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Vivere il Canavese è conoscere il suo territorio, i
suoi aspetti culturali e poetici, la sua natura legata
ad un popolo forte, solido, ancorato alle proprie
tradizioni ed ai suoi principi. Certo, sapere chi
sono: Costantino Nigra, Guido Gozzano, Giuseppe Giacosa, Camillo Olivetti, ecc. è importante,
ed in seno lato il nostro patrimonio, diventa quindi un traino ed un veicolo dalle intenzioni chiare,
quello di interessare e rilanciare l’intera area nella
quale siamo noi i protagonisti dell’oggi. Noi, inteso come popolazione nel suo complesso, dove
ognuno può e deve fare la propria parte, sia esso
IL CANAVESE LA NOSTRA TERRA
ma non è tutto. La memoria storica che ha segnato la vita del Canavese si deve fondere necessariamente con il tempo in cui si vive, ed è
proprio questo l’obiettivo che Itinerari Piemonte
si pone con gli approfondimenti sul Canavese.
Oggi, nella congiuntura che attraversa l’intera Europa anche il nostro Canavese risente di una crisi
che attanaglia l’intera società. Promuovere la nostra terra, i nostri Comuni, le nostre bellezze artistiche e storiche, i nostri prodotti dell’agricoltura
operatore turistico, sociale, imprenditore agricolo, o libero professionista. Lo sforzo è teso ad
allargare i confini, a stuzzicare soprattutto i vicini:
liguri, lombardi e valdostani, per fargli conoscere
le nostre proposte turistiche, le peculiarità culinarie, l’architettura dei castelli canavesani, insieme
agli appuntamenti di grande richiamo popolare.
Tra questi ultimi, non possiamo esimerci dal ricordarne alcuni tra i più rappresentativi come: la
sagra del cavolo verza di Montalto quest’anno
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editoriale
alla sua 18ma edizione,
la sagra del bollito con
la 55ma mostra mercato bovina ad Ivrea a fine
novembre, ed in arrivo
tra pochi mesi, il carnevale di Ivrea e poi le Ferie
medioevali di Pavone ed
ancora le varie castagnate praticamente dovunque, ed una miriade di
piccole manifestazioni
popolari da conoscere ed
apprezzare. In questi appuntamenti sul territorio
si riscopre il gusto dello
stare insieme, si riscopre
la bontà del genuino e
degli antichi sapori che
ci collegano al nostro
passato, di ingredienti e
prodotti semplici stupendamente mescolati ai colori ed alle stagioni della
nostra terra.
Ecco quindi che la Guida Itinerari, senza aluna
pretesa, diventa un utile
mezzo di informazione
e proposta con il quale
ci auguriamo di cogliere
gli obiettivi sopra esposti traducendosi in un
mezzo rapido di consultazione ed indirizzo con
delle ricadute positive
sull’economia del nostro
Canavese.
Il direttore
Ennio Junior Pedrini
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Ivrea
Altitudine: 253 m.
Superficie: 30,19 Km²
Frazioni:
Albiano d’Ivrea;
Banchette
Comuni confinanti:
Bollengo; Burolo
Cascinette d’Ivrea
Chiaverano; Fiorano
Montalto Dora
Pavone Canavese
Romano Canavese
Salerano Canavese
Strambino
Vestignè
TERRITORIO È collocata in un’area formata da un grande
ghiacciaio del Pleistocene, il quale trasportò nel tempo
numerosi detriti che andarono a formare una serie di rilievi morenici, tra cui la Serra Morenica di Ivrea lunga 25
km, che separa il Canavese dal Biellese. La particolare
disposizione dei rilievi morenici tende a formare un vero e
proprio anfiteatro, nel quale Ivrea è collocata al centro. In
seguito al ritiro del ghiacciaio, la zona si arricchì di numerosi laghi che ancora oggi circondano la città, ovvero il Lago
Sirio, il Lago San Michele, il Lago Pistono, il Lago Nero e
il Lago di Campagna. Poco più lontano si trovano anche il
Lago di Viverone e il Lago di Candia.
Il centro storico di Ivrea si inerpica su di una collina che
porta al Castello ed al Duomo, mentre la parte moderna
si estende in piano occupando le due sponde della Dora
Baltea e i territori circostanti. Nel 1468 per volere di Iolanda di Francia, venne costruito il Naviglio di Ivrea, un canale
irriguo destinato a rifornire di acqua le risaie del vercellese
e che, essendo in origine navigabile, permetteva il collegamento tra Ivrea e Vercelli.
