ALLE PAGG. 5/6/7 Catania - anno XXX - n. 39 - 2 novembre 2014 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it “Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/ 2004 no 46) art. 1, c. 1, DCB - Fil. di CT - Taxe perçue - Tassa riscossa - ISSN: 1720-0881 settimanale regionale di attualità SPECIALE PICCHINENNA “In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente” La Chiesa di Catania ricorda Mons. Domenico Picchinenna nel 10° anniversario della morte In edificazionem Corporis Christi N ella Basilica Cattedrale venerdì 23 ottobre c.a. ha avuto luogo la commemorazione di Mons. Domenico Picchinenna nel 10° anniversario della morte. Gradevoli ricordi sono affiorati alla mente di molti sacerdoti e laici presenti alle parole di Mons. Gaetano Zito e del Prof. Agatino Cariola che hanno riproposto la grande personalità del beneamato Pastore che guidò la Chiesa catanese dal 1974 al 1988. Un clima di composta commozione durante la concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina ha reso ancor più solenne la commemorazione. (Di seguito l’omelia dell’Arcivescovo. Alle pagg. 5/6/7 le relazioni di mons. G. Zito e del prof. A. Cariola) Eccellenza reverendissima e carissimo Monsignor Alfio Rapisarda, Nunzio apostolico, Carissimi fratelli Presbiteri e Diaconi, Fratelli e sorelle nel Signore 1. La Celebrazione eucaristica cui stiamo partecipando è stata preceduta dalla testimonianza che monsignor Zito e il professor Agatino Cariola ci hanno offerto su monsignor Domenico Picchinenna, indimenticabile pastore di questa santa Chiesa catanese che egli amò e servì dapprima come coadiutore e successivamente come arcivescovo. Adesso, con la Santa Messa il nostro ricordo diviene più intenso e com- mosso. Sono spiritualmente a noi uniti anche l’arcivescovo emerito, Sua Eccellenza monsignor Bommarito, successore di monsignor Picchinenna, e Sua Eccellenza monsignor Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi - Rapolla - Venosa, diocesi di origine di monsignor Picchinenna. Gli anni di ministero episcopale trascorsi a Catania hanno significato tanto nella vita di monsignor Picchinenna, al punto da fargli affermare nel testamento spirituale: “io mi sento in modo specialissimo legato alla santa Chiesa catanese e con questo vincolo specialissimo lascerò la terra nell’attesa della beata resurrezione ... Per esprimere il vincolo specialissimo che mi lega alla santa Chiesa catanese desidero essere sepolto nella Basilica Cattedrale di Catania ... Una semplice piccola pietra indicherà il mio nome perché i fedeli preghino per me.” La sua volontà è stata eseguita: egli è sepolto nella cripta e la piccola lapide lo ricorda come “pastore umile ed uomo di preghiera”. Alle testimonianze poc’anzi ascoltate si aggiungono quelle che potremo leggere nelle pagine del settimanale “Prospetive” che monsignor Picchinenna ha fermamente e coraggiosamente voluto. Da tali testimonianze emerge la figura di un pastore buono e povero, semplice e riservato, paziente e prudente, mite e forte nelle afflizioni; promotore della rece- @ Salvatore Gristina (segue a pagina 2) RICORDO DI GIOVANNI REALE a pagina 3 CONFERENZA: IMMIGRAZIONE COSA FARE? a pagina 9 EBOLA: INTERVISTA al Prof. GIULIO TARRO Salerno: oltre 350 delegati diocesani al Convegno Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana La speranza sopravvive anche nella precarietà l tema del convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana a Salerno, con la partecipazione di oltre 350 delegati diocesani, intreccia la triste realtà della società di oggi che vive il dramma della precarietà e della mancanza di lavoro e il soffio spirituale della speranza cristiana. Papa Francesco ha inviato un messaggio, letto in apertura dei lavori da mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, nel quale si legge: “Nelle visite compiute in Italia, così come negli incontri con le persone, ho potuto toccare con mano la situazione di tanti giovani disoccupati, in cassa-integrazione, precari. Ma questo non è solo un problema economico, è un problema di dignità”. “Dove non c’è lavoro manca la dignità - ribadisce I il Papa - e purtroppo in Italia sono tantissimi i giovani senza lavoro”. Il Governo annuncia proposte, promette nuovi leggi e nuovi finanziamenti, ma l’auspicato sviluppo del lavoro si contorce in un groviglio spinoso che soffoca e toglie il respiro. Il passaggio da alcune pseudo conquiste di benessere alla carenza di disponibilità economica intreccia un circuito che, a caduta, coinvolge anche indirettamente tutta la società. Le istituzioni soffrono il passaggio dagli anni delle “vacche grasse” che hanno lasciato sprechi e sperperi, ingiustificati neanche negli anni dell’abbondanza, alla ristrettezza degli anni di “carestia” e di “povertà” che si espande sempre più nel tessuto sociale. Le saracinesche chiuse di tanti piccoli negozianti costituiscono un vero urlo nel silenzio della notte, ancora per poco illu- minata dai locali adibiti a ristoranti e discoteche. Da alcuni anni è stato lanciato dagli economisti un allarme, rimasto inascoltato, circa l’avvento della povertà in Italia ed oggi il profetico messaggio si avvera: l’Italia è entrata nel tunnel della povertà, Giuseppe Adernò (segue a pagina 2) a pagina 11 2 Prospettive - 2 novembre 2014 sommario al n. 39 PRIMO PIANO Pastorale della famiglia: Innamorarsi dell’altro incontrando l’Altro ________3 Padre Francesco Maria Di Francia: giornate di studio a Messina _4 INFORMADIOCESI Dall’Ufficio Catechistico diocesano________________4 Notizie in breve ___________8 Corso per ministri straordinari ______________8 68° Anniversario della morte della ven. Lucia Mangano Orsolina Carissimi, in occasione del 68° Anniversario della morte della Ven. Lucia Mangano, desideriamo invitare tutti alle celebrazioni che si terranno a S. Giovanni La Punta per ricordare questa bella figura di Orsolina che ha saputo vivere pienamente la gioia del Vangelo percorrendo i sentieri della santità con autenticità e slancio missionario. Vi aspettiamo. Affettuosi saluti nel Signore Gesù. Maria Pia Zappalà La Direttrice Compagnia di S. Orsola Istituto Secolare di S. Angela Merici-Catania SVEGLIATE IL MONDO Ore 17.00 S. Rosario meditato con la Ven. Lucia Mangano. Ore 17.30 S. Messa celebrata da P. Alessandro Ronsisvalle (Assistente ecclesiastico della Compagnia di S. Orsola- Istituto secolare di S. Angela Merici di Catania) Ore 18.30 Adorazione Eucaristica – Vespri e Preghiera per la glorificazione della Ven. Lucia Mangano. Domenica 9 Novembre 2014 Cappella delle Orsoline di S. Giovanni la Punta Ore 17.00 S. Messa celebrata da Mons. Salvatore Consoli Ore 18.00 Adorazione Eucaristica– PROGRAMMA Sabato 8 Novembre 2014-Cappella delle Orsoline di S. Giovanni la Punta Vespri e Preghiera per la glorificazione della Ven. Lucia Mangano. Lunedì 10 Novembre 2014 Ore 17.00 Concelebrazione Eucaristica in parrocchia presieduta da P. Angelico Savarino passionista (VicePostulatore della causa di canonizzazione della Ven. Lucia Mangano). Subito dopo un corteo si snoderà dalla parrocchia per raggiungere, fra i canti e le preghiere, l’Istituto delle Orsoline di S. Giovanni La Punta, dove riposa la Ven. Lucia Mangano. Si concluderà con la Preghiera di glorificazione. DIOCESI Verso la X Giornata sociale Diocesana _________8 Bioetica: Le parole non fermano i fiumi in piena ___________9 Meeting del club Lions Catania Stesicoro Centrum _12 Visitando le sale del Museo_________12 Direzione amministrazione e redazione: via Etnea, 8 95121 Catania Redazione e amministrazione: tel. 095 2500220 fax 095 8992039 www.prospettiveonline.it E-mail: [email protected] [email protected] [email protected] Editrice ARCA s.r.l. via Etnea, 8 95121 Catania Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 7858 Direttore responsabile Giuseppe Longo Grafica e impaginazione: Vera Cannavò Abbonamenti: ordinario Euro 40,00 ridotto (scuole, associazioni, confraternite, etc.) Euro 30,00 versamento su c/c postale n. 12442935 intestato a: ARCA s.r.l. via San Giuseppe al Duomo 2/4 95124 Catania Pubblicità: a mod. (1 colonna x 41mm). Commerciali Euro 27,11 a mod. Redazionali Euro 1,55 a mm Annunci immobiliari e R.P.Q. Euro 0,21 a parola (min. 10 parole) Legali/istituzionali/finanziari Euro 48,80 Manchettes commerciali Euro 81,34 cadauna Stampa a colori maggiorazione 10% Iscritto al Registro della Stampa del Tribunale di Catania al n. 665 del 3.5.1985 La testata percepisce contributi statali diretti ex L. 7/8/1990 nr. 250 Stampa: GRAFICHE COSENTINO sas LITOGRAFIA Zona Industriale - C.da Balchino S. Maria Poggiarelli Caltagirone (CT) - Telef. 0933 34132 / 0933 27307 Unione Stampa Periodica Italiana Settimanale associato alla F.I.S.C. (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) Questo numero è stato chiuso alle ore 13.00 di mercoledì 29 ottobre 2014 (continua da pag. 1) IN EDIFICAZIONEM... zione del Concilio Vaticano II e instancabile cercatore della comunione. Emerge la figura di un cristiano dalla profonda vita spirituale e una persona dalla affabilità misurata e paterna per quanti lo incontrarono. 2. Il ricordo di monsignor Picchinenna riceve ulteriore luce dalla Parola che è stata proclamata. Paolo si è presentato in atteggiamento orante: “io piego le ginocchia davanti al Padre”. Così faceva monsignor Picchinenna durante la sua vita terrena. Non sbagliamo, ne siamo anzi certi, se pensiamo che egli adesso, accolto nella dimora eterna, intercede per la nostra Chiesa che il Signore affidò alla sua insonne cura pastorale. La sua preghiera, mentre era qui in terra, fu spesso, come quella di Gesù, accompagnata da sofferenze e lacrime (cfr. Eb 6,7). Adesso, dopo aver ricevuto nella gioia il premio per le sue fatiche apostoliche, egli continua a pregare per noi. 3. Cosa chiede monsignor Picchinenna per noi? Quello che Paolo chiedeva per i cristiani di Efeso: essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante lo Spirito. Monsignor Picchinenna chiede che il Cristo abiti, per mezzo della fede, nei nostri cuori e che ci sia concesso il dono della sapienza che ci permetta di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza. A questo scopo egli lavorò sempre con fiducia, per questo pregava e per questo continua ad intercedere per noi presso il Padre. 4. Il Signore ascolti ed esaudisca la preghiera di monsignor Picchinenna a nostro vantaggio perché ne abbiamo davvero bisogno. Infatti, come discepoli di Gesù siamo chiamati, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, ad essere investiti e quasi divorati da quel fuoco che egli è venuto a gettare sulla terra. Come battezzati nella morte e resurrezione di Cristo partecipiamo realmente al battesimo che egli desiderava ardentemente ricevere. Con queste espressioni sono indicate alcune caratteristiche della vita cristiana che noi talvolta dimentichiamo o preferiamo ignorare. Tutta la vita del cristiano è martirio, come ricorda una celebre affermazione del volume “Imitazione di Cristo”, che una volta ritornava spesso nelle esortazioni dei vescovi, dei sacerdoti e che oggi difficilmente è ricordata. Eppure non si tratta di un’affermazione retorica, come dimostrano le difficoltà che in tanti luoghi un grande numero di nostri fratelli e di nostre sorelle affrontano per la loro fede. I cristiani sono oggi il gruppo religioso più perseguitato. La divisione di cui parla Gesù è vissuta nella propria carne da tanti suoi discepoli strappati alla loro terra e ai loro familiari perché cristiani. Anche in questa Santa Messa vogliamo pregare perché cessino le persecuzioni contro i cristiani. Chiediamo al Signore che per loro e per tutte le persone che abitano sulla terra sia riconosciuto l’inalienabile diritto alla libertà religiosa. Il Signore faccia cadere le armi dalle mani dei violenti e aiuti tutti a superare pensieri e sentimenti che causano turbamenti nelle relazioni umane a tutti i livelli. 5. I nostri santi, e con loro certamente anche Monsignor Picchinenna, che sono in cielo dopo aver attraversato la grande tribolazione di cui parla l’Apocalisse (cfr. 7, 13-14) e la valle oscura delle prove della vita, di cui parla il Salmo 32, ci esortano a vivere coerentemente e con fortezza cristiana il tempo del nostro pellegrinaggio terreno. Ci impegniamo a farlo, anche per essere degni figli dei nostri padri, di coloro che ci hanno lasciato una luminosa testimonianza di fede che si rende operosa nella carità. Vivendo così, nella fede fondata sulla speranza ed operosa nella carità, Monsignor Picchinenna ha lavorato quotidianamente con generosa dedizione alla costruzione del corpo di Cristo. In edificazionem Corporis Christi secondo il suo motto. Quest’impegno quotidiano gli ha permesso di concludere ogni giornata della sua lunga esistenza e del suo ministero sacerdotale ed episcopale con la dossologia di Paolo che pocanzi abbiamo ascoltato: “A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù per tutte le generazioni nei secoli dei secoli”. Così fu per Monsignor Picchinenna; lo stesso accada a tutti noi per grazia di Dio, la grazia che ci ottiene la fraterna e paterna intercessione di monsignor Picchinenna a nostro favore. E voglia egli implorare per me, suo piccolo successore, la grazia di amare e servire questa santa Chiesa così come ha fatto lui, così come egli ci lascia indelebile memoria, così come lo ricorderemo sempre. (continua da pag. 1) LA SPERANZA... che chi accompagna non può che condividere e quindi la solidarietà e la vicinanza alla precarietà cambia la società in bene e la rende più solidale. Si cambia in bene se c’è tanta vicinanza e i preti si accorgono di essere più umili, i frati più poveri, le suore più accanto, le famiglie più giovanili con meno giudizi e più vicinanza». Oggi più che mai occorre dare speranze e certezze, indispensabili per andare avanti. La scuola è maggiormente sollecitata a far acquisire competenze trasversali (soft skills) per il lavoro, particolarmente richieste dal mercato del lavoro, ma non adeguatamente garantite dagli attuali sistemi di formazione superiore, come emerso dai lavori dell’International Global Summit che ha riunito a Roma 100 responsabili internazionali dei