Tanzini, Elena

DI
Universit`
a degli Studi di Siena
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE E SCIENZE MATEMATICHE
Corso di Laurea Magistrale in Matematica
Tesi di laurea magistrale
TEORIA KKM, DISUGUAGLIANZA DI FAN
E FORME GENERALIZZATE DEL TEOREMA DI NASH
Relatore:
Laureanda:
Prof. Raffaele Chiappinelli
Elena Tanzini
Anno Accademico 2012/2013
Indice
1 Introduzione
5
2 Elementi di analisi funzionale
2.1 Dagli spazi metrici agli spazi vettoriali topologici . . . . . .
2.2 Insiemi convessi e funzioni convesse . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Caratterizzazione delle funzioni semicontinue inferiormente
2.4 Multifunzioni: semicontinuit`a ed emicontinuit`a . . . . . . .
.
.
.
.
9
9
14
18
20
3 Alle origini della Teoria KKM
23
3.1 Il Lemma di Sperner e il Lemma KKM . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 Il Teorema di Brouwer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.3 La Disuguaglianza di Fan in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4 I Teoremi di Fan e di Kakutani
4.1 Il Teorema di Kakutani in Rn . . . . . . . . . . .
4.2 Disuguaglianze di minimax . . . . . . . . . . . .
4.3 Il Teorema di Von Neumann . . . . . . . . . . . .
4.4 La Disuguaglianza di Fan in uno spazio vettoriale
4.5 Il Teorema di Kakutani in uno spazio di Hilbert .
. . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . .
topologico
. . . . . . .
35
35
39
44
46
50
5 Fondamenti di Teoria dei giochi
55
5.1 Giochi in forma strategica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
5.2 Strategie miste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
5.3 Giochi strettamente competitivi . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
6 Il Teorema di Nash negli spazi convessi astratti
67
6.1 Spazi convessi astratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
6.2 Forme generali della Disuguaglianza di Fan e del Teorema di
Nash . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
Bibliografia
81
3
4
Capitolo 1
Introduzione
In questa Tesi abbiamo voluto da una parte analizzare il Teorema di
Nash, dalla versione originale del 1950 [13] fino alla recentissima generalizzazione dovuta al matematico Sehie Park [27], e dall’altra parte approfondire alcuni strumenti matematici necessari per tale analisi. Infatti per
poter seguire l’evoluzione di questo risultato fondamentale nella Teoria dei
Giochi, approfondiremo la Teoria KKM (cos`ı detta dal nome dei matematici Knaster, Kuratowski e Mazurkiewicz) e alcuni importanti argomenti di
Analisi Funzionale Nonlineare, come i Teoremi di punto fisso di Brouwer e
di Kakutani e la Disuguaglianza di Fan.
Il pi`
u semplice enunciato del Teorema di Nash (vedi ad esempio [16])
stabilisce che:
se G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) `e un gioco in forma strategica tale che ∀ i ∈ N :
(I) Ai `e un sottoinsieme non vuoto, compatto e convesso di Rmi (mi ∈ N);
(II) ui `e una funzione continua da A := ×i∈N Ai ad R;
(III) ui `e quasiconcava nella i-esima variabile su Ai ;
allora G ha un equilibrio di Nash.
Spieghiamone brevemente il significato. Per gioco G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N )
in forma strategica si intende un insieme finito N di giocatori razionali,
ognuno dei quali ha a disposizione un insieme Ai di azioni o strategie. Senza alcuna cooperazione con gli altri, ciascun giocatore dovr`a scegliere una
e una sola strategia ai ∈ Ai , e l’esito del gioco dipender`a da tutte e sole le
azioni messe in atto.
Per ogni giocatore i ∈ N , la funzione ui : A = ×i∈N Ai → R rappresenta
l’utilit`
a o payoff che i ottiene da ciascun esito del gioco; sono tali utilit`a
e nient’altro a determinare le scelte dei giocatori, perch´e naturalmente il
giocatore i preferir`
a l’esito a ∈ A all’esito b ∈ A se ui (a) ≥ ui (b), e si comporter`a di conseguenza, cercando di ottenere il maggior beneficio possibile.
5
Un equilibrio di Nash `e un vettore di strategie a∗ = (a∗1 , ..., a∗n ) ∈ A (dove
n = |N |) tale che ∀ i ∈ N
ui (a∗1 , ..., a∗i−1 , a∗i , a∗i+1 , ..., a∗n ) ≥ ui (a∗1 , ..., a∗i−1 , bi , a∗i+1 , ..., a∗n )
∀ bi ∈ Ai ;
in poche parole se ogni giocatore j 6= i gioca a∗j , il giocatore i non ha
nessuna azione che gli possa garantire un’utilit`a maggiore di quella che a∗i
gli assicura. Il Teorema di Nash fornisce dunque delle semplici condizioni
sufficienti affinch´e un gioco abbia almeno un esito ottimale.
` evidente dall’enunciato del Teorema di Nash che per una sua analiE
si saranno indispensabili i concetti di convessit`
a e continuit`
a e quelli che
da essi derivano: presenteremo pertanto nel Capitolo 2 le principali propriet`
a concernenti la convessit`a (sia per gli insiemi che per le funzioni) e
la semicontinuit`
a ed emicontinuit`a (sia per le funzioni che per le funzioni
multivoche).
Nel Capitolo 3 illustreremo tre risultati basilari dell’Analisi nonlineare,
che sono equivalenti tra loro: il Lemma KKM (Knaster - Kuratowski Mazurkiewicz), il Teorema di punto fisso di Brouwer, la Disuguaglianza di
Fan. Mentre il Teorema di Brouwer `e forse il pi`
u noto dei tre, anche per le
sue implicazioni geometriche e topologiche, nella nostra presentazione sar`a
l’ultimo Teorema a giocare il ruolo di strumento pi`
u utile per lo sviluppo
della teoria, perch´e saranno proprio le sue generalizzazioni a permetterci di
generalizzare a sua volta il Teorema di Nash.
Nella sua forma pi`
u semplice la Disuguaglianza di Fan asserisce che:
se K ⊂ Rn `e un insieme compatto e convesso e h : K × K → R `e una
funzione tale che
(i) ∀ y ∈ K x → h(x, y) `e semicontinua inferiormente;
(ii) ∀ x ∈ K y → h(x, y) `e concava;
allora ∃ x ∈ K:
sup h(x, y) ≤ sup h(y, y).
y∈K
y∈K
Per illustrare l’utilit`
a di questo enunciato all’apparenza piuttosto tecnico,
osserviamo che da esso si deduce immediatamente il Teorema di Brouwer:
infatti se f : K → K `e una funzione continua, definiamo h : K × K → R
nel modo seguente
h(x, y) :=< x − f (x), x − y >
∀ x, y ∈ K,
dove <, > indica il prodotto scalare Euclideo. h `e continua, perci`o in particolare `e semicontinua inferiormente nella prima variabile, ed `e banalmente
concava nella seconda variabile.
Allora ∃ x ∈ K :
sup h(x, y) ≤ sup h(y, y) = sup < y − f (y), y − y >= 0,
y∈K
y∈K
y∈K
6
ovvero
< x − f (x), x − y >≤ 0
∀ y ∈ K.
Scelto y = f (x), si ha kx − f (x)k2 ≤ 0, quindi x = f (x), ovvero x `e un
punto fisso per f .
Inoltre mediante la Disuguaglianza di Fan in Rn si pu`o ad esempio dimostrare un famoso risultato di Teoria economica, il Teorema di Debreu - Gale
- Nika¨ıdo (Teorema 3.3.2).
Il Capitolo 4 sar`
a dedicato al Teorema di punto fisso di Kakutani (che
come noto `e una versione multivoca del Teorema di Brouwer) e - attraverso
di esso - al passaggio da Rn agli spazi vettoriali (normati o pi`
u in generale
topologici) di dimensione infinita. Per questo passaggio saranno fondamentali diversi risultati tecnici, soprattutto alcune Disuguaglianze di minimax,
che fanno pieno uso delle propriet`
a di convessit`a e semicontinuit`a.
Partendo da queste, dimostreremo la generalizzazione della Disuguaglianza
di Fan in uno spazio vettoriale topologico, da cui desumeremo una condizione per l’esistenza di uno zero per una multifunzione a valori chiusi e convessi,
e infine il Teorema di Kakutani in uno spazio di Hilbert. Per l’esposizione
di questi importanti risultati abbiamo in gran parte seguito Aubin [2].
Abbiamo voluto riservare il giusto spazio al Teorema di Kakutani perch´e
fu la chiave dell’originale dimostrazione a opera di Nash, presentata nell’articolo [13]: Equilibrium points in N-person games. Seguendo dunque i passi
del matematico statunitense, nel Capitolo 5 illustreremo i fondamenti della
Teoria dei Giochi - i Giochi in Forma Strategica non Cooperativi e la loro
Estensione Mista - e dimostreremo il Teorema di Nash in Rn , quello enunciato all’inizio di questa Introduzione.
Ne presenteremo poi una versione estesa agli spazi vettoriali topologici, che,
come abbiamo gi`
a accennato, si ottiene come conseguenza immediata della
Disuguaglianza di Fan in tale ambito.
Il Capitolo 5 si concluder`
a con i Giochi Strettamente Competitivi, che modellizzano la situazione in cui due giocatori sono in competizione diretta: il
profitto dell’uno coincide esattamente con la perdita dell’altro. In questo
caso `e il Teorema di Von Neumann a fornire la condizione per l’esistenza
di equilibri di Nash. Per chiarezza, la dimostrazione del Teorema di Von
Neumann sar`
a inserita nel Paragrafo 4.3, perch´e discende anch’essa dalle
varie Disuguaglianze di minimax presentate nel Capitolo 4; in seguito, nel
contesto dei Giochi Strettamente Competitivi, sar`a riformulato e assumer`a
il nuovo significato di caso particolare del Teorema di Nash.
Precisiamo che per la Teoria dei Giochi ci siamo affidati principalmente al
manuale di riferimento della materia [16], di Osborne e Rubinstein; mentre
per gli ampliamenti agli spazi vettoriali topologici abbiamo seguito ancora
una volta Aubin [2].
7
Infine nel Capitolo 6 approfondiremo la Teoria KKM e giungeremo
alla forma che nuovamente la Disuguaglianza di Fan e il Teorema di Nash
assumono in questo ambito.
Il Lemma KKM, nella sua versione originale (Teorema 3.1.2) asserisce che:
se S = S(x0 , ..., xn ) `e un n-simplesso e F0 , ..., Fn sono sottoinsiemi chiusi
di S tali che ∀ I ⊆ {0, ..., n}
[
co{xi : i ∈ I} ⊆
Fi ,
i∈I
allora
Tn
i=0 Fi
`e non vuoto e compatto.
La Teoria KKM, cos`ı chiamata da Sehie Park (cfr. [18]-[28]) per la prima
volta nel 1992, `e lo studio delle generalizzazioni e delle applicazioni delle
varie formulazioni equivalenti del Lemma KKM.
Da principio i risultati di base della teoria furono stabiliti per sottoinsiemi
convessi di spazi vettoriali topologici da Ky Fan negli anni 1961-1984; in
particolare gi`
a nel Capitolo 3 ne dimostreremo uno fondamentale, il Lemma
Fan-KKM, che appunto `e un Corollario del Lemma KKM.
In seguito la Teoria KKM `e stata estesa agli spazi convessi del tipo di Lassonde [9], agli H-spazi da Horvath [7], e agli spazi convessi generalizzati
(spazi G-convessi) da Park.
Nel 2006 Park `e riuscito a unificare la materia, introducendo il nuovo concetto di spazio convesso astratto, di cui tutti gli spazi definiti precedentemente
rappresentano casi particolari: uno spazio convesso astratto `e una terna
(X, Z, γ) tale che X `e uno spazio topologico, Z un insieme non vuoto, γ
una funzione che ad ogni sottoinsieme finito non vuoto di Z associa un sottoinsieme di X. L’esempio base di spazio convesso astratto `e appunto la
terna (S, V, co) formata da un simplesso S, dall’insieme V dei suoi vertici, e
dalla funzione co che ad ogni sottoinsieme V0 di V associa il suo inviluppo
convesso co(V0 ), cio`e il sottosimplesso generato dai vertici in V0 .
Pi`
u in generale, ogni sottoinsieme convesso K di uno spazio vettoriale topologico, equipaggiato con la funzione
co : {x1 , ..., xn } ⊂ K → co(x1 , ..., xn ) ⊂ K
`e uno spazio convesso astratto.
Seguendo Park, introdurremo poi le funzioni KKM (multivoche) e il principio KKM parziale, che trasferisce in uno spazio convesso astratto la propriet`a
che l’originale Lemma KKM stabilisce in Rn . Dimostreremo infine alcuni
risultati equivalenti riguardanti questo principio, che ci condurranno alle annunciate generalizzazioni della Disuguaglianza di Fan e del Teorema di Nash
in questo ambito.
8
Capitolo 2
Elementi di analisi funzionale
In questo Capitolo richiamiamo quelle nozioni di analisi funzionale che
sono indispensabili per tutta la successiva trattazione. Tali fondamenti sono
tratti in gran parte dai manuali [2], [4], [29], [30], [31], [34].
2.1
Dagli spazi metrici agli spazi vettoriali topologici
Riportiamo sinteticamente le definizioni di distanza, norma, prodotto
scalare, topologia, in modo da fissare le notazioni che utilizzeremo in tutta
la successiva trattazione.
Definizione 2.1.1. Sia X un insieme non vuoto. Si definisce distanza o
metrica una funzione d : X × X → R tale che
(a) d(x, y) ≥ 0 ∀ x, y ∈ X;
(b) d(x, y) = 0 se e solo se x = y;
(c) d(x, y) = d(y, x) ∀ x, y ∈ X;
(d) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(y, z) ∀ x, y, z ∈ X.
La coppia (X, d) formata dall’insieme X dotato della distanza d si chiama
spazio metrico.
In uno spazio metrico (X, d), dati il punto x0 ∈ X e il numero δ > 0,
definiamo palla di centro x0 e raggio δ l’insieme
B(x0 , δ) := {x ∈ X : d(x0 , x) < δ}.
Per spazio vettoriale intenderemo sempre uno spazio vettoriale reale.
Definizione 2.1.2. Sia X uno spazio vettoriale. Si definisce norma una
funzione k · k : X → R tale che
(a) kxk ≥ 0 ∀ x ∈ X;
(b) kxk = 0 se e solo se x = 0;
(c) kαxk = |α| · kxk ∀ x ∈ X, ∀ α ∈ R;
(d) kx + yk ≤ kxk + kyk ∀ x, y ∈ X.
9
La coppia (X, k · k) formata dallo spazio vettoriale X dotato della norma
k · k si chiama spazio normato.
Ogni spazio normato `e uno spazio metrico: infatti la norma k · k induce la
distanza d(x, y) := kx − yk ∀ x, y ∈ X.
Uno spazio di Banach `e uno spazio normato completo (rispetto alla distanza
indotta dalla norma).
Definizione 2.1.3. Sia X uno spazio vettoriale. Si definisce prodotto scalare
una funzione <, >: X × X → R tale che
(a) < x, x >≥ 0 ∀ x ∈ X;
(b) < x, x >= 0 se e solo se x = 0;
(c) < x, y >=< y, x > ∀ x, y ∈ X;
(d) < αx, y >= α < x, y > ∀ x, y ∈ X, ∀ α ∈ R;
(e) < x + y, z >=< x, z > + < y, z > ∀ x, y, z ∈ X.
Ogni spazio (X, <, >) dotato di prodotto scalare `e uno spazio normato:
√
infatti il prodotto scalare <, > induce la norma kxk := < x, x > ∀ x ∈ X.
Uno spazio di Hilbert `e uno spazio dotato di prodotto scalare completo
(rispetto alla distanza indotta dalla norma che `e a sua volta indotta dal
prodotto scalare).
Il pi`
u noto esempio di spazio di Hilbert `e certamente Rn dotato del prodotto
scalare Euclideo
n
X
< x, y >=
xi yi ∀ x, y ∈ Rn ,
i=1
che induce la norma
v
u n
uX
kxk = t
x2
i
∀ x ∈ Rn ,
i=1
che a sua volta induce la distanza Euclidea
d(x, y) = kx − yk
∀ x, y ∈ Rn .
Definizione 2.1.4. Sia X un insieme non vuoto. Si definisce topologia in
X una famiglia τ di sottoinsiemi di X, detti aperti, tale che
(a) X, ∅ ∈ τ ;
T
(b) se A1 , ..., An ∈ τ allora Sni=1 Ai ∈ τ ;
(c) se {Ai }i∈I ⊂ τ allora i∈I Ai ∈ τ (I finito, numerabile o pi`
u che
numerabile).
La coppia (X, τ ) formata dall’insieme X dotato della topologia τ si chiama spazio topologico; generalmente scriveremo X spazio topologico, omettendo di riportare la topologia di cui X `e dotato.
Dato x ∈ X, si chiama intorno di x ogni aperto di X contenente x.
Un insieme E ⊂ X `e chiuso se il suo complementare X \ E `e aperto; la
10
chiusura di E, indicata con E, `e l’intersezione di tutti i chiusi contenenti
E; la parte interna di E, indicata con intE, `e l’unione di tutti gli aperti
contenuti in E.
Gli spazi topologici pi`
u conosciuti sono certamente gli spazi metrici: se X
`e uno spazio metrico, lo dotiamo naturalmente della topologia τ , costituita
da tutti i sottoinsiemi di X che sono unioni di palle aperte.
Dati due spazi topologici X e Y , E ⊂ Y e una funzione f : X → Y , la
retroimmagine di E `e l’insieme
f −1 (E) := {x ∈ X : f (x) ∈ E}.
Definizione 2.1.5. Dati due spazi topologici X e Y , una funzione f : X →
Y `e continua se per ogni aperto V ⊂ Y , f −1 (V ) `e un aperto in X .
Inoltre f `e continua nel punto x0 ∈ X se per ogni intorno V di f (x0 ), esiste
un intorno W di x0 tale che f (x) ∈ V ∀ x ∈ W , ovvero
[
f (W ) :=
f (x) ⊂ V.
x∈W
Proposizione 2.1.1. Dati due spazi topologici X e Y , una funzione f :
X → Y `e continua se e solo se `e continua in ogni punto di X.
Dimostrazione. Supponiamo che f sia continua. Preso x0 ∈ X, dobbiamo
dimostrare che f `e continua in x0 . Per ogni intorno V di f (x0 ), f −1 (V ) `e
l’intorno di x0 che stavamo cercando, perch´e f (f −1 (V )) ⊂ V .
Viceversa supponiamo che f sia continua in ogni punto di X. Fissato
un aperto V ⊂ Y , per ogni x ∈ f −1 (V ) esiste un intorno Wx : f (Wx ) ⊂ V .
Allora Wx ⊂ f −1 (V ), ovvero
[
f −1 (V ) =
Wx .
x∈f −1 (V )
L’insieme f −1 (V ) risulta aperto come unione di aperti.
Definizione 2.1.6. Uno spazio topologico X `e uno spazio di Hausdorff se
∀ x, y ∈ X : x 6= y, esistono due aperti B1 , B2 tali che
x ∈ B1 ,
y ∈ B2 ,
B1 ∩ B2 = ∅.
Definizione 2.1.7. In uno spazio topologico X, dato K ⊂ X, si definisce
ricoprimento (aperto) di K una qualsiasi famiglia {Ai }i∈I di aperti la cui
unione contiene K.
L’insieme K `e compatto se da ogni ricoprimento di K `e possibile estrarre un
sottoricoprimento finito di K; pi`
u precisamente, se {Ai }i∈I `e un ricoprimento
di K, `e possibile estrarne una sottofamiglia finita Ai1 , ..., Ain , la cui unione
contiene K.
In particolare se X stesso `e compatto, si chiama spazio topologico compatto.
11
Teorema 2.1.2. Sia X uno spazio topologico. Allora sono valide le seguenti
affermazioni:
(i) se K ⊂ X `e un insieme compatto, ed E ⊂ K `e un sottoinsieme chiuso,
allora E `e compatto;
(ii) se X `e uno spazio di Hausdorff, K ⊂ X `e un insieme compatto, e
x 6∈ K, allora esistono due aperti B1 , B2 tali che
x ∈ B1 ,
K ⊂ B2 ,
B1 ∩ B2 = ∅;
(iii) se X `e uno spazio T
di Hausdorff, {Ki }i∈I ⊂ X `e una famiglia di insiemi
compatti tale che i∈I Ki = ∅, allora esiste qualche sottofamiglia finita
di {Ki }i∈I con intersezione vuota;
(iv) se Y `e uno spazio topologico, f : X → Y `e una funzione continua, e
K ⊂ X `e un insieme compatto, allora f (K) `e compatto in Y .
Per la dimostrazione si pu`o consultare [30].
Dal punto (iv) del Teorema precedente discende il celeberrimo
Teorema 2.1.3 (Weierstrass). Siano X uno spazio topologico, K ⊂ X un
insieme compatto, e f : K → R una funzione continua. Allora f assume
massimo e minimo.
Ricordiamo infine che in uno spazio metrico un insieme `e compatto se e
solo se `e sequenzialmente compatto:
Teorema 2.1.4. Sia X uno spazio metrico. K ⊂ X `e compatto se e solo
se da ogni successione a valori in K si pu`
o estrarre una sottosuccessione
convergente in K.
Terminiamo questo Paragrafo con gli spazi vettoriali topologici.
Se X `e uno spazio vettoriale, E, F ⊂ X, x ∈ X, α ∈ R, useremo le seguenti
notazioni:
x + E = {x + y : y ∈ E},
E + F = {y + z : y ∈ E, z ∈ F },
αE = {αy : y ∈ E}.
Definizione 2.1.8. Si definisce spazio vettoriale topologico ogni spazio vettoriale X dotato di una topologia τ tale che
(a) ogni punto di X `e un insieme chiuso;
(b) le operazioni di spazio vettoriale sono continue rispetto a τ .
