02 - Con Speranza

Dalla Parola alla vita
ESERCIZI DI LAICITÀ
1. La vita interiore: preghiera
Ripercorriamo gli eventi di questo tempo alla luce della preghiera, quale dimensione fondamentale della vita interiore. Per compiere passi nuovi
nella vita di fede, chiediamoci alla luce della vita vissuta: come stiamo
coltivando da adulti una nostra vita di preghiera? Come la nostra vita
quotidiana diviene luogo e forma della nostra preghiera?
2. Con un cuore di carne
Il nostro cuore è indurito anche quando ci chiudiamo nel nostro gruppo,
nella nostra famiglia o comunità, nelle nostre sicurezze, in una politica
particolare che dice e non fa un servizio al bene comune, il cui punto di
riferimento è la dignità della persona umana (cf Evangelii gaudium 203).
Oggi più che mai è necessaria una politica che includa i poveri, ovvero
che misuri la propria azione partendo dagli ultimi. Non è più tollerabile
che la ricchezza sia in mano a poche persone. Proviamo a individuare
nel contesto del nostro territorio alcune forme di “non inclusione” delle
persone nella nostra comunità ecclesiale e civile.
Cerchiamo di individuare alcune vie d’uscita, valutando azioni concrete
per denunciare situazioni gravi e attivare soluzioni anche semplici da
adottare nella vita familiare, professionale, sociale ed ecclesiale.
3. Raccontiamoci la nostra speranza
Abbiamo bisogno di ridirci con parole nuove la profondità della vita, la
gioia di assaporare ancora le primizie di una nuova primavera, da adulti maturi. Proviamo a trovare e a condividere tre parole nuove per la
nostra vita che diano senso a questo tempo di maturità e che ci aiutino a
superare le nostre rigidità e durezze in famiglia, nella comunità e nella
società.
In questa tappa vorremmo mettere a fuoco alcune fasi della ricerca dell’adulto tra
paure e nuove aperture che ci interpellano:
• quando rischiamo di non riconoscere l’azione di Dio nella nostra vita;
• quando siamo soffocati dalle nostre fatiche quotidiane e chiudiamo il nostro cuore all’opera di Dio perché non ci fidiamo/affidiamo a Lui;
• quando di nuovo siamo chiamati e incoraggiati dal Signore a riprendere il nostro
cammino e con coraggio ad aprire il cuore alla speranza.
Dalla vita alla Parola
INTERROGHIAMOCI
1. Riconoscere le nostre emozioni, dare un nome alle paure
Gesù stesso dice: «Non abbiate paura» (Mc 6,50). Quali sono i nomi delle nostre paure? E delle paure della nostra comunità o delle nostre famiglie? Riusciamo a dare loro un nome per liberarcene?
2. Essere “di dura cervice”
In quale avvenimento della mia vita ho riscontrato un indurimento del mio cuore?
Proviamo a raccontarlo.
Entriamo insieme nella Parola, perché dando luce ai nostri interrogativi ci
aiuti a leggere la presenza del Signore nelle nostre esperienze.
Dal Vangelo secondo Marco (6,45-52)
E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva,
a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli,
da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento
contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e
voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Dal Vangelo secondo Marco (7,21-23)
«Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia,
calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e
rendono impuro l'uomo».
Azione Cattolica Italiana - Diocesi di Faenza e Modigliana
Azione Cattolica Italiana - Diocesi di Faenza e Modigliana
Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel
mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indichino la via verso
la Terra promessa e così tengono viva la speranza» In ogni caso, in quelle circostanze siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A
volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove,
trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci
rubare la speranza! (Evangelii gaudium 86; cfr anche Eg 270).
Traversata
Lo scopo di questo racconto, nell’intenzione dell’evangelista, è quello di
rivelare qualcosa della persona di Gesù. Il rapporto tra i discepoli e Gesù
colpisce in modo particolare. I discepoli sono agli ordini del loro maestro,
in uno stato di itineranza, sinonimo di insicurezza. Giunta la notte, sono soli
sulla barca: una situazione che apre a ogni possibile pericolo.
È anche la nostra situazione di adulti, talvolta costretti a traversate difficili nel cuore della notte, mentre l’alba non spunta ancora e non sappiamo
quale sarà l’approdo. Tuttavia sono questi i momenti in cui, sia pure con
fatica e, talvolta, con dolore, abbiamo la possibilità di guardare in faccia
a noi stessi, fare verità sulla nostra vita, chiederci verso quale meta stiamo
indirizzando il cammino dell’esistenza. È fondamentale, nei tempi della
crisi, il ruolo della comunità cristiana e dei nostri gruppi associativi, perché
la ricerca e la traversata non siano un cammino compiuto senza il fraterno
sostegno di compagni di viaggio. È importante che gli uomini e le donne
del nostro tempo trovino una comunità vera, anche se non perfetta, ma in
cammino; e possano trovare in ciascuno di noi una voce amica e una mano
tesa che, senza sostituirsi a loro, accompagni il cammino.
