PRATICHE WELFARE AZIENDALE Per un welfare aziendale a portata di tutti di Daniela Rimicci Il tema è più attuale che mai. Il successo delle iniziative convegnistiche di Este dedicate al welfare aziendale –a Padova il 26 febbraio e Milano il 14 maggio− lo dimostrano ampiamente. Abbiamo approfondito criticità e opportunità con alcuni operatori del settore coinvolti, per capire meglio lo scenario in cui le organizzazioni si trovano a decidere se, e come, realizzare progetti di secondo welfare. Si tratta, appunto, di secondo welfare. E il primo? Il primo è lacunoso e non risponde alle esigenze delle persone. Ecco che il secondo welfare diventa necessario: le aziende, grandi e piccole, per essere ‘in salute’ si devono preoccupare del benessere delle persone in tutti i suoi aspetti. Come si fa? Quali leve strategiche devono muovere piani di welfare che siano incentivanti per i dipendenti? Durante i convegni abbiamo condiviso eccellenze organizzative e ci siamo confrontanti sui temi più scottanti come, per citarne uno, la normativa di riferimento. Qual è la posizione di chi implementa e gestisce piani di welfare rispetto al Tuir? Quali i casi di successo da cui trarre spunti per un piano di welfare nella nostra organizzazione? Il welfare è possibile anche nelle piccole e medie imprese? Come risponde il mercato del welfare alle esigenze delle direzioni del personale e delle organizzazioni? Abbiamo cercato delle risposte scambiando due battute con chi lo fa di mestiere. Un nuovo modello di welfare siglato con l’Agenzia delle Entrate Cesare Lai, Head of Employee Benefits di Willis Italia, racconta di uno scenario in fermento che vede Willis protagonista di un cambiamento radicale. “L’impatto della crisi è stato molto forte sui conti delle aziende come dei cittadini, portando modifiche sostanziali ai contratti di lavoro volti, più in generale, al contenimento dei costi. Da questa premessa nasce una maggiore attenzione a rivalutare forme alternative di politiche retributive: grazie all’interesse delle organizzazioni di ridurre la pressione fiscale e contemporaneamente di rispondere alle esigenze dei propri dipendenti i piani di welfare volti a una migliore work life balance diventano strumenti Hr di ‘completamento’. Un sistema integrato di benefits rappresenta una total compensation per i lavoratori e, quindi, con un valore percepito molto più alto: il lavoratore coglie la cura dell’azienda nei suoi confronti e in quelli della sua famiglia grazie, ad esempio, alle agevolazioni Cesare Lai, Willis Italia e servizi sanitari, entertainment e lifestyle, o ancora di commissioni burocratiche… Il welfare aziendale si inserisce in una normativa chiara, secondo Willis, e di valenza sociale che purtroppo si perde nei casi in cui i vantaggi fiscali e i premi per i dipendenti –a fronte di tagli salariali consistenti− diventano un escamotage per aggirarla. La TUIR è in sé trasparente, anche se potrebbe essere migliorata in termini di ampliamento ad altre aree aziendali: questo può essere un tavolo di discussione. Ma, purtroppo, ciò è assoggettato all’interesse reale di governo… Dal canto nostro abbiamo creato uno ‘squarcio’ nel sistema, quanto meno indirizzando gli operatori del settore, il mondo imprenditoriale e il sistema economico-fiscale a porsi delle domande: Willis è il primo operatore che in Italia propone un nuovo modello di welfare di secondo livello, presentato e garantito tramite un interpello siglato con 16 PERSONE&CONOSCENZE N.96 l’Agenzia delle Entrate. Il sistema −importato, riadattato e assicurato da esperienze internazionali− fornisce il massimo valore all’accordo: le aziende sono ora consapevoli, rassicurate, fiduciose e sicure. Organizzazioni e dipendenti hanno la certezza di poter usufruire di agevolazioni fiscali e di supporto effettivo alla propria vita. È chiaro che l’adesione a piani di welfare deve continuare a essere su base volontaria, come è chiaro che il lavoratore necessita e apprezza un sostegno pratico nelle spese scolastiche, sanitarie e al sistema pensionistico. Molto altro ancora: ogni dipendente usufruisce di beni e servizi che egli stesso sceglie secondo le sue specifiche esigenze. E le survey che realizziamo periodicamente confermano un livello di soddisfazione che si attesta intorno al 90%! Le tematiche di welfare e i risultati ottenuti da aziende come la nostra sono soggetti a una grande disinformazione. Da tempo, infatti, Willis si dedica a una formazione costante dedicata alle aziende su questi temi: attraverso salotti di confronto responsabili Hr, imprenditori e manager hanno la possibilità di scambio reciproco di informazioni e testimonianze positive che mostrano un’Italia delle imprese che è sana e vincente!”. L’inglese? Un benefit Davide Bresquar, Amministratore Delegato di MB Scambi Culturali, ha intrapreso di recente anche la strada del b2b: il prodotto ‘vacanza studio’ per ragazzi e adulti diventa un benefit per i dipendenti e le loro famiglie. “Rispetto a una decina di anni fa ho riscontrato una crescente sensibilità delle organizzazioni a questo tema. In ragione, soprattutto, della scarsa conoscenza delle lingue straniere. E, in Italia, è una criticità dilagante”. Infatti, secondo Davide Bresquar, MB Scambi Job24, il nostro Paese è al Culturali 32mo posto per conoscenza dell’inglese, con poco meno del 2% di persone che ne hanno una conoscenza a un ottimo livello. E ancora: il 75% dei neolaureati in cerca di lavoro ha una conoscenza insufficiente e solo il 15% raggiunge la sufficienza. Come commenta questi dati, direi, agghiaccianti? “Questi dati drammatici non fanno più nemmeno notizia: sono diventati normalità”. Da dove nasce la scelta di proporre alle aziende di offrire ai propri dipendenti e famiglie la possibilità di imparare una lingua e che questa conoscenza sia comprovata