servizio regionale, propone per superare l’impasse che lo screening si svolga direttamente nell’ambito del procedimento di autorizzazione dell’opera avviato dalle diverse amministrazioni di volta in volta competenti. La stessa Regione Umbria si spinge anche oltre, ipotizzando per la fase transitoria una procedura di “pre-screening” per i progetti “sotto soglia” sulla base di quanto dichiarato dal proponente in base ad un modello predisposto all’uopo. Anche la Provincia di Bologna ha ritenuto di affrontare la questione indicando per i progetti “sotto soglia” la presentazione, unitamente all’istanza di autorizzazione, di una relazione per evidenziare i motivi di esclusione dalla procedura di verifica di assoggettabilità. Qualora accolti, l’iter proseguirebbe con i tempi previsti dalla norma di settore. La non esclusione comporterebbe, invece, la sospensione dell’iter in corso fino all’espletamento della procedura di screening ed eventualmente di VIA. Dunque alcune amministrazioni, pur rilevando la gravità della situazione, hanno ritenuto di poter intervenire nel transitorio con soluzioni dirette a sbloccare l’inevitabile stallo amministrativo, altre, almeno per il momento, hanno interpretato in maniera maggiormente restrittiva la possibilità stessa di promuovere indirizzi volti alla semplificazione. Comitati e associazioni ambientaliste gridano vittoria, avendo spesso denunciato l’insufficienza delle soglie dimensionali a garantire l’applicazione dei criteri previsti dall’Allegato III della Direttiva VIA, confortati anche dai pronunciamenti in materia della Corte Costituzionale (Sentenza 93/2013). D’altro canto, non mancano interpretazioni dell’articolo 15 del D.L. 91/2014 come quella dell’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) che mettono in discussione la stessa inapplicabilità delle soglie previste nell'Allegato IV, che non sarebbero affatto “temporaneamente sospese” in attesa del decreto più volte citato. Fatto sta che, ad oggi, in esecuzione delle nuove norme e in attesa del decreto, almeno in alcune regioni sussiste il paradosso per cui l’obbligo della verifica di assoggettabilità riguarda opere e interventi attualmente sottoposti a procedimenti autorizzativi semplificati (tra tutti, le P.A.S. previste dal D.Lgs. 28/2011 per gli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili) proprio per l’impatto ambientale ritenuto poco significativo in ragione delle loro caratteristiche tecniche e delle ridotte dimensioni, vanificando così gli sforzi messi in campo dalle amministrazioni locali in termini di razionalizzazione e coordinamento procedimentale. Un intervento tempestivo del Ministero dell’Ambiente è quanto mai urgente, a cominciare da un chiarimento rispetto agli effettivi margini di manovra delle Regioni e delle Province autonome nel fornire indirizzi volti a gestire la fase interlocutoria senza eccessivi oneri per la Pubblica Amministrazione e le piccole imprese. In attesa dell’ennesimo decreto attuativo ritardatario. UNITELNews24 68 Appalti La trasparenza negli Enti Locali Marco Porcu, Il Sole 24 ORE – Tecnici24 – 25 novembre 2014 La trasparenza è uno dei principi che devono necessariamente reggere l’attività amministrativa, insieme a quelli di economicità, efficacia, imparzialità e pubblicità, fissati dall’art. 1, L. 7 agosto 1990, n. 241. Sono stati molteplici gli interventi legislativi diretti a tutelare i cittadini, assicurando loro la possibilità di ottenere una miriade di informazioni sulla gestione della res pubblica. La L. 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”, aveva, come ai più noto, istituito la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, ora divenuta A.NA.C. La stessa legge, all’art. 1, comma 15, ribadiva come la trasparenza dell’attività amministrativa costituisse “livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, e poneva una serie di obblighi informativi in capo alle Pubbliche Amministrazioni, concernenti l’obbligo di pubblicare nei siti web istituzionali le informazioni relative a: -procedimenti amministrativi, bilanci e conti consuntivi; -costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini; -dichiarazioni concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico di livello statale, regionale e locale, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica; -informazioni relative ai titolari di incarichi dirigenziali nelle Pubbliche Amministrazioni; -ulteriori atti e documenti ritenuti di pubblico interesse. Questa infinita serie di obblighi informativi ha dato luogo a un appesantimento eccessivo dell’attività amministrativa, costringendo tutti i soggetti interessati a intervenire nel proprio sito web istituzionale e inserire una sezione denominata “Amministrazione trasparente”, in cui pubblicare i dati richiesti. UNITELNews24 69 Il rispetto di questi doveri, ha inoltre imposto oneri economici aggiuntivi per le amministrazioni che hanno dovuto rivolgersi all’esterno per l’inserimento dei dati richiesti, vista l’impossibilità di potervi farvi fronte con il proprio personale tecnico. Si assiste ora, forse, a un’inversione di tendenza, in cui si ritiene opportuno valutare se questa eccessiva trasparenza e pubblicità soddisfa effettivamente l’esigenza mostrata dal legislatore, ovvero violi la privacy dei soggetti interessati. Sul punto, si segnala una recente azione (lettera del 30 ottobre 2014) del Garante per la Privacy, Antonello Soro e del Presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone in cui chiedono l’intervento del Ministro per la semplificazione e per la pubblica amministrazione Marianna Madia. Si segnala, in particolare, che gli attuali obblighi informativi si applicano indifferentemente a Enti e realtà profondamente diversi tra loro, “senza distinguere la portata in ragione del grado di esposizione dell’organo al rischio di corruzione; dell’ambito di esercizio della relativa azione o, comunque, delle risorse pubbliche assegnate, della cui gestione l’ente debba quindi rispondere.”. Il documento condiviso dai due presidenti, ritiene opportuna una rivisitazione generale dell’ambito soggettivo di applicazione degli obblighi di pubblicità e del loro contenuto, “nonché delle modalità di assolvimento di tali oneri informativi, per i quali non sempre la pubblicazione in rete è garanzia di reale informazione, trasparenza e quindi democraticità”. La divulgazione on-line dei dati potrebbe, infatti, essere oggetto di manipolazione e alterazione che andrebbe contro la ratio prevista dalla norma. Per tali ragioni, sempre secondo la comunicazione, si potrebbe preferibilmente obbligare le amministrazioni a pubblicare in sintesi soltanto alcune delle informazioni tutt’ora richieste, vincolandole al possesso della documentazione corrispondente, così da permettere il libero accesso al cittadino che lo ritenga opportuno e necessario. Il bilanciamento fra trasparenza e privacy è tema assai noto e dibattuto e non è questa la sede per prendere posizione e individuare possibili soluzioni. A ogni modo, deve rilevarsi l’intervento del Garante per la protezione dei dati personali, con le “Linee guida in materia di trattamento dei dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”, del 15 maggio 2014, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale 12 giugno 2014, n. 134. In sintesi, le indicazioni fornite dal Garante, impongono la pubblicazione dei soli dati aggiornati e indispensabili, vietando di diffondere informazioni sulla salute e tutti quei dati che possano pregiudicare i diritti delle persone. Per quanto concerne in particolare gli open data, l’obbligo di pubblicazione dei dati in formato aperto comporta che il riutilizzo dei dati personali non deve pregiudicare il diritto alla privacy. All’interno della sezione “Amministrazione trasparente”, le Pubbliche Amministrazioni sono infatti tenute a inserire un alert con cui si informa il pubblico che i dati personali sono riutilizzabili in termini compatibili con gli scopi per i quali sono raccolti e nel rispetto delle norme sulla protezione UNITELNews24 70 dei dati personali. In merito, invece, alla indicizzazione dei dati nei motori di ricerca generalisti, deve esserci una limitazione ai soli dati tassativamente individuati dalle norme in materia di trasparenza, con esclusione degli altri dati che si ha l’obbligo di pubblicare per altre finalità di pubblicità. In conclusione, la necessità di ottenere la massima trasparenza dell’attività amministrativa, deve inevitabilmente essere bilanciata con la tutela di quanto pubblicato sul web. Sono pertanto legittimi e necessari tutti quegli interventi diretti a impedire la manipolazione dei dati ed il loro illecito riutilizzo. UNITELNews24 71 Pubblica amministrazione I Comuni e la lotta alla contraffazione Simone D’Antonio, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa, 30 Novembre 2014, n. 11/12 La contraffazione è un fenomeno che colpisce soprattutto le aree urbane, manifestando i suoi effetti in numerosi campi dell’economia e del vivere in comunità. La produzione, la distribuzione e il consumo di merci contraffatte pone sfide importanti alle amministrazioni nazionali, regionali e locali non solo sul fronte della sicurezza ma anche su quello della crescita economica. La contraffazione rappresenta infatti un elemento che spesso ostacola lo sviluppo dell’economia locale nei settori interessati, favorendo lo sviluppo di forme di economia illegale con una netta riduzione delle entrate fiscali da parte dei comuni. Sul fronte sociale, la contraffazione danneggia le economie di interi quartieri attraverso la diffusione di lavoro nero, sfruttamento lavorativo e minorile che incidono sui livelli di istruzione e, più in generale, sulla coesione sociale delle zone interessate. Tali fenomeni si legano a doppio filo alle tematiche della sicurezza urbana e al modo in cui la contraffazione contribuisce ad alimentare circuiti criminali e attività illecite svolte soprattutto nelle città, dall’accattonaggio allo sfruttamento della prostituzione fino al traffico di stupefacenti. Più in generale la contraffazione si lega a problemi di ordine e decoro pubblico, con la presenza di venditori abusivi sulle strade principali e conseguenze forti sul commercio regolare, oltre che sulla vivibilità di molte tra le zone più centrali delle città italiane. Ciò provoca una diffusa percezione di insicurezza e illegalità da parte dei residenti, oltre a contribuire a una riduzione dell’attrattività turistica delle zone interessate da tali fenomeni. Il carattere combinato