È il Signore!
Gesù rimane solo, in comunione con Dio, sul monte, e tuttavia non smette di
pensare ai discepoli. Quando li vede, da lontano, in difficoltà, va verso loro
camminando sulle acque, con l’intenzione di oltrepassarli. Gesù si rivela ai
discepoli ma non vuole che essi si approprino di lui e, anzi, li precede per
invitarli a stargli dietro. Gesù però non è riconosciuto e suscita paura. Per
vedere Dio è importante essere dietro di Lui, alle sue spalle, e pian piano si
capisce chi è. È ciò che avviene quando abbandoniamo il nostro punto di
vista, le nostre aspettative su di Lui. Quante volte anche noi facciamo fatica ad abbracciare sino in fondo la logica del Vangelo, perché condizionati da “pensiero dominante”, dal “così fan tutti”, che non permette scelte
diverse e controcorrente.
Ma Gesù continua a starci davanti affinché lo seguiamo e lo amiamo nella sua alterità rispetto ai nostri pensieri. La rivelazione di Gesù acquieta i
discepoli sconvolti: è la Parola di Colui che si rivela («Sono io») a infondere speranza e coraggio. Dio, in Gesù, si fa conoscere, si rivela e salva. La
parola di Gesù libera solo per il fatto di essere pronunciata; la rivelazione esige, però, da parte nostra una ricerca, un riconoscimento.
È questa l’unica Parola in grado di offrirci fiducia, di dare senso e luce,
quando ci sembra di aver smarrito le ragioni della speranza e le possibilità di credere nel futuro.
Durezza di cuore
Tuttavia i discepoli mostrano meraviglia e il loro cuore è indurito poiché
essi non possono comprendere il Dio onnipotente che si rivela in Colui che
cammina prodigiosamente sulle acque e nemmeno il gesto di moltiplicazione dei pani. Queste “epifanie segrete” potranno essere intese solo guardando all’evento della Pasqua, attraverso cui, per grazia, capiamo pienamente chi è il Signore e la sua vera identità.
L’incredulità dei discepoli, e nostra, è un pungolo a non fermarci dinanzi
definizioni di Gesù immediate e vagamente consolatorie, per continuare a
cercare e camminare dietro di lui, il «Dio crocifisso» che ama sino alla fine,
in pienezza. Noi abbiamo sempre bisogno di fare i conti con la nostra incredulità, di proseguire nel percorso di fede umilmente, consapevoli della
nostra poca fiducia nel Signore, sempre invocando da lui il sostegno e la
forza: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,24).
Il nostro cuore può essere indurito e chiuso all’azione vivificatrice della
Parola di Gesù. Egli ci ricorda anche che i nostri problemi non provengono
dall’esterno, non sono causati dall’altro, dal diverso, dal “cattivo” di turno,
ma che è la nostra interiorità a essere presa del male (cf. Mc 7,21-23),
perché è dal cuore che nascono le intenzioni e a noi è sempre data la libertà di scegliere tra il bene e il male.
È importante educarci, a livello personale e comunitario, al recupero dell’interiorità e della dimensione più profonda di noi stessi, per aiutarci a
guardare dentro la nostra vita e la nostra storia personale, chiedendoci
continuamente cosa ostacola il riconoscimento del Signore nel quotidiano e
se siamo capaci di andare dietro a Lui. Per noi infatti, oggi più che mai, è
facile reagire al male che talvolta sembra dilagare chiudendoci nel nostro
guscio, cercando altrove la radice del peccato, preferendo il chiuso di ambienti sicuri e ovattati per proteggerci da impegni e responsabilità.
Solo la parola di Gesù ci può liberare, restituendoci un «cuore di carne»
e tracciando per noi cammini di umanizzazione da condividere con i fratelli che incontriamo nel cammino.
Per approfondire
È evidente che in alcuni luoghi si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto
del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro
radici cristiane. Lì «il mondo cristiano sta diventando sterile, e si esaurisce, come una
terra supersfruttata che si trasforma in sabbia». In altri Paesi, la resistenza violenta
al cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro fede quasi di nascosto nel Paese
che amano. Questa è un’altra forma molto dolorosa di deserto. Anche la propria
famiglia o il proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente arido dove si
deve conservare la fede e cercare di irradiarla. Ma «è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la
gioia di credere, la sua importanza vitale per noi, uomini e donne.
(continua)
Azione Cattolica Italiana - Diocesi di Faenza e Modigliana
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