Disclaimer Questi appunti nascono ad uso e consumo dell’autore, che li ha TEXati in diretta durante il corso di Elementi di Topologia Algebrica tenuto dal professor Petronio presso l’Universit`a di Pisa. Come conseguenza possono essere molto poco chiari, difettare di qualcosa, eccetera eccetera, anche e sopratutto perch´e a un certo punto l’autore ha smesso di seguire il corso (mancano le ultime lezioni) e non li ha pi` u risistemati. Sentitevi liberi di insultarmi, segnalare sviste, eccetera presso [email protected]. SPAM: ascoltate www.radiocicletta.it Nota: (disegno) o cose simili significa “qua per capire meglio le cose servirebbe il disegno, fra l’altro disponibile negli appunti di Petronio sulla sua pagina, ma purtroppo non sono ancora in grado di farlo al volo in LATEX”. Rosario “Mufasa” Mennuni Indice 1 25/09 1.1 Piccola infarinatura di Teoria delle Catgorie . . . . . . . . . . 1.2 Simplessi geometrici e orientazioni . . . . . . . . . . . . . . . 2 2 5 2 26/09 2.1 Facce e orientazioni indotte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Complessi di catene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Omologia dei complessi simpliciali . . . . . . . . . . . . . . . 7 7 9 10 3 02/10 12 3.1 Suddivisioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 4 03/10 14 4.1 Politopi convessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 4.2 Orientazione dei politopi convessi . . . . . . . . . . . . . . . . 17 5 08/10 19 5.1 Fine dimostrazioni lasciate in sospeso . . . . . . . . . . . . . 19 5.2 Suddivisioni simpliciali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 5.3 Primi due gruppi di omologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 6 10/10 22 6.1 Ancora sui primi due gruppi di omologia . . . . . . . . . . . . 22 6.2 Presentazioni dei primi gruppi di omotopia e omologia . . . . 25 7 15/10 26 7.1 Propriet` a dell’omologia simpliciale . . . . . . . . . . . . . . . 26 7.2 Il Teorema di approssimazione simpliciale . . . . . . . . . . . 27 1 8 17/10 30 8.1 Invarianza per omotopia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 8.2 Variet` a differenziabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 8.3 Variet` a pl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 9 22/10 9.1 Complessi simpliciali astratti 9.2 Orientazione e omologia . . . 9.3 Grado . . . . . . . . . . . . . 9.4 Sottovariet` a e punti regolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 35 36 37 37 10 24/10 38 10.1 Grado in contesto liscio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 11 29/10 42 11.1 Alcune conseguenze dei risultati precedenti . . . . . . . . . . 42 11.2 Classificazione pl delle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 12 31/10 45 12.1 Classificazione delle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 12.2 Omologia relativa per complessi simpliciali finiti . . . . . . . . 47 13 05/11 48 13.1 Successioni esatte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 13.2 Successioni esatte lunghe in omologia . . . . . . . . . . . . . . 49 14 07/11 14.1 Interpretazione geometrica di dn 14.2 Omologia ridotta . . . . . . . . . 14.3 Omologia ridotta delle sfere . . . 14.4 Ancora algebra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 53 53 55 56 15 12/11 58 15.1 Dimostrazione e applicazioni di Mayer-Vietoris . . . . . . . . 58 15.2 Propriet` a assiomatiche dell’omologia . . . . . . . . . . . . . . 62 16 14/11 62 16.1 Equivalenza di omologie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 16.2 Altre teorie omologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 17 19/11 66 17.1 Complessi simpliciali astratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 17.2 cw-complessi e loro omologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 18 21/11 70 2 19 26/11 70 19.1 Numero di Lefschetz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 19.2 Omologia singolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 20 28/11 75 20.1 Propriet` a dell’omologia singolare . . . . . . . . . . . . . . . . 75 20.2 Omologia singolare relativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 20.3 Escissione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 21 03/12 80 21.1 Escissione in omologia singolare . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 21.2 Omologia con coefficienti in un gruppo . . . . . . . . . . . . . 82 3 1 25/09 Mandare una mail a [email protected] perch´e possa creare la mailing list del corso. I quarti d’ora accademici sono a fine ora. 1.1 Piccola infarinatura di Teoria delle Catgorie Non insisteremo troppo sugli aspetti categoriali, tuttavia: Definizione 1.1. Una categoria C `e il dato di • Una classe (possibilmente propria) di oggetti Obj(C) • per ogni X, Y ∈ Obj(C), un insieme HomC (X, Y ) (eventualmente vuoto) • per ogni X, Y, Z ∈ obj(C) una legge HomC (X, Y ) × HomC (Y, Z) → Hom(X, Z), (f, g) 7→ g ◦ f (nonostante la notazione, non `e detto che f, g siano funzioni) tali che • ∃1X ∈ Hom(X, X) tale che f ◦ 1X = f , 1X ◦ f = f • f ◦ (g ◦ h) = (f ◦ g) ◦ h Esempio 1.2. Alcuni esempi di categorie: • La categoria Set, dove la classe degli oggetti `e V , gli omomorfismi sono le mappe e ◦ `e la composizione di mappe. 1X `e IdX • La categoria Top, con oggetti gli spazi topologici e come mappe le funzioni continue. • La categoria Group, con oggetti i gruppi e omomorfismi gli omomorfismi di gruppi. • La categoria Inj, sottocategoria di Set dove le mappe sono solo quelle iniettive. Analogamente Surj e Bij. Esempio 1.3. Esempi di categorie dove gli omomorfismi non sono mappe: • Sia X un poset. Definiamo Obj(C) = X e, per ogni x, y ∈ X definiamo (x, y) se x≤y HomC (x, y) = ∅ altrimenti Inoltre la regola di composizione Hom(x, y) × Hom(y, z) → Hom(x, z) `e definita come il vuoto a meno che x ≤ y ≤ z dov’`e definita come ci si aspetta. 4 • La categoria C dove gli oggetti sono i gruppi e HomC (G, H) `e l’insieme delle classi di coniugio di omomorfismi G → H, dove ϕ, ψ sono coniugate se esiste h ∈ H tale che ∀g ∈ G ψ(g) = h ◦ ϕ(g) ◦ h−1 . La composizione `e definita come ci si aspetta, verificando la buona definizione, e chiaramente 1G = [IdG ] = {IdG }. (considerando la categoria KTop (spazi topologici + classi di omotopia) penso che ogni volta che una relazione di equivalenza si comporta bene con la composizione si ha un altro esempio di categoria dove i morfismi non sono funzioni, ma non ho controllato che sia vero). Lemma 1.4. In una categoria C • 1X `e unico • Se f ∈ Hom(X, Y ) ha un inverso sinistro g ∈ Hom(Y, X) (cio`e g ◦ f = 1X ) `e un inverso destro h ∈ Hom(Y, X) (cio`e f ◦ h = 1Y ), allora h = g e lo chiameremo inverso. • L’inverso `e unico (se esiste). Dimostrazione. • Routine. • g = g ◦ 1Y = g ◦ (f ◦ h) = (g ◦ f ) ◦ h = 1X ◦ h = h. • Ovvio. Definizione 1.5. Se esiste f ∈ Hom(X, Y ) invertibile, f `e un isomorfismo e X `e isomorfo ad Y . Definizione 1.6. La categoria opposta a C `e denotata con OP(C) ed `e quella con gli stessi oggetti, ma con HomOP(C) (X, Y ) = HomC (Y, X) e f ◦OP(C) g = g ◦C f . Definizione 1.7. Se C `e una categoria in cui gli oggetti sono insiemi muniti di una qualche struttura e Hom(X, Y ) sono le mappe da X → Y che preservano la struttura, posso definire la categoria delle coppie derivata da C come la categoria P dove n o i Obj(P) = A → X | A, X ∈ Obj C, i ∈ Hom(A, X), i iniettiva i j Hom(A → X, B → Y ) = {(p, q) |↓ commuta} q A j X B p 5 i Y Definizione 1.8. Siano C, D categorie. Un funtore covariante F da C a D `e il dato di • Una funzione-classe F : Obj(C) → Obj(D) • F : HomC (X, Y ) → HomD (F (X), F (Y )) tali che D • F (1C X ) = 1F (X) • F (f ◦C g) = F (f ) ◦D F (g) Osserviamo che Lemma 1.9. Se X, Y ∈ Obj(C) sono isomorfi in C, allora F (X), F (Y ) sono isomorfi in D. Dimostrazione. Ovvio. Definizione 1.10. Un funtore controvariante F `e il dato di • Una funzione-classe F : Obj(C) → Obj(D) • F : HomC (X, Y ) → HomD (F (Y ), F (X)) (gira le frecce) tale che • F (1X ) = 1F (X) • F (f ◦ g) = F (g) ◦ F (f ) Osserviamo che un funtore controvariante C → D induce un funtore covariante C → OP(D) e viceversa. L’idea della topologia algebrica `e quella di costruire funtori da Top o sue sottocategorie a categorie di tipo algebrico, con l’idea che in ambito algebrico `e pi` u facile fare i conti. Questo permette di ottenere invarianti. Un altro Esempio 1.11. Sia G la categoria dei gruppi abeliani e G0 un gruppo1 fissato. Costruisco un funtore covariante F : G → G definito come • F (G) = Hom(G0 , G), dove l’operazione di gruppo dell’oggetto a destra `e la moltiplicazione posto per posto, cio`e (ϕ ◦ ψ)(g0 ) = ϕ(g0 ) · ψ(g0 ) (la buona definizione sfrutta l’abelianit`a, altrimenti non `e un omomorfismo). • Se f ∈ Hom(G, H), definisco F (f ) : Hom(G0 , G) → Hom(G0 , H) come ϕ 7→ f ◦ ϕ. 1 Non mi `e chiaro se `e necessario che sia anch’esso abeliano 6 La definizione `e ben posta, nel senso che F (IdG )(ϕ) = IdG ◦ϕ = ϕ ⇒ F (IdG ) = IdHom(G0 ,G) e che F (f ◦`)(ϕ) = f ◦`◦ϕ = F (f )(f (`)(ϕ)) = (F (f )◦F (`))(ϕ) ⇒ F (f ◦`) = F (f )◦F (`) Sempre considerando G e G0 , se definisco F : G → G come F (G) = Hom(G, G0 ) e F (f ) : ϕ 7→ ϕ ◦ f ho un funtore controvariante. Definizione 1.12. Siano F1 , F2 funtori covarianti da C a D. Una trasformazione naturale da F1 ad F2 `e il dato di un’applicazione ϕX ∈ HomD (F1 (X), F2 (X)) per ogni X ∈ C tale che per ogni X, Y ∈ C e per ogni f ∈ HomC (X, Y ) commuti il diagramma F1 (X) ϕX F2 (X) 1.2 F1 (f ) F1 (Y ) ϕY F2 (f ) F2 (Y ) Simplessi geometrici e orientazioni Definizione 1.13. Dati v0 , . . . , vn ∈ RN , definisco l’inviluppo convesso Conv(v0 , . . . , vn ) come il pi` u piccolo convesso che contiene v0 , . . . , vn . ` facile vedere che questo esiste (RN `e convesso quindi la famiglia da E intersecare `e non vuota). P P Lemma 1.14. Conv(v0 , . . . , vn ) = { ni=0 ti vi | ti ≥ 0, ni=0 ti = 1} Dimostrazione. Se D `e l’insieme delle combinazioni convesse dei vi , per mostrare che D `e convesso basta notare che X X X λ ti vi + (1 − λ) s i vi = (λti + (1 − λ)si )vi Mostriamo l’altra inclusione per induzione sul numero k dei ti non nulli. Se k = 1 `e ovvio. Altrimenti sia t0 > 0 e tj 6= 0 con j > 0. Si ha t0 < 1, e n X i=0 ti vi = t0 v0 +(1 − t0 ) |{z} ∈C n X i=1 | ti vi 1 − t0 {z } ∈C per ipotesi induttiva e questo punto appartiene a tutti i convessi che contengono i vi . 7 Proposizione 1.15. Siano v0 , . . . , vn ∈ RN . Sono equivalenti: 1. Non esiste un sottospazio affine di dimensione ≤ n − 1 che li contiene → −−→ 2. − v− 0 v1 , . . . , v0 vn sono linearmente indipendenti P P 3. Se ni=0 ti vi = 0 e ni=0 ti = 0 allora ∀i ti = 0 4. P Ogni elemento di Conv(v0 , . . . , vn ) si scrive in maniera unica come n i=0 ti vi . Dimostrazione. • (1) ⇔ (2) segue dal fatto che il pi` u piccolo sottospazio → −−→ affine che li contiene `e v0 + Span(− v− 0 v1 , . . . , v0 vn ). • (2) ⇒ (3) `e ovvio. • Per ¬(3) ⇒ ¬(2) e ¬(4) ⇒ ¬(2) rimonto una combinazione lineare che falsifica l’indipendenza. • Per (3) ⇒ (4) basta fare la differenza dei coefficienti e deve fare 0. P P • Per ¬(3) ⇒ ¬(4), se ho ti = 0 con i ti non tutti nulli e ti vi = 0, ho ti sia positivi che negativi. Senza perdita di generalit`a siano t0 , . . . tp > 0, tp+1 , . . . tq < 0 e il resto nulli. Sia a= p X ti = i=0 Ho che p X ti i=0 a 1 X (−ti ) i=p+1 vi = 1 X −ti a i=p+1 sono due combinazione convesse diverse (i punti sono diversi!) che danno lo stesso punto. Definizione 1.16. Se vale una delle precedenti condizioni equivalenti v0 , . . . , vn si dicono affinemente indipendenti e Conv(v0 , . . . , vn ) si dice n-simplesso (geometrico). Definizione 1.17. Una orientazione per un R-spazio vettoriale V di dimensione finita `e una scelta di ω ∈ {B | base di V }∼ dove ∼ `e la relazione d’equivalenza che identifica due basi se la matrice di cambiamento di base ha determinante positivo. Dare un’orientazione per uno spazio affine vuol dire darne una per la giacitura. 8 Osserviamo che le orientazioni possibili sono solo due. Notazione 1.18 (a breve). Se σ `e un n-simplesso, σ ¯ `e il pi` u piccolo sottospazio affine di RN che contiene σ. Definizione 1.19. Un’orientazione di σ `e equivalentemente definita come: 1. Un’orientazione per σ ¯. 2. Un ordinamento dei vertici a meno di permutazioni pari (cio`e elementi di An+1 ). Verifichiamo che questa `e una buona definizione. Dimostrazione. Ad ogni ordinamento v0 , . . . , vn dei vertici associo la classe → −−→ e una base grazie alla Proposidi equivalenza della base [(− v− 0 v1 , . . . , v0 vn )] (` zione 1.15). Per mostrare la buona definizione devo mostrare che la matrice di cambiamento di base relativa ad una permutazione dei vi ha determinate positivo se e solo se la permutazione `e pari. Basta chiaramente mostrare che applicando una trasposizione la matrice di cambiamento di base cambia segno, e questo `e ovvio dalle propriet`a del determinante, controllando sulle trasposizioni (m, m + 1) (che generano Sn ). Infatti, ad esempio, se come → −−→ −−→ trasposizione considero (0, 1), ho che − v− 1 vn = v0 vn − v0 v1 . La matrice di cambiamento di base `e l’identit` a, tranne che per la prima riga che `e fatta da tutti −1. Se invece considero (1, 2) (gli altri casi sono analoghi) la matrice `e l’identit` a con le prime due righe scambiate. 2 2.1 26/09 Facce e orientazioni indotte Definizione 2.1. Una k-faccia `e l’inviluppo convesso di di certi vi0 , . . . , vik . Esercizio 2.2. Una k-faccia `e un k-simplesso. Definizione 2.3. Se σ = Conv(v0 , . . . , vn ), definisco la parte interna nX o X int(σ) = t i vi | ti = 1, ∀i ti > 0 ` facile vedere che coincide con la parte interna nell’usuale senso della E topologia euclidea sul minimo sottospazio affine che contiene σ. Osserviamo inoltre che σ `e unione disgiunta delle parti interne delle sue facce. Definizione 2.4. Siano σ un n-simplesso orientato e τ una faccia di codimensione 1. L’orientazione indotta da σ su τ `e equivalentemente definita come 9 1. La cosiddetta regola della “normale esterna per prima”: (u1 , . . . , un ) base di τ¯ `e positiva se, scelto w ∈ σ ¯ esterno a σ si ha che w, u1 , . . . , un `e una base positiva per σ ¯ dove, considerando che τ¯ `e un iperpiano in σ ¯ e σ giace in uno dei due semispazi determinati da τ¯, “esterno” vuol dire che punta nell’altro semispazio. 2. Se (v0 , . . . , vn ) `e un ordinamento positivo e τ `e opposta a vi (le facce di codimensione 1 sono opposte ad un vertice), allora (−1)i ·(v0 , . . . , vˆi , . . . , vn )2 `e positivo per τ . Precisazione: per un punto (visto che non ha senso parlare di basi) un’orientazione `e semplicemente un segno + o −. (esempi di calcolo dell’orientazione indotta con entrambe le definizioni via disegni, poi se ho tempo li aggiungo. Se qualcuno li vuole fare con tikz. . . ) Ora verifichiamo l’equivalenza delle precedenti. Dimostrazione. Considero l’orientazione per cui con la regola (2) (v0 , . . . , vn ) → −−→ e positivo. Considero τ = `e positivo, cio`e secondo la (1) − v− 0 v1 , . . . , v0 vn ` → e esterno a τ . Devo vedere Conv(v0 , . . . , vˆi , . . . , vn ). Per i = 0 ho che − v− 0 v1 ` − − → − − → → −−→ −−→ e positiva. che v1 v2 , . . . , v1 vn `e positiva secondo (1), cio`e − v− 0 v1 , v1 v2 , . . . , v1 vn ` Basta scrivere la matrice di cambiamento di base, che `e l’identit`a tranne che → e un vettore per la prima riga che `e (1, −1, . . . , −1). Nel caso i > 0 ho che − v− i v0 ` − − → −−→ esterno. Devo vedere che l’ordinamento dato da (2) v0 v1 , . . . , vd 0 v1 , . . . , v0 vn → −−→ −−→ i hanno segno (−1)i , cio`e che − v− i v0 , v0 v1 , . . . , vd 0 vi , . . . , v0 vn hanno segno (−1) . − − → − − → Dato che vi v0 = −v0 vi , la matrice di cambio base ha come prima colonna (0, . . . , 0, −1, 0, . . . , 0)t , dove il −1 `e in posizione i e la i-esima riga `e per il resto fatta di 0, gli altri blocchi sono identit`a o 0 nei posti giusti e quindi torna. Proposizione 2.5. Siano F, G ⊂ σ facce distinte di codimensione 1. τ = F ∩ G `e una faccia di codimensione 2. Scelta un’orientazione su σ le orientazioni su τ indotte “passando da F ” e “passando da G” sono opposte fra loro. “Passando da” vuol dire l’orientazione indotta su τ dall’orientazione indotta su F da σ. Vedremo due dimostrazioni. Dimostrazione. Siano wF esterno ad F lungo τ in F¯ , e wG analogamente per G. Allora wF + wG `e esterno sia ad F che a G lungo τ = F ∩ G in σ ¯ . Sia u2 , . . . , un base di τ¯. Mi chiedo se `e positiva rispetto all’orientazione σ F τ . Questo succede se (definizioni) wF + wG , wF , u2 , . . . , un `e positiva in σ ¯ . Similmente `e positiva rispetto a σ G τ se wF + wG , wG , u2 , . . . , un `e positiva in σ ¯ . La matrice di cambio ha in cima il blocco 1 1 0 −1 2 Il cappuccio denota il vettore rimosso. 10 e per il resto `e l’identit` a, e ha determinante −1. Vediamo la seconda Dimostrazione. Sia i < j, cio`e F = v0 , . . . , vˆi , . . . , vn , G = v0 , . . . , vˆj , . . . , vn , con v0 , . . . , vn positiva per σ. L’orientazione su F `e (−1)i (v0 , . . . , vˆi , . . . , vn ), quella indotta da F su τ `e (−1)i (−1)j−1 (v0 , . . . , vˆi , . . . , vˆj . . . , vn ) (il j − 1 `e perch´e ho tolto vi prima di vj ). L’orientazione indotta da G su τ `e invece (−1)i (−1)j (v0 , . . . , vˆi , . . . , vˆj , . . . , vn ) perch´e tolgo prima vj . 