da riconoscimenti di livello linguistico internazionale? “Più aspetti hanno influito nella scelta di ampliare il nostro bacino di utenza. Da un lato la formazione linguistica ‘imposta’ ai dipendenti nelle aziende, di fatto, non ha dato riscontri oggettivi di una conoscenza soddisfacente e spendibile della lingua per il business. Dall’altro lato la formazione scolastica italiana delle lingue straniere è tra le peggiori al mondo: si insegna molta grammatica e cultura ma ci si concentra poco sulla conversazione e, inoltre, sono rari i casi di istituti che prevedono la certificazione internazionale della conoscenza linguistica”. Da vostro punto di vista, quindi, imparare una lingua ‘on stage’ con corsi in vacanza studio è ormai un benefit… “Lo è per i lavoratori come per i loro figli. L’adesione ai piani di welfare è, come giusto che sia, volontaria: i lavoratori vogliono imparare una lingua straniera ma a un livello utile ‘sempre’, non solo in ambito lavorativo; e inoltre i genitori vogliono il meglio per i loro figli, dare loro la possibilità di una carriera di successo. Però, spesso, non hanno le possibilità di farli studiare all’estero. Ecco che un benefit di questo tipo sta riscontrando un ottimo consenso da parte delle organizzazioni illuminate che investono nella motivazione e nell’engagement delle persone, curandosi di conoscere e rispondere alle loro esigenze, lavorative e familiari. Il riscontro da parte dei dipendenti che ne usufruiscono è positivo anche sotto un altro aspetto: conoscere bene una o più lingue significa occuparsi della propria employability”. Concetto che in Italia sta prendendo piede in questi ultimi anni, in ragione di un mercato statico quando non in decrescita. Ciò detto, MB scambi culturali ha all’attivo 22 Paesi con convenzioni nei migliori istituti attive, 150 destinazioni e 500 corsi delle lingue più richieste sul mercato: da quelle indoeuropee a quelle orientali. “La nostra è un’offerta di cultura che cuciamo come un vestito sulle persone che effettivamente richiedono il servizio, non una formazione a catalogo. Abbiamo un rapporto diretto con i nostri partner in ogni Paese, dagli istituti agli alloggi, curiamo e monitoriamo in modo costante tutto ciò che gravita intorno al viaggio-studio. Si tratta, soprattutto, di percorsi di educazione alla diversità sociale che passa anche per quella culturale linguistica”. Tra molte criticità in Italia vi è anche questa… “Dobbiamo imparare a relazionarci in modo costruttivo con le diversità: vivere in modo sereno e, anzi, arricchente la plurinazionalità. Viaggiare, imparare le lingue e farlo bene, apre davanti ai nostri occhi un mondo nuovo…”. La salute prima di tutto Marco Vianello, Coordinatore Marketing dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, offre un punto di vista diverso. Il benefit al dipendente? Occuparsi in via preventiva del suo stato di salute, grazie a un Check Up completo e la consulenza di specialisti di fama internazionale. “Lo IEO – tramite il servizio IEO Check Up – opera sia come fornitore diretto e sia come centro convenzionato con gli operatori del settore. Nella struttura ospedaliera i dipendenti delle aziende convenzionate PERSONE&CONOSCENZE N.96 17 hanno la possibilità di effettuare un controllo medico completo con focus particolare sulla prevenzione in ambito oncologico e cardiovascolare. Accolti da personale dedicato e accompagnati in ogni step del Check Up, in un’unica giornata gli ospiti hanno la possibilità di confrontarsi con personale medico di eccellenza e tecnologie all’avanguardia. Marco Vianello, Istituto Europeo di Oncologia di Durante la visita conclusi- Milano va, che costituisce un importante momento di sintesi dei dati clinici raccolti durante le visite e gli esami svolti, il medico del team IEO Check Up fornisce inoltre alla persona indicazioni accurate e personalizzate circa il suo benessere (alimentazione, attività fisica, stili di vita). Far la differenza con se stessi significa, prima di tutto, prendersi cura della propria salute. E in termini preventivi ancor di più. Da questo approccio alla vita nasce l’idea di proporre il servizio di Check Up clinico, annuale e/o biennale, in qualità di benefit alle organizzazioni. Diverse sono le aziende che ci hanno scelto e che, a fronte di un servizio dedicato e curato fin nei minimi dettagli, riconfermano il benefit ai propri dipendenti. Anche le piccole e medie imprese si rivolgono a noi da tempo e in modo via via crescente, a dispetto di quanto si potrebbe pensare. Le piccole realtà hanno processi decisionali più brevi e, ancor più delle grandi aziende, hanno oggi la necessità di occuparsi del benessere delle proprie persone: dalla loro salute come dalla motivazione e performance dipende la salute e l’integrità stessa dell’organizzazione. Il tema ci è molto caro e per questo abbiamo deciso quest’anno, per la prima volta, di aprire la comunicazione anche di queste attività alla stampa specializzata e a un pubblico convegnistico mirato come quello dell’appuntamento al Welfare Aziendale di Este”. Welfare in azienda: opportunità per le grandi e piccole medie imprese “Il presupposto sul quale nasce il secondo welfare è legato all’arretramento dello Stato sociale e dunque all’esigenza da parte delle aziende di intervenire a favore dei propri dipendenti attraverso contributi a sostegno del reddito e iniziative di conciliazione vita-lavoro –ci spiega Andrea Verani 18 PERSONE&CONOSCENZE N.96 Masin, Sales Director di Muoversi−. La normativa in essere, anche se datata e dunque migliorabile per fare i conti con la realtà attuale, individua un ampio panel di servizi defiscalizzati che permettono alle aziende di incrementare il potere di acquisto dei lavoratori contenendo al tempo stesso il costo del lavoro. Il sistema integrato di welfare