QUARTIERI E FRAZIONI - Ivrea è suddivisa fra 26 quartieri e rioni, essi sono: San Grato, Canton Vesco, Canton
Vigna, La Sacca, Bellavista, Via Miniere-Via Jervis, zona
Porta Torino-Stazione-Movicentro-Via Dora Baltea, Borghetto, Centro Storico, Crist, Porta Aosta-Sant’Antonio,
San Pietro Martire, Via Sant’Ulderico, Lago Sirio, Prafagiolo, Canton Gabriel, Lago San Michele, Montodo-Monte della Guardia, Porta Vercelli, San Lorenzo, La Fiorana,
San Giovanni, Canton Gillio, La Fornace, Torre Balfredo,
San Bernardo
STORIA - V secolo a.C.: i Salassi, popolazione di origine
celtica stabilitasi nel Canavese, fondarono il villaggio fortificato di Eporedia, toponimo che pare derivare dalla divinità
celtica Epona, da cui a propria volta deriva la denominazione attuale degli abitanti. Anno 100 a.C.: Quarant’anni dopo
il fallimento della campagna militare del console Appio
Claudio Pulcro, la penetrazione romana nella pianura della
Dora Baltea si conclude con la costituzione di Augusta Eporedia, colonia romana da parte del senato romano. Secolo
VI – Secolo VIII: Ivrea è sede dell’omonimo ducato sotto
i Longobardi. Un personaggio dell’Adelchi di Manzoni è il
duca Guntigi d’Ivrea, scelto da re Desiderio come difensore del Ducato di Pavia. Secolo VIII: Ivrea diventa contea
sotto il regno franco; nasce la dinastia Anscarica Anno
1001: dopo un periodo di contrasti con il vescovo Warmondo (sotto la cui potestà si trovava Ivrea), Arduino conquista
la città; l’anno dopo, a Pavia, viene eletto re d’Italia da una
dieta di principi e signori italiani, contro il volere dell’imperatore Ottone III: Ivrea è la Capitale del Regno d’Italia; Fine
del secolo XI: dopo il periodo degli Arduinidi, Ivrea torna ad
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Ivrea
essere dominata dalla signoria vescovile. Seconda metà del secolo
XII si afferma, tra grandi contrasti con il potere vescovile e le pretese egemoniche del marchese del Monferrato, il “comune di Ivrea e
Canavese”, destinato tuttavia a soccombere nelle prime decadi del
secolo successivo. Anno 1238: l’imperatore Federico II pone Ivrea
sotto il suo dominio; nel seguito la signoria della città tornerà ad essere disputata tra il vescovo di Ivrea, il marchese del Monferrato ed altri
potentati, tra cui il conte di Savoia. Anno 1356: Ivrea passa sotto il dominio del Conte Verde di Savoia. Seconda metà del secolo XIV: Ivrea
assiste alla rivolta contadina contro i soprusi del nobili canavesani che
va sotto il nome di “tuchinaggio”. Secolo XV-XVIII: ad eccezione di
brevi periodi di occupazione spagnola e poi francese nel secolo XVI,
Ivrea rimane alle dipendenze dei Savoia. 1800: (26 maggio) Napoleone è accolto in Ivrea assieme alle sue truppe vittoriose. 1814: Ivrea
torna ai Savoia con Vittorio Emanuele I, re di Sardegna. Dal 1859 al
1927 Ivrea è il capoluogo dell’omonimo circondario, uno dei cinque in
cui era suddivisa la provincia di Torino del Regno di Savoia. 1908: Fondazione dell’Olivetti. Anno 1927: Ivrea e altri 112 comuni del Canavese
vengono uniti ai comuni della Valle d’Aosta per costituire la nuova Provincia di Aosta. Nel 1945: con lo scioglimento della Provincia di Aosta,
Ivrea e il Canavese ritornano sotto la Provincia di Torino.
MONUMENTI:
Duomo di Santa Maria Il reperimento di cospicui resti di costruzioni
romane visibili nelle parti più antiche della chiesa o rinvenuti durante
gli scavi ottocenteschi per l’edificazione della nuova facciata, fanno
ritenere che sopra l’altura sulla quale oggi si erge
il duomo, fosse già presente, fin dal I secolo a.C.,
un tempio romano in asse con il sottostante teatro (di cui sono ancora visibili alcune tracce). Tale
tempio fu poi trasformato in chiesa cristiana tra
la fine del IV e l’inizio del V secolo, quando venne
istituita la diocesi di Ivrea.
Espanso verso l’anno 1000 per iniziativa del vescovo Warmondo, si conservano oggi, dell’antica struttura romanica, i due campanili, le colonne visibili nel deambulatorio dietro l’abside e la
cripta affrescata (contenente un antico sarcofago romano, che la tradizione vuole abbia poi
conservato le spoglie di San Besso, copatrono
di Ivrea assieme a San Savino). Nel corso della
ricostruzione avvenuta nel XII secolo, in seguito al terremoto del 1117, la cattedrale cambiò
dunque profondamente la propria fisionomia
adottando una pianta assai più simile a quella
odierna. Nel 1516 il vescovo Bonifacio Ferrero
fece edificare una nuova facciata con un portico
in stile bramantesco che sostituì l’antica facciata romanica. Nel 1854 essa venne a sua volta
sostituita dall’attuale facciata neoclassica, ideata
dall’architetto Gaetano Bertolotti.
