Centro Volontari della Sofferenza Sussidio per il Consiglio Diocesano CVS Traccia del cammino apostolico Con Maria testimoni di gioia e di speranza Anno Pastorale 2014-2015 1 1. Anno pastorale 2014-2015 Tema: Con Maria, testimoni di gioia e speranza “Sono stati tanti i frutti della Beatificazione del nostro Padre Fondatore mons. Luigi Novarese. Sono frutti di comunione con Dio. Questa è la visione che ci viene dalla fede e che ci rende, nelle scelte di vita, nelle relazioni con gli altri e nell’impegno di apostolato, testimoni di una nuova umanità che è la Chiesa, la comunità che nasce dalla fede e ci fa annunciatori di gioia e speranza... L’adesione della fede chiede di essere tradotta in scelte pratiche e gesti concreti. Il mondo ci chiede di non essere scandalizzato dai nostri proclami vuoti e contraddittori: parliamo dell’amore di Dio senza viverlo; invochiamo la misericordia, ma giudichiamo gli altri; chiediamo partecipazione, ma non diamo sostegno; diciamo di valorizzare la sofferenza, ma non andiamo mai a visitare una persona malata…” (Progetto triennale della Confederazione Internazionale). Maria, Donna e Madre della fede, anche oggi intuisce i nostri bisogni ed intercede per noi; con il genio del suo sguardo si rivolge verso il Figlio per dire: “Non hanno vino” (Gv 2,3); e verso noi suoi figli per dire: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela ” (Gv 2,5). Indicazioni formative - spiritualità. L’impegno della nuova evangelizzazione è il vero obiettivo comune che ci unisce; le indicazioni che Papa Francesco ci ha offerto nella Evangelii gaudium e ci offre con abbondanza sono un invito continuo a vivere e annunciare il Vangelo nella gioia, riscoprendo ogni giorno la forza e l’attualità di fronte ai problemi della società e di fronte alle 2 insegna a vivere il dolore accettando la realtà della vita con fiducia e speranza, mettendo l’amore di Dio e del prossimo anche nella sofferenza: è l’amore che trasforma ogni cosa” (Papa Francesco al CVS, 17 maggio 2014). 3° incontro: Maria sta con gli apostoli nel cenacolo Tempo liturgico: Pasqua – Pentecoste Proposta di meditazione: Alla luce di quanto afferma il libro degli Atti degli Apostoli (1,12-14), riflettiamo sull’atteggiamento della comunità primitiva che trova coesione e unità nella preghiera, proponendolo anche a noi, comunità in missione oggi, come elemento, se non distintivo, certo qualificante. Non c’è modo migliore di attendere lo Spirito che prepararsi e disporsi nella preghiera. L’obiettivo è riconoscere il grande legame e la circolarità che esiste tra la preghiera e la missione, tra la comunione con il Signore ed il dono di sé. Associazione Silenziosi Operai della Croce Direzione Generale Via di Monte del Gallo, 105 00165 Roma Tel. 06.39674243 - 06.45437764 Fax 06.39637828 www.luiginovarese.org 14 domande che l’uomo si porta nel cuore. La vera fede non è mai un privilegio o una marcia trionfale; è sempre un camminare nelle tenebre e un morire alla propria ragione. Così è stata la fede di Maria. Anche Maria ha camminato nella fede, anzi ha “progredito” nella fede, cioè è cresciuta e si è perfezionata in essa. Dio non impone la sua volontà, ma dona la carità. Maria si sente amata da Dio ed è questo amore che la spinge a darsi a lui con tutto il suo essere. L’apostolato ci permette di riconoscere il ruolo prezioso che ha la pratica dell’affidamento a Maria: noi ci affidiamo a Maria perché ella ci aiuti ad affidarci allo Spirito come si affidò Lei. Indicazioni apostoliche - attività. “Con questo carisma voi siete un dono per la Chiesa. Le vostre sofferenze, come le piaghe di Gesù, da una parte sono scandalo per la fede, ma dall’altra sono verifica della fede, segno che Dio è Amore, è fedele, è misericordioso, è consolatore. Uniti a Cristo risorto voi siete «soggetti attivi dell’opera di salvezza ed evangelizzazione» (Christifideles laici, 54). Vi incoraggio ad essere vicini ai sofferenti delle vostre parrocchie, come testimoni della Risurrezione. Così voi arricchite la Chiesa e collaborate con la missione dei pastori, pregando e offrendo le vostre sofferenze anche per loro. Vi ringrazio tanto di questo!” (Papa Francesco, 17 maggio 2014). 