di tali fenomeni impone un’azione multilivello, che coinvolga enti locali e forze di polizia nel contrasto a un fenomeno solo apparentemente marginale ma che impatta sulla qualità della vita e degli spazi pubblici soprattutto in aree urbane di medie e grandi dimensioni. La necessità di definire politiche adatte a contrastare la contraffazione a livello locale in maniera strutturale e non solo emergenziale sta alla base di un’azione sempre più coordinata fra comuni e autorità preposte alla sicurezza, producendo una serie di progetti e iniziative che mettono il nostro Paese all’avanguardia nel contrasto alla contraffazione soprattutto nelle aree urbane. La contraffazione in Italia: le cifre del fenomeno Secondo i dati del Rapporto 2014 del Censis, il mercato del falso ha visto un giro d’affari di circa 6 miliardi e mezzo di euro. Abbigliamento e accessori sono i settori maggiormente colpiti dalla UNITELNews24 72 contraffazione, con un fatturato complessivo che supera i 2 miliardi e 243 milioni di euro (34,3% del totale), seguito dal comparto Cd, Dvd e software che totalizza 1,786 miliardi di euro, ovvero il 27,3%. Significativa anche la quota di mercato dei prodotti alimentari contraffatti, che ammontano a circa un miliardo di euro pari a circa il 16% del totale. La crisi colpisce anche il settore del falso, se si mette in luce il calo del fatturato rispetto al 2010 (che presentava un valore pari a 7 miliardi e 326 milioni di euro) e al 2008, quando totalizzava rispettivamente 7 milioni e 689 milioni di euro. I settori in cui il fatturato è calato di più sono orologi e gioielli (-20%) seguito da abbigliamento e accessori (-14,8%). Il calo della domanda interna colpisce anche questo particolare settore economico illegale, costringendo buona parte delle famiglie a tagliare assieme a tutti gli altri tipi di consumo anche quelli per i beni contraffatti (si veda Tabella 1). L’indagine Censis evidenzia quanto l’impatto del mercato del falso sia significativo sull’economia italiana e per le entrate dello Stato. Si stima infatti che se fossero stati venduti sul mercato legale tutti i prodotti acquistati sul mercato illegale si sarebbero avuti 17,7 miliardi di euro di produzione aggiuntiva e 6,4 miliardi di valore aggiunto (corrispondenti allo 0,45% del Pil italiano). La produzione di tali beni avrebbe inoltre richiesto l’impiego di 105mila unità lavoro a tempo pieno, pari allo 0,44% dell’occupazione complessiva nazionale, apportando così una spinta forte alla creazione di nuovi posti di lavoro a livello locale. Ancora più significative le perdite dello Stato legate alla contraffazione: riportare nell’ambito della legalità quanto prodotto e commercializzato nell’ultimo anno porterebbe un gettito complessivo di 5 miliardi e 280 milioni di euro, che attualmente corrispondono a un ammanco del 2% del totale delle entrate dello Stato. I soggetti maggiormente colpiti dalla contraffazione sono le imprese, danneggiate non solo sul fronte della produzione ma più in generale dai diversi passaggi della filiera illegale, che vanno dal trasporto alla distribuzione delle merci fino, più in generale, alla creazione di un contesto locale negativamente permeato da forme “regolari” di illegalità e quindi meno propenso ad accoglierne iniziative di contrasto (si veda Tabella 2). Imprese irregolari, sfruttamento del lavoro e immigrazione irregolare sono i fenomeni illegali maggiormente denunciati dagli imprenditori, che ritengono in crescita sia la produzione che l’acquisto di merci contraffatte sui territori. L’ultimo rapporto Censis evidenzia quanto sia ancora insufficiente il livello di conoscenza degli strumenti a disposizione delle imprese per tutelare la proprietà industriale. Dispositivi anticontraffazione, registrazione di marchi collettivi, disegni o modelli oppure i controlli nella catena produttiva e distributiva sono alcuni degli strumenti di tutela meno conosciuti o meno utilizzati dalle imprese, nonostante la presenza di sportelli di supporto e tavoli di coordinamento diffusa sul territorio ancora a macchia di leopardo (con maggiore diffusione al Centro-Nord e più scarsa al Sud). Numerosi gli interventi ritenuti decisivi dalle imprese per contrastare le contraffazioni. Dagli incentivi con cofinanziamento pubblico-privato agli investimenti su innovazione, nuove tecnologie fino all’adozione di sistemi di tracciabilità e l’introduzione di UNITELNews24 73 sistemi di tracciabilità obbligatori, queste misure sono indicate come un necessario supporto da parte dello Stato per il contrasto alla contraffazione. L’introduzione di sistemi di tracciabilità e l’aumento dei controlli sulla filiera di produzione e distribuzione sono ritenute invece azioni che le stesse imprese possono mettere in campo per contrastare il mercato del falso e al contempo rafforzare il legame di fiducia tra produttore e consumatore (si veda Tabella 3). Svolgere un’azione culturale soprattutto nei confronti dei consumatori più giovani rappresenta una priorità che emerge dalle indagini demoscopiche che si sono succedute nel corso del tempo, dalle quali emerge l’intenzionalità della scelta di acquistare prodotti falsi, reperiti soprattutto per strada in bancarelle e mercati: meno frequente invece l’acquisto in negozi e via internet. Articoli di abbigliamento e accessori rappresentano gli articoli maggiormente acquistati dai giovani sul mercato del falso, seguiti da Cd e Dvd, scarpe e occhiali. Puntare sui temi dello sfruttamento lavorativo o dell’implicazione della criminalità organizzata nelle catene di produzione e distribuzione di tali prodotti per indurre i giovani a rivolgersi al mercato regolare rappresenta una possibile strategia per rendere sempre meno tollerabile e accettato il gesto di comprare contraffatto, che non provoca soltanto danni alle imprese ma più in generale ripercussioni sui contesti di vita quotidiani (si veda Tabella 4). I comuni e il contrasto alla contraffazione a livello locale Considerato il forte impatto della contraffazione sulle economie locali e più in generale sulla sicurezza e la coesione sociale dei territori, l’Anci ha svolto attività di sostegno, assistenza tecnica ed erogazione di servizi nell’ambito del Programma nazionale di azioni territoriali anticontraffazione, che ha preso piede a partire dall’analisi dei fabbisogni di comuni e corpi di Polizia municipale coinvolti nelle azioni di contrasto alla contraffazione. Oltre settanta comuni hanno risposto all’invito a presentare proposte per progetti e interventi sul tema e sono in totale ventisei i comuni che hanno ricevuto finanziamento ai progetti presentati. Tra le azioni ritenute necessarie per favorire una migliore conoscenza del fenomeno non figurano solo le classiche azioni di benchmarking o scambio di buone prassi ma anche la formazione degli operatori e l’informazione dei cittadini attraverso campagne e iniziative specifiche capaci di far comprendere appieno i rischi legati all’acquisto di prodotti contraffatti. La necessità di migliorare gli strumenti regolamentari e legislativi a disposizione dei comuni per il contrasto alla contraffazione viene incentivato anche dalle evoluzioni legislative, che da qualche anno assegnano ai comuni una compartecipazione ai proventi derivanti dalle attività di contrasto al fenomeno. Le dimensioni significative della contraffazione soprattutto sulle grandi città (Roma, Milano e Genova sono infatti le città in cui sono stati sequestrati il numero superiore di oggetti) si accompagna a una capillare diffusione del fenomeno, con una media di 28 accessori di abbigliamento sequestrati per città. Le attività di formazione hanno contribuito a rafforzare il coordinamento tra gli attori addetti all’attività di UNITELNews24 74 contrasto sui territori, contribuendo a qualificare al meglio l’azione delle Polizie locali sul tema nelle città del programma. Le esperienze dei comuni: i casi di Milano, Venezia, Torino e San Vito dei Normanni Il comune ha dato vita al Consiglio milanese anticontraffazione, in collaborazione con il Centro studi Grande Milano e con l’obiettivo di migliorare la tutela delle produzioni locali e nazionali. Grazie al coinvolgimento attivo, tra gli altri, della Direzione scolastica provinciale, di Assolombarda, Rete Imprese Italia, Expo 2015 e Associazione consumatori, sono state realizzate una serie di attività tra cui l’allestimento di gazebo sulle principali arterie commerciali cittadine in cui gli agenti hanno educato la cittadinanza sui rischi derivanti dall’acquisto e sulle modalità di riconoscimento del falso. Oltre 75mila persone hanno visitato il gazebo, nel quale sono stati anche esposti prodotti contraffatti e distribuito materiale pubblicitario e didattico ai cittadini. Particolare attenzione è stata riservata ai prodotti tecnologici e all’abbigliamento, ovvero alle tipologie merceologiche maggiormente acquistate dai più giovani sul mercato del falso. L’utilizzo delle nuove tecnologie per la realizzazione di azioni di contrasto e monitoraggio attraverso la condivisione di banche dati è al centro del progetto ‘ Pipols ’ realizzato dal comune di Venezia, che ha realizzato un portale intercomunale per le polizie locali scientifiche. Il progetto ha favorito la creazione di una rete digitale investigativa inserita nel più ampio quadro della collaborazione interregionale già attiva con il comune di Torino, da tempo attivo su questi temi. La condivisione di buone prassi e la formazione congiunta degli operatori sono solo alcune delle attività in comune messe in piedi nel quadro di una collaborazione istituzionale che ha favorito la messa in rete di informazioni, procedure e tecnologie sul contrasto alla contraffazione. Ciò ha portato alla realizzazione di banche dati destinate al supporto all’attività investigativa e all’analisi dei fenomeni di contraffazione sul livello locale. Il portale si configura come uno strumento operativo che consente alle polizie locali di ricostruire le reti attraverso cui avvengono i percorsi di falsificazione comuni e le reti relazionali dei venditori di prodotti contraffatti. A Torino il progetto ‘ Il Replicante’ ha visto la collaborazione di numerosi soggetti attivi nel contrasto alle contraffazioni nell’intera area metropolitana (dalle Polizie municipali di Moncalieri e Venaria Reale fino all’agenzia delle Dogane, Ascom e Confesercenti). Il progetto ha predisposto una campagna di comunicazione e sensibilizzazione di consumatori e operatori commerciali sui rischi legati all’acquisto e alla commercializzazione dei prodotti