collegi universitari provenienti da tutto il mondo. “Il posto fisso non c’è più” e per questo occorre sviluppare nei giovani la creatività, la cittadinanza attiva e l’educazione all’imprenditorialità, incoraggiando anche “partenariati per la conoscenza” tra università, ricerca e imprese e lavorare “per la certificazione delle competenze non formali, come quelle che vengono dalle esperienze di volontariato e di servizio civile”. Lo sviluppo delle competenze trasversali potrà garantire l’occupazione giovanile e rispondere in maniera costruttiva alla precarietà che “scarta il futuro”. Le drammatiche tragedie familiari che riempiono le pagine dei giornali e dei siti online confermano il senso di vuoto e la carenza di valori, anche perché limitata e improduttiva è risultata la controproposta all’emergenza educativa. Il far prevalere il relativismo, la pseudo libertà di coscienza che consentono di fare quel che si vuole, senza regole e norme, avvalorato e ricoperto dal manto dell’accoglienza e della misericordia, spesso provoca maggior danno. Dire “no” alla cultura dello scarto, significa dire “sì” alle regole morali che guidano il cammino dell’uomo verso i valori naturali e cristiani incisi nel cuore dell’uomo con comandamenti dell’amore a Dio e al prossimo e le connesse relazioni indicate nei Dieci Comandamenti. È questa la nuova “luce anche nelle situazioni più problematiche”, che il card Bagnasco richiede per i cristiani di oggi ed il segno di “speranza nella precarietà” scaturita dalla “forza del Vangelo” che Papa Francesco auspica ogni volta che augura “buon giorno” e buona domenica”. Se mancano i presupposti del lavoro, della serenità, dell’entusiasmo e della motivazione che consentono di agire bene e per il bene comune, il giorno, la domenica, la settimana, non potrà avere la caratteristica di “bontà”, che non potrà essere soltanto esteriore o di facciata. Olio ed energia che alimenta la fiamma della speranza è la miscela di fede e di carità, d’incrocio tra verticalità che porta a Dio e orizzontalità che si apre ai fratelli e tutto ciò è scritto nella regola dell’amore e nella definizione “Deus caritas est”, come ha insegnato il saggio Benedetto XVI. che si allungherà per diversi anni prima della ripresa, prevista, secondo la ruota dei corsi e dei ricorsi storici alla fine del decennio. Nell’intricato labirinto, dove si estende la precarietà, in attuazione del progetto collegato alla “cultura dello scarto”, si registra che i giovani senza lavoro camminano nelle sabbie mobili e molti di essi si perdono senza trovare l’àncora della speranza. È la forza del Vangelo che dovrebbe portare speranza, ma necessita una diligente azione di guida e di accompagnamento verso la speranza. «Nell’acceso dibattito di questi giorni sull’articolo 18, ha detto il Card Angelo Bagnasco, presidente della CEI. si fronteggiano da una parte nuove esigenze dell’ambito economico, reso più debole dalla crisi economica-finanziaria, e dall’altra la necessità di protezione dei soggetti più deboli». I cortei, le “piazze rosse”, gli slogan: “Lavoro, dignità, uguaglianza” che hanno caratterizzato questi giorni, anche in contrasto con chi altrove “progettava un’Italia che lavora” sono i due volti della medaglia che descrivono un malessere e un disagio sociale diffuso, al quale neanche i partiti politici, divisi e frammentati riescono a dare risposta. «Accompagnare fuori le famiglie ferite per motivi affettivi e i giovani feriti per motivi lavorativi - ha affermato Mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace,- capire ® ® 3 Prospettive - 2 novembre 2014 Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia: Orientamenti Pastorali sulla preparazione al Matrimonio e alla Famiglia cap.II vità e a ridurre alla sola dimensione emotiva la relazione di coppia, trascurando che imparare ad amare è un’arte, che richiede pazienza e sacrificio e ha bisogno di guide sapienti. Purtroppo, i giovani affrontano le esperienze amorose condizionati dal contesto sociale e culturale in cui vivono, bombardati da stimoli emotivi contraddittori, da una comunicazione fortemente erotizzata e faticano a collegare vissuti e sentimenti. Frequente l’uso strumentale del corpo (la pornografia), specie quello della donna, considerata un oggetto, semplice fonte di piacere, che impedisce di coglierne la reale preziosità e bellezza. A questi condizionamenti si aggiungono quelli dettati dalla crisi economica che, riducendo disponibilità e risorse, ostacola fortemente i giovani nel dare uno sguardo fiducioso al futuro all’insegna della progettualità di coppia. Il vivere in una dimensione di incertezza circa il proprio avvenire, fa sì che la temporaneità e la frammentarietà prevalgano sull’istanza progettuale, che richiede impegno per il futuro. Genitori ed Innamorarsi dell’altro incontrando l’Altro ’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente». Queste parole di San Giovanni Paolo II, nella Redemptor hominis, introducono il secondo capitolo del documento in esame, “Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia”, ed esprimono la pienezza di vita e di «L amore a cui aspirano i giovani quando, spinti dall’attrazione per l’altro, cercano una relazione di reciprocità con un’altra persona. La relazione amorosa che nasce dal desiderio di superare la solitudine, diventa una risposta al bisogno profondo di essere riconosciuti e amati, ma rappresenta anche un’occasione di cambiamento e di crescita, che può condurre il giovane da un narcisistico amore di sé, che caratterizza i primi passi della relazione amorosa, a un amore che sa donarsi per l’altro. Infatti, l’esperienza amorosa di una coppia di fidanzati o di sposi è l’esito del convergere armonico e graduale tra eros, il desiderio e la fisicità della persona, e agape, la capacità di un amore gratuito per una relazione autentica. L’eros, sempre più ascendente nell’innamoramento, poi nel cammino di crescita della coppia si porrà meno domande su di sé per interrogarsi sulla felicità dell’altro e giungere al vero incontro con la persona amata. Per un’educazione integrale all’affettività è importante conoscere l’alfabeto della corporeità. Il tempo dell’adolescenza comporta profonde trasformazioni del corpo e del mondo interiore con tempi diversi tra maschi e femmine. Un’esperienza travolgente da cui scaturiscono emozioni e sentimenti spesso condivisi solo fra coetanei e offuscati dai messaggi ambigui e contraddittori di una società, che tende a idealizzare la realtà dell’affetti- In morte di un grande filosofo cristiano: Giovanni Reale morto il 15 ottobre 2014, nella sua casa di Luino (Varese), all’età di 83 anni il grande filosofo cristiano Giovanni Reale, uno dei maggiori studiosi del pensiero antico. Autore di quella monumentale Storia della filosofia greca e romana (Bompiani 2004) in dieci volumi e Autore, insieme con Dario Antiseri, del fortunato manuale, Il pensiero occidentale dalle origine ad oggi, su cui, fin dalla sua prima pubblicazione del 1983, si sono formate generazioni di studenti. Tale manuale in tre volumi è stato tradotto in molte lingue, anche in russo: in Spagna ne ho avuto una esperienza diretta esaminando il Tomo 3 “Del Romanticismo a nuestros días” con un corposo inserto di oltre 130 pp. di “Fiosofía española e iberoamericana”. L’ultima volta che ascoltai Giovanni Reale fu durante il II Corso dei Simposi rosminiani di Stresa (29 agosto1 settembre 2001) su “La fine della persona?” in cui egli tenne la magistrale prolusione su “Il paradigma metafisico della persona”. <<La metafisica è una creazione dei Greci, come del resto la filosofia in generale, di cui la metafisica in senso ellenico costituisce l’asse portante>>. Così esordì il suo discorso Giovanni Reale e proseguì precisando: <<In genere si ritiene, che la metafisica coincide con l’ontologia, e che la scienza dell’essere in quanto essere sia l’unica forma di metafisica>>. In realtà i paradigmi metafisici sono tre: nell’ambito del mondo ellenico, oltre alla <<metafisica dell’essere>>, consacrata da Aristotele, ha avuto un’importanza nettamente superiore l’henologia, cioè la È Navigare verso l’eternità <<metafisica dell’uno>>, costruita in modo sistematico da Platone e dai Neoplatonici come Plotino. Nel pensiero cristiano si è sviluppata una forma di metafisica differente e che potremmo denominare, <<Metafisica della persona>>, che tuttavia ha assunto anche alcuni concetti degli altri due paradigmi. (Ivi p.123,ss.in “Rivista rosminiana, aprile -settembre 2002). Approfondendo questo discorso, Reale, sulla base di Sant’Agostino, concepito come una forza individuale e cosmica, che ci fa ascendere i vari gradi dell’“essere” fino a giungere i supremi principi e la concezione cristiana dell’amore “agape” o “charitas”, come diranno i latini. Il primo, quello greco e platonico ha un valore puramente “acquisitivo”, mentre quello cristiano, che si esprime nella vita della “persona”, ha un significato completamente diverso: l’amore è donazione assoluta <<Dio stesso è Amore, ed è la pienezza del- ha introdotto il concetto di “Terza Navigazione” in quel volume da lui curato: “Agostino. Amore assoluto e Terza Navigazione”, Bompiani, 2000, con i due testi a fronte: dieci discorsi sul Commento alla Prima lettera di Giovanni; e nel secondo:Commento al Vangelo di Giovanni, egli mette a confronto la concezione greca, e in particolare platonica, dell’amore come “eros”, l’Amore che trabocca inesauribilmente al punto di donare se stesso nel suo Figlio Unigenito per noi. La croce su cui Cristo è morto è interpretata da Agostino, in senso metaforico, come quella nave che sola fa attraversare, a ogni uomo che l’accetta, il mare della vita portandolo nella patria celeste>>. Si trova in Agostino quel grandioso circolo ermeneutico espresso nelle note formule: credo ut intelligam, intelligo ut credam. <<La fede va incontro alle istanze della ragione e la aiuta nella ricerca della verità, così come la ragione, a sua volta, va incontro alla fede, offrendole certi supporti appunto razionali, e aiutandola ad autoconoscersi e autoesprimersi. Per Agostino, insomma, l’avvicinamento avviene in funzione di due forze, che possono dinamicamente operare in modo sinergico e convergente>> (Op. cit. p.8 e note 1 e 13). Queste conclusioni verranno riprese magistralmente anche da San Tommaso! Giovanni Reale, non solo è stato uno dei maggiori interpreti del pensiero antico, di fama internazionale, basta leggere il suo “Per una nuova interpretazione di Platone”, (Vita e pensiero 1997, quasi 1000 pp.), è stato anche fondatore di una Scuola, efficace professionista come insegnante, cristiano coerente, educatore e maestro di vita per quelli che l’hanno conosciuto. Ne fanno fede le sue prese di posizione sull’attualità, come dimostrano i volumi che indichiamo: “Giovanni Reale, Saggezza antica Terapia per i mali dell’uomo d’oggi, Cortina Editore 1995”; ID. Radici culturali e spirituali dell’Europa. Per una rinascita dell’“uomo europeo” Cortina Editore 2003. e a beneficio della scuola, e non solo, va ricordato il suo volume più recente, del 2013: “Salvare la scuola nell’era digitale”, in cui mette in guardia contro i pericoli di una educazione scolastica che enfatizzi il mezzo tecnologico, il computer e l’aspetto visuale rispetto alla lettura sulla pagina di carta, con (segue a pagina 4) educatori sono chiamati, quindi, a fare rete per un’educazione alla corporeità e alla sessualità franca e diretta, al fine di presentare la persona umana nella sua integralità, capace di vivere relazioni in modo non solo istintivo e superficiale, e di acquisire un sano senso critico. Per lo sviluppo di un simile percorso risultano particolarmente significativi per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni, nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione, attraverso le quali essi imparano ad apprezzarsi non solo per ciò che fanno ma anche per quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelano decisive dal punto di vista dell’orientamento vocazionale, così da poter dare una risposta fiduciosa e coraggiosa alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana e un contributo positivo alla società: il matrimonio, la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella cultura e nella politica. La vita della comunità cristiana deve e può favorire i due valori più importanti per giungere alla maturità affettiva: il pudore e la castità. Il primo riporta alla parte più intima e preziosa della persona e fa comprendere che la sessualità non è solo ricerca del piacere, ma ricerca di una persona nella sua unicità e dignità, che va custodita nel suo valore, in quanto icona dello spirito umano creato da Dio. Il pudore tutela i valori intimi della persona, non limita la sessualità, ma la protegge e la accompagna verso un amore integrale e autenticamente autonomo. Diventa importante educare al pudore fin dalla fanciullezza: imparare a riconoscere di essere fragili e che questa fragilità va custodita bene diventa una forza liberante. In questa stessa ottica si può comprendere il valore della castità, ovvero porre a servizio di valori più alti verso cui tendere la propria sessualità, che diventa mezzo di un amore autentico, secondo modalità differenti, nella vocazione matrimoniale o verginale. Per concludere, il periodo dell’innamoramento chiama la coppia a scoprire sempre di più l’amore di Dio, un amore che supera e trascende il semplice legame vissuto. Segni di un amore simile sono percepibili nell’amore umano, infatti, nessun sentimento o esperienza sazia definitivamente il cuore dell’uomo, che è sempre portato a cercare qualcosa di grande, percependo così nell’esperienza amorosa il limite della stessa, insieme all’assoluto; ma anche il desiderio in ogni innamoramento del per sempre ci rivela questo bisogno di un orizzonte infinito, di assoluto. Così Dio si rivela dentro l’amore umano tra un uomo e una donna e si comunica nel cammino verso il sacramento del matrimonio. L’enciclica Deus Caritas est ci insegna proprio questo, che l’amore umano non è separato dall’amore divino, perché, come ci annuncia l’apostolo Giovanni “Dio è amore”, e chi fa esperienza