proposto da Muoversi permette ai dipendenti di usufruire di tutti i beni e servizi che la normativa prevede: dalla scuola ai mutui, dalla sanità alla pensione ai fringe benefit e, inoltre, regalistica e proposte per il tempo libero. Nello specifico offriamo alle aziende assistenza completa in outsourcing, dall’analisi alla progettazione, dall’attivazione alla gestione e monitoraggio del piano di welfare: è il dipendente a scegliere il proprio mix di servizi e, proprio in ragione di questo, la nostra soluzione offre la possibilità ai lavoratori di segnalare centri e partner per convenzioni, oltre a quelli da noi proposti e già convenzionati sul territorio nazionale. Tra i nostri 150 clienti che ci hanno scelto come valido partner per sviluppare progetti di welfare in favore del benessere e della motivazione delle persone, siamo lieti di citare l’operatore di telefonia Vodafone come caso di successo. Supportata dalla tecnologia e dall’assistenza di Muoversi, l’azienda ha avviato nel 2012 un piano welfare incentrato sui servizi di istruzione e previdenza integrativa. Il programma è partito come pilota su una categoria di 1500 persone fino ad arrivare a 8000 nel 2014, il piano è di facile uso e comprensione per gli utenti Vodafone che, ormai, utilizzano la piattaforma anche come ‘network sociale’ in cui i dipendenti apprendono e si scambiano informazioni e documenti. Un piano di welfare di questo tipo è possibile in grandi aziende come nelle PMI che, in realtà, sono il cliente del futuro. Le PMI hanno una semplicità strutturale tale per cui può risultare più facile ed efficace realizzare un piano welfare e, inoltre, sui piccoli numeri il risparmio effettivo per l’azienda da un lato e maggior potere d’acquisto, più motivazione e produttività dall’altro sono ancora più impattanti nell’organizzazione. Nel 2013 abbiamo dunque lanciato Easy Welfare, una piattaforma tecnologica plug&play che consente di erogare servizi di welfare e work life balance contenendo costi e tempi di attivazione, rendendo così accessibile il tutto anche alle realtà più piccole. Dalle survey realizzate presso i nostri clienti in ambito PMI abbiamo attestato il 90% di risposta positiva al piano di welfare. Ecco anche perché, come operatore del settore, non potevamo mancare all’appuntamento dedicato al welfare aziendale: una grande opportunità per raccontarsi, per fare cultura e accrescere l’attenzione rispetto a questi temi. Il convegno ‘esclusivo’ di Este è un chiaro segnale che l’argomento spesso marginale sta, invece, diventando una realtà in sempre più organizzazioni”. Ripartiamo dal people care per affermare il welfare Andrea Verani Masin, Muoversi Daniela Ivaldi, Responsabile Business Marketing di Eudaimon, spiega che l’azienda da sempre sostiene la convenienza reciproca (per dipendenti e aziende) di un piano di welfare. “In questo senso, le agevolazioni previste dal TUIR per i servizi di welfare vanno intese non come semplice vantaggio fiscale, ma come occasione per introdurre leve di gestione e politiche di retribuzione innovative e ‘flessibili’: capaci di restituire potere d’acquiDaniela Ivaldi, Eudaimon sto e di rispondere alle esigenze individuali in ambito di conciliazione vita-lavoro. Esigenze in continua evoluzione, che richiedono alle aziende un impegno costante nell’ascolto dei bisogni e aspettative delle persone. Non c’è welfare senza people care: siamo convinti che sia proprio questa la ricetta per l’affermazione del secondo welfare. Rispetto al quadro normativo, qualcosa si muove anche sul fronte delle modalità flessibili di lavoro. In materia di smart working, ad esempio, è stata depositata lo scorso 29 gennaio una proposta di legge tripartisan allo scopo di rendere operativa anche in Italia questa nuova frontiera lavorativa: più obiettivi e meno ore in ufficio per gestire in maniera ottimale il proprio tempo, senza intaccare la produttività, anzi incrementandola. Un’altra proposta di legge è allo studio per l’introduzione dei voucher sociali che comprende alcuni interventi di modifica sostanziale degli articoli sull’esenzione dal reddito di alcuni benefici: interventi che semplificherebbero la materia e renderebbero più interessante e meno rischioso per l’azienda il passaggio alla ‘monetica welfare’. Fino a una decina di anni fa il welfare era ancora un ‘lusso’ di poche realtà. Dal 2002, infatti, perseguiamo la missione di aiutare le aziende (grandi, piccole e medie) a costruire programmi capaci di coniugare grande valore percepito dalle persone ed efficienza economica, attraverso nuove iniziative e la messa a sistema di quelle già presenti in azienda. Con i nostri clienti, abbiamo sviluppato progetti in diverse aree: salute e benessere fisico; famiglia (bambini e anziani); soluzioni alle incombenze quotidiane; risparmio e mobilità; tempo libero. Abbinando consulenza (anche su tematiche contrattuali/sindacali), outsourcing dei programmi di welfare a 360° e iniziative di formazione mirate ai key users, rispondiamo alle esigenze più diverse, grazie anche alla nostra piattaforma Life@Work ad accesso multicanale (portale/call center/welfare point in azienda), e a un network di partner qualificati, in continua crescita, che garantiscono copertura dei servizi su tutto il territorio nazionale (e locale). Eudaimon conferma il proprio impegno a favore del welfare in Italia non solo a livello aziendale, ma anche interaziendale e territoriale. Rispettivamente, abbiamo dato vita a due iniziative uniche nel panorama: • Network IEP (Imprese e Persone): dal 2009 primo modello concreto e applicato di welfare interaziendale in Italia. Si tratta di aziende ‘amiche del welfare’ che mettono a fattor comune progetti e risorse a beneficio dei collaboratori di ogni impresa del gruppo. Ne fanno parte realtà come Edison, Coop