contraffatti. È stato inoltre messo a disposizione della cittadinanza un infopoint per richiedere informazioni sul fenomeno o ricevere consulenza su singoli prodotti, reperibile via mail o telefono. Questo mix di azioni non è stato adottato solo nei comuni di grandi dimensioni ma anche nei centri più piccoli, che soprattutto in virtù della loro vocazione turistica si trovano a dover affrontare sul proprio territorio gli effetti dei fenomeni di contraffazione. Il comune di San Vito dei Normanni ha da un lato definito una serie di azioni di formazione del UNITELNews24 75 personale di Polizia municipale e dall’altro ha predisposto materiali informativi, come brochure e manifesti, per sensibilizzare la cittadinanza sul tema della contraffazione e sulle sue conseguenze. Coinvolte nelle attività promosse dal protocollo d’intesa tra comune e Camera di commercio anche le scuole superiori, con un concorso intitolato “Fai l’originale ” che ha premiato lo slogan più efficace da utilizzare nelle successive campagne. Tabella 1 - Stima del fatturato della contraffazione in Italia per settori, 2012 (v.a. e var. %) Settore v.a. (mln di euro) Var. % Prodotti alimentari, alcolici e bevande 1.035,2 15,8 Profumi e cosmetici 108,3 1,7 Abbigliamento e accessori 2.243,3 34,3 Apparecchi e materiale elettrico 586,6 9,0 Materiale informatico 243,2 3,7 Cd, Dvd, cassette audio e video 1.786,5 27,3 Orologi e gioielli 379,8 5,8 Giochi e giocattoli 28,8 0,4 Medicinali 21,4 0,3 Pezzi di ricambio auto 102,1 1,6 Totale 6.535,2 100,0 Fonte: Censis, 2014 Tabella 2 - Stima dell’impatto generato dalla contraffazione sull’economia nazionale, 2012 (v.a.) Voci Fatturato interno (mln di euro) 6.535,0 Impatto sulla produzione (mln di euro) 17.773,0 Impatto sul valore aggiunto (mln di euro) 6.370,0 Importazioni attivabili (mln di euro) 5.650,0 Importazioni attivabili per ogni euro di fatturato 0,9 Impatto sull’occupazione (unità di lavoro generabili nel mercato legale) 104.538,0 Unità di lavoro generabili per ogni milione di euro di fatturato 16,0 Fonte: Censis, 2014 UNITELNews24 76 Tabella 3 - Stima della contraffazione in Italia, 20082012 (numero indice e valore assoluto in milioni di euro costanti) Anni v.a. (in milioni di euro a prezzi costanti 2012) 2008 7.689,8 2010 7.326,0 2011 7.366,1 2012 6.535,2 Var. % 2008-2012 -4,7 Var. % 2010-2012 -10,8 Fonte: Censis, 2014 Tabella 4 - Gettito tributario generato dalla contraffazione in Italia per categoria di imposta, 2012 (in mln di euro) Imposte Su Su domanda diretta produzione attivata Totale diretta e attivata Imposte dirette Gettito Ires-Ire reddito di impresa 210,18 572,62 782,8 Gettito Irap reddito di impresa 101,61 259,62 361,22 Gettito Ire su redditi da lavoro dipendente 232,32 267,9 500,22 544,1 1.070,11 1.644,25 Gettito Iva sulla vendita 978,22 2.658,20 3.636,42 Totale imposte indirette 978,22 2.658,20 3.636,42 1.522,33 3.758,34 5.280,67 Totale imposte dirette Imposte indirette Totale Fonte: Censis, 2014 UNITELNews24 77 Pubblica amministrazione La pubblicazione dei documenti contabili e le altre misure per la trasparenza della finanza locale Paolo Canaparo, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa, 30 Novembre 2014, n. 11/12 Il Dlgs n. 126/2014, recante disposizioni integrative e correttive al Dlgs n. 118/2011, ha introdotto, con l’adeguamento dei sistemi informativo-contabili, alcuni puntuali obblighi di pubblicazione dei documenti di programmazione e di rendicontazione degli enti locali al fine di assicurare la più ampia trasparenza degli andamenti finanziari di ciascuna amministrazione e con ciò agevolare la loro conoscibilità. Il decreto legislativo n. 126 del 10 agosto 2014, recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011, ha introdotto, con l’adeguamento dei sistemi informativo-contabili, alcuni puntuali obblighi di pubblicazione dei documenti di programmazione e di rendicontazione degli enti locali al fine di assicurare la più ampia trasparenza degli andamenti finanziari di ciascuna amministrazione e con ciò agevolare la loro conoscibilità, non solo da parte degli operatori, ma anche da parte dei cittadini-utenti-contribuenti, chiamati ad esercitare il c.d. controllo diffuso, per affiancare e rafforzare quello esercitato dagli organi di controllo interno ed esterno. Gli interventi del decreto n. 126 consistono in novelle e integrazioni al Titolo I del decreto n. 118 del 2011, concernente i principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali, e al Testo unico sugli enti locali, e sono stati adottati nell’ambito dell’esercizio della legge delega n. 42 del 2009 sull’attuazione del federalismo fiscale, che all’articolo 1, lett. c), ha fatto espresso riferimento, tra i criteri e principi direttivi generali, alla previsione dell’obbligo di pubblicazione in siti internet dei bilanci delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni, tali da riportare in modo semplificato le entrate e le spese pro capite, secondo modelli uniformi concordati in sede di Conferenza unificata. Il principio contabile generale della pubblicità Le misure del decreto n. 126 declinano il principio contabile generale della pubblicità di cui al n. 14 dell’allegato 1 al decreto legislativo n. 118 del 2011, che non è stato peraltro modificato nei contenuti dal correttivo. Il predetto principio attribuisce al sistema di bilancio una funzione informativa nei confronti degli utilizzatori dei documenti contabili e con ciò assegna all’amministrazione pubblica il compito di rendere effettiva tale funzione, assicurando ai cittadini e ai diversi organismi sociali e di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e UNITELNews24 78 caratteristici del bilancio di previsione, del rendiconto e del bilancio di esercizio, comprensivi dei rispettivi allegati, anche integrando le pubblicazioni obbligatorie. Il rispetto del principio di pubblicità presuppone un ruolo attivo dell’amministrazione pubblica nell’ambito della comunità amministrata, garantendo trasparenza e divulgazione alle scelte di programmazione contenuti nei documenti previsionali e ai risultati della gestione descritti in modo veritiero e corretto nei documenti di rendicontazione, fondamentale - conclude lo stesso punto n. 14 dell’allegato - per la fruibilità delle informazioni finanziarie, economiche e patrimoniali del sistema di bilancio. Gli obblighi di pubblicità del decreto legislativo n. 126/2014 In particolare, nell’ambito della totale riscrittura dell’articolo 11 del decreto n. 118, che disciplina l’adozione di schemi di bilancio comuni, il decreto n. 126 dispone, al comma 2 del predetto articolo, che le amministrazioni pubbliche redigano un rendiconto semplificato per il cittadino, da divulgare sul proprio sito internet, recante una esposizione sintetica dei dati di bilancio, con evidenziazione delle risorse finanziarie, umane e strumentali utilizzate dall’ente nel perseguimento delle diverse finalità istituzionali, dei risultati conseguiti con riferimento al livello di copertura e alla qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini. Si tratta di un documento che intende fornire alle collettività amministrate una lettura facile e immediata dell’azione degli amministratori, correlando risorse impiegate e relative finalizzazioni e risultati. L’articolo 18-bis (“Indicatori di bilancio”), introdotto dal decreto n. 126, aggiunge l’obbligo di divulgazione, anche attraverso la pubblicazione sul sito internet istituzionale dell’amministrazione stessa nella sezione “Trasparenza, valutazione e merito”, accessibile dalla pagina principale (home page), del “Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio”, un sistema di indicatori misurabili e riferiti ai programmi e agli altri aggregati del bilancio, che devono essere costruiti da ciascun ente locale secondo criteri e metodologie comuni. Il piano è parte integrante dei documenti di programmazione e di bilancio di ciascuna amministrazione ed è diretto - evidenzia la relazione illustrativa al decreto n. 126 - a consentire la comparazione dei bilanci. Con una modifica all’articolo 174 del Tuel, il decreto n. 126 dispone, inoltre, ai sensi del comma 4 del predetto articolo, la pubblicazione sul sito internet dell’ente locale del bilancio di previsione, del piano esecutivo di gestione, delle variazioni al bilancio di previsione, del bilancio di previsione assestato e del piano esecutivo di gestione assestato. Con la sostituzione dell’articolo 172 del Tuel è imposta poi, alla lettera a) del predetto articolo, la pubblicazione, tra gli allegati al bilancio di previsione, dell’elenco degli indirizzi internet di pubblicazione del rendiconto della gestione, del bilancio consolidato deliberati e relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, dei rendiconti e dei bilanci consolidati delle unioni di comuni e dei soggetti considerati nel gruppo “amministrazione pubblica” di cui al principio applicato del bilancio consolidato allegato al decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011, relativi al penultimo esercizio UNITELNews24 79 antecedente quello cui il bilancio si riferisce. Solo nel caso in cui tali documenti contabili non dovessero essere pubblicati integralmente nei siti internet indicati nell’elenco si deve procedere ad allegarli al bilancio di previsione. Il successivo articolo 227, al comma 6-bis, introdotto dal decreto n. 126, prevede che, nel sito internet dell’ente, nella sezione dedicata ai bilanci, debba essere pubblicata anche la versione integrale del rendiconto della gestione, comprensivo anche della gestione in capitoli, dell’eventuale rendiconto consolidato, comprensivo della gestione in capitoli e una versione semplificata per il cittadino di entrambi i documenti. Al rendiconto della gestione deve essere allegato, ai sensi della lettera a) del comma 5 dell’articolo 227, l’elenco degli indirizzi internet di pubblicazione del rendiconto della gestione, del bilancio consolidato deliberati e relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, dei rendiconti e dei bilanci consolidati delle unioni di comuni di cui il comune fa parte e dei soggetti considerati nel gruppo “amministrazione pubblica” di cui al principio applicato del bilancio consolidato allegato al decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce. Tali documenti contabili debbono essere allegati al rendiconto della gestione qualora non integralmente pubblicati nei siti internet indicati nell’elenco. Gli altri vincoli di pubblicità Le predette misure di pubblicità del decreto n. 126 