dell’amore fa esperienza di Dio. Alessandra e Andrea Cacciato 4 Prospettive - 2 novembre 2014 IN PREIMOPIANO Padre Francesco Maria Di Francia: giornate di studio a Messina Ufficio Catechistico Il cuore gonfio di carità n occasione del primo centenario della morte del Fondatore, Mons. Francesco Maria di Francia, la congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore ha promosso nell’ambito dei festeggiamenti un convegno di studio sull’opera del Fondatore articolata in tre sessioni: storica, di spiritualità e antropologico-caritativa. Il convegno, che si è svolto a Messina al Palacultura “Antonello da Messina”, ha visto un susseguirsi di relatori e studiosi, i quali hanno sviluppato i diversi aspetti della vita e dell’opera del Fondatore. Il quadro storico della Messina di fine Ottocento ed in particolare dell’arco temporale che va dal 1880, anno dell’ordinazione sacerdotale di Mons. Di Francia al 1913, anno della morte, è stato illustrato dal prof. Santi Fedele, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Messina. Con dovizia di particolari è stata descritta la geografia dei luoghi e della società messinese prima del terremoto e l’azione della Chiesa che in quell’epoca, saggiamente guidata dall’arcivescovo Card. Giuseppe Guarino, ha dato origine alle opere sociali e assistenziali dei due fratelli sacerdoti e fondatori Annibale e Francesco M. di Francia, e poi ancora all’opera di Don Orione. P. Fortunato Siciliano, archivista dei Padri Rogazionisti, ha interpretato alla luce dei documenti l’interazione tra unità e diversità che ha caratterizzato l’opera dei due fratelli della nobile famiglia messinese Di Francia, di cui Padre Annibale, è stato fondatore dei Padri Rogazionisti e delle Suore del Divino Zelo, apostolo e missionario nella zona urbana e Mons. Francesco, vicario generale della diocesi, il quale insieme a Madre Veronica Briguglio a Roccalumera ha dato vita all’Istituto delle Suore I (continua da pag. 3) NAVIGARE... la matita per sottolineare ed evidenziare i concetti essenziali per esprimere anche incertezze, dubbi e riflessioni anche diverse! A suo avviso, la scuola dovrebbe far comprendere ai giovani il valore e la “sacralità” della parola; quella sacralità di cui parla la Bibbia, perché con la “parola” per molti aspetti si conosce la cosa. La scuola deve aiutare i giovani a ricuperare l’uso preciso del linguaggio e il rispetto della parola, sia parlata sia scritta, e del conseguente corretto comportamento. Si tratta di uso non dominante dei mezzi informatici e della comunicazione troppo semplificata e povera, quindi non ci sono in Reale anacronistiche nostalgie! L’ultimo volume l’aveva completato insieme con Antiseri (come anche con lui aveva pubblicato, Quale ragione), alcuni mesi prima della sua dipartita, dal titolo: Cento anni di filosofia, che va da Nietzsche ai nostri giorni, che alla fiera di Francoforte ha riscosso vivo interesse in tutto il mondo culturale e che sarà in libreria nel prossimo Gennaio. Salvatore Latora Cappuccine del Sacro Cuore, per accogliere le orfanelle dell’area periferica della provincia, dei casali e dei villaggi marinari della costa ionica. Le motivazioni storiche dell’aggancio dell’Istituto al terz’ordine francescano e all’Ordine dei Cappuccini sono state ben documentate dal Vice Preside della Facoltà teologica di Sicilia, P. Salvatore Vacca. Nel corso della sessione sulla spiritualità del Fondatore sono state analizzate le radici bibliche della spiritualità del Sacro Cuore che connota nel nome l’Istituto e dopo la relazione di Don Ottavio De Bertolis dell’Università Gregoriana, don Antonio Ucciardo dell’Istituto “San Luca” di Catania, ha illustrato la devozione particolare di Mons. Di Francia per il Sacro Cuore “il dono più prezioso che l’amore di Dio ha dato a noi, il centro del Cristianesimo”. L’ardore della Carità: “Se al mio Ciccillo si aprisse il cuore, vi si troverebbe scritto la parola: Caritas”, espressione significativa pronunziata dalla madre Donna Toscano, nel vedere suo figlio segregato al Lazzaretto con gli appestati per non far loro mancare il conforto della riconciliazione con Dio prima di morire, si traduce in gesti concreti di accoglienza ed in azioni pastorali di predicatore della Parola di Dio e confessore. Negli studi di Don Cesare Di Pietro, dell’Istituto teologico “San Tommaso” di Messina e di Don Roberto Romeo dell’Istituto “S. Maria della Lettera” si coglie l’intensità dell’arte del predicare che gli consentiva di conquistare i cuori e guidare alla conversione e l’amore al servizio della Chiesa nella missione di Vicario Generale della diocesi, vissuta con così tanta umiltà da interpretare la sigla “V.G.” come “vile giumento” a servizio della Chiesa. Gli aspetti antropologici e la dimensione caritativa di servizio ai poveri hanno connotato gli interventi della dott. Lucia Caminiti dell’Università di Messina, la quale ha illustrato lo status della Chiesa e società in quel periodo, mentre la dott.ssa Chiara Codazzi docente di Storia delle Congregazioni Francescane Femminili presso la Pontificia Università Antonianum di Roma ha percorso l’iter storico della congregazione diffusa anche in Polonia e che continua il carisma del Fondatore anche nei centri di accoglienza, come ha testimoniato don Francesco Pati, direttore Case di accoglienza “S. Maria della Strada” di Messina. Mons. Di Francia, ha inteso la sua vocazione come missione di carità, uscendo dalla Chiesa e dal recinto degli artistici scranni dei cori lignei, dove siedono i canonici nelle chiese cattedrali e come il “buon pastore” girava tra le viuzze della Messina povera, dei casali e dei villaggi della costa ionica e dell’entroterra dei Nebrodi e incontrava tanta gente alla quale portava conforto, pane e benessere spirituale. “Sentiva e portava addosso”, come spesso ripete Papa Francesco, “l’odore delle pecore”, non aveva vergogna a prendere in braccio le piccole orfanelle, anche se sporche e malvestite e consegnandole alle Suore raccomandava tanta tenerezza e materna attenzione. “Ecco non ha nessuno, perciò è nostra”. È questa l’espressione emblematica della logica della carità che si fa dono e servizio ai fratelli, specie ai più bisognosi di particolari attenzioni. Il convegno, coordinato da Don Pietro Antonio Ruggiero, della diocesi di Nicosia, ha intrecciato l’azione culturale del far memoria, con una specifica attenzione al “memoriale” di un’opera che attualizza il carisma del Fondatore, la quale percorrendo la via dell’esodo fuori dal recinto chiuso della chiesa istituzione ha tracciato, mediante la missione pastorale, l’avvento di Dio tra la povera gente, anche sulle spiagge dei pescatori che non hanno tempo per andare in Chiesa. Il 15 giugno del 1974 nella diocesi di Messina iniziarono i lavori in vista della Causa di Beatificazione di Mons. Francesco Maria Di Francia e Madre Veronica Briguglio, Fondatore e Fondatrice della Congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore. A quarant’anni dall’evento, la ricorrenza del centenario della morte del Fondatore ha visto la presenza dei Vescovi di Messina, Catania, Acireale e Siracusa. L’anno giubilare, che si concluderà il 22 dicembre a Roccalumera, alimenta la speranza di vedere presto agli onori degli altari il Padre Fondatore e diventa per le Suore Cappuccine del Sacro Cuore, come dice Dante, un “attender certo”. Giad Ufficio Catechistico Diocesano e Museo Diocesano La via della bellezza apa Francesco nella Evangelii Gaudium al numero 167 scrive: «Se, come afferma sant’Agostino, noi non amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami d’amore. Dunque si rende necessario che la formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede. È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”». L’Ufficio Catechistico ed il Museo Diocesano di Catania, accogliendo l’esortazione del Santo Padre, propongono ai catechisti alcuni percorsi tematici per favorire una catechesi esperienziale. P Il patrimonio storico artistico di cui il Museo è custode può diventare oggetto di attenta lettura, meditazione e confronto con la narrazione evangelica e sussidio all’intervento formativo dei catechisti. L’attività che si farà con i ragazzi permetterà loro di scoprire gli aspetti teologici e spirituali dell’opera d’arte proveniente dalla loro Diocesi di appartenenza. La fase propedeutica ad ogni attività che si svolgerà al Museo prevede un incontro con il coinvolgimento attivo dei catechisti. Nel corso dell’incontro, a titolo gratuito, i catechisti potranno approfondire la realtà museale e selezionare, con il personale che si occupa della didattica, i percorsi da proporre in parrocchia. Dopo un iniziale momento di presentazione delle proposte, seguirà la visita guidata al Museo per strutturare, con la collaborazione dei partecipanti, l’attività scelta. È possibile scegliere la data per l’incontro fra le due seguenti: - lunedì 10 novembre 2014 alle ore 16.30 - giovedì 20 novembre 2014 alle ore 16.30 Per la partecipazione è necessario prenotare una delle due date telefonicamente allo 095/281635 (dal lunedì al sabato ore 09.00/13.00) oppure via mail all’indirizzo [email protected] Formazione di base per i giovani catechisti e gli aspiranti Ai Presbiteri, ai Diaconi, alle Persone Consacrate e ai Catechisti dell’Arcidiocesi Carissimi, I vescovi italiani in Incontriamo Gesù scrivono al numero 84: «Assicurare la formazione specifica di base a tutti i catechisti è decisivo, sia mediante l’impegno delle parrocchie, sia di apposite scuole diocesane; non è da trascurare nemmeno l’attenzione alla circolazione delle buone pratiche e delle esperienze positive vissute nelle varie comunità. L’Ufficio Catechistico Diocesano (UCD) curerà che la formazione in loco dei catechisti parrocchiali sia sempre in sintonia con il progetto diocesano». Tutti siamo coscienti del delicato compito dei catechisti soprattutto nel contesto odierno, e ciò impone la necessità di una formazione organica e permanente per assolvere al meglio tale ministero. Così come è stato annunciato durante il convegno catechisti di quest’anno, desideriamo attivare un iniziale percorso di formazione per i nuovi catechisti e gli aspiranti catechisti. Gli incontri si terranno in dieci centri di formazione individuati nel territorio dell’Arcidiocesi; ciascuna parrocchia potrà scegliere il luogo e i giorni per partecipare ai due incontri proposti dalle ore 18,30 alle ore 20,30. In due incontri consecutivi saranno offerte alcune nozioni fondamentali da approfondire nella formazione permanete. Si allega alla presente il calendario degli incontri. Salutandovi tutti cordialmente nel Signore, cogliamo l’occasione per invitarvi a fornirci suggerimenti e proposte che ci permettano di qualificare sempre di più il servizio dell’Ufficio Catechistico. Sac. Gaetano Sciuto e l’equipe dell’UCD DATE INCONTRI Parrocchia S. Paolo Adrano: 13-14 novembre 2014. (P. Gaetano, Concetta Poidomani) Parrocchia S. Agata, Bronte: 25-27 novembre 2014. (Filadelfo, Concetta Gueli, P. Gaetano) Parrocchia Sacro Cuore, Biancavilla: 10-11 dicembre 2014. (P. Gaetano, Davide Maret) Parrocchia S. Angela Merici, Misterbianco: 14-15 gennaio 2015. (Antonella Santagati, P. Gaetano). Parrocchia S. Francesco all’Annunziata, Paternò: 15-16 gennaio 2015. (Sr. Anna, Concetta Poidomani). Parrocchia Sacra Famiglia, Catania: 19-20 febbraio 2015. (Sr. Anna, Concetta Poidomani) Parrocchia Risurrezione del Signore, Catania: 25- 26 febbraio 2015. (Angela Daquino, Filadelfo) Santuario S. Alfio, Trecastagni: 4-5 marzo 2015. (P. Gaetano, Filadeflo). Parrocchia S. Paolo, Gravina: 6-7 maggio 2015. (P. Gaetano, Angela Daquino) Seminario Arcivescovile, Catania: 78 maggio 2015. (Sr. Anna, Concetta Gueli). 5 Prospettive - 2 novembre 2014 DOMENICO PICCHINENNA, vescovo del Vaticano II 1. Breve nota biografica Nasce a Melfi, in Basilicata, il 26 dicembre 1912. Il 21 luglio 1935 riceve l’ordinazione sacerdotale. A 42 anni, il 2 luglio 1954, viene eletto arcivescovo di Acerenza e riceve la consacrazione episcopale il 7 ottobre successivo. Trasferito alla sede di Cosenza, il 4 settembre 1961, riceve la nomina ad arcivescovo coadiutore con diritto di successione dell’arcivescovo di Catania, Guido Luigi Bentivoglio, il 29 maggio 1971. Succede a questi il 16 luglio 1974. Presentata le dimissioni al compimento del 75° anno di età, resta in carica fino al 1 giugno 1988, quando viene nominato il successore, Luigi Bommarito. Il 22 luglio 1988 lascia la diocesi e si trasferisce a Roma, dove muore il 25 ottobre 2004. 