SPECIALE XI EDIZIONE CONGRESSO NAZIONALE OSDI

ANNO VII GIUGNO 2014 N. 2
SPECIALE XI EDIZIONE
CONGRESSO
NAZIONALE OSDI
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IN...FORMAZIONE
Periodico trimestrale
dell’Associazione OSDI
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di Diabetologia Italiani
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Autorizzazione del tribunale
di Lecce n. 1014 - marzo 2009
Lettera del
Presidente uscente
pag.
4
Lettera del Presidente
DIRETTORE RESPONSABILE
Maria Teresa Branca
VICE-DIRETTORE
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COMITATO SCIENTIFICO
Roberta Chiandetti
Maria Teresa Branca
Giovanni Lo Grasso
Lia Cucco
COMITATO DI REDAZIONE
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Lia Cucco
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Marcella Lai
Elisa Levis
Giovanni Lo Grasso
Vilma Magliano
Alberto Pambianco
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Katia Speese
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PROGETTAZIONE GRAFICA,
IMPAGINAZIONE E STAMPA
Carra Editrice
73042 Casarano (Le)
Tel. 0833.502319
Dal Congresso
Nazionale...
pag.
pag.
11
7
17
Articolo originale
IL SIGNIFICATO
DELLE CURE INFERMIERISTICHE
IN DIABETOLOGIA
a cura di Lia Cucco,
dal Congresso Osdi
Trieste 2014
Comunicazioni orali
e Poster
pag.
25
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
N. 2 Giugno 2014
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Carissimi tutti,
con grande piacere e soddisfazione scrivo due
parole di commento sul Nostro XI Congresso
Nazionale.
E’ stato un evento che, contrariamente alle
aspettative, ha visto la partecipazione di circa
400 iscritti. Già questo è stato un importante
obiettivo che il CDN ha portato a casa, grazie
alla vicinanza ed alla partecipazione delle
Aziende che comunque, nonostante i tempi di
crisi, hanno scelto di stare vicino
all’Associazione e alle strategie che negli ultimi
due anni, così come nei mandati precedenti,
OSDI sta cercando di perseguire.
Il Congresso Nazionale è da sempre momento di incontro, di conoscenza, di condivisione di saperi ed esperienze talvolta comuni.
In questa edizione il CDN ha scelto di affrontare
in apertura il tema dell’assistere e del curare
da un punto di vista complementare a quello
del nursing grazie agli interventi del filosofo
esperto di bioetica prof Enrico Furlan e della
psicologa esperta in comunicazione Dott.ssa
Marina Cassoni. A loro va il grande merito di
aver iniziato i lavori congressuali con il giusto
“ritmo”. I lavori sono poi proseguiti sempre ad
altissimo livello grazie al contributo di relatori
e moderatori che, ciascuno nel proprio ruolo,
hanno saputo affrontare le tematiche cliniche,
organizzative e relazionali con grande competenza e professionalità.
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Auguri di buon lavoro al prossimo CDN e
al nuovo Presidente OSDI, l’amico Giovanni.
Arrivederci e…ad maiora!.
N. 2 Giugno 2014
E’ stato un Congresso che ha scelto di trattare una tematica importante come quella
dell’assistenza al paziente anziano ed alla
cronicità nel suo insieme, e ha toccato vari
aspetti di approfondimento multidisciplinare
e multi professionale, con ricchezza di contenuti
e molteplici opportunità di confronto. Le tre
giornate di lavoro hanno quindi segnato il
successo del CDN che, in due anni di incontro
e condivisione di momenti anche difficili e
delicati dal punto di vista associativo, ha dimostrato impegno e perseveranza in un percorso
di crescita non solo professionale ma anche
culturale.
Rimane infine il ricordo dell’incontro di
amici vecchi e nuovi, con i quali continuare un
cammino di crescita personale e professionale
con rinnovato ottimismo.
Un Grazie a tutto il CDN che mi ha supportato in questi due anni, al Comitato scientifico
del Congresso che ha permesso un’ottima riuscita dell’evento ed a tutti i partecipanti che
hanno dato vita a questo importante momento
associativo.