3 2. Scuola Associativa 3. Proposta per tre incontri diocesani Corso Base Destinatari: Coloro che si accostano al CVS e i simpatizzanti. 1° incontro: La fede coinvolge tutta la persona Primo incontro: Secondo incontro: Proposta di meditazione: All’inizio del Vangelo di Matteo e Luca incontriamo due figure determinanti nel disegno di Dio perché Gesù, il Figlio, possa “farsi carne” (Gv 1,14). Maria e Giuseppe si sono incamminati nella vita assumendone gli obblighi, i doveri e vivendo le circostanze in un disegno di amore. Hanno quindi vissuto la responsabilità come disponibilità, misericordia, collaborazione. Terzo incontro: Quarto incontro: Il Fondatore e la sua Opera. Il Vangelo della Sofferenza (nella Parola di Dio, nel Magistero, nel Beato Luigi Novarese). I messaggi di Lourdes e Fatima e la spiritualità mariana nel CVS Il Gruppo d’Avanguardia, luogo specifico di appartenenza e di azione apostolica Sussidio: - M. ANSELMO, Luigi Novarese. Lo spirito che cura il corpo, Ed. CVS. - A. AUFIERO e F. DI GIANDOMENICO, I sofferenti: profezia pastorale nella comunità cristiana, Ed. CVS. - L. RUGA , Uno statuto per il CVS, Ed. CVS. - Video: Luigi Novarese. Storia di una vita, Ed. CVS. - Video: Luigi Novarese. Apostolo dei malati, Ed. CVS. Attenzione: i testi si possono richiedere alla Direzione Generale. Corso di formazione permanente Destinatari: Tutti gli iscritti. Obiettivo: Come deve svolgersi l’attività apostolica del CVS. 4 Tempo liturgico: Avvento – Natale L’obiettivo è aiutare a scoprire come la fede coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni vitali, come è stato per Maria e Giuseppe. Destinatari attenti dell’agire di Dio, hanno corrisposto con l’ascolto, l’obbedienza, la capacità di visitare, l’accoglienza, il riconoscere, il custodire nel proprio cuore, amare. 2° incontro: La “sapienza del cuore” Tempo liturgico: Quaresima – Pasqua Proposta di meditazione: Alla luce del Tema della Giornata Mondiale del Malato: “Sapientia cordis, «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29, 15)”, meditiamo su come educarci alla relazione buona nelle situazioni di prova e di sofferenza. L’obiettivo è riconoscere la propria missione nel testimoniare il modo giusto di vivere il dolore e la sofferenza. “Gesù ci 13 autocompiacersi, autopromuoversi. Umiltà significa non imporre la propria presenza volendo a tutti i costi essere di aiuto; umiltà significa saper incassare anche le inevitabili frustrazioni che possono scaturire dall’essere indesiderati o non accolti come ci si aspetterebbe. 9. Ascolto/contenimento: saper ascoltare non è facile e c’è differenza tra sentire e ascoltare. Io posso sentire ciò che l’altro dice, posso anche “memorizzarlo” senza però “viverlo” nel giusto modo. Mi limito ad “incamerare” le lamentele, le preoccupazioni per la salute precaria e malferma, a percepire la penosa espressione di disagi interiori, ma non entro pienamente in sintonia con lo stato d’animo di chi “offre” questi dubbi, incertezze, paure. Con l’ascolto, ci si dispone ad accogliere ciò che l’altro ci racconta di sé interiorizzandolo, elaborandolo, cercando una sintonia. 10. Accompagnare : chi? dove? verso quali mete? Ogni relazione umana, in fondo, è un accompagnarsi vicendevolmente, un condividere percorsi, itinerari, obiettivi comuni. Nel caso specifico della relazione d’aiuto, l’accompagna mento è un mettersi accanto all’altro e percorrere quel tratto di strada dove la sofferenza, il dolore, il disagio esistenziale e il timore di rimanere da soli in balia degli eventi, esigono una presenza discreta ma, allo stesso tempo, concreta, reale, non occasionale, una presenza sulla quale si può sempre contare senza doverla elemosinare. Diventare compagni di viaggio di chi affronta la dura stagione del dolore, significa innanzitutto preventivare periodi “di percorrenza” piuttosto lunghi; guai ad abbandonare il cammino a metà! 12 Proposta formativa: Due incontri con particolare attenzione a coloro che svolgono un servizio di leader (capigruppo, responsabili di settore, membri