2.2 Complessi di catene Definizione 2.6. Un complesso di catene `e una successione di gruppi abeliani con omomorfismi infinita verso sinistra ∂n+1 ∂ ∂ ∂ n 1 0 Cn−1 . . . −→ C0 −→ 0 . . . → Cn+1 −−−→ Cn −→ tale che ∀n ∂n ◦ ∂n+1 = 0, cio`e Im ∂n+1 ⊆ Ker ∂n . Definisco Zn (C) = Ker ∂n (sono gli n-cicli ) e le Cn le chiamo n-catene. Bn = Im ∂n+1 sono invece i bordi. Ho che ∂n ◦ ∂n+1 = 0 ⇔ Bn (C) ⊂ Zn (C) Definisco Hn (C) come Zn (C)B (C), che `e chiaramente un gruppo abeliano. n Questo `e l’n-esimo gruppo di omologia del complesso di catene C. Introduciamo una struttura categoriale sui complessi di catene. Se C,C 0 sono complessi di catene chiamo mappa tra complessi di catene ϕ una successione di omomorfismi di gruppi abeliani ϕn : Cn → Cn0 tale che ∀n ∈ N Cn ϕn Cn0 ∂n Cn−1 0 ∂n ϕn−1 0 Cn−1 (d’ora in poi la freccia circolare al centro significa che il diagramma commuta). Definisco la categoria che ha come oggetti i complessi di catene e come morfismi le mappe tra complessi di catene. Se ϕ : C → C 0 `e una mappa tra complessi di catene, ϕ induce per ogni naturale n una ϕ∗,n : Hn (C) → Hn (C 0 ). Verifichiamolo. Dimostrazione. Ho Hn = Zn (C)B (C) e vorrei definire per z ∈ Zn (C) la n mappa come ϕ∗,n ([z]) = [ϕn (z)]. Devo verificare che 11 • ϕn (z) ∈ Zn (C 0 ) • La buona definizione, cio`e che z ∈ Bn (C) ⇒ ϕn (z) ∈ Bn (C 0 ) Entrambi i fatti seguono facilmente dai diagrammi commutativi. La prima perch´e (guardare il diagramma) ∂n0 (ϕn (z)) = ϕn−1 (∂n (z)) = ϕn−1 (0) = 0 La seconda usando sempre che i diagrammi opportuni commutano. Viene fuori che z ∈ Bn (C) ⇒ z = ∂n+1 (w) w ∈ Cn+1 0 ⇒ ϕn (z) = ϕn (∂n+1 (w)) = ∂n+1 (ϕn+1 (w)) ⇒ ϕn (z) ∈ Bn (C 0 ) Definizione 2.7. In termini categoriali abbiamo visto come ad un complesso di catene corrisponda una successione {Hn (C)}+∞ n=0 di gruppi abeliani e co0 me ad una mappa ϕ : C → C corrisponda una successione ϕ∗ : {Hn (C)} → {Hn (C 0 )} di omomorfismi di gruppi abeliani. Chiamo questo funtore H: `e un funtore covariante dalla categoria dei complessi di catene a quella delle successioni di gruppi abeliani. 2.3 Omologia dei complessi simpliciali Definizione 2.8. Un complesso simpliciale (geometrico) finito K `e un insieme finito di simplessi in RN tale che 1. Se σ ∈ K e τ `e faccia di σ, allora τ ∈ K. 2. Se σ1 , σ2 ∈ K, allora σ1 ∩ σ2 `e una faccia di entrambi (possibilmente vuota3 ). S Notazione 2.9. |K| = σ∈K σ, K [n] = {σ ∈ K | dim(σ) = n}4 , K (n) = Sn [n] i=0 K . Definizione 2.10. Sia K un complesso simpliciale in cui ogni simplesso ha una fissata arbitraria orientazione. Il complesso di catene simpliciale di K, denotato Cn (K), `e il gruppo abeliano libero generato da K [n] , cio`e l’insieme delle combinazioni lineari formali a coefficienti in Z degli n-simplessi. Se σ ∈ K [n] e τ `e una faccia di codimensione 1 di σ pongo +1 se τ `e orientato come faccia di ∂σ ε(σ, τ ) = −1 altrimenti 3 4 Pensando il vuoto come faccia −1-dimensionale Questa notazione non `e standard. 12 Definisco ∂n (σ) = X ε(σ, τ ) · τ τ ∈K [n−1] τ ⊂σ Estendo ∂n : Cn (K) → Cn−1 (K) per Z-linearit`a. Corollario 2.11 (della Proposizione 2.5). ∀σ ∈ K [n] ∂n−1 ◦ ∂n (σ) = 0 Sketch di dimostrazione. Se F, G sono orientate come in ∂σ e τ `e orientato come in ∂F si ha che ε(σ, F ) = +1, ε(σ, G) = +1 e per la Proposizione 2.5 si ha ε(F, τ ) = +1 e ε(G, τ ) = −1. Ora il coefficiente di τ in ∂n−1 ∂n σ `e ε(σ, F )ε(F, τ ) + ε(σ, G)ε(G, τ ) = 0. Poich´e Cn (K) `e un complesso di catene sono definiti i gruppi di omologia Hn (K). Questa sar` a l’omologia simpliciale di K. Il goal `e provare che Hn (K) = Hn (|K|) in maniera da poter buttare via la struttura simpliciale e usare l’omologia per studiare spazi topologici. Cominciamo mostrando che Proposizione 2.12. Hn (K) non dipende dalle orientazioni dei simplessi di K a meno di isomorfismo. e lo stesso complesso di K con altre orientazioni dei Dimostrazione. Sia K e estenendo per Z-linearit`a la simplessi. Definisco ϕn : Cn (K) → Cn (K) mappa ϕn (σ) = ∂(σ) · σ dove δ(σ) = +1 −1 se e σ ha la stessa orientazione in K, K altrimenti ` ovvio che ϕn `e un isomorfismo. Affermo che E Cn (K) ϕn K ∂n Cn−1 (K) ϕn−1 K ∂n e e Cn (K) e Cn−1 (K) e questo basta perch´e ϕ∗ `e l’isomorfismo indotto dalle ϕ−1 n . Se σ ∈ Cn (K) ho che X X e ϕn−1 (∂n σ) = ϕn−1 εK (σ, τ ) · τ = εK (σ, τ ) · δ(τ ) = ∂nK (ϕn σ) X e e = ∂nK (δ(σ)σ) = δ(σ) · εK (σ, τ ) ·τ | {z } δ(σ)·εK (σ,τ )·δ(τ )=εK (σ,τ ) 13 3 02/10 Finora stiamo seguendo il Matveev (con pi` u dettagli, dovrebbe essere molto stringato, tipo Jech). 3.1 Suddivisioni Vogliamo mostrare che l’omologia non dipende dalle triangolazioni. La strada sar` a questa: Definizione 3.1. L `e una suddivisione di K se |L| = |K| e ogni τ ∈ L `e contenuto in qualche σ ∈ K. Proposizione 3.2. Se L `e una suddivisione di K, allora ogni σ ∈ K `e unione di elementi di L. S S Osserviamo che se X = {A | A ∈ A} = {B | B ∈ B} e ∀B ∈ B ∃A ∈ A B ⊆ A, pu` o comunque essere vero che ogni A ∈ A `e unione di elementi di B, quindi bisogner` a usare le ipotesi. Si fa un controesempio facile ricoprendo un segmento prima con due pezzi e poi con tre (servirebbe il disegno). Teorema 3.3. Se L `e una suddivisione di K, allora ∀n Hn (L) ∼ = Hn (K). Teorema 3.4. Se |K1 | = |K2 |, allora K1 e K2 hanno una suddivisione comune. Notazione 3.5. Se σ `e un simplesso, indico con S(σ) il minimo sottospazio affine che lo contiene. Ricordiamo che con “parte interna” int(σ) intendiamo la parte interna topologica, che coincide con l’unione delle facce di codimensione positiva. Lemma 3.6. Se τ ⊂ σ sono simplessi, η `e una faccia di σ e η ∩ int(τ ) 6= ∅, allora τ ⊂ η. Dimostrazione. Dato che η = σ ∩ S(η) e τ ⊂ σ, se τ 6⊂ η, sia p ∈ τ \ S(η), perch´e il punto non pu` o essere sullo stesso piano perch´e senn`o starebbe in η. Allora ho che i punti di τ ∩ η non sono interni a τ perch´e per convessit`a in τ ci sono combinazioni convesse di p con qualche altro punto, e quindi τ interseca η sulla frontiera. (Ci sarebbe da fare un disegno per chiarezza.) Dimostriamo la 3.2: Dimostrazione. Sia σ ∈ K. Devo mostrare che σ `e unione di elementi di L. Dato x ∈ σ voglio quindi trovare τ ∈ L tale che x ∈ τ ⊂ σ. Poich´e |L| = |K| 3 x, esiste τ ∈ L tale che x ∈ τ . Posso supporre che x ∈ int(τ ), a meno di passare a una faccia dimensione pi` u piccola. Pi` u precisamente considero il pi` u piccolo τ ∈ L tale che x ∈ τ . Per ipotesi esiste σ 0 ∈ K tale 0 che τ ∈ σ . Usando il Lemma precedente, se η = σ ∩ σ 0 , abbiamo che τ ⊂ σ 0 e int(τ ) ∩ η 6= ∅ (contiene x), quindi per il Lemma τ ⊂ η, ma η ⊂ σ. 14 Definizione 3.7. Se L suddivide K, data τ ∈ L, il suo antenato a(τ ) ∈ K il pi` u piccolo simplesso di K che contiene τ . Convengo di orientare τ ∈ L[n] come a(τ ) se dim(a(τ )) = dim(τ ), a caso altrimenti. ` vero che: Proposizione 3.8. E [ [ τ 1. σ ∈ K ⇒ σ = τ= τ ∈L a(τ )=σ τ ∈L[n] a(τ )=σ 2. Se σ ∈ K [n] , η ∈ K [n−1] , η ⊂ σ, u ∈ L[n−1] tale che a(u) = η, allora esiste un unico τ ∈ L[n] tale che a(τ ) = σ e u ⊂ τ . Inoltre ε(σ, η) = ε(τ, u). 3. τ ∈ L[n−1] e a(τ ) ∈ K [n] , allora esistono esattamente due β ∈ L[n] tali che τ ⊂ β e a(β) = a(τ ). Inoltre date siffatte β1 , β2 , si ha ε(β1 , τ ) + ε(β2 , τ ) = 0. 4. Se β, β 0 ∈ L[n] e a(β) = a(β 0 ) ∈ K [n] , allora β e β 0 sono unite da una τ sequenza di passaggi5 β − → β 0 come nel punto precedente. Dimostrazione. Disegni. La dimostrazione del Teorema 3.3, che ci accingiamo a dare, dipende solo dalle propriet` a elencate nella Proposizione 3.8. Vedremo altri contesti in cui queste propriet` a varranno e ci far`a comodo avere il Teorema, quindi useremo solo queste propriet` a. Dimostrazione. Definiamo ψn : Cn (K) → Cn (L) estendendo linearmente la P mappa ψn (σ) = τ . Le catene in L sono molte di pi` u, quindi non [n] τ ∈L a(τ )=σ ci aspettiamo un isomorfismo di catene. Tuttavia riusciamo ad avere un isomorfismo in omologia. Dobbiamo dimostrare che: L 1. ∂n−1 ◦ ψn = ψn−1 ◦ ∂nK , cio`e la famiglia {ψn }∞ e una mappa fra n=0 ` complessi di catene e questo implica che ψn ∗ : Hn (L) → Hn (K) `e ben definita ed `e un omomorfismo (come gi`a dimostrato nella scorsa lezione). 2. ∀z ∈ Zn (L) ∃w ∈ Zn (K) z = ψn (w) (questo implica la surgettivit`a di ψn ∗ ). 3. ∀z ∈ Zn (K) ψn (z) ∈ Bn (L) ⇒ z ∈ Bn (K) (questo implica l’iniettivit`a di ψn ∗ Dimostriamolo: 5 La freccia non `e una funzione! 15 1. Basta fare le verifiche su σ ∈ K [n] . Ma X X L L τ = ∂n−1 (ψn (σ)) = ∂n−1 τ ∈L[n] τ ∈L[n] a(τ )∈σ a(τ )∈σ e ψn−1 (∂nK (σ)) = ψn−1 X X ε(τ, x)x (1) x∈L[n−1] x⊂τ ε(σ, η)η = η∈K [n−1] η⊂σ X X η∈K [n−1] x∈L[n−1] η⊂σ a(x)=η ε(σ, η)x (2) Nella 1 e nella 2 sommo simplessi x ∈ L[n−1] con x ⊂ σ. Ho due casi: o a(u) = σ, e allora nella 2 non compare, mentre nella somma 1, per la terza propriet`a della Proposizione 3.8, ci sono esattamente due facce di dimensione maggiore di uno che ce l’hanno come antenato e su cui inducono orientazione opposta. L’altro caso `e che a(u) = η ⊂ σ, con η ∈ K [n−1] . In questo caso nella 1, per la seconda propriet`a della Proposizione 3.8, vi compare esattamente una volta, come nella 2, e con lo stesso coefficiente. 2. Siano σ ∈ K [n] , β, β 0 ∈ L[n] , con a(β) = a(β 0 ). So che ∂nL (z) = 0, quindi in particolare in ∂nL (z) hanno coefficiente 0 tutti i τ ∈ L[n−1] con a(τ ) = σ. Usando la terza e quarta propriet`a della Proposizione 3.8 abbiamo che β e β 0 hallo lo stesso coefficiente in z, perci`o z = ψn (w), con w ∈ Cn (K). Vorremmo dire che `e immagine di una catena. Ora 0 = ∂nL (z) = ∂nL ψn (w) = ψn−1 (∂nK w) e per iniettivit` a di ψn−1 ∂nK w = 0, per cui w ∈ Zn (K). L (u), come prima: in ∂ L (u) hanno coefficiente nullo 3. Se ψn (z) = ∂n+1 n+1 tutti gli η ∈ L[n] , con a(η) ∈ K [n+1] . Usando sempre la terza e la quarta propriet` a vediamo che in u tutti i simplessi θ ∈ Ln+1 che hanno come a(θ) un certo σ ∈ K [n+1] hanno lo stesso coefficiente (come prima). Perci` o u = ψn+1 (w) con w ∈ Cn+1 (K). Ora L L K ψn (z) = ∂n+1 (u) = ∂n+1 (ψn+1 (w)) = ψn (∂n+1 (w)) K (w). ma ψn `e inettiva e quindi z = ∂n+1 4 03/10 La lezione del mercoled`ı verr`a probabilmente spostata al Marted`ı dalle 18 alle 20 in sala seminari. petronio ci confermer`a via mail. 16 4.1 Politopi convessi Vogliamo ancora dimostrare il 3.4. Ricordiamo alcuni risultati sugli insiemi convessi. Lemma 4.1. Se X ⊂ RN `e convesso, esiste un unico sottospazio affine di dimensione massimale in cui X ha punti interni. Definizione 4.2. Questo sottospazio `e denotato con S(X). Inoltre X ⊆ S(X). Dimostrazione. Se X = ∅ `e banale. Altrimenti esiste F di dimensione massima in cui X ha punti interni. Mostriamo che X ⊆ F . Se x ∈ X \ F per convessit` a trovo dei punti interni nel sottospazio affine generato da F ed x, contro la massimalit` a. Mostriamo ora l’unicit`a. Se F1 6= F2 sono come sopra, allora X `e contenuto in un sottospazio di dimensione pi` u bassa e quindi non ha punti interni in F1 , F2 . Corollario 4.3. Se X `e convesso, `e ben definita dim(X) = dim(S(X)). Definizione 4.4. Se X `e convesso, chiamo H semispazio in RN di supporto se X ⊂ H. Lemma 4.5. Se X ⊂ RN `e convesso e chiuso, e inoltre intRN (X) 6= ∅ (cio`e F (X) = RN ), allora [ ∂X = {X ∩ ∂H | H semispazio di supporto} Dimostrazione. “⊃” `e ovvia. Viceversa, sia x ∈ ∂X. Prendo yn successione di punti in RN \ X tale che yn → x. Sia xn ∈ X il punto di X di minima −xn distanza da yn . Consideriamo6 kyynn −x → v ∈ S N −1 . Ora `e facile vedere nk che H = x + z ∈ RN | hz, vi ≤ 0 `e un semispazio di supporto per X. Definizione 4.6. Chiamo politopo convesso in RN l’inviluppo convesso di un numero finito di punti. Ricordiamo che (Lemma 1.14) ( k X Conv(p1 , . . . , pk ) = ti pi i=1 k X ti = 1, ti ≥ 0 ) i=1 Proposizione 4.7. Dati p1 , . . . , pk ∈ RN , esiste un unico sottoinsieme minimale {v1 , . . . , vh } ⊂ {p1 , . . . , pk } tale che Conv(p1 , . . . , pk ) = Conv(v1 , . . . , vh ). 6 Questo serve perch´e l’iperpiano potrebbe non essere unico. 17 Definizione 4.8. L’insieme della proposizione precedente `e l’insieme dei vertici. Dimostrazione. Basta notare che p1 ∈ Conv(p2 , . . . , pk ) ⇔ Conv(p2 , . . . , pk ) (semplice verifica). Partendo da C = {p1 , . . . , pk } scarto un punto tolto il quale l’inviluppo convesso non cambia, e reitero finch´e posso, ottenendo {v1 , . . . , vh }, che `e un sottoinsieme minimale con Conv(p1 , . . . , pk ) = Conv(v1 , . . . , vh ) = C. Inoltre ∀j vj ∈ / Conv(v1 , . . . , vˆ1 , . . . , vh ). Per l’unicit` a basta mostrare che gli elementi di {v1 , . . . , vh } sono caratterizzati dalla propriet` a di non essere punto interno di un segmento con estremi distinti in C. Questo perch´e • v1 non `e punto interno di un segmento con estremi distinti in C. Segue dal fatto che se v1 = sq0 + (1 − s)q1 con 0 < s < 1 e q0 6= q1 ∈ C. Posso scrivere v1 = s · h X ti vi + (1 − s) · i=1 h X ri vi i=1 Inoltre dato che q0 6= q1 , almeno uno dei due `e diverso da v1 . Perci`o t1 < 1 oppure r1 < 1, da cui s · t1 + (1 − s)r1 < 1. Ora v1 = h X i=2 sti + (1 − sri ) · vi 1 − (sti + (1 − s)ri ) `e una combinazione convessa, perch´e h X (sti + (1 − s)ri ) = s(1 − t1 ) + (1 − s)(1 − r1 ) i=2 = s − st1 + 1 − s − (1 − s)r = 1 − (st1 + (1 − s)r1 ) • Se x ∈ C non `e uno dei vj , allora `e punto interno di un segmento con Ph estremi distinti in C. Questo perch´e x = i=1 ti vi . Dato che non `e uno dei vj ho almeno due coefficienti non nulli, e senza perdita di generalit` a` a 0 < t1 < 1, da cui x = t1 v1 +(1 − t1 ) · |{z} ∈C h X i=2 | ti · vi 1 − t1 {z } ∈C Definizione 4.9. Una faccia di un politopo convesso X `e un insieme della forma X ∩ ∂H, con H semispazio di supporto per X. 18 Osserviamo subito che Proposizione 4.10. Ogni faccia `e un politopo convesso. Dimostrazione. Basta provare che se Y = X ∩ ∂H, allora vale Y = Conv({vertici di X contenuti in ∂H}) . Per farlo sceglo delle coordinate x1 , . . . , xN tali che H = {x1 ≥ 0}. Allora h X i=1 ti vi ∈ ∂H ⇔ x1 h X ! t i vi = 0 ⇔ ∀j (x1 (vj ) > 0) → (tj = 0) i=1 e questo accade se e solo se x `e combinazione convessa dei vertidi di X su ∂H. Proposizione 4.11. Se X `e un politopo convesso, ∂X `e l’unione delle facce di codimensione 1 Dimostrazione. Sia x ∈ ∂X. Allora, dato che XP `e compatto in quanto imP h | t ≥ 0, magine della mappa continua t ∈ R ti = 1 → RN che mappa i P P ti 7→ ti vi `e chiuso, e per quanto visto esiste H semispazio di supporto tale che x ∈ ∂H. Consideriamo X ∩ ∂H, che `e una faccia. Se ha codimensione almeno 2, allora ∃E ⊆ ∂H sottospazio affine di codimensione 1 in ∂H (e quindi 2 in RN ) tale che X ∩ ∂H ⊂ E. Proietto su E ⊥ , che ha dimensione 2 e ruoto ∂H intorno ad E finch´e non trovo uno dei vertici che non stanno su E. Ho trovato H 0 tale che ∂H 0 3 x e dim(∂H 0 ∩ X) > dim(∂H ∩ X). A meno di reiterare arrivo alla codimensione 1. 4.2 Orientazione dei politopi convessi Per politopi in generale non ha senso parlare di orientazione come ordinamento dei vertici. Tuttaiva si pu`o dare la seguente Definizione 4.12. Un’orientazione di un politopo X `e un’orientazione per S(X). Definizione 4.13. L’orientazione indotta da X su una faccia Y di codimensione 1 `e data con la regola della normale esterna per prima: prendo v esterno a X lungo Y su S(X) e dico che x2 , . . . , xn base di S(Y ) p positiva se v, x2 , . . . , xn `e positiva per S(X). Come per il simplessi, vale Proposizione 4.14. Se Z `e una faccia di codimensione 2 di X, esistono esattamente due facce Y1 , Y2 di X di codimensione 1 che contengono Z. Inoltre le orientazioni X Y1 Z eX Y2 Z sono opposte fra loro. 19 Dimostrazione. Se S(Z) ha codimensione 2, in S(Z)⊥ ho (disegno, tanto `e veramente in dimensione 2) esattamente due iperpiani (rette) di supporto per Z e si vede che le orientazioni indotte sono opposte esattamente come fatto per i simplessi (Proposizione 2.5). Sempre analogamente al caso dei simplessi diamo la seguente Definizione 4.15. Un complesso politopale K `e un insieme finito di politopi convessi in RN tale che 1. Se X ∈ K e Y `e faccia di X, allora Y ∈ K; 2. Se X1 , X2 ∈ K, allora X1 ∩ X2 `e una faccia di entrambi. Corollario 4.16. Se Cn (K) `e il gruppo libero generato da K [n]7 , dove ogni faccia ha una fissata, arbitraria orientazione, allora posso definire X ∂n (X) = ε(X, Y ) · Y Y ∈K [n−1] Y ⊂X ottenendo un complesso di catene e posso definire l’omologia. Dimostrazione. La proposizione precedente dice che la composizione di due mappe di bordo consecutive `e nulla. Anche per i complessi politopali ho la nozione di suddivisione, che gode delle propriet` a elencate nella Proposizione 3.8 (che per inciso forse va rivista nella parte riguardante la surgettivit`a), e quindi l’analogo del Teorema 3.3. Ora ci interessa dimostrare l’analogo del Teorema 3.4. Teorema 4.17. Se K, L sono complessi politopali con |K| = |L|, allora hanno una suddivisione comune. Ottenendo Corollario 4.18. Hn (K) dipende (a meno di isomorfismo) solo da |K| anche per K politopale. Ci servir` a la seguente Proposizione 4.19 (Chiave). Se X e Y sono politopi convessi, allora lo `e anche X ∩ Y . Esercizio 4.20. Dimostrare8 che i vertici di X ∩ Y sono esattamente {X1 ∩ Y1 | X1 ⊂ X faccia, Y1 ⊂ Y faccia, X1 ∩ Y1 punto} 7 Ovviamente la notazione `e la stessa usata per i simplessi. “Sono piuttosto sicuro che sia vero questo fatto, per` o. . . ” Quindi se non torna pensarci due volte. 8 20 Il Teorema 4.17 segue subito dalla Proposizione chiave: se |K| = |L| allora I = {X ∩ Y | X ∈ K, Y ∈ L} `e un complesso politopale che suddivide K ed L. La Proposizione chiave a sua volta segue dalla Proposizione 4.21. X ⊆ RN `e un politopo convesso se e solo se `e limitato ed `e intersezione di una famiglia finita di semispazi. Dimostrazione. • (⇒) Notiamo che basta dimostrarlo nel caso in cui intRN (X) 6= ∅ (cio`e S(X) = RN ). Infatti sapendo ci`o posso conside˜ i ⊂ RN rare X = ∩pi=1 Hi con Hi ⊂ S(X) semispazio. Ora scelgo H N ˜ semispazio Tq con Hi ∩ S(X) = Hi e semispazi K1 , . . . , Kq di R con S(X) = i=1 Ki , da cui X= p \ i=1 ˜i ∩ H q \ ˜j K j=1 Sia quindi S(X) = RN . Siano Y1 , . . . , Yp le facce di codimensione 1 Tp di X.TYj = X ∩ ∂Hj , con Hj di supporto. Claim: X = j=1 Hj . X ⊂ Hj `e ovvio perch´e sono iperpiani di supporto. La limitatezza `e banale perch´e parliamo dell’inviluppo convesso di un insieme finito di punti. Viceversa sia y ∈ / X. Scegliamo x ∈ int(X). Il segmento9 [x, y] contiene un solo punto z di ∂X perch´e l’intersezione di convessi `e convessa, uno dei due `e un segmento e non giacciono entrambi sul convesso. Facendo variare x nel suo intorno si evita l’intersezione con qualsiasi sottospazio di codimensione 2, e quindi con un numero finito di spazi di codimensione 2. Come conseguenza evito l’intersezione con le facce di codimensione 2, per cui posso supporre wlog che z ∈ int(Yj ). Da questo segue (disegno) che y ∈ / Hj e questo conclude. • (⇐) Nella prossima puntata. 