Coordinate
45°27’44’’N 7°52’29’’E
ABITANTI 24.196
DENSITÀ 801,46 ab./ Km²
Nome abitanti Eporediesi
Patrono San Savino
Giorno festivo 7 luglio
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Montalto Dora
Altitudine: 252 m.
Superficie: 7,49 Km²
Comuni confinanti:
Borgofranco d’Ivrea,
Chiaverano
Fiorano C.se, Ivrea
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TERRITORIO L’area collinare montaltese è di particolare interesse geologico e geomorfologico per la
comprensione dei fenomeni che hanno portato alla
formazione delle Alpi. A Montalto Dora è visibile
un’importante “cicatrice” della crosta terrestre, denominata dai geologi Linea Insubrica. Si tratta dell’intersezione tra la superficie terrestre e un piano di scivolamento, presente nell’arco alpino, lungo il quale si
è verificata la collisione tra due zolle continentali, la
zolla Europea (a nord) e la zolla Africana (a sud) in un
arco di tempo compreso tra 135 e 25 milioni di anni,
fine Era Secondaria - inizio Era Terziaria. La Linea Insubrica è visibile i prossimità della sponda occidentale
del Lago Pistono, lungo il percorso naturalistico con
paline descrittive “Alla ricerca del Lago Coniglio”. A
testimonianza del forte interesse geologico dell’area,
ogni anno in primavera l’Istituto di Geologia dell’Università di Berna e Losanna (Svizzera) organizza stage
formativi presso il territorio.
MONUMENTI:
Il Castello Si erge a quota 405 metri sul Monte Crovero a Montalto Dora, risale alla metà del XII secolo;
ha subito nei secoli molteplici distruzioni, riedificazioni e ristrutturazioni, sino ad assumere, nel 1890, con
il restauro progettato da Alfredo d’Andrade, l’aspetto
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MONTALTO DORA
Lunedì: Verres - Martedì: Bollengo
Mercoledì Montalto Dora
Giovedì Hone - Venerdì Ivrea
Sabato Pont Saint Martin
che, grosso modo, ha conservato sino ad oggi. Oggi
di proprietà privata, il castello è parte integrante del
borgo di epoca romana su cui sorge ed ha pianta quadrata irregolare con una doppia cinta. Un’alta torre
domina la parte interna intorno al mastio, l’annessa
cappella, gli ambienti in parte visitabili e il camminamento di guardia. Nell’antichità funzionava da fortezza a guardia della piana lacustre di Ivrea e della strada
che conduce in Valle d’Aosta.
La villa Casana, fu fatta costruire dal Barone Valesa
il quale aveva ricevuto in dono nel 1589, dal Duca
Vittorio Amedeo I, il feudo comitale di Montalto Dora
come ricompensa dei servizi prestati come governatore durante l’assedio di Torino.
Il palazzo era inizialmente un castello di residenza,
molto modesto e con poco giardino. Intorno al 1818
il Conte Alessandro, maggior generale delle Regie
armate e ministro di Stato, con l’aiuto dell’architetto
Giuseppe Maria Talucchi, trasformò quella residenza
in un ampio e grandioso palazzo.
La Chiesa di San Rocco, L’origine della chiesa di San
Rocco è molto incerta. Sicuramente di origine medievale conserva pregevoli affreschi del 1500, raffiguranti
la Madonna in trono col Bambino; San Cristoforo; San
Rocco (importanti le ferite che si alternano sia sulla
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gamba sinistra che destra vedi a lato riquadro dedicato
ai simboli neo-templari); San Sebastiano; Sant’Antonio
Abate; San Biagio vescovo (potrebbe essere sia San
Biagio, protettore dei cardatori, perché ha quale attributo il rastrello, ma potrebbe essere anche San Bernardo di Chiaravalle perchè egli, anche se non è mai
stato vescovo, a volte viene raffigurato con un rastrello
in mano); Gesù quale Ecce Homo e Santa Caterina da
Siena. L’anonimo che ha dipinto gli affreschi di impronta manieristica potrebbe essere un esponente della
“scuola vercellese” giunto in Canavese al seguito di
Fermo Stella da Caravaggio.
Fra i numerosi elementi simbolici presenti nell’edificio sacro, vanno ricordati il tondo floreale situato
nell’incrocio delle cinque costolature dell’abside sopra l’altare e la doppia ruota raggiata presente in una
nicchietta rinvenuta alla luce durante i lavori di restauro degli affreschi. Il primo elemento è denominato
“Seme della vita”, il più antico simbolo geometrico
scoperto nell’antico Egitto, il più potente simbolo di
vita e resurrezione che l’uomo abbia a disposizione
per comprendere lo schema della creazione e la costruzione geometrica dell’universo.