del consiglio diocesano). Poiché la pianta dell’Associazione è inserita nel giardino della Chiesa, è necessario che sia costantemente curata e potata per portare sempre frutti più maturi e più belli. Il Gruppo d’Avanguardia ha proprio questo scopo: si cammina insieme, tenendo presente e sviluppando le tematiche riguardanti i problemi della persona sofferente, e ci si comunica le ansie e le gioie dell’apostolato. Primo incontro In questo primo incontro, ci lasciamo guidare da quanto il Beato Luigi Novarese (L’Ancora 1980) spiega circa l’esempio di Gesù e di Maria che vanno incontro agli ammalati e ai deboli. 1. Gesù va incontro agli ammalati a) Va incontro anche se non richiesto (cfr. Gv 5,1ss) Ciò insegna a noi una pedagogia, offre una linea da seguire. Gesù inizia dalla considerazione del peso della malattia, dalla stanchezza del lungo tempo di infermità in cui si trovava l'infermo. E’ il dialogo che facilmente si apre con ogni ammalato qualunque sia la sponda su cui si trova. Gli pone un interrogativo che prevedeva una sola risposta: «Vuoi essere guarito?». La risposta è pari ai mezzi di cui poteva disporre il paralitico: «Signore io non ho nessuno che mi getti nella piscina quando l'acqua è agitata». Di fronte all’amarezza senza sbocchi di quell’infermo, Gesù ha una sola risposta: «Levati, prendi il tuo lettuccio e cammina». Non gli domandò se credeva o meno; Gesù nello sguardo dell’infermo aveva letto un desiderio ardente di 5 essere guarito. L’uomo era stato creato per la felicità. Di fronte a tale desiderio la misericordia fa il resto. Non è questa una via facile per l’accostamento dei fratelli? Accostamento e dialogo fino a che punto? Fino a che la luce che viene dall’alto faccia camminare l’interlocutore o sul sentiero della grazia che costruisce, o per le vie del mondo, consapevoli che le strade, qualunque esse siano, valgono in quanto portano alla salvezza. Gesù, infatti, al medesimo paralitico guarito, affinché l’uso delle gambe non diventasse pericolo per i destini eterni, dice: «Ecco, tu sei guarito, non peccare più, perché non ti accada di peggio» (Gv 5,14). b) Va incontro ed esige fede Gesù Cristo esige la fede perché essa è la luce degli occhi spirituali. E’ la strada che porta alla vita, vita eterna e vita temporale. Il Cristo esige la fede, ed a questa importante ed impegnativa realtà deve essere diretta ogni iniziativa dei vari Gruppi d’Avanguardia. I veri apostoli crescono dal calore che irradia l’Eucaristia, come dal vero amore che li unisce all’Immacolata. Far crescere negli iscritti al Centro Volontari della Sofferenza la fede è l’attività più importante che possa essere svolta, promuoverne iniziative significa rendere la fede radiosa. La fede ci sublima sopra ogni sapere umano e ci porta a scoprire la nobiltà dell’origine dell’uomo e a valorizzarlo come è, con le doti che ha, essendo egli sempre strumento di Dio. c) Fa degli annunciatori del Regno Chi ha toccato con mano l’azione soprannaturale può essere del Regno l’annunciatore più convinto; così di ogni infermo e di ogni uomo che, dall’incontro con Cristo abbia acquistato la luce della fede trasformando la sua esistenza, Gesù fa di lui un annunciatore del Regno. In questo modo infatti avveniva nei Suoi incontri con ogni classe di persone. Era la 6 significa prendere atto di queste sensazioni. Se non si desidera essere “accuditi”, se non si vuole parlare o dialogare, è necessario farlo presente, senza timore di offendere nessuno. Un tipo di relazione forzata, di solito, non porta da nessuna parte. 6. Prendersi cura : è un’azione protratta nel tempo e legata all’accompagnamento. Prendersi cura è concentrare l’attenzione sulla persona attraverso l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo; favorire l’espressione dei bisogni e delle richieste; tentare di aiutare la persona a ricostruire il senso del vivere. Si tenta, insieme a chi soffre, di riannodare i fili di una vita spezzata. Prendersi cura è voler bene, è volere il vero bene ed è fare il vero bene della persona. E’ elevare, mai abbassare; è rafforzare, mai indebolire; è comunicare felicità, mai sprofondare la persona nella frustrazione e nella colpa. Prendersi cura è medicare la fragilità di chi soffre, colmare un vuoto; è offrire una presenza trasmettendo serenità e speranza. Prendersi cura non è mai cercare il proprio interesse, non è mai strumentalizzare, consolare solo per tacitare la propria coscienza. Prendersi cura significa, debellare il proprio egoismo e donarsi incondizionatamente. 