5 08/10 5.1 Fine dimostrazioni lasciate in sospeso Il punto “surgettivit` a” del Teorema 3.3 `e sbagliato. Correggere con ∀z ∈ Zn (L) ∃u ∈ Bn (L), ∃w ∈ Zn (K) ψn (w) = z + u Hint per la Dimostrazione (per esercizio). Per provarlo basta trovare u ∈ Bn (L) tale che per ogni τ con coefficiente non nullo in z +u si ha a(τ ) ∈ K [n] : cio`e usando Bn (L) devo “svuotare” da z la parte interna di ogni σ ∈ K [m] , con m > n. Fatto questo, si prosegue come gi`a detto. 9 Notazione introdotta ora, ma `e quello che ci si aspetta. 21 Finiamo ora la dimostrazione lasciata in sospeso l’ultima volta. Dimostrazione. Posso supporre intRn (x) 6= ∅, cio`e S(X) = Rn . Infatti su S(X), X rimane limitato e interesezione di un numero finito di semispazi (basta scartare gli H con ∂H ⊃ S(X) e considerare H ∩S(X) per gli altri). Ora procediamo per induzione su dim(X) = n. Per n = 1 abbiamo l’intersezione limitata di un numero finito di semirette in R, che `e chiaramente unT segmenp to, e quindi un politopo convesso. Per il passo induttivo, sia X = i=1 Hj , Tp con gli Hj sottospazi e intRn 6= ∅. Claim: ∂X = X ∩ j=1 ∂Hj . L’inclusione “⊃” `e ovvia. Viceversa, se x ∈ X \ ∂Hj , allora x ∈ int(Hj ), e p \ quindi x ∈ int Hj . Provato il primo claim, ne facciamo un secondo: se j=1 | {z } =X X ∩∂Hj = Conv(V0 ) dico che X = Conv(V1 , . . . , Vp ). L’inclusione “⊃” `e ovvia perch´e X `e convesso e contiene i Vi . Se invece x ∈ X. O x ∈ ∂X, e quindi x ∈ X ∩ ∂Hj per quanto detto poco fa, da cui `e immediato x ∈ Conv(Vj ), oppure x ∈ intRn (X). In tal caso prendo ` retta per x e considero ` ∩ X. Questo `e un chiuso limitato e convesso di `, e quindi `e un intervallo [p0 , p1 ], con p0 , p1 ∈ ∂X. Dato che p0 , p1 ∈ Conv(V1 ∪, . . . ∪ Vp ) per quanto visto prima, ho che x ∈ Conv(V1 ∪, . . . ∪ Vp ). 5.2 Suddivisioni simpliciali Osserviamo ora che Proposizione 5.1. Ogni complesso politopale ha una suddivisione che `e un complesso simpliciale. Dimostrazione. Basta procedere ricorsivamente sulla dimensione. Il caso 0 `e banale, e per il passo induttivo basta prendere un punto interno di ogni σ ∈ K [m+1] e fare i coni sulla suddivisione gi`a trovata di K [ m]. Corollario 5.2. Ogni complesso simpliciale K ha, per ogni ε > 0, una suddivisione L con max {diam(τ ) | τ ∈ L} < ε. Dimostrazione. Basta prendere K e intersecarlo con la suddivisione di Rn in cubi sufficientemente piccoli, da qui ottenere un complesso politpale e da questo una suddivisione simpliciale. Il corollario precedente segue anche dall’iterazione della suddivisione baricentrica. Definizione 5.3. Dato K complesso simpliciale, definisco la sua suddivisione baricentrica K 0 su K (m) ricorsivamente su m. Per m = 0 non faccio niente, per mP= 1 aggiungo i punti medi dei lati, e da m a m + 1 aggiungo 1 il baricentro m+1 i=0 m+2 vi e faccio i coni sulla suddivisione precedentemente ottenuta sul bordo. 22 n o 0 Esercizio 5.4 (Difficile). Provare che limq→∞ max diam(τ ) | τ ∈ K q· = 0 0 (K q· `e la q-esima suddivisione baricentrica). Non-dimostrazione. diam(τ ) `e la massima distaza fra i suoi vertici, e siccome ad ogni nuova suddivione dimezzo ogni lato, il diametro si dimezza. Questo non funziona perch´e sto aggiungendo nuovi vertici. Basta considerare un triangolo equilatero per rendersene conto. 5.3 Primi due gruppi di omologia Osserviamo da subito che10 Hn (K t H) = Hn (K) ⊕ Hn (H). Inoltre Proposizione 5.5. Se |K| `e connesso, H0 (K) ∼ = Z. Dimostrazione. Definisco ψ : C0 (K) = Z0 (K) → Z come X X ψ nv · v = nv · ε(v) = ±1 v∈K [0] v∈K [0] e supporremo wlog ∀vε(v) = 1. Per mostrare che ψ `e surgettiva basta notare che n · v¯ 7→ n. Inoltre voglio mostrare cheKer(ψ) = B0 (C), cio`e che Ker(ψ) `e il sottogruppo di C0 (K) generato da [1] v1 (e) − v0 (e) | e ∈ K {z } | =δ(e) Ovviamente ψ(v1 (e) − v0 (e)) = 1 − 1 = 0. Claim: Ker(ψ) `e generato da o n v1 − v0 | v1 , v0 ∈ K [0] P Questo si vede facilmente, con z = nv · v, procedendo per induzione su P |nv |. La conclusione segue dal Lemma seguente, prendendoP fra due vertici un cammino simpliciale che li connetta e scrivendo v1 −v0 = ∂( nodi del cammino · orientazione). Lemma 5.6. Se |K| `e connesso, allora ogni v0 , v1 ∈ K [0] sono estremi di un cammino simpliciale semplice11 . Dimostrazione. Dato che il supporto di un complesso simpliciale `e localmente connesso per archi, so che esiste α : [0, 1] → |K| cammino continuo da v0 a v1 . A meno di omotopia posso supporre che α sia C 1 a tratti. Da questo segue che in ogni simplesso di dimensione almeno 2 ci sono punti interni fuori da Im(α). Ricorsivamente modifico α in modo che 10 11 t indica l’unione disgiunta Cio`e inettivo. 23 Im(α) ⊂ K (m+1) Im(α) ⊂ K (m) perch´e n ≥ 1. Alla fine ho =(α) ⊂ K (1) . A questo punto ho uno “scheletro” di dimensione 1 e qui `e facile vedere che un arco continuo lo posso scegliere semplice e simpliciale. Esercizio 5.7. Se K `e un complesso simpliciale, |K| `e localmente connesso per archi. Definizione 5.8. Una grafo `e |K| con dim(K) = 1. Teorema 5.9. Se |K| `e connesso, allora H1 (K) `e l’abelianizzato di π1 (|K|), ovvero π(|K|) [π(|K|), π(|K|)] dove il sottogruppo per cui si quoziente `e generato da tutti gli [a, b] = aba−1 b−1 , che ricordiamo essere sempre normale. Prima di procedere alla dimostrazione ricordiamo che: • Se X ed Y sono omotopicamente equivalenti, allora π1 (X) ∼ = π1 (Y ). • Se A ⊂ X `e un retratto per deformazione, allora π1 (X) ∼ = π1 (A). • Vale il Teorema di Van Kampen. • Le sfere sono semplicemente connesse, tranne S 1 che ha gruppo fondamentale isomorfmo a Z. Ora dimostriamo il Teorema. Dimostrazione. Scelgo v¯ ∈ K [0] e affermo che12 π1 (K (1) ) gf (|K|) = wT | T ∈ K [2] dove i wT sono i cammini che vanno dal vertice al triangolo, fanno un giro e tornano al vertice. Possiamo cio`e dire che π1 (K (1) ) `e generato da lacci simpliciali basati su τ . 6 10/10 6.1 Ancora sui primi due gruppi di omologia Lemma 6.1. Se |K| `e connesso, allora |K|, K (1) sono connessi per archi e ogni coppia di vertici `e unita da un cammino simpliciale semplice. 12 h·i indica il sottogruppo normale generato. 24 Dimostrazione. Fissato v¯ ∈ K [0] sia S= eε1 · . . . · eεN |1 {z N} cammino simpliciale da v¯ ·β dove β `e o costante o un segmento dritto da v ∈ σ [0] ad x ∈ int(σ). Sia X = {α(1) | α ∈ S}. Claim: X `e clopen in |K| (e quindi `e tutto per connessione). Verificarlo per esercizio. Ne segue che |K| `e connesso per arcihi, K (1) `e connesso per archi simpliciali, e un cammino simplicale minimale che unisce due vertici v0 , v1 `e semplice (facile verifica). Lemma 6.2. π1 (K (1) , v¯) `e l’insieme dei lacci simpliciali non semplificabili su v¯, (dove non semplificabile vuol dire che non esistono cose del tipo e±1 ·e∓1 nel laccio) con la concatenazione a meno di semplificazione. Dimostrazione. Sia α : [0, 1] → K (1) un laccio in v¯. Per ogni e ∈ K (1) sia U (e) definito come l’unione fra e e l’unione dei semilati aperti con un estremo in comune con e. Ne segue che o n U (e) | e ∈ K (1) `e un ricomprimento aperto di K (1) , per cui α−1 (U (e)) | e . . . `e un ricoprimento aperto di [0, 1] ed ha quindi un numero di Lebesgue. Da questo otteniamo che ∃0 = t0 < t1 < . . . < tN = 1 ∀j α([tj−1 , tj ]) ⊂ U (ej ) e possiamo supporre wlog ∀j ej+1 6= ej . α(tj ) ∈ U (ej−1 ) ∩ U (ej ) ⇒ ∃vj ∈ ej−1 ∩ ej | {z } =U si vede facilmente che U `e l’unione dei semilati che finiscono in vj , e dunque `e contrattile (perch´e stellato). Scelgo ej tale che α([tj − ε, tj + ε]) ⊆ U e, a meno di omotopia (siamo su un contrattile) posso supporre che α(ti ) ∈ vj . Cantinua a valere α([ti−1 , ti ]) ⊂ U (ej ) e a meno di omotopia α|[tj−1 ,tj ] = e±1 . Quindi ogni cammino `e omotopo ad uno simpliciale. Che le semplificazioni si possano fare con omotopie e resta da vedere l’ultima parte. Sia `e ovvio, I = [0, 1] e sia F : I 2 → K (1) , dove identifichiamo il lato inferiore del quadrato con un cammino α0 e quello superiore con un cammino α1 . Posso suddividere il quadrato in quadratini in maniera che su ogni lato di un quadratino F `e costante o un lato e tale che F di ogni singolo quadratino sia incluso in U (e). Mostrare che posso passare dal cammino sotto a quello sopra tramite omotopia `e routine e disegni (ma senza i disegni probabilmente `e poco chiaro). 25 π1 (|K (1) |,¯ v) . hwT |T ∈K [2] i Teorema 6.3. π1 (|K|) ∼ = nP e∈| | ne · e | ∂1 (. . .) = 0 ∂τ | τ ∈ K [2] H1 (K) = Teorema 6.4. H1 (K) = Inoltre o K [1] π1 (|K|) [π1 (|K|),π1 (|K|)] Dimostrazione. Definisco ψ : π1 (|K|) → H1 (K) come ψ(eεi11 · . . . · eεikk ) = [ε1 · ei1 +. . .+ek ·eik ]. Per la buona definizione noto che ∂1 (ε1 ei1 +. . .+εk eik ) = 0 e ψ(wT ) = ∂T . ψ inoltre `e surgettiva perch´e se z= X ne · e ∈ Z1 (K) e∈|K [1] | P provo che z ∈ Im(ψ) per induzione su |ne |. Se questo `e 0 `e vero. Altrimenti, se ad esempio ne1 > 0 e ∂z = 0 ci sar`a un e2 tale che ne2 < 0. Di nuovo, ∂z = 0 ⇒ ∃e3 tale che ne3 < 0 (senza disegno probabilmente si capisce poco). Procedo fino a rivisitare uno stesso vertice. A questo punto scarto la parte che non rientra nel ciclo appena chiuso e coniugo con P un cammino per connettere il ciclo a v¯. Facendo il conto vedo che la nuova |ne | `e P calata di k, dove k `e la lunghezza del ciclo, e per induzione ne · e ∈ Im(ψ). Per conludere mostriamo che Ker(ψ) = [π1 (|K|), π1 (|K|)]. Sia eε11 . . . eεkk ∈ Ker(ψ). Questo vuol dire che ε1 e1 + . . . + εk ek = ∂Ti + . . . + ∂Tk perch´e lhs `e nullo in omologia ed `e quindi un bordo. Posso trovare γj cammino simpliciale tale che ψ(γj ) = ∂Tj . Dunque, sostituendo eε11 . . . eεkk con eε11 . . . eεkk γ1−1 . . . γh−1 posso supporre che ε1 e1 + . . . + εk ek = 0. In queste ipotesi dobbiamo provare che eε11 . . . eεkk `e prodotto di commutatori. Ci`o vale nel gruppo libero generato da K [1] . In altre parole devo mostrare che una parola abelianizzata da 0 `e prodotto di commutatori. Procediamo per induzione sul numero dei generatori. Con 0 o 1 generatore `e banale (il gruppo `e abeliano). Per il passo induttivo procedo per induzione sul numero di volte in cui compare e±1 e 0 `e evidente per il passo induttivo (dell’induzione pi` u 1 . Se ` “esterna”). Altrimenti, se e1 compare, so che la somma degli esponenti nella ∓1 parola `e 0 (abelianizzata `e 0), quindi ho una cosa della forma w ·e±1 1 ·v ·e1 ·x (dove in v non compare e1 ). Ora noto che w · e±1 · v · e∓1 · v −1 |1 {z1 } ∈[.,.] ·v x · w} | · {z ·w−1 ∈[.,.]per induzione Quindi la stringa precedente `e coniugata ad un prodotto di commutatori ed `e quindi un commutatore. 26 6.2 Presentazioni dei primi gruppi di omotopia e omologia La relazione precedente fra il π1 (|K|) e H1 (|K|) segue anche da un altro discorso. Definizione 6.5. Un grafo G `e |K| con dim(K) = 1. Γ ⊂ K `e un albero se ∀v0 , v1 ∈ Γ[0] esiste un unico cammino simpliciale semplice che li unisce. Lemma 6.6. Se G `e connesso e Γ ⊂ G `e un albero massimale, allora Γ ⊃ G[0] , cio`e Γ contiene tutti i vertici. Dimostrazione. Altrimenti trovo un albero H che estende Γ considerando la sua unione con tutti i lati di G con entrambi gli estremi in Γ. |H| `e chiuso perch´e `e un sottocomplesso ed `e aperto perch´e se x ∈ |H|\H [0] `e chiaramente interno al supporto, altrimenti se x `e un vertice e non `e interno vuol dire che `e l’estremo di un lato non in H. Per definizione di H questo vertice non `e in Γ e quindi posso estenderlo. Dunque |H| = G, ma H [0] = Γ[0] e quindi Γ[0] = G[0] . Siano K un complesso simpliciale, Γ ⊂ K [1] un albero massimale e G = K [1] \ Γ[1] . Considero Z∗G , ZG e Ab : Z∗G → ZG . Per T ∈ K [2] considero wT ∈ Z∗G definito come la parola ∂T con i lati in Γ cancellati, che `e ben definita a meno di coniugio o inverso. Teorema 6.7. π1 (|K|) ∼ = Z∗G . hwT |T ∈K [2] i H1 (|K|) ∼ = ZG hAb(wT )|T ∈K [2] i Dimostrazione. Γ ha vertici liberi (cio`e di valenza 1 in Γ) per pidgeonhole. Usando questo provo che Γ `e contrattile per induzione sul numero di vertici di Γ. Fissato un vertice v¯, per ogni v ∈ K [0] sia cΓ (v) l’unico cammino semplice da v¯ a v in Γ. Per e ∈ G (orientato) siano v0 (e) e v1 (e) i suoi estremi e sia α(e) = cΓ (v0 (e)) · e · cΓ (v1 (e))−1 . Claim: la funzione Z∗G → π1 (K (1) , v¯) che mappa e 7→ [α(e)] `e un isomorfismo. Per induzione sulla a di [1]cardinalit` \ {m} dove G. Se `e 0 `e banale. Altrimenti sia e ∈ G e poniamo U = K m `e il punto medio di e, e V uguale all’unione di α(e) con tutti i semilati ` facile vedere che U si retrae si K (1) \ {e}, mentre V si che lo toccano. E retrae su α(e) e U ∩ V si retrae su v¯. Per il Teorema di Van Kampen si ha π1 K (1) = π1 K (1) \ {e} ∗ Zα(e) | {z } Z∗(G\{e}) Claim: π1 (K (2) ) = Z∗G . hwT |T ∈K [w] i Si mostra per induzione sulla cardinalit`a di K [2] . Se `e 0 `e ovvio. Altrimenti sia T ∈ K [2] e sia U = K (2) \ b con b il baricentro di T . Scegliamo (2) V intorno aperto regolare di cΓ (v) ∪ T , con v ∈ [0] T . U si retrae su K \ T , V `e contrattile e U ∩ V si retrae su cΓ (v) ∪ ∂T [2] [2] K \ T ) π ( 1 1 che `e omotopo ad S . Ne segue che π1 ( K ) = Z. Per 27 concludere devo vedere che tramite l’isomorfismo datomi dal passo induttivo [2] Z∗G → π ( K \ T ) il generatore di π1 (cT (v)∪∂T ) `e wT . Bisogna 1 hwS |S∈K [w] \T i distinguere diversi casi a seconda di quanti lati di T sono in Γ (0, 1 e 2, non 3 perch´e Γ `e un albero) e a seconda delle orientazioni (servono disegni). Corollario 6.8. H1 ∼ = π1[π1 , π1 ]. 7 15/10 Proposizione 7.1. Se Γ ⊂ K (1) `e un albero massimale e G = K[1] \ ZG Γ[1] avevamo visto che H1 (K) = h∂ G T |T , dove ZG `e l’abelianizzato di ∈K [2] i Z∗G e ∂ ∗G T `e “orienta T e cancella dal porto i lati in Γ”, allora ∂ G T `e l’abelianizzato di wT . Da questo segue di nuovo la relazione fra π1 e H1 . Dimostrazione. α(e) = cΓ (v0 (e)) · e · cΓ (v1 (e)), e ∈ G. Provo che Z1 (K) = hAb(α(e)) | e ∈ Gi ∼ = ZG . Abbiamo visto che ogni ciclo `e abelianizzato di un prodotto di lacci, quindi di lacci in v¯ e quindiPdi lacci α(e) (ovvio: ∀e ∂1 (α(e)) = 0. Questa `e una bigezione perch´e in e∈G Ab(α(e)) · ne , e ha coefficiente ne . Per concludere mostriamo che, sotto la corrispondenza Ab(α(e)) ↔ e, ∂T corrisponde a ∂ G T . Si fa come per il π1 . C’`e da distinguere alcuni casi (disegni). 7.1 Propriet` a dell’omologia simpliciale Definizione 7.2. Se K, L sono complessi simpliciali, una mappa g : |K| → |L| `e detta simpliciale se • G(K [0] ) ⊂ L[0] (manda veritici in vertici) • (v0 , . . . , vn ) ∈ K ⇒ (g(v0 ), . . . , g( vn )) ∈ L P P • g( ti vi ) = ti g(vi ) Chiaramente g `e determinata dalla sua restrizione ai vertici, e data una mappa fra i vertici essa si estende ad una mappa simpliciale. Data g : K → L simpliciale e σ ∈ K [n] , pongo 0 seg(σ) ∈ / L[n] g∗n (σ) = δ(σ)g(σ)altrimenti dove δ(σ) = ±1 a seconda che g|σ : σ → g(σ) rispetta o meno le orientazioni fissate. Estendo per Z-linearit`a ad una mappa g∗n : ZK [n] Cn (L) = ZL [n] = Cn (K) → Proposizione 7.3. g∗ : C(K) → C(L) `e una mappa di complessi di catene. 28 Dimostrazione. Dobbiamo mostrare che Cn (K) g∗n Cn (L) K ∂n Cn−1 (K) L ∂n g∗n−1 Cn−1 (L) e basta verificarlo su ogni σ ∈ K [n] . Ci sono tre casi: P 1. g(σ) ∈ L[n] : in questo caso g∗n−1 (∂nK (σ)) = g∗n−1 ( τ ∈K [n−1] ε(σ, τ ) · τ ⊂σ P τ ), e questo `e uguale a τ ∈K [n−1] ε(σ, τ ) · δ(τ ) · g(τ ). Ora ∂nL (g∗n (σ)) = τ ⊂σ P P ∂nL (δ(σ)·g(σ)) = η∈L[n−1] δ(σ)·ε(g(σ), η)·η, che `e uguale a τ ∈K [n−1] δ(σ)· τ ⊂σ η⊂g(σ) ε(g(σ), g(τ ))cdotg(tau) ma ε(g(σ), g(τ )) = ε(σ, τ ) · δ(σ) · δ(τ ). 2. g(σ) ∈ L[n−1] : qui se g∗n σ = 0 devo vedere che g∗n−1 (∂nK (σ)) = 0. Senza perdita di generalit` a sia σ = (v0 , . . . , vn ). Sia (w1 , . . . , wn ) = g(σ) e supponiamo g(v0 ) = g(v1 ) = w1 e, per j ≥ 2, g(vj ) = wj . Ho che ∂nK (σ) = (v1 , . . . , vn )−(v0 , v2 , . . . , vn )+(v3 , v1 , v3 , . . . , vn )−(v0 , v1 , v2 , v4 , . . . , vn )+. . . viene mappato da g∗n−1 in (w1 , w2 , . . . , wn ) − (w1 , w2 , . . . , wn ) + 0 + 0, . . . 3. g(σ) ∈ L(n−2) : allora ∀tau ⊂ σ, τ ∈ K [n−1] g(τ ) ∈ / L[n−1] , quindi ho che g∗n (σ) = 0 = g∗n−1 (∂σ). Corollario 7.4. g induce g∗n : Hn (K) → Hn (L). 7.2 Il Teorema di approssimazione simpliciale Definizione 7.5. Se K `e un complesso simpliciale, la stella St(v, K), con ◦ v vertice, `e definita come σ ∈ K | v ∈ σ [0] . La stella aperta St(v, K) `e S definita come int(σ) | σ ∈ K, v ∈ σ [0] . ◦ Proposizione 7.6. Per ogni τ ∈ K si ha St(v, σ) ∩ τ `e aperta in τ . Dimostrazione. Omessa. 