sono state precedute dalla legge n. 89 del 23 giugno 2014, di conversione del decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014, recante misure per la competitività e la giustizia sociale (il c.d. decreto legge bonus Irpef), che ha previsto alcuni interventi normativi per rafforzare la trasparenza della contabilità pubblica locale e realizzare un regime di open data dei dati di finanza locale al duplice fine di agevolare il più stringente controllo diffuso da parte delle collettività amministrate e di favorire comportamenti emulativi tra pubbliche amministrazioni. Si tratta di interventi che, anche con specificazioni al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (il c.d. Testo unico sulla trasparenza), adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 35, della legge n. 190 del 6 novembre 2012 (c.d. legge anticorruzione), ampliano gli obblighi di diffusione sui siti istituzionali di dati e informazioni sulle modalità di gestione finanziaria degli enti, assicurandone la più ampia e libera accessibilità e riutilizzabilità. Il decreto legislativo n. 33 del 2013 ha imposto, all’articolo 29, la diffusione sui siti istituzionali dei dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo di ciascun anno in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, ciò con l’espressa finalità di assicurarne la piena accessibilità e comprensibilità. Il successivo articolo 31 ha previsto che le pubbliche amministrazioni debbano diffondere sui siti istituzionali anche i rilievi, unitamente agli atti cui si riferiscono, non recepiti degli organi di controllo interno, degli organi di revisione amministrativa e contabile e tutti i rilievi, ancorché recepiti della Corte dei conti, riguardanti l’organizzazione e l’attività dell’amministrazione o di singoli uffici. Il comma 1 dell’articolo 8 della UNITELNews24 80 legge n. 66 del 2014 ha ridefinito gli obblighi ex articolo 29 estendendo il vincolo di diffusione anche ai documenti e allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo entro trenta giorni dalla loro adozione. Il nuovo comma 1-bis ha prescritto che i dati relativi alle entrate e alla spesa di cui ai bilanci preventivi e consuntivi debbano essere pubblicati in formato tabellare aperto, anche mediante ricorso a un portale unico, in modo che sia possibile l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo. Questo nuovo comma specifica quanto previsto, in via generale, dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 33 del 2013, opportunamente richiamato, che stabilisce che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente debbano essere pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del codice dell’amministrazione digitale (Dlgs n. 82 del 7 marzo 2005) e riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo n. 36 del 24 gennaio 2006 (Attuazione della direttiva 2003/98/Ce relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico), del codice dell’amministrazione digitale e del codice in materia di protezione dei dati personali (Dlgs n. 196 del 30 giugno 2003), senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità. A un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è rimessa la definizione dello schema-tipo e delle modalità con le quali rendere accessibili tali dati. Il rafforzamento del regime di trasparenza della contabilità pubblica riguarda anche l’articolo 33 del decreto n. 33 del 2013 nei termini in cui dispone l’obbligo di pubblicazione, con cadenza annuale, di un indicatore dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”. Questa disposizione viene ampliata con la prescrizione a diffondere, a decorrere dall’anno 2015, un indicatore con il medesimo oggetto con cadenza periodica trimestrale. Anche in questo caso, la norma rinvia a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l’adozione dello schema-tipo e delle modalità con cui elaborare e pubblicare tali indicatori (annuali e trimestrali). L’accessibilità al Siope Il comma 3 dell’articolo 8 della legge n. 89 del 2014 ha inoltre modificato la legge di contabilità e di finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) intervenendo sull’articolo 14 relativo al controllo e al monitoraggio dei conti pubblici. In particolare, ha disposto che i dati del Siope (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) gestiti dalla Banca d’Italia siano di “tipo aperto” e liberamente accessibili da parte dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche. Si rammenta che il Siope è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche (frutto della collaborazione tra la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d’Italia e l’Istat), disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009. Esso è strumento volto alla rilevazione in tempo reale del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (superando la tradizionale rilevazione dei flussi trimestrali di cassa) e a una più puntuale predisposizione delle statistiche trimestrali di contabilità nazionale, ai fini della verifica delle regole previste dall’ordinamento comunitario (procedura su disavanzi eccessivi e Patto di stabilità e UNITELNews24 81 crescita). Le nuove modalità di accesso al Siope, nel rispetto del codice dell’amministrazione digitale, sono state stabilite, secondo quanto previsto dallo stesso comma 3 dell’articolo 8 della legge n. 89 del 2014, dal decreto del ministero dell’Economia e delle finanze adottato il 30 maggio 2014. Il provvedimento prevede che la banca dati debba essere organizzata in modo da consentire la consultazione e l’estrazione dei dati riguardanti almeno: a) gli incassi e i pagamenti giornalieri per singolo ente; b) gli incassi e i pagamenti mensili, trimestrali e annuali per singolo ente; c) gli incassi e i pagamenti mensili, trimestrali e annuali, aggregati per comparti di enti, in ambito provinciale, regionale e nazionale. Lo stesso decreto stabilisce che, entro il 1° gennaio 2015, la banca dati Siope deve essere organizzata in modo tale da consentire il confronto della spesa tra enti diversi, con ciò garantendo la raffrontabilità dei dati non solo a fini conoscitivi ma anche di stimolo ad atteggiamenti emulativi tra le diverse amministrazioni. Le amministrazioni pubbliche che, per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, hanno la necessità di acquisire i dati Siope organizzati secondo forme differenti da quelle previste ai fini predetti, possono comunque fruirne con le modalità previste dall’articolo 50, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005. In tal senso il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato è tenuto a rendere disponibili i dati Siope attraverso apposite convenzioni aperte all’adesione di tutte le amministrazioni interessate senza oneri a loro carico nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 58 del citato decreto legislativo. Nelle more della definizione di tali strumenti convenzionali, le amministrazioni pubbliche possono richiedere tali dati al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, con nota firmata dal rappresentante legale del richiedente o da un suo delegato, specificando il motivo della richiesta e il nominativo della persona incaricata della gestione dei dati, con i riferimenti telefonici e di posta elettronica. Le richieste di estrazione dati possono essere presentate anche da enti e istituzioni di ricerca aventi natura giuridica privata, per lo svolgimento di attività di studio e analisi riguardanti l’attività finanziaria delle amministrazioni pubbliche, di interesse per la finanza pubblica. La pubblicità dei tempi di pagamento Sul versante dei pagamenti, l’articolo 41, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014, conv. dalla legge n. 89 del 2014, ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni, a decorrere dall’esercizio 2014, di allegare alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio (per le amministrazioni dello Stato a ciascun stato di previsione della spesa in sede di rendiconto generale) un prospetto, sottoscritto dal rappresentante legale e dal responsabile finanziario, che deve attestare l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuate dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2002, recante “Attuazione della direttiva 2000/35/Ce relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”, nonché il c.d. indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, che indica i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture. In sede di conversione del decreto legge è stato inserito il riferimento specifico a tale indicatore in luogo della generica dizione di “tempo medio dei UNITELNews24 82 pagamenti effettuati”, individuato dall’articolo 33 del decreto legislativo n. 33 del 2013, che le pubbliche amministrazioni, con cadenza annuale, sono tenute a pubblicare e che rappresenta, per ciascuna PA, i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture. Si ricorda che il decreto legislativo n. 231 del 2002 è stato ampiamente modificato dal decreto legislativo n. 192 del 9 novembre 2012, che ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2011/7/Ue (sostitutiva della precedente direttiva 2000/35/Ce) relativa ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali concernenti contratti di fornitura di beni e servizi sia tra privati che tra privati e pubbliche amministrazioni. In particolare i termini ordinari per il pagamento nelle transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione sono ora fissati in 30 giorni, termine prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni. In caso di superamento dei termini, il comma 1 dell’articolo 41 della legge n. 89 del 2014 ha previsto che, nelle relazioni al bilancio consuntivo o di esercizio delle pubbliche amministrazioni, debbano essere indicate le misure adottate o previste per consentire la tempestiva effettuazione dei pagamenti; dette attestazioni sono sottoposte a verifica contabile da parte dell’organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile. Il comma 2 ha aggiunto che le amministrazioni, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale, che, sulla base delle predette attestazioni, registrino tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, non possono, nell’anno successivo a quello di riferimento, procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto inoltre divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi del predetto divieto. Il comma 3, infine, è intervenuto sul sistema di premialità previsto in favore