12
Pi`
u precisamente, la (b) richiede che la funzione da X × X in X che ad
ogni (x1 , x2 ) associa la somma x1 + x2 sia continua, ovvero che ∀ (x1 , x2 ) ∈
X × X, se V `e un intorno di x1 + x2 allora esistono due intorni W1 di x1 e
W2 di x2 tali che
W 1 + W2 ⊂ V ;
e che la funzione da R × X in X che ad ogni (α, x) associa il prodotto αx
sia continua, ovvero che ∀ (α, x) ∈ R × X, se V `e un intorno di αx allora
esistono δ > 0 e W intorno di x tali che
βW ⊂ V
∀ β : |α − β| < δ.
In molti testi la richiesta (a) `e omessa dalla definizione di spazio vettoriale topologico; seguendo Rudin [31], abbiamo deciso di inserirla fin da
subito, soprattutto per ottenere la validit`a del seguente:
Teorema 2.1.5. Ogni spazio vettoriale topologico `e uno spazio di Hausdorff.
Esempio 2.1. I pi`
u noti esempi di spazi vettoriali topologici sono gli spazi
normati. Sia (X, k·k) uno spazio normato: come abbiamo gi`a sottolineato in
precedenza, ogni spazio normato `e uno spazio metrico, e ogni spazio metrico
`e uno spazio topologico.
Inoltre la richiesta (a) della Definizione 2.1.8 `e soddisfatta, perch´e ∀ x ∈
X, {x} `e un insieme chiuso.
Verifichiamo adesso la (b): per prima cosa dobbiamo mostrare che l’operazione di somma `e una funzione continua, cio`e che ∀ (x1 , x2 ) ∈ X × X,
preso V = B(x1 + x2 , ε) allora esistono due intorni W1 = B(x1 , δ1 ) e
W2 = B(x2 , δ2 ) tali che
W1 + W2 ⊂ V.
Comunque scelti y1 ∈ W1 e y2 ∈ W2 si ha
k(x1 + x2 ) − (y1 + y2 )k ≤ kx1 − y1 k + kx2 − y2 k < δ1 + δ2 .
Pertanto, se δ1 = δ2 = 2ε , otteniamo k(x1 + x2 ) − (y1 + y2 )k < ε e quindi
y1 + y2 ∈ V.
Dimostriamo infine che anche (α, x) → αx `e continua, ovvero che ∀(α, x) ∈
R × X, ∀ V = B(αx, ε), esistono δ > 0 e un intorno W = B(x, δ1 ) tali che
βW ⊂ V
∀ β : |α − β| < δ.
Comunque scelti β : |α − β| < δ e y ∈ W , si ha
kαx − βyk = kαx − βx + βx − βyk
≤ |α − β| · kxk + |β| · kx − yk
= |α − β| · kxk + |β − α + α| · kx − yk
≤ |α − β| · kxk + |β − α| · kx − yk + |α| · kx − yk
< δkxk + δδ1 + |α|δ1 .
Basta dunque scegliere δ e δ1 tali che δkxk + δδ1 + |α|δ1 sia minore di ε.
13
2.2
Insiemi convessi e funzioni convesse
Definizione 2.2.1. Sia X uno spazio vettoriale. Si definisce combinazione
convessa dei punti x1 , ..., xn ∈ X ogni punto x ∈ X tale che
x=
n
X
λi xi
con λi ≥ 0 ∀ i = 1, ..., n e
i=1
n
X
λi = 1.
i=1
Una
Pn funzione f : X → R `e convessa se per ogni combinazione convessa
i=1 λi xi di punti di X si ha
f(
n
X
λi xi ) ≤
i=1
n
X
λi f (xi ).
i=1
f `e concava se −f `e convessa.
Definizione 2.2.2. Sia X uno spazio vettoriale. Un insieme K ⊂ X `e
convesso se ∀ x1 , x2 ∈ K, ∀ λ ∈ [0, 1], λx1 + (1 − λ)x2 ∈ K.
Per induzione si pu`
o provare facilmente che K `e convesso se e solo se
∀ x1 , ..., xn ∈ K, qualsiasi combinazione convessa di x1 , ..., xn appartiene a
K.
Definizione 2.2.3. Sia X uno spazio vettoriale e sia Z ⊂ X. L’inviluppo
convesso di Z, indicato con co(Z), `e l’intersezione di tutti gli insiemi convessi
contenenti Z.
Poich´e l’intersezione di insiemi convessi `e ancora un insieme convesso, co(Z)
`e il pi`
u piccolo insieme convesso contenente Z; quindi se Z `e convesso risulta
co(Z) = Z.
Proposizione 2.2.1. Sia X uno spazio vettoriale e sia Z ⊂ X. L’inviluppo
convesso co(Z) `e l’insieme di tutte e sole le combinazioni convesse di punti
di Z.
Dimostrazione. Sia p ∈ N, indichiamo con Cp (Z) l’insieme delle combinazioni convesse di ogni sottoinsieme di p punti di Z; allora, nell’ipotesi pi`
u
generale che Z abbia cardinalit`a S
infinita, l’insieme di tutte le combinazioni
convesse di punti di Z `e C(Z) = ∞
p=0 Cp (Z).
Se x ∈ C(Z) allora x `e una combinazione convessa di punti di Z, quindi,
poich´e Z ⊂ co(Z) e co(Z) `e un insieme convesso, x appartiene a co(Z).
Viceversa per provare che co(Z) ⊂ C(Z), basta mostrare che C(Z) `e convesso. Siano x, y ∈ C(Z), allora esistono m, n ∈ N, x1 , ..., xm ∈ Z, y1 , ..., yn ∈
n
Z, (λ1 , ..., λm ) ∈ Rm
+ , (ξ1 , ..., ξn ) ∈ R+ tali che
x=
m
X
i=1
λ i xi e y =
n
X
ξj yj , con
j=1
m
X
i=1
14
λi = 1,
n
X
j=1
ξj = 1.
Sia α ∈ [0, 1], allora
αx + (1 − α)y =
m
X
αλi xi +
i=1
n
X
(1 − α)ξj yj
j=1
`e una combinazione convessa di m + n punti di Z, perch´e αλi ≥ 0 ∀ i, (1 −
α)ξj ≥ 0 ∀ j, e
m
X
αλi +
i=1
n
X
(1 − α)ξj = α + (1 − α) = 1.
j=1
Allora αx + (1 − α)y appartiene a C(Z), che risulta convesso.
Teorema 2.2.2 (Carath´
eodory). Sia X uno spazio vettoriale di dimensione finita n, e sia Z ⊂ X. Allora x ∈ co(Z) se e solo se x pu`
o essere
espresso come combinazione convessa di al pi`
u n + 1 punti di Z.
Per la dimostrazione si pu`
o consultare [29].
Proposizione 2.2.3. Sia X uno spazio normato, di dimensione finita n.
Se Z ⊂ X `e compatto allora co(Z) `e compatto.
Dimostrazione. Sia {uj }j∈N una successione di punti in co(Z). Per il Teorema di Carath´eodory ogni uj pu`
o essere espresso come combinazione convessa
di n + 1 punti di Z:
uj =
n
X
: λj,i xj,i
con
λj,i ≥ 0,
i=0
n
X
λj,i = 1 e xj,i ∈ Z.
i=0
Poich´e Z `e compatto, per ogni i = 0, ..., n esiste una sottosuccessione {xjk ,i }jk ∈N
di {xj,i }j∈N convergente a un certo xi ∈ Z.
E poich´e l’insieme
(
)
n
X
n+1
(λ0 , ..., λn ) ∈ R+ :
λi = 1
i=0
`e compatto, per ogni i = 0, ..., n esiste una sottosuccessione {λjk ,i }jk ∈N
di {λ }
convergente a un certo λi ∈ Z. Chiaramente ∀ i λi ≥ 0, e
Pn j,i j∈N
λ
=
1.
i=0 i
Allora {uj }j∈N ha una sottosuccessione convergente a
u=
n
X
λi xi ∈ co(Z),
i=0
e questo prova che co(Z) `e compatto.
15
Definizione 2.2.4. Sia X uno spazio vettoriale topologico e sia f : X → R
una funzione. Si definisce supporto di f
supp(f ) := {x ∈ X : f (x) 6= 0}.
Definizione 2.2.5. Sia {Ai }ni=1 un ricoprimento (aperto) dello spazio vettoriale topologico X. Una famiglia {gi }ni=1 di funzioni continue tali che
(a) ∀ i = 1, ..., n gi : X → [0, 1];
Pn
(b) ∀ x ∈ X
i=1 gi (x) = 1;
(c) ∀ i = 1, ..., n
supp(gi ) ⊂ Ai ;
`e chiamata partizione continua dell’unit`
a subordinata al ricoprimento {Ai }ni=1 .
Proposizione 2.2.4. Dato un ricoprimento finito dello spazio vettoriale
topologico X, esiste una partizione continua dell’unit`
a subordinata a tale
ricoprimento.
Per la dimostrazione si pu`o consultare [2].
Concludiamo questo sintetico compendio sugli insiemi convessi con i Teoremi di Separazione. Per le dimostrazioni che non abbiamo ritenuto di riportare si pu`
o consultare [2].
Ricordiamo che in uno spazio metrico (X, d) si definisce distanza del punto
x ∈ X dall’insieme K ⊂ X:
d(x, K) := inf d(x, y).
y∈K
Teorema 2.2.5 (di miglior approssimazione). Sia K un sottoinsieme
chiuso e convesso di uno spazio di Hilbert X. Dato x ∈ X, il problema di
trovare un elemento Jx ∈ K tale che
kJx − xk = d(x, K)
ha una e una sola soluzione, che `e caratterizzata dalla disuguaglianza
< Jx − x, Jx − y >≤ 0
∀ y ∈ K.
L’operatore J : X → K definito in base al Teorema 2.2.5 `e detto proiezione di miglior approssimazione di X su K.
Osserviamo che Jx = x se e solo se x ∈ K. Inoltre si pu`o dimostrare (cfr.
[2]) che
kJx1 − Jx2 k ≤ kx1 − x2 k ∀ x1 , x2 ∈ X;
in particolare, J `e continuo.
Ricordiamo che, dato uno spazio normato X, lo spazio duale di X `e
X ∗ := {p : X → R : p `e un funzionale lineare continuo}.
16
Se k·k indica la norma di X, X ∗ `e a sua volta uno spazio dotato della norma
kpk∗ := sup
x∈X
|p(x)|
kxk
x6=0
Teorema 2.2.6 (di Separazione). Sia K un sottoinsieme non vuoto, chiuso e convesso di uno spazio di Hilbert X. Se x0 6∈ K, esiste p ∈ X ∗ ed esiste
ε > 0:
sup p(y) ≤ p(x0 ) − ε.
y∈K
Dimostrazione. Consideriamo la proiezione Jx0 di miglior approssimazione
di x0 su K, che dal Teorema 2.2.5 `e caratterizzata dalla disuguaglianza
< Jx0 − x0 , Jx0 − y >≤ 0
∀ y ∈ K.
Pertanto ∀ y ∈ K
kJx0 − x0 k2 =< Jx0 − x0 , Jx0 − x0 >
=< Jx0 − x0 , Jx0 − y + y − x0 >
=< Jx0 − x0 , Jx0 − y > + < Jx0 − x0 , y − x0 >
≤ 0 + < Jx0 − x0 , y − x0 > .
Ma per ipotesi x0 6∈ K, quindi kJx0 − x0 k2 =: ε > 0, da cui segue che
∀y ∈K
< Jx0 − x0 , y − x0 >=< Jx0 − x0 , y > − < Jx0 − x0 , x0 > ≥ ε > 0.
(2.1)
Definito il funzionale p : X → R tale che
p(x) := − < Jx0 − x0 , x >
∀ x ∈ X,
otteniamo dalla (2.1) che p(y) ≤ p(x0 ) − ε ∀ y ∈ K, e di conseguenza
sup p(y) ≤ p(x0 ) − ε.
y∈K
Teorema 2.2.7 (di Separazione in senso largo). Sia K un sottoinsieme
non vuoto e convesso di uno spazio X di dimensione finita. Se x0 6∈ K, esiste
p ∈ X ∗ tale che p 6= 0 e
sup p(y) ≤ p(x0 ).
y∈K
17
2.3
Caratterizzazione delle funzioni semicontinue
inferiormente
Definizione 2.3.1. Sia X uno spazio topologico. Una funzione f : X → R
`e semicontinua inferiormente (SCI) nel punto x0 ∈ X se ∀ ε > 0 esiste un
intorno W (x0 ) di x0 tale che ∀ x ∈ W (x0 ) f (x) ≥ f (x0 ) − ε.
f `e semicontinua inferiormente (SCI) in X (oppure su X ) se `e semicontinua
inferiormente in ogni punto di X.
f `e semicontinua superiormente (SCS) se −f `e SCI.
Chiaramente f `e continua in x0 (rispettivamente, in X) se e solo se `e sia
SCI che SCS in x0 (rispettivamente, in X).
Proposizione 2.3.1. f : X → R `e semicontinua inferiormente in X se e
solo se ∀ r ∈ R
{x ∈ X : f (x) > r} `e aperto.
Dimostrazione. Sia f SCI in X. Scelto x0 ∈ Ar := {x ∈ X : f (x) > r}
dobbiamo mostrare che esiste un intorno W (x0 ) tale che W (x0 ) ⊂ Ar .
Dato che f (x0 ) > r, sia ε = f (x0 ) − r > 0. Allora, poich´e f `e semicontinua
inferiormente in x0 , esiste un intorno W (x0 ) tale che
f (x) > f (x0 ) − ε = f (x0 ) − f (x0 ) + r = r
∀ x ∈ W (x0 ).
Allora W (x0 ) ⊂ Ar = {x ∈ X : f (x) > r}, pertanto Ar risulta aperto come
unione di aperti.
Viceversa supponiamo che {x ∈ X : f (x) > r} sia aperto per ogni r.
Scelto x0 ∈ X, ∀ ε > 0 basta prendere r := f (x0 ) − ε per trovare l’intorno
W (x0 ) := {x ∈ X : f (x) > r}
che prova la semicontinuit`a inferiore di f in x0 .
Dalla Proposizione precedente segue che f `e SCS se e solo se ∀ r ∈ R
{x ∈ X : f (x) < r} `e aperto.
Proposizione 2.3.2. Siano X uno spazio topologico e f, g : X → R funzioni
semicontinue inferiormente. Allora
(i) f + g `e semicontinua inferiormente;
(ii) se α > 0, αf `e semicontinua inferiormente;
(iii) inf(f, g) `e semicontinua inferiormente;
(iv) se h : Y → X `e una funzione continua, allora f ◦ h `e semicontinua
inferiormente;
18
(v) se fi : X → R `e semicontinua inferiormente ∀ i ∈ I allora supi∈I fi `e
semicontinua inferiormente.
Dimostrazione. Segue facilmente dalle definizioni.
Per una funzione semicontinua inferiormente il Teorema di Weierstrass
assicura soltanto l’esistenza del minimo:
Teorema 2.3.3 (Weierstrass). Siano X uno spazio topologico, K ⊂ X un
insieme compatto, e f : K → R una funzione semicontinua inferiormente.
Allora f assume minimo.
Per la dimostrazione si veda [2].
Illustriamo un’ultima caratterizzazione delle funzioni semicontinue inferiormente, negli spazi metrici. Se X `e uno spazio metrico, f : X → R e
x0 ∈ X, ricordiamo che per definizione
lim inf f (x) := sup
x→x0
inf
f (x).
δ>0 x∈B(x0 ,δ)
Proposizione 2.3.4. Sia X uno spazio metrico. La funzione f : X → R `e
semicontinua inferiormente nel punto x0 ∈ X se e solo se
f (x0 ) ≤ lim inf f (x).
x→x0
Dimostrazione. Supponiamo che f sia SCI in x0 , ovvero
∀ ε > 0 ∃ δ > 0 : ∀ x ∈ B(x0 , δ) f (x) ≥ f (x0 ) − ε.
Allora
f (x0 ) − ε ≤
f (x) ≤ sup
inf
x∈B(x0 ,δ)
inf
f (x) = lim inf f (x).
δ>0 x∈B(x0 ,δ)
x→x0
Viceversa supponiamo che
f (x0 ) ≤ lim inf f (x) = sup
x→x0
inf
f (x).
δ>0 x∈B(x0 ,δ)
Fissato ε > 0 si ha dunque
f (x0 ) − ε < sup
inf
f (x);
δ>0 x∈B(x0 ,δ)
e, per definizione di estremo superiore, ∃ δ > 0:
f (x0 ) − ε ≤
inf
f (x).
x∈B(x0 ,δ)
Allora ∀ x ∈ B(x0 , δ) f (x) ≥ f (x0 ) − ε, quindi f `e SCI in x0 .
19
2.4
Multifunzioni: semicontinuit`
a ed emicontinuit`
a
Definizione 2.4.1. Siano X e Y due insiemi non vuoti. Una multifunzione,
o funzione multivoca, γ : X ( Y `e una funzione che ad ogni elemento di X
associa un sottoinsieme di Y .
Definizione 2.4.2. Siano X e Y due spazi topologici. Una multifunzione
γ : X ( Y `e semicontinua superiormente (SCS) nel punto x0 ∈ X se per
ogni intorno V di γ(x0 ) esiste un intorno W di x0 tale che γ(x) ⊂ V ∀x ∈ W ,
ovvero
[
γ(W ) :=
γ(x) ⊂ V.
x∈W
γ `e semicontinua superiormente (SCS) in X se `e SCS in ogni punto di X.
Proposizione 2.4.1. Siano X e Y due spazi topologici. Una multifunzione
γ : X ( Y `e semicontinua superiormente se e solo se per ogni aperto V ⊂ Y
γ −1 (V ) := {x ∈ X : γ(x) ⊂ V } `e aperto in X.
(2.2)
Dimostrazione. Supponiamo che γ sia SCS. Fissato un aperto V ⊂ Y , per
ogni x ∈ γ −1 (V ) esiste un intorno Wx : γ(Wx ) ⊂ V . Allora Wx ⊂ γ −1 (V ),
ovvero
[
γ −1 (V ) =
Wx .
x∈γ −1 (V )
L’insieme γ −1 (V ) risulta aperto come unione di aperti.
Viceversa supponiamo che sia valida la (2.2). Preso x0 ∈ X, dobbiamo
dimostrare che γ `e SCS in x0 . Per ogni intorno V di γ(x0 ), γ −1 (V ) `e l’intorno
di x0 che stavamo cercando, perch´e γ(γ −1 (V )) ⊂ V .
Osservazione 2.1. Ogni funzione univoca f : X → Y pu`o essere pensata
come la multifunzione γf : X ( Y tale che ∀ x ∈ X
γf (x) := {f (x)} ⊂ Y.
Quindi `e lecito attribuire a f la semicontinuit`a superiore, come definita
con la 2.4.2, che per f si traduce semplicemente nella Definizione 2.1.5 di
continuit`
a. Non dobbiamo pertanto confondere questo concetto pi`
u forte di
semicontinuit`
a superiore con quello dato nella Definizione 2.3.1 (che peraltro
si applica soltanto a funzioni reali).
Definizione 2.4.3. Sia X uno spazio vettoriale normato. La funzione di
supporto dell’insieme Z ⊆ X `e l’applicazione σ : X ∗ → R cos`ı definita:
σ(Z, p) = sup p(x)
x∈Z
20
∀ p ∈ X ∗.
Osserviamo che qualunque sia Z 6= ∅, σ `e sempre convessa:
dati λ ∈ [0, 1] e p1 , p2 ∈ X ∗ ,
σ(Z, λp1 + (1 − λ)p2 ) = sup(λp1 (x) + (1 − λ)p2 (x))
x∈Z
≤ λ sup p1 (x) + (1 − λ) sup p2 (x)
x∈Z
x∈Z
= λσ(Z, p1 ) + (1 − λ)σ(Z, p2 ).
Proposizione 2.4.2. Se K ⊂ X `e un insieme chiuso e convesso, allora
K = {x ∈ X : ∀ p ∈ X ∗ p(x) ≤ σ(K, p)}.
Per la dimostrazione si pu`
o consultare [2].
Definizione 2.4.4. Siano X uno spazio topologico e Y uno spazio normato.
Una multifunzione γ : X ( Y `e emicontinua superiormente (ECS) nel punto
x0 ∈ X se ∀ p ∈ Y ∗ la funzione x → σ(γ(x), p) `e semicontinua superiormente
in x0 .
γ `e emicontinua superiormente (ECS) in X se `e ECS in ogni punto di X.
Proposizione 2.4.3. Siano X uno spazio topologico e Y uno spazio normato. Se la multifunzione γ : X ( Y `e semicontinua superiormente allora
`e emicontinua superiormente.
Dimostrazione. Sia x0 in X. Per ogni intorno V di γ(x0 ) esiste un intorno
W di x0 tale che γ(W ) ⊂ V . Equivalentemente possiamo dire che ∀ε > 0
esiste un intorno Wε di x0 tale che γ(x) ⊂ γ(x0 ) + εB ∀ x ∈ Wε , dove B
indica la palla unitaria in Y .
Allora ∀ p ∈ Y ∗ , ∀ x ∈ Wε
σ(γ(x), p) = sup p(y)
y∈γ(x)
≤
sup
p(y)
y∈γ(x0 )+εB
=
sup
p(y0 ) + εp(b)
y0 +εb∈γ(x0 )+εB
=
sup p(y0 ) + ε sup
y0 ∈γ(x0 )
b∈B
|p(b)|
= sup p(y0 ) + εkpk∗ .
kbk
y0 ∈γ(x0 )
b6=0
Perci`o ∀ p ∈ Y ∗ , ∀ x ∈ Wε
σ(γ(x), p) ≤ σ(γ(x0 ), p) + εkpk∗ ,
da cui segue che x → σ(γ(x), p) `e semicontinua superiormente.
21
Riportiamo infine una nota propriet`a delle multifunzioni emicontinue
superiormente.