2. Vescovo conciliare Di Picchinenna è ancora vivo nella nostra memoria il suo costante riferimento al concilio Vaticano II, al quale aveva partecipato in tutte le sessioni, il suo impegno per veicolare alla comunità diocesana una puntuale conoscenza dei singoli documenti conciliari, il suo stile pastorale improntato alle decisioni assunte dal concilio. Poco noti sono i suoi vota et consilia per la futura assise conciliare. Rispetto a risposte brevi e di scarni contenuti, pervenute da un certo numero di vescovi, Picchinenna si colloca fra coloro che inviarono un testo di media grandezza – 10 dense pagine a stampa nei volumi degli Acta synodalia – impregnate da un forte afflato pastorale. La lettura del testo, in particolare a quanti abbiamo avuto il privilegio di averlo conosciuto in modo diretto, fa rivivere sentimenti di gratitudine per il suo stile pastorale ed offre un corretto angolo di visuale per leggere il suo ministero episcopale. Gli argomenti da lui proposti, come egli stesso scrisse, facevano riferimento alla situazione italiana. Il testo, rigorosamente in lingua latina e da lui stesso redatto, come era solito fare in simili casi, dopo alcune proposte di carattere generale, è articolato in 13 paragrafi di questioni particolari, spesso accompagnate da esemplificazioni concrete. Tra le tematiche generali, propose: di riprendere e valorizzare i materiali del concilio Vaticano I, non confluiti nei due documenti emanati Dei Filius e Pastor aeternus; di valorizzare opportunamente i documenti pontifici, da Leone XIII a Pio XII soprattutto, per redigerne un’utile sintesi chiarificatrice di questioni dommatiche, bibliche, morali, liturgiche, pastorali, socio-politiche e relative al laicato cattolico; di rivedere il codice di diritto canonico, in sintonia con Giovanni XXIII. Per le questioni particolari, chiese che il concilio trattasse: della concessione di maggiori facoltà ai vescovi; di rivedere le regioni e le province ecclesiastiche, per coordinare meglio la pastorale; di rivedere i confini delle diocesi e prestare attenzione alla situazione spesso problematica delle piccole diocesi; di valutare la situazione dei vescovi anziani e ammalati che, per il bene Il temporeggiare segno di saggezza e di paternità delle anime, a suo parere si doveva risolvere con la rinunzia al governo della diocesi e, annotava, che lo Spirito Santo illumini la mente e la volontà mia e di tutti i vescovi a rimettere tempestivamente nelle mani del Sommo Pontefice il mandato apostolico; di prescrivere ai vescovi l’obbligo di redigere per tempo il proprio testamento, al fine di evitare qualsiasi genere di irregolarità dopo la loro morte; di mantenere ma riformare i capitoli delle cattedrali; di superare il concetto di parrocchia territoriale che, seppur valido, non è più adeguato ad alcune situazioni pastorali e, quindi, concedere ai vescovi il permesso di erigere parrocchie non territoriali così da venire meglio incontro alle nuove condizioni di vita dei fedeli, condizionate dalla mobilità umana e dalle attività lavorative; di abolire il con- pria diocesi, da considerare come propria famiglia e quindi come unica realtà di appartenenza; di permettere ai vescovi, se possibile, di venire incontro alle diocesi con clero insufficiente, concedendo ad tempus qualche ottimo sacerdote per provvedere al bene delle anime, poiché la Chiesa è cattolica; di non concedere facilmente il permesso di celebrare il sacramento del matrimonio ai preti che lasciano il sacerdozio, poiché si rischia di favorire il venir meno al dovere di resistere alle tentazioni e alle difficoltà; di rivedere il dovere del precetto pasquale, del digiuno e dell’astinenza; di adottare una maggiore chiarezza nella terminologia giuridica nei documenti legislativi della Chiesa, come pure nella concessione di facoltà e dispense. Tutte le proposte di Picchinenna non indugiano su questioni di carattere corso per la nomina dei parroci, così da valorizzare meglio il clero e tenere maggiormente in conto le ragioni pastorali nelle nomine; di rivedere il principio dell’inamovibilità dei parroci, e snellire l’eventuale processo amministrativo di rimozione, in vista del bene delle anime, principio che avrebbe dovuto sancire anche il dovere della rinunzia alla parrocchia da parte di parroci anziani e ammalati; di rivedere le esenzioni dei religiosi, ai quali ricordare che appartengono all’unico sacerdozio cattolico e sono parte dell’unica Chiesa, per cui sottometterli alla giurisdizione del vescovo in ciò che riguarda il culto pubblico e il ministero pastorale, pur mantenendo le peculiarità di ciascuno; di sollecitare la massima unione, quindi, fra vescovi e superiori religiosi; di adottare criteri più rigidi nel permettere nuove fondazioni di istituti religiosi, soprattutto femminili; di rivedere il diritto della Santa Sede (della Dataria Apostolica) di concedere certi benefici ecclesiastici; di emanare nuove norme, radicali e autorevoli, per una maggiore perequazione economica tra il clero; di mantenere il principio dell’incardinazione del clero nella pro- dottrinale. Hanno, piuttosto, un chiaro riferimento a precise situazioni pastorali, frutto del suo ministero di parroco a Melfi e di arcivescovo ad Acerenza, sostanziate dalla regola aurea della salus animarum suprema lex. In qualche modo queste proposte riflettono quel diffuso bisogno di concreto rinnovamento pastorale della Chiesa, per cui Giovanni XXIII ritenne di convocare il concilio non per ribadire la dottrina, recepita in ogni caso nella sua integralità, quanto per far compiere alla Chiesa un «balzo innanzi» (discorso Gaudet Mater Ecclesia). Meraviglia, tuttavia, che Picchinenna abbia chiesto in modo esplicito, come altri vescovi, che il concilio emanasse un nuovo Sillabo degli errori del mondo moderno da condannare, così come aveva fatto Pio IX nel 1864. A suo parere urgeva intervenire su gravi errori attorno alle verità della fede, ai costumi e alla disciplina del clero e del popolo cristiano, al culto, all’apostolato dei laici, all’attività socio-politica dei cristiani, ai rapporti tra Chiesa e società. Posso attestare, poiché in più occasioni ne parlò in modo accorato, che se ne rammaricava: “a con- cilio iniziato e, soprattutto dopo la sua conclusione, mai e poi mai avrei avanzato simile proposta!”. Ecco, Picchinenna appartiene a quella scia di vescovi che il Vaticano II ha convertito. A tal proposito Giuseppe Alberigo affermava che una nota caratterizzante la spiritualità del concilio è da individuarsi appunto nella conversione dei vescovi che vi parteciparono: si erano lasciati convertire dallo Spirito Santo al punto che, a concilio concluso, avevano assunto modelli teologici e pastorali diversi da quelli che avevano in precedenza. Rientrati, poi, nelle rispettive diocesi si sono generosamente spesi per favorire la recezione del Vaticano II. 3. Alcuni tratti del suo episcopato catanese Ne evidenzio tre che mi sembrano lo abbiano caratterizzato. a) Pacatezza e, se necessario, tempi lunghi nelle decisioni. Un prete lucano che lo conosceva bene, in servizio presso la Segreteria di Stato, mi disse: “don Domenico? … Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore!” A noi più giovani che invocavamo interventi immediati e decisioni rapide, soleva educarci con confidenze misurate e con espressioni del tipo: “eh! ma tu devi sapere che…”. Oppure, facendo appello alla sua proverbiale memoria: “ti ricordi che in quella circostanza, erano presenti (e giù i nomi dei presenti), ed è stato detto questo dal tale, quest’altro dal tal altro e dagli altri, ecc. … e allora non ti sembra che sia il caso di attendere…?” Il suo temporeggiare non era per nulla tentennamento, o mancanza di coraggio a decidere. Tutt’altro! Era la forma della sua saggezza e della sua paternità: la decisione finale, infatti, era quasi sempre la più idonea. Se l’attesa poteva dar luogo a sofferenze, a decisione assunta si comprendeva che forse se ne erano evitate di più gravi. Anche perché, lo sappiamo bene, il tempo dell’attesa era accompagnato da immancabili valutazioni di tutti gli aspetti in questione ma soprattutto da corrispondenti tempi lunghi di intensa preghiera. b) Il martirio della pazienza. Inutile disconoscere, ahimè!, perché in molti ne abbiamo ancora viva memoria, divisioni e conflitti fra gruppi del clero. Di chi teorizzava maggioranze e minoranze, e faceva la conta dei suoi e degli altri, in assemblee e riunioni del consiglio presbiterale. È noto che in una riunione ebbe il coraggio di inginocchiarsi davanti ad un prete e, piangendo per la sofferenza che gli procurava l’atteggiamento di questi, chiedergli perdono pur di ottenerne la concordia con gli altri. Egli era convinto che, prima della fine del suo episcopato, il cosiddetto “grup- pone” della maggioranza sarebbe divenuto un piccolo sparuto, seppur sempre indomito, gruppetto di poche unità: e così avvenne. Non sono mancati neppure alcuni confratelli che hanno ritenuto di denunziare l’arcivescovo alla Santa Sede. È stato un periodo di smisurata sofferenza per Picchinenna. La sua paterna pazienza lo ha portato a lasciare sempre aperta la porta del suo cuore e della sua stanza, per dialogare soprattutto con coloro che hanno assunto tale decisione. Al contempo, ha evitato ogni forma di asprezza e non ha mai alzato i toni dello scontro. Lui stesso scrisse la difesa dalle accuse e la Santa Sede la riconobbe giuridicamente ed ecclesialmente ineccepibile. Vittoria che non fece mai pesare sugli accusatori. In tale difficile situazione, decise di non nominare un vicario generale: preferì sobbarcarsi personalmente tutto il lavoro che avrebbe potuto delegargli pur di ottenere il bene della diocesi e, in particolare, la comunione tra il clero. Come non ricordare, inoltre, gli articoli pubblicati contro di lui dal quotidiano locale La Sicilia? Ai quali contribuirono con proprie dure dichiarazioni membri del clero e del laicato cattolico! A distanza di anni il giornalista che si prestò a tale operazione, nella giovanile età di chi si affacciava alla carriera giornalistica (in seguito si avviò a ben altra e più prestigiosa carriera), ebbe modo di dichiararmi il grave errore compiuto in quel caso e la strumentalizzazione di cui si sente tuttora vittima. A quegli articoli, da Picchinenna attentamente letti, non venne mai una reazione da lui che rifiutò, fin dall’inizio del suo arrivo a Catania, l’omaggio quotidiano del giornale e pagava puntualmente l’abbonamento annuale per sé e per la sorella. A proposito di La Sicilia, sia permesso ricordare anche un altro episodio. Al famoso messaggio sui mali della città di Catania (1984), a firma dell’arcivescovo, del vescovo ausiliare (Pio Vigo) e del consiglio presbiterale, fecero seguito numerosi interventi a commento di esso pubblicati dal giornale. Il capocronista del tempo mi disse che avrebbe gradito un intervento finale di Picchinenna per l’interpretazione corretta e ufficiale del messaggio. Con signorile fermezza Picchinenna mi incaricò di riferire che non era il caso - non senza le ire di chi aveva avanzato la richiesta: erano tempi in cui nessuno si permetteva dargli risposte negative - per evitare che si procedesse poi all’interpretazione dell’interpretazione, svilendo così la pregnanza del messaggio. c) Il respiro conciliare. Il deciso orientamento conciliare nella sua (segue a pagina 6) 6 Prospettive - 2 novembre 2014 SPECIALE PICCHINENNA (continua da pag. 5) IL TEMPOREGGIARE... prassi episcopale, lo abbiamo sperimentato in molteplici occasioni. Mi limito a segnalarne qualcuna. Fin dall’inizio del suo arrivo in diocesi, già da coadiutore dell’arcivescovo Bentivoglio, fu chiaro l’orientamento conciliare di Picchinenna. La vicenda della salutare crisi del nostro seminario, nel 1971-1972, fu da lui gestita con riferimento al “metodo conciliare”: coinvolgere tutti in gruppi di studio, lasciar parlare tutti, ascoltare pazientemente tutti e qualsiasi cosa ciascuno avesse da dire, moderare le asprezze, accettare con coraggio il rischio del futuro più che restare quietamente ancorato a forme ed usanze del passato, pervenire alla decisione nella preghiera. Le sue omelie – non oltre 20 minuti – sempre improntate alla Parola di Dio proclamata nella celebrazione liturgica. Non le scriveva e non ne ha mai letto. In ciascuna di esse non mancava mai il riferimento alle più recenti e sicure acquisizioni esegetiche. Ognuna di esse era impregnata dell’annunzio dell’amore e della misericordia di Dio e della sollecitazione alla conversione. Ad ogni giovane che entrava in seminario era solito dire: passa alla libreria dei Paolini e ti fai dare – provvedeva poi lui a saldare il conto - La Bibbia di Gerusalemme, i documenti del Vaticano II edizione Dehoniane, il volume unico della Liturgia delle Ore: tre compagni di vita, dalla forte valenza simbolica, con cui camminare fin dall’inizio dell’itinerario formativo al ministero presbiterale e non solo, alla vita cristiana. Le settimane di formazione permanente del clero, come molte assemblee diocesane, sono state improntate all’approfondimento dei documenti conciliari e delle tematiche dei convegni e dei documenti della CEI. Per la loro adeguata comprensione voleva che venissero relatori di prestigio, possibilmente protagonisti della loro stesura: il Bollettino ecclesiastico del tempo ne è testimonianza. In un periodo in cui l’aria del Vaticano II spirava forte verso innovazioni pastorali, radicate in special modo nelle quattro costituzioni conciliari, Picchinenna ha favorito la sperimentazione di nuovi modelli pastorali. Pur se distanti dalla sua formazione e dalle sue precedenti esperienze di parroco e di arcivescovo, lasciava libertà di iniziativa, seguendone e sostenendone gli sviluppi. Il rinnovamento, avviatosi negli ultimi anni di Bentivoglio, con Picchinenna poté esprimersi in una coraggiosa e intelligente lettura dei segni dei tempi, in grado di coniugare l’evangelizzazione con la promozione umana. Libertà di nuovi modelli parrocchiali poterono così aversi nelle parrocchie Santi Pietro e Paolo, al Pigno, al Villaggio Sant’Agata, al Crocifisso della Buona Morte, solo per citarne alcune. Allo stesso modo, si rendeva frequentemente presente in gruppi giovanili parrocchiali e non, lasciando a casa il fidato autista, sig. Carmelo Morales (per tutti: don Carmelo) e la mitica Fiat 128 per farsi prendere e accompagnare da giovani anche con non sempre perfette Fiat 500. In tema di nuovi modelli pastorali, un particolare interesse mostrò per movimenti, gruppi, associazioni. Pur restando affettivamente legato all’Azione Cattolica, diede spazio e seppe valorizzare realtà nuove come il movimento di Comunione e Liberazione, i Neocatecumenali, il Rinno- con decisione la berretta dalla testa – come soleva fare in simili casi per marcare l’importanza di quanto stava per dire - per rispondere ad una prassi pastorale un po’ strana espressa da un venerando confratello. Si potrebbe continuare a far memoria vamento nello Spirito, l’Agesci, i Focolarini, le comunità di base e Chiesa Mondo, solo per citarne alcuni. Più volte convocò tutti ad un’annuale assemblea (al Cinema Golden, sul lungomare della città, nella zona del Rotolo) per conoscersi, dialogare, individuare forme di collaborazione, crescere e camminare in comunione a servizio della Chiesa locale: In aedificationem corporis Christi (il suo motto episcopale). Nondimeno, rimase scrupoloso e tuziorista, come definì se stesso, in una assemblea di clero, togliendosi di aneddoti e di gesti concreti da evidenziare. Può tutto riannodarsi: nella semplicità delle relazioni umane, per cui tutti avevano accesso diretto alla sua stanzetta di ricevimento e ciascuno sapeva e sperimentava di stargli sinceramente e affettuosamente a cuore; nella fiducia e nell’incoraggiamento