degli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno, ai sensi del comma 122 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010, limitandone l’applicazione in favore dei soli enti locali che risultino essere rispettosi dei tempi di pagamento. A essi soltanto, dunque, si applica la riduzione degli obiettivi finanziari del patto di stabilità interno, sulla base dei criteri, individuati con decreto del ministro dell’Economia e delle finanze, di cui al medesimo comma 122. La pubblicazione dei dati dei consuntivi degli enti locali L’articolo 43 della legge n. 89 del 2014 è intervenuto, infine, sulla contabilità degli enti locali, con una integrale riformulazione dell’articolo 161 del Testo unico dell’ordinamento degli enti locali. L’innovazione risiede nella prescrizione del 31 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento, quale termine ultimo per la trasmissione (al ministero dell’Interno) delle certificazioni relative al rendiconto della gestione da parte degli enti locali. Intendimento della norma è una accelerazione dei tempi di acquisizione di tali certificazioni. Nella riscrittura dell’articolo 161 del Testo unico, si specifica che per “enti locali” destinatari dell’obbligo di certificazione, siano da intendersi anche le unioni di comuni, e che la sospensione dei pagamenti da parte del ministero dell’Interno, conseguente all’inadempienza da parte degli enti locali, investa le risorse finanziarie dovute a UNITELNews24 83 qualsiasi titolo da quel Ministero, incluse quelle a valere sul fondo di solidarietà comunale. A tali prescrizioni si accompagna la più articolata ed estesa pubblicità a cura del ministero dell’Interno dei dati delle certificazioni. L’articolo 161 ora prevede infatti, che essi siano resi noti, sul sito internet della Direzione centrale della finanza locale del predetto ministero, anche ai fini del loro inserimento nella banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche, istituita presso il ministero dell’Economia e delle finanze, di cui all’art. 13 della legge di contabilità nazionale. La norma previgente si rivolgeva alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti e all’Istituto nazionale di statistica. L’istituzione della banca dati Opencivitas Nell’ambito del rafforzamento del regime di trasparenza dei diversi profili di finanza locale e di efficientamento della spesa pubblica territoriale, rientra anche l’attivazione dallo scorso mese di luglio 2014 della banca dati dei fabbisogni standard degli enti locali dati, chiamata Business intelligence opencivitas. In questa banca dati elaborata da Sose in collaborazione con il dipartimento delle Finanze del Mef, confluiscono tutti i dati raccolti con i questionari ad hoc inviati agli enti locali. Essa vuole costituire - come evidenziato dal direttore dell’agenzia delle Entrate nella audizione del 25 settembre 2014 dinanzi alla Commissione bicamerale sull’attuazione del federalismo fiscale - lo strumento on line di esplorazione, benchmark e simulazione dei dati dei comuni, delle unioni dei comuni, per consentire ai cittadini e agli amministratori locali di monitorare il fabbisogno finanziario e la performance degli enti locali, confrontando il posizionamento del proprio ente rispetto agli altri, così da rendere più facile il controllo diffuso e supportare al contempo le amministrazioni nell’individuazione delle strategie di gestione per l’erogazione più efficiente dei servizi. Essa è articolata in tre sezioni: Fabbisogni standard, Indicatori di gestione e Benchmark. Nella sezione “Fabbisogni standard”, è possibile effettuare il confronto tra Fabbisogno standard e spesa storica per funzione/servizio; gli “Indicatori di gestione” consentono di misurare l’efficienza e l’efficacia della spesa per valutare l’adeguatezza dei servizi; la sezione “Benchmark” permette di conoscere il posizionamento di un ente rispetto agli altri enti, con particolare attenzione a quelli simili o limitrofi. È possibile effettuare un benchmark con altri enti a livello di singola funzione/servizio sul fabbisogno, sugli indicatori di gestione o sui dati del questionario. Oltre alle funzionalità appena descritte per gli enti locali, la disponibilità delle funzionalità e degli indicatori gestionali contenuti nella BI Opencivitas sarà estesa, nell’intendimento del Governo, nel mese di ottobre anche a tutti i cittadini (e non solo agli enti locali), che avranno, in tal modo, a disposizione informazioni omogenee, utili per la valutazione delle scelte operate dagli amministratori locali. Si tratta di un’innovazione importante per la trasparenza delle informazioni e per l’esercizio di un reale controllo democratico sulle scelte operate dagli amministratori locali, nella prospettiva di una maggiore accountability e trasparenza del loro operato. UNITELNews24 84 Pubblico impiego I vincoli al finanziamento del trattamento accessorio Donato Centrone, Il Sole 24 ORE – Diritto e Pratica Amministrativa – 30 Novembre 2014, n. 11/12 Con deliberazione n. 26/Qmig del 21 ottobre 2014, la sezione autonomie della Corte dei conti ha chiarito, con pronuncia di orientamento generale (art. 6, comma 4, Dl n. 174/2012, conv. con legge n. 213/2012), che “le risorse del bilancio che i comuni di minore dimensione demografica destinano, ai sensi dell’art. 11 del Ccnl 31 marzo 1999, al finanziamento del trattamento accessorio degli incaricati di posizioni organizzative in strutture prive di qualifiche dirigenziali, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 9, comma 2-bis, del Dl 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni”. La questione di fondo La questione era stata sollevata dalla sezione regionale di controllo per la Basilicata (deliberazione n. 61/2014), che aveva evidenziato divergenze interpretative tra la Src Veneto (del. n. 71/2012), secondo la quale il citato art. 9, comma 2-bis, non facendo espresso riferimento al “fondo” per la contrattazione integrativa, includerebbe nella nozione di “trattamento accessorio” tutti gli emolumenti corrisposti a tale titolo, indipendentemente dalla loro allocazione in bilancio, e le Src Lombardia (del. n. 59/2012) e Liguria (del. n. 17/2014), il cui avviso contrario trovava fondamento in precedente pronuncia nomofilattica delle sezioni riunite in sede di controllo (Qm 51/Contr/2011), da cui emergeva che la latitudine operativa della disposizione vincolistica era riferita alle risorse del fondo (in aderenza alla circolare Mef-Rgs n. 12 del 15 aprile 2011). I precedenti Alcune sezioni regionali avevano già rilevato l’emersione di una nozione di “trattamento accessorio” che lasciava aperte alcune problematiche (Src Lombardia, del. n. 59/2012/Par), per esempio in tema di assoggettamento delle risorse destinate al lavoro straordinario (non comprese nel fondo, ma ritenute ugualmente soggette a limitazione, Src Lombardia, del. n. 423/2012/Par). La deliberazione n. 26 della sezione autonomie La sezione autonomie, con la deliberazione n. 26/2014, fornisce un importante chiarimento, precisando come il “tetto 2010”, posto dal citato art. 9, comma 2-bis, si applichi sia alle risorse imputate al fondo per la contrattazione integrativa (come individuate dal Ccnl), che a quelle UNITELNews24 85 direttamente stanziate nel bilancio dell’ente, purché destinate al trattamento accessorio (come previsto, in alcuni casi, sia dal Ccnl enti locali, che da altri Ccnl di comparto). La disposizione è inserita, infatti, in un complesso di norme (l’art. 9 del Dl n. 78/2010, conv. con legge n. 122/2010) volte a perseguire chiari obiettivi di contenimento della spesa di personale. Pertanto, il significato precettivo non può non tenere in considerazione, anzitutto, l’espressione letterale adoperata dal legislatore (“l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale”) che denota la volontà di ricomprendere nella fattispecie ogni genere di risorse. La sezione delle autonomie conferma, tuttavia, le eccezioni già individuate da Ss.Rr. nella deliberazione n. 51/2011, in particolare escludendo dal vincolo le risorse destinate a remunerare prestazioni professionali di dipendenti, individuati o individuabili, che, in alternativa, l’ente dovrebbe acquisire all’esterno, con costi aggiuntivi. Tale caratteristica è stata riconosciuta per i c.d. incentivi alla progettazione (oggetto di rivisitazione con gli artt. 13 e 13-bis del Dl n. 90/2014, conv. con legge n. 114/2014) e per i compensi attribuibili all’avvocatura interna (oggetto di riduzione con l’art. 9 del citato Dl n. 90/2014). In tali ipotesi la portata precettiva dell’art. 9, comma 2-bis viene meno in quanto afferente a risorse che alimentano il fondo in senso puramente “figurativo”. In effetti, le fattispecie che Ss.Rr. avevano escluso dal limite riguardano compensi accessori che non hanno fonte nelle norme del Ccnl che individuano le risorse che possono confluire nei fondi per la contrattazione integrativa (art. 31 Ccnl 21 gennaio 2004 e art. 15 Ccnl 1 aprile 1999), ma direttamente in norme di legge (art. 93, commi 7-bis e ss., Dlgs n. 163/2006, per i c.d. incentivi alla progettazione) o in norme del Ccnl che permettono l’erogazione di compensi accessori “fuori fondo” (art. 27 Ccnl 14 settembre 2000, per i compensi agli avvocati interni). Le due eccezioni appaiono, pur nel distinguo motivazionale, conformi all’orientamento adottato da Ss.Rr. nella deliberazione n. 51/2011, che, nel riprendere la circolare Mef-Rgs n. 12/2011, aveva optato per un’assimilazione, ai fini dell’art. 9, comma 2-bis, fra “ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio” e “fondo per la contrattazione integrativa di ente” (nella considerazione, esplicitata dalla circolare Mef, della confluenza del trattamento accessorio individuale nel diverso limite del precedente comma 1 del medesimo art. 9). La recente deliberazione n. 26/2014/Qmig, nel valorizzare il tenore letterale della norma (primario criterio di interpretazione ex art. 12 preleggi al codice civile), pone un interrogativo circa la sostenibilità motivazionale delle due eccezioni, posto che il criterio delle prestazioni professionali acquisibili con maggiori costi all’esterno, oltre a non essere previsto dalla legge (la cui portata letterale e vincolante, anche in un’ottica di risparmio complessivo, viene invece affermata), lascia aperti dubbi applicativi per altre funzioni o servizi per i quali ugualmente sussiste il rischio di antieconomico ricorso all’esterno (per es., esternalizzazione del servizio di riscossione tributi in UNITELNews24 86 luogo dell’attribuzione a un dirigente di congrua