29 ◦ Corollario 7.7. St(v, K) `e aperto in |K|. Dimostrazione. Le τ formano un ricomprimento fondamentale. Lemma 7.8. Se v1 , . . . , vk ∈ K [0] , allora k \ ◦ St(vj , K) 6= ∅ ⇔ (v1 , . . . , vk ) ∈ K j=1 Dimostrazione. Se x sta nell’intersezione delle stelle aperte, considero σ ∈ K ◦ tale che x ∈ int(σ), quindi St(vj , K) ⊂ int(sigma), per cui vj `e un vertice di σ (e quindi (v1 . . . , vk )) `e una faccia di σ e sta in K. Per il viceversa si mostra che se x ∈ int(v1 , . . . , vk ), allora x sta nell’intersezione delle stelle aperte. Teorema 7.9 (di approssimazione simpliciale). se K, L, sono complesis simpliciali e f : |K| → |L| `e continua, allora esiste H suddivisione di K e g : H → L simpliciale tale che ∀x ∈ |K| esiste un simplesso di L che contiene sia f (x) che g(x). Il nome del Teorema `e dovuto al seguente Corollario 7.10. Data f : |K| → |L| continua esiste H suddivisione di K e g : H → L simpliciale omotopa ad f . Dimostrazione. Presa g come nel Teorema possiamo porre F (t, x) = t·f (x)+ (1 − t)(g(x)). La combinazione convessa ha senso perch´e i due punti stanno in uno stesso simplesso per il Teorema. Corollario 7.11. Dati f : |K| → |L| continua ed ε > 0, esistono suddivisioni H di K ed M di L, e g : H → M simpliciale tali che g `e omotopa ad f e kg − f k∞ < ε. Dimostrazione. Suddivido L in M con i diametri controllati da ε e poi uso il Teorema. Ora dimostriamo il Teorema. ◦ [0] Dimostrazione. St(w, L) | w ∈ L `e un ricoprimento aperto di |L|. Ne ◦ segue che f −1 (St(w, L)) | w ∈ L[0] `e un ricomprimento aperto di |K| e posso quindi scegliere un suo numero di Lebesgue ε. Prendo H suddivisione di K i cui diametri siano minori di ε/2. Dato v ∈ H [0] sceglo g(v) ∈ L[0] tale ◦ che la palla B(v, ε/2) ⊂ f −1 (St(g(v), L)) (perch´e ε `e il numero di Lebesgue). Dato che tutti i simplessi di H hanno diametro minore di ε/2 ho che ∀σ ∈ H, ◦ ◦ ◦ con v ∈ H ho σ ⊂ f −1 (St(g(v), L)), perci`o St(v, H) ⊂ f −1 (St(g(v), L)). Affermo che: 30 1. g si estende ad una mappa simpliciale g : H → L 2. ∀x ∈ K ∃τ ∈ L f (x), g(x) ∈ τ Mostriamolo: 1. Devo mostrare che se ho (v1 , . . . , vk ) ∈ H [0] , allora (g(v1 ) . . . , g(vk ) ∈ ◦ T L). Sia x ∈ int(v1 , . . . , vk ). Ho x ∈ kj=1 St(vj , H), ma per scelta di ◦ T ◦ T g(v) questa `e contenuta in kj=1 St(g(vj ), L) = f −1 ( St(g(vj ), L)) e per il Lemma precedente, dato che questa intersezione `e non vuota, (g(v1 ), . . . , g(vk )) ∈ L. 2. Sia (v1 , . . . , vk ) ∈ H tale che x ∈ int(v1 , . . . , vj ). Lo stesso discorso del punto precedente prova che f (x) ∈ int(g(v1 ), . . . , g(vk )), ma anche g(x) ∈ int(g(v1 ), . . . , g(vk )) perch´e g `e una mappa simpliciale, e basta porre τ = (g(v1 ), . . . , g(vk )). Esiste anche una versione relativa di questo Teorema, che si dimostra all’incirca allo stesso modo: Teorema 7.12. Sia H ⊂ K, N ⊂ L, f : |K| → |L| continua e tale che f (|M |) ⊂ |N |. Allora esiste H suddivisione di K e g : H → L simpliciale tale che, identificando M col sottosimplesso di H con lo stesso supporto del “vecchio” M , g(|M |) ⊂ |N |, se x ∈ |M | esiste τ ∈ N tale che f (x), g(x) ∈ τ , e se x ∈ |K| esiste τ ∈ L tale che f (x), g(x) ∈ τ . Dimostrazione. Si procede allo stesso modo con ε che sia numero di Lebesgue per ◦ −1 [0] f (St(w, L)) | w ∈ L e anche per ◦ −1 [0] f|M | (St(w, N )) | w ∈ N Si sceglie g(v) come prima badando che g(v) ∈ N [0] se v ∈ H [0] ∩ |M |. Il seguito `e uguale. Teorema 7.13. Sia f : |K| → |L| continua e g : H → L simpliciale, con H suddivisione di K e g omotopa ad f . Allora `e ben definita f∗ : H∗ (K) → H∗ (L) come 31 g∗ H∗ (H) H∗ (L) ∼ = f∗ H∗ (K) Dimostrazione. Seuge dal fatto che se g1 : H1 → L e g2 : H → L sono omotope tramite funzioni continue, allora a meno degli isomorfismi canonici g1∗ = g2∗ . Lemma 7.14. Sia G : K → L simpliciale e sia M una suddivisione di K. Sia f : M → L simpliciale tale che se v ∈ int(σ), allora f (v) ∈ f (σ)[0] (in altre parole mando le cose che non erano vertici prima di suddividere le mando in vertici, a scelta). Allora s Cn (K) Cn (M ) g∗n f∗n Cn (L) (dove s induce l’isomorfismo in omologia). Dimostrazione. Via disegno. 8 17/10 8.1 Invarianza per omotopia Teorema 8.1. Siano K un complesso simpliciale, g0 , g1 : |K| → |L|, M0 , M1 suddivisioni di K, gi : Mi → L, simpliciali e13 g0 ' g1 . Allora Hn (M0 ) ∼ = Hn (K) g0∗ Hn (L) ∼ = g1∗ Hn (M1 ) 13 D’ora in poi denoteremo cos`ı la relazione di omotopia. 32 Corollario 8.2. Se f : |K| → |L| `e continua, allora `e ben definita f∗ fra i gruppi di omologia con f∗ = g∗ con g approssimazione simpliciale di f . Corollario 8.3. Se due funzioni sono omotope inducono gli stessi omomorfismi in omologia. Osserviamo che (f ◦ g)∗ = f∗ ◦ g∗ . Corollario 8.4. Hn (|K| =) dipende solo dal tipo di omotopia14 di |K|. In particolare Hn (|K|) dipende solo dal tipo di omeomorfismo di |K|. Vedremo che ci sono altre teorie omologiche (equivalenti) in cui ci`o `e immediato. Dimostriamo il Teorema. Dimostrazione. Sia M una suddivisione di M0 , M1 ed estendiamo M ×215 ad una triangolazione di |K| × [0, 1] nella maniera seguente. I vertici rimangono gli stessi. Agli 1-simplessi aggiungo K [0] × 2. Induttivamente, per σ ∈ M triangolo σ × 2 facendo il cono dal centro sul bordo (che `e gi`a triangolato). Ora prendo F : |K|×2 → |L| approssimazione simpliciale di G rispetto a N (la triangolazione di |K|×2 trovata in precedenza). Wlog posso supporre che su |K| × {0} e su |K| × {1} la N induca la stessa triangolazione P di |K|. Tale P suddivide M0 ed M1 e Fj = F (·, j) si ottiene da gj come nel Lemma 7.14. Ho che fj (v) ∈ gj (σ)[0] se v ∈ int(σ), σ ∈ Mj . Dunque ∼ = Hn (Mj ) Hn (P ) gj∗ fj∗ Hn (l) Senza perdita di generalit` a ∀σ ∈ P possiamo suppore che σ × [0, 1] sia un sottocomplesso di N , a meno di aggiungere lati. Ora, se z ∈ Cn (P ), ha senso z × [0, 1] X X z= nσ · σ ⇒ z × [0, 1] = nσ · (σ × [0, 1]) dove (σ × [0, 1]) `e scritto come somma di n-simplessi di N con le orientazioni ovvie. Se ora z ∈ Zn (P ), vale ∂(z × [0, 1]) = (∂z) ×[0, 1] + z × ∂[0, 1] |{z} | {z } =0 {1}−{0} 14 Che, ricordiamo `e la classe di equivalenza modulo “esistono f , g le cui composizioni sono omotope alle identit` a”. 15 2 = {0, 1}. Se qualcuno sta veramente leggendo questi appunti potrebbe trovare questa cosa molto fastidiosa. Vedi disclaimer. 33 dunque L ∂n+1 F (z × [0, 1]) = F (z × 1) − F (z × 0) = f1∗ (z) − f0∗ (z) | {z } ∈Cn+1 (L) e ne segue che f0∗ = f1∗ : Hn (P ) → Hn (L). g0∗ Hn (M0 ) ∼ = Hn (K) ∼ = f0∗ Hn (P ) ∼ = ∼ = Hn (M1 ) 8.2 Hn (L) g1∗ f1∗ Hn (L) Variet` a differenziabili Definizione 8.5. M si dice variet` a differenziabile se `e uno spazio T2 paracompatto e ha un atlante, cio`e una collezione di carte le cui immagini ricoprono M , dove una carta `e un omeomorfismo α : U → α(U ) aperto di M con U aperto di Rn , e i cambiamenti di carta sno differenziabili. Prenderemo gli atlanti massimali per inclusione (contiene tutte le carte compatibili con lui). Dimostrazione. M ⊆ Rk `e una n-sottovariet`a se le carte α : U → alpha(U ) ⊂ M aperto sono mappe differenziabili con16 rank(dα) ≡ n. Osserviamo che M ⊂ Rk `e una sottovariet`a se e solo se `e localmente il grafico di una mappa Rn → Rk−n differenziabile e che Definizione 8.6. Per M ⊂ Rk n-sottovariet`a immersa in Rk e p ∈ M `e definito in modo naturale lo spazio tangente Tp (M ) come (dα−1 (p)α )(Rn ) dove α : U → M `e una carta con p ∈ α(U ). Voglio generalizzare questo concetto, che per ora si basa sull’immersione, a variet` a astratte. L’idea `e che i vettori tangenti sono quelli nelle cui direzioni posso derivare le funzioni definite su M . Definizione 8.7. Se M `e una variet`a, f : M → R `e differenziabile se per ogni α carta f ◦ α lo e. La seguente definizione potrebbe essere data in maniera pi` u fine con i germi di funzioni, ma non lo faremo. 16 dα indica il differenziale di α. 34 Definizione 8.8. Se M `e una variet`a e p ∈ M , lo spazio tangente a p in M `e Tp (M ) = {v : C ∞ (M, R) → R | v lineare e ∀f, g v(f · g) = v(f ) · g(p) + f (p) · v(g)} Esercizio 8.9. Se α : U → M `e una carta e p ∈ α(U ) n R 3 w 7→ ∂ f 7→ (f ◦ α)|α−1 (p) ∂w ∈ Tp M `e un isomorfismo. Definizione 8.10. g : M → N `e differnziabile se per ogni carta β di N e α −1 di M lo `e β|... ◦ g|... ◦ α. Definizione 8.11. dp g : Tp M → Tg(p) N `e definita come ((dp g)(v))(f ) = v(f ◦ g) Definizione 8.12. Se g : m → N `e differenziabile, p ∈ M `e regolare se dp g `e surgettivo, mentre q ∈ N `e regolare se ogni p ∈ g −1 (q) `e regolare. Definizione 8.13. M `e una n-variet`a differenziabile con bordo se le carte α : U → M sono da un aperto U di Rn−1 × [0, +∞). Nella definizione precedente la differenziabilit`a sul bordo `e da intendersi nella stessa maniera. Proposizione 8.14. Se p ∈ M e p ∈ α(Rn−1 × {0}) per qualche carta α, allora per ogni altra carta β si ha p ∈ β(Rn−1 × {0}). Dimostrazione. I diffeomorfismi mandano punti sul bordo i punti sul bordo. ` ben posta quindi la E Definizione 8.15. ∂M = p ∈ M | p ∈ α(Rn−1 × {0}) che `e una n − 1 variet` a senza bordo. Mentre `e facile vedere che il bordo va nel bordo tramite diffeomorfismi, per gli omeomorfismi `e pi` u difficile. Si fa in dimensione 1 per connessione e in dimensione 2 col π1 . Per le dimensioni pi` u alte serve l’omologia. Definizione 8.16. M variet` a differenziabile `e orientata se dotata di un atlante in cui tutti i cambi di carta hanno determinante del differenziale positivo. 35 8.3 Variet` a pl Definizione 8.17. Se K `e un complesso simpliciale, un link `e Lk(v, K) = {τ ∈ K | v ∈ / τ, ∃σ ∈ K σ ⊃ τ, σ 3 v} cio`e le facce dei simplessi della stella che non contengono v. ◦ Esercizio 8.18. |St(v)| = St(v) t |Lk(v)|, St(v) = Cono(v, Lk(v)). Definizione 8.19. K, L complessi simpliciali, sono pl17 -omeomorfi se esistono suddivisioni K 0 ed L0 ed un omeomorfismo simpliciale K 0 → L0 . Proposizione 8.20. Lk(v, K) ∼ =pl Lk(v, H) se H suddivide K e v ∈ K [0] . Dimostrazione. L’idea sarebbe costruire l’omeomorfismo radialmente (disegno). In realt` a non `e cos`ı liscia, va fatto cos`ı sui vertici di Lk(v, H) suddividendo K e poi esteso simplicialmente. Esercizio 8.21. La mappa radiale18 non `e simpliciale. Corollario 8.22. Se K `e un complesso simpliciale e p ∈ |K| sono ben definiti a meno di omeomorfismi pl St(p, K) e Lk(p, K) come St(p, H) e Lk(p, H) dove H `e una suddivisione di K tale che p ∈ H [0] . Dimostrazione. Passando a suddivisioni comuni per il link e usando il link e il fatto che la stella `e un cono sul link per la stella. Definizione 8.23. K complesso simpliciale `e una variet` a pl senza bordo19 se vale uno dei seguenti fatti equivalenti 1. ∀v ∈ K [0] Lk(v, K) ∼ =pl ∂∆n , dove ∆n `e il simplesso standard, cio`e n+1 Conv(e0 , . . . , en ∈ E ). 2. ∀p ∈ |K| Lk(p, K) ∼ =pl ∂∆n 3. ∀v ∈ K [0] St(v, K) ∼ =pl ∆n con v ↔ x ∈ int(∆n ) 4. ∀p ∈ |K| St(p, K) ∼ =pl ∆n con p ↔ x ∈ int(∆n ) Proposizione 8.24. Le precedenti sono equivalenti. Dimostrazione. (4⇒2⇒1⇒3) sono ovvie. Per (3⇒4) sia p ∈ |K|. Allora p ∈ int(σ) con σ ∈ K. Prendo v ∈ σ [0] e considero una suddivisione per la quale p `e un vertice e segue la tesi (finire per esercizio). 17 Piecewise Linear. Che mappa i punti di un segmento su un altro segmento tramite le rette passanti per un punto fissato. 19 Qui il Matveev sbaglia. 18 36 9 22/10 9.1 Complessi simpliciali astratti Possiamo dare in un altro modo la definizione di variet`a pl: Definizione 9.1. Se F `e una classe di omeomorfismi fra aperti di Rn chiusa per restrizione e composizione posso definire una F-variet` a come uno spazio (n) M T2 paracompatto coperto da carte con cambiamenti di carta in F. Ad esempio se F sono tutti gi omeomorfismi ho la nozione di variet`a topologica e se F sono diffeomorfismi C ∞ ho la nozione di variet`a differenziabile. Teorema 9.2. M n `e una variet` a pl se e solo se `e una F-variet`a con F la classe degli omeomorfismi localmente pl ed `e compatto20 . Dimostrazione. Per “⇒” basta usare come carte gli omeomorfismi pl degli intorni dei punti con il simplesso standard (che esistono per ipotesi) ristretti alla parte interna. Per “⇐” l’idea `e ricoprire M con un numero finito di carte dell’atlante pl. Considero le immagini in M dei simplessi dati dalle carte e prendo tutte le loro intersezioni. Suddivido in simplessi astratti21 usando le carte (disegno). Cos`ı metto su M una struttura di complesso simpliciale astratto finito, cio`e un insieme finito V di vertici e K ⊂ P(V ) chiuso per sottoinsiemi e intersezioni. Posso realizzare M in RV mandando una combinazione convessa P ti vi (letta in qualche carta, ma tanto i cambiamenti sono pl ed `e tutto P ben definito) in ti evi , dove {ev | v ∈ V } `e la base canonica di RV . Trovo V K ⊂ R complesso simpliciale tale che |K| ∼ = M e le carte pl di M sono pl per K rispetto a tale omeomorfismo. Definizione 9.3. K ⊂ RN a supporto finito `e una n-variet` a pl a bordo se valgono i seguenti fatti equivalenti: 1. ∀v ∈ K [0] Lk(v, K) ∼ =pl ∂∆n oppure Lk(v, K) ∼ =pl ∂∆n−1 2. ∀p ∈ |K| Lk(p, K) ∼ =pl ∂∆n oppure Lk(p, K) ∼ =pl ∂∆n−1 3. ∀v ∈ K [0] St(v, K) ∼ =pl ∆n 4. ∀p ∈ |K| St(p, K) ∼ =pl ∆n Dimostrazione. (2⇒1) `e ovvio. Per (1⇒3) si passa ai coni (disegno) usando il fatto che Cono(q, ∂∆n ) ∼ =pl Cono(q, ∆n−1 ) ∼ = ∆n . (3⇒4) si fa mostranco che St(p, ∆n ) ∼ =pl ∆n . Per (4⇒2) mostro che St(p, K) ∼ =pl ∆n . Se p ↔ x ∈ int(∆n ) ⇒ Lk(p) ∼ = ∂∆n , se invece p ↔ x ∈ ∂∆n ⇒∼ =pl ∂∆n−1 . 20 Mutatis mutandis nelle definizioni di complesso simpliciale `e vero anche senza ipotesi di compattezza. 21 Che, in sostanza, vuol dire che possono essere curvi. 37 9.2 Orientazione e omologia M variet` a C ∞ `e orientata se i cambi di carta hanno determinante del differenziale positivo. Proposizione 9.4. Se K `e una variet`a pl n-dimensionale e τ ∈ K [n−1] , allora esistono esattamente due σ ∈ K [n] tali che τ ⊂ σ. ` vero per facce interne di una triangolazione di ∆n e basta Dimostrazione. E sfruttare la struttura di variet`a pl. Definizione 9.5. Un’orientazione per K variet`a pl `e un’orientazione di ogni σ ∈ K [n] tale che se τ ∈ K [n−1] , τ = σ1 ∩σ2 , allora ε(σ1 , τ )+ε(σ2 , τ ) = 0. Proposizione 9.6. Un’orientazione pl corrisponde a una scelta di atlante pl con cambi di carta che preservano le orientazioni degli n-simplessi ereditate da Rn . Dimostrazione. Se ho le orientazioni su K [n] uso omeomorfismi pl con aperti di Rn compatibili con loro. Viceversa oriento i simplessi come nelle carte e noto che la propriet` a sugli n − 1-simplessi vale in Rn . Definizione 9.7. Una n-variet`a M `e chiusa se `e compatta e senza bordo. Esercizio 9.8. Se M `e una n-variet`a pl, allora ∂M = {p ∈ M | Lk(p) ∼ = ∆n−1 } `e una n − 1 variet` a pl senza bordo. Proposizione 9.9. Sia M (n) una variet`a chiusa connessa. Allora Hn (M ) = Z 0 se M `e orientabile altrimenti Dimostrazione. Se M `e orientabile, ho orientazioni su M [n] tali che τ ⊂ σ1 ∩ σ2 ∈ K [n−1] ⇒ ε(σ1 , τ ) + ε(σ2 , τ ) = 0 P Allora Hn (M ) = Zn . Per le facce adiacenti ∂( ni σi ) = 0 perch´e ogni faccia compare due volte e con orientazioni diverse (disegno + conto). Per connessione posso trovare un cammino simpliciale da σi1 aPσi2 ed iterare il discorso precedente, quindiPni1 = ni2 , da cui Zn = Z · σ∈M [n] σ. Se Hn (M ) 6= {0}, cio`e esiste 0 6= ni σi ∈ Zn , come sopra vedo che ∀i1 , i2 ni1 = ±ni2 . Dunque tutti gli ni sono non nulli e posso cambiare l’orientazione di σi per ni < 0 e trovo un’orientazione per M . 38 9.3 Grado Proposizione 9.10. Se M `e orientata, Hn (M ) ha un generatore canonico: P la classe fondamentale [M ] = σ∈M [n] σ Definizione 9.11. Se M , N sono n-variet`a pl chiuse orientate (connesse) ed f : M → N `e continua, se f∗ ([M ]) = d · [N ] chiamo d il grado di f (denotato con deg(f )). Posso farlo perch´e se f ' g simpliciale rispetto a suddivisioni e che se g1 ' g2 simpliciali, allora g1∗ = g2∗ modulo isomorfismi canonici. Per lo stesso motivo `e vero che Proposizione 9.12. f1 ' f2 ⇒ deg(f1 ) = deg(f2 ). Corollario 9.13. Se M `e chiusa orientabile di dimensione positiva, IdM : M → M ha grado 1 (e in particolare non `e omotopa ad una costante, che ha grado 0 se la dimensione `e positiva.). Proposizione 9.14 (Calcolo locale del grado). Se f : M → N `e simpliciale e σ0 ∈ N [n] , siano τ1 , . . . , τk , tutti gli n-simplessi in M [n] tali che f (τ ) = σ0 . Sia +1 se f : τi → σ0 preserva l’orientazione εi = −1 altrimenti Pk allora deg(f ) = i=1 εi (disegno). P Dimostrazione. [M ] = τ ∈M [n] τ . Quindi X X f∗ (M ) = ε(τ ) · f (τ ) = d · σ τ ∈M [n] f (τ )∈N [n] Ora notiamo che lhs = σ∈N [n] k X X εi σ 0 + (. . . ) · σ i=1 e quindi 9.4 Pk i=1 εi σ6=σ0 = d. Sottovariet` a e punti regolari Definizione 9.15. Sia f : M → N una funzione C ∞ tra M (m) e N (n) variet`a chiuse C ∞ . x ∈ M `e un punto regolare se dx f `e surgettivo22 . y ∈ N `e regolare se ogni x ∈ f −1 (y) `e regolare. Definizione 9.16. P ⊂ M `e una sottovariet`a se localmente `e Rp × {0} ⊂ |{z} ∈Rm−p Rm con Rm carta C ∞ per M . 22 Se m < n nessun punto `e regolare. 39 Proposizione 9.17. Se y `e un valore regolare di f : M → N , allora f −1 (y) `e una sottovariet` a (di dimensione m − n). Se M , N sono orientate, f −1 (y) `e canonicamente orientata. Dimostrazione. Se m < n si ha che f −1 (y) = ∅. Se m ≥ n, localmente (vicino a un punto di f −1 (y)) ho f : Rm → Rn con d0 f : Rn → Rn surgettivo. Usando il Teorema delle funzioni implicite ho che, a meno di cambi C ∞ di coordinate, f `e una proiezione Rm = Rn × Rm−n → Rn che mappa (a, b) 7→ a. Dunque localmente f −1 (0) `e {0} × Rm−n . Per M , N orientate uso carte Rm , Rn orientate compatibili con l’orientazione e dichiaro la carta Rm−n → {0} × Rm−n orientata positivamente. Definizione 9.18. Se f : M (m) → N (n) `e C ∞ con ∂M 6= ∅ e ∂N = ∅, dico che y `e un valore regolare di f se `e regolare per f|M \∂M e per f|∂M . Definizione 9.19. P ⊂ M `e una sottovariet`a propriamente embedded se localmente P ∼ = Rp−1 × [0, +∞) = ({0} × Rp−1 ) × [0, ∞) ⊂ Rm−1 × [0, ∞) (il bordo sta nel bordo). Definizione 9.20. Se f : M → N , ∂M 6= ∅, ∂N = ∅, y ∈ N `e un valore regolare se f −1 (y) `e una sottovariet`a propriamente embedded di M ; orientata se M , N lo sono. 10 24/10 Aggiunta alla scorsa lezione: ∂(f −1 (y)) = (F∂M )−1 (y) (verifica). 10.1 Grado in contesto liscio Lavoreremo con variet`a compatte. I risultati si possono generalizzare richiedendo che le applicazioni siano proprie. Lemma 10.1 (Sard). L’insieme dei valori non regolari ha misura 0 (in ogni carta) ed `e magro. Definizione 10.2. Se M (n) e N (n) sono orientate e f : M → N `e C ∞ , preso y ∈ N valore regolare chiamo grado di f in y X deg(f, y) = sgn x x∈f −1 (y) dove f −1 (y) `e una 0-sottovariet`a orientata e sgn(x) = sgn(det(dx f )), da intendersi tramite le carte (si verifica la buona definizione23 ). 