con cui accompagnava in special modo i preti giovani, e non ci si sentiva soli o abbandonati, soprattutto quando affidava incarichi pastorali rilevanti; nello stile di vita povero, sostanziato da grande generosità silenziosa e verso chiunque; nella carità espressa anche verso i detenuti del carcere che, in silenzio, si recava da solo a visitare; nell’intensa vita spirituale, alimentata da una costante preghiera, in special modo la liturgia delle ore e la recita del rosario; nella vasta cultura, mai ostentata, frutto di letture attente e poliedriche, come dell’abbonamento annuo a numerose riviste di differente orientamento culturale, e di cui è testimonianza la biblioteca personale lasciata in eredità alla Biblioteca del Seminario arcivescovile; forte senso delle istituzioni, ecclesiastiche e civili, rispettate con spirito di servizio e fedeltà. Non è stato certamente privo di limiti. Non sono certamente mancate difficoltà. La personale filiale devozione nei suoi confronti non mi consente di saperli individuare con obbiettività. Un solo aspetto forse è doveroso evidenziare: un certo mancato coinvolgimento diretto nei problemi sociali, una assenza formale dalle questioni e dalle problematiche vissute dalla città; una certa ritrosia alle manifestazioni pubbliche, salvo che non fossero cerimonie ufficiali. Ciò, tuttavia, non gli ha impedito di sollecitare e sostenere l’impegno sociale e politico di molti laici cattolici. Verrebbe da concludere con quella espressione di genuina meraviglia, che spesso accompagnava il dialogo personale con lui, come i suoi interventi pubblici, e si apriva alla lode al Signore per magnificarne le opere, la bontà e la misericordia: «quante cose! quante cose! quante cose!». Grazie, Eccellenza!! Gaetano Zito 7 Prospettive - 2 novembre 2014 SPECIALE PICCHINENNA Il Vescovo che aveva scolpito nella memoria ogni persona conosciuta Un amore disinteressato per Catania ccellenza reverendissima, presbiteri e fratelli della Chiesa di Catania, con commozione ho accettato l’invito a ricordare Mons. Domenico Picchinenna e nella consapevolezza di non esserne affatto degno né di avere titoli particolari rispetto ai tanti autorevoli laici che hanno conosciuto, stimato ed amato mons. Picchinenna e – lo dico subito – ne sono stati amati, incoraggiati a proseguire nel loro lavoro e ad impegnarsi a “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (L.G. 31). Come molti della mia generazione ho conosciuto mons. Picchinenna già quando venne ausiliario a Catania, con quella strana dicitura di “erede”, che però rimandava già alla successione apostolica e quindi all’essere il pastore di questa Chiesa catanese. Erano gli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II, e sembrava che quel sacerdote – di corporatura piuttosto minuta – fosse l’espressione vivente del Concilio. Ho frequentato Picchinenna sino agli ultimi mesi della Sua vita terrena, andandolo a trovare al San Giuseppe di Roma, per assistere alla Sua messa, per raccontargli le mie esperienze di lavoro, per presentargli Anna Maria prima del nostro matrimonio, per sentire da Lui confidenze e ricevere sempre appassionato conforto. Come quando, nella mia ultima visita a Roma (era stato da poco nominato Mons. Gristina arcivescovo a Catania), mi raccontò del loro incontro in un viaggio appunto verso Catania. Fu, tra l’altro, la prima ed unica volta in cui si aprì al racconto della sua esperienza di malattia, con serenità e semplicità, da Padre. Ma questa esperienza è comune a tanti della mia generazione: ai fedeli che Picchinenna ha seguito, ai ragazzi che ha incoraggiato, a quelli di cui ha benedetto le nozze, ai lavoratori ed ai professionisti, ai politici che ha ispirato, nella distinzione tra i campi, ma anche nella fermezza delle posizioni riguardo alla questione morale come la difesa dei principi. Alla mia generazione Picchinenna apparve come un Maestro, un Pastore ed un Profeta (anche qui il richiamo è a L.G. 31) di grande respiro. I laici – tutti i laici - lo hanno amato e ne sono stati amati, talvolta forse più dei presbiteri. Ne sono prova le vocazioni adulte di quel periodo, espressioni quanto mai significative di quell’evangelizzazione per testimonianza che si richiede al cristiano e sulla quale il cristiano medesimo è giudicato. I Suoi successori nell’episcopato hanno rinvenuto una Chiesa catanese che affonda le sue radici in quel periodo temporale e che con Picchinenna si è formata. Ricordo qui alcuni tratti della Sua personalità. Innanzitutto, la Sua attenzione per ogni persona: Picchinenna era proverbiale nel ricordare le condizioni di ognuno, la rete di relazione, lo stato di salute, e nell’informarsi su ciascuno. Molti hanno fatto l’esperienza di incontrarLo nel piccolo corridoio E dell’Episcopio. Possiamo fermare quell’immagine: Picchinenna che ci correva addosso con gioia e con entusiasmo, ma si fermava un attimo prima di travolgerci; in quella distanza fisica sta il suo modo di rispettare la nostra persona, di lasciarci autonomi nelle nostre scelte e nel nostro lavoro, nelle nostre responsabilità, e nel nostro campo. Per noi laici tale rispetto delle competenze è fondamentale: “Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici” (L.G. 31); “I fedeli perciò devono riconoscere la natura profonda di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode corso da continuare, ma Picchinenna era con noi, non per sostituirci, ma per confortarci. Si collegano a ciò altri profili: Picchinenna conosceva tutti, nel senso che conosceva politici, giornalisti delle testate nazionali, i pastori delle altre Chiese, e ne era conosciuto e stimato. Quando andavo in giro per convegni mi presentavo come “ragazzo di Picchinnenna” e facevo da corriere per saluti che andavano da nord a sud dell’Italia. Picchinenna era umile e semplice, ma non era affatto provinciale, e dava alla Sua Chiesa quest’impronta di interesse per l’universale. di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari, affinché il mondo si impregni dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compimento universale [dell’ufficio di perseguire la giustizia, la carità e la pace] i laici hanno il posto di primo piano” (L.G. 36). Da qui il carattere a volte esclusivo della competenza laicale. E Picchinenna tale competenza la riconosceva, che si trattasse del campo medico e scientifico, come del campo culturale, come di quello politico. La memoria di Picchinenna: si notava subito che non era curiosità, ma era attenzione ed affetto alle persone, era partecipazione ed affetto alla Chiesa, a questa Chiesa particolare, come a quella universale. Quando Picchinenna a noi ragazzi parlava delle notizie tratte dall’Annuario Pontificio, o quando ci ricordava episodi del passato, specie di quello ecclesiale, ci mostrava il Suo grande affetto per la Chiesa e ci faceva sentire parte di quel mondo e di quella esperienza. La memoria – da fenomeno personale – si faceva istituto sociale, si faceva memoria collettiva, si faceva Storia, fatta di cronache individuali e di movimenti collettivi, di pesi e di assunzioni di responsabilità, dell’insegnamento del passato per l’impegno nel presente e per preparare il futuro. Per noi ragazzi era la Scuola di formazione: non eravamo soli, facevamo parte di una Storia, ne avevamo i carichi ed i meriti, avevamo un per- Un esempio: spesso dopo i convegni della Cei si organizzava in diocesi a Catania qualche incontro per informare, diffondere ma anche per rilanciare il confronto. Erano gli anni del post-concilio, che hanno segnato la nostra formazione. Della riscoperta dei laici si è detto, ma subito dopo va ricordata – perché per alcuni versi ne è un portato – la distinzione tra ambito religioso ed ambito politico. La c.d. “scelta religiosa” – cioè la fine di ogni collateralismo automatico – non fu propria della sola Azione Cattolica, ma di tutta la Chiesa italiana, sia perché negli anni ’70 erano venute meno le condizioni del 1948, ed allora la Chiesa si proponeva come Maestra di tutti, sia perché – in termini teologici – proprio la valorizzazione del ruolo dei laici portava all’accettazione delle loro differenze anche in ambito politico. Di tale scelta religiosa di tutta la Chiesa Picchinenna fu autentico interprete. Ha sostenuto molte voca- zioni laicali in politica, ma non si è sovrapposto a creare la rete o il partito del Vescovo, o a costituire gli uomini del Vescovo, perché ciò avrebbe avuto un effetto escludente e niente affatto integrante per gli altri: un effetto antiecclesiale per definizione, tutto il contrario della coscienza pastorale del Vescovo. Picchinenna, invece, incoraggiava e consolava, sosteneva e pregava per tutti. Rilevo che il Gesù che prega per gli apostoli (Gv, 17) è lo stesso che manda lo Spirito consolatore (Gv, 14,26). Picchinenna era tale per tanti laici di questa città. Al Concilio si deve anche la primavera della Chiesa costituita dal fiorire e dallo svilupparsi dei movimenti e delle più varie forme di comunità: per la presenza e la ricca attività di tanti movimenti Catania ha visto la primavera della Chiesa, ne ha visto il raccolto e continua a vederlo. Picchinenna è stato lievito in molte di queste esperienze: si, il lievito che aiuta la pasta a diventare pane. L’Arcivescovo era con tutti e di tutti, mai di qualcuno in maniera esclusiva. Anzi, ha costituito lo strumento di comunicazione tra i vari movimenti. Io posso testimoniare che tramite Picchinnenna ho incontrato e conosciuto amici di altre esperienze ecclesiali. Ognuno di noi restava ciò che era, con la sua spiritualità ed i suoi carismi; ma l’Arcivescovo ci mostrava che la nostra esperienza era pur sempre limitata e non poteva essere esclusiva all’interno della Chiesa. I “ragazzi di Picchinenna” stavano nei diversi movimenti, erano aiutati a restare ciò che erano, ed anzi a svilupparlo meglio, ma nell’Arcivescovo trovavano la chiave per aprirsi al mondo ed agli altri. Tanti laici delle più diverse esperienze ecclesiali hanno avuto la gioia di accogliersi reciprocamente e di essere accolti nel comune riconoscimento del Pastore. Questa era una grande grazia in Picchinenna: del Concilio - e più in generale del messaggio evangelico – l’Arcivescovo esprimeva ed incarnava la dimensione dell’apertura, della gioia e dell’accoglienza, la dimensione della positività. Uomo semplice, ma non depresso, Picchinenna vedeva nel fluire degli eventi la mano provvidenziale di Dio. Quante volte, a villa San Giuseppe, quando raccontava di fatti e di persone, magnificava Dio con un’espressione che molti ricordano e che è parafrasi appunto del Magnificat, “quante cose buone e belle ha fatto il Signore!”. Picchinenna amava la Chiesa, amava il mondo, giacché esso è creatura di Dio (“siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”, L.G.1), amava questa città di Catania. Mi stupisce tuttora che un lucano, già parroco e vescovo in quella regione, poi a Cosenza, sia rimasto e passerà come colui (insieme alla sorella Santina) innamorato di questa Catania. Diciamolo pure: per classi dirigenti interessate più alla conquista personale che alla crescita comunitaria spesso Catania è stata ed è terra di occupazione sotto il versante economico, come sotto quello politico, come sotto quello sociale. Picchinenna ha servito questa città, senza chiedere né ottenere qualcosa. Un amore assolutamente disinteressato, sino al punto di pensare con serenità al giorno in cui sarebbe stato accolto nella cripta di questo Duomo. Un uomo rimasto solo in ambito familiare e talvolta anche in quello ecclesiale: un uomo provato come l’argento nel crogiolo, che è l’immagine su cui la Bibbia insiste a proposito del Servo di Dio. Picchinenna aveva scelto come motto del Suo episcopato l’espressione “in aedificationem corporis Christi”, piccolo muratore che costruisce la Chiesa di Cristo, una Chiesa che opera nella storia e che assume il volto delle donne e degli uomini, dei ragazzi e degli adulti, del presente. Un motto dichiaratamente conciliare, anzi più a monte pienamente ecclesiale, ma se la Chiesa è “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (L.G.1), allora il servizio si è fatto per l’intero genere umano, il servizio si è prestato all’uomo, nella sua concretezza ed in pienezza; il servizio si è reso a questa Chiesa ed a questa città di Catania che Egli amava. Ho inserito nel motto il verbo realizzare e l’ho declinato al passato, perché Picchinenna ha realizzato il Suo motto episcopale: l’edificazione è avvenuta. Noi? noi dovremmo essere in grado di ricambiare questo amore. Zio Mimmo, Tu meritavi parole migliori da un più degno testimone. Nella comunione dei Santi prega per noi, come noi preghiamo per Te. Grazie per tutto quanto ci hai dato. Agatino Cariola 8 Prospettive - 2 novembre 2014 Verso la X Giornata Sociale diocesana urante il percorso compiuto nelle scorse giornate sociali diocesane, sin dal 2005, l’Ufficio per i problemi sociali, cercando di rispondere alle sfide di questi nostri tempi di crisi, ha affrontato la questione della legalità connessa con la crisi economica. Si tratta di un tema con il quale, purtroppo, i cittadini di questo Paese si confrontano ogni giorno. E infatti, non c’è telegiornale nazionale o locale che, tra le sue notizie, non riporti quotidianamente casi di corruzione, che toccano tutte le classi sociali: dagli imprenditori e da uomini delle forze dell’ordine ai magistrati, dai professionisti ai politici ecc. Già nel marzo 1980, I. Calvino pubblicava il racconto breve “Apologia sull’onestà nel paese dei corrotti”. Questo scritto è ancora tristemente attuale poiché rispecchia molti stili e comportamenti personali, istituzionali e sociali, lontani dall’etica e dalla legalità, che tuttavia la maggior parte delle persone ritiene “normale”. Ed è stato, in particolare, durante la sesta giornata sociale del 2010, che, partendo dal documento della CEI “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, è stato sottolineato che la crisi che attanaglia il nostro Paese è soprattutto etica e antropologica, e pertanto occorre un forte richiamo alla società civile, per superare indifferenze e individualismi, che caratterizzano il nostro