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del presidente
di Giovanni Lo Grasso
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
lettera
Care Colleghe e Cari Colleghi
reduce dall’XI Congresso Nazionale OSDI non nascondo l’orgoglio e la grande emozione
con cui mi accingo a scrivere la prima “lettera del Presidente”. L’evento congressuale
ma è sempre più un appuntamento di prestigio utile a dare lustro alle attività portate
avanti nel biennio precedente, a mettere in bella mostra le professionalità del mondo
OSDI e a manifestare l’impegno nel prendersi cura delle persone affette da diabete.
Dentro il mondo OSDI mi piace vederci i colleghi che aderiscono e lavorano con entusiasmo,
quanti di essi partecipano attraverso contributi scientifici e culturali, quanti rappresentano
l’associazione ai vari livelli, quanti ancora si prodigano nel quotidiano per far crescere
N. 2 Giugno 2014
nazionale non solo segna il passaggio di consegne alla guida della Nostra Associazione
la cultura della presa in carico del paziente come strumento per assistere le persone
con malattie croniche. Di questo mondo fanno parte anche tanti professionisti sanitari
e non, che pur non appartenendo all’universo infermieristico, sono al fianco degli
infermieri in questo percorso di professionalizzazione e di crescita culturale (e lo sono
stati anche in questo evento congressuale) contribuendo con contenuti scientifici e
culturali a migliorare il nostro cammino.
Grazie a tutti per averci creduto e soprattutto perché sono certo che continuerete a
crederci!
La vetrina della Stazione Marittima, della splendida Trieste, ha adempiuto a pieno al
compito per la quale è stata scelta come sede congressuale. I contenuti scientifici e
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O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
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culturali previsti dal comitato organizzatore sono stati piacevolmente resi fruibili e, dai
feedback ricevuti da molti di coloro che hanno partecipato attivamente ai lavori
congressuali, pare siano anche stati graditi. Un aspetto che esula dai contenuti scientifici
ed è annoverato tra le formalità, i così detti saluti di rito delle “autorità”, anche questa
volta e forse sempre con più incisività, si sono trasformati in vere manifestazione di
stima, affetto e amicizia, a testimoniare percorsi, esperienze, vissuti e prospettive
professionali comuni. Anche per questo un sentito grazie a tutti questi “compagni di
viaggio”.
Veniamo alle sfide di questo recente passato e a quelle che mi immagino caratterizzeranno
il prossimo futuro.
Il tema del congresso, “la malattia diabetica nella persona anziana e la sostenibilità del
percorso”, scelto dal comitato scientifico, ha voluto mettere in risalto una realtà
caratterizzata dal cambiamento demografico, dall’aumento delle persone affette da
diabete e da comorbilità, dalla riorganizzazione dell’offerta sanitaria che mette sempre
più in discussione la sostenibilità delle cure (non solo dal punto di vista economico ma
sempre più da quello organizzativo). Se lo scenario demografico del nostro paese sta
cambiando, e il sistema sanitario lo sta seguendo, anche le organizzazioni professionali
devono seguire tale cambiamento. OSDI, negli ultimi anni, ha operato in questa direzione,
mantenendo il focus sull’infermiere che si occupa di assistere le persone con diabete
ma ponendo la giusta attenzione ad un contesto sanitario che muta facendosi portavoce
di questi cambiamenti e delle istanze professionali in ogni occasione, compresi i tavoli
tecnici con le istituzioni. In questo contesto entrano i percorsi e gli strumenti storici di
OSDI quali la Scuola Formatori, la rivista, il sito internet, l’attività del Provider ECM e
non per ultimo il lavoro intrapreso nel 2011 e continuato sino al 2013 di Revisione della
Letteratura, che ha prodotto le Raccomandazioni Assistenziali in campo diabetologico.
Tutte le attività elencate vanno supportate e promosse al fine di perseguire le finalità
associative che ci consentono di stare tutti assieme all’interno di OSDI. Il percorso di
Revisione della letteratura che si è rivelato uno strumento con un potenziale propulsivo
notevole non si può e non si deve arrestare; è necessario pertanto trovare la forma e i
mezzi per continuare in questa direzione.