23 Il determinante non `e ben definito, ma il suo segno o il fatto che sia nullo s`ı. 40 Teorema 10.3. Se N `e connessa deg(f, y) non dipende da y, inoltre24 f0 ' f1 ⇒ deg(f0 ) = deg(f1 ). Dimostrazione. L’insieme dei valori regolari `e aperto (il complementare `e f ({x | det(dx f ) = 0})). Inoltre deg(f, y) `e localmente costante, perch´e se y `e regolare esiste V intorno di y tale che ∼ = f −1 (V ) = W1 ∪, . . . , ∪Wk f|Wj : Wj → V e quindi su V il grado `e costante. Mostriamo ora che se f0 , f1 : M → N sono omotope e y `e regolare per entrambe, allora deg(f0 , y) = deg(f1 , y). Infatti ho F : M × [0, 1] → N con F (·, j) = fj . I valori regolari di F sono un aperto denso per Sard, e quindi wlog y `e un valore regolare per F . F −1 (y) `e una −1 1-sottovariet` a orientata di M ×[0, 1] con ∂(F −1 (y)) = F|M ×{0,1} (y), con orientazioni compatibili. Usando la regola della normale estena per prima si vede che M × {1} `e orientata come M e che M × {0} `e orientata in maniera opposta ad M . Dunque X X sgn(x) = sgn(x) x∈f1−1 (y) x∈f0−1 (y) Ora, dati y0 , y1 ∈ N (connessa), esiste una isotopia, cio`e una H : N ×[0, 1] → N × [0, 1] diffeomorfismo che mappa (y, t) 7→ (ht (y), t) tale che h0 = Id e h1 (y0 ) = y1 (idea della dimostrazione via disegno). Per conlcudere prendiamo y0 , y1 regolari per f e ht come sopra. Si ha, facendo le somme, deg(h1 ◦ f, h1 (y0 )) = deg(f, y0 ) ma d’altronde lhs = deg(h1 ◦ f, y1 ) = deg(f, y1 ) Proposizione 10.4. Il grado liscio coincide con il grado pl. Dimostrazione. Formalmente dovremmo dire che ∞ MC ∼ =+ M pl fC ∞ f pl NC ∞ ∼ =+ N pl L’omotopia `e da intendersi C ∞ , ma in realt` a dovrebbe essere vero che se fra due mappe C ∞ c’`e un’omotopia, allora ce n’`e anche una C ∞ . 24 41 con gli omeomorfismi verticali positivi, cio`e che conservano l’orientazione (lo definiremo in maniera precisa pi` u avanti tramite l’omologia), allora ∞ C pl deg(f ) = deg(f ). (disegno) In sostanza parto da f liscia, noto che f −1 dei vertici di un simplesso molto piccolo in ogni carta sono vertici di un simplesso; modifico f con un’omotopia in modo che sia simpliciale su tali simplessi senza modificarla sui vertici. Orientazioni compatibili con i segni di det(dxj f ) ⇒. . . Questo `e dovuto al fatto che il grado si pu`o definire anche solo con la struttura topologica e che queste nozioni di grado coincidono con quella topologica. Posso pensare una variet`a sia in senso C ∞ che in senso pl, ad esempio posso pensare S 1 cone circonferenza o come simplesso (in entrambi i casi la penso con orientazione). Teorema 10.5. f0 , f1 : S 1 → S 1 sono omotope se e solo se hanno lo stesso grado. Vediamola nel contesto C ∞ . Anche senza “credere” all’equivalenza col caso pl, la dimostrazione pu`o essere riadattata per quest’ultimo contesto. Dimostrazione. Abbiamo gi`a visto “⇒”. Per il viceversa, sia deg(f0 ) = deg(f1 ) che supponiamo per ora 6= 0. Ho f0 , f1 : S 1 → S 1 e voglio “estenderle”25 ad una F : S 1 × [0, 1] → S 1 . Sceglo y ∈ S 1 valore regolare comune e ho f1−1 (y) = p11 , . . . , p1t , n11 , . . . , n1s f0−1 (y) = p01 , . . . , p0k , n01 , . . . , n0h con i segni pari a +1 per i p e −1 per gli n. Per ipotesi k − h = s − t 6= 0. (disegno) Si mostra per induzione sul numero di punti coinvolti che Esercizio 10.6. In tali ipotesi trovo archi orientati α1 . . . , αN con N = k+h+t+s tali che ogni ∂αj sia o ∪f∗1 ∪ p1∗ o ∪n1∗ ∪ n0∗ o ∪p1∗ ∪ n1∗ o ∪p0∗ ∪ n0∗ . 2 (disegno) Dimostrazione. Se h = s = 0 oppure k = t = 0 `e ovvio perch´e prendo dei raggi. Altrimenti vuol dire che ci sono due segni discordi consecutivi e basta collegarli. Dato che il grado non `e nullo ho almeno un αj che unisce S 1 × {0} con S 1 ×{1}. (disegno) Uso l’Esercizio precedente e considero dei nastri (strisce) attorno a questi cammini, dove `e facile estendere f0 t f1 . Resta da estendere ad un’unione di dischi (ho tolto strisce da un disco) sul cui bordo la F `e gi`a definita a valori nel complementare dei punti in cui l’abbiamo gi`a definita, che `e un arco (serve molto un disegno qua). Mi trovo a dover estendere 25 Ci siamo capiti. 42 una funzione definita sul bordo di un disco a valori in un intervallo. Basta estenderla radialmente dopo aver scelto un valore a caso sul centro. Nel caso del grado nullo vedo che f0 ed f1 sono entrambe omotope ad una costante (e quindi sono omotope fra loro). Questi strumenti permetto di fornire una (ennesima) dimostrazione del Teorema 10.7 (Fondamentale dell’Algebra). p(z) ∈ C[z] non costante ha radici. Dimostrazione. Supponiamo wlog p monico. Consideriamo P1 (C) ∼ = S2 con le carte date dalle proiezioni stereografiche su piani tangenti ai poli. Considero f : S 2 → S 2 definita come p(z) se z ∈ C f (z) = ∞ se z = ∞ Affermo che f ha grado d: questo `e sufficiente perch´e se p(z) non ha radici allora 0 ∈ / Im(f ), valore regolare ⇒ deg(f ) = 0 (anzi, f `e omotopa ad una costante perch´e ha immagine su C). per vederlo analizzo f vicino a ∞: considero z 7→ 1 p 1 z = 1 1 zd 1 + a1 z d−1 + . . . + ad = zd 1 + a1 z + . . . + ad z d che a meno ddeterminazione olomorfa della radice d-esima `e localmente di una z = ud . La mappa u 7→ ud ha grado d (0 non `e un valore del tipo √ d 1+... regolare: ∞ non `e un valore regolare di f per d ≥ 1). Definizione 10.8. f : S 1 → R2 `e un’immersione se `e C ∞ e ∀z f 0 (z) 6= 0. f0 , f1 immersioni sono regolarmente omotope se sono omotope tramite immersioni. Se f `e un’immersione, chiamo writhe di f 0 f w(f ) = deg : S1 → S1 kf k0 Una nozione di omotopia regolare pu`o essere data anche nel caso pl ma `e parecchio complicata. Teorema 10.9. f0 , f1 sono regolarmente omotope se e solo se w(f0 ) = w(f1 ). Dimostrazione. Provo che ogni f si riconduce tramite omotopia regolare a uno di questi modelli: (disegni, guardare appunti Petronio). Essenzialmente sono un ∞ per w = 0, circonferenze per w = 1 e w = −1 (con orientazioni opposte) e circonferenze con riccioli per w pi` u grandi. Come prima cosa elimino i “riccioli grandi”: seguo la curva fino alla prima autoinsersezione e ho una circonferenza per Jordan. Se questo ho 43 esaurito S 1 ho trovato S 1 in uno dei due versi. Altrimenti ho trovato un ricciolo, che borda un disco, che possibilmente contiene altri punti dell’immagine di f . In ogni caso posso “retrarre” il ricciolo in maniera che non ne contenga ottenendo solo “riccioli piccoli”, che non interagiscono col resto dell’immagine. Poi elimino i riccioli da parti opposte (disegno) ottenendo un pezzo dritto. Alla fine ho riccioli tutti dalla stessa parte. Se ce ne sono 0 ho le circonferenze, con 1 ricciolo ho l’∞. Se sono almeno 2 posso averli tutti dentro o tutti fuori, ma in realt` a questi possono essere “rivoltati” uno nell’altro. 11 29/10 11.1 Alcune conseguenze dei risultati precedenti Dal Teorema dimostrato l’altra volta segue che 2 Corollario 11.1. S 1 ,→ S omotpie regolari ↔ Z2Z. Dimostrazione. (disegni) Teorema 11.2. Se m 6= n, allora Rn non `e omeomorfo ad Rm . Dimostrazione. Se per assurdo lo fossero ed n > m, lo sarebbero anche Rn \ {0} e Rm \ {0}. Questi hanno lo stesso dipo di omotopia di S n−1 ∼ = ∂∆n e S m−1 ∼ = ∂∆m , ma Hn−1 (S n−1 ) = Z mentre Hn−1 (S m−1 ) = 0. Questo non `e una conseguenza dell’omologia ma l’avevamo usato, quindi lo dimostriamo. Teorema 11.3 (Jordan- Schoiffies). Se γ ⊂ R2 , γ ∼ = S 1 (omeo), allora ◦ ¯ ∼ ¯∼ R2 \ γ = D ∪ E, con γ = ∂D = ∂E, D = D2 , E = R2 \ D 2 . Per S 2 ⊂ R3 `e falso. La dimostrazione per gli omeo `e difficile. Vediamo quella pl (o differenziabile, che `e quasi uguale). Dimostrazione. Sia K ⊂ R2 compesso simpliciale con |K| ∼ =pl S 1 ( ∂∆2 ). wlog posso supporre che nessun r ∈ K [1] sia orizzontare eche tutti i vertici siano ad ordinate distinte. Scelgo altezze y1 < y2 < . . . < yn che contengano: • tutte le altezze dei vertici che non sono minimi o massimi locali • una altezza subito sopra e una subito sotto ogni massimo e minimo locale (tranne che sotto il minimo globale e sopra il massimo globale). 44 (disegni) Sia γi = γ ∩ {y ≤ yi |} ∪ {segmenti orizzontali ad altezza yi } dove i segmenti sono messi in modo che diventi una 1-variet`a pl. Provo ricorsivamente che R2 \ γi `e unione di Di che `e unione di dischi bucati e di Ei che `e R2 \ {dischi aperti} con ∂Di = ∂Ei = γi . Ci`o basta: per i = N ho che DN `e unine di dischi bucati e partialDN = γN = γ ∼ = S 1 e quindi ◦ DN ∼ = D2 . Analogamente EN ∼ = R2 \ D 2 . Se i = 1 ho un triangolo ed ho finito. Per il passo induttivo ho tre casi a seconda del fatto che abbia un minimo, un massimo, o nessuno dei due. In quest’ultimo caso (disegni) `e tutto come prima. Se c’`e un minimo locale (disegni) o si aggiunge un disco a Di oppure non succede niente. Se c’`e un massimo locale (disegni anche qua) non succede niente, aggiungo un buco ad un disco , oppure ho unito due dischi. Questo conclude la versione pl. Per la variante differenziabile considero f : S → R2 embedding, prendo 0 0 v ∈ S 1 valore regolare per kff 0 k e per − kff 0 k e wlog v = (1, 0); ora nei punti in cui f 0 `e orizzontale ho dei minimi o dei massimi locali. Ora y · f ha un numero finito di massimi o minimi locali come soli punti critici. Wlog posso supporre che abbiano altezze diverse, e ora la sitauzione `e come nel caso pl, a patto di vedere che nelle strisce ho dei dischi (esercizio di analisi 1). Teorema 11.4 (del punto fisso di Brouwer). Se f : Dn → Dn `e continua, allora ha un punto fisso. n−1 × [0, 1] Dimostrazione. Come nel caso n = 2, scrivendo Dn = S S n−1 × {0} e costruendo un’omototpia fra la costante e IdS n−1 , che `e assurdo perch´e la prima ha grado 0 e la seconda ha grado 1. Teorema 11.5 (della palla pelosa26 ). Se n `e pari, non esiste v : S n → Rn+1 mai nulla con ∀x v(x) ⊥ x. Lemma 11.6. Se f, g : X → S n non sono mai antipodali fra loro, allora sono omotope. Dimostrazione. F (x, t) = (1−t)f (x)+t(g(x)) k(1−t)f (x)+t(g(x))k . Lemma 11.7. deg(− IdS n ) = (−1)n+1 . Dimostrazione. Vediamo S n come i vettori di norma unitaria in Rn+1 , orientata come bordo di Dn+1 . e0 punta fuori a Dn+1 in e0 . Se e1 , . . . , en `e una base di Te0 S n = e⊥ 0 , per la regola della normale esterna per prima ho 26 O “perch´e servono le orecchie” 45 che questa `e una base positiva perch´e e0 , . . . , en `e positiva in Rn+1 . Ora −e0 = (− IdS n )(e0 ) `e esterno a Dn+1 in −e0 d(− IdS n )(e1 , . . . , en ) = (−e1 , . . . , −en ) ora (−e1 , . . . , −en ) `e positiva per T−e0 S n se e solo se −e0 , −e1 , . . . , −en `e positiva per Rn+1 , che `e vero se e solo se n + 1 `e pari. Se esistesse v : S n → Rn+1 come nelle ipotesi, avrei che ∀x v(x) ∈ / {−x, x} quindi avrei − IdS n ' diversi. 11.2 v kvk ' IdS n e questo `e omotopo perch´e hanno gradi Classificazione pl delle superfici Teorema 11.8 (Difficile). Ogni 2-variet`a topologica chiusa ammette strutture pl e differenziabili; due variet`a pl/differenziabili chiuse omeomorfe sono pl-omeomorfe/diffeomorfe. In altre parole in dimensione 2 sono uguali le categorie top = pl = diff. ` vero anche in dimensione 3. In dimensione 4 invece si ha top 6= pl = diff, E e per n ≥ 5 sono tutte diverse. Definizione 11.9. Una superficie `e una 2-variet`a chiusa connessa pl. [esempi con disegni di come mettere struttura pl su sfera, toro, proeittivo] Definizione 11.10. Se Σ1 e Σ2 sono superfici, definisco la somma connessa ◦ ◦ Σ1 # Σ2 = (Σ1 \ T 1 ) ∪f (Σ2 \ T 2 ) Proposizione 11.11. Σ1 # Σ1 non dipende da: • T1 , T2 • f , pre o post componendo con una permutazione pari dei vertici. • f , se per almeno una fra Σ1 e Σ2 esiste s : Σj → Σj omeomorfismo pl con s(Tj ) = Tj ed s corrisponde ad una permutazione dispari. Dimostrazione. Domani. Teorema 11.12. Ogni Σ chiusa connessa di dimensione 2 `e omeomorfa a una e una sola delle seguenti: • S2 46 • T # ... # T | {z } n volte • P2 # . . . # P2 {z } | n volte dove quest’ultima `e la somma connessa di un po’ di copie del toro col proiettivo o con la bottiglia di Klein a seconda della parit`a di n. 12 31/10 12.1 Classificazione delle superfici L’indipendenza da T1 e T2 della definizione di somma connessa segue dal fatto che Proposizione 12.1. Se T1 , T2 ∈ Σ[2] , allora esiste g : Σ → Σ omeomorfismo pl tale che g(T ) = T 0 . Dimostrazione. Basta vederlo per T , T 0 con un lato in comune (a meno di costruire un “cammino” di triangoli). Si fa a meno di raffinare le triangolazioni e shiftare i triangoli (disegno). L’indipendenza da f a meno di permutazioni pari dei vertici di T1 e T2 `e dovuta alla seguente Proposizione 12.2. Ogni permutazione pari di T [0] `e indotta da G : Σ → Σ omeomorfismo pl. Dimostrazione. Esercizio. Chiaramente `e vero anche che Proposizione 12.3. Se Σ1 o Σ2 hanno un automorfismo che induce una [0] [0] permutazione dispari su T1 o T2 , allora la somma connessa non dipende da f . Proposizione 12.4. S 2 , P2 , T hanno automorfismi di questo tipo. Dimostrazione. Basta prendere l’altezza per il vertice che non vogliamo scambiare e usare una simmetria (i triangoli li possiamo supporre regolari quanto ci pare). Notiamo anche che Proposizione 12.5. S 2 `e l’identit`a della somma connessa. Dimostrazione. Facile da vedere pensando S 2 come simplesso. 47 Come conseguenza dell’esistenza degli automorfismi di cui sopra, n · T e n · P2 sono ben definiti. Dimostriamo il Teorema 11.12. Dimostrazione. Procederemo in pi` u stadi: 1. Ogni poligono con i lati identificati a coppie tramite funzioni affini d`a una superfice. Si vede facilmente (disegno) che il link di ogni punto `e un S 1 . 2. Ogni superficie pu`o essere descritta come nel punto precedente: per mostrarlo considero il grafo di incollamento di una triangolazione. Questo `e costruito mettendoci un vertice per ogni triangolo e un arco per ogni lato comune a due triangoli. Ora considero un albero massimale in questo grafo; questo `e planare, cio`e pu`o essere realizzato nel piano. A questo punto basta reintrodurre i triangoli e definire gli incollamenti in maniera coerente con la superficie. Questo restituisce automaticamente un poligono con un numero pari di lati proprio perch´e ho un incollamento a coppie. 3. Ora una superfice `e una parola di lunghezza 2n in cui ogni lettera compare due volte (eventualmente con esponente −1). Ad esempio S 2 `e aa−1 , P2 `e aa, T2 `e aba−1 b−1 , la bottiglia di Klein K `e aba−1 b. . . Chiaramente vanno quozientate per27 • permutazione ciclica • inversione • sostituire a con a−1 e viceversa. e la somma connessa diventa la concatenazione (basta togliere un triangolo su un vertice, disegno) 4. Senza perdita di generalit`a possiamo supporre che tutti i vertici del poligono si proiettino sullo stesso vertice di Σ (tranne nel caso del poligono che induce S 2 ). (disegni) 5. Da ora per convenzione indichiamo le lettere con le minuscole e le parole con le maiuscole. Abbiamo xxW U ∼ = xW −1 xU . Come conseguenza 2 2 2 2 ∼ ∼ P # P = K e T # P = K # P . Ad esempio per il primo si ha aabb = ab−1 ab, e per il secondo aba−1 b−1 cc = abcbac = abbc−1 ac = c−1 acabb Osserviamo che quest’ultima propriet`a preserva “un solo vertice”. Usandola posso supporre che ogni lato che compare come x . . . x . . . compaia consecutivo, cio`e . . . xx . . . (dove uno dei due pu`o essere x−1 . 27 Probabilmente anche altro, tipo buttare via una lettera se compare sempre a destra della stessa (non d` a pi` u informazione). 48 6. Preservando “un solo vertice” e “xx consecutivi” ho che xW U x−1 Z ∼ = xU W x−1 Z (disegni). 7. Un “toro mischiato ad altra roba” xW yU x−1 V y −1 pu`o essere visto come toro incollato al resto: xyx−1 y −1 T . x(W )(yU )x−1 V y −1 Z = xy(U W )(x−1 V )y −1 Z = xyx−1 V U W y −1 Z =yx−1 V U W y −1 Zx = yx−1 y −1 ZV U W x = xyx−1 y −1 ZV U W 8. Ora abbiamo: • un solo vertice • stesse lettere consecutive (a . . . a 7→ aa . . . • tori consecutivi a . . . b . . . a−1 . . . b−1 7→ aba−1 b−1 Se tutti i lati sono in tali configurazioni ho finito, infatti ho n·T#m·P2 e qui se m = 0 ho n · T, altrimenti ho (2n + m) · P2 . Proviamo che ho usato tutti i lati: se a non l’ho usato certamente ho aXa−1 Y . Ora basta vedere dove possono comparire eventuali b, b−1 (o b, b) fra X e Y . Si conclude facendo i casi (disegni). Resta da vedere che S 2 , n · T e m · P2 sono distinti. Basta usare il π1 notando che la somma connessa passando al π1 diventa il prodotto libero (dettagli non trascritti). Passando all’omologia (cio`e agli abelianizzati) `e forse pi` u facile vedere che i gruppi non sono isomorfi. 12.2 Omologia relativa per complessi simpliciali finiti Definizione 12.6. Se K `e un complesso simpliciale ed L ⊂ K un suo sottocomplesso, Cn (K, L) `e il gruppo abeliano libero generato da K [n] \ L[n] . Inoltre X ∂n(K,L) σ = ε(σ, τ ) · τ τ ∈σ k σ τ ∈L / [n−1] (K,L) (K,L) Proposizione 12.7. ∂n−1 ◦ ∂n =0 K ◦ ∂K = 0 Dimostrazione. Segue immediatamente da ∂n−1 n Ho un complesso di catene e posso quindi farne l’omologia. Dato che sto “buttando via” i simplessi di L potremmo pensare che Hn (K, L) = Hn (K \ L), dove la chiusura serve a renderlo un complesso simpliciale. In ogni caso non `e vero: un controesempio si ha considerando come K un triangolo e come L il suo bordo. K \ L `e sempre K che `e contrattile, quindi ha H0 = Z e Hn = {0} se n > 0. Nell’altro caso ho 0 → ... → 0 → C2 (K, L) → C1 (K, L) 0 → ... → 0 → Z→0 49 → C0 (K, L) → 0 →0→0 e quindi H2 (K, L) = Z e Hn (K, L) = 0 per n 6= 2. Proposizione 12.8. Fatti analoghi a quelli per l’omologia veri per l’omologia relativa: • L’omologia non cambia per suddivisioni. • Se f : (K, L) → (A, B) (cio`e f (L) ⊂ B) ho f∗ : Hn (K, L) → Hn (A, B) e se f0 'L f1 , cio`e se esiste un omotopia che “lascia L sempre incluso in B”, allora f0∗ = f1∗ (basta usare la versione relativa del Teorema di Approssimazione Simpliciale) • Hn (K, L) = Hn (|K| , |L|) a meno di isomorfismo Inoltre vale Proposizione 12.9 (Propriet`a di excision). Se Z = X ∪ Y , con X, Y sottocomplessi si ha Hn (Z, Y ) ∼ = Hn (X, X ∩ Y ) anzi, sono direttamente uguali i complessi di catene. Dimostrazione. Cn (Z, Y ) = hσ ∈ Z [n] \ Y [n] i = hσ ∈ X [n] \ (X ∩ Y )[n] i = Cn (X, X ∩ Y ) 13 13.1 05/11 Successioni esatte Definizione 13.1. Una successione ϕn+1 ϕn . . . → An+1 −−−→ An −−→ An−1 → . . . di gruppi abeliani e omeomorfsmi `e esatta se Im(ϕn+1 ) = Ker(ϕn ). Se un complesso di catene `e una successione esatta ha quindi omologia nulla. Indicando per brevit`a il gruppo con un elemento con 0 (invece che con i {0}) osserviamo che 0 → K → − A esatta vuol dire che i `e iniettiva, mentre p A→ − Q → 0 vuol dire che p `e surgettiva. Definizione 13.2. Una successione del tipo p i 0→K→ − A→ − Q→0 si dice successione esatta corta. 50 Questo equvale a dire che K < A e Q = AK . Definizione 13.3. Una successione esatta di mappe tra catene `e una successione di mappe tra catene esatta a ogni livello, cio`e C (k) complessi di catene, ϕ(k) : C (k) → C (k−1) mappa tra complessi di catene, cio`e (k) ϕn (k) Cn (k−1) Cn (k−1) (k) ∂n ϕn−1 (k) ∂n (k) Cn−1 (k−1) Cn−1 e per ogni n ϕk+1 . . . → Cn(k+1) −−−→ Cn(k) → ϕk Cn(k−1) → . . . `e esatta. 