tempo e per avviare un percorso di rinnovamento etico sia a livello personale che comunitario. A tal proposito ci sembra interessante riprendere il pensiero di un prete del Sud, Antonio Genovesi, vissuto nel XVIII secolo, primo cattedratico di economia politica all’Università Federico II di Napoli. L’abate Genovesi osserva che non può esistere un autentico benessere della società civile, senza etica. Egli scrive: “Sopra tutto sono ostinato nel credere non vi potere essere economia, né politica, né arte, né industria, né nulla di bene, dove non vi sia una soda e rischiarata virtù”. Ma il nostro arri- D L’ETICA il motore del benessere della società Foto di archivio va anche a dire che la stessa virtù non può radicarsi nella società senza il supporto di una seria cultura della legalità, che a sua volta deve essere alimentata dalla prassi costante della buona politica. Infatti la virtù non può “allignare, dove non sieno delle buone leggi, e rigidamente osservate”. Queste sono le condizioni necessarie affinché ogni società possa ragionevolmente programmare il suo vero sviluppo economico: vita morale, legalità, sana politica. E Genovesi ribadisce: “È inutile di pensare ad arte, a commercio, a governo, se non si pensa a riformar la morale”. Bisogna, pertanto, prendersi cura della radice del male, perché senza la riscoperta e la riappropriazione dei valori morali, sia l’economia come la politica sono destinate al fallimento: “Non v’è niente di più vero nelle cose umane, quanto questa Massima: ogni politica, ogni economia, Ufficio Pastorale della Salute e Ufficio Liturgico Corso per nuovi ministri straordinari della distribuzione della S. Comunione e volontari operanti nel settore della salute Sabato 8 Novembre La malattia nel AT e nel NT. (Don Giuseppe Bellia) Sabato 22 Novembre I sacramenti di guarigione. (Don Giovambattista Zappalà) Domenica 9 Novembre L’approccio al malato e la relazione d’aiuto. (Dott.ssa M.C. Monea) Domenica 23 Novembre La Celebrazione Eucaristica. (Don Vincenzo Branchina) Sabato 15 Novembre La malattia e la sofferenza nel magistero della Chiesa. (Don Nunzio Capizzi) Il ministero della consolazione: un cappellano si racconta .(Don Giuseppe Maieli) Domenica 16 Novembre La Pastorale della salute: breve exursus storico ed orientamenti e note della CEI. Le Cappellanie Ospedaliere: nuove frontiere per una pastorale della salute. (Don Mario Torracca) I Ministeri nella Chiesa (Don Pasquale Munzone) Sabato 29 Novembre I compiti specifici del ministero straordinario della distribuzione della S.Comunione. (Don Giovambattista Zappalà) Domenica 30 Novembre Il ministro straordinario della distribuzione della S.Comunione a servizio della fragilità umana, alla luce dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco. (Don Pietro Longo) che non è fondata sulla giustizia, sulla virtù e sull’onore, distrugge sé medesima”. E infatti, “dove le leggi non hanno vigore, e dove i delitti di fede pubblica non sono rigorosamente repressi” non è difficile trovare molti uomini malvagi, “i quali amino vivere a spese altrui”, approfittando di questa condizione di debolezza o di corruzione delle istituzioni pubbliche. Su questa linea troviamo le riflessioni di un nostro grande conterraneo, Don Luigi Sturzo: “Il rigido mantenimento dell’ordine morale in economia, per evitare o colpire frodi, appropriazioni indebite, falsi, imbrogli e simili servirà non solo a vantaggio di singoli, ma anche all’equilibrio economico della società. I vantaggi dell’ordine morale si riversano nell’ordine economico, e viceversa, in larga reciprocità”. Notazioni queste, che dovrebbero essere recepite da coloro che hanno responsabilità politiche e amministrative, e che hanno a cuore il bene comune della società. La carenza di legalità, che si manifesta in molti modi: dall’evasione o elusione fiscale, dalla richiesta di tangenti o del pizzo mafioso (“vivere a spese altrui”), al pretendere di farla franca aggirando le leggi, dalla sfibrante lentezza della giustizia all’incertezza della pena, dalla mancanza di sicurezza delle nostre città alla burocrazia elefantiaca e corrotta, scoraggia e paralizza lo spirito imprenditoriale e il commercio. Questi molteplici elementi sfilacciano la convivenza civile e congelano lo sviluppo economico, inchiodando il nostro Paese sul piano dell’arretratezza e di una povertà sempre più diffusa. Esperti americani di “business location”, addetti, cioè, a selezionare i Paesi in cui è più conveniente fare investimenti, da qualche anno a questa parte, hanno escluso l’Italia da questi circuiti, soprattutto a causa della burocrazia, della corruzione, e di una lenta giustizia civile e penale. Nel pieno vortice della nostra crisi economica, con i continui allarmi per la recessione, in una società, come la nostra, dove il malaffare e l’illegalità trovano sempre la comprensione del cosiddetto buon senso dei più, dove si arriva a giustificare il malcostume delle tangenti e delle mazzette, come strada obbligata per concludere affari, credo che l’impianto etico-economico di Genovesi e di Sturzo, ripreso ai nostri giorni dalla scuola dell’economia civile (con Zamagni, Bruni, Becchetti) possa offrire, ancora oggi, valide indicazioni per una rigenerazione della vita sociale. Piero Sapienza Notizie in breve dal 3 al 9 novembre Dall’Agenda dell’Arcivescovo Lunedì 3 – Venerdì 7 • Assisi, S. Maria degli Angeli: insieme ad un gruppo di Sacerdoti diocesani prende parte ad un corso di esercizi spirituali guidati da Don Nello Dell’Agli. Sabato 8 • Lavoro interno per la Visita pastorale. Domenica 9 • Ore 9.30 San Gregorio, parrocchia S. Maria degli Ammalati: Visita pastorale. • Ore 17.00 Catania, Istituto Cirino La Rosa: celebra la S. Messa in occasione del ritiro regionale della Comunità Gesù Risorto. Ufficio per la Pastorale della famiglia Convegno Diocesano “Il Sinodo sulla famiglia” Carissimi Sposi, Sacerdoti, Movimenti, Associazioni e Operatori di pastorale familiare, come già preannunciato, con grande gioia desideriamo invitarvi al Convegno Diocesano che ha come tema “Il Sinodo sulla famiglia: sfide pastorali tra attese e speranze”. Tale evento avrà come relatore Don Francesco Pilloni, direttore del Centro diocesano di Pastorale Familiare di Verona, e si svolgerà Domenica 16 Novembre p.v. presso l’Oratorio Salesiano di San Gregorio di Catania. L’Assemblea Sinodale Straordinaria appena conclusa interpella e provoca tutti noi ad aprirci a quanto lo Spirito Santo sta suscitando nella Chiesa universale per la famiglia. Si apre ora un anno che, fra attese e speranze, ci condurrà all’Assemblea Ordinaria dell’Ottobre 2015. Nostro intento, pertanto, è quello di vivere insieme un momento per confrontarci su quanto emerso da questa prima Assembla e sulle ricadute nella nostra attività per e con le famiglie della nostra Diocesi. Tale evento sarà coronato anche dalla presenza del nostro Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina che presiederà la Celebrazione Eucaristica a conclusione dei lavori. In attesa di poterci presto incontrare, vi abbracciamo in Cristo. Don Salvatore Bucolo con Rosetta e Giorgio Amantia e l’équipe dell’Ufficio per la Pastorale della Famiglia 9 Prospettive - 2 novembre 2014 DIOCESI Studio Teologico San Paolo Servizio di bioetica “Dott. Angelo Cafaro” Le parole non fermano i fiumi in piena egli anni ’50 del secolo scorso sulla metafora che ad un battito d’ali di una farfalla, dall’altra parte del mondo, potesse corrispondere un uragano si cominciarono a costruire modelli matematici sull’errore delle misurazioni e la verifica dell’incertezza dei sistemi di rilevamento si tradusse in varie manifestazioni di tipo culturale (letterarie, cinematografiche, ecc.). Un percorso al limite tra il romantico e il positivista, cui oggi guardiamo con il disincanto di chi ha assistito all’inesorabile protervia dell’uomo a confrontarsi con l’ovvio e il naturale sul piano dialettico e a tralasciare tutto quello che può costituire rispetto per l’ecosistema, per la natura in sé, di cui l’uomo è sostanziato: natura egli stesso. Fiumi di parole e di immagini, dibattiti, ecologisti, fisici e matematici a confronto, congressi, conferenze ed accordi sulle misure di rispetto climatico hanno prodotto e continuano a produrre solo indifferenza. E i fiu- N mi, quelli veri, straripano come nel secolo scorso, producendo ancora più danni e tragedie che pare siano rassegnate al loro racconto, senza il benchè minimo insegnamento. È come se la natura avesse deciso, anch’essa, di raccontarsi, di apparire svuotandosi del suo essere. Questa alla fine è l’interpretazione plausibile che l’atteggiamento della società “civile” sciorina quotidianamente nelle sue rappresentazioni comunicative con l’ostentazione colpevole che la crisi economica rende difficile, oggi, riallineare gli interventi oltre una banale e superficiale riparazione transitoria del danno ecologico. Fuori dall’intenzione a rimuoverne le cause. Come se quella stessa economia non fosse stata l’artefice di tanta improvvida conseguenza. Riprendendo la metafora del battito d’ali della farfalla c’è da pensare che magari si sia trovato il modo di controllarle quelle farfalle, di farle muovere in sintonia con gli interessi di chi può arricchirsi con gli uragani di chi può “utilizzare” le cosiddette sventure come le povertà. Una sensazione, questa, che guadagna il terreno dell’inesorabilità. Come nel medioevo si apprezzava, nell’impotenza di arginare le sue forze, la natura, oggi il senso dell’inesorabile si riversa sul controllo delle forze economiche che orientano, a piacimento utilitaristico, il disastro ambientale. Ci chiediamo dove sia il risentimento per questo modo innaturale di sopravvivere. Dove possa corrispondere ad esso una qualche azione, piuttosto che una continua e reiterata abilità di analisi fine a se stessa, anzi fine a perpetrare la continuità degli interessi economici e le velleità di sfruttamento dei bisogni che sono tipici di una società senza il senso della politica. Ecco, abbiamo trovato il modo di sorridere, di ironizzare sulle nostre incongruenze, sui nostri difetti, senza pensare più che le incongruità e difetti hanno determinato e continuano a determinare effetti disastrosi per la nostra sopravvivenza e vanno corretti con la serietà di interventi che solo in apparenza possono conside- rarsi antieconomici. Non è difficile prevedere che permanendo così la considerazione del bene comune si privilegia il bene di pochi e si consente di strumentalizzare il malessere ed il bisogno di tutti gli altri. Non è difficile prevedere che le farfalle, costrette al movimento innaturale delle loro ali, soccomberanno, come soccombe l’impegno sociale dell’uomo. E nel frattempo, fuor di metafora, qualcuno di quei “pochi” avrà trovato il modo per scatenare altri uragani utili, altre povertà fruttifere, altre epidemie spaventevoli, altri guadagni incongrui al benessere sociale. Santo Fortunato Servizio di bioetica “Dott. Angelo Cafaro”, Studio Teologico San Paolo Al Museo Diocesano conferenza sul tema: “Immigrazione, cosa fare? Riflessioni e proposte pastorali” “La fine di Mare Nostrum porterà a nuovi morti e nuove stragi”. Lo ha detto Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana, a margine della conferenza che si è svolta al Museo Diocesano di Catania sul tema: “Immigrazione, cosa fare? Riflessioni e proposte pastorali”. L’incontro è stato promosso dalla Caritas diocesana diretta da don Piero Galvano, in collaborazione con l’Ufficio Migrantes diretto dal diacono don Giuseppe Cannizzo. Si è trattato di un dibattito che ha fatto chiarezza sulla complessità del recente fenomeno migratorio a poche settimane dalla fine dell’operazione umanitaria e militare Mare Nostrum. In apertura Don Piero Galvano, prendendo spunto dal Messaggio per la 100ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014 di Papa Francesco, ha ribadito l’importanza dell’accoglienza nella recente emergenza sbarchi sollecitando un’attenzione maggiore verso coloro che portano sulle spalle il peso di un destino tragico. Dello stesso avviso, il direttore della Migrantes diocesana che ha ricordato come nel culmine dell’emergenza, Caritas e Migrantes, hanno cooperato insieme per soddisfare al meglio le primissime necessità dei migranti giunti in questi mesi nel capoluogo etneo. Dopo gli interventi dei due direttori, Oliviero Forti, ha preso la parola, ricordando all’assemblea che il fenomeno delle migrazioni coinvolge tutti, senza distinzione di ruoli e compiti: “Lavorando all’Ufficio Nazionale, da più di 15 anni, quando mi viene detto quali sono le risposte pastorali, io ribadisco che le vere risposte vengono date da coloro che operano sul territorio e Caritas e Migrantes ne sono una testimonianza concreta”. Passando alla stretta attualità continua: “A un anno dalla tragedia di Lampedusa in cui persero la vita centinaia di migranti, sono stati salvati 150mila migranti tra uomini, donne e bambini, ma dal 1° novembre con il passaggio all’operazione Triton si rischiano più morti e nuove stragi lungo le rotte del Mediterraneo”. La nuova operazione congiunta di Frontex nel Mediterraneo, di fatto, permetterà il pattugliamento delle frontiere a 30 miglia dall’Italia ma non garantirà interventi umanitari di ricerca e soccorso. Questo uno dei punti chiave dell’intervento di Forti che ha cercato di mettere ordine ad un flusso di informazioni distorte alla luce di una situazione internazionale in profon- paese d’origine restano solo macerie. Accade per le cosiddette frontiere esterne dell’Europa, come Ucraina, Siria, Iran, Libano e Palestina dalle quali proviene tanta umanità in fuga. E poi la grande migrazione sub-sahariana. “Chi arriva in Italia, chi ha la possibilità di arrivare in questo Paese – continua Oliviero Forti - deve avere delle risorse uma- da evoluzione e in costante mutamento. “Se non si comprende questo non si capisce perché i numeri delle persone che si rivolgono all’Help Center della Caritas aumentano a vista d’occhio”. Da dove provengono i migranti? Nel 2014 hanno raggiunto l’Italia in maggioranza siriani ed eritrei: “Parliamo di persone che sono state private di tutto, che richiedono