Definizione 2.4.5. Si definisce grafico di una multifunzione γ : X ( Y
l’insieme
graf(γ) := {(x, y) ∈ X × Y : y ∈ γ(x)}.
Proposizione 2.4.4. Il grafico di una multifunzione emicontinua superiormente a valori chiusi e convessi `e chiuso.
Dimostrazione. Sia γ : X ( Y una multifunzione ECS a valori chiusi
e convessi, e sia {(xn , yn )}n∈N ⊂ graf(γ) una successione convergente a
(x, y) ∈ X × Y .
Dato che yn ∈ γ(xn ) ∀ n, comunque scelto p ∈ X ∗ si ha
p(yn ) ≤ σ(γ(xn ), p) = sup p(y);
y∈γ(xn )
e poich´e ∀ p ∈ X ∗ la funzione x → σ(γ(x), p) `e semicontinua superiormente,
passando al limite otteniamo
p(y) = lim p(yn ) ≤ lim sup σ(γ(xn ), p) ≤ σ(γ(x), p).
n→+∞
n→+∞
Possiamo dunque applicare la Proposizione 2.4.2, per cui y ∈ co(γ(x)) =
γ(x). Pertanto (x, y) ∈ graf(γ), da cui segue che quest’ultimo `e un insieme
chiuso.
Corollario 2.4.5. Il grafico di una multifunzione semicontinua superiormente a valori chiusi e convessi `e chiuso.
22
Capitolo 3
Alle origini della Teoria
KKM
I quattro teoremi che presenteremo in questo capitolo, bench´e eterogenei
nella forma, sono affini nella sostanza: il Lemma combinatorico di Sperner,
il Lemma di Knaster - Kuratowski - Mazurkiewicz, il Teorema di punto fisso di Brouwer, la Disuguaglianza di Fan - quattro risultati equivalenti che
hanno gettato le basi di quella che viene oggi chiamata Teoria KKM.
Originariamente questi teoremi furono dimostrati per i simplessi, i pi`
u semplici insiemi convessi, ed `e proprio con i simplessi che cominceremo questo
percorso.
3.1
Il Lemma di Sperner e il Lemma KKM
Definizione 3.1.1. Sia X uno spazio vettoriale. Si definisce simplesso ndimensionale o n-simplesso l’inviluppo convesso di n+1 punti x0 , ..., xn ∈ X
tali che i vettori
x1 − x0 , x2 − x0 , ..., xn − x0
sono linearmente indipendenti.
S = S(x0 , ..., xn ) = co(x0 , ..., xn ) =
( n
X
λi xi : ∀ i λi ≥ 0,
i=0
n
X
)
λi = 1 .
i=0
I punti x0 , ..., xn sono i vertici del simplesso.
Osservazione 3.1. Ogni x ∈ S si pu`o esprimere in modo unico come combinazione convessa dei vertici. Infatti se prendiamo
x=
n
X
λ i xi
e x=
i=0
n
X
i=0
23
ξi x i
con
Pn
i=0 λi
= 1,
n
X
Pn
λi x0 +
i=0
Pertanto
Pn
i=0 ξi
i=1 (λi
n
X
= 1, λi ≥ 0, ξi ≥ 0 ∀ i, otteniamo
λi (xi − x0 ) =
i=1
n
X
ξi x 0 +
i=0
n
X
ξi (xi − x0 ).
i=1
− ξi )(xi − x0 ) = 0, da cui
λi = ξi
∀ i = 0, ..., n,
perch´e i vettori x1 − x0 , ..., xn − x0 sono linearmente indipendenti.
Osserviamo anche che, in uno spazio normato, ogni simplesso `e un insieme
compatto, per la Proposizione 2.2.3.
P
Se x = ni=0 λi xi , i coefficienti λ0 , ..., λn si chiamano coordinate baricentriche di x.
Indicheremo inoltre con ∆n il simplesso generato dai vettori della base
canonica e0 , e1 , ..., en di Rn+1 , chiamato simplesso standard n-dimensionale:
(
)
n
X
n+1
∆n := co(e0 , ..., en ) = (λ0 , ..., λn ) ∈ R+ :
λi = 1 .
i=0
Si definisce infine faccia di un simplesso S(x0 , ..., xn ) un qualsiasi simplesso
S(xi0 , ...xik ) : 0 ≤ i0 < i1 < ... < ik ≤ n.
Definizione 3.1.2. Sia S un simplesso n-dimensionale. Si definisce suddivisione simpliciale
di S una famiglia {S1 , ..., SR } di simplessi n-dimensionali,
S
S
=
S e ∀ i 6= j Si ∩ Sj = ∅ oppure Si ∩ Sj `e una faccia comune
tale che R
i=1 i
di dimensione inferiore.
Esempio 3.1. Il baricentro di un simplesso S = S(x0 , ..., xn ) `e il punto
n
b(S) =
1 X
xi .
n+1
i=0
Un esempio di suddivisione simpliciale di S `e la sua suddivisione baricentrica,
che definiamo per induzione:
- se n = 1, la suddivisione baricentrica di S = S(x0 , x1 ) `e costituita da
S1 = co(x0 , b(S)) e S2 = co(x1 , b(S));
- se n > 1, dopo aver effettuato la suddivisione baricentrica di ciascuna delle
n+1 facce (n−1)-dimensionali di S (indichiamo con Σi la suddivisione
baricentrica della faccia Fi , per i = 0, ..., n) otteniamo la suddivisione
baricentrica di S come collezione di tutti i simplessi aventi come vertici b(S) e gli n vertici di un qualunque simplesso della suddivisione
Σi , per ogni i = 0, ..., n. Questa suddivisione di S `e detta di ordine 1.
Se effettuiamo la suddivisione baricentrica di tutti i simplessi appartenenti alla suddivisione di ordine 1, otteniamo la suddivisione di S di
ordine 2, e cos`ı via.
24
Ricordiamo che in uno spazio metrico (X, d) si definisce diametro di un
insieme S ⊂ X
diam(S) := sup d(x, y).
x,y∈S
Si pu`o dimostrare (cfr. [15]) che se S `e un simplesso e Σr `e una suddivisione
baricentrica di S di ordine arbitrario r, per r → +∞ il diametro dei simplessi
della suddivisione tende a 0.
Teorema 3.1.1 (Lemma di Sperner). Sia S = S(x0 , ..., xn ) un simplesso
n-dimensionale e sia Σ = {S1 , ..., SR } una sua suddivisione simpliciale. Sia
v un’applicazione che associa ad ogni vertice z di ogni simplesso in Σ un
intero v(z) ∈ {0, ..., n}, in modo tale che
z ∈ S(xj0 , ..., xjk ) ⇒ v(z) ∈ {j0 , ..., jk },
con 0 ≤ j0 < j1 < ... < jk ≤ n. Chiameremo v(z) etichetta del vertice z
e v(Si ) = {v(z) : z `e vertice di Si } etichetta di Si ∈ Σ. Diremo che il
simplesso Si `e completamente etichettato se v(Si ) = {0, ..., n}.
Allora il numero N ∗ dei simplessi completamente etichettati `e dispari.
Dimostrazione. Per induzione su n.
Per n = 0: S = S(x0 ) = {x0 } e Σ = {x0 }. Etichettando v(x0 ) = 0, si
ottiene banalmente la tesi.
Supponiamo per ipotesi induttiva che la tesi sia valida per n − 1, dimostriamola per n. Per ogni Si ∈ Σ, consideriamo le sue n + 1 facce (n − 1)dimensionali: se Si = co(zi0 , ..., zin ), esse sono
Fi0 = co(zi1 , zi2 , ..., zin )
Fi1 = co(zi0 , zi2 , ..., zin )
..
.
Fin = co(zi0 , zi1 , ..., zin−1 ).
Tra queste segnamo le facce F ik tali che v(F ik ) = {0, ..., n − 1}.
Se Si `e completamente etichettato, cio`e
v(Si ) = {v(zi0 ), ..., v(zin )} = {0, 1, ..., n},
allora il numero Ni delle sue facce segnate `e Ni = 1. Infatti, poich´e Si risulta
completamente etichettato solo se v stabilisce una corrispondenza biunivoca
tra {zi0 , ..., zin } e {0, ..., n}, ci sar`
a un’unica faccia F ik , quella che esclude il
vertice associato all’etichetta n.
Se Si non `e P
completamente etichettato allora Ni = 0 oppure Ni = 2.
Detto N = R
o che N `e dispari se e solo se N ∗ lo `e.
i=1 Ni , notiamo perci`
Consideriamo adesso una delle facce precedentemente segnate F ik . Se essa
non `e contenuta in una delle facce (n − 1)-dimensionali di S allora `e comune
25
a due diversi simplessi Si e Sj della suddivisione, quindi contribuisce con 2
unit`
a ad N .
Detto M il numero delle facce segnate che contribuiscono con 2 unit`a a
N , L = N − 2M `e il numero di facce segnate contenute nelle facce (n −
1)- dimensionali di S: L `e dispari per ipotesi induttiva. Allora N e di
conseguenza N ∗ sono dispari.
Teorema 3.1.2 (Lemma KKM). Sia S = S(x0 , ..., xn ) un simplesso ndimensionale e siano F0 , ..., Fn sottoinsiemi chiusi di S tali che
∀ I ⊆ {0, ..., n}
[
co{xi : i ∈ I} ⊆
Fi .
(3.1)
i∈I
Tn
`e non vuoto e compatto.
T
Dimostrazione. Che ni=0 Fi sia compatto risulta immediatamente dall’osservazione che `e un insieme
chiuso contenuto nel compatto S.
T
Per dimostrare che ni=0 Fi 6= ∅, fissiamo una suddivisione baricentrica Σr
di S, di ordine arbitrario r, e per ogni vertice z di ogni simplesso in Σr ,
consideriamo la faccia di dimensione minima S(xj0 , ..., xjk ) di S tale che
z ∈ S(xj0 , ..., xjk ).
S
Per l’ipotesi (3.1), z ∈ kp=0 Fjp , e perci`o esiste q ∈ {0, ..., k} tale che z ∈ Fjq .
Definiamo l’etichetta v(z) := jq , che soddisfa le ipotesi del Lemma 3.1.1 di
Sperner: allora esiste Sr∗ ∈ Σr tale che Sr∗ `e completamente etichettato, cio`e
v(Sr∗ ) = {0, ..., n}. In altre parole
Allora
i=0 Fi
Sr∗ ∩ Fi 6= ∅ ∀ i = 0, ..., n,
perch´e ad ognuno degli insiemi Fi appartiene un diverso vertice zir di Sr∗ .
Ripetendo questo procedimento per ogni r ∈ N, troviamo una successione
z01 , z02 , ..., z0r , ... ⊆ F0 . Per la compattezza di F0 possiamo estrarre una sottosuccessione {z0t }t∈N convergente a un certo z ∗ ∈ F0 .
Ma per r → +∞, diam(Sr∗ ) → 0 cio`e tutti i suoi vertici vanno a coincidere
in un punto solo:
∀ i = 1, ..., n
zir → z ∗
per r → +∞;
tale punto `eTz ∗ , perch´e z0t → z ∗ .
Allora z ∗ ∈ ni=0 Fi , perch´e zir ∈ Fi , ∀ i = 0, ..., n.
Osservazione 3.2. Poich´e ogni n-simplesso `e per definizione “immerso” in
un sottospazio di dimensione finita (maggiore o uguale a n) il Lemma KKM
`e un risultato riguardante in sostanza gli spazi normati di dimensione finita.
Si deve a Ky Fan [5] la seguente generalizzazione, in cui l’insieme finito dei
vertici del simplesso viene sostituito da un insieme arbitrario di uno spazio
vettoriale topologico.
26
Corollario 3.1.3 (Lemma Fan-KKM). Sia X uno spazio vettoriale topologico e sia A ⊂ X tale che, per ogni x ∈ A, esiste un insieme chiuso
F (x) ⊂ X, che soddisfi:
(i) ∃ x ∈ A : F (x) `e compatto;
S
(ii) ∀ {x0 , ..., xk } ⊂ A, co(x0 , ..., xk ) ⊂ ki=0 F (xi ).
T
Allora x∈A F (x) `e non vuoto e compatto.
T
Dimostrazione. L’insieme x∈A F (x) `e compatto per l’ipotesi (i), infatti `e
chiuso e contenuto nel compatto F (x) (osserviamo che nel Lemma KKM
ogni insieme Fi `e compatto,
come sottoinsieme chiuso del compatto S).
T
Per dimostrare che x∈A F (x) `e anche non vuoto, `e sufficiente provare che
∀ {x0 , ..., xn } ⊂ A
n
\
F (xi ) 6= ∅.
(3.2)
i=0
Infatti se vale la (3.2) allora in particolare
∀ {x0 , ..., xn } ⊂ A
n
\
F (xi ) ∩ F (x) 6= ∅,
i=0
cio`e la famiglia di insiemi {F (x) ∩ F (x)}x∈A gode della propriet`a dell’intersezione finita.
Ma ∀ x ∈ A, F (x) ∩ F (x) `e un insieme chiuso contenuto nel compatto F (x).
Pertanto, avvalendosi del teorema (vedi Teorema 2.1.2) per cui, in un insieme compatto, una famiglia di sottoinsiemi chiusi che gode della propriet`a
dell’intersezione finita ha intersezione non vuota, otteniamo che
\
F (x) ∩ F (x) 6= ∅,
x∈A
T
ovvero x∈A F (x) 6= ∅.
Per dimostrare dunque la (3.2), scelto {x0 , ..., xn } ⊂ A, consideriamo l’nsimplesso standard ∆n e definiamo la funzione continua f : ∆n → X
f(
n
X
λi ei ) =
i=0
n
X
λi xi con λi ≥ 0 ∀ i e
i=0
n
X
λi = 1.
i=0
Gli insiemi Gi := f −1 (F (xi )) per i = 0, ..., n sono pertanto chiusi e contenuti
nel simplesso ∆n ; inoltre per l’ipotesi (ii) sappiamo che comunque scelti gli
indici 0 ≤ i0 < i1 < ... < ik ≤ n
co(xi0 , ..., xik ) ⊂
k
[
F (xil ), perci`o co(ei0 , ..., eik ) ⊂
l=0
k
[
l=0
27
Gil .
Per il Lemma 3.1.2 KKM applicato a G0 , ..., Gn , otteniamo
n
\
Gi 6= ∅
i=0
e di conseguenza
n
\
F (xi ) 6= ∅.
i=0
Osservazione 3.3. (a) Segue dalla dimostrazione del Corollario 3.1.3 che, se
si elimina l’ipotesi di compattezza (i), se ne conclude che
∀ {x0 , ..., xn } ⊂ A
n
\
F (xi ) 6= ∅,
i=0
ovvero si ritorna in sostanza al Lemma KKM “ordinario”, ma in forma pi`
u
generale.
(b) Come evidenziato dagli autori di [12], il Lemma Fan-KKM pu`o essere
riformulato considerando la corrispondenza x → F (x) (da A nei sottoinsiemi
di X) come una multifunzione F : A ( X. La condizione (ii) si pu`o
esprimere dicendo che F `e una funzione KKM.
Il Lemma 3.1.3 pu`
o dunque essere enunciato nel modo seguente: sia X uno
spazio vettoriale topologico, A ⊂ X e F : A ( X una funzione KKM a
valori chiusi
tale che ∃ x ∈ A : F (x) `e compatto.
T
Allora x∈A F (x) `e non vuoto e compatto.
` proprio da questi presupposti che svilupperemo, nel Capitolo 6, la Teoria
E
KKM, con la generalizzazione del concetto di funzione KKM e l’introduzione
del principio KKM parziale.
3.2
Il Teorema di Brouwer
Teorema 3.2.1 (Brouwer). Sia ∆n = co(e0 , ..., en ) il simplesso standard
n-dimensionale, e sia f : ∆n → ∆n una funzione continua. Allora f ha un
punto fisso.
Dimostrazione. Dato z ∈ ∆n , indichiamo con zi la i-esima componente di z
e con fi (z) la i-esima componente di f (z) (0 ≤ i ≤ n).
Poich´e f : ∆n → ∆n , per ogni z ∈ ∆n si ha
fi (z) ≥ 0
∀ i = 0, ..., n, e
n
X
i=0
28
fi (z) = 1.
Definiamo gli insiemi
Fi := {z ∈ ∆n : zi ≥ fi (z)} per i = 0, ..., n
che sono chiusi perch´e f `e continua.
Inoltre l’ipotesi (3.1) del Lemma 3.1.2 KKM `e soddisfatta, perch´e comunque
scelti 0 ≤ i0 < ... < ik ≤ n e z ∈ co(ei0 , ..., eik ) deve esistere un certo
S
¯j ∈ {0, ..., k} tale che zi¯ ≥ fi¯ (z), ovvero z ∈ Fi¯ , e quindi z ∈ k Fij .
j=0
j
j
j
Infatti se per assurdo fosse zij < fij (z) ∀ j = 0, ..., k, si avrebbe
1=
k
X
zij <
j=0
k
X
fij (z) ≤
j=0
Allora per il Lemma KKM
n
X
fi (z) = 1.
i=0
n
\
Fi 6= ∅,
i=0
cio`e ∃ z ∗ ∈ ∆n : zi∗ ≥ fi (z ∗ ) ∀ i = 0, ..., n.
Ma poich´e deve essere
n
X
zi∗
=
i=0
si ha necessariamente
`e punto fisso di f .
zi∗
= fi
n
X
fi (z ∗ ) = 1,
i=0
(z ∗ )
∀ i; in altre parole z ∗ = f (z ∗ ), ovvero z ∗
Corollario 3.2.2. Sia S = S(x0 , ..., xn ) un simplesso n-dimensionale e sia
f : S → S una funzione continua. Allora f ha un punto fisso.
Dimostrazione. Sappiamo che ogni z ∈ S si pu`o esprimere in modo unico
come
n
n
X
X
z=
λi xi con λi ≥ 0 ∀ i e
λi = 1.
i=0
i=0
Questo equivale a dire che per ogni z ∈ S esiste uno e un solo λ ∈ ∆n
le cui componenti sono le coordinate baricentriche di z, cio`e tale che z =
P
n
o l’applicazione g : S → ∆n tale che g(z) = λ `e una funzione
i=0 λi xi . Perci`
continua.
Pn
Viceversa preso λ ∈ ∆n esiste uno e un solo z ∈ S
tale
che
z
=
i=0 λi xi ,
Pn
quindi anche h : ∆n → S tale che h(λ) = z = i=0 λi xi `e una funzione
continua, e g = h−1 .
Allora basta applicare il Teorema 3.2.1 alla funzione continua H : ∆n → ∆n
tale che
H(λ) := g(f (h(λ)))
per ottenere che ∃ λ∗ ∈ ∆n : H(λ∗ ) = λ∗ .
P
Per definizione di H questo significa che ∃ z ∗ = ni=0 λ∗i xi : g(f (z ∗ )) = λ∗ ,
ovvero f (z ∗ ) = g −1 (λ∗ ), e infine f (z ∗ ) = z ∗ .
29
Corollario 3.2.3 (Teorema di Brouwer per un compatto convesso
di Rn ). Sia K ⊂ Rn un insieme compatto e convesso e sia f : K → K una
funzione continua. Allora f ha un punto fisso.
Dimostrazione. Poich´e K `e compatto, cio`e chiuso e limitato, possiamo trovare un simplesso n-dimensionale S che contiene K.
Definiamo g : S → K ponendo
g(x) := Jx
∀ x ∈ S;
g `e la restrizione a S della proiezione di miglior approssimazione di Rn sul
chiuso e convesso K (vedi Teorema 2.2.5). Ricordiamo che g `e una funzione
continua tale che g(x) = x ∀ x ∈ K.
Per il Corollario 3.2.2 la funzione f ◦ g : S → K ⊂ S ha un punto fisso
z ∗ = f (g(z ∗ )), che appartiene certamente a K perch´e f `e a valori in K;
perci`
o g(z ∗ ) = z ∗ e quindi f (z ∗ ) = z ∗ .
Osservazione 3.4. Abbiamo scelto di dimostrare il Teorema di Brouwer mediante il Lemma combinatorico di Sperner e il Lemma KKM, perch´e, come
gi`
a abbiamo sottolineato nell’Introduzione, `e su queste basi che si fonda
la Teoria KKM, che approfondiremo nel Capitolo 6. Esistono comunque
dimostrazioni alternative del Teorema di Brouwer: ad esempio si possono
consultare [8] oppure [34].
Osservazione 3.5. Abbiamo finora dimostrato le seguenti relazioni:
Lemma di Sperner ⇒ Lemma KKM ⇒ Teorema di Brouwer;
per provare l’equivalenza dei tre importanti risultati, ritenuti una sorta di
trinit`
a matematica (Park, cfr. [28]), si pu`o consultare l’articolo Topologic
proofs of some combinatorial theorems di M. Yoseloff [33], in cui l’autore
dimostra il Lemma di Sperner mediante il Teorema di Brouwer.
3.3
La Disuguaglianza di Fan in Rn
Prima di terminare questo capitolo riportiamo la celebre Disuguaglianza di Ky Fan, un risultato pi`
u recente (1972) dei precedenti, risalenti agli
anni ’10-’20 del Novecento, ma che si `e rivelato ad essi equivalente e soprattutto utilissimo nelle applicazioni. Nel Capitolo 4 e nel Capitolo 6 essa
sar`
a ampiamente generalizzata, ed `e proprio dalle sue generalizzazioni che
discenderanno le diverse versioni del Teorema di Nash.
Teorema 3.3.1 (Disuguaglianza di Fan). Sia K ⊂ Rn un insieme
compatto e convesso e sia h : K × K → R una funzione tale che
(i) ∀ y ∈ K x → h(x, y) `e semicontinua inferiormente;
30
(ii) ∀ x ∈ K y → h(x, y) `e concava.
Allora ∃ x ∈ K:
sup h(x, y) ≤ sup h(y, y).
y∈K
y∈K
Dimostrazione. Poniamo
α := sup h(y, y).
y∈K
Se α = +∞, non c’`e nulla da dimostrare.