Adriatica, Ferrero, Wind, 3 Italia, Telecom Italia, Mediaset e Alitalia. • Crescere: primo laboratorio di welfare di distretto, rivolto alle PMI locali, messo a punto con la collaborazione di Confindustria e sindacati e rilasciato recentemente alle aziende del territorio di Prato. Un’iniziativa bilaterale, innovativa e rivoluzionaria fondata sulla concertazione tra Confindustria e rappresentanze sindacali, a beneficio del potere d’acquisto dei lavoratori e delle loro famiglie, senza aggravi sul costo del lavoro per le PMI e con ricadute positive sul rilancio dei territori e lo sviluppo del terzo settore. La platea al convegno Welfare Aziendale del 14 maggio Un esempio concreto. Dal 2005 supportiamo WIND Telecomunicazioni nello sviluppo di WIND per te, uno dei progetti pionieri del people caring aziendale in Italia. Il programma punta a un obiettivo concreto: ascoltare i bisogni dei collaboratori e soddisfarli attraverso soluzioni di welfare efficaci e immediate. Sono stati così implementati negli anni servizi nelle aree del risparmio di tempo (concierge presso le sedi aziendali con ‘assistente di welfare’ Eudaimon, assistenza auto e moto, consulenza online) e di denaro (box office, temporary shop, convenzioni), della famiglia (asili nido, eventi interni dedicati ai genitori e ai bambini). Parte integrante, e vincente, di WIND per te, sono le attività di monitoraggio sul gradimento delle iniziative. I risultati dell’ultima survey interna confermano un feedback nettamente positivo da parte dei collaborato- PERSONE&CONOSCENZE N.96 19 ri. L’iniziativa è nota alla totalità del campione (95%); 6 utenti su 10 sono utilizzatori abituali dei servizi proposti da Eudaimon; l’81% dei collaboratori ritiene che il programma copra bene le esigenze della popolazione. Ecco qui l’efficacia dell’approccio volto all’ascolto”. Dal benessere della comunità al benessere individuale Paolo Pinna, Responsabile di BeWelfare, progetto di welfare aziendale di Coopselios, spiega dal suo punto di vista la complessità del welfare da affrontare con serietà, concretezza e in un’ottica del bene della collettività. “Il welfare aziendale vede sempre più coinvolte le aziende che potremmo distinguere soprattutto per approccio. Le grandi imprese, che sono legate a risultati da ottenere e principalmente si muovono sulla linea della diminuzione dei costi del lavoro, e le piccole-medie imprese, che soffrono invece di un gap di conoscenza e informazione sul tema e non capiscono Paolo Pinna, BeWelfare come dare valore realmente percepibile ai propri dipendenti con le scarse risorse di cui dispongono. Un piano di welfare aziendale è molto complesso quanto lo sono la gestione di un progetto, delle relazioni industriali e il rispetto senza rischi di una normativa di riferimento. Tutto ciò ‘spaventa’ i piccoli imprenditori: bisogna che il tema sia affrontato in modo serio e pragmatico. A mio avviso le aziende hanno bisogno, al di là di grandi progetti globali, anche e soprattutto di risposte semplici e concrete su ogni singolo bisogno dei propri collaboratori, soprattutto per quanto riguarda la conciliazione vita-lavoro: il nodo principale da sciogliere per coinvolgere e motivare le persone. BeWelfare si propone come realtà di servizi per il welfare, con un approccio che segue le linee guida della semplicità e della concretezza. Il welfare è possibile e implementabile in qualsiasi realtà: è solo necessario muovere i passi giusti con le risorse a disposizione. La nostra proposta si pone come risposta ai bisogni dei dipendenti delle imprese, in ambiti territoriali e con servizi alla persona puntuali, di qualità e al costo giusto. Un’azienda sana pensa in prima battuta al benessere dei propri dipendenti e dei loro familiari perché –soprattutto la PMI− sa perfettamente che la cura dei collaboratori determina il successo, o l’insuccesso, dell’azienda. Ciò che guida la nostra proposta è l’idea di perseguire il business in chiave etica e di massimizzare la forza dei network territoriali. Tra diversi casi di successo mi fa piacere più di tutti citare una bambina di 4 anni e la sua mamma dell’asilo Brave Garden nato con Diesel. “Io vado a scuola alla Diesel”, dice la piccola Emilia felice 20 PERSONE&CONOSCENZE N.96 di essere nel luogo di lavoro vicina alla mamma. “Un po’ anch’io”, risponde mamma Giulia… Con una popolazione per lo più composta da giovani donne-mamme da una analisi aziendale risultava largamente condivisa l’esigenza di un luogo per l’infanzia vicino alla sede di lavoro (nel caso specifico addirittura all’interno dell’edificio dove la mamma svolge anche attività lavorativa). La creazione dell’asilo aziendale ha dato tranquillità e motivazione sia alle madri sia all’azienda: le azioni di welfare muovono con forza misurabile verso la realizzazione dei KPI aziendali. Generano persone coinvolte, fidelizzate e, quindi, più performanti”. Welfare privato semplice: cultura e saving “Da una ricerca realizzata dall’Osservatorio Sodexo Benefits & Rewards Services su oltre 4.000 aziende in tema di welfare privato, emerge che solo il 3% conosce l’art. 100 del Tuir – testimonia Paolo Corno, Direttore Commerciale di Sodexo– percentuale che corrisponde anche a chi eroga servizi legati al benessere dei dipendenti. Ma a che cosa è dovuta questa bassa rispondenza da parte delle imprese? Sicuramente influiscono la complessità percepita del nostro quadro normativo legato al settore del lavoro, la presenza dei contratti collettivi e le relazioni sindacali, l’eterogeneità e l’evoluzione dei Paolo Corno, Sodexo bisogni dei dipendenti nel corso della loro vita professionale, i budget limitati che non permettono aumenti di stipendi e flessibilità contrattuale. Le aziende – continua Corno – vanno aiutate a comprendere le potenzialità del welfare e a capire che occuparsi di