protezione internazionale, non semplici migranti, persone che decidono di lasciare casa perché del loro no-culturali non indifferenti, non solo risorse economiche. Si devono parlare le lingue, non stupisca che chi arriva da noi, poi parla tre-quattro lingue. Devono godere di buona salute, per affrontare mesi e mesi di deserto. Chi ha la febbre non si fa mesi di deserto. Basta un po’ di buon senso per capire che questo è un modo per strumentalizzare l’emergenza sbarchi. Chi non è forte o è affetto da qualche malattia non c’è la fa ad arrivare perché il tragitto è Da Mare Nostrum a Triton: torna il rischio stragi cosi lungo che bisogna essere in buona salute. Parole che sgomberano ogni equivoco sulla possibilità remota che dall’Africa i migranti siano portatori di malattie infettive. Ma, prosegue il responsabile di Caritas Italiana: “Solo una piccola percentuale di milioni di migranti in fuga che poi arriva in Sicilia - sottolinea Forti – e nessuno può permettersi di dire che queste persone destabilizzano il mercato del lavoro italiano, perché sono persone private essenzialmente di tutto”. Emblematico, guardano con più attenzione al fenomeno, il caso della Siria, da più di tre anni paese fantasma in guerra permanente. La Sicilia, si trova in mezzo, ed è uno dei punti d’approdo privilegiati per molti migranti che sperano di arrivare nel Nord Europa. Molti passano dalla Libia che rappresenta un ‘vero buco nero’: “In Libia la situazione è fuori controllo. E in questa situazione stanno facendo fortuna i trafficanti di essere umani. Per molti non c’è alternativa. Il paese libico è l’unica soluzione per cercare di arrivare in Italia”. Ma non c’è solo la nostra isola ad accogliere i migranti. La Grecia è un’altra porta verso l’Europa. Ma per chi proviene dall’est asiatico non è facile entrare sul territorio ellenico per via delle rigide politiche di respingimento. Altro caso, è rappresentato dalle enclavi (regioni interamente comprese all’interno di uno Stato, che però appartengono ad a un altro Paese) spagnole di Ceuta e Melilla in Marocco dove ogni anno migliaia di africani cercano di raggiungere l’Europa, arrivando fino al recinto fortificato che separa il Marocco in attesa di oltrepassare la recinzione. Ma oltre ad esporre i dati sul numero di sbarchi che ha superato il record delle primavere arabe del 2011, la conferenza è stata l’occasione per sfatare vecchi e nuovi pregiudizi. Su tutti, l’equivoco legato ai costi sostenuti per il mantenimento di ogni singolo migrante: “Lo Stato paga 900 euro per il loro sostentamento, ma non si tratta di somme che vengono erogate direttamente ai migranti, a loro spetta solo vitto, alloggio e un pocket money di circa 2,50 euro al giorno”. Niente soldi in contanti o quant’altro di fantasioso che è facile leggere in rete. Altro aspetto fondamentale che ha ricordato Forti è la necessità di rispettare i diritti umani di tutti, dei migranti e degli stessi italiani: “Non possiamo abbassare la guardia sui diritti umani e dire tanto siamo messi male noi, accontentiamoli come possiamo i migranti che arrivano. Questo ragionamento non può essere un alibi. Questo è un pericoloso vicolo cieco. Se oggi tocca a loro, domani toccherà a noi. Perché il giorno in cui andrete a fare un lavoro qualsiasi esso sia, come barista, da commessa, e vi offriranno 300 euro al mese perché tanto c’è la crisi, allora in questo caso abbiamo perso tutti. ” Al termine della conferenza, Don Piero Galvano, direttore Caritas Catania, ha ribadito la volontà di rinsaldare la rete di collaborazione tra associazioni e istituzioni attraverso una proficua comunicazione che rimetta al centro l’immigrato come persona e non come oggetto. ® 10 Prospettive - 2 novembre 2014 DIOCESI Riflessioni sul Vangelo OLTRE LA MORTE COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI - Gb19,1.23-27a; Sal 26/27,1.4.7-9.13-14; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40 La dichiarazione di Giobbe è una risposta a degli amici che volevano convincerlo della sua colpevolezza. Egli manifesta il desiderio che le sue parole siano scritte e fissate in un libro, impresse con stilo di ferro e con piombo, incise sulla roccia in maniera indelebile: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo si ergerà sulla polvere. Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò. Io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Afferma così la sua certezza di potere vedere Dio, liberato dalla pesantezza della sua materialità. Paolo spiega ancor meglio che “questa speranza non delude perché è stato riversato nei nostri cuori l’amore di Dio per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Questo amore di Dio è tanto grande da confermarlo:“mentre noi eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi”. Lo stato di peccato ci metteva in stato di inimicizia con Dio e in questo stato Dio ci ha amati.A maggior ragione ci ama ora che siamo stati giustificati nel sangue del Figlio. Se “da nemici a causa del peccato siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”. Non solo salvati, ma possiamo anche gloriarci pure in Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. E non solo gloriarci in Dio, ma abbiamo anche la possibilità di ottenere la riconciliazione con Dio tramite Gesù. La nostra vita in Dio è articolata dal suo amore che ci riconcilia con lui e dalla possibilità di partecipare alla sua gloria per mezzo di Gesù. La garanzia di questo rapporto è data dalla dichiarazione di Gesù che tutto quello che verrà a lui non sarà cacciato fuori perché è disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella dl Padre. Questa è la volontà del Padre: “ … che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”. Quindi non solo nessuno viene cacciato di quanto verrà a Gesù, ma deve essere risuscitato perché stia in eterno con Dio. La destinazione finale è Dio e l’eternità con Lui. È certamente un mistero ma ha un senso per la nostra vita e una certezza: fra l’altro ribadisce ancora una volta: “Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Leone Calambrogio San Paolo in briciole Il valore della Legge 1Tm 1,8-11 Paolo non ha rinunciato alla sua ebraicità e alla sua fede nella legge pur vedendone i limiti: “Noi sappiamo che la Legge è buona, purché se ne faccia un uso legittimo, nella convinzione che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i sodomiti, i mercanti di uomini, i bugiardi, gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sua dottrina, secondo il vangelo della gloria del beato Dio che mi è stato affidato. L.C. La Liturgia non ha pianti perché ciò di cui fa memoria è la risurrezione di Gesù Le porte della morte aprono alla vita Risurrezione La Liturgia non ha lacrime, se non asciugate dalla mano di Dio. Non pronuncia parole sulla fine ma sulla vita. Ritorniamo alla Parola di Dio. “Cristo e la Scrittura divina - dice S. Ambrogio - sono il rimedio di ogni disgusto e il solo rifugio nelle tentazioni”. Quando la Parola ci raggiunge, l’esilio è vinto, Dio ritorna a camminare sulle nostre strade, la terra ridiventa in qualche modo il giardino di delizie dove è ancora possibile alla creatura intrattenersi familiarmente con il suo Creatore: “Quando leggo la divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel Paradiso terrestre”. C’è tuttavia nella terra del nostro pellegrinaggio, un “luogo” dove la parola salvatrice risuona con efficacia eccezionale: la sacra liturgia. Essa è veramente un ininterrotto dialogo tra la Parola e l’uomo, chiamato a essere una eco di questa stessa divina Parola. La sacra liturgia, infatti, è l’incontro salvifico del Padre che è nei cieli e viene a conversare con molta amorevolezza con i suoi figli; è il colloquio tra lo Sposo, il Signore Gesù, e la sua diletta Sposa, la Chiesa, fatta partecipe dell’eterno canto di lode che il Verbo incarnato ha introdotto in questo nostro esilio terrestre. La Parola La sacra liturgia si nutre abbondantemente alla mensa della parola di Dio: prende dalla Bibbia le sue letture, canta i salmi, si ispira alla Scrittura nel comporre inni, preghiere, esclamazioni e invocazioni. Nel suo concreto svolgimento manifesta una struttura dialogica che esprime la vita stessa della Chiesa. Come, infatti, nel Vecchio Testamento l’assemblea di Iahvé è chiamata in primo luogo per ascoltare Dio che parla: “Ascoltate oggi la sua voce” , così l’assemblea liturgica, il vero popolo di Dio, viene radunato anzitutto per ascoltare la Parola, Cristo Signore, e per unirsi a Lui, guidata dal suo Spirito, nella lode e nella supplica al Padre. Nella sacra liturgia appare con evidenza privilegiata che il destinatario della Parola non è l’individuo che si isola, ma il popolo dei redenti che si raduna; che la sua voce viva non è l’uomo che la proclama a se stesso, ma il Magistero della Chiesa che, attraverso la varietà dei ministri, l’annuncia all’assemblea; che il suo esito naturale non è il compiacimento della dotta speculazione, ma è l’energia trasformante dei sacramenti e la vita palpitante dello Spirito che inabita i cuori. La parola della Scrittura, quando risuona nelle celebrazioni liturgiche, costituisce uno dei modi della reale, misteriosa, indefettibile presenza di Cristo tra i suoi, come ci insegna il Concilio Vaticano II: “Egli è presente nella sua Parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura” . Quando Dio parla, sollecita una risposta. Noi rispondiamo al Dio che parla e ci ricorda l’evento della nostra salvezza e il mistero del suo amore, con la celebrazione dell’Eucaristia grande preghiera di ringraziamento, memoriale perenne della passione redentrice, offerta con la Vittima immolata della propria vita -, con le altre celebrazioni liturgiche, intimamente connesse con l’Eucaristia, tra cui l’Ufficio Divino o Liturgia delle Ore. Fermiamo la nostra attenzione sull’annuncio e l’ascolto della Parola e sulla Liturgia delle Ore. Risulta anzitutto l’importanza di una predicazione che sia “nutrita e regolata dalla tio divina”) è uno dei mezzi più efficaci per ogni fedele per disporsi a cogliere i frutti dell’ascolto della Parola nella liturgia e prolungarne gli effetti. Sacra Scrittura”... La lettura personale e in comune della Scrittura come parola di Dio (“lec- ne-orazione-contemplazione. Il secondo parte dai fatti della vita per comprenderne il significato e il mes- Lectio divina Essa consiste nella lettura di una pagina biblica tesa a far sì che essa diventi preghiera e trasformi la vita. Si può attuare secondo due movimenti diversi. Il primo, quello classico, parte dal testo per arrivare alla trasformazione del cuore e della vita secondo lo schema lettura-meditazio- saggio alla luce della parola di Dio. I suoi momenti possono essere espressi nelle due domande: come si rivela la presenza di Dio in questo fatto? quale invito il Signore mi rivolge attraverso di esso? tenuto conto che l’autenticità delle risposte sarà verificata richiamandosi a esempi o parole di Gesù nel Vangelo o ad altre situazioni o parole della Scrittura. Una variante di questo metodo è il trinomio vedere-giudicare-agire, dove il giudicare significa comprendere il fatto alla luce della parola di Dio, e l’agire va confrontato con gli imperativi del Vangelo. Il primo metodo si adatta meglio per la lettura personale, il secondo per un incontro di gruppo (revisione di vita). Ma i due metodi si integrano a vicenda, e si correggono nelle loro possibili unilateralità. Un esercizio di essi assicurerà quella penetrazione della Parola nella vita che è lo scopo di questo programma pastorale. Tutta questa attività a servizio della Parola sembra richiedere che nella comunità cristiana vi siano, accanto ai presbiteri, anche dei laici capaci di animare e sostenere lo sforzo capillare di lettura e di ascolto. Dobbiamo qui esprimere un vivo ringraziamento ai tanti, uomini e donne, che già operano in questo campo, sia come lettori durante l’assemblea liturgica, sia come catechisti, sia come animatori di gruppi di preghiera e di ascolto. C’è da domandarsi se non sia giunto il tempo di pensare ad offrire e a richiedere una formazione più omogenea e costante a tutti coloro che già esercitano questi ministeri di fatto. ministeri istituiti. Padre Angelico Savarino 11 Prospettive - 2 novembre 2014 omnibus Ebola: Intervista al virologo Giulio Tarro l virus Ebola appartiene alla famiglia dei virus filamentosi (Filoviridae, Virus a RNA) ed è stato scoperto nel 1976 in una epidemia della valle del Congo chiamata Ebola. Il contagio è dovuto soprattutto al mangiare carne di scimmia non ben cotta e poi al contatto diretto con il malato e con gli abiti e le lenzuola del suo letto. Fortunatamente non si trasmette per via aerea come l’influenza. La mortalità elevata, 5090%, è legata alla forte disidratazione ed il conseguente mancato funzionamento di diversi organi vitali. Il serbatoio naturale è rappresentato dal pipistrello, che non si ammala, ed è oggetto di preda delle scimmie, le cui carni vengono usate come cibo. Anche le antilopi possono essere infette. In aggiunta il procedimento dei riti funebri è un momento di rischio in quanto vengono lavati gli intestini dei defunti. La deforestazione rappresenta una delle cause della diffusione del virus Ebola dal momento che ha spinto gli animali (pipistrelli, serbatoi del virus) verso le aree abitate, e anche l’urbanizzazione e la povertà. La sintomatologia iniziale è generi- I Posti letto in Sicilia n. 25 Policlinico di Palermo 2 Ismet di Palermo 2 Cervello di Palermo 2 Castelvetrano 1 La peggiore epidemia dai tempi dell’Aids soprattutto sangue. Anche il rapporto sessuale è fonte di contagio. L’infezione può essere trasmessa anche tramite animali malati. Non si diffonde il virus tramite aria, acqua o cibo. La trasmissione virale avviene fino a 24 ore dopo il decesso, come spiega il prof. Tarro. D. In Italia le regioni più esposte geograficamente al rischio di importazione della malattia sono quelle costiere, presso le cui aree portuali sbarcano periodicamente clandestini provenienti dai paesi africani e la Sicilia, per motivi geografici, sembra essere la regione più interessata da un potenziale contagio, e come afferma anche la