13.2 Successioni esatte lunghe in omologia Se K `e un complesso simpliciale e L `e un sotto complesso avevamo definito Cn (K, L) = hK [n] \ L[n] i ed `e definito ∂n(K,L) : Cn (K, L) → Cn−1 (K, L) X σ 7→ ε(σ, τ ) · τ τ ∈K [n−1] \L[n−1] ,τ ⊂σ Osserviamo che Proposizione 13.4. pn i n 0 → Cn (L) −→ Cn (K) −→ Cn (K, L) → 0 0 se σ ∈ L[n] σ→ 7 σ altrimenti σ 7→ σ d`a una successione esatta corta di mappe tra complessi di catene. Dimostrazione. L’esattezza `e ovvia. Veiamo che `e una mappa fra complessi. 51 0 in Cn (L) L ∂n 0 Cn−1 (L) pn Cn (K) Cn (K, L) (K,L) K ∂n in−1 Cn−1 (K) 0 ∂n pn−1 Cn−1 (K, L) 0 verificare per esercizio. Teorema 13.5. Sia p i 0 → C0 → − C→ − C 00 → 0 una successione esatta corta tra complessi di catene. Si ricava una successione esatta lunga in omologia pn∗ i d n∗ n 0 . . . → Hn0 −− → Hn −−→ Hn00 −→ Hn−1 → ... Corollario 13.6. Se K `e un complesso simpliciale e L ⊂ K `e un sotto complesso ho una successione esatta lunga pn∗ i d n n∗ Hn−1 (L) → . . . . . . → Hn (L) −− → Hn (K) −−→ Hn (K, L) −→ Dimostrazione. Mostriamo che in∗ : Hn0 → Hn `e ben definita: Cn0 0 ∂n 0 Cn−1 in in−1 Cn ∂n Cn−1 [z] ∈ Hn0 , z ∈ Zn0 , z ∈ Cn0 , ∂n0 z = 0- in∗ ([z]) = [in (z)]. Devo vedere che 1. in (z) ∈ Zn , cio`e ∂n (in (z)) = in−1 (∂n0 (z)) = in−1 (z) = 0 2. `e indipendente da z. Se [z1 ] = [z2 ] ho che z1 − z2 ∈ Bn0 , cio`e z1 − z2 = 0 0 ∂n+1 (w) e ho in (z1 ) − in (z2 ) = in (∂n+1 w) = ∂n+1 (in+1 (w)) 52 in−1 0 Cn+1 0 ∂n+1 Cn−1 ∂n + 1 in Cn0 Cn dunque in (z1 ) − in (z2 ) ∈ Bn e quindi [in (z1 )] = [in (z2 )]. Per pn∗ : Hn → Hn00 `e uguale. Mostriamo l’esattezza al livello Hn . pn∗ i n∗ Hn0 →−− → Hn −−→ Hn00 Devo far vedere che pn∗ ◦ in∗ = 0 cio`e Im(in∗ ) ⊂ Ker(pn∗ ). In generale f∗ ◦g∗ = (f ◦g)∗ , ma pn ◦in = 0 e quindi (pn ◦ in )∗ = 0. Mostriamo ora che Im(in∗ ) ⊃ Ker(pn∗ ). Sia [z] ∈ Ker(pn∗ ). 28 Cn+1 pn+1 in 0 ∂n 0 0 Cn−1 Cn 0 00 ∂n+1 ∂n+1 Cn0 00 Cn+1 pn Cn00 ∂n in−1 Cn−1 00 00 (w). Dunque esiste u ∈ C esiste quindi w ∈ Cn+1 tale che pn (z) = ∂n+1 n+1 00 tale che ∂n+1 (pn+1 (u)) = pn (z). Questo implica l’esistenza di u ∈ Cn+1 tale che pn (∂n+1 (u)) = pn (z), e allora esiste u ∈ Cn+1 tale che z − ∂n+1 (u) ∈ Ker(pn ). Allora esiste u ∈ Cn+1 , v ∈ Cn0 tale che z − ∂n+1 (u) = in (v). Ora si conclude usando la parte pi` u a sinistra in basso del diagramma. 00 0 Definiamo ora dn : Hn → Hn−1 . z ∈ Zn00 ⊂ Cn00 . ∃w ∈ Cn tale che z = pn (w). Col solito diagramma ho che ∂n w ∈ Ker(pn−1 ) = Im(in−1 ), e 0 dunque ∃u ∈ Cn−1 tale che ∂n w = in−1 u. Voglio definire dn ([z]) = [u] 28 Forse sono stati usati anche pezzi del diagramma che non ho disegnato, quando risistemo gli appunti magari lo faccio una volta sola. 53 0 sempre smanettando con i diagrammi mostro che ∂n−1 (u) = 0 (verifica omessa) e vedo che [u] ∈ Hn−1 `e ben definita. Mostriamo ora l’indipendenza da w. Supponiamo di avere pn (w1 ) = pn (w2 ) = z. pn (w1 ) − pn (w2 ) = 0. Ho che esiste v ∈ Cn0 tale che w1 − w2 = 0 in (v). Siano u1 , u2 ∈ Cn−1 tali che in−1 (uj ) = ∂n (wj ). Ho in−1 (u2 + ∂n0 v) = ∂w2 + ∂(w1 − w2 ) = ∂w1 0 e quindi u1 = u2 + ∂n0 v e [u1 ] = [u2 ] ∈ Hn−1 . 00 x Sia y ∈ C Mostriamo l’indipendenza da z. Sia z2 = z2 + ∂n+1 n+1 tale che x = pn+1 y. Sia w1 con pn (w1 ) = z1 . Si ha pn (w1 + ∂n+1 y) = z1 + ∂n+1 x = z2 e posso scegliere w2 = w1 + ∂n+1 y. Questo conclude perch´e per la commutativit` a del diagramma ho che posso usare lo stesso u. Dobbiamo ancora mostrare l’esattezza in Hn00 pn ∗ d n 0 Hn −−→ Hn00 −→ Hn−1 Mostriamo che Im pn∗ ⊂ Ker dn . Calcoliamo d( pn∗ ([w])). Ho ∂n w = 0 e | {z } : =[z] quindi posso (devo) scegliere u = 0. Dunque dn (pn∗ ([w])) = 0. Mostriamo che Im pn∗ ⊃ Ker dn . Sempre via “caccia al diagramma” (sempre lo stesso 0 diagramma), se [z] ∈ Ker dn esistono v ∈ Cn0 , w ∈ Cn , u ∈ Cn−1 tali che pn (w) = z in−1 (u) = ∂n w u = ∂n0 v Ne segue che ∂n w = in−1 (∂n0 v) = ∂n (in (v)) dunque ∂n (w − in (v)) = 0 e pn (w − in v) = z. Dunque [z] = pn∗ ([w − in v]). Per conlcudere la dimostrazione mostriamo l’esattezza in Hn0 dn+1 i n∗ Hn00 −−−→ Hn0 −− → Hn Mostriamo Im dn+1 ⊂ Ker in∗ . Questo `e vero perch´e se dn+1 ([z]) = [u] allora via caccia al diagramma in∗ ([u]) = [in (u)] = [∂n+1 w] = 0. Infine mostriamo Im dn+1 ⊃ Ker in∗ . Sia in∗ ([u]) = 0. Allora esiste x ∈ Cn+1 tale ceh in (u) = 00 (p 00 ∂n+1 (x). Claim: ∂n+1 n+1 (w)) = 0, da cui [u] = dn+1 ([pn+1 (x)] ∈ Hn+1 ). | {z } Infatti 00 ∂n+1 (pn+1 (x)) = pn (∂n+1 (x)) = pn (in (u)) = 0 54 14 14.1 07/11 Interpretazione geometrica di dn pn Cn (X) Cn (X, A) X ∂n Cn−1 (A) in−1 Cn−1 (X) Avevamo definito d( [z]) = [u], dove z ∈ Cn (X, A) e u ∈ Cn−1 (A). Il nostro z `e X nσ · σ z= σ∈X [n] \A[n] avevamo sollevato a w ∈ Cn (X) che per noi `e X w= nσ · σ σ∈X [n] dove nσ = 0 per σ ∈ A[n] . Dato che z ∈ Zn (X, A) abbiamo ∂ (X,A) z = 0, quindi X X ∂X w = nσ · ε(σ, τ ) · τ + ε(σ, τ ) · τ σ∈X [n] τ ⊂σ τ ∈A[n−1] σ∈X [n] τ ⊂σ τ ∈X [n−1] \A[n−1] la seconda sommatoria deve essere nullo (segue dalle definizioni). Ne segue che X X dn nσ · σ = nσ · ε(σ, τ ) · τ σ,τ ∈A[n−1] τ ⊂σ Cio`e dn : Hn (X, A) → Hn−1 (A) si ottiene applicando l’operatore ∂ (per costruzione si trovano solo n − 1 simplessi di A). 14.2 Omologia ridotta Ricordiamo che se X `e connesso H0 (X) ∼ = Z canonicamente da [v], [0] v ∈ X . Invece H0 (X, A) = 0 se A 6= ∅. F Definizione 14.1. Se X = ki=1 Xj , con le Xj componenti connesse per [0] archi e vj ∈ Xj , l’omologia ridotta `e Hn (X, A) se n > 0 ˜ P Hn (X, A) = Pk nj = 0 altrimenti i=1 nj [vj ] ∈ H0 (X, A) | 55 ˜ 0 (X, A) = Osserviamo che se A 6= ∅ ho qualche [vj ] = 0, quindi H k H0 (X, A). Invece se A = ∅ ho H0 (X) ∼ =Z e n o X ˜ 0 (X) ∼ H nj = 0 = Zk−1 = (n1 , . . . , nk ) ∈ Zk | dove con Hn (X) si intende Hn (X, ∅). Proposizione 14.2. La successione esatta di omologia d i∗ p∗ i 0 0 . . . → H1 (X, A) −→ H0 (A) − → H0 (X) −→ H0 (X, A) → 0 induce la stessa successione esatta in omologia ridotta d˜ ˜i∗ p˜∗ i 0 0 ˜ 1 (X, A) −→ ˜ 0 (A) − ˜ 0 (X) −→ ˜ 0 (X, A) → 0 ... → H H → H H Dimostrazione. Per definizione nX o X ˜ H0 (A) = nj [aj ] | nj = 0 ˜ 0 (A). Sia [z] ∈ H ˜ 1 (X, A) = H1 (X, A). Dunque Proviamo che Im(d1 ) ⊂ H P (X,A) z = mj · ej . Dato che ∂ z = 0, abbiamo X ∂X z = mj (ej (1) − ej (0)) da intersi come “il secondo estremo meno il primo”. Questo `e uguale a X X X X X X mj − mj + mj − mj = Σ1 +Σ2 v∈A[0] j|ej (1)=v j|ej (0)=v v ∈A / [0] j|ej (1)=v j|ej (0)=v in ∂X la somma di tutti i coefficienti e 0. Dato che ∂ X,A z = 0, in Σ2 tutti i coefficienti sono 0, e quindi in Σ2 la somma di tutti i coefficienti `e 0, per ˜ 0 (A). cui d1 ([z]) = [∂ X z] ∈ H ˜ 0 (A)) ⊂ H ˜ 0 (X). Questo `e vero perch´e Ora mostriamo che i∗0 (H X X i∗0 nj [aj ]A = nj [aj ]X e P aj = 0 continua ad essere vero. Vediamo che Im(d˜1 ) ⊂ Ker(˜i∗0 ). Questo `e ovvio perch´e ˜i∗0 ◦ d˜1 = i0 |H˜ 0 (X) ◦ d1 |H˜ 0 (A) = i0 ◦ d1 |H˜ 0 (X) = 0 ˜ (A) H 0 perch´e i0 ◦ d1 = 0. Vediamo che Ker(˜i∗0 ) ⊂ Im(d˜1 ). Se [z] ∈ Ker(˜i∗0 ), allora [z] ∈ Ker(i∗0 ) e dunque [z] ∈ Im(d1 ) = Im(d˜1 ). 56 ˜ 0 (X)) ⊂ H ˜ 0 (X, A). Ora la buona definizione di p∗0 . Mostriamo che p∗0 (H Questo `e ovvio perch´e X X p∗0 nj [vj ]X = nj [vj ](X,A) P e continua ad essere vero che nj = 0. ∗ ∗ ˜ Im(i0 ) ⊂ Ker p˜0 `e ovvio. Im(˜i∗0 ) ⊃ Ker p˜∗0 `e vero perch´e [z] ∈ Ker(˜ p∗0 ) ⇒ [z] ∈ Ker(p∗0 ) ⇒ ∃[w] ∈ H0 (A) [z] = i∗0 ([w]) ˜ 0 (A) (esercizio). bisogna vedere che [w] ∈ H ∗ Infine p˜0 `e surgettivo perch´e X ˜ 0 (X, A) ⇒ `e p˜∗ nj [vj ](X,A) ∈ H 0 X nj [vj ]X ˜ n valgono le propriet`a: Proposizione 14.3. Anche per H ˜ n (X, A) → 1. Omotopia: se f, g : (X, A) → (Y, B) e f 'A g allora f∗ = g∗ : H ˜ Hn (Y, B) 2. Escissione: Hn (Z, Y ) ∼ = Hn (X, X ∩ Y ). 14.3 Omologia ridotta delle sfere Teorema 14.4. Per ogni n, m si ha m ˜ n (S ) = Z se n = m H 0 altrimenti cio`e Z⊕Z Z Hn (S m ) = 0 se n = m = 0 se n = 0 < m oppure n = m > 0 altrimenti Dimostrazione. S m−1 = ∂Dm , quindi posso usre la successione esatta di (Dm , S m−1 ). ˜ n (Dm ) → H ˜ n (Dm , S m−1 ) → Hn−1 (S m−1 ) → Hn−1 (Dm ) = 0 0=H dove le uguaglianze con 0 sono perch´e Dm `e contrattile e per ogni n un ˜ n banale. Dunque punto ha H ˜ n (Dm , S m−1 ) ∼ ˜ n−1 (S m−1 ) H =H 57 (3) Ora29 m m S m = x ∈ Rm+1 | kxk = 1 = {x ∈ S m | x0 ≥ 0}∪{x ∈ S m | x0 ≤ 0} = D+ ∪D− m ∩ D m = S m−1 . Per escissione e inoltre D+ − m m ˜ n (S m , D+ ˜ n (D− H )=H , S m−1 ) (4) m ho Per la successione esatta di S m , D+ ˜ n (Dm ) → H ˜ n (S m ) → H ˜ n (S m , Dm ) → H ˜ n−1 (Dm ) = 0 0=H e quindi ˜ n (S m ) ∼ ˜ n (S m , Dm ) H =H (5) Mettendo insieme gli isomorfismi 3, 4 e 5 otteniamo ˜ n (S m ) = H ˜ n−1 (S m−1 ) H Basta ora scendere finch´e uno dei due non `e 0. Posso quindi giungere a ˜ n−m (S 0 ), che ha omologia ridotta Z se n = m e 0 altrimenti, oppure a H ˜ 0 (S m−n ), che ha omologia ridotta Z se m = n e 0 altrimenti. H 14.4 Ancora algebra Proposizione 14.5. La successione esatta di omotopia `e funtoriale dalla categoria delle coppie (K, L) con K complesso simpliciale e L sottocomplesso dove le frecce che sono le mappe simpliciali di coppie alla categoria delle successioni esatte di omomorfismi di gruppi abeliani dove le frecce sono le mappe naturali30 . Questo segue dal fatto genereale che Proposizione 14.6. Se ho successioni esatte corte di complessi di catene i p i p 0 → C0 → − C→ − C 00 → 0 con bordi ∂, ∂ 0 , ∂ 00 e 0 → D0 → − D→ − D00 → 0 con bordi d, d0 , d00 , e ho mappe di complessi di catene ϕ0 : C 0 → D0 , ϕ : C → D, ϕ00 : C 00 → D00 e i diagrammi commutano tutti, allora commuta anche ... Hn (C 0 ) i∗n ϕ0n ... 29 30 Hn (D0 ) Hn (C) p∗n Hn (D) ∂n Hn−1 (C 0 ) ∗ qn Hn (D00 ) ηn Hn−1 (D0 ) Usiamo il linguaggio liscio, ma si riporta pari pari al caso pl. Cio`e che fanno commutare tutti i quadrati. 58 ... ϕ0n−1 ϕ00 n ϕn ∗ jn Hn (C 00 ) ... Dimostrazione. Alcuni sono ovvi perch´e valgono a livello di catene. Vediamo che [z] ∈ Hn (C 00 ). Usando la commutativit`a di pn Cn Cn00 ∂n 0 Cn−1 in−1 Cn−1 abbiamo ∂n ([z]) = [u]. Devo provare che ηn (ϕ00n ([z])) = [ϕ0n−1 (x)] qn Dn Dn00 dn 0 Dn−1 jn−1 Dn−1 e quindi ho Cn ϕn Dn pn qn Cn00 ϕ00 n Dn00 se provo che jn−1 (ϕ0n−1 (w)) = dn (ϕn (w)) ho la conclusione. Questo `e vero perch´e commuta 0 Cn−1 in−1 ϕ0n−1 0 Dn−1 jn−1 Cn−1 ϕn−1 Dn−1 e commuta Cn ϕn Dn ∂n Cn−1 dn ϕn−1 Dn−1 59 Questo `e un analogo di Van Kampen: Teorema 14.7 (Successione esatta di Mayer-Vietoris). Sia K un complesso simpliciale, A1 , A2 sottocomplessi, K la loro unione e L la loro intersezione. Ho j (p) i(p) C(L) −−→ C(Ap ) −−→ C(K) per p = 1, 2. Denotando con ` la composizione, la successione i(1) ,−i(2) j (1) +j (2) i j 0 → C(L) −−−−−→ C(A1 ) ⊕ C(A2 ) −−−−−→ (K) → 0 `e esatta Dimostrazione. La prossima volta. Corollario 14.8. Per il Teorema generale che da una esatta corta di complessi di catene otteniamo una esatta lunga in omologia abbiamo . . . → Hn (L) → Hn (A1 ) ⊕ Hn (A2 ) → Hn (K) → Hn−1 (L) → . . . ˜ n. E ` un analogo di Van Kampene perch´e per Questo vale anche per H n = 1 ed L connesso dice ˜ 0 (L) = 0 H1 (L) → H1 (A1 ) ⊕ H1 (A2 ) → H1 (K) → H e questo dice che H1 (K) ∼ = H1 (A1 ) ⊕ H1 (A2 )i∗ (H1 (L)) che `e l’abelianizzato di Van Kampen. 15 15.1 12/11 Dimostrazione e applicazioni di Mayer-Vietoris Dimostrazione. i `e iniettiva perch´e lo sono i(1) e i(2) . Inoltre Ker j ⊃ Im i, cio`e j ◦ i = 0, perch´e (j◦i)(σ) = (j (1) +j (2) )(i(1) (σ)−i(2) (σ)) = (j (1) ◦i(1) )(σ)−(j (2) ◦i(2) )(σ) = e(σ)−e(σ) = 0 Mostriamo che Ker j ⊂ Im i: X X x= n(1) nσ (2) · σ ∈ Ker j σ · σ, σ∈A1 σ∈A2 60 cio`e X X nσ (1) · σ + σ∈A1 nσ (2) · σ = 0 (in |K|) σ∈A2 questo `e X X X X nσ (1) · σ + nσ (1) · σ + nσ (2) · σ + nσ (2) · σ σ∈L σ∈A1 \L σ∈L σ∈A2 \L Tuttavia nσ (r) = 0 per ogni σ ∈ Ar \ L per r ∈ {1, 2}, mentre per σ ∈ L si (2) (1) ha nσ = −nσ . Dunque ! X X x= n(1) n(1) σ · σ, − σ ·σ σ∈L σ∈L e quindi x = (i(1) , −i(2) )( X n(1) σ · σ) σ∈L (questo discorso va fatto per ogni livello k; va sostituito ad esempio A1 con [k] A1 ; d’ora in poi li indicheremo) j `e surgettiva: infatti X X X Ck (K) 3 nσ · σ = (. . . ) + (. . . ) = j (1) (. . . ) + j (2) (. . . ) σ∈K [k] [k] σ∈A1 [k] [k] σ∈A2 \A1 Per dedurre j∗ i d ∗ → Hn−1 (L) → . . . . . . → Hn (L) − → Hn (A1 ) ⊕ Hn (A2 ) −→ Hn (K) − dal Teorema generale bisogna dire che H(C ⊕ C 0 ) ∼ = H(C) ⊕ H(C 0 ) (facile). Cn (A1 ) ⊕ Cn (A2 ) j A1 A2 (∂n , ∂n ) (1) 0 Cn−1 (L) (2) (in−1 , −in−1 ) z= Cn−1 (A1 ) ⊕ Cn−1 (A2 ) X σ∈K [n] 61 nσ · σ Cn (K) 0 X nσ · σ + (nσ − pσ ) · σ w= X X nσ · σ + [n] σ∈A1 \L[n] X pσ · σ, [n] σ∈L[n] σ∈A2 \L[n] σ∈L[n] Dato che z `e un ciclo, calcolando (∂nA1 , ∂nA2 )(w). . . [n] [n] Se τ ∈ A1 \ L[n] ho ε(σ, τ ) 6= 0 solo per σ ∈ A1 \ L[n] . Ma allora il [n−1] coefficiente di τ in ∂n z `e uguale a quello in ∂nA1 w1 . Stesso: τ ∈ A2 \L[n−2] , allora il coefficiente di τ in ∂n z `e uguale a quello in ∂nA2 w2 . Morale: siccome ∂n z = 0 ho ∂n w1 ∈ Cn−1 (L) e ∂n w2 ∈ Cn−1 (L), anzi a Zn−1 (L). Anzi si ha (1) (2) (∂n w1 , ∂n w2 ) = (in−1 (u), in−1 (u)) e questo non dipende dalla scelta dei pσ . In altre parole d : Hn (K) → Hn−1 (L) funziona cos`ı: P • Si prende z = nσ · σ, [z] ∈ Hn (K) • Si scrive z = (w1 , w2 ) con w1 ∈ Cn (A1 ) e w2 ∈ Cn (A2 ) • d([z]) = [∂n w1 ] ( automaticamente ∂n w1 ∈ Zn−1 (L), e non solo a Zn−1 (A1 )). Esercizio 15.1. Sia M una 3-variet`a31 ed N = M \ (int(∆3 )) (e a meno di defomare questa `e la stessa cosa di dire N ' M \ {p}). Provare che H1 (N ) ∼ = H1 (M ). Dimostrazione. Via Mayer-Vietoris o dal fatto che N (2) = M (2) , e H1 dipende solo dal 2-scheletro. Via Mayer-Vietoris32 : N = A1 , ∆3 = A2 , L = A1 ∩ A2 = ∂∆3 = S 2 . ˜ 0 (S 2 ) H1 (S 2 ) → H1 (N ) ⊕ H1 (D3 ) → H1 (M ) → H | {z } | {z } | {z } 0 =0 =0 Esercizio 15.2. Sia M chiusa orientata, N = M \int(∆3 ). Allora H2 (N ) ∼ = H2 (M ). Dimostrazione. Usando Mayer-Vietoris abbiamo (a patto di risolvere il prossimo esercizio) g a f H3 (D3 ) ⊕ H3 (N ) → − H3 (M ) − → H2 (S 2 ) → − H2 (D3 ) ⊕H2 (N ) − → H2 (M ) → H1 (S 2 ) | {z } | {z } | {z } | {z } | {z } | {z } =0 =0 =Z =0 =Z Ho Ker f = Im g. Se provo che a `e un isomorfismo ho che a `e surgettiva, dunque g = 0 e Ker f = 0. d `e un isomorfismo: d([M ]) = . . . X X σ = ∆3 + σ σ∈M 31 32 σ6=∆3 Va bene anche ≥ 3. Che vale anche per l’omologia ridotta, anche se non l’abbiamo dimostrato. 62 =0 e d([M ]) = [∂∆3 ] cio`e d : Z → Z manda 1 in 1 ed `e quindi un isomorfismo. Esercizio 15.3. Se N (n) `e compatta connessa con ∂N 6= ∅, allora Hn (N ) = 0. Dimostrazione. (disegno) Esercizio 15.4. Sia K ⊂ S 3 un nodo pl (cio`e una sottovariet`a pl omeomor` vero che33 esiste un intorno U di K in S 3 omeomorfo a K × D2 fa a S 1 ). E ◦ (U intorno regolare34 ). Poniamo35 N = S 3 \ U . Allora H1 (N ) ∼ = Zµ , cio`e Z generato da un meridiano, ossia un laccio che gira una volta intorno al nodo. Dimostrazione. Uso Mayer-Vietoris come prima, con A1 = U , A2 = N , K = S 3 , L = ∂U ∼ = T , con T il toro. Sia λ una longitudine, cio`e36 una curva che percorre tutto il toro. Ora T ∼ = S 1 × S 1 e37 H1 (T ) = Zµ ⊕ Zλ . H2 (S 3 ) → − H1 (∂U ) = Zµ ⊕ Zλ → − H1 (U ) ⊕H1 (N ) → − H1 (S 3 ) | {z } | {z } | {z } | {z } =0 =Zλ =0 e quindi H1 (N ) ∼ = Zµ . Abbiamo un’applicazione H1 (∂U ) → H1 (N ), cio`e Zµ ⊕ Zλ → Zµ . Il Ker di quest’applicazione sar`a isomorfo a Z, quindi esiste un preciso p ∈ Z tale che p·µ+λ `e nel nucleo dell’applicazione sopra. Chiamo questa longitudine quella privilegiata, e questo risolve l’ambiguit`a. ◦ Esercizio 15.5. Se N = S 3 \ U (K), allora H2 (N ) = 0. Dimostrazione. d H3 (U ) ⊕ H3 (N ) → − H3 (S 3 ) − → H2 (∂U ) → − H2 (U ) ⊕ H2 (N ) → − H2 (S 3 ) | {z } | {z } | {z } | {z } | {z } =0 =0 =Z =0 =Z Basta mostrare che d `e un isomorfismo, e segue che H2 (N ) = 0. Come sopra, prendo " # " !# X X d [S 3 ] = σ 7→ ∂ σ = [∂U ] σ σ∈U e quindi d : Z → Z manda 1 in 1 ed `e quindi un isomorfismo. 33 Dimostrazione omessa. In generale Y (k) ,→ X (n) sottovariet` a compatta lisca o pl⇒ esiste un intorno di Y in X che `e un fibrato in Dn−k su Y , cio`e `e localmente Dn−k . Ad esempio l’intorno regolare in P2 (R) di γ dove [γ] 6= 0 `e il nastro di M¨ obius, che non `e S 1 × D1 . 35 3 Quello che mi interessa `e proprio S \ K, di cui N `e un retratto per deformazione. 36 Per ora `e definita in modo ambiguo, potremmo sostituirla con λ + p · µ per ogni p ∈ Z; sistemeremo dopo. 37 L’ H1 del prodotto non `e il prodotto degli H1 in generale, ma in questo caso ci va bene. 34 63 15.2 Propriet` a assiomatiche dell’omologia Vogliamo isolare alcune propriet`a dell’omologia simpliciale che, se verificate da altre costruzioni, restituiscono la stessa costruzione di omologia. L’omologia `e un funtore (covariante) dalla categoria delle coppie (K, L), con L sottocomplesso di K con le frecce date dalle mappe di coppie, cio`e tali che l’immagine di L `e contenuta nel secondo membro dell’oggetto in arrivo, alla categoria delle successioni di gruppi abeliani con le frecce date dalle successioni di omomorfismi. Gli assiomi che diamo sono 1. Omotopia: se f0 'L f1 : (K, L) → (A, B), cio`e sono omotope relativamente ad L, cio`e esiste ft con ft (L) ⊂ B per ogni t, allora f0∗ = f1∗ . 2. Escissione: Se K = X ∪ Y , Z = X ∩ Y , allora Hn (K, Y ) = Hn (X, Z). 3. Les(Long Exact Sequence): . . . → Hn (L) → Hn (K) → Hn (K, L) → Hn−1 (L) → . . . (tutto funtoriale) 4. Dimensione: Hn ({p}) `e Z se e solo se n = 0, altrimenti `e 0. 5. 0-omologia38 H0 (X) = Z# componenti connesse . Mayer-Vietoris non `e enunciato in quanto segue dai precedenti. Osserviamo che questi assiomi bastano39 a calcolare Hn (Dp , S p−1 ) ∼ = Hn (S p ). 16 14/11 Manca l’inizio lezione. Essenzialmente sono definizioni (gi`a date all’inizio) di tipo categoriale, pi` u la definizione di isomorfismo naturale (una trasformazione naturale dove ogni freccia `e un’isomorfismo). 16.1 Equivalenza di omologie Teorema 16.1. Sia H 0 un funtore dalle coppie (K, L) come sopra alle successioni di gruppi abeliani che soddisfi le propriet`a date in 15.2. Se esiste una trasformazione naturale ϕ : H → H 0 , dove H `e l’omologia simpliciale, tale che per ogni punto p la mappa ϕ{p} sia un isomorfismo, allora ϕ `e un isomorfismo. 