I prossimi anni saranno di fondamentale importanza per il consolidamento dei rapporti
con le Istituzioni, con le Società Scientifiche e con le Associazioni delle persone con il
diabete. Durante questo cammino avrò certamente bisogno di tutti Voi per continuare
la nostra storia sull’onda della continuità di quanto fatto negli ultimi anni, sulla strada
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Vi invito alla lettura di questo numero della rivista dove troverete un reportage sia di
contenuti scientifici che iconografici del Congresso di Trieste.
AugurandoVi una buona lettura Vi saluto per ritrovarci dopo l’estate con il prossimo
numero della Nostra rivista.
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
già tracciata da Maria Teresa e da Roberta che mi hanno egregiamente preceduto negli
ultimi anni e che ringrazio per il supporto sin oggi prestato. Sono certo che sia loro che
tutti gli altri colleghi che a vario titolo hanno rappresentato e rappresentano ad oggi
l’associazione ci sono stati e continueranno ad esserci perche sono indispensabili per
il futuro dell’associazione stessa. Essere uniti, condividere il percorso aiuta a portare
avanti i risultati di oggi ma soprattutto aiuta a far crescere OSDI.
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Giovanni Lo Grasso
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Dal Congresso
Nazionale...
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L’etica del prendersi cura
Dr. Enrico Furlan,
Filosofo, Università di Padova
Sempre più spesso i professionisti della salute
fanno esperienza di un profondo disagio morale
(moral distress). In molte circostanze, si chiedono
se abbia senso fare tutto ciò che è tecnicamente
disponibile e si interrogano se non vi siano modi
diversi di prendersi cura delle persone, specialmente quelle affette da patologie croniche.
Per affrontare tale disagio morale è necessario
innanzitutto mettere a fuoco i fattori all’origine
del cambiamento epocale che caratterizza il mondo sanitario da circa mezzo secolo. Tali fattori
(irruzione della tecnica, emancipazione del paziente, iper-specializzazione, problema
dell’allocazione di ricorse limitate, pluralismo
etico) sono all’origine della stessa bioetica.
Ciò che emerge con chiarezza in questo mutato contesto è la necessità di argomentare con
pazienza e rigore le ragioni alla base delle scelte
che si compiono ogni giorno in ambito sanitario:
in molti casi, non è più auto-evidente cosa sia
benefico per un paziente e non è sempre vero
che il massimo dell’ intervento tecnico coincida
con il massimo del rispetto per la persona malata.
Argomentare il giudizio etico in un contesto
pluralistico richiede però il riferirsi a un orizzonte
comune, condivisibile anche da persone che – per
altri aspetti – aderiscono a visioni etiche, filosofiche e religiose diverse fra loro. In ambito europeo, è utile fare riferimento alla Convenzione
europea sulla bioetica
(Convenzione di Oviedo),
la quale riconosce nella
dignità umana e nei diritti
umani la base comune
condivisa da cui partire
per articolare una riflessione pubblica sulle
questioni etiche poste
dall’avanzamento della
biomedicina.
Ma cosa richiede, in concreto, il rispetto che
dobbiamo a ogni essere umano, in particolare se
malato e fragile? La riflessione bioetica ha individuato alcuni principi in grado di orientare
l’argomentazione etico-clinica: non-maleficenza,
beneficenza, autonomia e giustizia. Opportunamente intesi, tali principi possono guidare i professionisti della salute a rispettare i propri pazienti, prendendo in considerazione le dimensioni
fondamentali della vita personale: l’integrità psicofisica, la libertà e la relazionalità.
Questo approccio promuove e sostiene la
creatività morale dei professionisti della salute,
perché richiede di individuare assieme modi nuovi
di curare le persone, guardando all’intero della
loro vita e della loro storia (non solo a un organo
o a una patologia) e tenendo conto dell’equilibrio
complessivo del sistema sanitario.
Richiede inoltre di andare oltre il concetto
liberale di autonomia e di riconoscere che le
persone esercitano la loro autonomia sempre
dentro le relazioni.
In sintesi, prendersi cura delle persone significa riconoscerne la comune umanità (relazionalità
e vulnerabilità) e costruire percorsi di accompagnamento adatti a manifestare il rispetto nelle
mutate circostanze in cui siamo chiamati a operare
nel mondo sanitario contemporaneo.