indennità di posizione; o alla mancata nomina di un dipendente nel Cda di società partecipata, ex art. 4, Dl n. 95/2012, recentemente modificato dall’art. 16 del Dl n. 90/2014.) La sezione delle autonomie richiama, altresì, quale deroga compatibile con lo spirito del vincolo posto dall’art. 9, comma 2-bis, la presenza di economie di bilancio scaturite da un più efficiente utilizzo del personale. In questo caso l’intenzione del legislatore di ridurre la spesa di personale, ponendo un freno al trattamento accessorio, si contrapporrebbe “al favor dello stesso verso politiche di sviluppo della produttività individuale del personale”. Le autonomie richiamano, in tal senso, la propria deliberazione n. 2/2013/Qmig. La pronuncia indicata afferiva all’interpretazione dell’art. 16, commi 4 e 5, del Dl n. 98/2011, conv. con legge n. 111/2011 (norma speciale e successiva all’art. 9, comma 2-bis), con la quale il legislatore ha permesso di integrare i fondi per la contrattazione integrativa nella ricorrenza di risparmi, certificati, derivanti da processi di riorganizzazione e razionalizzazione (per approfondimenti, Src Lombardia, n. 441/2013). Non appare chiaro se tale orientamento possa essere esteso ad altre ipotesi in cui ricorre la medesima ratio (risparmi certificati da riorganizzazione o razionalizzazione), propria anche di alcune delle stesse norme del Ccnl che alimentano il fondo (cfr. art. 15, lett. d, e, k, m, Ccnl 1° aprile 1999). Un ultimo problema concerne la sovrapposizione di portata precettiva fra i commi 1 e 2-bis dell’art. 9 del Dl n. 78/2010, il primo dei quali àncora al 2010 “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio”. Nella circolare Mef-Rgs n. 12/2011, ripresa da Ss.Rr. n. 51/Contr/2011, sulla base di una lettura sistematica, venivano considerate nel tetto del comma 1, oltre al trattamento fondamentale, le componenti del trattamento accessorio aventi carattere fisso e continuativo (per es., indennità di amministrazione, retribuzione di posizione ecc.), al netto degli eventi straordinari ivi indicati. Infatti, “le componenti variabili del trattamento accessorio vengono disciplinate dal comma 2-bis ove viene previsto un limite… che non incide sui trattamenti individuali dei singoli dipendenti, bensì sull’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio” (per la cui individuazione faceva riferimento a quelle destinate al fondo per la contrattazione integrativa). Conclusioni Il recente orientamento della sezione autonomie n. 26/2014/Qmig, nel momento in cui àncora la limitazione posta dal comma 2-bis all’ammontare complessivo delle risorse destinate al “trattamento accessorio” e non più (o non solo) a quelle che confluiscono, ai sensi del Ccnl, nel “fondo per la contrattazione integrativa” ripropone due problemi. Da un lato, negli enti di minori dimensioni, comporta il rischio di sovrapposizione fra i due limiti (al trattamento accessorio individuale, comma 1, e a quello complessivo, comma 2-bis), rendendo di fatto inoperanti le eccezioni previste dal comma 1 in caso di conseguimento di “funzioni diverse” (cfr. Src Toscana n. UNITELNews24 87 205/2010), che, invece, nell’interpretazione sinora seguita, essendo finanziate da risorse del bilancio (senza confluire nei fondi), erano assoggettate solo al limite del trattamento accessorio individuale. Dall’altro, imporrebbe di enucleare le risorse effettivamente destinate al trattamento accessorio, posto che, come noto, quelle confluenti nei fondi per la contrattazione integrativa remunerano anche componenti del trattamento fondamentale (per es. progressioni economiche ex art. 5 del Ccnl 31 marzo 1999, o indennità di posizione dei dirigenti nella misura minima, ex artt. 26 e 27, Ccnl 1998/2001). L’effettivo scorporo costituisce tuttavia operazione non semplice. Appare auspicabile un intervento del legislatore che, alla luce dell’esperienza acquisita in questi anni, chiarisca la portata applicativa dell’art. 9, comma 2-bis, a beneficio dell’uniformità applicativa, anche da parte delle altre pubbliche amministrazioni. Corte dei conti, sezione autonomie, deliberazione n. 26/Qmig del 21 ottobre 2014 Pubblico impiego - Incaricati di posizioni organizzative in strutture prive di qualifiche dirigenziali Trattamento accessorio - Finanziamento Le risorse del bilancio che i comuni di minore dimensione demografica destinano, ai sensi dell’art. 11 del Ccnl 31 marzo 1999, al finanziamento del trattamento accessorio degli incaricati di posizioni organizzative in strutture prive di qualifiche dirigenziali, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 9, comma 2-bis, del Dl n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, in legge n. 122 del 30 luglio 2010, e successive modificazioni. UNITELNews24 88 Pubblico impiego No al lic enziamento senza preavviso del dipendente pubblico in difetto di sentenza di condanna Mario Piselli, Il Sole 24 ORE - Guida agli Enti Locali - Edizione del 21 novembre 2014 - Numero OnLine Interessante questione è quella decisa con la sentenza n. 24728/14 dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la quale quest'ultima si è pronunciata in tema di licenziamento, senza preavviso, di un dipendente di un ente pubblico arrestato in flagranza di reato per il delitto di corruzione e destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere. L'impugnazione Nella fattispecie, l'ente aveva impugnato presso la Corte d'Appello il lodo con il quale il collegio di disciplina costituito presso il suo dipartimento del personale aveva annullato il suddetto licenziamento senza preavviso, adducendo quale motivazione che il collegio aveva disapplicato l'articolo 68, comma 8, lettera g) del contratto collettivo, sul presupposto che esso contrastasse con il disposto normativo di cui alla legge 97/2001, e poi perché non aveva tenuto conto che le disposizioni del suo statuto regionale conferivano autonomia normativa all'ente in materia di stato giuridico ed economico dei suoi impiegati e funzionari. La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione ritenendo che la legge 97/2001 avesse disciplinato esaustivamente il rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare e, di conseguenza, dovesse ritenersi illegittima la disposizione contenuta nella contrattazione collettiva, addotta a fondamento del provvedimento espulsivo. La Cassazione A tale decisione non si atteneva l'ente pubblico il quale impugnava la decisione per cassazione, osservando che la fattispecie in esame, cioè il licenziamento senza preavviso di un dipendente per l'arresto in flagranza per i reati di peculato, concussione e corruzione, non fosse espressamente disciplinato dalla legge 97/2001 e che, in ogni caso, essendo tale fatto configurabile come grave infedeltà, lo stesso avesse forza tale da rompere, in maniera irreversibile ed irrimediabile, il rapporto di fiducia tra la pubblica amministrazione ed il lavoratore medesimo. UNITELNews24 89 Osservava, inoltre, l'ente che la norma contenuta nel contratto collettivo costituiva integrazione della norma contenuta nella legge suddetta. La decisione Il giudice di legittimità non ha condiviso tale assunto, osservando intanto che le disposizioni contenute nel contratto collettivo non possono mai prevalere sulla normativa prevista dalla legge. In particolare, quest'ultima, nel regolare il rapporto tra procedimento penale e quello disciplinare, ha stabilito che l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego segue di diritto soltanto alla sentenza di condanna alla reclusione, non inferiore a tre anni, per i delitti di cui agli articoli 314, rimo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale, mentre negli altri casi l'estinzione può essere disposta soltanto a seguito di procedimento disciplinare. La Corte ha, inoltre, considerato del tutto infondata non solo la tesi dell'ente secondo cui la previsione del contratto collettivo fosse del tutto autonoma rispetto alla disciplina di legge e che, addirittura, non interferirebbe sulla stessa, ma anche quella secondo cui l'autonomia normativa, conferita dallo statuto regionale in materia, fosse tale da poter attribuire al contratto collettivo un rango superiore a quello della legge. UNITELNews24 90 Pubblico Impiego Diritti di rogito dei segretari, nei pi ccoli enti dopo il taglio p ossono anche aumentare Arturo Bianco, Il Sole 24ORE – Guida agli Enti locali, Edizione del 26 novembre 2014 - Numero OnLine I segretari dei Comuni in cui non vi sono i dirigenti possono percepire i diritti di rogito per l'intera quota introitata dall'ente, purché restino entro il tetto di 1/5 del proprio trattamento economico annuo. Questo principio si applica fino a che il nuovo contratto nazionale non avrà stabilito la misura della quota spettante di questi compensi. La delibera È questa la indicazione fornita dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sicilia con il parere 194/2014. Come in ogni telenovela che si rispetti, ad ogni puntata vi è una novità e, come si suol dire, non è finita qui. D'altronde è questa la logica conseguenza di norme redatte in modo assai approssimativo. Sulla base di questa pronuncia si realizzerebbe per molti segretari un aumento di fatto rispetto ai compensi effettivamente percepiti a questo titolo prima del Dl 90/2014, che nel testo iniziale aveva abrogato questa voce. La scelta contenuta nel parere di considerare la contrattazione collettiva come abilitata a fissare la quota dei compensi che possono essere attribuiti ai segretari a questo titolo non appare pienamente convincente, in quanto vi sono numerose ragioni che spingono ad attribuire tale facoltà alle singole amministrazioni, visto che questi compensi oggi vengono integralmente acquisiti nel bilancio dei singoli comuni. Il parere, nella prima parte, consolida le indicazioni già fornite dalle deliberazioni della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia con le delibere 275e 297: i segretari che svolgono la loro attività nei comuni senza dirigenti hanno diritto a percepire i compensi di rogito. Questa scelta legislativa viene spiegata con la constatazione che negli enti privi di dirigenti il trattamento economico accessorio dei segretari è significativamente più ridotto, in quanto essi non possono "galleggiare" -avere cioè come minimo lo stesso compenso di posizione- rispetto al salario accessorio dei dirigenti, ma solamente su quello significativamente più basso delle posizioni organizzative. La novità UNITELNews24 91 Veniamo alla parte innovativa del parere. Va ricordato in premessa