welfare non è un costo, ma anzi rappresenta un asset vincente nell’incremento della produttività e delle performances aziendali. Per comprendere le peculiarità del settore portiamo un esempio su tutti: il caro vecchio buono pasto. Quest’ultimo è il più conosciuto tra i benefit e consente una serie di vantaggi evidenti sia all’azienda sia al dipendente: aumenta il salario netto di 1.100 euro, non grava sull’imponibile e per l’azienda è deducibile al 100%. Nonostante questo ha ancora un indice di penetrazione molto basso: circa il 20,5% sul totale mercato. Emerge la necessità di un approccio più semplice e intuitivo ai temi del welfare privato per permettere alle aziende di comprendere l’efficacia e le opportunità che programmi e soluzioni pensate per la motivazione e il benessere dei dipendenti possono dare in termini di produttività e di ritorno sugli investimenti. Ma non solo. Sfruttare il potenziale normativo (Art. 51 e 100 del TUIR), adottare un approccio customizzato, utilizzare P supporti tecnologici innovativi e fornire benefit reali rispetto ai bisogni dei dipendenti in grado di contribuire a un risparmio fiscale diventano elementi chiave per occuparsi di welfare oggi”. Welfare aziendale: strumento strategico per migliorare le performance Arianna Visentini, Presidente e socia fondatrice di Variazioni, racconta come negli ultimi anni il tema del welfare aziendale è salito alla ribalta delle cronache, complice sicuramente (e paradossalmente) la crisi economica. “Le aziende sono alla ricerca di strumenti per valorizzare le proprie risorse umane, in un framework in continua mutazione: tutto ciò facendo ovviamente i conti con la scarsità di risorse economiche. Il contesto di crisi spinge quindi a ricercare le soluzioni migliori in termini di efficacia ed efficienza, contenendo i costi e aumentando la produttiArianna Visentini, Variazioni vità. Per chi guarda al futuro e a una organizzazione del lavoro che sia in grado di adattarsi al cambiamento, produttività significa sicuramente benessere e valorizzazione delle persone. La nostra esperienza nel campo del welfare aziendale si può riassumere con alcune parole chiave: work life balance, smart working, condivisione. In un mondo del lavoro in trasformazione, gli individui si trovano a confrontarsi quotidianamente con esigenze di conciliazione tra impegno professionale e vita privata, che cambiano radicalmente nel corso della vita. L’organizzazione non può trascurare queste esigenze. Perciò noi interveniamo sempre a partire dal work life balance, accogliendo una interpretazione della parola ‘welfare’ molto più ampia, che non si esaurisce nel piano benefit. Per la nostra esperienza, i progetti più efficaci sono quelli che puntano a favorire una nuova organizzazione del lavoro, intervenendo a livello profondo sulla cultura aziendale. Così veniamo alla seconda parola chiave, lo smart working: oggi la nuova organizzazione del lavoro, conciliante e che favorisce il benessere, deve poter sfruttare tutte le opportunità della tecnologia. La logica è win-win: mentre i dipendenti guadagnano tempo, anche l’azienda guadagna. Infine, la condivisione. Parola che può essere raccontata con un esempio concreto. Nel corso del 2012 abbiamo messo a punto, assieme all’associazione ValoreD, un format per fare incontrare le aziende (i manager Hr in particolare) sul tema welfare e work life balance. Il nostro obiettivo era aprire un laboratorio permanente e molto concreto, che aiutasse i par- 22 PERSONE&CONOSCENZE N.96 tecipanti a individuare le migliori soluzioni attraverso il confronto e lo scambio reciproco. Il successo del format lo raccontano i numeri. Al Welfare Lab di lancio (un workshop della durata di una giornata) a Novembre 2012 hanno partecipato circa 80 persone. Nel corso del 2013 si sono svolti due diversi laboratori, per un totale di 48 ore di lavoro, con una trentina di partecipanti. Un secondo incontro in plenaria nello stesso anno, ha visto lavorare su 4 diversi temi (welfare e fiscalità, remote working, parental leave management, contratto di rete per il welfare) circa 70 persone, di 35 diverse aziende. Quest’anno, sono stati avviati 3 diversi laboratori di approfondimento, e i partecipanti sono 76. Il risultato raggiunto consiste nella condivisione e messa a sistema di una nuova cultura aziendale. Il tema del welfare e del work life balance diventano, quindi, strumenti strategici per il miglioramento delle performance aziendali e non un semplice intervento di responsabilità”. Il secondo welfare a sostegno del pubblico “Day ha maturato una conoscenza approfondita dell’evoluzione del welfare in Italia –spiega la Responsabile Welfare Alessandra Bertazzoni−. Grazie alla sua esperienza da oltre 25 anni nell’ambito dei servizi per le aziende. I cambiamenti sociali a cui stiamo assistendo stanno definendo un nuovo modello di welfare in cui aziende, fondazioni bancarie, parti sociali e terzo settore sono tutti coinvolti per sostenere lo Stato, sempre più in difficoltà nel rispondere ai nuovi bisogni. Secondo l’Istat, il 30% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, fenomeno che coinvolge molte famiglie con minori a carico. Nel rapporto quotidiano con oltre mezzo milione di Alessandra Bertazzoni, dipendenti, che ogni giorDay Welfare no utilizzano titoli o card DAY, osserviamo il nascere di nuove esigenze. Il TUIR è la principale fonte normativa su cui strutturiamo i nostri piani di welfare aziendale. Sebbene ci siano incongruenze tra le esigenze dei nostri clienti e il dettato normativo di riferimento, le aziende più ‘illuminate’, che decidono di promuovere politiche di welfare, usufruiscono agevolazioni economiche e fiscali. Con DAY Welfare, infatti, in formato elettronico o cartaceo, proponiamo un’offerta multipla in tre declinazioni: DAY Famiglia, DAY