Marina Cassoni,
Psicologo, psicoterapeuta, esperto di formazione
La cifra dell’uomo – sin dalla sua comparsa –
è stata quella di trascendere la natura con la
cultura, al punto che gli studiosi affermano che
la cultura è una nostra possibilità biologica.
L’uomo vive “all’incrocio” tra il dominio della
natura e il dominio della cultura, cioè della trasformazione continua di ciò che esiste: siamo
dotati di un corpo con alcune caratteristiche
imprescindibili, viviamo in un ambiente fisico,
ma abbiamo sviluppato la nostra civiltà grazie
alla conoscenza scientifica e alla capacità di estendere le nostre possibilità con l’uso di strumenti
e di tecniche, con la creazione di istituzioni sociali,
di regole di convivenza la cui sorgente è il diritto
e non la forza, di riti e consuetudini che ci educano
alla relazione e alla protezione, non solo dei
consanguinei, ma anche di ambiti molto allargati
della collettività.
La specie umana rappresenta quindi la specie
culturale per antonomasia, benché non sia l’unica,
-come dimostrato dalle scienze etologiche- è
sicuramente quella più sviluppata.
La cultura si evolve e modifica le generazioni,
modifica gli sguardi sul mondo e le pratiche di
convivenza, di salute, di giustizia e –più in generale- lo sguardo sociale.
Lo sguardo quindi è la metafora di una prospettiva, di una concezione psicologica o emotiva,
sia a livello individuale, sia a livello sociale.
Lo sguardo sull’anziano
Anche il concetto di «anziano» è frutto di uno
sguardo che incrocia punti di vista:
• biologico;
• sociologico;
• culturale;
• politico.
L’uomo da sempre teme la vecchiaia ed esalta
la giovinezza, l’una vicina al declino e alla morte,
l’altra progettuale e protesa verso l’eros della
vita.
27 secoli fa il poeta greco Mimnermo:
“cosa di breve durata come sogno
è giovinezza preziosa; e terribile e deforme
vecchiaia sul capo a un tratto è sospesa,
odiosa del pari e spregevole,
che irriconoscibile fa l’uomo
e rovina, avviluppandoli, gli occhi e la mente”
E l’uomo teme lo sguardo che oggettiva
il corpo che decade:
“Sono andato questa mattina dal mio medico,
Ermogene, recentemente rientrato in Villa da un
lungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitasse
a digiuno, ed eravamo d’accordo di incontrarci di
primo mattino. Ho deposto mantello e tunica, mi
sono adagiato sul letto. Ti risparmio particolari
che sarebbero altrettanto sgradevoli per te, quanto
lo sono per me, e la descrizione del corpo di un
uomo che si inoltra negli anni, ed è vicino a morire
di un’idropisia al cuore. Diciamo solo che ho tossito,
respirato, trattenuto il fiato…
E’ difficile rimanere imperatore in presenza di
un medico ; difficile anche conservare la propria
essenza umana; l’occhio del medico non vede in
me che un aggregato di umori e odori , povero
amalgama di linfa e di sangue …
E’ terribile … quando il corpo è sano ubbidisce,
quando è ammalato comanda….
Comincio a scorgere il profilo della mia morte”.
Tratto da “Memorie di Adriano” Marguerite
Yourcenar
N. 2 Giugno 2014
Una breve premessa
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Fragilità, potenzialità
e relazione di cura
Un neuroscienziato
“Invecchiamo perché alla natura, cioè alla
selezione naturale, non “interessa” ciò che avviene
dopo l’età riproduttiva… la natura non ci condanna
ad invecchiare, né vuole farci invecchiare. Sempli-
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O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
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cemente ci lascia invecchiare …abbiamo assolto
al nostro compito riproduttivo e la biologia non è
più «interessata» al mantenimento in piena efficienza dei geni individuali”. Tratto da “Lettera
a un bambino che vivrà 100 anni” Edoardo
Boncinelli – Rizzoli Editore
Il modo in cui le persone anziane sono percepite e trattate all’interno di una società è frutto
di molteplici fattori: fattori di tipo socio-sanitario:
qualità delle cure, stili di vita, diffusione di comportamenti e atteggiamenti di prevenzione; fattori
culturali: accesso all’istruzione, alla ricchezza,
al tempo libero, riconoscimento collettivo che
ogni età della vita racchiude in sé valori e risorse,
potenzialmente accessibili.