La doppia ruota raggiata è formata da due cerchi formati da 8 e 16 raggi. Si trova all’interno di una nicchia
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dove presumibilmente venivano conservati arredi
da sacrestia. Questo disegno simbolico rappresenta qualcosa di spiritualmente importante vista la sua
collocazione nel luogo più sacro e visto il fatto che è
stato occultato. Accanto è visibile un altro particolare
pittogramma.
Secondo gli studiosi la chiesa presenta e custodisce
simboli di appartenenza neo-templare.
La chiesa, già luogo di visita da parte di eminenti studiosi, e da tempo luogo di studio, viene valorizzata
dall’Associazione Luci nell’allestimento di spettacoli
teatrali, in visite guidate e in serate a tema. (Frutto di
consolidati studi e ricerche sull’edificio sacro è il libro
“Atanor-password templare sentiero dell’anima” scritto da Luciana Banchelli e Vincenzo Di Benedetto).
Cappella di Santa Croce La cappella di Santa Croce
porta questo nome a ricordo della croce eretta dai primi cristiani nel luogo di martirio di San Tegolo, soldato
cristiano della legione tebea. La croce fu prima sostituita da una edicola campestre e poi, nel XVII secolo,
con l’attuale chiesetta che sembra essere nata come
cappella privata della tenuta agricola della grande cascina di fronte ad essa. Il documento più antico che
testimonia l’esistenza della cappella è un messale ritrovato al suo interno che riporta la data 1682.
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Borgofranco
Altitudine: 253 m.
Superficie: 13,34 Km²
Frazioni:
Baio Dora, Biò
Campagnola, Ivozio
San Germano
Comuni confinanti:
Andrate, Brosso
Chiaverano, Lessolo
Montalto Dora,
Nomaglio, Quassolo
Settimo Vittone
STORIA e TERRITORIO Nell’ultima glaciazione l’enorme tensione del grande ghiacciaio Balteo, che
premeva sulla roccia, ha creato una serie di fratture
generando faglie e frane di crollo di grandi quantità di
massi. L’acqua piovana e le vene superficiali si sono
nel tempo insinuate nelle fessure e nei vuoti provocando la fuoriuscita di correnti d’aria costanti, le così
dette “Ore“ (dal latino “aura”, brezza, soffio) le quali
hanno creato un’area con un microclima avente temperatura e umidità costanti (7-8°).
Gli edifici costruiti direttamente sulle cavità da cui soffiano le “ore” si prestano in modo ottimale, alla conservazione del vino e dei prodotti alimentari e caseari.
L’origine di BORGOFRANCO risale al XIII° Sec. dalla
fusione di tre piccoli centri: Quinto, Monbueno e Buò.
A causa dei contrasti tra la Chiesa e il Comune d’Ivrea
il 5 Marzo 1251 gli abitanti dei tre borghi si riunirono
per erigere un luogo fortificato Borgo - franco che
impedisse le continue scorrerie dei Vercellesi attraverso la Serra e per tenere a freno le interferenze dei
signorotti di Cesnola, Castruzzone, Settimo Vittone e
Montestrutto.
Si costruì quindi un ricetto tra il 1256 e il 1277, auspice
il Marchese del Monferrato la cui influenza su Ivrea
era fortissima. Il borgo fu dotato di ampi privilegi allo
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scopo di attrarre nuovi abitanti oltre alle famiglie delle
tre borgate fondatrici. Tracce dell’originaria struttura
urbanistica di Borgofranco si trovano ancora nel centro storico, quadrilatero regolare che ha per asse Via
Marini. Al lato nord esiste ancora una torre di origini medievali che, sopraelevata in epoca successiva,
funge attualmente da campanile. Per circa due secoli
il borgo riuscì, con alterne vicende, a mantenere la
propria autonomia rispetto ai tentativi egemonici dei
Savoia. Nel 1573 iniziò la ripartizione in feudi a favore
di vari nobili di corte tra cui, nel 1623, il nobile genovese Claudio Marini, ciambellano del Re di Francia e
ambasciatore presso i Savoia, il quale fece costruire
un importante palazzo di circa 1900 metri quadrati
di superficie con un vasto giardino. La parte sud del
fabbricato riveste un notevole interesse architettonico
anche per le decorazioni ancora visibili. Il palazzo fu
residenza della famiglia Marini fino alla sua estinzione
nel 1720. All’ingresso del borgo adiacente alla torre
medioevale troviamo la Chiesa Parrocchiale dedicata alla Madonna del Rosario e dei Santi Maurizio e
Germano eretta nel 1663. Attraversiamo ora il borgo
in direzione di Biò e prendiamo la vecchia strada per
Montalto Dora la quale attraversando un bel bosco di
fondovalle sbuca nei pressi del centro abitato.