Se α ∈ R, supponiamo per assurdo che ∀ x ∈ K
sup h(x, y) > α.
y∈K
Di conseguenza ∀ x ∈ K ∃ y ∈ K : h(x, y) > α.
Pertanto gli insiemi
A(y) := {x ∈ K : h(x, y) > α},
che sono aperti per l’ipotesi (i), formano un ricoprimento di K.
Per la compattezza di K , possiamo estrarre un sottoricoprimento finito A(y1 ),...,A(ym ) e considerare una partizione continua dell’unit`a {gi }m
i=1
subordinata a tale ricoprimento. Definiamo f su K come segue:
f (x) :=
m
X
yi gi (x)
∀ x ∈ K;
i=1
f `e una funzione continua da K in K, perch´e K `e convesso, ogni yi appartiene a K e {gi }m
e una partizione continua dell’unit`a.
i=1 `
Allora, applicando a f il Corollario 3.2.3 (Teorema di Brouwer per un compatto convesso di Rn ), esiste z ∗ ∈ K : f (z ∗ ) = z ∗ .
D’altra parte per l’ipotesi (ii),
h(x, f (x)) = h(x,
m
X
yi gi (x))
i=1
≥
m
X
gi (x)h(x, yi )
i=1
=
X
gi (x)h(x, yi ).
i : gi (x)>0
Ma gi (x) > 0 solo se x ∈ Ai , cio`e, per definizione di Ai , se h(x, yi ) > α.
Perci`o
X
h(x, f (x)) >
gi (x)α = α, ∀ x ∈ K.
i : gi (x)>0
z∗
In particolare per x =
si ottiene h(z ∗ , z ∗ ) = h(z ∗ , f (z ∗ )) > α, ma questo
contraddice la definizione di α.
31
Osservazione 3.6. Per provare che la Disuguaglianza di Fan `e equivalente
ai teoremi riportati in questo capitolo, facciamo vedere che da essa possiamo dedurre il Teorema di Brouwer. Data f : K → K funzione continua,
definiamo h : K × K → R nel modo seguente
h(x, y) :=< x − f (x), x − y >
∀ x, y ∈ K
dove <, > indica il prodotto scalare Euclideo. h `e continua, perci`o in particolare `e semicontinua inferiormente nella prima variabile, ed `e banalmente
concava nella seconda variabile.
Allora ∃ x ∈ K :
sup h(x, y) ≤ sup h(y, y) = sup < y − f (y), y − y >= 0,
y∈K
y∈K
y∈K
ovvero
< x − f (x), x − y >≤ 0 ∀ y ∈ K.
Scelto y = f (x), si ha kx − f (x)k2 ≤ 0, quindi x = f (x).
Vediamo un primo risultato che deriva dalla Disuguaglianza di Fan, utilizzato per trovare le soluzioni di problemi di tipo matematico-economico.
Ricordiamo che, secondo la Definizione 2.4.4, una multifunzione γ : X ( Y
`e emicontinua superiormente se ∀ p ∈ Y ∗
x → σ(γ(x), p) = sup p(y) `e semicontinua superiormente in X.
y∈γ(x)
Nel Teorema seguente considereremo una multifunzione γ : ∆n−1 ( Rn ,
che risulta dunque emicontinua superiormente se ∀ p ∈ (Rn )∗
λ → σ(γ(λ), p) = sup p(y) `e semicontinua superiormente in ∆n−1 ,
y∈γ(λ)
ovvero se, indicando con <, > il prodotto scalare Euclideo, ∀ z ∈ Rn
λ → σ(γ(λ), z) = sup < y, z > `e semicontinua superiormente in ∆n−1 .
y∈γ(λ)
Teorema 3.3.2 (Debreu-Gale-Nika¨ıdo). Sia γ : ∆n−1 ( Rn una multifunzione a valori non vuoti, tale che
(i) γ `e emicontinua superiormente;
(ii) ∀ ξ ∈ ∆n−1
(iii) ∀ λ ∈ ∆n−1
σ(γ(ξ), ξ) ≥ 0 (Legge di Walras);
γ(λ) − Rn+ `e un insieme chiuso e convesso.
Allora ∃ λ ∈ ∆n−1 : γ(λ) ∩ Rn+ 6= ∅.
32
Dimostrazione. Vogliamo applicare il Teorema 3.3.1 alla funzione h : ∆n−1 ×
∆n−1 → R cos`ı definita:
h(λ, ξ) := −σ(γ(λ), ξ)
∀ (λ, ξ) ∈ ∆n−1 × ∆n−1 .
h `e concava nella seconda variabile ξ perch´e la funzione ξ → σ(Z, ξ) `e convessa per ogni insieme non vuoto Z (vedi Def. 2.4.3); inoltre h `e semicontinua
inferiormente nella prima variabile λ per l’ipotesi (i).
Poich´e ∆n−1 `e convesso e compatto, per la Disuguaglianza di Fan esiste
λ ∈ ∆n−1 tale che
sup h(λ, ξ) ≤ sup h(ξ, ξ).
ξ∈∆n−1
(3.3)
ξ∈∆n−1
Per l’ipotesi (ii) h(ξ, ξ) = −σ(γ(ξ), ξ) ≤ 0 ∀ ξ ∈ ∆n−1 , quindi la (3.3)
diventa
σ(γ(λ), ξ) ≥ 0 ∀ ξ ∈ ∆n−1 .
Di conseguenza σ(γ(λ) − Rn+ , ξ) ≥ 0 ∀ ξ ∈ Rn , perch´e
σ(−Rn+ , ξ)
=
0
se
+∞ se
ξ ∈ Rn+
ξ 6∈ Rn+ .
Allora, per l’ipotesi (iii), possiamo applicare la Proposizione 2.4.2 a γ(λ) −
Rn+ , da cui segue che
0 ∈ γ(λ) − Rn+ = {y − z : y ∈ γ(λ), z ∈ Rn+ }.
Quindi esistono y ∈ γ(λ) e z ∈ Rn+ tali che y = z, e pertanto γ(λ) ∩ Rn+ 6=
∅.
33
34
Capitolo 4
I Teoremi di Fan e di
Kakutani
Questo capitolo si apre e si chiude con il Teorema di punto fisso di
Kakutani: infatti, dopo averlo inizialmente illustrato in Rn , dovremo seguire
un interessante percorso, attraverso la generalizzazione della Disuguaglianza
di Fan e il Teorema per l’esistenza di uno zero, per giungere infine alla sua
dimostrazione in un generico spazio di Hilbert.
4.1
Il Teorema di Kakutani in Rn
Ricordiamo che una multifunzione γ : X ( Y `e una funzione che ad
ogni elemento di X associa un sottoinsieme di Y . Prenderemo in esame
le multifunzioni per cui X = Y , per le quali possiamo porci il problema
dell’esistenza di punti fissi.
Definizione 4.1.1. Un punto fisso per la multifunzione γ : X ( X `e un
elemento x ∈ X tale che x ∈ γ(x).
Alle propriet`
a delle multifunzioni semicontinue superiormente illustrate
nel Paragrafo 2.3, se ne aggiunge una ulteriore:
Proposizione 4.1.1. Siano X e Y due spazi topologici. Se la multifunzione γ : X ( Y `e semicontinua superiormente nel punto x ∈ X allora ∀ {xn }n∈N ⊂ X : xn → x per n → +∞, e ∀ V intorno di γ(x),
∃ n0 ∈ N : ∀ n ≥ n0 γ(xn ) ⊂ V .
Dimostrazione. Se {xn }n∈N `e una successione convergente a x, per definizione sappiamo che per ogni W intorno di x, ∃ n0 ∈ N : ∀ n ≥ n0 xn ∈ W .
Inoltre per definizione γ `e SCS in x se per ogni intorno V di γ(x0 ) esiste un
intorno W di x0 tale che ∀ x ∈ W γ(x) ⊂ V . Pertanto ∃ n0 ∈ N : ∀ n ≥
n0 γ(xn ) ⊂ V .
35
Corollario 4.1.2. Siano (X, d) uno spazio metrico e Y uno spazio topologico. La multifunzione γ : X ( Y `e semicontinua superiormente nel punto
x ∈ X se e solo se ∀ {xn }n∈N ⊂ X : xn → x per n → +∞, e ∀ V intorno
di γ(x), ∃ n0 ∈ N : ∀ n ≥ n0 γ(xn ) ⊂ V .
Dimostrazione. Supponiamo che γ non sia SCS in x: esiste un intorno V di
γ(x) tale che
∀ δ>0 ∃ x∈X:
Per ogni n ∈ N+ , scelto δ =
∃ xn ∈ X :
1
n
d(x, x) < δ
e
γ(x) * V.
otteniamo che
d(xn , x) <
1
n
e γ(xn ) * V.
Abbiamo allora trovato una successione {xn }n∈N convergente a x, tale che
γ(xn ) * V ∀ n.
Teorema 4.1.3 (Kakutani). Sia K ⊂ Rn un insieme non vuoto, compatto
e convesso e sia γ : K ( K una multifunzione semicontinua superiormente
a valori non vuoti, chiusi e convessi. Allora γ ha un punto fisso.
Dimostrazione. Divideremo la dimostrazione in due casi.
I caso: K = S = S(x0 , ..., xm ) simplesso m-dimensionale (m ≤ n).
Analogamente a quanto abbiamo fatto nella dimostrazione del Lemma 3.1.2
KKM, consideriamo una successione di suddivisioni {Σr }r∈N di K, in modo
tale che ∀ Sr ∈ Σr
diam(Sr ) → 0 per r → +∞.
Per ogni r ∈ N definiamo la funzione gr : K → K cos`ı: ∀ x ∈ K
- se x `e un vertice di un simplesso in Σr , scegliamo y in γ(x) e poniamo
gr (x) := y;
- altrimenti x appartiene comunque a un certo simplesso Sj di Σr per definizione di suddivisione, ed `e quindi combinazione convessa dei suoi
vertici:
m
m
X
X
x=
λi xji , con λi ≥ 0 ∀ i,
λi = 1.
i=0
i=0
Poniamo dunque
gr (x) :=
m
X
λi gr (xji ).
i=0
Poich´e gr (xji ) ∈ γ(x) e γ(x) `e convesso, segue che gr (x) ∈ γ(x) per ogni
r ∈ N e ogni x ∈ K.
Tutte le funzioni gr sono continue, perch´e lineari a tratti: possiamo dunque
applicare il Corollario 3.2.3 (Teorema di Brouwer per un compatto convesso
36
di Rn ) ed ottenere che ∀ r ∈ N ∃ xr ∈ K : gr (xr ) = xr .
E poich´e ancora una volta ogni xr appartiene a uno dei simplessi Sr∗ della
suddivisione Σr , lo esprimiamo come combinazione convessa dei suoi vertici:
r
x =
m
X
λri x∗ri .
i=0
Tutte queste successioni di punti sono contenute in insiemi compatti, pertanto, ricorrendo a sottosuccessioni se necessario, si ha che per r → +∞:
Pm ∗
1. λri → λ∗i ∀ i = 0, ..., m, con λ∗i ≥ 0,
i=0 λi = 1;
2. gr (x∗ri ) → yi∗
∀ i = 0, ..., m;
3. {x∗ri }r∈N e {xr }r∈N sono due successioni convergenti, e i loro limiti
coincidono con un certo x∗ ∈ K, perch´e diam(Sr∗ ) → 0.
Vogliamo adesso dimostrare che yi∗ ∈ γ(x∗ ) ∀ i = 0, ..., m.
Supponiamo per assurdo che ∃ i ∈ {0, ..., m} : yi∗ 6∈ γ(x∗ ).
Poich´e γ(x∗ ) `e un insieme compatto contenuto nello spazio di Hausdorff Rn ,
esistono due aperti B1 , B2 ⊂ Rn tali che yi∗ ∈ B1 , γ(x∗ ) ⊂ B2 , e B1 ∩B2 = ∅.
Per il punto 2. sappiamo che gr (x∗ri ) → yi∗ , pertanto
∃ r1 ∈ N : ∀ r ≥ r1 gr (x∗ri ) ∈ B1 ;
e poich´e γ `e semicontinua superiormente e x∗ri → x∗ , per la Proposizione
4.1.1
∃ r2 ∈ N : ∀ r ≥ r2 γ(x∗ri ) ⊂ B2 .
Ma come gi`
a osservato gr (x∗ri ) ∈ γ(x∗ri ) per definizione di gr , quindi risulta
gr (x∗ri ) ∈ B1 ∩ B2
∀ r ≥ max{r1 , r2 },
e questo `e assurdo perch´e contraddice il fatto che B1 ∩ B2 = ∅.
Infine, sapendo che ∀ r ∈ N
r
r
x = gr (x ) =
m
X
λri gr (x∗ri ),
i=0
passando al limite otteniamo
x∗ =
m
X
λ∗i yi∗ ,
(4.1)
i=0
ovvero x∗ ∈ co(γ(x∗ )), perch´e, come abbiamo appena mostrato, tutti i punti yi∗ appartengono a γ(x∗ ), e la (4.1) `e una combinazione convessa di tali
punti.
37
Ma γ(x∗ ) `e un insieme convesso: co(γ(x∗ )) = γ(x∗ ) e x∗ ∈ γ(x∗ ).
II caso: K `e un generico sottoinsieme compatto e convesso di Rn .
Esiste dunque un simplesso S che contiene K, e tra tutti i possibili simplessi contenenti K scegliamo quello di dimensione minima. Preso x ∈ intS,
definiamo ∀ x ∈ S
λ(x) := max{λ ∈ [0, 1] : (1 − λ)x + λx ∈ K}.
La funzione λ ci permette di estendere la multifunzione γ a S nel modo
seguente:
γ(x) := γ((1 − λ(x))x + λ(x)x) ∀ x ∈ S.
Osserviamo infatti che - essendo K convesso - si ha λ(x) = 1 ∀ x ∈ K e
quindi γ(x) = γ(x) ∀ x ∈ K.
La multifunzione γ `e definita da S in K ⊂ S, ed `e ancora a valori non
vuoti, chiusi e convessi. Inoltre γ risulta semicontinua superiormente come
composizione di γ con funzioni continue: possiamo perci`o applicarle il I caso
di questa dimostrazione per ottenere che ∃ x∗ ∈ S : x∗ ∈ γ(x∗ ).
Ma poich´e γ(S) ⊂ K, si avr`a x∗ ∈ K, e quindi γ(x∗ ) = γ(x∗ ). Allora
abbiamo trovato x∗ punto fisso di γ.
Osservazione 4.1. Se nelle ipotesi del Teorema di Kakutani riduciamo la
multifunzione γ a una funzione univoca f : K → K ritroviamo il Teorema 3.2.3 di Brouwer: infatti, come avevamo gi`a notato, in questo caso la
definizione di semicontinuit`a superiore coincide esattamente con quella di
continuit`
a.
Osservazione 4.2. Generalmente nei libri di testo (ad esempio [3], [6], [16])
il Teorema di Kakutani in Rn viene enunciato con l’ipotesi che γ sia emicontinua superiormente, oppure che γ sia dotata di grafico chiuso. Abbiamo
preferito nel nostro enunciato riportare l’ipotesi di semicontinuit`a superiore
(che implica entrambe, come sottolineato nel Paragrafo 2.3) al solo scopo
di uniformare questa versione del Teorema a quella che dimostreremo in
seguito in uno spazio di Hilbert.
Mediante il Teorema di Kakutani in Rn dimostreremo nel Capitolo 5 il
Teorema di Nash in Rn , come Nash stesso fece nel suo articolo Equilibrium
points in n-person games, [13].
Adesso ci poniamo il problema di estendere il Teorema di Kakutani, e di conseguenza il Teorema di Nash, a spazi di dimensione infinita. Come vedremo
lo strumento principale per questa estensione risiede nella generalizzazione
della Disuguaglianza di Fan.
38
4.2
Disuguaglianze di minimax
Illustriamo alcuni risultati tecnici che sono indispensabili per giungere
alle dimostrazioni della Disuguaglianza di Fan e del Teorema per l’esistenza
di uno zero.
Siano X e Y due spazi vettoriali topologici. Consideriamo due sottoinsiemi H ⊂ X e K ⊂ Y , e la funzione f : H × K → R. Siano
v := sup inf f (x, y)
y∈K x∈H
e
v := inf sup f (x, y).
x∈H y∈K
E’ sempre valida la disuguaglianza v ≤ v. Infatti
inf f (x, y) ≤ f (x, y)
∀ x ∈ H, ∀ y ∈ K,
x∈H
sup inf f (x, y) ≤ sup f (x, y) ∀ x ∈ H.
y∈K x∈H
y∈K
Calcolando ancora una volta inf x∈H , che al primo membro non ha alcun
effetto, giungiamo alla disuguaglianza cercata:
sup inf f (x, y) ≤ inf sup f (x, y).
y∈K x∈H
x∈H y∈K
Definiamo adesso
vˆ := sup
inf sup f (x, y),
F ∈<K> x∈H y∈F
dove < K > indica l’insieme dei sottoinsiemi finiti non vuoti di K.
Notiamo che, poich´e ogni y ∈ K pu`o essere visto come il singoletto {y} ∈<
K >,
inf sup f (x, y) = inf f (x, y),
x∈H y∈{y}
x∈H
e di conseguenza
v = sup inf f (x, y) = sup inf sup f (x, y) ≤ sup
y∈K x∈H
y∈K x∈H y∈{y}
inf sup f (x, y) = vˆ.
F ∈<K> x∈H y∈F
D’altra parte
sup f (x, y) ≤ sup f (x, y)
y∈F
∀ F ∈< K >, ∀ x ∈ H,
y∈K
quindi
inf sup f (x, y) ≤ inf sup f (x, y) = v
x∈H y∈F
x∈H y∈K
∀ F ∈< K >,
e
vˆ = sup
inf sup f (x, y) ≤ v.
F ∈<K> x∈H y∈F
In definitiva `e sempre valida la relazione
v ≤ vˆ ≤ v.
39
(4.2)
Teorema 4.2.1. Siano X e Y due spazi vettoriali topologici, H ⊂ X, K ⊂
Y , e f : H × K → R una funzione.
(1) Se H `e compatto e
(1a) ∀ y ∈ K x → f (x, y) `e semicontinua inferiormente,
allora ∃ x ∈ H :
sup f (x, y) = vˆ = v.
y∈K
(2) Se H e K sono convessi e
(2a) ∀ y ∈ K x → f (x, y) `e convessa;
(2b) ∀ x ∈ H y → f (x, y) `e concava;
allora vˆ = v.
Dimostrazione. Dimostriamo il punto (1).
E’ sufficiente provare che ∃ x ∈ H :
sup f (x, y) ≤ vˆ.
(4.3)
y∈K
Da questa disuguaglianza deduciamo infatti che
v = inf sup f (x, y) ≤ sup f (x, y) ≤ vˆ,
x∈H y∈K
y∈K
che unita con la (4.2) ci d`a l’uguaglianza desiderata.
Definiamo gli insiemi
Ay := {x ∈ H : f (x, y) ≤ vˆ}
∀ y ∈ K,
che sono chiusi per l’ipotesi (1a).
La (4.3) equivale perci`
o a dire che ∃ x ∈ H :
\
x∈
Ay .
y∈K
T
Sar`
a dunque sufficiente mostrare che y∈K Ay 6= ∅; anzi, avvalendosi del ben
noto teorema per cui, in un insieme compatto, una famiglia di sottoinsiemi
chiusi che gode della propriet`a dell’intersezione finita ha intersezione non
vuota, baster`
a mostrare che preso un qualunque F = {y1 , ..., yn } ∈< K >
n
\
Ayi 6= ∅.
i=1
Per l’ipotesi (1a) anche la funzione
x → max f (x, yi ) = max f (x, y)
i=1,...,n
y∈F
40
`e semicontinua inferiormente, e, per la compattezza di H, possiamo applicare
il Teorema 2.3.3 (Weierstrass) e ottenere che esiste x ∈ H che minimizza
tale funzione. Perci`
o
max f (x, yi ) = max f (x, y)
i=1,...,n
y∈F
= inf max f (x, y)
x∈H y∈F
≤ sup
inf max f (x, y) = vˆ.
F ∈<K> x∈H y∈F
Quindi ∀ i = 1, ..., n f (x, yi ) ≤ vˆ, ovvero x ∈
Tn
i=1 Ayi .
Dimostriamo il punto (2).
Ad ogni F = {y1 , ..., yn } ∈< K > associamo la funzione gF : H → Rn cos`ı
definita:
gF (x) := (f (x, y1 ), ..., f (x, yn )) ∀ x ∈ H,
(4.4)
e il numero reale
ρF := sup
inf < λ, gF (x) >,
λ∈∆n−1 x∈H
dove <, > indica il prodotto scalare Euclideo e
∆n−1 = {(λ1 , ..., λn ) ∈
Rn+
:
n
X
λi = 1}
i=1
`e il simplesso standard (n − 1)-dimensionale.
Immediatamente notiamo che ∀ F ∈< K > risulta ρF ≤ v: infatti, se per
ogni λ ∈ ∆n−1 consideriamo il punto
yλ :=
n
X
λi yi
i=1
(che appartiene a K convesso), otteniamo
n
X
λi f (x, yi ) ≤ f (x, yλ )
∀ x ∈ H,
i=1
sfruttando l’ipotesi (2b). Pertanto, ∀ λ ∈ ∆n−1 ,
inf < λ, gF (x) > = inf
x∈H
x∈H
n
X
λi f (x, yi )
i=1
≤ inf f (x, yλ )
x∈H
≤ sup inf f (x, y) = v,
y∈K x∈H
41
da cui ricaviamo ρF = supλ∈∆n−1 inf x∈H < λ, gF (x) > ≤ v.
Per completare la dimostrazione con il Lemma seguente proveremo che
∀ F ∈< K >
ρF ≥ inf sup f (x, y),
x∈H y∈F
cos`ı che la disuguaglianza
vˆ = sup
inf sup f (x, y) ≤ sup ρF ≤ v,
F ∈<K> x∈H y∈F
F ∈<K>
insieme con la (4.2), ci dar`a l’uguaglianza v = vˆ cercata.