38 39 Forse non `e necessario. In realt` a avevamo usato l’omologia ridotta. 64 Dimostrazione. Devo mostrare che ogni ϕ(K,P ) `e un isomorfismo. Supponiamo P = ∅ e procediamo per induzione sul numero #K di simplessi di K. Se #K = 1, allora K = {p} e la tesi `e vera banalmente dalle ipotesi assunte. Sia #K > 1 e sia σ ∈ K[n] , con n massimo. Per ogni m ho ... Hm+1 (K, L) Hm (L) ϕ(K,L),m+1 ... 0 Hm+1 (K, L) Hm (K) ϕL,n Hm (K, L) ϕ(K,L),m ϕK,n 0 (L) Hm Hm−1 (L) 0 (K) Hm ϕL,m−1 0 Hm−1 (L) 0 (K, L) Hm ... ... Per ipotesi induttiva sono isomorfismi ϕL,m e ϕL,m−1 Per escissione ho Hp (K, L) ∼ = Hp (σ, ∂σ) ∼ = Hp (∆n , ∂∆n ) ∼ = Hp (Dn , ∂Dn ) ∼ = Hp (S n−1 ) Dato che Hp (S n−1 ) ed Hp0 (S n−1 ) li abbiamo calcolati solo usando le propriet`a date in 15.2, ho Hp (S n−1 ) ∼ = Hp0 (S n−1 ). Inoltre, dato che ϕ commuta 40 con tutto , l’isomorfismo `e naturale, ovvero ϕ(K,L),p : Hp (K, L) → Hp0 (K, L) `e un isomorfismo. Quindi per P = ∅ concludiamo usando il Lemma 16.2 La conclusione nel caso P 6= ∅ segue dallo stesso Lemma applicato al diagramma ... Hn (P ) Hn (K) Hn (K, P ) Hn−1 (P ) Hn−1 (K) ... ... Hn0 (P ) Hn0 (K) Hn0 (K, P ) 0 Hn−1 (P ) 0 Hn−1 (K) ... Lemma 16.2 (5-lemma). Se abbiamo A i α A0 B j γ β i0 B0 k C j0 C0 D e ε δ k0 D0 E e0 E0 con righe esatte e α, β, δ, ε isomorfismi, allora anche γ `e un isomorfismo. 40 Stiamo barando, mancano un bel po’ di dettagli. 65 Dimostrazione. Vediamo l’inettivit`a. Sia γ(c) = 0. Allora k 0 (γ(c)) = 0 e quindi δ(κ(c)) = 0. Dato che δ `e iniettiva, k(c) = 0. Dunque c = j(b) e γ(j(b)) = 0, perci` o j 0 (β(b)) = 0 e β(b) = i0 (a0 ). Per surgettivit`a di α si 0 ha a = α(a). Dunque β(i(a)) = i0 (α(a)) = i0 (a0 ) = β(b), e dunque per iniettivit` a di β si ha b = i(a), da cui c = j(b) = j(i(a)) = 0. Vediamo la surgettivit`a. Sia c0 ∈ C 0 . k 0 (c0 ) ∈ D0 , per surgettivit`a di δ abbiamo k 0 (c0 ) = δ(d). Dunque e0 (k 0 (c0 )) = 0, e quindi e0 (δ(d)) = 0, da cui ε(e(d)) = 0 e (per iniettivit`a di ε) e(d) = 0. Allora d = k(c) e k 0 (c0 − γ(c)) = k 0 (c0 ) − δ(d) = 0, dunque k 0 (c0 − γ(c)) `e 0 e quindi c0 − γ(c) = j 0 (b0 ). Ora per surgettivit` a di β abbiamo b0 = β(b) e γ(j(b)) = j 0 (β(b)) = j 0 (b0 ) = c − γ(c) e quindi c0 = γ(c + j(b)). 16.2 Altre teorie omologiche Usare direttamente l’omologia simpliciale a volte `e difficile, ad esempio perch´e Proposizione 16.3. La pi` u piccola triangolazione del toro ha 14 triangoli. Inoltre a volte potremmo voler usare i risultati per oggetti infinitodimensionali. Per questo vedremo altre teorie omologiche, tutte equivalenti nel senso visto sopra. Definizione 16.4. I ∆-complessi sono41 ∆n = Conv(e0 , . . . , en ) ⊂ Rn+1 .Indichiamo inoltre con (n) ϕi : ∆n−1 → ∆n l’identificazione tra ∆n−1 e la faccia di ∆n opposta al vertice ei , quindi ej 7→ ej se j < i e ej 7→ ej+1 se j ≥ 1. L’ordinamento dei vertici `e fisso. Definizione 16.5. Se X `e uno spazio topologico, chiamo struttura di ∆complesso su X una famiglia S = {σα | α ∈ A}, σα : ∆n(α) → X con 1. σα |int(∆n (α)) `e iniettiva F 2. X = α∈A σα (int(∆n (α))) (n(α)) 3. σα ◦ ϕi ∈ S per ogni α ∈ A, i = 0, . . . , n(α) 4. Y ⊂ X `e aperto se e solo se σα−1 (Y ) `e aperto in ∆n(α) per ogni α. Cio`e X `e espresso come unione disgiunta di simplessi aperti e l’embedding di ciascun simplesso aperto astratto si estende al simplesso chiuso astratto; su ogni singola faccia del bordo tale estensione ha un embedding, ma non sul bordo intero (pi` u conseguenza ordinamento che ora vedremo). 41 Proprio loro, non loro a meno di. . . 66 Esempio 16.6. Realizziamo il toro come unione di due triangoli (disegno42 ). Gli estremi dei segmenti vanno nello stesso punto, quindi tutti gli embedding si estendono al bordo, ma non sono embedding sul bordo. Comunque abbiamo solo 2 triangoli, non 14. Un ∆-complesso `e il quoziente di G simplessi astratti incollamenti indotti dalle σα cio`e se x ∈ ∆n(α) e y ∈ ∆n(β) , allora x ∼ y se σα (x) = σβ (y). Inoltre in X ogni simplesso aperto ha una ben definita orientazione derivante dall’ordinamento dei vertici in qualsiasi sua versione astratta, cio`e per qualunque σα io usi di cui il simplesso `e nell’immagine. (esempi via disegni) Un complesso simpliciale finito diventa un ∆-complesso scegliendo su ogni simplesso l’orientazione indotta da un ordinamento totale di tutti i vertici. Inoltre, se X ha una struttura di ∆-complesso finito, `e anche omeomorfo a |K| per un qualche43 complesso simpliciale finito K. Se X `e un ∆-complesso, in X sono definiti i simplessi; `e ben definita la nozione di “un simplesso τ `e faccia di un simplesso η”: se esiste α, T, E ⊂ ∆n(α) tale che T faccia di E e σα (τ ) = τ , σα (E) = η, allora ci`o accade per ogni altro α tale che η ⊂ Im(α). Proposizione 16.7. Ogni σα (∆n(α) ) `e chiuso (con A di cardinalit`a qualsiasi). Dimostrazione. σβ−1 (σα (∆n(α) )) `e unione di facce di ∆n(β) `e se c’`e una faccia ci sono le sue facce (ci` o `e vero per σα ). Definiamo le catene come il gruppo abeliano libero Cn (X) = hσα | n(α) = ni con ∂n = Cn (X) → Cn−1 (X) ∂n σ α = n X (n) (−1)i · σα ◦ ϕi i=0 Si verifica che ∂n−1 ◦ ∂n = 0, e quindi `e ben definita un’omologia Hn∆ (X, Y ), e che per (K, L) coppia di comploessi simpliciali finiti, Hn∆ (|K| , |L|) ∼ = Hn (K, L), dove l’isomorfismo `e canonico. Per vedere questo non serve nemmeno passare alla verifica degli assiomi dati in 15.2, scelto un ordinamento totale dei vertici di K si sceglie σ ˜ : ∆n → σ che rispetti l’orientazione. 42 43 Nel solito quadrato quozientato. La dimostrazione si fa suddividendo. 67 17 19/11 17.1 Complessi simpliciali astratti Definizione 17.1. Un complesso simpliciale astratto `e una coppia K = (K [0] , F), dove K [0] `e un insieme e F ⊂ P(K [0] ) tale che • Ogni σ ∈ F `e finito • ∀v ∈ K [0] {v} ∈ F • ∀σ ∈ F ∀τ ⊂ σ τ ∈ F Poniamo inoltre K [n] = {σ ∈ F | #σ = n + 1} [ K (n) = K [n] i≤n Definizione 17.2. La realizzazione geometrica |K| di un complesso simpliciale astratto K `e l’insieme delle funzioni α : K [0] → [0, 1] tali che • v ∈ K [0] | α(v) 6= 0 ∈ F P • v∈K [0] α(v) = 1 Mettiamo su |K| una distanza 1 d(α, β) = 2 X 2 (α(v) − β(v)) v∈K [0] e come topologia non quella indotta da d ma quella debole, cio`e • Su ogni |σ| per σ ∈ F metto la topologia indotta da d (chiamo ancora σ il sottocomplesso {τ ⊂ σ} • Impongo che {|σ| | σ ∈ F} sia un ricoprimento fondamentale. ˜ Proposizione 17.3. Se K ⊂ RN `e un complesso simpliciale finito, [0] sia K [0] [0] ˜ l’associato complesso simpliciale astratto (cio`ePK = F e F = σ | σ ∈ K ). ˜ Allora la mappa K → |K| che associa α 7→ e un omeomor[0] α(v) · v ` v∈K fismo. Dimostrazione. L’inversa `e data da: se p ∈ |K|, p ∈ int(σ) e σ = (w0 , . . . , wm ), p = (t0 w0 + . . . , +tm wm ) (con ti > 0), mando 0 se v ∈ {w0 , . . . , wm } p 7→ v 7→ ti se v = wi ˜ Sia in |K| sia in K i simplessi sono un ricoprimento chiuso finito (quindi fondamentale) e si vede che |˜ σ | → |σ| `e un omeomorfismo. 68 Proposizione 17.4. Per ogni complesso simpliciale K, la sua realizzazione geometrica |W | `e T444 Dimostrazione. I punti sono chiusi perch´e |σ| ∼ = Dn e in Dn i punti sono chiusi e l’insieme dei |σ| ricopre. Per provare che `e T4 basta vedere che per ogni chiuso C ⊂ |K| e f : C → [0, 1] continua esiste un’estensione continua a K (questo `e sufficiente perch´e se A, B sono chiusi disgiunti sia C = A ∪ B, f : C → [0, 1] che vale 0 su A e 1 su B. . . ). Basta definire l’estensione di f ricorsivamente su K (n) . Per passare da K (n) a K (n+1) , tenendo conto che la topologia `e quella debole, basta estendere f un simplesso alla volta: abbiamo f gi` a definita su ∂Dn e su un chiuso C ⊂ Dn , quindi l’estensione esiste. Proposizione 17.5. Sia K un complesso simpliciale astratto. Se C ⊂ |K| `e compatto interseca un numero finito di simplessi. Dimostrazione. Se K incontra un simplesso, incontra una faccia nella parte interna, quindi basta mostrarlo per le parti interne. Per ogni σ tale che C ∩ int(σ) 6= ∅ scelgo pσ ∈ C ∩ int(σ). Prendiamo poi come D la collezione di tutti i pσ . Poich´e ogni τ ha un numero finito di facce, D ∩ τ `e finito, e quindi tutti i punti di D sono aperti per la topologia indotta da |τ | su D. Per definizione di topologia debole, la topologia indotta su D da K `e discreta. Dato che D ⊂ C con C compatto, `e finito45 . Corollario 17.6. |K| `e compatto se e solo se K `e finito. Definizione 17.7. ϕ : K → H `e una mappa simpliciale se ϕ : k [0] → H [0] e ϕ(σ ∈ H per ogni σ in K. Tale ϕ induce |ϕ| : |K| → |H| (|ϕ| α)( |{z} w )= ∈H [0] X α(v) v∈K [0] ϕ(v)=w Per i complessi concreti `e la solita definizione (disegno). Diamo ora l’omologia per questi complessi. Su ogni σ ∈ K [n] si fissa un ordine a meno di permutazioni pari (per n = 0 sceglo il segno +). Definisco Cn (K) = hK [n] i (il gruppo abeliano libero generato da K [n] ). Le mappe di bordo sono ∂n |{z} σ = ∈K [n] 44 45 X ε(σ, τ ) · τ τ ∈K [n−1] τ ⊂σ Intendiamo T1+T4. Sottoinsiemi discreti chiusi di compatti sono finiti. 69 dove ε(σ, τ ) `e cos`ı definito: scelgo (v0 , . . . , vn ) ordine positivo di σ; suppongo τ = {v0 , . . . , vbi , . . . , vn } e pongo +1 se (v0 , . . . , vbi , . . . , vn ) `e pari i ε(σ, τ ) = (−1) · −1 altrimenti Si dimostra per via algebrica che questa `e una buona definizione: bisogna provare che se η `e una permutazione pari e i ∈ n + 1, allora la permutazione β ottenuta rinumerando con 0, . . . , n − 1 d . . . , η(n) η(0), . . . , η(i), (−1)η(i)−i · sgn(β) = +1 Esercizio 17.8. ∂n−1 ◦ ∂n = 0. Quindi posso definire l’omologia Hn (K) alla solita maniera. La definizione `e ovviamente quella gi`a vista per K finito. Per l’escissione bisogna definire un sottocomplesso come un’unione chiusa di simplessi. Questa definizione `e interessante perch´e non solo aumenta la gamma di spazi trattabili, ma facilita il calcolo anche nel caso di complessi simpliciali finiti. 17.2 cw-complessi e loro omologia Definizione 17.9. L’attaccamento di una n-cella a uno spazio X `e definito prendendo n−1 g: S | {z } → X =∂Dn e defininendo n X ∪g Dn = X t D y ∼ g(y) Notiamo che g pu` o non essere iniettiva. Esempio 17.10. Se g : S n−1 → {p} e prendiamo {p} ∪g Dn , sto collassando n il bordo di Dn a un solo punto, quindi ottengo D S n−1 ∼ = Sn. Definizione 17.11. Un cw-complesso (complesso cellulare) `e uno spazio X ricorsivamente ottenuto da X (0) discreto dove X (n) `e ottenuta da X (n−1) (n) attaccando n-celle simultaneamente, cio`e ho delle gα : S n−1 → X (n−1) , per α ∈ An (non necessariamente finito) e [ X (n) = X (n−1) ∪g(n) Dn α α∈An con la topologia debole: X (n) | n ≥ 0 `e un ricoprimento fondamentale. 70 Osserviamo che K `e un complesso simpliciale (anche non finito), allora |K| ha una naturale struttura di cw-complesso. Per ogni σ ∈ K [n] ho gσ : ∂Dn → K [n−1] omeomorfismo tra ∂Dn e ∂σ. realizzando Dn come ∆n posso prendere un omeomorfismo simpliciale. (n) Inoltre, se X `e un cw-complesso e ogni gα `e simpliciale, allora X ha una struttura di complesso simpliciale (suddividendo molto). (n) (n) (n) gα : S n−1 → X (n−1) si estende a Gα : Dn → X (n) e Gα |int(Dn ) `e un omeomorfismo sull’immagine. Definiamo ora l’omologia cellulare di un cw-complesso X. Prendiamo Cn (X) = hgα(n) | α ∈ An il gruppo abeliano libero generato dalle n-celle. Le mappe di bordo sono X (n−1) (n−1) d(gα(n) , gβ ) · gβ ∂n gα(n) = β∈An−1 (1) per n = 0 abbiamo ∂0 = 0, mentre per n = 1 definiamo ∂1 (gα ) = (1) (1) +gα (+1) − gα (−1). ∂1 (gα(1) ) : ∂ |{z} D1 → X [0] ={±1} (n−1) Per n > 1 chiamo Yα omeomorfismo tale che (n−1) = X (n−1) \Gα (n−1) (int(Dn−1 )). Allora trovo Gα (n−1) Gα Dn−1 π X [n−1] (n−1) πα Dn−1 n−2 S (n−1) Gα X (n−1) (n−1) Yn n−1 ϕn−1 Inoltre ho l’omeomorfismo naturale D S n−2 −−−→ S n−1 che associa Dn−1 3 x 7→ y = x ∈ Rn−1 1 − kxk Allora pongo [n] (n) d(gβ , gα(n−1) ) = deg(S n−1 gβ −−→ X −1 (n−1) G −−−−→ X Y (n−1) −−α−−→ α (n−1) (n−1) πα (n−1) ϕn−1 Dn−1 n−2 − −−→ S n−1 ) S Il fatto di parlare di grado usa il fatto che Hn−1 `e gi`a definito su S n−1 e vale Z. 71 cw ◦ ∂ cw = 0 Teorema 17.12. ∂n−1 n Quindi `e definito Hncw . Esempio 17.13. Se Σ `e una superficie, H2 (Σ) `e Z se Σ `e orientabile, 0 altrimenti (disegni). 3 Esempio 17.14. Prendiamo RP3 = D x ∼ −x e realizziamolo come cwcomplesso. Bastano una 0-cella P , una 1-cella α, una 2-cella R e una 3-cella B (disegni) Abbiamo ∂0 P = 0, ∂1 α = P − P = 0, ∂2 R = α + α = 2α, ∂3 B = R − R = 0. Dunque H0 = Z, H1 = Z2Z, H2 = 0 e H3 = Z. Questo `e molto pi` u veloce che mettere una struttura simpliciale sul proiettivo tridimensionale. Esempio 17.15. Hn (S m ) segue dal fatto che S m si pu`o realizzare con una 0 cella ed una m-cella. In realt` a questo `e un imbroglio perch´e abbiamo usato l’omologia di S n per definire l’omologia cellulare. 18 21/11 Ancora da TEXare. 19 19.1 26/11 Numero di Lefschetz Questo numero `e in un certo senso un’estensione della carrateristica di Eulero. Abbiamo visto che possiamo definire χ(X) = m X (−1)i rank(Hi (X)) i=0 e che questo coincide con m X (−1)i #K [i] i=0 Proposizione 19.1. Sia C = {(Cn , δn )} un complesso di catene di F-spazi vettoriali e Hn (C) la sua omologia. Sia ϕ : C → C una mappa fra complessi di catene e ϕ∗ : H(C) → H(C) la mappa indotta. Allora N X i=0 (−1)i tr ϕi = N X (−1)i tr(ϕ∗i ) i=0 72 Dimostrazione. Per ogni i abbiamo Bi ⊂ Zi ⊂ Ci . Scelgo Bi , Hi , Ki in modo che la prima sia una base di Bi , l’unione delle prime due base di Zi e l’unione di tutte e tre base di Ci in maniera che ∂i Ki = Bi−1 (parto da B0 base di B0 , estendo a B0 , H0 base di Z0 = C0 , sollevo B0 a K1 ⊂ C1 , sceglo B1 base di B1 , completo a base di B1 , H1 base di Z1 , . . . Per costruzione B1 , H1 , K1 `e base di C1 e procedo). Noto che Hi si proietta ad una base H¯i di Hi . Poich´e ϕ : C → C `e una mappa fra complessi di catene ho che ϕ(Bi ) ⊂ Bi e ϕ(Zi ) ⊂ Zi . Dunque la matrice che rappresenta ϕi rispetto alla base (Bi , Hi , Ki ) sia in partenza che in arrivo `e triangolare superiore a blocchi Mi Xi Yi (B ,H ,K ) [ϕi ](Bii ,Hii ,Kii ) 0 Ni Wi 0 0 Pi ¯ i e [ϕ∗i ]H = Ni . So che ϕi−1 ◦ ∂i = ∂i = ∂i ◦ ϕi e ∂i Ki = Bi−1 . Per definizione H¯ i i di matrice associata [ϕi ]B Bi = Mi significa ϕi · Bi = Bi · Mi . Analogamente ϕi · Ki = Bi · Yi + Hi · Wi + Ki · Pi e quindi si ha ∂i · ϕi · Ki = ϕi−1 · ∂i · Ki = ϕi−1 · Bi−1 = Bi−1 · Mi−1 sostituendo si ha ∂i · ϕi · Ki = ∂i (Bi Yi + Hi · Wi + Ki · Pi ) = 0 + 0 + Bi · Pi e quindi Pi = Mi . Allora X X X (−1)1 tr(ϕi ) = (−1)i (tr Mi + tr Ni + tr Pi ) = (−1)i tr Ni = tr ϕ∗i Definizione 19.2. Il numero di Lefschetz di ϕ : C → C `e X X λ(phi) = (−1)i tr ϕi = (−1)i tr(ϕ∗i ) Osserviamo che χ(C) = P Id (−1)i dim Hi (C), e quindi χ(C) = λ(C −→ C), Id infatti tr(C −→ C) = dim Ci . Se {(Cn , ∂n )} `e un complesso di gruppi abeliani e ϕ : C → C `e una mappa fra complessi di catene, possiamo definire tr(ϕi ) = tr(ϕi ⊗ IdQ : Ci ⊗ Q → Ci ⊗ Q) Per ϕ∗i non `e cos`ı ovvio. Un’idea `e definire tr(ϕ∗i ) = tr(ϕ∗i | Hi ⊗ Q ) 73 oppure possiamo definire tr(ϕ∗i ) = tr(ϕ∗i Q | HiQ con HiQ = Hi (C ⊗ Q)) In realt` a le definizioni coincidono perch´e HiQ `e canonicamente isomorfo ad Hi ⊗ Q. Dunque posso definire λ(ϕ) anche per gruppi abeliani e vale λ(ϕ) = λ(ϕ∗ ). Definizione 19.3. Se X = |K| e f : X → X `e continua posso definire λ(f ) come λ(ϕ) = λ(ϕ∗ ) con ϕ : K1 → K1 approssimazione simpliciale di f . Questa `e una buona definizione perch´e λ(ϕ∗ ) `e ben definita e non cambia a meno di omotopia di ϕ. Teorema 19.4 (del punto fisso di Lefschetz). Se X = |K| con K complesso simplicicale finito e f : X → X `e continua con λ(f ) 6= 0, allora f ha un punto fisso. Osserviamo che l’insieme dei punti fissi Fix(f ) cambia omotopando f , mentre λ(f ) no. Il fatto che Fix(f ) 6= ∅ quindi comunque non cambia a meno di omotopia. Servir` a del lavoro preliminare per dimostrare questo Teorema. Lemma 19.5. Se f : K → K `e simpliciale, sostituendo K con K 0 (la prima suddivisione baricentrica) si ha che Fix(f ) `e un sottocomplesso. Dimostrazione. Basta provare che per qualunque σ ∈ K si ha che Fix(f ) ∩ σ `e un sottocomplesso di K 0 . Quindi guardiamo f : σ → K. Se v ∈ σ [0] e f (v) ∈ / σ [0] , allora Fix ⊂ τ dove τ `e la faccia di σ opposta a v. Dunque al posto di σ prendo τ e itero finch´e non trovo f (σ) ⊂ σ. Se f (σ) `e una faccia propria di σ ho che Fix(f ) ⊂ f (σ). Sostituisco σ con f (σ) e itero finch´e non ottengo f (σ) = σ. Dunque f `e indotta da una permutazione η dei vertici di σ. Se σ = Conv(v0 , . . . , vn ), allora ( n ) X X Fix(f ) = ti vi ti ≥ 0, ti = 1, tη(i) = ti i=0 Per concludere basta vedere che ogni equazione ti = tj definisce un sottocomplesso di σ 0 (disegno). Si mostra per induzione su dim(σ) usando che, posto Lij (σ) = {p ∈ σ | ti (p) = tj (p)}, S 1. Lij (σ) `e il cono dal baricentro di σ su τ ⊂∂σ Lij (τ ). 2. “Lij (τ ) `e τ se vi e vj non sono vertici di τ ; `e Lij (τ ) altrimenti.” (Le virgolette ci sono perch´e cos`ı non `e che si capisca molto, ci sarebbe da sistemare i dettagli.) 74 Lemma 19.6. Se Fix(f ) `e un sottocomplesso di K (f : K → K simpliciale) e f (σ) = σ, allora σ ⊂ Fix(f ). Dimostrazione. Il baricentro di σ `e fisso e il simplesso che lo contiene al suo interno e proprio σ, quindi σ `e fisso. Lemma 19.7. Se f : K → K `e simpliciale e Fix(f ) `e un sottocomplesso, allora λ(f ∗ ) = χ(Fix(f )). Dunque se λ(f ∗ ) 6= ∅ allora Fix(f ) 6= ∅. Dimostrazione. λ(f ∗ ) posso calcolarlo al livello delle catene, e a questo livello sulle diagonali ho entrata non nulla per ogni σ ∈ K tale che f (σ) = +σ (f|σ = Id). Per fi sulal diagonale ho tante entrate +1 quanti σ ∈ K [n] sono in Fix(f ), e da qui segue la tesi. Dimostriamo ora il Teorema. Dimostrazione. Sia f : |K| → |K| continua con λ(f ) 6= 0. Sia per assurdo Fix(f ) = ∅; posso trovare ε > 0 tale che per ogni x ∈ |K| si abbia d(x, f (x)) ≥ ε. Prendo K1 suddivisione con maxdiam(K1 ) < 2ε , e K2 suddivisione con g : K2 → K1 approssimazione simpliciale di f , dunque per ogni x ∈ |K| si ha d(f (x), g(x)) < 2ε . Scorciatoia46 (sbagliata): λ(g) = λ(f ) 6= 0, quindi per il Lemma precedente g ha punti fissi, ma questo `e assurdo perch´e d(x, g(x)) ≥ d(f (x), x) − d(g(x), f (x)) ≥ ε − 2ε = 2ε . Purtroppo questo non funziona perch´e non possiamo applicare il Lemma, dato che g `e simpliciale K2 → K1 , non K2 → K2 . Comunque `e vero che λ `e invariante a meno di omotopia. Ora concludiamo la dimostrazione: sia α : C(K1 ) → C(K2 ) espressione di ogni simplesso di K1 come somma di simplessi di K2 , che induce l’isomorfismo canonico in omologia. Inoltre ho g ∗ : C(K2 ) → C(K1 ), e quindi α ◦ g ∗ : C(K2 ) → C(K2 ). λ(α ◦ g ∗ ) = λ(g) = λ(f ) 6= 0. Dunque deve esistere almeno un simplesso σ di K2 che ha coefficiente non nullo in α(g(σ)). Ma allora σ ⊂ g(σ) e otteniamo un assurdo come prima. 