Poiché l’umanità è progredita e la lunghezza
media della vita si è allungata, l’invecchiamento
della popolazione interroga tutti i policy maker:
gli anziani sono un costo? sono una risorsa? quali
interrogativi etici pone la durata della vita e a
quali condizioni ha senso?
Socialmente le politiche socio-sanitarie mirano
a riconoscere crescente valore agli anni: il 2012
è stato proclamato “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale” a testimonianza del fatto che è
importante che l’anziano abbia un mondo esterno
a cui consegnare i propri pensieri, le proprie azioni
ed emozioni e i propri desideri.
Molti in questo senso sono i progetti: ne cito
alcuni: il progetto SEVEN una rete europea di 29
organizzazioni che promuovono l’apprendimento
continuo e le attività di volontariato; il progetto
MATES che -in Andalusia- ha prodotto linee guida
per la realizzazione e l’attuazione di progetti
intergenerazionali. Anche in Italia possiamo citare
la Regione Veneto che sperimenta forme di servizio
civile per gli anziani o la Regione Liguria, o la
Regione Toscana, solo per fare alcuni esempi.
Insomma le politiche muovono alcuni passi importanti proprio per ridurre la fragilità sociale,
psicologica, economica e indebolire il legame fra
fragilità e vita anziana.
Come potenziare queste policy, come fare
la propria parte per renderle possibili?
In questo senso noi operatori sanitari possiamo fare la differenza e la possiamo agire
nell’incontro di cura concreto, quotidiano,
nell’essere portatori di uno sguardo sulle persone anziane, che riconosce le loro possibilità.
Come può essere uno sguardo: sfuggente,
attento, disinteressato, giudicante, assente, amorevole, benevolo, gentile, tagliente...
Il nostro sguardo cambia: risente della nostra
stanchezza, della nostra delusione, soddisfazione,
paura, ecc... Il nostro sguardo muta anche ciò che
guardiamo: pensate come è diverso guardare in
maniera giudicante, piuttosto che benevolo.
Essere in grado di aiutare le persone a riconoscere le loro possibilità residue e concrete –
significa guardarle come persone desideranti:
vedere in loro individui che amano la compagnia,
amano essere utili, essere amiche di.., significa
quindi restituire uno sguardo che le avvicina alla
vita e non alla morte.
Si crea una relazione di cura corretta tecnicamente e risonante emotivamente.
Nell’essere risonanti o sintonici stabiliamo
una relazione di cura che si sviluppa nel presente,
con ascolto partecipe e non giudicante.
Il tema dello sguardo verso l’anziano diventa quindi simmetrico al tema dello sguardo
che abbiamo verso noi stessi: ci guardiamo
come persone che curano il proprio valore
e quindi promuoviamo il valore degli altri
quando professionalmente li incontriamo?
Il valore non è mai un’astrazione è ciò a cui
noi dedichiamo tempo ed energie: la cura del
corpo, degli ambienti in cui viviamo, dei nostri
La massima fragilità dell’anziano sta nel
fatto che il suo mondo si riduce sempre di più
sino a coincidere con la sua casa, con il suo
In questa dimensione aiutiamo a far sì che la
cronicità non divori tutte le possibilità e restituiamo all’altro uno sguardo che non lo depotenzia,
ma gli dice “usa e conserva il più possibile tutte
le risorse che hai”.
Penso che questa attenzione di cura ci prepari
ad incontrare interiormente anche l’anziano che
saremo, che a sua volta avrà bisogno di rimanere
il più possibile aperto verso il mondo.
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Un’infermiera una volta mi ha detto: “Per
fortuna si usa sempre meno dare del tu agli
anziani, chiamarli con vezzeggiativi, avvicinarli
psicologicamente ai bambini, parlare loro a
voce alta come se non capissero … ecco da una
parte si vuole essere teneri, ma dall’altra si
rimanda loro un’immagine depotenziata, in cui
la dignità dell’essere uomo è svilita da una
cortesia molle”.
tavolo, il suo letto, i suoi dialoghi sempre più
radi … la cura risonante che noi possiamo prestare agli anziani è certo una cura tecnica, ma
è anche la cura delle loro possibilità, di ciò che
possono ancora afferrare e non di ciò che hanno
perso.