Lemma 4.2.2. Siano X e Y due spazi vettoriali topologici, H ⊂ X, K ⊂ Y ,
e f : H × K → R una funzione. Se H `e convesso e
(2a) ∀ y ∈ K x → f (x, y) `e convessa,
allora ∀ F ∈< K > vale la disuguaglianza
inf sup f (x, y) ≤ ρF := sup
x∈H y∈F
inf < λ, gF (x) > .
λ∈∆n−1 x∈H
Dimostrazione. Per prima cosa, con pochi semplici passaggi, mostriamo che
l’insieme gF (H) + Rn+ `e convesso.
Dati x1 , x2 ∈ H, α1 , α2 ∈ Rn+ , λ1 , λ2 ≥ 0 : λ1 + λ2 = 1,
λ1 (gF (x1 ) + α1 ) + λ2 (gF (x2 ) + α2 )
`e la combinazione convessa di due elementi di gF (H) + Rn+ . Detto x :=
λ1 x1 + λ2 x2 , che appartiene a H perch´e H `e convesso, scriviamo
λ1 (gF (x1 ) + α1 ) + λ2 (gF (x2 ) + α2 ) = gF (x) + ξ,
dove ξ := λ1 α1 + λ2 α2 + λ1 gF (x1 ) + λ2 gF (x2 ) − gF (x).
Per l’ipotesi (2a) risulta
gF (x) = gF (λ1 x1 + λ2 x2 ) ≤ λ1 gF (x1 ) + λ2 gF (x2 )
(intendendo la disuguaglianza componente per componente), e perci`o ξ appartiene a Rn+ . Allora gF (x) + ξ ∈ gF (H) + Rn+ , e questo prova che tale
insieme `e convesso.
Dimostriamo ora per assurdo che, detto 1 := (1, ..., 1) ∈ Rn , e preso ε > 0,
si ha
(ρF + ε) · 1 ∈ gF (H) + Rn+ .
(4.5)
Supponendo che tale affermazione non sia valida, per la convessit`a di gF (H)+
Rn+ possiamo applicare il Teorema 2.2.7 di Separazione in senso largo e
42
ottenere che ∃ ν ∈ Rn , ν 6= 0, tale che
n
X
νi (ρF + ε) =< ν, (ρF + ε) · 1 >
i=1
≤
=
inf
z∈gF (H)+Rn
+
inf
z=gF (x)+α
< ν, z >
< ν, gF (x) + α >
= inf < ν, gF (x) > + infn < ν, α > .
x∈H
α∈R+
(4.6)
Questa disuguaglianza implica che il numero inf α∈Rn+ < ν, α > sia limitato,
e per questo deve essere ν ∈ Rn+ e inf α∈Rn+ < ν, α >= 0.
Allora la (4.6) diventa
n
X
νi (ρF + ε) ≤ inf < ν, gF (x) > .
x∈H
i=1
Inoltre
Pn
i=1 νi
> 0, perch´e ν 6= 0. Definiamo allora
ν
ν := Pn
i=1 νi
e, dividendo la (4.7) per
Pn
i=1 νi ,
∈ ∆n−1 ,
si ha
ρF + ε ≤ inf < ν, gF (x) >≤ sup
x∈H
inf < λ, gF (x) >= ρF .
λ∈∆n−1 x∈H
Ma questo `e assurdo, perci`
o deve valere la (4.5):
(ρF + ε) · 1 ∈ gF (H) + Rn+ ;
equivalentemente ∃ xε ∈ H e ∃ αε ∈ Rn+ tali che
(ρF + ε) · 1 = gF (xε ) + αε .
Richiamando la definizione (4.4) di gF otteniamo
f (xε , yi ) ≤ ρF + ε
∀ i = 1, ..., n,
per cui
inf sup f (x, y) ≤ sup f (xε , y) ≤ ρF + ε.
x∈H y∈F
y∈F
Facendo tendere ε a 0 giungiamo infine alla disuguaglianza cercata.
43
(4.7)
4.3
Il Teorema di Von Neumann
Bench´e il Teorema di Von Neumann non sia necessario al fine di giungere al Teorema di Kakutani in uno spazio di Hilbert, lo inseriamo in questo
contesto per renderne pi`
u comprensibile la dimostrazione, che discende direttamente dal Teorema 4.2.1. Questo risultato assumer`a un nuovo significato
nel Capitolo 5, nel quadro dei Giochi strettamente competitivi.
Definizione 4.3.1. Siano X e Y due spazi vettoriali topologici. Il punto
(x, y) ∈ X × Y `e un punto sella per la funzione f : X × Y → R se ∀ x ∈ X
e∀ y∈Y
f (x, y) ≤ f (x, y) ≤ f (x, y).
Consideriamo due sottoinsiemi H ⊂ X, K ⊂ Y e la funzione f : H ×K →
R. Per comodit`
a definiamo le funzioni f : K → R:
f (y) := inf f (x, y) ∀ y ∈ K;
x∈H
e f : H → R:
f (x) := sup f (x, y) ∀ x ∈ H.
y∈K
Immediatamente otteniamo che ∀ x ∈ H e ∀ y ∈ K
f (y) = inf f (x, y) ≤ f (x, y) ≤ sup f (x, y) = f (x),
x∈H
(4.8)
y∈K
e quindi, come gi`
a sapevamo,
v := sup inf f (x, y) = sup f (y) ≤ inf f (x) = inf sup f (x, y) := v.
y∈K x∈H
y∈K
x∈H
x∈H y∈K
Osservazione 4.3. Siano H ⊂ X, K ⊂ Y e f : H × K → R. Se il punto
(x, y) ∈ H × K `e tale che
f (x) = v = v = f (y),
allora f (x, y) = v = v.
Infatti per la (4.8)
v = f (y) ≤ f (x, y) ≤ f (x) = v.
Proposizione 4.3.1. Siano H ⊂ X, K ⊂ Y , e f : H × K → R una
funzione. Il punto (x, y) ∈ H × K `e un punto sella per f se e solo se
f (x) = v = v = f (y).
44
Dimostrazione. Sia (x, y) un punto sella per f , cio`e ∀ x ∈ H, ∀ y ∈ K
f (x, y) ≤ f (x, y) ≤ f (x, y),
perci`o
f (x) = sup f (x, y) ≤ f (x, y) ≤ inf f (x, y) = f (y),
x∈H
y∈K
e inoltre
v ≤ f (x) ≤ f (x, y) ≤ f (y) ≤ v.
Ma sappiamo che la disuguaglianza v ≤ v `e sempre valida, quindi f (x, y) =
f (x) = v = v = f (y).
Viceversa, sia per ipotesi f (x) = v = v = f (y): per l’Osservazione 4.3
otteniamo che
f (x, y) = f (x) = v = v = f (y).
In particolare
sup f (x, y) = f (x, y) = inf f (x, y),
x∈H
y∈K
da cui discende che ∀ x ∈ H, ∀ y ∈ K
f (x, y) ≤ f (x, y) ≤ f (x, y).
Teorema 4.3.2 (Von Neumann). Siano X e Y due spazi vettoriali topologici, H ⊂ X, K ⊂ Y e f : H × K → R una funzione, tali che:
(i) H e K sono compatti e convessi;
(ii) ∀ y ∈ K
x → f (x, y) `e convessa e semicontinua inferiormente;
(iii) ∀ x ∈ H
y → f (x, y) `e concava e semicontinua superiormente.
Allora esiste (x, y) ∈ H × K punto sella per f .
Dimostrazione. Applichiamo il Teorema 4.2.1 a f e otteniamo che ∃ x ∈ H :
f (x) = sup f (x, y) = v = v.
(4.9)
y∈K
D’altra parte, −f soddisfa le ipotesi del Teorema 4.2.1 con i ruoli scambiati
tra le due variabili x e y. Quindi si ha che ∃ y ∈ K :
sup (−f (x, y)) =sup inf (−f (x, y)) = inf sup (−f (x, y)), ovvero
x∈H
x∈H y∈K
y∈K x∈H
− inf f (x, y) = − inf sup f (x, y) = − sup inf f (x, y).
x∈H
x∈H y∈K
y∈K x∈H
45
Pertanto
f (y) = inf f (x, y) = inf sup f (x, y) = v = sup inf f (x, y) = v.
x∈H
x∈H y∈K
y∈K x∈H
(4.10)
Congiungiamo insieme la (4.9) e la (4.10): ∃ x ∈ H, ∃ y ∈ K:
f (x) = v = v = f (y).
Allora per la Proposizione 4.3.1 (x, y) `e un punto sella per f .
4.4
La Disuguaglianza di Fan in uno spazio vettoriale topologico
Per poter generalizzare il Teorema 3.3.1 (Disuguaglianza di Fan), riportiamo un risultato tecnico che discende dal Teorema 4.2.1, e che fornisce
nuove propriet`
a di v.
Proposizione 4.4.1. Siano X e Y due spazi vettoriali topologici, H ⊂ X,
K ⊂ Y , e f : H × K → R una funzione tale che:
(i) H `e compatto, K `e convesso;
(ii) ∀ y ∈ K
(iii) ∀ x ∈ H
x → f (x, y) `e semicontinua inferiormente;
y → f (x, y) `e concava.
Allora:
(1) se C(H, K) indica l’insieme delle funzioni continue da H in K,
sup
inf f (x, s(x)) = inf sup f (x, y) = v.
s∈C(H,K) x∈H
x∈H y∈K
(2) se C(K, H) indica l’insieme delle funzioni continue da K in H,
inf
sup f (t(y), y) = inf sup f (x, y) = v.
x∈H y∈K
t∈C(K,H) y∈K
Dimostrazione. Dimostriamo il punto (1).
Considerando il fatto che ogni y ∈ K pu`o essere visto come la funzione
costante y : H → K tale che y(x) := y ∀ x ∈ H, la relazione
sup
inf f (x, s(x)) ≤ v
s∈C(H,K) x∈H
`e immediata. Per provare la disuguaglianza opposta, ad ogni ε > 0 associamo una funzione sε : H → K tale che ∀ x ∈ H
sup f (x, y) ≤ f (x, sε (x)) + ε.
y∈K
46
(4.11)
Per l’ipotesi (ii), per ogni x ∈ H esiste un intorno B(x) ∈ H tale che
∀ z ∈ B(x)
f (z, sε (x)) ≥ f (x, sε (x)) − ε.
(4.12)
Inoltre H `e compatto, quindi pu`
o essere ricoperto da un numero finito di
aperti B(x1 ), ..., B(xn ), a cui associamo una partizione continua dell’unit`a
{gi }ni=1 subordinata.
Siano x
˜ ∈ H e i ∈ {1, ..., n} tali che gi (˜
x) > 0. Allora x
˜ appartiene al
supporto di gi , che `e contenuto in B(xi ). Possiamo dunque applicare a
x
˜ ∈ B(xi ) la (4.12):
f (˜
x, sε (xi )) ≥ f (xi , sε (xi )) − ε.
D’altra parte per la (4.11) sappiamo che
f (xi , sε (xi )) ≥ sup f (x, y) − ε ≥ inf sup f (x, y) − ε = v − ε.
x∈H y∈K
y∈K
In definitiva, ∀ x
˜ ∈ H e ∀ i ∈ {1, ..., n} : gi (˜
x) > 0 si ha
f (˜
x, sε (xi )) ≥ v − ε − ε = v − 2ε.
Definiamo ora
S(x) :=
n
X
(4.13)
gi (x)sε (xi ) ∀ x ∈ H,
i=1
che `e una funzione continua da H in K, perch´e sε (xi ) ∈ K per ogni i,
{gi }ni=1 `e una partizione continua dell’unit`a e K `e convesso. Per l’ipotesi
(iii), ∀ x ∈ H
X
f (x, S(x)) ≥
gi (x)f (x, sε (xi )),
i : gi (x)>0
e per la (4.13)
X
gi (x)f (x, sε (xi )) ≥
i : gi (x)>0
X
gi (x)(v − 2ε).
i : gi (x)>0
Allora inf x∈H f (x, S(x)) ≥ v − 2ε, e
sup
inf f (x, s(x)) ≥ v − 2ε.
s∈C(H,K) x∈H
Facendo tendere ε a 0 otteniamo la disuguaglianza cercata.
Dimostriamo il punto (2). La relazione
inf
sup f (t(y), y) ≤ v
t∈C(K,H) y∈K
47
`e banalmente sempre valida. Per provare la disuguaglianza opposta, innanzitutto adoperiamo il Teorema 4.2.1(1), per cui ∃ x ∈ H :
sup f (x, y) = v = vˆ := sup
inf sup f (x, y).
F ∈<K> x∈H y∈F
y∈K
Pertanto `e sufficiente dimostrare che per ogni F = {y1 , ..., yn } ∈< K > e per
ogni t ∈ C(K, H)
inf max f (x, yi ) ≤ sup f (t(y), y).
x∈H i=1,...,n
(4.14)
y∈K
Per prima cosa notiamo che maxi=1,...,n f (x, yi ) = supλ∈∆n−1
quindi ∀ t ∈ C(K, H)
inf max f (x, yi ) = inf
x∈H i=1,...,n
sup
n
X
x∈H λ∈∆n−1
i=1
≤
inf
sup
i=1 λi f (x, yi );
λi f (x, yi )
n
X
µ∈∆n−1 λ∈∆n−1
Pn
λi f
n
X
t
i=1
!
µj yj
!
, yi
.
(4.15)
i=1
Quest’ultimo passaggio `e giustificato dalle seguenti considerazioni:
P
- K `e convesso, perci`
o ni=1 µj yj ∈ K, ∀ µ ∈ ∆n−1 ;
P
- t ( ni=1 µj yj ) ∈ H, ∀ t ∈ C(K, H);
P
- {t ( ni=1 µj yj ) : µ ∈ ∆n−1 } ⊆ H.
Sia Φt (x) : ∆n−1 × ∆n−1 → R cos`ı definita:
Φt (µ, λ) :=
n
X
λi f
t
i=1
n
X
!
µj yj
!
, yi
.
i=1
Poich´e t `e una funzione continua e f `e semicontinua inferiormente nella
prima variabile (ipotesi (ii)),
∀ λ ∈ ∆n−1
µ → Φt (µ, λ) `e semicontinua inferiormente.
Inoltre ∀ µ ∈ ∆n−1 le funzioni λ → Φt (µ, λ) sono lineari, cio`e banalmente
concave. Per di pi`
u ∆n−1 `e un insieme compatto e convesso, e questo ci
permette di applicare il punto (1) appena dimostrato a Φt , per cui vale
l’uguaglianza
inf
sup Φt (µ, λ) =
µ∈∆n−1 λ∈∆n−1
sup
inf
s∈C(∆n−1 ,∆n−1 ) µ∈∆n−1
Φt (µ, s(µ)).
(4.16)
Ricorriamo adesso al Teorema 3.2.1 di Brouwer, che garantisce l’esistenza di
un punto fisso µ∗s ∈ ∆n−1 per ogni funzione s ∈ C(∆n−1 , ∆n−1 ), e ricaviamo
gli ulteriori passaggi
inf
µ∈∆n−1
Φt (µ, s(µ)) ≤ Φt (µ∗s , s(µ∗s )) = Φt (µ∗s , µ∗s ) ≤
48
sup Φt (µ, µ);
µ∈∆n−1
e ancora ∀ t ∈ C(K, H)
sup
Φt (µ, s(µ)) ≤
inf
s∈C(∆n−1 ,∆n−1 ) µ∈∆n−1
sup Φt (µ, µ).
(4.17)
µ∈∆n−1
Infine per l’ipotesi (iii)
Φt (µ, µ) =
n
X
λi f
t
i=1
≤f
n
X
!
!
µj yj
, yi
i=1
t
n
X
!
µj yj
i=1
,
n
X
!
λi yi
i=1
≤ sup f (t(y), y).
(4.18)
y∈K
Se ripercorriamo la dimostrazione e uniamo in catena le disuguaglianze
(4.15), (4.16), (4.17) e (4.18) otteniamo finalmente che per ogni F = {y1 , ..., yn }
∈< K > e per ogni t ∈ C(K, H)
inf max f (x, yi ) ≤ sup f (t(y), y),
x∈H i=1,...,n
y∈K
come richiedeva la (4.14).
Grazie alla precedente laboriosa dimostrazione otteniamo immediatamente:
Teorema 4.4.2 (Disuguaglianza di Fan). Sia K un sottoinsieme compatto e convesso di uno spazio vettoriale topologico X, e sia f : K × K → R
una funzione tale che:
(i) ∀ y ∈ K x → f (x, y) `e semicontinua inferiormente;
(ii) ∀ x ∈ K y → f (x, y) `e concava.
Allora ∃ x ∈ K:
sup f (x, y) ≤ sup f (y, y).
y∈K
y∈K
Dimostrazione. Per il Teorema 4.2.1(1) e la Proposizione 4.4.1(2), ∃ x ∈ K:
sup f (x, y) = vˆ = v =
y∈K
sup f (t(y), y) ≤ sup f (y, y).
inf
t∈C(K,K) y∈K
49
y∈K
4.5
Il Teorema di Kakutani in uno spazio di Hilbert
Come recita il titolo, ci spostiamo adesso dal generico spazio vettoriale
topologico in cui erano ambientati i due paragrafi precedenti a uno spazio
di Hilbert. Dobbiamo infatti avvalerci di questa ipotesi pi`
u restrittiva per
poter applicare, come vedremo in seguito, il Teorema 2.2.6 di Separazione
di un insieme chiuso e convesso da un punto che non gli appartenga.
Cominciamo innanzitutto ad illustrare alcune definizioni e propriet`a particolari riguardanti gli insiemi convessi, che sono oggetto del Teorema di
Kakutani.
Ricordiamo che (vedi Def. 2.4.3), la funzione di supporto di un insieme
K ⊆ X (X spazio normato) `e l’applicazione σ : X ∗ → R cos`ı definita:
σ(K, p) = sup p(x) ∀ p ∈ X ∗ .
x∈K
Definizione 4.5.1. Siano K un insieme convesso in uno spazio normato X,
x ∈ K, e K − x := {y − x : y ∈ K}.
Si definiscono cono tangente a K nel punto x l’insieme
TK (x) =
[ 1
(K − x),
h
h>0
e cono normale a K nel punto x l’insieme
NK (x) = {p ∈ X ∗ : ∀ y ∈ K p(y − x) ≤ 0}.
Definizione 4.5.2. Sia K un insieme convesso in uno spazio normato X.
La multifunzione β : K ( X soddisfa la condizione tangenziale (TC) se
β(x) ∩ TK (x) 6= ∅
∀ x ∈ K,
e diremo che β : K ( X soddisfa la condizione tangenziale duale (DTC) se
σ(β(x), −p) ≥ 0 ∀ x ∈ K, ∀ p ∈ NK (x).
Proposizione 4.5.1. Sia K un insieme convesso in uno spazio normato
X. Se la multifunzione β : K ( X soddisfa la condizione tangenziale allora
soddisfa la condizione tangenziale duale.
Dimostrazione. Siano x ∈ K e v ∈ β(x) ∩ TK (x). Poich´e
v ∈ TK (x) =
[ 1
(K − x),
h
h>0
50
∃ {un }n∈N : ∀ n

1
 un = hn (yn − x)
h >0
 n
yn ∈ K
e v = limn→+∞ un .
Sia p ∈ NK (x), per definizione p(y − x) ≤ 0 ∀ y ∈ K.
Pertanto p(yn − x) ≤ 0 ∀ n ∈ N. Ma essendo yn = hn un + x, ne segue che
p(hn un ) ≤ 0 ∀ n ∈ N, da cui p(un ) ≤ 0, in quanto hn > 0. Perci`o
σ(β(x), −p) = sup [−p(y)] ≥ −p(v) = lim [−p(un )] ≥ 0.
n→+∞
y∈β(x)
Teorema 4.5.2 (per l’esistenza di uno zero di una funzione multivoca). Siano X uno spazio di Hilbert, K ⊂ X un insieme compatto e
convesso, e β : K ( X una multifunzione emicontinua superiormente a
valori non vuoti, chiusi e convessi. Se β soddisfa la condizione tangenziale
β(x) ∩ TK (x) 6= ∅
∀ x ∈ K,
allora ∃ x∗ ∈ K : 0 ∈ β(x∗ ).
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che ∀ x ∈ K, 0 6∈ β(x).
Per il Teorema 2.2.6 di Separazione, che possiamo applicare a ciascun β(x)
convesso e chiuso, sappiamo che ∀ x ∈ K ∃ p ∈ X ∗ ed ∃ ε > 0 tali che
sup [−p(y)] ≤ −p(0) − ε = 0 − ε < 0.
y∈β(x)
In altre parole ∀ x ∈ K ∃ p ∈ X ∗ : σ(β(x), −p) < 0.
Definiamo gli insiemi
Ap := {x ∈ K : σ(β(x), −p) < 0}
(p ∈ X ∗ ).
Da quanto appena detto, essi costituiscono un ricoprimento di K; inoltre
sono aperti perch´e σ `e semicontinua superiormente, dall’ipotesi di emicontinuit`a superiore di β (vedi Def. 2.4.4).
Per la compattezza di K possiamo estrarne un ricoprimento finito Ap1 , ..., Apm ,
a cui associare una partizione continua dell’unit`a {gi }m
i=1 subordinata.
Sia f : K × K → R
f (x, y) := −
m
X
gi (x) pi (x − y);
i=1
51
f `e continua nella variabile x e concava nella variabile y.
Possiamo dunque applicare a f il Teorema 4.4.2 (Disuguaglianza di Fan) per
ottenere che ∃ x ∈ K :
!
m
X
sup f (x, y) ≤ sup f (y, y) = sup −
gi (y)pi (0) = 0,
y∈K
y∈K
y∈K
i=1
ovvero ∃ x ∈ K : ∀ y ∈ K
f (x, y) = −
m
X
gi (x)pi (x − y) ≤ 0.