19.2 Omologia singolare Dalla definizione che daremo non `e chiaro che quest’omologia (che `e pi` u generale) sia calcolabile. In realt` a lo `e a posteriori dopo aver visto che `e equivalente a quella simpliciale. (n) Definiamo ∆n = Conv(e0 , . . . , en ) ⊂ Rn+1 e ϕ1 : ∆n−1 → ∆n la “parametrizzazione ovvia tramite le ∆n−1 della faccia di ∆n opposta ad ei ”, cio`e (e0 , . . . , en−1 ) 7→ (e0 , . . . , eˆi , . . . , en ) 46 E non `e chiaro cosa abbiamo visto a fare l’ultimo Lemma, visto che dopo non si usa. 75 cio`e (n) ϕi (ej ) = ej j<i ej+1 j ≥ i i = 0, . . . , n Chiamo n-simplesso sinbolare in X spazio topologico una σ : ∆n → X continua. Inoltre definisco le n-catene singolari Cnsing (X) come il gruppo abeliano libero generato dagli n-simplessi singolari ( k ) X sing Cn (X) = pi · σi | pi ∈ Z, σi : ∆i → X continua i=1 e l’operatore di bordo ∂n σ = n X (n) (−1)i σ ◦ ϕi i=0 Se X = |K| e σ `e una parametrizzazione pl di un n-simplesso in K, allora ∂n σ d` a una parametrizzazione di ∂τ . Segue facilmente che ∂n−1 ◦ ∂n = 0. Dunque ho Hnsing (X), che per`o vista cos`ı non `e chiaro come calcolare. Osserviamo che Hnsing (X) ∼ = Hn∆ (S(X)), dove G (σ) ∆n(σ) S(X) = ∼ σ : ∆n →X n∈Z (n(σ i )) dove ∼ `e generata da p ∼ q se p ∈ ∆τn(τ ) , q ∈ ∆σn(σ) e τ = σ ◦ ϕi q e (n(σ)) = ϕi (p). Sia z ∈ Znsing (X). P Abbiamo z = ki=1 pi σi , dove σi : ∆n → X conitnua. Sostituendo pi · σi con ±(σi + . . . + σi ) possiamo supporre pi = ±1. Ora {z } | |pi | volte ∂z = 0 significa che per ogni i ∈ {1, . . . , k} e per ogni j ∈ n + 1 esistono i0 ∈ {i, . . . , k} e j 0 ∈ n + 1 tali che (n) σi ◦ ϕj (n) = σi0 ◦ ϕj 0 (6) F 0 (i) e pi · (−1)j + pi0 · (−1)j = 0. Posso prendere ki=1 ∆n mettendo su ∆n l’orientazione (−1)i volte quella canonica e identificare tra loro a coppie le n−1 facceFusando la relazione 6. Tali identificazioni invertono le orientazioni indotte e ki=0 σi passa al quoziente. Dunque una n-catena fornisce una mappa continua da uno spazio del tipo G n-simplessi orientati identificazioni a coppie delle n − 1-facce che invertono l’orientazione a X. Lo spazio in partenza `e “quasi” una n-variet`a orientata, con singolarit`a solo in codimensione almeno 2. In realt`a per n = 2 (disegno) e 76 Esercizio 19.8. Le singolarit` a sono in codimensione ≥ 3. Dunque un 1-ciclo posso vederlo come una mappa da un’unione disgiunta di circonferenze in X, un 2-ciclo come una mappa da una superficie orientata in X e in generale un n-ciclo `e una mappa da M a X, dove M `e una n-variet`a orientata con singolarit` a in codimensione almeno 3. 20 28/11 Analogamente a quanto fatto l’ultima volta, possiamo vedere che z ∈ Zn `e in Bn se e solo se la mappa M (n) → X si estende a W (n+1) → X con ∂W = M . Questo `e vero, per` o anche W non `e una “vera” variet`a, ma ha singolarit` a. Questo `e vero in senso stretto per n = 2 per quanto visto l’altra volta (disegno). Dunque un laccio `e nullo in omologia se si estende ad una superficie di cui il laccio `e bordo. In omotopia avevamo che un laccio era nullo se si estendeva al disco. 20.1 Propriet` a dell’omologia singolare Alcune cose sono fatte in dettaglio sull’Hatcher, quindi non vedremo i dettagli Proposizione 20.1. L’omologia singolare ha le seguenti propriet`a: 1. Hn (X1 t X2 ) ∼ u in generale = Hn (X1 ) ⊕ Hn (X2 ). Pi` Hn (X) ∼ = M Hn (Xα ) Xα componente connessa 2. H0 (X) ∼ = Z se X `e connesso per archi. Z n=0 3. Hn ({p}) = 0 altrimenti 4. Omologia ridotta: ˜ n (X) = H Hn (X) n >P 0 P Ker (H0 (X) 3 [ ni xi ] 7→ ni ∈ Z) `e l’omologia del complesso aumentato ottenuto da {(Cn , ∂n )} P di cateneP ponendo C−1 = Z e ∂0 ( ni xi ) = ni . 5. Se f : X → Y `e continua, allora f# : C(X) → C(Y ) definita come f#n (σ) = f ◦ σ σ f ∆n − →X− →Y 77 Dimostrazione. 3. Prendo 3 0 2 Id 1 0 −1 C ... → Z → − Z −→ Z → −→ 0 E i quozienti tornano come devono tornare. ` immediamo vedere che f# `e una mappa tra complessi di catene 5. E σnY ◦ f#n = f#(n−1) ◦ ∂nX e quindi induce f∗ : Hn (X) → Hn (Y ). Teorema 20.2. Se f0∗ ' f1∗ , allora f0∗ = f1∗ . Per dimostrarlo bisogno introdurre un po’ di concetti. Definizione 20.3. Siano C, D complessi di catene e ϕ, ψ : C → D mappe tra complessi di catene. Dico che ϕ ' ψ (dico che sono omotope) se per ogni n esiste Pn : Cn → Dn+1 tale che ... Cn+1 ϕn+1 − ψn+1 ... Dn+1 C ∂n+1 Pn D ∂n+1 Cn ϕn − ψn Dn C ∂n Pn 1 − C ∂n Cn−1 ... ϕn−1 − ψn−1 Dn−1 ... D ◦P . vale ϕn − ψn = Pn−1 ◦ ∂nC + ∂n+1 n Lemma 20.4. Se ϕ ' ψ, allora ϕ∗ = ψ∗ . Dimostrazione. Sia z ∈ Zn (C). Allora ϕn∗ ([z])−ψn∗ ([z]) = [ϕn (z)]−[ψn (z)] = [(ϕn −ψn )(z)] = [Pn−1 ◦∂nC +. . .] = 0 Per provare il Teorema mostriamo che f0# ' f1# . Come ipotesi abbiamo l’esistenza di F : X × [0, 1] → Y tale che F (x, 0) = f0 (x) e F (x, 1) = f1 (x). Y L’idea `e cercare Pn : Cn (X) → Cn+1 (T ) tale che f1# − f0# = ∂n+1 ◦ Pn + X Pn−1 ◦ ∂n ; esprimere ∆n × [0, 1] come unione di n + 1 (n + 1)-simplessi P (n) parametrizzati da ψi , i = 0, . . . , n+1 come (disegno) Facendo (−1)1 ψ (n) 78 le facce interne e ∆n ×[0, 1] si cancellano: resta ∆n ×{1}−∆n ×{0}+∂∆n × [0, 1]. Porremo Pn (σ) = F ◦ (σ × Id[0,1] ) · X (n) (−1)i ψi da cui Y ∂n+1 Pn (σ) = f1# (σ) − f0# (σ) + Pn−1 (∂nX σ) Nei dettagli: Dimostrazione. ∂n σ0 (n) ϕi : Pn 1 i=0 (−1) σ ∆n−1 → (n) ◦ ϕi (n) ∆n , ϕi (ej ) = ej j<i ej+1 j ≤ i che `e la parametrizzazione ovvia della faccia di ∆n opposta ad ei . Ora definisco (n) ψi : ∆n+1 → ∆n × [0, 1] i = 0, . . . , n come ( (n) ψi (ej ) = ej (0) j ≤n−1 (1) ej−1 j >n−1 Cio`e prendo tutti i vertici ad altezza 0 fino all’(n − i)-esimo, poi l’(n − i)esimo ad altezza 1 e continuo ad altezza 1 (questa era la roba che stava nel disegno). Pongo n X Pn (σ) = (n) (−1)n+1 F ◦ (σ × Id[0,1] ) ◦ ψi i=0 (l’Hatcher mette −1 invece di (−1)n+1 , ma dovrebbe servire, o forse no; Y andrebbe ricontrollato tutto). Claim: Pn−1 ◦ ∂nX + ∂n+1 ◦ Pn = f1# − f0# , da cui segue la tesi. Si ha (n) ψi (n+1) ◦ ϕn−i (n) (n+1) = ψi+1 ◦ ϕn−i (informalmente, le facce di mezzo si cancellano facendo il bordo), perch´e (n+1) (n) ϕn−i “salta” il vertice n − i, mentre ψi ripete n − 1 sia ad altezza 0 che (n) 1 (dove prima erano tutti a 0 e dopo tutti ad 1), e ψi+1 fa lo stesso con n − i − 1. Analogamente (per esercizio) (n) (n+1) ψ0 ◦ ϕn+1 = Id∆n × {0} e (n+1) ψn(n) ◦ ϕ0 = Id∆n × {1} 79 Informalmente, cio`e, facendo il bordo restano le basi ∆n × {1} − ∆n × set0. Y ∂n+1 (Pn (σ)) n n+1 X X (n) (n+1) = (−1)n+1+j F ◦ (σ × Id[0,1] ◦ψi ψj i=0 j=0 (disegno) Si trova Y (Pn (σ)) = f1# (σ)−f0# (σ)+ ∂n+1 X (n) (n+1) (−1)n+i+j F ◦(σ×Id[0,1] ◦ψi ◦ϕj i+j<n i+j>n+1 Devovedere che la somma `e Pn−1 (∂nX σ). Claim: ( (n) (n−1) (ϕj × Id[0,1] ◦ψi i+j <n (n) (n+1) ψi ◦ ϕj = non ho fatto in tempo a copiare i + j ≥ n che segue dalle definizioni con un po’ di conti. Dunque l’ultimo addendo `e X X (n) (n−1) (n) (n−1) (−1)n+i+j F ◦(σ×Id[0,1] )◦(ϕj ×Id[0,1] )◦ψi + F ◦(σ×Id[0,1] )◦(ϕj−1 ×Id[0,1] )◦ψi−1 i+j<n i+j>n+1 ponendo i = h + 1, j = k + 1 e poi richiamando h “i” e chiamando k “j”, trovo l’uguaglianza con X X (n) (n−1) (n) (n−1) (−1)n+i+j F ◦((σ◦ϕj )×Id[0,1] )◦ψi + (−1)n+i+j F ◦((σ◦ϕj )×Id[0,1] )◦ψi i+j<n i+j≥n che `e uguale a n X (n) Pn−1 (−1)j σ ◦ ϕj = Pn−1 (∂nX (σ)) j=0 20.2 Omologia singolare relativa Posso porre Cn (X, A) = Cn (X)C (A), che non `e molto chiaro chi sia ma n ha perfettamente senso e ne segue facilmente che, dato che ∂n σ ∈ Cn−1 (A) (X,A) (X,A) (X,A) per σ ∈ Cn (A), abbiamo ∂n : Cn (X, A) → Cn−1 (X, A) e ∂n−1 ◦∂n = 0, e quindi abbiamo gli Hn (X, A). Sempre per costruzione abbiamo la successione esatta corta 0 → C(A) → C(X) → C(X, A) → 0 da cui abbiamo la successione esatta lunga per omologia singolare i∗ j∗ d n . . . → Hn (A) − → Hn (X) −→ Hn (X, A) −→ Hn−1 (A) → . . . dove i : A ,→ X e j : (X, ∅) ,→ (X, A) sono le inclusioni. Diamo ora un’interpretazione geometrica di dn . 80 Proposizione 20.5. Posto Zn0 (X, A) = {z ∈ Cn (X) | ∂n z ∈ Cn−1 (A)} e Bn0 (X, A) = {d + ∂n+1 e | d ∈ Cn (A), e ∈ Cn+1 (X)} 0 si ha Hn (X, A) ∼ = Zn (X, A)B 0 (X, A). n Z0 Usando B 0 come definizione di Hn (X, A), l’operatore dn : Hn (X, A) → Hn−1 (A) `e quello che mappa [z] 7→ [∂z]. Dimostriamo la Proposizione Dimostrazione. Chiamo qn : Cn (X) → Cn (X, A) = Cn (X)C (A) la proien zione. Considero ∂n(X,A) : Cn (X, A) → Cn−1 (X, A) ∂n(X,A) (qn (c)) = qn−1 (∂nX (c)) Definiamo ψn : Hn0 (X, A) → Hn (X, A) come [c]0 7→ [qn (c)]. Vediamo che `e ben definita `e che `e un ismorfismo. Per la buona definizione serve vedere (X,A) che ∂n qn (c) = 0. Ma ∂n(X,A) qn (c) = qn−1 (∂nX (c)) ∈ Cn−1 (A) X e, con d ∈ C (A), e ∈ C e quindi `e 0. Serve anche che se c = d + ∂n+1 n n+1 (X), allora X X [qn (c)] = [qn (d + ∂n+1 e)] = [qn (d) +qn (∂n+1 (e))] = 0 | {z } =0 X (e)), quinVediamo l’iniettivit` a. Se qn (c) ∈ Bn (X, A), allora qn (c) = qn (∂n+1 X x di qn (c−∂n+1 e) = 0, e dunque c−∂n+1 e = d ∈ Cn (A). Per la surgettivit`a, se (X,A) prendo una n-catena in (X, A), cio`e ∂n+1 qn (c) = 0, allora qn−1 (∂nX c) = 0, e quindi ∂nX c ∈ Cn−1 (A). Questo vuol dire che c ∈ Zn0 e [qn (c)] `e l’immagine di [c]0 . Osserviamo che se f0 , f1 : (X, A) → (Y, B) e sono omotope come mappe (X, A) → (Y, B), allora PnX : Cn (X) → Cn+1 (Y ) manda Cn (A) in Cn+1 (B) (X,A) e induce Pn : Cn (X, A) → Cn+1 (Y, B), che prova che f0# ' f1# , dunque f0∗ = f1∗ : H(X, A) → H(Y, B). 20.3 Escissione Ci manca ancora l’escissione. Nel caso topologico servono ipotesi pi` u precise che nel caso simpliciale (dove chiedevamo che i “pezzi” fossero sottocomplessi). Teorema 20.6. Sia X uno spazio topologico, Z ⊂ A ⊂ X con Z¯ ⊂ int(A). Allora l’inclusione (X\Z, A\Z) ,→ (X, A) induce un isomorfismo in omologia ∼ = Hn (X \ Z, A \ Z) − → Hn (X, A). 81 Non facciamo in tempo a dimostrarlo oggi, ma l’idea del perch´e dall’escissione topologica segue quella simpliciale `e prendere degli intorni regolari e usare anche l’omotopia. 21 03/12 La settimana prossima non c’`e lezione il gioved`ı (12). 21.1 Escissione in omologia singolare Vediamo la dimostrazione dell’ultimo Teorema enunciato l’ultima volta. Non vedremo tutti i dettagli, ci sono sull’Hatcher. In ogni caso segue dal Teorema che Corollario 21.1. Nel caso dell’escissione simpliciale, se A = U (T ), Z = T \ Y , allora (X, A) si retrae per deformazione su (X, T ) e (W, A \ (T \ Y )) si retrae per deformazione su (W, Y ) (disegno). Inoltre Z ⊂ T ⊂ int(A). Allora ∼ Hn (X, T ) |{z} = Hn (X, A) omotopia ∼ = |{z} escissionesingolare ∼ Hn (X \ (T \ Y ), A\(T \Y )) |{z} = Hn (W, Y ) | {z } W omotopia E quindi l’omologia singolare per complessi simpliciali coincide con quella simpliciale. Proposizione 21.2. Se U `e un ricoprimento aperto di X e nX o CnU (X) = pi σi | ∀i∃U ∈ U Im(σi ) ⊂ U l’inclusione i : CnU (X) → Cn (X) `e un’equivalenza di omotopia nel senso dei complessi di catene, cio`e esiste ρ : Cn (X) → CnU (X) tale che ρ ◦ i ' IdC U (X) () (¸ ) e i ◦ ρ ' IdC(X) , quindi esiste l’operatore “prisma” Cn U → Cn+1 U . Osserviamo che la proposizione vale anche se U non `e un ricoprimento aperto, ma le sue parti interne coprono. Dimostrazione. La dimostrazione `e in pi` u passi 1. Suddivisione baricentrica: se τ = Conv(w0 , . . . , wk ) `e un simplesso, 1 pongo τˆ = k+1 (w0 , . . . , wk ) (baricentro). Se σ `e un simplesso σ = (v0 , . . . , vn ) chiamo suddivisione baricentrica σ 0 = {Conv(ˆ σ0 , . . . , σ ˆk ) | σ0 ⊂ . . . , ⊂ σk facce di σ, dim(σj ) = j} Ponendo il diametro di un complesso come il massimo diametro dei n suoi simplessi, facciamo il seguente claim: diam(σ 0 ) ≤ n+1 · diam(σ). 82 Si mostra per induzione. Se (ˆ σ0 , . . . , σ ˆk ) ∈ σ 0 , se k < n `e contenutonel n bordo ∂σ e posso applicare l’ipotesi induttiva e n−1 n < n+1 . Altrimenti, se k = n, senza perdita di generalit`a posso supporre σ0 = v0 , ed `e facile vedere che diam(ˆ σ0 , . . . , σ ˆn ) = dist(v0 , σn ). Ora pongo p = 1 (v + . . . + v ) (il baricentro della faccia opposta). Si ha n n 1 1 n · v0 + ·p n+1 n+1 e v0 , σ ˆ , p sono allineati, quindi n n diam(v0 , . . . , σ ˆ ) = d(v0 , σ ˆ) = d(v0 , p) ≤ diam(σ) n+1 n+1 σ ˆ= Dunque limk→∞ diam(σ (k) ) = 0. 2. Operatori: P • Dn = ni=0 ηi , dove ηi : ∆n → ∆n ottenute esprimento ∆n come ˆ n. unione dei coni su ∂∆n con vertice ∆ P • En = εi , dove εi : ∆n+1 → ∆n ottenute esprimento ∆n × [0, 1] come unione dei coni su (∆n × {0}) ∪ (∂∆n × [0, 1]) con vertice ˆ n × {1} e poi proiettando su ∆n (disegno). ∆ • Sn : Cn (X) → Cn (X) data da Sn (σ) = σ ◦ Dn . • Tn : Cn (X) → Cn+1 (X) definita come Tn (σ) = σ ◦ En . ` facile vedere che S `e una mappa di catene e T `e omotopia fra IdC (x) E n e Sn . Dunque ∂n+1 ◦ Tn + Tn−1 ◦ ∂n = IdCn (X) −Sn . Ora considero l’iterata Snk e pongo k−1 X Rn(k) = Tn ◦ Snh h=0 Questa `e un’omotopia fra IdCn (X) ed Snk , perch´e (k) ∂n+1 ◦ Rn(k) + Rn−1 ◦ ∂n = ∂n+1 ◦ k−1 X Tn ◦ Snh + h=0 = = k−1 X h=0 k−1 X k−1 X Tn−1 ◦ Snh ◦ ∂n h=0 (∂n+1 ◦ Tn ◦ Snh + Tn−1 ◦ ∂n ◦ Snh ) (IdCn (X) −Sn ) ◦ Snh = IdCn (X) −Snk h=0 3. Conclusione: per ogni σ : ∆n → X sia k(σ) il minimo intero tale k(σ) che Sn ∈ CnU (X) (esistenza: usare numero di Lebesgue di σ −1 (U)). k(σ) Definisco Rn : Cn (X) → Cn+1 (X) estendendo Rn (σ) = Rn (σ). Ho (k(σ)) ∂n+1 ◦ Rn(k(σ)) σ + Rn−1 ◦ ∂n (σ) = σ − Snk(σ) (σ) 83 sommo e sottraggo Rn−1 ◦ ∂n (σ): trovo (k(σ)) ∂n+1 ◦Rn (σ)+Rn−1 ◦∂n (σ) = σ−(Snk(σ) σ + Rn−1 ◦ ∂n σ − Rn−1 ◦ ∂n σ ) | {z } ρn (σ) ` facile vedere che se τ ⊂ σ (nel senso che τ `e σ ristretto ad una E faccia di ∆n ), allora k(τ ) ≤ k(σ), da cui ρn (σ) ∈ Cn U(X), e abbiamo ρn : Cn (X) → CnU (X). Per definizione ∂n+1 ◦ Rn + Rn−1 ◦ ∂n = IdCn (X) −in ◦ ρn mentre ρn ◦ in = IdCnU (X) , e questa ρn `e quella che ci d`a l’omotopia. Dimostriamo ora l’escissione Dimostrazione. Sia Z ⊂ int(A). Posto B = X \ Z, ci`o equivale a X = int(A) ∪ int(B). Vogliamo mostrare che (B, A ∩ B) ,→ (X, A) induce isomorfismi in omologia. Applico la Proposizione precedente a U = (A, B). Ora Cn (A) = CnU (A) e Cn (B) = CnU (B) e abbiamo ∂n+1 ◦ Rn + Rn−1 ◦ ∂n = IdCn (X) −in ◦ ρn e ρn ◦ in = IdCnU (X) e tutte le mappe coinvolte mandano Cn (A) in Cn (A), quindi posso quozientare rispetto a Cn (A), da cui CnU (X) Cn (X) → Cn (A) Cn (A) induce isomorfismi in omologia. Inoltre Cn (A) Hn (X, A), e U Cn (B) ϕ C (X) − → n Cn (A ∩ B) Cn (A) `e un isomorfismo: ϕ(z + Cn (A ∩ B)) = z + Cn (A) Se w ∈ CnU (X), allora w = wA + wB rispettivamente in Cn (A) e Cn (B) e abbiamo ϕ(w + Cn (A))?wB + Cn (A ∩ B). Dunque Hn (B, A ∩ B) ∼ = Hn (X, A) con mappe indotte dall’inclusione. 21.2 Omologia con coefficienti in un gruppo Finora abbiamo usato i coefficienti in Z. Possiamo modificare qualsiasi teoria omologica ponendo ( k ) X Cn (X, A; G) = gi σi | gi ∈ G, σi n-simplesso (o n-cella) i=1 84 questo `e isomorfo a Cn (X, A) ⊗ G Le mappe di bordo sono ∂nG : Cn (X, A; G) → Cn−1 (X, A; G) X X ∂nG ( gi σi ) = gi (∂n σ) G ◦ ∂ G = 0. Dunovvero ∂nG corrisponde a IdG ⊗∂n . Ne segue subito che ∂n−1 n que ho Hn (X, A; G). Per come abbiamo definito le cose possiamo chiederci se Hn (X, A; G) ∼ = Hn (X, A) ⊗ G La risponsta `e no: possiamo prendere una realizzazione cellulare di P2 (R) (disegno). Abbiamo ∂0 p = 0, ∂1 α = 0, ∂2 R = 2α. L’omologia a coefficienti in Z `e H1 = Z2Z, H0 = Z e il resto sono nulli. Se invece prendo i coefficienti Z Z Z in Z2Z abbiamo ∂0 2Z p = 0, ∂1 2Z α = 0, ∂2 2Z R = 0. Si vede che H2 = H1 = H0 = Z2Z. Pi` u in generale Esempio 21.3. Se M (n) `e una variet`a non orientabile, Hn (M ) = 0, mentre P Hn (M ; Z2Z) = Z2Z ed `e canonicamente generato da σ∈K [n] σ dove |K| = M. Osserviamo che se M (n) , N (n) sono variet`a, `e definito deg2 (f : M → N ) ∈ Z2Z. Vedremo in seguito che Teorema 21.4 (dei coefficienti universali). H∗ (X, A) determina H∗ (X, A; G) (nel senso che tutta la successione determina tutta la successione). Definizione 21.5. G⊗H `e il gruppo generato dai singoli g ⊗h con relazioni di bilinearit` a. Osserviamo che G ⊗ Z ∼ = G, secondo la mappa g 7→ g ⊗ 1, e che G ⊗ Z G ∼ , secondo g ⊗ [1] 7→ [g]. Inoltre ZkZ ⊗ ZhZ = Z[k, h]Z, = m·G mZ dove [k, h] `e il minimo comune multiplo di k e h. Definizione 21.6. La risoluzione libera di G abeliano `e una successione esatta i 0→K→ − F →G→0 con F , K liberi47 (cio`e realizzare G come quoziente di due gruppi liberi). Ricordiamo che F `e libero se `e isomorfo a ZX per qualche X, e che sottogruppi liberi di gruppi liberi sono liberi. 47 Si intende abeliani liberi. 85 i Definizione 21.7. Se 0 → K → − F → A → 0 `e una risoluzione libera di G e B `e un gruppo abeliano, definiamo Tor(A, B) = Ker(i ⊗ IdB ) dove i⊗Id B K ⊗ B −−−−→ F ⊗B ` una buona definizione perch´e Tor(A, B) ∼ E = Tor(B, A). β α β⊗Id α⊗Id F F Se A − →B− → C `e esatta e F `e libero, allora A ⊗ F −−−−→ B ⊗ F −−−−→ C ⊗ F `e esatta, perch´e se F = Z, si ha G ⊗ Z = G, dove G ∈ {A, B, C}, e quindi α ⊗ IdZ = α e similmente per β. Altrimenti uso che G ⊗ (F1 ⊕ F2 ) = (G ⊗ F1 ) ⊕ (G ⊗ F2 ). Mostriamo che Tor(A, B) ∼ = Tor(B, A). Dimostrazione. Prendo risoluzioni libere i 0→K→ − F →A→0 e i 0→H→ − G→B→0 Abbiamo le successioni esatte (perch´e i gruppi sono liberi) 0→K ⊗H →F ⊗H →A⊗H →0 0→K ⊗G→F ⊗G→A⊗G→0 mentre dato che che A pu`o non essere libero mi devo fermare a K ⊗B →F ⊗B →A⊗B →0 0 0 0 K ⊗H F ⊗H A⊗H 0 0 K ⊗G F ⊗G A⊗G 0 K ⊗B F ⊗B A⊗B 0 0 86 (manca fine dimostrazione via diagram chasing, guardare appunto Petronio). 87
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