N. 2 Giugno 2014
desideri e della nostra cultura personale e professionale.
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La funzione primordiale della cura
connessa ad ogni essere vivente, si è
profondamente modificata nella società
umana in relazione ai grandi mutamenti
tecnologici, socio-economici, culturali che
hanno generato lo sfaldarsi delle pratiche
assistenziali in una moltitudine di compiti
e attività diversi, da cui si sono delineati
sia dei mestieri che delle professioni, tra
cui quella infermieristica [1].
Comprendere ciò che contribuisce ad
identificare le cure infermieristiche rappresenta un tema vasto ed estremamente
complesso.
E’ un tema di carattere universale e
multidimensionale, che assume connotazioni particolari quando inserito in una
singola cultura, nel singolo sistema sociosanitario, nella singola situazione [2].
Tema delicato, in ragione delle zone
d’interferenza di saperi, di poteri e di
decisioni; difficile, perché facilmente riducibile all’applicazione di una tecnica, o al
contrario, coincidente con il nursing; coinvolgente perché legato a abitudini di vita,
credenze, valori che fanno riecheggiare
in noi le domande più profonde circa
l’esistenza, la morte, la sessualità, il dolore,
l’amore, la sofferenza, il lavoro.
Il problema di una scienza delle cure
specifiche è un dibattito attuale nella
comunità infermieristica, che si interroga
sui suoi valori fondanti e sul valore aggiunto dell’intervento professionale. Numerosi
studi hanno affrontato il caring dal punto
di vista degli infermieri [3-4-5], ma sta
emergendo anche la necessità di indagare
le esperienze e le percezioni dei pazienti
[6] per valutare/valorizzare in quale misura
l’intervento dell’infermiere sia utile a sviluppare nell’utente delle cure, in particolare
nelle situazioni di cronicità, risorse e capacità, potenzialità e desideri, che lo mettano in grado di rispondere alla sua situazione di salute, transitando così in uno
stato di migliore qualità di vita [7].
Appare chiaro quindi che non può
essere solo la prassi a determinare
l’indipendenza e il significato di un ruolo
professionale delle cure, ma la costruzione
di una sua autonomia culturale, la sua
capacità di produrre in proprio il sapere
necessario al governo dell’azione, perché
nel rapporto tra le professioni quella che
produce un sapere avrà anche necessariamente il controllo della sua prassi applicativa, indipendentemente da chi la attua
[8]. In questa filosofia, l’assistenza infermieristica non conta per quello che fa,
ma per quello che rende possibile: non è
nelle attività che vanno ricercate le specificità ma nei risultati perseguibili e negli
obiettivi che è in grado di proporre e
portare avanti.
Capire o esprimere il senso, il valore
e il contenuto delle cure infermieristiche
per le persone con diabete, significa confrontarsi con il dibattito in corso nella
comunità professionale, anche alla luce
delle nostre esperienze e dei nostri saperi
specifici sulla cronicità, mettendosi in una
prospettiva di passaggio da una tradizionale trasmissione orale ad una più congrua
trasmissione scritta, non per rivendicare
ARTICOLO ORIGINALE
a cura di Lia Cucco, dal Congresso Osdi - Trieste 2014
N. 2 Giugno 2014
IL SIGNIFICATO
DELLE CURE INFERMIERISTICHE
IN DIABETOLOGIA
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ARTICOLO ORIGINALE
N. 2 Giugno 2014
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quello che facciamo, ma per capire cosa
modifichiamo con le nostre pratiche.
“Nelle attività e nel know how degli infermieri clinici esperti è racchiusa una grande
quantità di sapere inutilizzato, ma questo
non si potrà ampliare e sviluppare appieno
se gli infermieri non registreranno in modo
sistematico ciò che apprendono dalla loro
esperienza” [9].