che espressamente il legislatore ha abolito il modo di calcolare questi oneri, che prima venivano liquidati entro la soglia del 67,5% di quanto incassato dall'ente (cioè al 75% di quanto restava all'ente detratte le quote, il 10%, trasferite all'Agenzia dei segretari). Ed ha lasciato solamente il vincolo di non superare 1/5 del trattamento economico annuo, mentre invece prima tale tetto era fissato in 1/3. Da qui la seguente conclusione: «l'espressione adottata dal legislatore induce a ritenere che gli importi dei diritti di segreteria e di rogito vadano introitati integralmente al bilancio dell'ente locale, per essere erogati, al termine dell'esercizio, in una quota calcolata in misura non superiore al quinto dello stipendio in godimento. Pertanto, nel silenzio della legge ed in assenza di regolamentazione nell'ambito del contratto collettivo nazionale di categoria successivo alla novella, i proventi in esame sono attribuiti integralmente al segretario comunale, laddove gli importi riscossi dal comune non eccedano i limiti della quota del quinto delle retribuzione in godimento». UNITELNews24 92 Pubblico Impiego Assunzioni, la sezione Autonomie turn over bl occa il conteggio dei «resti» per il Gianluca Bertagna, Il Sole 24ORE – Guida agli Enti locali, Edizione del 26 novembre 2014 - Numero OnLine Gli enti locali, nel 2014, non possono utilizzare, quale capacità assunzionale, i "resti" provenienti dagli anni precedenti. Le nuove regole di turn-over sono compiutamente definite nel Dl 90/2014 e non sono permesse interpretazioni estensive, rispetto al tenore letterale della norma. La pronuncia La sezione Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 27/2014, mette un altro tassello alle vicende sul personale dei Comuni, trattando, in questo caso, la problematica della facoltà di assumere. Con la deliberazione n. 25/2014, era stato da poco chiarito il parametro per la riduzione della spesa di personale, ovvero il triennio 2011/2013. Ora viene affermato che, in materia di assunzioni, gli enti locali dovranno fare riferimento solo alla capacità di turn-over riscritta dal decreto. Il problema La questione nasce dal fatto che, spesso, non sempre si riesce ad utilizzare nell'anno successivo la capacità assunzionale prevista, in quanto troppo limitata oppure per problemi di bilancio o di tempi di svolgimento dei concorsi. Con la deliberazione n. 52/2010, le Sezioni Riunite avevano reso possibile "sommare i resti" derivanti dalle cessazioni di più anni, ma solamente per gli enti più piccoli, ovvero non soggetti a Patto di stabilità. Questa interpretazione era stata poi estesa da più sezioni regionali della Corte dei conti, anche agli enti sottoposti a patto di stabilità, senza però, mai giungere, né alle sezioni Riunite, né alla sezione Autonomie. Solo ora viene preso in esame il contesto complessivo e le conclusioni dei magistrati contabili non sono di certo di grande sollievo per i comuni. Il principio Nella deliberazione n. 27/2014, si ritiene non condivisibile la possibilità di conteggiare tra la capacità assunzionale degli enti locali, i "resti" derivanti dalla normativa previgente al Dl 90/2014. La nuova disposizione costituisce, pertanto, una cesura rispetto alla precedente regolamentazione ed è atta a rappresentare le regole di turn-over solo per il futuro. Dal 2014 in poi, quindi, in sede di UNITELNews24 93 programmazione di fabbisogno e finanziaria, si potrà tenere conto delle cessazioni prevedibili nell'arco di un triennio, che inevitabilmente, diventeranno cessazioni in parte già verificatesi nel momento in cui il concorso si conclude, e dunque rilevanti al momento dell'assunzione. Il punto di partenza è, quindi, la capacità assunzionale del 60%, rispetto alle cessazioni del 2013 (la percentuale sale all'80% se il rapporto tra spese di personale e spese correnti è inferiore al 25%) a cui si potranno aggiungere le disponibilità che si creeranno alla luce delle cessazioni dell'intero triennio UNITELNews24 94 Casi pratici Edilizia IL SILENZIO DEL COMUNE SI IMPUGNA DAVANTI AL TAR D. Un mio vicino ha eretto una enorme pensilina sul proprio balcone fissandola alla pavimentazione del mio balcone. Alle mie contestazioni ha chiesto ed ottenuto un'autorizzazione in sanatoria. Ho chiesto, quindi, al responsabile tecnico del Comune, all'assessore all'urbanistica, al sindaco e poi al dirigente della polizia municipale di verificare la conformità del manufatto all'autorizzazione fornita e al regolamento edilizio locale. Non ho ricevuto risposta, anzi hanno sollevato eccezioni alla mia richiesta di visionare il fascicolo, cosa che alla fine mi sarà sicuramente negata. È legittimo quanto accade o si può contestare l'omissione di atti di ufficio e una responsabilità amministrativa in quanto si viene meno alla funzione di vigilanza nella propria materia? Vorrei capire cosa posso fare e se è proprio necessario avviare una causa legale. ---R. La legge 241/1990 riconosce il diretto di accesso agli atti dell’amministrazione in virtù di un interesse concreto ed attuale, collegato al documento al quale è chiesto l’accesso e lo stesso può essere negato solo quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche; l’interessato può ricorrere al Tar per il diniego o il silenzio serbato dall’amministrazione. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11 del Dpr 380/2001, Testo Unico edilizia, il titolo edilizio è sempre rilasciato fatti salvi i diritti dei terzi, che possono promuovere azione alla competente autorità giurisdizionale al fine di non pregiudicare posizioni soggettive proprie, contrastanti con quanto assentito, specialmente nel caso in cui l’intervento sia invasivo della proprietà altrui e pregiudizievole del libero godimento da parte del proprietario. Quindi, se di regola l’amministrazione non è chiamata a svolgere complesse indagini volte a ricostruire le vicende concernenti la titolarità del bene, è comunque tenuta a verificare se l’istanza edificatoria sia sorretta dall’effettiva disponibilità del bene, soprattutto nel caso in cui un altro soggetto si attivi per esprimere la propria posizione. L’amministrazione, perciò, in presenza di una segnalazione sottoscritta, circostanziata e documentata ha l’obbligo di attivare un procedimento di controllo e verifica dell’abuso, della cui conclusione deve restare traccia, sia essa nel senso dell’esercizio del potere sanzionatorio che in quello della motivata archiviazione, dovendosi escludere che la ritenuta mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sanzionatori possa giustificare un comportamento meramente silente (Consiglio Stato, sezione IV n.2592/2012). Alla luce di tutto UNITELNews24 95 ciò, in caso di silenzio od inerzia dell’amministrazione, si dovrà far ricorso all’azione giurisdizionale. (Massimo Ghiloni, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 17 novembre 2014) L'ORDINANZA DI DEMOLIZIONE NON SI PRESCRIVE D. Il Comune rilascia nel 1997 la concessione edilizia per la costruzione di un immobile. All'interno di esso, però, viene realizzata abusivamente (ossia senza prevederla in fase di progettazione) una scala in muratura, per collegare l'ultimo piano con la soffitta. Per tale abuso edilizio, nel 1999, viene disposto l'abbattimento da parte dell'ufficio comunale. La demolizione, a oggi, non è stata effettuata. Può il Comune, nel 2014, pretendere la rimozione della scala? In sostanza, le ordinanze di demolizione dell'ente entro quali termini temporali vanno eseguite? ---R. La risposta al primo quesito è affermativa. L'esercizio dei poteri repressivi in materia di abusi edilizi non incontra alcun termine di decadenza o di prescrizione e, quindi, non esiste un termine trascorso il quale l’abuso viene sanato. Nel caso di specie, la mancata rimozione del manufatto abusivo entro il termine stabilito dall’ordinanza di demolizione comporterà semplicemente che il Comune sarà autorizzato a emanarne un’altra e, di seguito, ove tale ordinanza non venga eseguita, l’ente potrà, ex articolo 34, comma 1, del Dpr 380/2001, procedere esso stesso con la demolizione, ovviamente a spese del responsabile dell’abuso. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 8 dicembre 2014) ILLEGITTIMO IL PERMESSO CONCESSO PRIMA DEL PGT D. A luglio 2013 il consiglio comunale adotta il nuovo Pgt; a ottobre 2013 un privato protocolla una richiesta di permesso di costruire, per interventi in contrasto con il vigente Prg; a gennaio 2014 il consiglio comunale approva il Pgt; a febbraio 2014 il dirigente rilascia il permesso di costruire; a luglio2014 il Pgt acquisisce efficacia con la pubblicazione sul bollettino ufficiale della Regione (articolo 13, comma 11, legge 12/2005 della Lombardia). È legittimo il permesso di costruire? In caso contrario, quali sono i termini per adire le vie legali? ---R. Il piano di governo del territorio (Pgt,) per avere piena efficacia e sostituire in toto il vecchio piano regolatore generale (Prg), dev'essere pubblicato sul «Bollettino ufficiale Regione Lombardia» (cosa che, nel caso descritto, è avvenuta a luglio 2014). Di conseguenza, poiché il permesso di costruire è stato rilasciato prima di questo evento (cioè a febbraio 2014), esso è illegittimo. Infatti, in questi casi valgono le misure di salvaguardia, ossia per la legittimità del permesso di costruire occorre che lo stesso non sia in contrasto tanto con il vecchio Prg quanto con l’adottato Pgt.I termini per adire le vie legali sono normalmente di 120 giorni dal momento in cui si ha notizia del provvedimento. (Vincenzo Petrone, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 8 dicembre 2014) UNITELNews24 96 Enti locali COMUNE, IMMOBILI INCEDIBILI CON DATI CATASTALI ERRATI D. In riferimento alla normativa concernente l'alienabilità degli immobili di proprietà comunale (articolo 2, comma 59, della legge 662/1996; articolo 40, commi 5 e 6, della legge 47/1985; articolo 7, comma 2, della legge 136/1999), si chiede se la successiva norma contenuta nell'articolo 19 della legge 122/2010, circa la conformità dello stato di fatto dell'immobile alle planimetrie depositate in Catasto, sia ostativa alla vendita in presenza di difformità sostanziali, quali ampliamenti o sopraelevazioni non sanabili con le procedure ordinarie, previste dagli articoli 36 e 37 del Dpr 380/2001. ----R. La legge 122/2010 statuisce, ai commi 8 e 9, che, entro il 31 dicembre 2010, i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati in Catasto, individuati secondo le procedure previste dall’articolo 2, comma 36, del Dl 