(4.19)
i=1
Definiamo infine il funzionale lineare continuo q : X → R
q :=
m
X
gi (x) pi ,
i=1
che appartiene a NK (x), in quanto q(y − x) ≤ 0 ∀ y ∈ K, per la (4.19).
Per ipotesi β soddisfa la CT, e per la Proposizione 4.5.1 anche la DTC: in
particolare allora σ(β(x), −q) ≥ 0.
Ma questo `e assurdo perch´e
σ(β(x), −q) = σ(β(x), −
"
= sup
−
y∈β(x)
≤
m
X
i=1
m
X
gi (x)pi )
#
gi (x)pi (y)
i=1
gi (x) sup [−pi (y)]
y∈β(x)
i=1
=
m
X
X
gi (x)σ(β(x), −pi ) < 0.
i: gi (x)>0
Quest’ultimo passaggio `e giustificato dal fatto che ∀ i : gi (x) > 0,
x ∈ supp(gi ) ⊂ Api , perci`o σ(β(x), −pi ) < 0.
Teorema 4.5.3 (Kakutani). Sia K ⊂ X un insieme compatto e convesso
e sia γ : K ( K una multifunzione semicontinua superiormente a valori
non vuoti, chiusi e convessi. Allora γ ha un punto fisso, cio`e esiste x∗ ∈ K
tale che x∗ ∈ γ(x∗ ).
Dimostrazione. Definiamo la multifunzione β : K ( X :
β(x) := γ(x) − x
∀ x ∈ K.
β `e ancora a valori non vuoti, chiusi e convessi. Inoltre β `e semicontinua
superiormente, e pertanto anche emicontinua superiormente (Proposizione
52
2.4.3).
Per definizione di TK (x), si ha K − x ⊂ TK (x) ∀ x ∈ K, e quindi, poich´e
γ(x) ⊂ K, ∀ x ∈ K
β(x) = γ(x) − x ⊂ K − x ⊂ TK (x),
quindi β soddisfa la condizione tangenziale, e in definitiva soddisfa tutte le
ipotesi del Teorema 4.5.2 per l’esistenza di uno zero.
Allora esiste x∗ ∈ K tale che 0 ∈ β(x∗ ), cio`e 0 ∈ γ(x∗ ) − x∗ , ovvero x∗ ∈
γ(x∗ ).
53
54
Capitolo 5
Fondamenti di Teoria dei
giochi
La teoria dei giochi `e lo studio dei fenomeni di interazione tra decisori
razionali: un gioco comprende gli insiemi di scelte che i decisori possono
prendere e le loro preferenze su tutte le possibili conseguenze di tali scelte. Studiarne le soluzioni significa individuare un insieme di possibili esiti e
analizzare le loro caratteristiche.
I decisori sono razionali nel senso che:
- hanno come primo obiettivo il raggiungimento del miglior profitto possibile
per se stessi;
- nel processo di decisione sono pienamente consapevoli di quali azioni possono intraprendere e di quali sono le conseguenze di ciascuna azione;
- hanno chiare preferenze sui possibili esiti del gioco, e prendono la loro decisione seguendo un ragionamento logico, che si basa sulle loro conoscenze e
sulle loro aspettative rispetto al comportamento degli altri giocatori.
Ci occuperemo esclusivamente di giochi non cooperativi, che non prevedono
alcuna collaborazione tra i giocatori.
5.1
Giochi in forma strategica
Un gioco in forma strategica modellizza la situazione in cui tutti i giocatori prendono la loro decisione contemporaneamente e una volta per tutte.
Naturalmente ciascun decisore mette in atto un’unica azione tra quelle a lui
consentite, e l’esito del gioco dipende da tutte e sole le azioni scelte dalla
totalit`a dei giocatori.
Definizione 5.1.1. Un gioco in forma strategica `e una tripla (N, (Ai )i∈N ,
(&i )i∈N ) tale che
- N = {1, ..., n} `e l’insieme finito dei giocatori;
- ∀ i ∈ N , Ai `e l’insieme non vuoto delle azioni, o strategie, che il giocatore
55
i ha a disposizione;
- ∀ i ∈ N , &i `e la relazione di preferenza del giocatore i sui possibili esiti
del gioco: &i `e una relazione binaria riflessiva, transitiva, totale, definita su
A :=
×
i∈N
Ai .
Dati a, b ∈ A, a &i b significa che i preferisce la soluzione a del gioco alla b.
Denoteremo con
A−i :=
×
j∈N
Aj
j6=i
e con a−i ogni vettore appartenente a A−i .
Inoltre, se |N | = n, dati a−i ∈ A−i e bi ∈ Ai , con la scrittura (a−i , bi )
indicheremo il vettore
(a1 , ..., ai−1 , bi , ai+1 , ..., an ) ∈ A.
Spesso si sostituisce la relazione di preferenza &i con una funzione di
utilit`
a, o funzione payoff ui : A → R, che ad ogni vettore di azioni a ∈
A associa il numero reale ui (a), che rappresenta appunto l’utilit`a che il
giocatore i ricaver`
a da a. In tal caso la relazione di preferenza `e quella
indotta da ui , ovvero a &i b se e solo se ui (a) ≥ ui (b), ∀ a, b ∈ A.
Definizione 5.1.2. Un equilibrio di Nash per il gioco in forma strategica
(N, (Ai )i∈N , (&i )i∈N ) `e un vettore di azioni a∗ ∈ A tale che ∀ i ∈ N
(a∗−i , a∗i ) &i (a∗−i , ai )
∀ ai ∈ Ai .
Usando le funzioni di utilit`a, possiamo dire che a∗ ∈ A `e un equilibrio di
Nash se ∀ i ∈ N :
ui (a∗−i , a∗i ) ≥ ui (a∗−i , ai ) ∀ ai ∈ Ai .
(5.1)
In breve se ogni giocatore j 6= i gioca a∗j , il giocatore i non ha nessuna azione
che gli possa garantire un payoff maggiore rispetto a a∗i .
Possiamo dare un’ulteriore definizione alternativa di equilibrio di Nash.
Definizione 5.1.3. Nel gioco in forma strategica (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ), per
ogni i ∈ N definiamo la multifunzione βi : A−i ( Ai , detta funzione di
miglior risposta del giocatore i, tale che ∀ a−i ∈ A−i
βi (a−i ) := {ai ∈ Ai : ui (a−i , ai ) ≥ ui (a−i , bi ) ∀ bi ∈ Ai }.
(5.2)
Un equilibrio di Nash per il gioco (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) `e un vettore
a∗ ∈ A tale che ∀ i ∈ N
a∗i ∈ βi (a∗−i ).
56
Infine se definiamo la multifunzione di miglior risposta β : A ( A tale che
∀ a∈A
β(a) = β1 (a−1 ) × β2 (a−2 ) × ... × βn (a−n ),
(5.3)
il vettore a∗ ∈ A `e un equilibrio di Nash se `e un punto fisso di β, cio`e
a∗ ∈ β(a∗ ).
Vediamo ora il celebre Teorema di Nash, che d`a una condizione sufficiente
per l’esistenza di un equilibrio.
Definizione 5.1.4. Una funzione f : A → R `e quasiconcava se per ogni
r ∈ R l’insieme {a ∈ A : f (a) ≥ r} `e convesso.
Se A `e un insieme convesso, la concavit`a di f implica la sua quasiconcavit`a: dati r ∈ R, a, b ∈ {a ∈ A : f (a) ≥ r}, λ ∈ [0, 1], si ha
f (λa + (1 − λ)b) ≥ λf (a) + (1 − λ)f (b) ≥ λr + (1 − λ)r = r.
Allora λa + (1 − λ)b ∈ {a ∈ A : f (a) ≥ r}.
Teorema 5.1.1 (Nash). Sia G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) un gioco in forma
strategica tale che ∀ i ∈ N :
(I) Ai `e un sottoinsieme non vuoto, compatto e convesso di Rmi (mi ∈ N);
(II) ui `e una funzione continua da A = ×i∈N Ai ad R;
(III) ∀ a−i ∈ A−i , ai → ui (a−i , ai ) `e quasiconcava su Ai .
Allora G ha un equilibrio di Nash.
Dimostrazione. Ricorriamo alla funzione di miglior risposta β : A ( A
definita con le (5.2) e (5.3), e verifichiamo che essa soddisfa le ipotesi del
Teorema 4.1.3 di Kakutani.
A = A1 × ... × An `e un sottoinsieme non vuoto, compatto e convesso di
Rm1 +...+mn per l’ipotesi (I), perch´e il prodotto cartesiano di insiemi compatti `e ancora un insieme compatto, e il prodotto cartesiano di una famiglia
finita di insiemi convessi `e ancora un insieme convesso.
Ciascuna componente βi `e una multifunzione a valori non vuoti perch´e,
avvalendosi del Teorema di Weierstrass, per ogni a−i ∈ A−i la funzione continua ui ha un punto di massimo nel compatto {a−i } × Ai ; indichiamo tale
massimo con
M (a−i ) := max ui (a−i , bi ) ∈ R,
bi ∈Ai
e lo utilizziamo per dimostrare che βi (a−i ) `e un insieme chiuso e convesso
per ogni a−i ∈ A−i .
Infatti per definizione di βi (a−i )
βi (a−i ) = {ai ∈ Ai : ui (a−i , ai ) ≥ ui (a−i , bi ) ∀ bi ∈ Ai }
= {ai ∈ Ai : ui (a−i , ai ) = M (a−i )} = u−1
i ({M (a−i )}),
57
che risulta chiuso come retroimmagine dell’insieme chiuso {M (a−i )}. Possiamo ulteriormente vedere βi (a−i ) come
βi (a−i ) = {ai ∈ Ai : ui (a−i , ai ) ≥ M (a−i )},
che risulta convesso per l’ipotesi (III).
Rimane da verificare che β `e semicontinua superiormente. Supponiamo per
assurdo che non lo sia: la sua componente βi non `e semicontinua superiormente. Per il Corollario 4.1.2, ∃ a ∈ A−i , ∃ {aj }j∈N ⊂ A−i , ∃ B aperto ⊂
Ai :
aj → a per j → +∞, βi (a) ⊂ B, e ∀ j0 ∈ N ∃ j ≥ j0 : βi (aj ) * B.
Quest’ultima affermazione implica che esiste una successione {˜
ak }k∈N estratj
k
ta da {a }j∈N tale che {˜
a }k∈N ⊂ Ai \ B e
a
˜k ∈ βi (ak ), ∀ k ∈ N.
(5.4)
Dal momento che B `e aperto, Ai \ B `e un insieme chiuso contenuto nel
compatto Ai , pertanto anche Ai \ B `e compatto.
Perci`
o {˜
ak }k∈N ha una sottosuccessione, che per semplicit`a indicheremo sempre con {˜
ak }k∈N , convergente a un certo a
˜ ∈ Ai \ B.
Dato che βi (a) ⊂ B, certamente
a
˜ 6∈ βi (a).
(5.5)
D’altra parte, per la (5.4) e per la Definizione 5.2 di miglior risposta,
ui (ak , a
˜k ) ≥ ui (ak , b), ∀ k ∈ N, ∀ b ∈ Ai .
Per k → +∞ otteniamo, grazie all’ipotesi (II), che ∀ b ∈ Ai
ui (a, a
˜) ≥ ui (a, b);
ovvero a
˜ ∈ βi (a). Ma questo contraddice la (5.5): `e dunque assurdo ipotizzare che βi non sia semicontinua superiormente.
Allora per il Teorema 4.1.3 di Kakutani, β ha un punto fisso a∗ ∈ A, che
`e equilibrio di Nash per il gioco G.
Consideriamo ora le possibili generalizzazioni del Teorema di Nash alla
luce dei risultati visti nel Capitolo 4. Poich´e il Teorema di Kakutani `e stato
esteso agli spazi di Hilbert (Teorema 4.5.3), ne segue che anche il Teorema
di Nash ammette una prima estensione a questo ambito, cio`e al caso in cui
gli Ai siano sottoinsiemi convessi e compatti di uno spazio di Hilbert; infatti
ripercorrendo la dimostrazione appena vista, si verifica agevolmente che essa
pu`
o essere ripetuta senza modifiche, e porta alla stessa conclusione - cio`e
all’esistenza di un equilibrio - in virt`
u dell’esistenza di un punto fisso per la
58
funzione di miglior risposta, garantita in questo caso dal Teorema 4.5.3.
Ma, come ora dimostreremo, la disuguaglianza di Fan (di cui il Teorema di
Kakutani `e una conseguenza) consente una generalizzazione ad un contesto molto pi`
u ampio, ovvero quello degli spazi vettoriali topologici, salvo il
modesto rafforzamento dell’ipotesi di quasiconcavit`a delle funzioni di payoff
con quella di concavit`
a.
Teorema 5.1.2 (Nash). Sia G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) un gioco in forma
strategica tale che ∀ i ∈ N :
(I) Ai `e un sottoinsieme non vuoto, compatto e convesso di uno spazio
vettoriale topologico Xi ;
(II) ui `e una funzione continua da A = ×i∈N Ai ad R;
(III) ∀ a−i ∈ A−i , ai → ui (a−i , ai ) `e concava su Ai .
Allora G ha un equilibrio di Nash.
Dimostrazione. L’insieme A = A1 ×...×An `e non vuoto, compatto e convesso
per l’ipotesi (I).
Definiamo la funzione f : A × A → R:
f (a, b) :=
n
X
(ui (a−i , bi ) − ui (a−i , ai )) ∀ (a, b) ∈ A × A.
i=1
Per l’ipotesi (II) f `e chiaramente continua, quindi in particolare `e semicontinua inferiormente nella prima variabile.
Mostriamo inoltre che l’ipotesi (III) implica la concavit`a di f nella seconda
variabile: dati b, c ∈ A e λ ∈ [0, 1],
f (a, λb + (1 − λ)c) =
=
n
X
i=1
n
X
(ui (a−i , λbi + (1 − λ)ci ) − ui (a−i , ai ))
ui (a−i , λbi + (1 − λ)ci ) −
i=1
"
≥ λ
n
X
ui (a−i , ai )
i=1
n
X
ui (a−i , bi ) + (1 − λ)
i=1
n
X
n
X
#
ui (a−i , ci ) −
i=1
ui (a−i , ai ).
i=1
P
Sommando e sottraendo al secondo membro la quantit`a λ ni=1 ui (a−i , ai )
otteniamo
" n
#
X
f (a, λb + (1 − λ)c) ≥ λ
(ui (a−i , bi ) − ui (a−i , ai ))
i=1
"
+ (1 − λ)
n
X
#
(ui (a−i , ci ) − ui (a−i , ai ))
i=1
= λf (a, b) + (1 − λ)f (a, c).
59
Allora per la Disuguaglianza di Fan (Teorema 4.4.2) esiste a∗ ∈ A :
sup f (a∗ , b) ≤ sup f (b, b).
b∈A
b∈A
Per definizione di f si ha f (b, b) = 0 ∀ b ∈ A, pertanto
∃ a∗ ∈ A : ∀ b ∈ A
f (a∗ , b) ≤ 0.
(5.6)
Proviamo infine che la (5.6) implica che a∗ sia un equilibrio di Nash per G.
Poich´e essa `e valida per ogni b ∈ A, fissiamo i ∈ N , e prendiamo b = (a∗−i , bi ),
dove bi `e un elemento qualsiasi di Ai . Di conseguenza la disuguaglianza
f (a∗ , b) =
n
X
(ui (a∗−i , bi ) − ui (a∗−i , a∗i )) ≤ 0
i=1
pu`
o essere scritta nel modo seguente:
X
ui (a∗−i , bi ) − ui (a∗−i , a∗i ) +
(uj (a∗−j , bj ) − uj (a∗−j , a∗j )) ≤ 0.
(5.7)
j6=i
Ma bj = a∗j per ogni j 6= i, quindi
X
(uj (a∗−j , bj ) − uj (a∗−j , a∗j )) = 0,
j6=i
e la (5.7) diventa ui (a∗−i , a∗i ) ≥ ui (a∗−i , bi ) ∀ bi ∈ Ai . Poich´e questo vale per
ogni i ∈ N , otteniamo che a∗ `e un equilibrio di Nash per il gioco G.
5.2
Strategie miste
` il momento di fare una importante osservazione: generalmente si conE
siderano giochi in forma strategica finiti, cio`e tali che non solo l’insieme N
dei giocatori `e finito, ma inoltre per ogni i ∈ N , l’insieme Ai delle strategie a
disposizione del giocatore i-esimo `e finito. Ad essi non `e possibile applicare
il Teorema di Nash, perch´e un insieme finito non `e convesso; per ovviare a
questo problema, Nash stesso introdusse il concetto di strategie miste.
I giocatori saranno cio`e autorizzati a scegliere non solo tra le singole azioni
disponibili, chiamate da ora in poi strategie pure, ma anche tra tutte le possibili distribuzioni di probabilit`a sull’insieme delle strategie pure. In questo
modo ciascun decisore non deve selezionare una tra le azioni a lui consentite,
ma la probabilit`
a con cui giocher`a ciascuna di esse.
Dato l’insieme finito Ai delle strategie pure del giocatore i, indicheremo
con mi la cardinalit`
a di Ai . L’insieme delle strategie miste di i `e
i
∆(Ai ) := {αi = (αi1 , ..., αimi ) ∈ Rm
+ :
mi
X
j=1
60
αij = 1},
il ben noto simplesso standard (mi − 1)-dimensionale.
Dopo aver ordinato gli elementi di Ai = {ai1 , ..., aimi }, possiamo interpretare
ciascuna componente αij di αi ∈ ∆(Ai ) come la probabilit`a che i giochi
aij ∈ Ai , e scrivere
αi (aij ) = αij .
Infatti ogni αi ∈ ∆(Ai ) `e una distribuzione di probabilit`a su Ai .
In alternativa possiamo anche considerare l’inviluppo convesso di Ai


mi

X
co(Ai ) :=
αij aij : aij ∈ Ai ∀ j, αi = (αi1 , ..., αimi ) ∈ ∆(Ai ) .


j=1
Ciascuna combinazione convessa degli elementi di Ai `e una strategia mista,
vista ancora una volta come distribuzione di probabilit`a sull’insieme delle
strategie pure.
Supporremo sempre che le distribuzioni di probabilit`a indotte dalle strategie
miste dei vari giocatori siano indipendenti tra loro.
Infine, per semplicit`
a scriveremo ai per indicare anche la strategia mista di
∆(Ai ) che assegna probabilit`
a 1 all’azione ai ∈ Ai (e dunque probabilit`a 0
alle altre azioni di Ai ). In tal modo l’insieme Ai delle strategie pure viene
“immerso” nell’insieme ∆(Ai ) delle strategie miste.
Definizione 5.2.1. L’estensione mista del gioco finito in forma strategica
G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) `e il gioco in forma strategica
G = (N, (∆(Ai ))i∈N , (Ui )i∈N ),
tale che ∀ i ∈ N :
• ∆(Ai ) `e l’insieme delle strategie miste del giocatore i;
×
×
• Ui :
∆(Aj ) → R assegna ad ogni α ∈
∆(Aj ) il valore
j∈N
j∈N
atteso della funzione utilit`
a ui sulla distribuzione di probabilit`a su A
indotta da α.
Per ogni a = (a1 , ..., an ) ∈ A e per ogni α = (α1 , ..., αn ) ∈ ×j∈N ∆(Aj ),
- αj (aj ) `e la probabilit`
a che il giocatore j giochi l’azione aj ;
Q
- j∈N αj (aj ) `e la probabilit`a che l’esito del gioco sia a;
P
Q
- Ui (α) = a∈A j∈N αj (aj )ui (a) `e il valore atteso dell’utilit`a che α
garantisce al giocatore i.
Notiamo che ciascuna funzione Ui per definizione `e multilineare, e che
pu`o essere equivalentemente espressa cos`ı:
X
Ui (α) =
αi (ai )Ui (α−i , ai ).
(5.8)
ai ∈Ai
61
Infatti
Ui (α−i , ai ) = ui (ai ) ·
X
Y
αj (aj )ui (aj ),
a−i ∈A−i j6=i
quindi

X
αi (ai )Ui (α−i , ai ) =
ai ∈Ai
X
αi (ai ) ui (ai ) ·
ai ∈Ai
αj (aj )ui (aj )
 
X
αi (ai )ui (ai ) · 
ai ∈Ai
=
Y
a−i ∈A−i j6=i

=

X
XY

X
Y
αj (aj )ui (aj )
a−i ∈A−i j6=i
αj (aj )ui (a) = Ui (α).
a∈A j∈N
Definizione 5.2.2. Un equilibrio di Nash in strategie miste per un gioco in
forma strategica `e un equilibrio di Nash per la sua estensione mista.
Possiamo adesso riportare la versione originale del Teorema di Nash (cfr.
[13]):
Teorema 5.2.1. Ogni gioco finito in forma strategica ha un equilibrio di
Nash in strategie miste.
Dimostrazione. Dato il gioco finito G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ), la sua estensione mista G = (N, (∆(Ai ))i∈N , (Ui )i∈N ) soddisfa per definizione le ipotesi
del Teorema 5.1.1: ∀ i ∈ N
(I) ∆(Ai ) `e un sottoinsieme non vuoto, compatto e convesso di Rmi ;
(II) Ui `e una funzione continua su ×i∈N ∆(Ai ), perch´e `e multilineare;
×
(III) ∀ α−i ∈
∆(Aj ), αi → Ui (α−i , αi ) `e quasiconcava su ∆(Ai ),
j6=i
perch´e `e lineare.
Il teorema di Nash assicura l’esistenza di un equilibrio in strategie miste;
la seguente Proposizione ci dar`a le caratteristiche di tale equilibrio.
Proposizione 5.2.2. Sia G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) un gioco finito in forma
strategica. Allora α∗ ∈ ×j∈N ∆(Aj ) `e un equilibrio di Nash in strategie miste
per G se e solo se ∀ i ∈ N ogni azione nel supporto di αi∗ `e una miglior
∗ :
risposta a α−i
∗
∗
∀ ai ∈ Ai : αi∗ (ai ) > 0 ⇒ Ui (α−i
, ai ) ≥ Ui (α−i
, bi )
62
∀ bi ∈ Ai .