7. Rispetto: la mancanza di delicatezza, sminuire i modi di essere o di pensare, dire a chi sta male: «tu prendi tutto troppo sul serio», significa non aver compreso ciò che la persona “vive” al suo interno. Ogni persona ha una propria storia personale, un suo vissuto che favorisce la reazione specifica alla sofferenza. Rispettare significa anche riuscire ad andare oltre i nostri schemi per cogliere quelle sfumature che consentono di comprendere realmente il perché di certi atteggiamenti o comportamenti apparentemente insoliti. 8. Umiltà: c’è differenza tra “essere umili” e “fare gli umili”. L’umiltà è un atteggiamento interiore che ci dispone a fare i conti con i propri limiti senza autocelebrarsi, 11 maleducazione, comporta una serie di irrigidimenti che rendono i rapporti spesso inautentici, statici e fragili. Basta un niente per romperli, a volte anche in modo definitivo. Discrezione e riservatezza sono unite al rispetto dell’altro in quanto persona con un proprio mondo interiore da preservare. Inoltre, il voler conoscere tutti i dettagli della vita altrui è un chiaro sintomo di una curiosità morbosa, che nulla ha a che vedere con un autentico rapporto interpersonale basato sulla stima e la fiducia reciproca. Se ad una nostra domanda la persona che abbiamo davanti non risponde, rimane sul vago, cambia discorso, è opportuno non insistere perché, tanto, le informazioni desiderate, non le avremo mai. Si otterranno semmai patetiche bugie che rendono il rapporto inautentico ed intriso di malafede. 4. Silenzio: spesso viene vissuto come uno “spazio vuoto” che, soprattutto nella relazione di aiuto, si tende a voler riempire a tutti i costi. Invece, nei silenzi sono contenuti e si esprimono molti elementi che aiutano a capire meglio la qualità della relazione e, soprattutto, il silenzio consente di “vivere” momenti di confronto interiore. Il silenzio predispone anche all’ascolto ed evita la messa in atto di quelle considerazioni e/o atteggiamenti “riempitivi” (tipo frasi consolatorie, ostentazione di ottimismo, tentare di sminuire i problemi) che rendono goffo ed impacciato il modo dì porsi nei confronti dell’altro, oltre a favorire irritazione e risentimenti. 5. Sincerità: implica il concetto di reciprocità. Quando tra due o più persone si instaura un rapporto, l’essere sinceri diventa un imperativo al quale non ci si può sottrarre. Sincerità verso l’altro e verso se stessi. A volte capita che, chi abbiamo di fronte, non ci piace, ci è antipatico, ci crea delle difficoltà, ci intimorisce. Essere sinceri con se stessi 10 salute totale, dell’anima e del corpo, che si sprigionava dal Cuore di Cristo; il beneficato a sua volta diventava un riconoscente annunciatore delle Sue meraviglie. 2. L’Immacolata va incontro ai deboli Basti ricordare le scelte fatte dall’Immacolata per affidare le Sue richieste fatte a Lourdes e a Fatima dove sceglie strumenti non secondo i criteri umani: Bernadette Soubirous, la povera figlia del mugnaio di Lourdes, che non sapeva nemmeno correttamente parlare il francese! A Fatima la “bella Signora” dice a Lucia: «Tu impara a leggere e scrivere, perché il mio Figlio vuole servirsi di te». All’Immacolata bastano le doti dell’animo, che rendono luminosi, attivi, intrepidi. Quali fecondi ed impegnativi argomenti suggeriscono questi tre passaggi per rassicurare tanti nostri iscritti, timorosi nell’assumersi responsabilità nella composizione di un nuovo Gruppo di Avanguardia. E’ proprio a questo preciso atteggiamento dell’Immacolata che l’Animatore dei Gruppi deve ricorrere, senza stancarsi di animare gli aderenti al CVS a «buttare nel mare le reti» per la conquista ideale di altri fratelli. Il Signore, proprio attraverso