Spesa e DAY Benessere. DAY Welfare si adatta a ogni programmazione aziendale, creando assieme al cliente un servizio personalizzato, a seconda delle diverse esigenze e abitudini dei dipendenti. Con un portale semplice e sicuro, è possibile accedere ai servizi con garanzia di privacy e trasparenza. Per entrare nel vivo di Day, un caso di welfare aziendale di successo che ci fa piacere descrivere è quello di un importante gruppo italiano che, con una visione lungimirante e attenta al benessere dei dipendenti, ha voluto sostenere la fascia più in difficoltà. Dopo un’attenta analisi dei fabbisogni, il nostro gruppo di lavoro ha proposto un’offerta mirata alla famiglia: asili nido, campi scuola, cure odontoiatriche e acquisto di beni di prima necessità. Contestualmente, abbiamo integrato la nostra rete di partner con gli operatori richiesti dal cliente, così da allocare al meglio le risorse a disposizione. Seguendo il principio di assoluta trasparenza, abbiamo individuato i più adeguati indici Istat e i modelli Isee di riferimento. Con l’introduzione di DAY Welfare, il cliente ha registrato un notevole miglioramento del clima e dell’immagine aziendale, riducendo assenteismo e turnover e alleggerendo le attività del responsabile Hr che diventa una figura di supervisione. I risultati positivi ottenuti hanno portato l’azienda a costruire insieme a Day un nuovo progetto di welfare rivolto ai manager aziendali, con l’obiettivo di aumentare motivazione e appartenenza al gruppo. Le analisi sul nuovo target di riferimento confermano che la conciliazione tra vita lavorativa e privata occupa una posizione prioritaria per l’azienda”. Dal welfare aziendale alla sharing economy: il bisogno al centro, i servizi in rete Alessandra Vultaggio, Responsabile welfare pubblico e privato di Edenred, conferma che il welfare aziendale ha avuto una grande accelerazione negli ultimi anni. “Dopo gli anni d’oro dell’Illuminismo imprenditoriale, dal 2009 a oggi si registra un vero e proprio crescendo di esperienze, articoli, convegni, contratti integrativi, reti territoriali, bandi pubblici, interpelli. Si pensi che solo in Lombardia, il censimento della contrattazione collettiva di CISL ha registrato 1.200 contratti di cui 300 contenenti l’opzione welfare. Ma il welfare aziendale moderno è molto diverso da quello degli albori, con il quale va confrontato per comprenderne le origini ma dal quale va ben distinto per il differente contesto economico, sociale e demografico in cui insiste. Liberale e filantropico il primo, opportunistico (basato su un investimento ponderato) Alessandra Vultaggio, il secondo. Uguale per tutti Edenred il primo, equamente flessibile il secondo. Apprezzato benché non richiesto il primo, acclamato a gran voce da lavoratori, sindacati e associazioni datoriali il secondo. Senza parlare dell’importanza che attribuiscono i giovani della generazione Y (specchio del nostro futuro) ai servizi e al work life balance, rispetto alla remunerazione in denaro, come dimostrato da una recente ricerca condotta dallo Studio Ambrosetti. Leva di gestione strategica, di produttività, di acquisizione e fidelizzazione dei talenti, di employee satisfaction per le aziende, da un lato, di innovazione sociale dall’altro. Oggi il welfare aziendale si pone come una valida integrazione a un welfare pubblico che ha mostrato profonda inadeguatezza alla dimensione e alla complessità del bisogno attuale. Così il welfare aziendale si inserisce a pieno titolo nelle riflessioni di policy maker e tecnici, perché rappresenta una leva efficiente per gestire un welfare diffuso su una comunità di lavoratori, pensionati e loro familiari però al tempo stesso one to one, differenziato per ciascuno in base al ciclo di vita (cosiddetti flexible benefits). Un modello quasi impensabile se gestito a livello pubblico. Ai detrattori del welfare aziendale o delle varie forme di secondo welfare, basti ricordare l’impulso positivo che un volano di risorse destinate al welfare da parte delle aziende, grazie alle agevolazioni fiscali, genererebbe in termini di: nascita di nuove imprese di privato sociale con aumento della quantità e qualità dei servizi sul territorio, e con possibile diminuzione dei prezzi dei servizi alla persona, aumento dell’occupazione complessiva nel privato sociale e delle donne nel mercato del lavoro (aumento del PIL), supportate dai servizi di conciliazione, aumento della natalità e quindi dei consumi familiari, maggiori introiti IVA ed emersione del nero, ulteriore trasferimento di costi sociali dal pubblico al privato, con una conseguente liberazione di risorse in favore della fascia realmente più debole. Ovviamente le aziende non possono fare tutto da sole, soprattutto se sono di piccole dimensioni. È necessario favorire la costituzioni di reti di attori provenienti dal mondo privato, pubblico, associativo e sindacale per realizzare concretamente la sharing economy, delle risorse, dei servizi, dei dati, degli strumenti. E qualsiasi forma di secondo welfare che voglia integrare risorse pubbliche e private in modo efficiente dovrebbe passare attraverso un adeguato monitoraggio dei soggetti beneficiari, dei contributi di spesa di cui beneficiano nel tempo e provenienti dalle varie fonti, per evitare sprechi e duplicazioni. Facciamo un esempio banale: un ente che oggi finanzia le spese scolastiche delle famiglie con figli. O che decide di dare un contributo alle donne con figli 0-3 anni per l’asilo e la baby sitter. Chi monitora se queste stesse persone prendono analoghi contributi da un altro ente pubblico? O dal proprio datore di lavoro? O se una mamma in realtà si appoggia a una rete familiare e non ha bisogno di quel contributo in denaro? Edenred investe in ricerca, collabora e contribuisce in numerosi tavoli istituzionali per promuovere