Dimostrazione. Supponiamo ci sia un’azione ai nel supporto di αi∗ che non
∗ :
`e miglior risposta a α−i
∗
∗
, ai ) < Ui (α−i
, bi ).
∃ ai ∈ Ai , ∃ bi ∈ Ai : αi∗ (ai ) > 0 e Ui (α−i
Allora il giocatore i pu`
o aumentare il suo payoff atteso trasferendo probabilit`a da ai a bi , adottando cio`e una nuova strategia mista αi0 tale che
∀ ai ∈ Ai , ai 6= ai , ai 6= bi , αi0 (ai ) := αi∗ (ai ),
e
αi0 (bi ) + αi0 (ai ) := αi∗ (bi ) + αi∗ (ai ), con αi0 (bi ) > αi∗ (bi ).
Utilizzando la (5.8), vediamo infatti che αi0 garantisce a i un payoff maggiore
rispetto a quello atteso da αi∗ :
∗
Ui (α−i
, αi0 ) =
X
∗
αi0 (ai )Ui (α−i
, ai )
ai ∈Ai
=
X
∗
∗
∗
αi0 (ai )Ui (α−i
, ai ) + αi0 (ai )Ui (α−i
, ai ) + αi0 (bi )Ui (α−i
, bi )
ai 6=ai ,bi
>
=
X
∗
∗
∗
αi0 (ai )Ui (α−i
, ai ) + αi∗ (ai )Ui (α−i
, ai ) + αi∗ (bi )Ui (α−i
, bi )
ai 6=ai ,bi
∗
Ui (α−i
, αi∗ )
∗ , quindi α∗ non `
Allora αi∗ non `e miglior risposta a α−i
e un equilibrio di Nash
per G.
Viceversa supponiamo che il giocatore i abbia una strategia mista αi0
che gli garantisce un payoff atteso maggiore rispetto a quello dato da αi∗ in
∗ , ovvero
risposta a α−i
∗
Ui (α−i
, αi0 ) =
X
∗
∗
αi0 (ai )Ui (α−i
, ai ) > Ui (α−i
, αi∗ ) =
ai ∈Ai
X
∗
αi∗ (ai )Ui (α−i
, ai ).
ai ∈Ai
Ripetendo al contrario il ragionamento appena fatto nel caso precedente, deve esistere almeno un’azione bi nel supporto di αi0 che d`a un payoff maggiore
di quello che la stessa bi garantisce nel supporto di αi∗ . Allora non tutte le
∗ .
azioni nel supporto di αi∗ sono miglior risposta a α−i
La dimostrazione della Proposizione precedente suggerisce una fondamentale propriet`
a: un vettore α∗ di strategie miste `e un equilibrio di Nash
se e solo se per ogni giocatore i ∈ N ogni azione nel supporto di αi∗ garantisce lo stesso payoff atteso. In simboli, α∗ `e un equilibrio di Nash se e solo
se ∀ i ∈ N ,
∀ ai , bi ∈ Ai : αi∗ (ai ) > 0, αi∗ (bi ) > 0
63
⇒
∗
∗
Ui (α−i
, ai ) = Ui (α−i
, bi ). (5.9)
5.3
Giochi strettamente competitivi
Un caso particolare di gioco in forma strategica `e quello in cui N = {1, 2}
e i due giocatori sono in stretta competizione: l’uno ha preferenze sugli esiti
del gioco totalmente opposte a quelle dell’altro.
Definizione 5.3.1. Il gioco in forma strategica ({1, 2}, (A1 , A2 ), (&1 , &2 ) )
si dice strettamente competitivo se ∀ a, b ∈ A = A1 × A2
a &1 b se e solo se
b &2 a.
Per semplicit`
a ci limiteremo a considerare una tipologia di giochi strettamente competitivi, quelli a somma zero, in cui le due funzioni di utilit`a
u1 e u2 sono tali che
u1 (a) + u2 (a) = 0 ∀ a ∈ A = A1 × A2 .
Questa scelta non `e riduttiva, perch´e ogni gioco strettamente competitivo
pu`
o essere riformulato, modificando eventualmente i payoff, affinch´e sia a
somma zero.
Secondo la Definizione (5.1), il vettore di azioni a∗ = (a∗1 , a∗2 ) ∈ A `e un
equilibrio di Nash per un gioco ({1, 2}, (A1 , A2 ), (u1 , u2 )) se
u1 (a∗1 , a∗2 ) ≥ u1 (a1 , a∗2 )
∀ a1 ∈ A1
e
u2 (a∗1 , a∗2 )
≥
(5.10)
u2 (a∗1 , a2 )
∀ a 2 ∈ A2 .
Vediamone adesso qualche propriet`a aggiuntiva, nel caso che il gioco sia a
somma zero.
Definizione 5.3.2. Nel gioco a somma zero ({1, 2}, (A1 , A2 ), (u1 , u2 )), si
definisce strategia di maxmin per il giocatore 1 ogni a∗1 ∈ A1 tale che
inf u1 (a∗1 , a2 ) ≥ inf u1 (a1 , a2 ) ∀ a1 ∈ A1 .
a2 ∈A2
a2 ∈A2
Analogamente si definisce strategia di maxmin per il giocatore 2 ogni a∗2 ∈ A2
tale che
inf u2 (a1 , a∗2 ) ≥ inf u2 (a1 , a2 ) ∀ a2 ∈ A2 .
a1 ∈A1
a1 ∈A1
Osserviamo che una strategia di maxmin a∗1 ∈ A1 risolve il problema di
cercare
sup inf u1 (a1 , a2 ),
a1 ∈A1 a2 ∈A2
e che una strategia di maxmin a∗2 ∈ A2 risolve il problema di cercare
sup
inf u2 (a1 , a2 ).
a2 ∈A2 a1 ∈A1
64
Poich´e ciascuno dei due giocatori `e consapevole del fatto che l’altro cercher`a
di danneggiarlo il pi`
u possibile, in quanto il profitto dell’uno coincide esattamente con la perdita dell’altro, la strategia di maxmin rappresenta quell’azione che garantisce la minore delle peggiori perdite, o equivalentemente
il maggiore dei peggiori profitti.
Definita u : A → R
u := u2 = −u1 ,
riprendiamo il lavoro illustrato nei Paragrafi 4.2 e 4.3, ponendo
sup
inf u(a1 , a2 ) := v,
inf u2 (a1 , a2 ) = sup
a2 ∈A2 a1 ∈A1
a2 ∈A2 a1 ∈A1
e
sup
inf u1 (a1 , a2 ) = sup
a1 ∈A1 a2 ∈A2
inf (−u(a1 , a2 ))
a1 ∈A1 a2 ∈A2
= − inf
sup u(a1 , a2 ) := −v.
a1 ∈A1 a2 ∈A2
Definiamo inoltre u : A2 → R:
u(a2 ) := inf u(a1 , a2 )
∀ a2 ∈ A2 ;
u(a1 ) := sup u(a1 , a2 )
∀ a1 ∈ A1 .
a1 ∈A1
e u : A1 → R:
a2 ∈A2
Proposizione 5.3.1. Nel gioco a somma zero G = ({1, 2}, (A1 , A2 ), (u1 , u2 ))
sia u = u2 = −u1 . Dato (a∗1 , a∗2 ) ∈ A1 × A2 , sono equivalenti le seguenti
affermazioni:
(1) (a∗1 , a∗2 ) `e un punto sella per u;
(2) u(a∗1 ) = v = v = u(a∗2 );
(3) (a∗1 , a∗2 ) `e un equilibrio di Nash per G.
Dimostrazione. Abbiamo gi`
a provato l’equivalenza dei punti (1) e (2) con
la Proposizione 4.3.1.
Anche l’equivalenza dei punti (1) e (3) `e immediata. Infatti, sostituendo u
nella (5.10), otteniamo che (a∗1 , a∗2 ) `e un equilibrio di Nash per G se e solo se
u(a∗1 , a∗2 ) ≤ u(a1 , a∗2 )
∀ a1 ∈ A1
e
u(a∗1 , a∗2 )
≥ u(a∗1 , a2 )
ovvero u(a∗1 , a2 ) ≤ u(a∗1 , a∗2 ) ≤ u(a1 , a∗2 )
65
∀ a2 ∈ A2 ;
∀ a1 ∈ A1 , ∀ a2 ∈ A2 .
Richiamando l’Osservazione 4.3, sappiamo che se u(a∗1 ) = v = v = u(a∗2 )
allora
u(a∗1 , a∗2 ) = v = v, cio`e
u(a∗1 , a∗2 ) = − sup
inf u1 (a1 , a2 ) = sup
inf u2 (a1 , a2 ) = v.
a2 ∈A2 a1 ∈A1
a1 ∈A1 a2 ∈A2
Ne segue che da tutti gli equilibri di Nash di G i giocatori ricaveranno lo
stesso payoff v, chiamato valore del gioco, che come abbiamo gi`a sottolineato
`e la minore delle peggiori perdite o equivalentemente il maggiore dei peggiori
guadagni.
Infine in questo contesto il Teorema 4.3.2 di Von Neumann assume il nuovo significato di condizione sufficiente per l’esistenza di un equilibrio di Nash
per un gioco a somma zero; lo enunciamo ancora una volta, adattandone la
notazione.
Teorema 5.3.2 (Von Neumann). Siano G = ({1, 2}, (A1 , A2 ), (u1 , u2 ))
un gioco a somma zero, e u : A1 × A2 → R la funzione u = u2 = −u1 , tali
che:
(i) A1 e A2 sono due sottoinsiemi compatti e convessi di uno spazio vettoriale topologico;
(ii) ∀ a2 ∈ A2 ,
a1 → u(a1 , a2 ) `e convessa e semicontinua inferiormente;
(iii) ∀ a1 ∈ A1 ,
a2 → u(a1 , a2 ) `e concava e semicontinua superiormente.
Allora esiste (a∗1 , a∗2 ) ∈ A1 × A2 equilibrio di Nash per G.
Naturalmente se G fosse un gioco finito, basta ricorrere alla sua estensione mista per poter applicare il Teorema.
66
Capitolo 6
Il Teorema di Nash negli
spazi convessi astratti
La Teoria KKM `e lo studio delle generalizzazioni e delle applicazioni delle varie formulazioni equivalenti del Lemma KKM, la cui versione originale
abbiamo qui riportato come Teorema 3.1.2. Abbiamo gi`a analizzato alcuni
risultati su cui si fonda la teoria, come il Lemma 3.1.3 e la Disuguaglianza
4.4.2, stabiliti per sottoinsiemi convessi di spazi vettoriali topologici da Ky
Fan negli anni 1961-1984 (cfr. [5]).
Da allora la Teoria KKM `e stata estesa agli spazi convessi del tipo di Lassonde [9], agli H-spazi da Horvath [7], e agli spazi convessi generalizzati (spazi
G-convessi) da Park. Nel 2006 Park `e riuscito a unificare la materia, introducendo il nuovo concetto di spazio convesso astratto, di cui tutti gli spazi
definiti precedentemente rappresentano casi particolari.
Dopo aver dimostrato i risultati principali della teoria, che `e veramente
estesa ([18] - [28]), ci concentreremo su una versione astratta del Teorema
di Nash, che si colloca in questo ambito e che `e stata pubblicata di recente
([23], [27]).
6.1
Spazi convessi astratti
Dato un insieme Z, con < Z > indicheremo l’insieme dei sottoinsiemi
finiti non vuoti di Z.
Definizione 6.1.1. Uno spazio convesso astratto `e una terna (X, Z, γ) tale
che X `e uno spazio topologico, Z `e un insieme non vuoto, γ :< Z >( X `e
una multifunzione a valori non vuoti.
Per ogni Z 0 ⊂ Z, il γ-inviluppo convesso di Z 0 `e definito ponendo
coγ Z 0 :=
[
{γ(A) : A ∈< Z 0 >} ⊂ X.
67
(6.1)
Definizione 6.1.2. Dato Z 0 ⊂ Z, un sottoinsieme S di X `e chiamato sottoinsieme γ-convesso di (X, Z, γ) relativo a Z 0 se ∀ A ∈< Z 0 > γ(A) ⊂ S,
cio`e coγ (Z 0 ) ⊂ S.
In particolare, se Z ⊂ X, indicheremo lo spazio con (X ⊃ Z, γ), e diremo
che un sottoinsieme S di X `e γ-convesso se coγ (S ∩ Z) ⊂ S (cio`e si prende
Z 0 = S ∩ Z).
Inoltre se Z = X, indicheremo lo spazio con (X, γ).
Osservazione 6.1. (a) Il Lemma KKM (Teorema 3.1.2) riguarda lo spazio
convesso astratto (S, V, co) tale che S = S(x0 , ..., xn ) `e un simplesso n dimensionale, V = {x0 , ..., xn } `e l’insieme dei vertici di S, co: < V >( S
`e la multifunzione che ad ogni sottoinsieme {xi0 , ..., xik } di V associa il suo
inviluppo convesso co(xi0 , ..., xik ).
(b) Osserviamo inoltre che ogni spazio vettoriale topologico X insieme con
la multifunzione co: < X >( X tale che, ∀ A ∈< X >, co(A) `e l’inviluppo
convesso del sottoinsieme finito A, forma lo spazio convesso astratto (X, co).
E ancora, se K `e un sottoinsieme convesso di uno spazio vettoriale topologico, la coppia (K, co) `e uno spazio convesso astratto, perch´e un insieme `e
convesso se e solo se contiene tutte le combinazioni convesse dei suoi punti,
quindi co: < K >( K `e ben definita.
In termini pi`
u formali, `e immediato verificare che se X `e uno spazio vettoriale topologico e γ =co, allora ∀ A ⊂ X, coγ (A) = co(A) (cio`e il γ-inviluppo
convesso di A definito con la (6.1) `e l’inviluppo convesso usuale definito nel
Paragrafo 2.2 anche per insiemi infiniti). Ne segue in particolare che K ⊂ X
`e γ-convesso nel senso della Definizione 6.1.2 se coγ (K) = co(K) ⊂ K, il che
accade se e solo se K `e convesso nel senso usuale.
Definizione 6.1.3. Sia (X, Z, γ) uno spazio convesso astratto. Una multifunzione G : Z ( X `e chiamata funzione KKM se ∀ A ∈< Z >
[
γ(A) ⊂ G(A) :=
G(z).
(6.2)
z∈A
La denominazione funzione KKM `e dovuta al fatto che la propriet`a
(6.2) `e una generalizzazione dell’ipotesi (3.1) dell’originale Lemma KKM e
dell’ipotesi (ii) del successivo Corollario 3.1.3 (Lemma Fan - KKM), come
gi`
a avevamo anticipato nell’Osservazione 3.3.
Definizione 6.1.4. Uno spazio convesso astratto (X, Z, γ) soddisfa il principio KKM parziale se, per ogni funzione KKM G : Z ( X a valori chiusi,
la famiglia {G(z)}z∈Z gode della propriet`a dell’intersezione finita, ovvero
ogni sua sottofamiglia finita ha intersezione non vuota.
Osservazione 6.2. (a) Segue dalle Definizioni precedenti e dall’Osservazione
6.1(a) che il Lemma KKM (Teorema 3.1.2) pu`o essere enunciato dicendo che
lo spazio convesso astratto (S, V, co) associato al simplesso n-dimensionale
68
S soddisfa il principio KKM parziale.
(b) Inoltre, segue dal Lemma Fan-KKM (Corollario 3.1.3) e in particolare
dall’Osservazione 3.3 che ogni insieme convesso K di uno spazio vettoriale
topologico X `e uno spazio convesso astratto che soddisfa il principio KKM
parziale.
Per i nostri scopi sar`
a sufficiente considerare spazi che soddisfano il principio KKM parziale; per completezza aggiungiamo che uno spazio convesso
astratto (X, Z, γ) soddisfa il principio KKM se la stessa propriet`a vale anche
per le funzioni KKM G : Z ( X a valori aperti.
Lemma 6.1.1. Sia (X, Z, γ) uno spazio convesso astratto che soddisfa il
principio KKM parziale e sia M ∈< Z >. Allora anche lo spazio convesso
astratto (X, M, γ|M ) soddisfa il principio KKM parziale.
Dimostrazione. Sia F : M ( X una funzione KKM a valori chiusi, dobbiamo mostrare che {F (z)}
T z∈M gode della propriet`a dell’intersezione finita,
cio`e che ∀ N ∈< M >
z∈N F (z) 6= ∅.
Estendiamo F all’insieme Z nel modo seguente:
F (z)
se z ∈ M
G(z) := S
{γ(B) : z ∈ B, B ∈< Z >} se z ∈ Z \ M.
G `e una multifunzione definita da Z in X, a valori chiusi. Inoltre G `e una
funzione KKM per lo spazio (X, Z, γ); infatti, ∀ A ∈< Z >:
- se A ⊆ M allora γ(A) = γ|M (A) ⊂ F (A) = G(A), perch´e F `e una funzione
KKM;
- se A * M allora ∃ z˜ ∈ A : z˜ ∈ Z \ M e
γ(A) ⊂
[
{γ(B) : z˜ ∈ B, B ∈< Z >} = G(˜
z ) ⊂ G(A).
Poich´e (X, Z, γ) soddisfa il principio KKM parziale, {G(z)}z∈Z gode della
propriet`
a dell’intersezione finita. In particolare dunque ∀ N ∈< M >⊂< Z >
\
\
G(z) =
F (z) 6= ∅.
z∈N
z∈N
Allora (X, M, γ|M ) soddisfa il principio KKM parziale.
Infine, data una generica multifunzione G : X ( Y , dove X e Y sono
due insiemi qualsiasi, indicheremo con G−1 la multifunzione definita da Y
in X, tale che ∀ y ∈ Y
G−1 (y) := {x ∈ X : y ∈ G(x)}.
69
Osserviamo che (G−1 )
−1
(G−1 )
−1
≡ G. Infatti ∀ x
˜∈X
(˜
x) = {y ∈ Y : x
˜ ∈ G−1 (y)}
= {y ∈ Y : x
˜ ∈ {x ∈ X : y ∈ G(x)}}
= G(˜
x).
Teorema 6.1.2. Sia (X, Z, γ) uno spazio convesso astratto. Sono equivalenti le seguenti affermazioni:
(1) (X, Z, γ) soddisfa il principio KKM parziale.
(2) Sia F : Z ( X una multifunzione tale che:
(2.1) F (z) `e aperto ∀ z ∈ Z;
S
(2.2) ∃ M ∈< Z > : X = z∈M F (z);
T
allora ∃ N ∈< M > : γ(N ) ∩ z∈N F (z) 6= ∅.
(3) Siano U : Z ( X e V : X ( X due multifunzioni tali che:
(3.1) U (z) `e chiuso ∀ z ∈ Z;
(3.2) ∀ y ∈ X coγ (Z \ U −1 (y)) ⊂ X \ V −1 (y);
(3.3) ∀ x ∈ X x ∈ V (x);
allora {U (z)}z∈Z gode della propriet`
a dell’intersezione finita.
(4) Siano S : X ( Z e T : X ( X due multifunzioni tali che:
(4.1) S −1 (z) `e aperto ∀ z ∈ Z;
(4.2) ∀ y ∈ X coγ (S(y)) ⊂ T (y);
S
(4.3) ∃ M ∈< Z > : X = z∈M S −1 (z);
allora ∃ x0 ∈ X : x0 ∈ T (x0 ).
Dimostrazione. (1) ⇒ (2)
Definiamo G : Z ( X in modo che G(z) := X \ F (z) ∀ z ∈ Z, dove F `e
la multifunzione che soddisfa le ipotesi del punto (2). Allora per la (2.1)
G(z) `e un insieme chiuso per ogni z.
Supponiamo per assurdo che la tesi non sia valida: ∀ N ∈< M >
\
γ(N ) ∩
F (z) = ∅.
z∈N
In altre parole ∀ N ∈< M >
\
[
[
γ(N ) ⊂ X \
F (z) =
(X \ F (z)) =
G(z) = G(N ).
z∈N
z∈N
z∈N
70
Perci`o la restrizione di G all’insieme M , indicata con G|M , `e una funzione
KKM. Per il Lemma 6.1.1 anche lo spazio convesso astratto (X, M, γ|M )
soddisfa il principio KKM parziale, quindi {G|M (z)}z∈M gode della propriet`a
dell’intersezione finita. Allora ∀ N ∈< M > ∃ y ∈ N :
\
\
[
y∈
G(z) =
(X \ F (z)) = X \
F (z).
z∈N
z∈N
z∈N
In particolare, poich´e M `e un insieme finito non vuoto, per M ∈< M > si
ha che ∃ y ∈ M :
[
y∈X\
F (z).
z∈M
Questo contraddice l’ipotesi (2.2).
(2) ⇒ (3)
Supponiamo per assurdo che {U
T (z)}z∈Z non goda della propriet`a dell’intersezione finita: ∃ M ∈< Z > : z∈M U (z) = ∅; perci`o
X=X\
\
U (z) =
z∈M
[
(X \ U (z)).
z∈M
La multifunzione F : Z ( X tale che F (z) := X \ U (z) ∀ z ∈ Z soddisfa
tutte le ipotesi del punto (2), perch´e:
- per laS(3.1) F (z) `e aperto
S ∀ z ∈ Z;
- X = z∈M (X \ U (z)) = z∈M F (z).
Allora ∃ N ∈< M > :
\
γ(N ) ∩
F (z) 6= ∅,
z∈N
ovvero ∃ y0 ∈ X:
y0 ∈ γ(N ) ∩
\
(X \ U (z)).
z∈N
Pertanto ∀ z ∈ N
y0 ∈ (X \ U (z))
⇔
y0 6∈ U (z)
⇔
z 6∈ U −1 (y0 ).
In altre parole N ⊂ Z \ U −1 (y0 ).