la loro debolezza, vuol dimostrare che è Lui che agisce ed avvince. La vera umiltà, il reale sentire bassamente di se stesso, lungi dal far rinchiudere il cuore in sé, lo dilata alla più piena confidenza, che sorge proprio dal riconoscimento del proprio nulla e dalla conoscenza dell’amore del Cuore di Gesù. La constatazione della propria miseria spinge l’anima veramente umile a fidarsi di Dio ed è proprio da tale convincimento, sentito e vissuto, che Dio, con la creatura, compie grandi cose. L’anima, allora, alla sequela di Maria SS.ma diventa: - luminosa per il possesso della verità; - attiva nella spinta dello Spirito Santo; 7 - intrepida perché appoggiata sulla «pietra angolare»: che è Cristo. “Dieci percorsi” per provare ad affrontare la sofferenza dell’altro: Secondo incontro 1. Esame di realtà: il dolore esiste e si insinua dappertutto, frantumando ogni tentativo di razionalizzazione, di giustificazione, di mistificazione. L’esame di realtà serve a non vivere immersi in una vita illusoria dove, la negazione della sofferenza e l’enfatizzazione del “principio di piacere”, produce atteggiamenti sconvenienti in un tipo di relazione che pretende di supportare e contenere il dolore altrui, sia esso fisico, psichico o spirituale. L’esame di realtà non è un adagiarsi pessimistico dell’esistenza. La realtà è quella che è, con i suoi lati positivi e negativi, con i suoi momenti belli e brutti. È quind i necessario porsi di fronte alla vita a 360 gradi, senza evitare o, peggio, occultare ciò che non risponde ai canoni del benessere. In questo secondo incontro consideriamo il nostro modo di avvicinare e conquistare il malato e il fratello sano. Nei rapporti umani non esistono (o non dovrebbero esistere) delle “regole” di comportamento precostituite. Il buon senso, il considerare la dignità chi ci sta di fronte come elemento fondante per relazioni autentiche, diventano aspetti da coltivare, da approfondire, da tenere sempre presenti soprattutto se si pretende di aiutare chi è nel dolore e nella sofferenza. Il pericolo di dare per scontato certi atteggiamenti, di credersi nel giusto, di lasciarsi andare a deliri di onnipotenza deve essere dissipato per dare modo all’altro di esprimere se stesso, i suoi bisogni e le sue richieste. La malattia non è soltanto il fenomeno morboso in quanto tale, ma è anche l’esperienza del soggetto ed in particolare i vissuti di sofferenza, dolore, stanchezza, le paure, gli aspetti emotivi e relazionali. Quando una persona dice: «Sto male, soffro», esprime spesso un dolore complesso, a volte fisico, psichico, sociale e spirituale. Per attenuare questo dolore globale ed ottenere il sollievo non si possono limitare le cure al solo trattamento farmacologico, ma è essenziale la relazione d’aiuto attraverso la quale ci si rapporta all’intera persona, nella sua realtà umana e socio-culturale. Nel momento dell’incontro tra due persone - una che “tenta” di aiutare e l’altra che usufruisce dell’aiuto - è proprio lì che si gioca tutta la qualità della relazione e si offre la risposta efficace. 8 2. Comprensione : comprendere chi ci sta di fronte non è sempre facile. Ogni persona ha dentro di sé un mondo dove sentimenti, emozioni, sensazioni, piccoli segreti vengono custoditi gelosamente, risultando spesso incondivisibili. Comprendere l’altro significa innanzitutto comprendere quella parte di sé che desidera mettersi in gioco in una relazione di aiuto. È necessario capire che, chi ci sta di fronte, chi - in qualche modo - ci rende partecipi della sua vita, lo fa nella misura, nei tempi e nei modi che ritiene più opportuni. È inutile indagare, fare doma nde indiscrete, cercare di entrare di forza in mondi interiori dove l’ accesso non è consentito. Comprendere, quindi, significa rispettare i tempi dell’altro, i suoi silenzi, la sua non vo glia di discutere o di condividere alcuni aspetti della propria vita. 3. Discrezione/riservatezza : sono fondamentali per instaurare relazioni mature. La mancanza di discrezione e di riservatezza, oltre a rappresentare una forma di 9
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