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I BALMETTI I Balmetti, diminutivo di Balma (antica
denominazione di origine ligure che sta per grotta,
luogo incavato nel monte) sono dislocati ad un chilometro circa dal centro di Borgofranco; si estendono
in direzione nord, per quasi cinquecento metri e formano una sorta di villaggio a sè stante. Le costruzioni
appaiono nulla più che un nucleo di semplici cascine
addossate le une alle altre. Nascondono, al proprio
interno, un fenomeno naturale quasi unico al mondo:
dal ventre della montagna, per una serie concatenata
di fenomeni geonaturali particolarissimi, esce di continuo, attraverso numerose fenditure del terreno, un
fresco venticello che l’uomo ha catturato ed utilizzato
per i propri fini e a proprio vantaggio.
Trovandoci in una zona che almeno fin dal ‘200 vede
la coltivazione della vite al centro del lavoro dei campi,
i nostri antichi progenitori hanno subito intravisto l’utilità e la possibilità di utilizzare questo prezioso dono
dalla natura costruendo attorno agli orifizi una serie
di cantine di eccezionale valore per una resa ottimale
della maturazione e conservazione del prezioso prodotto di Bacco, che qui acquista una bontà del tutto
particolare. Grazie al fresco soffio delle “ore”, infatti,
all’interno di queste cantine, l’umidità e la temperatura si mantengono costanti su 7/8 gradi centigradi, in
ogni periodo dell’anno. Ecco che il vino, ma anche i
formaggi, il lardo e i salumi in genere possono essere conservati al meglio lontani dalle devastanti calure
estive e dal pericoloso gelo invernale.
Ma i Balmetti non sono solo un enorme frigorifero
naturale essi sono parte fondamentale della cultura
locale e delle sue tradizioni più vere, oltre ad essere
intimamente e armoniosamente inseriti in uno stupendo ambiente naturale, difeso con tenace determinazione.
PALAZZO MARINI Il complesso edilizio di Palazzo
Marini occupa un lotto quasi rettangolare all’interno
dell’originario borgo medievale.
E’ probabile che Claudio Marini, quando nel 1623 fu
investito del feudo di Borgofranco, abbia acquistato
non già un lotto di terreno libero, ma piuttosto preesistenti edifici che fece sistemare ed ampliare. Infatti
la torre si può far risalire ai primi anni di esistenza del
nuovo Borgofranco di Ivrea, cioè all’ultimo quarto del
Duecento.
Gli interventi fatti eseguire dalla famiglia Marini nella
prima metà del ‘6oo consistono nella ristrutturazione
dell’esistente, con la sistemazione di vasti ambienti
decorati e con l’inserimento di due elementi fondamentali: lo scalone ed il portico con loggiato.
Coordinate
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Nome abitanti Borgofranchesi
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Settimo Vittone
Altitudine: 280 m.
Superficie: 23,23 Km²
Frazioni:
Cesnola, Montestrutto,
Torredaniele, Loc. Cornaley
Comuni confinanti:
Andrate, Borgofranco d’Ivrea,
Carema, Donato (BI),
Graglia (BI), Lillianes (AO),
Nomaglio, Quassolo
Quincinetto, Tavagnasco
TERRITORIO E’ ormai certo che i due nomi Settimo
e Vittone appartengono a tempi diversi e distanti tra
loro, più di mille anni.
L’aggettivo “Settimo” si riferisce al latino (ad) septimum (lapidem), ovvero “(luogo posto presso) la
settima (pietra)” riferendosi al settimo miglio lungo la
via romana. “Vittone” si riferisce all’esistenza di una
stazione iutu, ossia una stazione di montanari esperti., guide che vennero istituite l’anno 1193 allo scopo
di proteggere il passaggio dei pellegrini e dei viandanti
lungo il fondo valle, di solito attaccati e derubati dai
predoni.
STORIA - Sulla data di fondazione o nascita dei primi
nuclei abitativi in mancanza di dati certi, si fa riferimento alla citazione Ad septimum lapidem miliarium,
che potrebbe significare la presenza di una mutationes, una “stazione di servizio”, attrezzata per accogliere i viaggiatori in possesso di regolare documentazione rilasciata dall’amministrazione centrale romana.
Se cosÌ fosse, si potrebbe far risalire la nascita del
primo villaggio in Settimo al tempo di Cornelio e Caio
Gmcco (133-123 a.C.), periodo, che coinciderebbe
con la realizzazione della prima strada consolare.
Questa ipotesi troverebbe giustificazione nel fatto
che il miliarium, rinvenuto a Settimo - ora giacente
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presso gli scantinati del Museo Garda d’Ivrea - risalirebbe proprio al periodo sopra riportato.
L’evento storico più significativo di Settimo Vittone,
ricordato ogni anno in una rievocazione storica, ci riporta al IX secolo, agli anni antecedenti l’882.
Si narra che Ansgarda, Regina di Francia ripudiata dal
marito Luigi II (detto il Balbo) e sorella Attone Anscario, Marchese di Ivrea si recò da lui trovando finalmente rifugio e conforto in questo piccolo ed accogliente
paese, per dedicarsi alla preghiera e all’assistenza dei
poveri. Qui morì nel 889 e venne sepolta, secondo
la tradizione, nella chiesa della pieve di San Lorenzo.