Inoltre, sfruttando l’ipotesi (3.2),
y0 ∈ γ(N ) ⊂ coγ (Z \ U −1 (y0 )) ⊂ X \ V −1 (y0 ).
Quindi y0 6∈ V −1 (y0 ), ovvero y0 6∈ V (y0 ), ma questo `e assurdo perch´e contraddice l’ipotesi (3.3).
(3) ⇒ (4)
Definiamo U : Z ( X e V : X ( X nel modo seguente:
U (z) := X \ S −1 (z) ∀ z ∈ Z e V (x) := X \ T −1 (x) ∀ x ∈ X,
71
dove S e T sono le due multifunzioni che soddisfano le ipotesi del punto (4).
Per la (4.1) otteniamo immediatamente che U (z) `e chiuso per ogni z, e ci`o
verifica l’ipotesi (3.1).
Inoltre ∀ y ∈ X
U −1 (y) = {z ∈ Z : y ∈ U (z)} = {z ∈ Z : y ∈ (X \ S −1 (z))}
= {z ∈ Z : y 6∈ S −1 (z)} = {z ∈ Z : z 6∈ S(y)} = Z \ S(y).
Analogamente, ∀ x ∈ X, V −1 (x) = X \ T (x).
Quindi l’ipotesi (3.2) coγ (Z \ U −1 (y)) ⊂ X \ V −1 (y) ∀ y ∈ X si traduce in
coγ (Z \ (Z \ S(y))) ⊂ X \ (X \ T (y)),
ovvero coγ (S(y)) ⊂ T (y) ∀ y ∈ X, che `e immediatamente soddisfatta per
l’ipotesi (4.2).
S
Infine per la (4.3) sappiamo che ∃ M ∈< Z > : X = z∈M S −1 (z), ovvero
X=
[
(X \ U (z)) = X \
z∈M
\
U (z).
z∈M
T
Questo implica che z∈M U (z) = ∅, quindi {U (z)}z∈Z non gode della propriet`
a dell’intersezione finita. Allora non pu`o valere l’ipotesi (3.3): deve
esistere x0 ∈ X tale che
x0 6∈ V (x0 ) ⇔ x0 6∈ X \ T −1 (x0 ) ⇔ x0 ∈ T −1 (x0 ) ⇔ x0 ∈ T (x0 ).
(4) ⇒ (1)
Sia G : Z → X una funzione KKM a valori chiusi. Definiamo S : X ( Z e
T : X ( X nel modo seguente:
S(y) := Z \ G−1 (y) ∀ y ∈ X e T (y) := coγ (S(y)) ∀ y ∈ X.
Notiamo subito che S e T soddisfano l’ipotesi (4.2); inoltre ∀ z ∈ Z
S −1 (z) = {y ∈ X : z 6∈ G−1 (y)} = {y ∈ X : y 6∈ G(z)} = X \ G(z),
quindi S −1 (z) `e aperto ∀ z ∈ Z, e questo verifica la (4.1).
Supponiamo ora per assurdo
che G non goda della propriet`a dell’intersezione
T
finita: ∃ M ∈< Z > : z∈M G(z) = ∅, ovvero
\
X \ S −1 (z) = ∅
⇔
X=
z∈M
[
S −1 (z)
(ip. (4.3)).
z∈M
Tutte le ipotesi del punto (4) sono soddisfatte, pertanto ∃ x0 ∈ X:
[
x0 ∈ T (x0 ) = coγ (S(x0 )) = {γ(A) : A ∈< S(x0 ) >}.
72
Questo significa che esiste un sottoinsieme A0 finito non vuoto di S(x0 ) tale
che x0 ∈ γ(A0 ).
Dato che per definizione S(x0 ) = Z \ G−1 (x0 ), risulta anche A0 ⊂ Z \
G−1 (x0 ), cio`e ∀ z ∈ A0 x0 6∈ G(z).
D’altra parte G `e una funzione KKM e A0 ∈< S(x0 ) >⊂< Z >, perci`o
γ(A0 ) ⊂ G(A0 ). Pertanto x0 ∈ G(A0 ), e quindi ∃ z ∈ A0 : x0 ∈ G(z).
Siamo giunti ad un assurdo.
Teorema 6.1.3. Sia (X, Z, γ) uno spazio convesso astratto tale che
(1) (X, Z, γ) soddisfa il principio KKM parziale.
Allora sono valide le seguenti affermazioni:
(5) Principio KKM parziale generalizzato Sia G : Z ( X una funzione KKM tale che:
(5.1) G(z) `e chiuso ∀ z ∈ Z;
(5.2) esiste un sottoinsieme non vuoto compatto K di X tale sia
valida una delle seguenti condizioni di compattezza:
(i) K = X; oppure
S
(ii) ∃ M ∈< Z > : K = z∈M G(z); oppure
(iii) ∀ N ∈< Z > ∃ Z 0 ⊂ Z, ∃ LN ⊂ X: LN `e un sottoinsieme
compatto e γ-convesso relativo a Z 0 , N ⊂ Z 0 , e
\
LN ∩
G(z) ⊂ K.
z∈Z 0
Allora K ∩
T
z∈Z
G(z) 6= ∅.
(6) Siano f : X × Z → R e g : X × X → R due funzioni a valori reali
estesi, e siano s, t ∈ R tali che:
(6.1) ∀ z ∈ Z {x ∈ X : f (x, z) > s} `e aperto;
(6.2) ∀ x ∈ X coγ {z ∈ Z : f (x, z) > s} ⊂ {y ∈ X : g(x, y) > t};
(6.3) vale l’ipotesi (5.2);
allora si verifica una delle seguenti:
(a) ∃ x0 ∈ X : f (x0 , z) ≤ s ∀ z ∈ Z; oppure
(b) ∃ x ∈ X : g(x, x) > t.
(7) Sotto le ipotesi (6.1), (6.2), (6.3), se
s = t = sup g(x, x),
x∈X
allora ∃ x0 ∈ X :
sup f (x0 , z) ≤ sup g(x, x).
z∈Z
x∈X
73
Dimostrazione. (1) ⇒ (5)
Caso (i): K = X. Per ogni z ∈ Z, G(z) `e un insieme chiuso contenuto
nel compatto X, quindi ogni G(z) `e insieme compatto. Questo `e un caso
particolare del (ii).
Caso (ii): siccome G `e una funzione KKM, la famiglia {G(z)}z∈Z gode della
propriet`
a dell’intersezione finita; lo stesso vale anche per {K ∩ G(z)}z∈Z , che
`e contenuta nel compatto K. Utilizzando allora il fatto che, in un compatto,
una famiglia di chiusi che gode della propriet`a dell’intersezione finita ha
intersezione non vuota, otteniamo
\
\
(K ∩ G(z)) 6= ∅, ovvero K ∩
G(z) 6= ∅.
z∈Z
z∈Z
T
Caso (iii): supponiamo per assurdo che K ∩ z∈Z G(z) = ∅, cio`e
\
[
K⊂X\
G(z) =
(X \ G(z)).
z∈Z
z∈Z
Poich´e ciascun G(z) `e un insieme chiuso, ogni X \G(z) risulta aperto, quindi
{X \ G(z)}z∈Z `e un ricoprimento del compatto K, da cui possiamo estrarre
il ricoprimento finito {X \ G(z)}z∈M per un certo M ∈< Z >.
Sia LM il sottoinsieme compatto γ-convesso relativo a un certo Z 0 ⊂ Z dato
dall’ipotesi (iii).
Definiamo la multifunzione a valori chiusi F : Z 0 ( LM :
F (z) := G(z) ∩ LM
∀ z ∈ Z 0,
e definiamo la multifunzione γ 0 :< Z 0 >( LM :
γ 0 (A0 ) := γ(A0 ) ∩ LM
∀ A0 ∈< Z 0 > .
Per lo spazio convesso astratto (LM , Z 0 , γ 0 ) F `e una funzione KKM, perch´e
∀ A0 ∈< Z 0 >
γ 0 (A0 ) = γ(A0 ) ∩ LM ⊂ G(A0 ) ∩ LM = F (A0 ).
Inoltre per il Lemma 6.1.1 anche (LM , Z 0 , γ 0 ) soddisfa il principio KKM
parziale, da cui segue che {F (z)}z∈Z 0 gode della propriet`a dell’intersezione
finita. L’insieme LM `e compatto, quindi possiamo applicare il Caso (i) a
F in (LM , Z 0 , γ 0 ) e ottenere che
\
F (z) 6= ∅.
z∈Z 0
Allora esiste y0 tale che
\
\
\
y0 ∈
F (z) =
(G(z) ∩ LM ) = LM ∩
G(z) ⊂ K.
z∈Z 0
z∈Z 0
z∈Z 0
74
S
D’altra parte, considerato che y0 ∈ K = z∈M (X \ G(z)), risulta che ∃ z0 ∈
M ⊂ Z 0 : y0 6∈ G(z0 ). Siamo giunti ad un assurdo.
(5) ⇒ (6)
Definiamo la multifunzione G : Z ( X tale che ∀ z ∈ Z
G(z) := {x ∈ X : f (x, z) ≤ s}.
Per l’ipotesi (6.1), G(z) `e chiuso per ogni z.
Supponiamo che la tesi (b) non sia valida: ∀ x ∈ X g(x, x) ≤ t; dobbiamo
dimostrare che allora vale la (a).
Vogliamo innanzitutto provare che G `e una funzione KKM. Supponiamo
dunque per assurdo che non lo sia: ∃ N ∈< Z > tale che γ(N ) * G(N ).
Allora esiste x
ˆ ∈ γ(N ) tale che x
ˆ 6∈ G(N ), cio`e
f (ˆ
x, z) > s ∀ z ∈ N.
Quindi N ⊂ {z ∈ Z : f (ˆ
x, z) > s}.
Per la (6.2) si ha allora γ(N ) ⊂ {y ∈ X : g(ˆ
x, y) > t}, e dato che x
ˆ ∈ γ(N ),
g(ˆ
x, x
ˆ) > t, ma questo `e assurdo.
Il fatto che G sia una funzione KKM ci permette di applicare il teorema (5),
da cui
\
K∩
G(z) 6= ∅.
z∈Z
T
In particolare z∈Z G(z) 6= ∅, ovvero esiste x0 ∈ X : f (x0 , z) ≤ s ∀ z ∈ Z,
e questo prova la tesi (a).
(6) ⇒ (7)
E’ immediato: se s = t = supx∈X g(x, x) non pu`o verificarsi la tesi (b) del
punto (6), quindi deve valere la (a):
∃ x0 ∈ X : f (x0 , z) ≤ s = sup g(x, x)
∀ z ∈ Z.
x∈X
Allora
sup f (x0 , z) ≤ sup g(x, x).
z∈Z
x∈X
Osserviamo che questi Teoremi riassumono bene il lavoro svolto nei Capitoli precedenti: i punti (1), (2), (3), (5) sono le evoluzioni del Lemma
KKM e del suo Corollario, il Lemma Fan-KKM; il punto (4) `e un Teorema
di punto fisso; il (6) e il (7) sono Disuguaglianze di minimax.
Per di pi`
u, se nel Teorema (6) eliminiamo l’ipotesi (6.3) e indeboliamo la
tesi (a), chiedendo che
∀ N ∈< Z > ∃ xN ∈ X : f (xN , z) ≤ s ∀ z ∈ N ;
75
e di conseguenza indeboliamo anche la tesi del punto (7), che diventa
∀ N ∈< Z > ∃ xN ∈ X : sup f (xN , z) ≤ sup g(x, x),
z∈N
x∈X
si pu`
o dimostrare che anche (6) e (7) sono propriet`a equivalenti al principio
KKM parziale (cfr. [28]).
` interessante notare come il principio KKM parziale, nella sua semplicit`a,
E
risulti equivalente a tanti risultati cos`ı diversi tra loro; peraltro abbiamo
deciso di riportare solo quelli pi`
u significativi - ne esiste almeno un’altra
decina! (cfr. [28]).
6.2
Forme generali della Disuguaglianza di Fan e
del Teorema di Nash
Il punto (7) del Teorema 6.1.3 `e un’interessante disuguaglianza di minimax, da cui discendono ulteriori generalizzazioni della Disuguaglianza di
Fan (Teorema 4.4.2).
Definizione 6.2.1. Sia (X ⊃ Z, γ) uno spazio convesso astratto. Una
funzione h : X → R `e quasiconcava su X se {x ∈ X : h(x) > r} `e γ-convesso
per ogni r ∈ R.
Diremo inoltre che (X, Z, γ) `e uno spazio convesso astratto compatto se
X `e uno spazio topologico compatto.
Corollario 6.2.1. Sia (X ⊃ Z, γ) uno spazio convesso astratto compatto che
soddisfa il principio KKM parziale, e siano f : X × Z → R e g : X × X → R
due funzioni tali che:
(8.1) ∀ z ∈ Z x → f (x, z) `e semicontinua inferiormente su X;
(8.2) ∀ (x, z) ∈ X × Z f (x, z) ≤ g(x, z);
(8.3) ∀ x ∈ X y → g(x, y) `e quasiconcava su X.
Allora ∃ x ∈ X:
sup f (x, z) ≤ sup g(x, x).
z∈Z
x∈X
Dimostrazione. Vogliamo applicare a f e g il punto (7) del Teorema 6.1.3.
Innanzitutto prendiamo
s = t = sup g(x, x),
x∈X
e osserviamo che la compattezza dello spazio (X ⊃ Z, γ) rende soddisfatta
la pi`
u semplice - (i) - delle Condizioni di compattezza, quindi la (6.3) `e
verificata.
76
Per la (8.1) risulta che ∀ z ∈ Z {x ∈ X : f (x, z) > s} `e aperto, e questo
soddisfa l’ipotesi (6.1).
Verifichiamo ora l’ipotesi (6.2). Grazie alla (8.2), poich´e s = t, otteniamo
che
{z ∈ Z : f (x, z) > s} ⊂ {z ∈ Z : g(x, z) > t};
inoltre la (8.3) assicura che
coγ {z ∈ Z : g(x, z) > t} ⊂ {y ∈ X : g(x, y) > t}.
Concatenando queste inclusioni giungiamo a
coγ {z ∈ Z : f (x, z) > s} ⊂ coγ {z ∈ Z : g(x, z) > t} ⊂ {y ∈ X : g(x, y) > t},
che verifica la (6.2).
Allora per il Teorema (7) ∃ x ∈ X: supz∈Z f (x, z) ≤ supx∈X g(x, x).
Corollario 6.2.2 (Disuguaglianza di Fan per gli spazi convessi astratti). Sia (X, γ) uno spazio convesso astratto compatto che soddisfa il principio KKM parziale, e sia f : X × X → R una funzione tale che:
(9.1) ∀ y ∈ X x → f (x, y) `e semicontinua inferiormente su X;
(9.2) ∀ x ∈ X y → f (x, y) `e quasiconcava su X.
Allora ∃ x ∈ X:
sup f (x, y) ≤ sup f (y, y).
y∈X
y∈X
Osservazione 6.3. Poich´e, come gi`a avevamo evidenziato, ogni sottoinsieme
convesso di uno spazio vettoriale topologico `e uno spazio convesso astratto
che soddisfa il principio KKM parziale, il Corollario 6.2.2 generalizza la
Disuguaglianza di Fan dimostrata nel Capitolo 4 (Teorema 4.4.2).
Nello stesso modo in cui, nel Capitolo 5, la Disuguaglianza di Fan (Teorema 4.4.2) ci ha permesso di estendere il Teorema di Nash al contesto degli
spazi vettoriali topologici (Teorema 5.1.2), questa nuova versione ancor pi`
u
generale consente adesso di dimostrare il Teorema di Nash nel vastissimo
ambito degli spazi convessi astratti. L’introduzione di nuovi concetti quali il principio KKM parziale e la γ-convessit`a determinano alcune modifiche nelle ipotesi del Teorema, che esamineremo dopo la sua esposizione e
dimostrazione.
Richiamando le nozioni introdotte nel Capitolo di Teoria dei Giochi,
consideriamo un gioco in forma strategica G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ).
Lemma 6.2.3. Sia {(Ai , Zi , γi )}i∈N una famiglia finita di spazi convessi
astratti compatti, e siano
- A :=
×
i∈N
Ai ;
77
- Z :=
×
i∈N
Zi ;
- ∀ i ∈ N , presa la proiezione πi : Z → Zi ,
γ(M ) :=
× γ (π (M ))
i
i
∀ M ∈< Z > .
i∈N
Allora (A, Z, γ) `e uno spazio convesso astratto compatto.
Dimostrazione. Immediato.
Teorema 6.2.4 (Nash). Sia G = (N, (Ai )i∈N , (ui )i∈N ) un gioco in forma
strategica tale che ∀ i ∈ N = {1, ..., n}:
(I) Ai `e dotato di una multifunzione γi :< Ai >( Ai tale che (Ai , γi ) `e uno
spazio convesso astratto compatto, e (A, γ), definito come nel Lemma
6.2.3, soddisfa il principio KKM parziale;
(II) ui : A → R `e una funzione continua;
P
(III) ∀ a ∈ A la funzione b → ni=1 ui (a−i , bi ) `e quasiconcava su A.
Allora G ha un equilibrio di Nash.
Dimostrazione. Definiamo la funzione f : A × A → R : ∀ (a, b) ∈ A × A
f (a, b) :=
n
X
(ui (a−i , bi ) − ui (a−i , ai )).
i=1
Vogliamo applicare il Corollario 6.2.2 a f nello spazio (A, γ).
Certamente f (a, a) = 0 ∀ a ∈ A, quindi supa∈A f (a, a) = 0.
Inoltre per l’ipotesi (II) f `e una funzione continua, quindi in particolare `e
semicontinua inferiormente nella prima variabile.
Rimane da verificare che f sia quasiconcava nella seconda variabile, ovvero
che ∀ r ∈ R e ∀ a ∈ A
(
)
n
X
{b ∈ A : f (a, b) > r} = b ∈ A :
(ui (a−i , bi ) − ui (a−i , ai )) > r
i=1
sia γ-convesso.P
Posto s := r+ ni=1 ui (a−i , ai ) ∈ R, dall’ipotesi (III) segue immediatamente
che
(
) (
)
n
n
X
X
b∈A:
(ui (a−i , bi ) − ui (a−i , ai )) > r = b ∈ A :
ui (a−i , bi ) > s
i=1
i=1
`e γ-convesso. Allora per il Corollario 6.2.2 esiste a∗ ∈ A tale che
sup f (a∗ , b) ≤ 0,
b∈A
78
ovvero
f (a∗ , b) ≤ 0 ∀ b ∈ A.
(6.3)
Mostriamo infine che a∗ `e un equilibrio di Nash per G. Poich´e la (6.3) vale
per ogni b ∈ A, fissiamo i ∈ N , e prendiamo b = (a∗−i , bi ), dove bi `e un
elemento qualsiasi di Ai . Di conseguenza la disuguaglianza
∗
f (a , b) =
n
X
(ui (a∗−i , bi ) − ui (a∗−i , a∗i )) ≤ 0
i=1
pu`o essere scritta nel modo seguente:
X
ui (a∗−i , bi ) − ui (a∗−i , a∗i ) +
(uj (a∗−j , bj ) − uj (a∗−j , a∗j )) ≤ 0.
(6.4)
j6=i
Ma bj = a∗j per ogni j 6= i, quindi
X
(uj (a∗−j , bj ) − uj (a∗−j , a∗j )) = 0,
j6=i
e la (6.4) diventa ui (a∗−i , a∗i ) ≥ ui (a∗−i , bi ) ∀ bi ∈ Ai . Ripetendo questi
passaggi per ogni i ∈ N , otteniamo che a∗ `e un equilibrio di Nash per il
gioco G.
Osservazione 6.4. La dimostrazione del Teorema di Nash appena conclusa
ricalca quella adoperata per dimostrare il Teorema di Nash nel contesto degli
spazi vettoriali topologici (Teorema 5.1.2), che `e ispirata a quella proposta
da Aubin in [2]. Non abbiamo riportato la dimostrazione originale, dovuta
a Park, che si trova nell’articolo [27] (The Fan Minimax Inequality implies
the Nash Equilibrium Theorem), perch´e a nostro avviso non `e corretta. Per
ottenere una dimostrazione corretta abbiamo dovuto rafforzare le ipotesi del
Teorema, chiedendo che
P
(III) ∀ a ∈ A b → ni=1 ui (a−i , bi ) sia quasiconcava su A.
Infatti non `e vero che la somma di funzioni quasiconcave sia a sua volta una
funzione quasiconcava, quindi l’ipotesi che ciascuna funzione di utilit`a ui sia
quasiconcava nella variabile i-esima non `e sufficiente.
Questo inconveniente ha messo in luce un problema aperto nella Teoria KKM: quello di formulare una condizione di convessit`
a per le funzioni
definite negli spazi convessi astratti, che in primo luogo implichi la normale convessit`
a se lo spazio `e vettoriale, e in secondo luogo implichi la
quasiconvessit`
a.
Osservazione 6.5. I teoremi illustrati in questo Capitolo si possono ulteriormente generalizzare. Infatti al concetto di multifunzione a valori chiusi si
pu`o sostituire quello di multifunzione a valori intersezionalmente chiusi : si
definisce tale una multifunzione G : Z ( X tale che
\
\
G(z) =
G(z);
z∈Z
z∈Z
79
analogamente a ogni multifunzione a valori aperti si pu`o sostituire una
multifunzione a valori unitamente aperti, cio`e una G : Z ( X tale che
!
[
[
int(G(z)) = int
G(z) .
z∈Z
z∈Z
Si pu`
o ad esempio dimostrare (cfr. [21]) che se G `e a valori chiusi allora `e a
valori intersezionalmente chiusi.
E ancora, una funzione f : X → R si dice generalmente semicontinua
inferiormente su X se ∀ r ∈ R
{x ∈ X : f (x) ≤ r} `e intersezionalmente chiuso.
Abbiamo preferito non introdurre tutte queste definizioni per non appesantire la trattazione; per approfondimenti si possono consultare [24], [26],
[27].
80
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