la cultura e l’ideazione di soluzioni semplici e innovative che diano risposta a bisogni nuovi e complessi con cui famiglie, imprese e mondo pubblico si trovano a confrontarsi ogni giorno. Come le piattaforme di flexible PERSONE&CONOSCENZE N.96 23 benefits e i voucher sociali ispirati al modello del CESU francese (un voucher unico finalizzato a una spesa specifica in cui contribuiscono risorse pubbliche, aziendali e private dei cittadino) o del childcare voucher inglese o del titre service belga”. Per una cultura della salute delle persone Daniela Lucini, Professore Associato, Università degli Studi di Milano, responsabile Sezione di Medicina dell’Esercizio presso Humanitas, testimonia l’importanza di una struttura ospedaliera come supporto alle organizzazioni che hanno a cuore la salute dei propri dipendenti. “Anche se la legge italiana norma specificatamente aspetti classicamente di Medicina del Lavoro, pone l’accento anche sull’importanza di prendersi cura della salute delle persone ad ampio spettro. Come accade già da molti anni in altri Paesi europei e in USA, dove le aziende sono in prima linea rispetto alla salute e alla prevenzione medica per i propri dipendenti, anche l’Italia muove passi verso questo trend volto al secondo welfare per sostenere un welfare pubblico ormai debole. E anche la letteratura medica, infatti, da tempo fornisce linee guida precise e puntuali relative all’attenzione primaria nei confronti Daniela Lucini, Humanitas della salute dei lavoratori. Soprattutto a fronte di dati scientifici: la ricerca testimonia che le patologie infettive e malattie dipendenti da rischi strettamente legati al lavoro sono in grande diminuzione, mentre sono crescenti le malattie croniche (cardiovascolari, metaboliche, neoplastiche) dipendenti anche dallo stile di vita: alimentazione, fumo, stress e attività fisica. In questo contesto sono necessari interventi significativi in termini di prevenzione. A cominciare dall’educazione e da una comunicazione più efficaci per colmare il gap di informazioni inadeguate e spesso fuorvianti che circolano di continuo. Le aziende, in questo senso, devono sentirsi protagoniste assolute. Curare preventivamente la salute dei propri dipendenti identifica un’organizzazione sana e con la volontà effettiva di crescere a pari passo con le proprie persone. Chi sta bene, lavora bene e produce di più: è la scienza ad averlo testimoniato chiaramente. Il welfare in ambito sanitario è, quindi, uno strumento di business, confermato da ricerche e letteratura. Occuparsi di salute e prevenzione è parte dell’attività di Humanitas. In particolare, Humanitas ha messo a punto un programma per aziende consapevoli che servizi di welfare non solo migliorano la salute delle proprie persone, ma anche la produttività aziendale. Un classi- 24 PERSONE&CONOSCENZE N.96 co modello win-win dove i vantaggi sono sicuramente presenti a patto che il programma sia efficace, di qualità e calibrato su esigenze e necessità dell’azienda, basato su principi convalidati scientificamente. Accompagniamo aziende e persone in un percorso di quattro macro-fasi strutturate. Il primo passo è la fase di assessment: da questionari on line, veloci, anonimi, che permettono di fotografare la “salute dell’azienda” (e quindi identificare gli ambiti meritevoli di miglioramento) sino a esami clinici e check up sul singolo individuo). La seconda fase riguarda una promozione efficace del concetto di salute: un’azione culturale di informazione e comunicazione su basi scientifiche per rispettare e migliorare vita e salute delle persone, dal semplice accesso al sito Humanitas che presenta varie iniziative in questo ambito, da corsi e-learning a seminari di gruppo su tematiche di interesse per l’azienda gestiti da medici specialisti. La terza fase prevede invece un vero e proprio intervento per migliorare lo stile di vita. Sia con il supporto culturale e pratico a iniziative aziendali mirate a stili di vita salutari, cartellonistica, corsi e-learning, trainings, sino addirittura a servizi diretti ai singoli ad esempio per migliorare l’alimentazione, smettere di fumare, diventare fisicamente più attivi. La quarta fase del nostro approccio vede protagonista l’eventuale intervento rispetto a patologie importanti riscontrate, con un accesso immediato ai servizi medico-ospedalieri per curare e risolvere il problema. Dal soft all’hard a seconda delle esigenze e obiettivi aziendali: partiamo da un semplice questionario per arrivare ad accertamenti clinici rilasciando a ciascun assistito una personale ‘pagella della salute’ affinché la persona abbia una valutazione puntuale del suo stile di vita, suggerimenti medici e percorsi immediati per ridurre il rischio di malattia, migliorare la propria vita, la qualità del lavoro e la produttività”. L’impatto sociale del welfare aziendale Giovanni Scansani, CEO di Welfare Company racconta di una stridente contraddizione tra lo sviluppo delle prassi di welfare aziendale (WA) e l’impianto normativo fiscale applicabile che risale al 1986 e che, pur costituendo il principale riferimento per la determinazione dei budget destinabili alle iniziative in parola, non contiene norme a esse espressamente dedicate e, quindi, si presenta come poco coerente con la capacità di risposta che, con tali norme, s’intenderebbe dare ai bisogni degli interventi di welfare integrativo. “Una disciplina fiscale non pensata per il WA risente di una stesura ben poco coerente anche con le necessità Giovanni Scansani, Welfare della contrattazione integraCompany tiva. Si pensi agli effetti assurdi, derivanti dal mantenimento di una ratio ‘filantropica’ che impedisce la contrattualizzazione per via della ‘sanzione’ della completa imponibilità fiscale e previdenziale: una disciplina di questo tipo è ben lontana dalle