Nella realtà non esistono molte testimonianze storiche del borgo che, a partire dall’XI secolo fu compreso nel territorio denominato Valle di Montalto e dipendeva dal Vescovo di Ivrea. L’area, importante sia da
un punto di vista strategico che economico, venne a
lungo contesa. I Signori del luogo cercarono sempre
di destreggiarsi abilmente tra il Vescovo di Ivrea e l’alleanza con le Città di Ivrea e Vercelli per mantenere
una certa autonoma e indipendenza.
Nel 1357, dopo alterne vicende il Vescovo cedette
ogni diritto feudale sulla valle ai Savoia, che a metà
‘600 riconosceranno al Signore del luogo, allora Gottiffredo di Cesnola, il titolo comitale
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Settimo Vittone
MONUMENTI:Pieve di San Lorenzo Il complesso, monumento nazionale, è adagiato sulla rocca
dell’antico castello, attorniato da ultrasecolari piante
di olivi. Il luogo è di indiscussa importanza storica ed
architettonica. E’ meta di studiosi, cultori e migliaia di
visitatori. Fra le testimonianze più significative vanno
annoverate: il Battistero ottagonale di San Giovanni
(IX secolo), suddiviso in 8 nicchioni, con un’abside
quadrata e un piccolo campanile aggiunto nel XIII
secolo e la chiesetta (XII secolo) ad aula unica con
pianta a croce latina e tre cappelle rettangolari. All’interno della chiesetta sono visibili numerosi cicli di affreschi realizzati da pittori operanti tra il 1100 e la fine
del 1400. La leggenda vuole che in detta chiesa sia
stata sepolta la Regina Ansgarda e così è scritto in
una lapide posta in tempi successivi.
Castello Fondato nel IX secolo da Attone Anscario,
primo Marchese d’Ivrea che vi fissò la sua seconda
dimora, il castello venne fatto smantellare nel ‘500
durante la guerra tra Spagnoli e Francesi dal Duca
Carlo III di Savoia insieme a quelli di Cesnola e Castruzzone. Restano dell’impianto medioevale i ruderi
di una torre e alcuni fregi in cotto. Tra tardo ‘600 e
XVlII secolo vennero ampliati i corpi di fabbrica più antichi che si affacciano sulla valle. Questa parte, detta
“castello nuovo”, ha assunto nel tempo le fattezze di
una villa residenziale.
Chiesa di Sant’Andrea Eretta nel lungo della primitiva chiesa del ‘200, rappresenta un vero capolavoro
del ‘600, anche se con i suoi successivi ampliamenti
venne terminata soltanto nel 1851.All’interno si trovano alcune opere di notevole valore artistico come
la raffinata balaustra e l’altare maggiore in marmi policromi (1743), realizzati da Carlo Giudici, il pulpito in
noce di autore ignoto, il leggio del coro, opera di Giovanni Godone (inizio ‘800). I due splendidi medaglioni nel presbiterio furono eseguiti da Giuseppe Borra,
l’ostensorio in argento da Andrea Boucheron, artista
di fama internazionale.
Un illustre concittadino - Nato in un piccolo paesino del Piemonte, Yon studiò ai conservatori di Milano
e Torino ed inoltre frequentò l’Accademia nazionale di
Santa Cecilia a Roma.
Fu per breve periodo organista in Vaticano e nel 1907
si trasferì negli Stati Uniti, dove successivamente otterrà la cittadinanza statunitense. Dal 1907 al 1926
sarà organista della chiesa di St. Francis Xavier mentre nel 1926 diventerà organista della cattedrale di
San Patrizio a New York. In seguito girò il paese suonando recital. Morì a Huntington nel 1943.
Coordinate
45°33’0’’N 7°50’0’’E
ABITANTI 1.576
DENSITÀ 67,84 ab./ Km²
Nome abitanti settimesi
Patrono sant’Andrea
Giorno festivo 30 novembre
Codice postale 10010
Orari di apertura:
Lunedì chiuso
Martedì - Mercoledì - Giovedì
aperto a pranzo
Venerdì - Sabato - Domenica
aperti a pranzo - cena su prenotazione
Fraz. Cesnola
SETTIMO VITTONE (TO)
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Settimo Vittone, Piazza Statuto 1
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Carema
Altitudine: 349 m.
Superficie: 10,46 Km²
Comuni confinanti:
Donnas (AO),
Lillianes (AO),
Perloz (AO),
Pont-Saint-Martin (AO)
Quincinetto,
Settimo Vittone
TERRITORIO - Nella conca morenica segnata da
una imponente serie di terrazzamenti strappati alla
montagna e coltivati a vite si erge il vecchio borgo di origine medievale, con le sue viuzze, le case
in pietra addossate tra loro. I pergolati sorretti, per
ampia parte, dalle tipiche colonne di pietra e mattoni, imbiancate con la calce, denominate in dialetto
tupiun) costituiscono l’aspetto più caratteristico del
paesaggio. Vi si produce un vino di grande sostanza
denominato appunto Carema.