262/2006, erano tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. L'agenzia del Territorio, successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati, rende disponibili ai Comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanistico-edilizia, attraverso il portale per i Comuni (comma 8).Entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010, i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza o di destinazione non dichiarata in Catasto, erano tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale (comma 9).Sempre la legge 122/2010 ha aggiunto il seguente comma all'articolo 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52: «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari». La richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l'indicazione dei dati catastali degli immobili. La mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata fatto rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro ed è punita con la sanzione prevista dall'articolo 69 del Dpr 131/1986.Nel rispetto dei UNITELNews24 97 principi desumibili da questo articolo, nei territori in cui vige il regime tavolare le Regioni a statuto speciale e le Province autonome adottano disposizioni per l'applicazione di quanto dallo stesso previsto, al fine di assicurare il necessario coordinamento con l'ordinamento tavolare. L’ultimo comma citato si riferisce genericamente a tutti gli immobili; attraverso un’interpretazione letterale della norma, trova applicazione anche ai trasferimenti di beni immobili di proprietà dei Comuni. Conseguentemente, qualunque atto pubblico o scrittura privata autenticata avente a oggetto la vendita di immobili comunali, se non contiene i dati indicati nel comma 1-bis citato, sono nulli. (Paolo Mariotti, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 8 dicembre 2014) IL COMUNE DEVE COLLAUDARE LE OPERE DI URBANIZZAZIONE D. Abito in un quartiere dove non sono ancora stati effettuati il collaudo e quindi il trasferimento al Comune delle opere di urbanizzazione (opere già presenti da circa 20 anni). Di conseguenza, il Comune non esegue manutenzione di nessun tipo anche se i residenti versano le tasse. Dal punto di vista legislativo, ho visto che il Comune è tutelato. Chiedo quali sono le normative regolanti questa situazione e se il Comune ha almeno degli obblighi nei confronti dei residenti. ----R. Nell’ambito del piano di lottizzazione, l’articolo 28 della legge n. 1150 del 1942 impone, in capo all’ente locale, il trasferimento delle opere di urbanizzazione, cui seguono ulteriori obblighi quali la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere stesse. Dal tenore letterale della norma, e stando a talune pronunce della giurisprudenza amministrativa, è pacifico che questi oneri ricadano interamente sul Comune, il quale provvederà alle spese con gli introiti derivanti dall’imposta comunale sugli immobili e dalla fiscalità generale, ma solo «una volta acquisite al suo patrimonio per cessione» e «previo collaudo sulla loro regolare esecuzione» (Consiglio di Stato, sentenza n. 6368/2011 e Tar Cagliari, n.89/2009). Nel caso del lettore, non risulta soddisfatto nessuno dei due requisiti, pertanto sul Comune non graverebbe alcun onere di manutenzione. Tuttavia, il Tar di Cagliari (sentenza n.187/2010) in un caso simile a quello proposto, ha sancito come la difformità delle opere in concreto realizzate dai lottizzanti rispetto al piano di lottizzazione «non può comportare un rifiuto sine die del Comune di prendersi cura dei servizi pubblici cui le opere di urbanizzazione sono preordinate» e ancora che, consentire al Comune un perdurante rifiuto di accollarsi la gestione di tali opere sarebbe una conclusione illogica ed incompatibile con la funzione mista – privata ma anche pubblicistica – della convenzione di lottizzazione e delle opere da essa previste, aderendo quindi alla tesi di un dovere di intervento, anche in assenza di effettiva cessione. (Umberto Fantigrossi, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 24 novembre 2014) BILANCI COMUNALI: I PARERI POSSONO ESSERE DISATTESI D. Su un emendamento al bilancio di previsione 2014 è stato espresso parere contrario dal UNITELNews24 98 responsabile del servizio finanziario e dal revisore dei conti. È legittimo che il consiglio comunale si pronunci con votazione sull'emendamento? L'articolo 49, comma 4, del Tuel 267/2000, permette al consiglio e alla giunta comunale di discostarsi dal parere contrato, con motivazione adeguata. Io ritengo che il consiglio possa votare l'emendamento, motivandone le ragioni. È corretta questa interpretazione o l'emendamento non deve essere votato poichè inammissibile o irricevibile? ----R. In merito alla valenza del parere previsto dall’articolo 49, comma 4, del Dlgs 267/2000, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di proporre alcuni chiarimenti utili per la presente fattispecie. Secondo l’interpretazione maggioritaria, l’articolo 49 rende obbligatoria la presenza del parere, specialmente quello di regolarità contabile, ed un’eventuale assenza renderebbe illegittima la deliberazione poiché risulterebbe viziata la fase istruttoria (si veda la del sentenza Consiglio di Stato, V sezione, n.680 del 1998), mancando l’atto preparatorio che funge da presupposto di diritto in ordine alla validità formale della deliberazione (Corte dei Conti, Appello, Sicilia, n.01/A/2009). Ciò stabilito, nulla impedisce agli amministratori di dissociarsi da quanto espresso nel parere: infatti, se è vero che esso svolge una funzione consultiva di controllo, è altresì vero che il suo dettato non è vincolante per gli organi rappresentativi poiché, come chiarito dal Tar Napoli con la sentenza n. 7878/2007 e dallo stesso Consiglio di Stato con la pronuncia di cui sopra, in caso contrario «si finirebbe con l’attribuire agli organi consultivi l’effettivo potere d’amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui». Semmai, la necessità di acquisizione del parere è finalizzata a pre-individuare, sul piano formale, i suoi funzionari redattori, in modo da valutarne la responsabilità in solido, sul piano amministrativo e contabile, con i componenti degli organi politici votanti la deliberazione stessa. (Giorgio Lovili, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 24 novembre 2014) SEGNALAZIONE AL COMUNE SUI PROBLEMI VIABILISTICI D. Abito in una villetta, con giardino recintato da un'inferriata, che si affaccia su una strada comunale (senza marciapiede, ma con delimitatori di corsia a circa un metro dalla mia proprietà) con divieto di sosta. Ci sono due cancelli per il passaggio: quello principale, davanti all'ingresso dell'abitazione, di circa 1 metro di larghezza, e quello laterale, di circa 2,80 metri, usato molto di rado. Quest'ultimo scorre orizzontalmente e, essendo molto pesante, richiede uno sforzo fisico non indifferente per l'apertura/chiusura. In occasione di fiere e mercati, i camion delle bancarelle ostruiscono il passaggio principale costringendo me e la mia famiglia a passare lateralmente e, nonostante le mie proteste verbali con gli agenti di polizia urbana, la cosa continua. Che posso fare? ----R. Se un'area è destinata a mercato dal Comune, deve essere stata necessariamente emessa dallo stesso Ente un'ordinanza che regoli la viabilità nella zona in occasione dell'evento. Solitamente, tali ordinanze garantiscono una certa distanza dagli ingressi delle abitazioni, al fine di consentire UNITELNews24 99 l'accesso dei residenti, tenendo conto anche delle esigenze dei portatori di handicap. Qualora tali misure non siano rispettate, può essere opportuno inoltrare una segnalazione formale al Comune – anche per il tramite di un’associazione di consumatori o di un legale – affinché siano assunti i necessari provvedimenti. (Maurizio Di Rocco, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 24 novembre 2014) NOMINE ANNULLABILI IN DIFETTO DI PUBBLICAZIONE D. Un decreto del sindaco di un piccolo Comune, contenente la nomina della commissione edilizia, non pubblicato sull'albo pretorio online, è comunque valido a tutti gli effetti di legge? ----R. Premesso che la disciplina della commissione edilizia è in gran parte dettata dalle norme regionali e dal regolamento edilizio comunale e, quindi, varia sul territorio, in generale si può dire che eventuali difetti di forma o di procedura dell'atto di nomina, come di ogni altro provvedimento amministrativo, salvo casi del tutto particolari, non rendono l'atto nullo ma meramente annullabile. Il che significa che la nomina resta efficace e può solo essere impugnata da chi ne abbia interesse nel termine di legge. La mancanza della pubblicazione rileverà sul piano della decorrenza di questo termine, che potrà appunto prescindere dalla pubblicazione, che non è avvenuta, e sarà calcolata sulla base della conoscenza effettiva. (Umberto Fantigrossi, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 8 dicembre 2014) ISTANZA DI RIMBORSO ENTRO CINQUE ANNI D. Sono comproprietario di una mansarda e di un secondo piano non ultimato, mentre il piano terra e il primo piano sono accatastati. Sulla base della risposta al quesito 1532, pubblicato dall'Esperto risponde del 12 maggio 2014, dal titolo «L'immobile in costruzione non entra nel 730», si evince che l'immobile non è soggetto a Imu. Considerando il pagamento dell'Isi per il 1992, quelli dell'Ici e dell'Imu fino al 31 dicembre 2013, già effettuati, è possibile inoltrare la richiesta di rimborso con decorrenza 1992? ----R. Secondo quanto affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza 17035/2013, in caso di sopraelevazione di un fabbricato già esistente, l'area di sedime dei lavori di costruzione non è considerata come area edificabile e non è comunque tassabile ai fini Ici/Imu, in quanto ricompresa nel valore imponibile del fabbricato già ultimato ed esistente. Ne consegue che il pagamento dell'imposta sulla parte di fabbricato ultimata "assorbe" il tributo dovuto sull'area di costruzione, fino alla ultimazione dei lavori. Si ritiene che l'istanza di rimborso possa essere presentata, al massimo, entro il termine decadenziale di cinque anni dal pagamento. (Luigi Lovecchio, Il Sole 24 Ore – L’Esperto Risponde, 8 dicembre 2014) UNITELNews24 100 © 2014 Il Sole 24 ORE S.p.a. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento. I testi e l'elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. Sede legale e Amministrazione: via Monte Rosa, 91 20149 Milano UNITELNews24 101
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