caratteristiche del tessuto imprenditoriale italiano che è costruito sulla netta predominanza di piccole e medie imprese. Le PMI, proprio su tematiche centrali del WA, sono penalizzate da soglie di limitazione della deducibilità che hanno quale riferimento il costo del personale. Se poi a un quadro anacronistico (anche quanto agli importi massimi deducibili e defiscalizzati) aggiungiamo la frammentarietà delle interpretazioni che queste norme hanno ricevuto nel tempo e l’assenza di una loro ridefinizione che tenga conto dei cambiamenti intervenuti dal 1986 a oggi, ci rendiamo conto di quanta strada si debba percorrere per arrivare a un quadro giuridico unitario, chiaro e non penalizzante per le imprese (di qualsiasi dimensione) e i lavoratori. Tra queste penalizzazioni ve n’è una particolarmente insidiosa perché ricade solo sulle spalle di chi lavora. È il rischio che, nella dicotomia tra grandi imprese e PMI e nella diversità del grado di favor fiscale sfruttabile (con le prime avvantaggiate rispetto alle seconde), si possa creare un allargamento del solco già esistente tra outsiders e insiders, tra coloro che lavorano in aziende che mettono a disposizione piani di welfare aziendale (PWA) completi e coerenti con le necessità dell’oggi e lavoratori impiegati in imprese che non riescono a offrire un analogo trattamento perché la disciplina attuale non lo consente o lo consente solo in maniera parziale e quindi insufficiente. La nostra proposta si sostanza in supporti completi per l’ideazione e l’esecuzione dei PWA (dalla consulenza per il disegno degli interventi sino alla loro messa in opera attraverso servizi resi sia direttamente, sia tramite l’aggregazione dell’offerta di una serie di partner). In questo senso Welfare Company è un full-provider di servizi di supporto ai PWA. La capacità di allestire soluzioni pensate in maniera sinergica con quanto esprime il territorio è, per noi, la premessa per la generazione di positivi effetti destinati ad accrescere il valore complessivo delle iniziative le quali non si devono esaurire all’interno del perimetro aziendale, ma devono poter ‘dialogare’ con l’esterno: in tal modo un PWA è destinato ad accrescere anche l’immagine e il ruolo che l’impresa svolge nell’area territoriale del suo insediamento. A questa impostazione associamo, sul piano pratico, l’utilizzazione di tecnologie molto intuitive, come quelle che caratterizzano le funzionalità del nostro portale MyWELFARE che elimina il carico di lavoro che un PWA gestito tradizionalmente altrimenti genera in azienda. Altre soluzioni tecnologiche, anch’esse di semplicissima utilizzazione, sono destinate a incrementare il valore economico dei PWA senza alcun impatto fiscale e con significativi effetti per i beneficiari: entrano in gioco le sinergie attivabili con apposite card accettate da reti cash-back che, con migliaia di convenzioni attive, possono raddoppiare il valore dei fringe benefit o i servizi money-saving resi attraverso un innovativo portale di social-shopping (PASSPARTU) per fruire di sconti sugli acquisti di beni e servizi cui i lavoratori accedono come membri di una vasta community di partecipanti ai vari programmi di WA introdotti dalle aziende nostre clienti. La prima soluzione supera le obsolete convenzioni aziendali accessibili con badge o carte varie, mentre la seconda è l’evoluzione moderna e ben più coinvolgente dei portali-tabelloni che elencano convenzioni spesso poi poco sfruttate. Un caso di successo è rappresentato da una delle prime esperienze di welfare interaziendale territoriale. Con Unindustria Reggio Emilia siamo parte del Progetto Welfa-RE che ha saputo mettere attorno a uno stesso tavolo realtà spesso non sempre in stretto contatto tra loro: la business community (per il tramite di Confindustria), il terzo settore (erogatore di servizi di welfare disponibili sul territorio e spesso considerati dalla contrattazione integrativa aziendale: in particolare quelli dedicati all’infanzia e all’assistenza agli anziani e ai disabili), l’economia locale (reti del commercio e dell’offerta territoriale di servizi) e noi, nella posizione di full-provider specializzato nella creazione e gestione dei servizi di supporto ai PWA. Ne è nato un PWA che possiamo definire interaziendale in quanto in grado di essere attivato e introdotto nelle aziende del territorio ottimizzando le fasi di ideazione e di definizione delle risposte e il cui contenuto è validato, per così dire, ‘a monte’ dal tavolo tecnico interdisciplinare”. Facciamo il punto… Dalla voce degli operatori cogliamo che, in generale, la normativa è chiara ma oltrepassata dalle motivazioni per cui nasceva negli anni ’80. Le esigenze delle persone, il mercato e tutto il sistema Paese sono in continua evoluzione e il legislatore dovrebbe porsi delle domande. Se l’obiettivo comune è quello di raggiungere uno status generale di benessere, cosa ancora si può e si deve fare per i cittadini e per le imprese? Cosa lo Stato può demandare al mondo privato? È possibile una concertazione tra tutti i soggetti interessati? Lo auspicano gli operatori del mercato che si trovano da un lato ad adempiere alle norme e, in caso di necessità, a interpellare l’Agenzia delle Entrate per coglierne i suggerimenti, da un altro lato a rispondere nel modo più mirato possibile alle diverse esigenze delle organizzazioni. Ogni azienda, piccola media o grande, è oggi chiamata a fronteggiare un mercato competitivo e solo puntando sulle persone può essere vincente. Quindi, ancora una volta, occuparsi delle persone è più che mai necessario… Che si tratti di un piano di welfare strutturato o che si tratti di piccole puntuali azioni concrete per rispondere ai bisogni dei nostri collaboratori. PERSONE&CONOSCENZE N.96 25
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