STORIA - L’origine del paese risale con ogni probabilità al periodo romano, posto sulla via che conduceva alla Gallia. Il toponimo Carema deriverebbe
dall’espressione latina quadragesimum lapidem ab
Augusta Praetoria, denotando un’origine del paese
posteriore alla fondazione di Aosta da parte dei romani. Un’altra ipotesi è che l’origine del nome sia
Caremam, cioè dogana.
MONUMENTI - Lungo le viuzze e sulle minuscole
piazze si trovano diverse fontane in pietra. La più
caratteristica è quella di via Basilia, fatta costruire
dai conti Challant-Madruzzo in omaggio ai Duchi di
Savoia nel 1571: la stele in granito posta in punta
alla vasca è ornata con stemmi araldici dei Savoia
e dei Re di Francia. Tra le vestigia di sapore alto-
Verde Oro
rt o f r u tt a V a l e
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O
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pane freittone
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di Settim
medievale va ricordata, all’angolo con via Bottero,
la Grand Maison, o Gran Masun, una “casaforte”
che doveva avere in origine funzioni difensive. Sulle
sue robuste pareti in pietra si aprono piccole finestre con inferriate, incorniciate da rustici architravi
e piedritti; si notano sulla facciata resti di stemmi
araldici. Con funzione difensiva anche la Torre degli Ugoni. Segna da lontano il profilo del paesaggio la torre campanaria, alta 60 metri, costruita tra
il 1760 ed il 1769. Agli estremi della conca che fa
da sfondo al paese sono poste, quasi in funzione
di sentinelle, due edifici votivi cari alla devozione
popolare: sulla sinistra la piccola cappella di Siei, e
sulla destra, sopra uno spuntone di roccia, la seicentesca cappella di San Rocco. Sopra uno sperone roccioso in frazione Airale si abbarbicano ancora
i ruderi del Castello di Castruzzone, castello che nel
1357 Amedeo VI ricevette come feudo perpetuo
dal Vescovo di Ivrea, insieme a Carema
PRODUZIONE VINICOLA - La fama e diffusione
del Carema, vino rosso di denominazione di origine controllata, è stata in parte dovuta alla presenza
nel territorio di produzione della azienda canavesana Olivetti, che ha spesso distribuito bottiglie
di carema come omaggio a clienti e fornitori ed in
di Maringoni Massimiliano
e Dos Santos Eliane
MERCATI:
lunedì - La Salle
martedì - Gressoney
venerdì - Donnas
sabato - Issiglio e Pecco
CALDARROSTE
venerdì sabato
domenica
PONT St. MARTIN via Resistenza 3
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Carema
Coordinate
45°35’0’’N 7°49’0’’E
questo modo ha fatto conoscere il vino a persone
provenienti da tutta Italia e dall’estero. La viticoltura
tradizionale canavesana è caratterizzata dalle tipiche tòpie (pergole); anche i vigneti di Carema sono
pergolati sopra la viva roccia composta di eclogiti,
roccia metamorfica di composizione basica levigate dal ghiacciaio pleistocenico
ALL’ALPE MALETTO DI CAREMA - L’Alpe del Maletto è da sempre meta di escursioni e passeggiate
rilassanti, è interessante per gli aspetti paesaggistici, si svolge sul versante sinistro della Dora Baltea
quasi interamente su pregevoli mulattiere e sentieri, tra terrazzamenti, vigneti, toppie, muri a secco e
chiesette. Parecchi i punti panoramici, verso nord e
verso sud del fondo valle e su un lungo tratto della Dora. Il meglio di questi luoghi può essere maggiormente apprezzato in autunno e primavera, ma
anche quando la neve copre le parti alte dei monti
diventa una valida escursione. L’itinerario prende il
via nei pressi del distributore di benzina Esso al termine del rettilineo di Carema 300m, dove una palina
indica il “sentiero dei vigneti”. Si sale rapidamente
(tenendo il sentiero di destra) alla cappella di San
Rocco 384m per proseguire perdendo un po’ quota
alle vigne sopra Carema. All’altezza della partenza di
una monorotaia il bel sentiero si inerpica a sinistra.
sino a percorrere un gola e raggiungere la localita Pra
Signore e Ciampass nei pressi della chiesetta San
Giovanni Battista 940m. Da qui si segue la poderale
sino a raggiungere Passore 1400m. Superato Passore occorre trascurare le strada che sale a sinistra
per procedere in discesa e con sali e scendi raggiungere la località Alpe Maletto 1325m. Alla chiesetta
del Maletto si trovano le indicazioni per percorrere
il sentiero di rientro per Carema. La mulattiera e’
notevole, ben realizzata e sempre ben mantenuta,
taglia in più punti la strada asfaltata proveniente da
Carema. La si percorre piacevolmente, in costante
discesa, passando accanto a interessanti fabbricati
recuperati molto bene mantenendone lo stile.