Società italiana malattie infettive e ca, simile ad una malattia tifoidea, febbre, cefalea, nausea, vomito, profusa diarrea, marcata astenia, Biografia di Giulio Tarro Giulio Tarro, scienziato di Messina nel 2006 lascia il “Cotugno” dopo vent’anni di guida al laboratorio di virologia del polo infettivologico e nel 2007 torna negli USA a Philadelphia, ricongiungendosi con la patria che lo ha visto giovanissimo al fianco del grande Albert Sabin, con il quale collabora a metà degli anni Sessanta, in una messa a punto del vaccino contro la poliomelite. Attualmente Tarro è professore aggiunto presso il dipartimento di biologia della Temple University di Philadelphia e chairman della commissione alle biotecnologie della virosfera; fa parte dell’organismo scientifico dell’Unesco che ha sede a Parigi ed è presidente della fondazione Teresa e Luigi de Beaumont-Bonelli per le ricerche sul cancro. Policlinico di Messina 1 Garibaldi di Catania 1 Sant’Elia di Caltanissetta 2 Enna 9 altri 5 saranno successivamente individuati quindi di difficile diagnosi fino a quando diventa conclamata colpendo fegato, reni e vasi sanguigni, e causando emorragie interne ed esterne. L’incubazione dura da due giorni a tre settimane e l’infezione si contagia dopo l’inizio dei primi sintomi con i liquidi dell’organismo, sudore, saliva, urine, feci, latte materno, Parrocchia Natività del Signore Missione al popolo arissimi Fratelli e Sorelle in Cristo, Pace C a voi! Il Signore ci dona un “Tempo” forte di Grazia in occasione della missione francescana al popolo nella nostra Comunità Parrocchiale: “Sulla tua parola getterò le mie reti” (Lc 5,5). Nei giorni 9 - 23 novembre un gruppo di missionari, comprendente frati, suore e laici, francescani, “invaderà” letteralmente il territorio della Parrocchia per andare incontro a tutti invitando ad ascoltare una Parola diversa, portata con lo stile semplice e gioioso di san Francesco, e a vivere momenti forti di preghiera e di festa. Attraverso la perseveranza nella preghiera, l’assiduità dell’ascolto della Parola, uniti nell’Assemblea Eucaristica, potremo “gettare le nostre reti sulla Sua Parola”, in modo che la Comunità possa essere “un cuor solo e un’anima sola”, fervente nella comunione e nella carità verso il prossimo, gioiosa testimone di Cristo nel mondo e coraggiosa annunciatrice dei valori del Vangelo e... diventare noi stessi vangelo vivente, dove i lontani, gli indifferenti, i piccoli scoprono l’Amore di un Dio che “si è fatto carne” e la bellezza della vita cristiana. In Cristo uniti, Sac. Roberto Mangiagli tropicali? “Non c’è pericolosità degli immigrati in Sicilia, perché il tempo di incubazione del virus da 2 a 21 giorni prima della sintomatologia permetterebbe di evidenziare la malattia prima del loro sbarco: dai paesi colpiti dell’Africa occidentale questi individui dovrebbero attraversare il deserto e quindi imbarcarsi; il virus Ebola avrebbe tutto il tempo necessario di manifestarsi durante il lungo tragitto!” D. Quale terapia può essere utilizzata? “In mancanza di una terapia specifica antivirale e di profilassi vaccinica, potrebbe essere utile il ricorso alla vecchia immunoterapia passiva (immunoglobuline con anticorpi specifici dei pazienti guariti) o a quella attuale di anticorpi monoclonali, ancora esigui, da sperimentare però su campo”. D. Il vaccino italiano anti ebola, è stato sancito dall’oms e consegneranno 10mila dosi entro dicembre e per il 2015 sta trattando una fornitura di un milione di provette con la GLAXOSMITHKLINE, che, quest’anno ha acquistato per 250 milioni di euro l’italiana OKAIROS, sviluppatrice del brevetto del vaccino. Che valore ha questo vac- cino sul piano terapeutico? “Il vaccino italiano, purtroppo, non è più tale perché la Glaxo Smith-Kline (GSK) lo ha acquisito e lo sviluppa con la collaborazione dell’Istituto Nazionale della Salute (NIH-USA). Se attualmente la mortalità con Ebola è del 50% e si trova che il vaccino protegge del 50%, qual è il significato dello stesso?”. D. In questi giorni hanno dato il via libera alla sperimentazione su volontari umani,quando inciderà sulla guarigione, dopo che ha funzionato sulle scimmie al 100%? Quanto tempo occorrerà per ufficialità? “Dal momento che l’OMS lo ha accettato diventa un vaccino ufficiale!”. D. Sviluppare vaccini, come fa Riccardo Cortese dall’intero virus, è la strada giusta che porterà al risultato finale , la guarigione? “Non è mai abbastanza sottolineare che il vaccino deve essere un mezzo di prevenzione e non di guarigione! Personalmente ribadisco la mia linea di ricerca e sviluppo dei vaccini in modo classico con risposta degli anticorpi umorali e/o cellulari da parte del ricevente verso virus inattivati (esempio Salk) o attenuati (esempio Sabin) oppure particelle mimetizzate (esempio papilloma virus). Attualmente non vi è alcun vaccino e alcuna terapia”. D. Ci sono altre ricerche in corso? “Il vaccino usa la strategia del cavallo di Troia con un vettore virale benigno e una proteina di superficie del virus Ebola verso cui l’individuo ricevente produce anticorpi cellulari specifici. Nella fase preliminare sulle scimmie si è usato un richiamo come adiuvante alla risposta immune che non è previsto nella applicazione sull’uomo. Un altro vaccino studiato in Canada utilizza un altro virus vettore che di per se è più immunizzante perché non ha bisogno del richiamo”. D. C’è difficoltà per la diagnosi? È giusto fare dei test per le persone in uscita da porti, aeroporti e valichi di frontiera? “La diagnosi dell’Ebola risulta costosa dovendo ricorrere a diversi reagenti per la differenziale, non cambia il corso della terapia e marchia non solo il paziente, ma la sua famiglia pure. Infine in quei paesi – Guinea, Sierra Leone, Liberia, Nigeria, Benin – pochi laboratori sono in grado di effettuare un test per un agente patogeno di livello 4 (pericolosità). Credo inutile fare test per le persone in uscita da porti, aeroporti e valichi di frontiera, ma diventa importante proibire l’uso della selvaggina in quei paesi e soprattutto migliorare l’informazione da parte dei pubblici ufficiali e dei sanitari per divulgare meglio quelle misure di prevenzione e di controllo che già si sono dimostrate efficaci”. Lella Battiato 12 Prospettive - 2 novembre 2014 RUBRICHE Un meeting apre l’anno sociale del Club Lions Catania Stesicoro Centrum La sussidiarietà nel rapporto tra trascendente e immanente e leggi costituzionali con le quali si è realizzata la modifica del Titolo V della Costituzione (“Regioni, Provincie e Comuni”) hanno “instaurato in modo palese, un dialogo dinamico [osmotico] fra innovazione ordinamentale e istituzionale” (Pizzetti). L’odierno art. 118 Cost., “attribuisce” funzioni amministrative agli enti pubblici territoriali “sulla base del principio di sussidiarietà”, da adottare pure “per lo svolgimento di attività di interesse generale” in favore di “iniziative dei cittadini singoli e associati”: la sussidiarietà, quindi, è strumento dello scambio tra livelli di amministrazione e di potere, in dialogo dinamico. Con il meeting “Condizioni e volontà politica dell’attuazione del principio di sussidiarietà” (sottotitolo) ha preso il via l’anno sociale del club Lions Catania Stesicoro Centrum a guida di Guido Costa: non a caso, vien da dire, per l’esperienza accumulata e le importanti cariche da questi ricoperte a livello comunale e provinciale. Relatori due esponenti qualificati di due enti che hanno la L sussidiarietà nel loro dna: il past governatore Lions dott. Antonio Pogliese e il vescovo di Noto Antonio Staglianò. Prendendo spunto dal quesito “capire se esistono ancora le condizioni per portare avanti i criteri e il sistema della sussidiarietà”, posto dal presidente Costa nell’introdurre il tema, Pogliese, rifacendosi a Norberto Bobbio (“le leggi nascono vecchie”), ha messo in evidenza la discrasia tra processo normativo e le condizioni dei molti e diversi fattori da valutare e considerare: complessità, crisi economica e politica, espansione disomogenea dei criteri e dei bisogni, funzione e disfunzioni dell’innovazione tecnologica, modelli di sviluppo e loro praticabilità. In conclusione, secondo il relatore, la politica, nell’avvertire la necessità di aggiornare regole e criteri, si è mossa per confermare e difendere l’esistente, priva di spirito di apertura culturale, etica, morale; non si è saputa percepire la portata delle nuove istanze, né il senso e il valore dei “colpi di coda” del parcellare, del tradizionale, del timore del “salto nel buio”. È dal 1997 che ci si avvita su questi problemi con atteggiamento difensivo, mentre “la sussidiarietà che interessa ai cittadini, quella orizzontale, è stata appena enunciata […] in modo strumentale […] senza nessuna volontà politica né di regolamentare, né di attuarla”: oggi occorre “approfondire il disallineamento tra principi costituzionali e ordinamento vigente”. Mons. Staglianò, operando una chiosa sul sottotitolo, ha distinto le condizioni (fatto culturale) dalla Visitando le sale del Museo diocesano IL PASTORALE: la responsabilità della guida ra gli oggetti liturgici esposti nella seconda sala del museo diocesano catanese, ovvero il tesoro della cattedrale sopravvissuto al terremoto del 1693, o ascrivibile ai secoli seguenti, sono presenti anche esemplari di bastoni pastorali. Detto anche vincastro, il pastorale, che trae origine dal Vangelo secondo Giovanni nel quale Cristo si autodefinisce “Buon Pastore”, è una tipologia di bastone che presenta una peculiare curvatura all’estremità, spesso particolarmente decorata: esso viene utilizzato dal vescovo nei pontificali e nelle cerimonie più solenni, ed è diffuso presso varie chiese cristiane a ordinamento epi- T scopale, come la Chiesa cattolica, l’anglicana, la luterana e l’ortodossa. Ne fanno uso anche gli abati nei monasteri benedettini, in qualità di responsabili della cura delle anime. Il pastorale, chiamato anche baculo, è costituito da un’asta lignea o metallica, smontabile in tre o quattro parti , culminante in un puntale e munita di uno o più nodi, in cui s’innesta il riccio. Dai primi esemplari in legno, già dal V secolo,verso l’anno Mille si registrano i primi baculi in argento fuso, mentre dal XII al XIV secolo se ne costruirono in avorio o rame decorato e smaltato, quali i pregiati esempi d’arte limosina; dal rinascimento a seguire si consolidò il modello in argento anche dorato, accanto ad esempi più rari in piombo, ferro e oro, oppure con il riccio in cristallo o corno. Durante il X-XI secolo, la curvatura assunse la forma a spirale includendo talora originali figure simboliche; il nodo del pastorale, all’origine poligonale o sferico, si configura dal XIV secolo in forme più elaborate, con piccole statue di santi o il tempietto ad arcate. In ottemperanza alla simbologia che rispecchia il legame tra il pastore e il suo popolo a lui affidato nelle cure della fede, il pastorale può essere usato dal vescovo solo nell’ambito della propria diocesi, senza travalicarne i confini, adempiendo così alla missione verso i suoi fedeli, e non all’episcopato in generale, che prevede sempre la mitria, l’anello episcopale e la croce pettorale. I momenti fondamentali della liturgia, durante la Messa, in cui il vescovo sostiene il baculo, sono rappresentati da la processione d’ingresso, la proclamazione del vangelo, l’omelia, l’eventuale amministrazione di Sacramenti e Sacramentali, la benedizione finale e la processione di congedo. Un particolare modello di baculo pastorale del Papa si definisce ferula, che si presenta munito di croce all’estremità superiore. Si dice anche pastorale di Paolo VI, in quanto ripristinato da quest’ultimo dopo la Riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Anteriormente alla riforma, infatti il Papa era portato sulla sedia gestatoria e non faceva uso di alcun bastone. In realtà al Pontefice dovrebbe spettare la Croce papale tripla, ovvero un bastone che reca all’estremità una croce con tre traverse di differente lunghezza, che rappresentano il triplice ruolo del papa nelle funzioni di vescovo di Roma, patriarca dell’Occidente e successore di san Pietro apostolo. Fu Giovanni Paolo II, ad usare l’ultima volta la suddetta croce nel Giubileo del 2000. Tra le sale dell’antico Seminario dei Chierici, adornate da calici, pissidi, ostensori e reliquiari, ancora un tassello di religiosità che lo illumina di fede vissuta. Anna Rita Fontana volontà politica, ravvisando nelle “condizioni culturali” la premessa logica e necessaria dalla quale può scaturire il processo normativo. “La mancanza di adeguate condizioni culturali, ha sostenuto, determina la crisi, crisi di valori in conseguenza della quale abbiamo lo strapotere della politica”. L’articolato, sottile ragionamento del vescovo di Noto si è sviluppato e concluso nell’affermazione “il progetto cristiano è per l’umanità, non per la Chiesa”; affermazione tattica e strategica con riferimento al momento storico che stiamo attraversando, nel quale, altrove e altrimenti, prendendo la religione a pretesto, si commettono crimini effe- rati. Nelle religioni monoteistiche, fanatismi integralismi ed estremismi esclusi, la sussidiarietà è viva e vitale nel rapporto tra trascendente e immanente, almeno sino ai confini col dogma; in quelle cristiane e cattolica sommamente: esse vincono e convincono indicando in Cristo il Dio fatto uomo per indicare all’umanità la Via da seguire. Concludendo i lavori, il Former International President prof. dott. Pino Grimaldi ha espresso apprezzamento per la qualità delle due relazioni che, a suo giudizio, avviano un importante e stimolante ragionamento su modi e modalità di approccio su un argomento il cui mero inserimento normativo rischia di rimanere un enunciato se non si individuano e riconoscono percorsi condivisi per realizzarne la sua effettività; con relazioni e interventi di livello ‘alto’, come in questa occasione, il Lions dà un contributo valido ad evitare che determinati criteri e principi necessari per la crescita sociale armonica restino dei semplici enunciati: individuato lo strumento occorre applicarlo e farlo funzionare. Carlo Majorana Gravina
© Copyright 2025 Paperzz