il Ristorante
ABITANTI 771
DENSITÀ 73,71 ab./ Km²
Nome abitanti caremesi
Patrono san Martino
Giorno festivo 11 novembre
Codice postale 10010
“La Maiola”
Via Piste, 1/A CAREMA (TO)
Tel. 0125 805038 - Fax 0125 801420
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ORARIO: aperto tutti i giorni a pranzo
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CAREMA
SETTIMO VITTONE
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IVREA
BUROLO
BOLLENGO
VIVERONE
LA VIA FRANCIGENA NEL CANAVESE: Il tratto della Via Francigena nel Canavese - o, per meglio dire dell’itinerario che Sigerico, arcivescovo
di Canterbury, percorse nell’anno 990 avendo
cura di annotare le varie tappe suo viaggio - si
snoda tra Pont Saint Martin, uscendo della valle
d’Aosta, per giungere ad Ivrea (punto di sosta
che Sigerico annota con l’antico nome di Everi) e proseguire poi verso Santhià (altro punto
di sosta annotato come Sca Agath) in territorio
biellese.
CARATTERISTICHE DEL PERCORSO
orge al centro dell’abitato di San Giusto Canavese Per il pellegrino che, superato il colle del Gran
San Bernardo, è disceso lungo la valle d’Aosta
sino a Pont Saint Martin su un cammino circondato da aspri rilievi montuosi, il tratto canavesano della Via Francigena si presenta più agevole
ed ameno, caratterizzato, sulla sinistra, dal verde
dei boschi che ricoprono le pendici dell’Anfiteatro morenico di Ivrea. Il percorso è costellato
da una moltitudine di laghetti anch’essi, come i
rilievi morenici, formatisi con il ritiro dei ghiacciai
che nel Pleistocene ricoprivano interamente la
zona. Altri scorci di paesaggio che si presentano
al pellegrino - particolarmente nel tratto che attraversa i comuni di Carema e di Settimo Vittone
- testimoniano l’arte della coltivazione della vite
e la fatica dell’uomo che, nei secoli, ha strappato alle colline i terrazzamenti ove sono collocati i
pergolati, sostenuti dai caratteristici pilun (colonnette in pietra imbiancate con la calce).
Numerosi castelli e solitarie chiesette romaniche punteggiano il percorso ed offrono al pellegrino - in queste terre ove ancora si rinnova il
ricordo di Re Arduino - suggestioni di memorie
medievali: particolarmente antica e ricca di affreschi è la Pieve di San Lorenzo a Settimo Vittone,
mentre alquanto suggestivi, a Bollengo, sono i
ruderi del così detto Gesiun. Suggestioni medievali altrettanto vive si hanno visitando il deambulatorio e la cripta del Duomo di Ivrea che parlano
del vescovo Warmondo, fiero avversario di Re
Arduino.
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La Francigena non era propriamente una via ma
piuttosto un fascio di vie, un sistema viario con
molte alternative che il pellegrino sceglieva in
base ai luoghi dove sapeva di trovare ospitalità
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za dei tragitti. La “Associazione Europea delle Vie Francigene”,
a fini della promozione culturale e turistica di questa importante
eredità storica, propone ai visitatori ben definiti percorsi e strutture
ricettive. Alla associazione “La Via Francigena di Sigerico” di Ivrea
sono affidati i compiti di marcatura del percorso e di assistenza ai
pellegrini e turisti in transito in terra canavesana[1].
Il tratto curato dall’associazione va dall’uscita da Pont Saint Martin sino a Cavaglià, in territorio biellese, per un totale di circa 48
km. Gli altri comuni toccati dal percorso sono: Carema, Settimo
Vittone, Borgofranco d’Ivrea, Montalto Dora, Ivrea, Cascinette
d’Ivrea, Burolo, Bollengo, Palazzo Canavese, Piverone, Viverone,
Roppolo[2].
Nel corso del 2010 è stata completata le segnaletica del “percorso ufficiale”, con le caratteristiche piccole immagini bianche del
pellegrino. Nello spirito di dovuta attenzione all’antico fascio di vie,
che offrivano al viandante molteplici alternative possibili, sono in
corso di rilevamento alcune varianti che contribuiscono alla valorizzazione storico-culturale del territorio. Particolarmente suggestiva
è la variante che da Settimo Vittone sale tra i rilievi dell’anfiteatro
morenico di Ivrea, toccando i comuni di Nomaglio, e Andrate per
ridiscendere verso Chiaverano e proseguire per Burolo e Bollengo.
Interessante è anche la variante che da Torre Balfredo (frazione
di Ivrea) giunge ad Albiano ed Azeglio (nei cui pressi tocca il Santuario di Sant’Antonio Abate, già ospizio per i pellegrini risalente
almeno al XIII secolo[3]) per proseguire verso Santhià.
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