D’altra parte, gli infermieri che curano
le persone con malattie croniche hanno
a che fare con alcune variabili che assumono un significato e un valore diverso
nelle cure che gli infermieri erogano alle
persone con malattie acute. Tra queste,
a mio parere, particolarmente rilevanti
sono la concezione del tempo, della complessità, del confine/contaminazione tra
salute e malattia.
Il tempo ha diverse aggettivazioni:
irreversibilità, istante, durata, frequenza,
ritmo…, ma anche la comprensione del
tempo nelle diverse tappe della vita o la
nozione di stabilità e di identità, di cambiamento e di trasformazione, in un processo di adattamento e disadattamento.
Il tempo è la prima variabile che differenzia le malattie acute e le croniche: nelle
acute è un tempo di permanenza di stato,
con durata variabile, in un contesto in cui
il tempo non è mai sufficiente; nelle malattie croniche il tempo è un tempo di
vita.
Perciò le caratteristiche e il senso/sentimento delle cure non possono
essere gli stessi.
Cure rapide (fast/rapid care/cure) di
breve durata, ad alta intensità e complessità tecnica sono necessarie a persone con
patologie acute, con prevedibile e rapida
evoluzione clinica, in situazioni assistenziali
di area critica e per acuti, caratterizzate
da sempre più brevi periodi di degenza,
in cui la personalizzazione dell’assistenza
e la frammentazione delle cure è in costante dis/equilibrio.
Cure lente (slow care/cure), a bassa
intensità tecnico-terapeutica e ad elevata
complessità relazionale, educativa e di
care devono invece essere assicurate a
persone con malattia cronica della quale
conosciamo una prevedibile evoluzione
clinica [7]. Sono cure ispirate al lentius,
profundius, suavius, che rispettano i
tempi dell’altro, vanno nel profondo
dell’essere umano, usano la saggezza
insieme alle evidenze scientifiche.
E’ un tempo da amministrare, programmare, progettare, rispettare, una
risorsa per il team e per le singole professioni, se ad abitarlo non sono solo le
prestazioni, ma anche le non misurabili/rimborsabili relazioni di cura.
Una seconda variabile da considerare
è la complessità che riguarda non tanto
la malattia, ma l’unità e la complessità
ARTICOLO ORIGINALE
ne ma di nuove competenze, che indaghino e teorizzino le condizioni modificabili
dalle cure infermieristiche.
La crisi della logica classificativa ha
riguardato anche i limiti di età che fanno
diventare le persone geriatriche in base
all’anno di nascita, limiti messi in discussione non solo dall’allungamento della
vita media ma anche dalla sempre maggiore consapevolezza che variabili come
la povertà, la solitudine, la perdita di
autonomia, la difficoltà di accesso alle
cure e le differenze di genere possono
influenzare in modo più o meno determinante la salute delle persone anziane.
L’Italia è il paese d’ Europa in cui si
vive più a lungo, ma non tutti gli anni
guadagnati sono in buona salute [11].
Le persone anziane con diabete, inserite in questo contesto, ci appaiono estremamente eterogenee, perché pur accomunate dalla malattia, spesso con
complicanze e comorbilità, per tanti o
pochi anni, sono invecchiate in modo
diverso, in accordo con i propri programmi
e la storia vissuta.
Le cure infermieristiche sono particolarmente rivolte a preservarle dalla fragilità,
con un approccio valutativo multidimensionale [12 ], monitorando la perdita funzionale progressiva dello stato fisico e
cognitivo in rapporto all’alimentazione,
all’attività fisica, alle ipoglicemie… Gli
N. 2 Giugno 2014
dell’essere umano, che ci sfida a riunire
e organizzare conoscenze disperse nel
mondo della natura, nelle scienze umane,
nella letteratura, nella filosofia e a riflettere
su come sia possibile mostrare il legame
indissolubile tra l’unità e la diversità di
tutto ciò che è umano. Riconoscere e
affrontare la complessità, e con essa
l’inaspettato, è interiorizzare e mettere
costantemente in discussione le cure di
sostituzione per favorire l’autodeterminazione, in una progettazione continua
che abbia alte modalità adattative e capacità decisionali.
La terza variabile è il confine, spesso
sfumato, tra diagnosi di malattia e salute,
in una crisi delle classificazioni (ottica
fuzzy) che riguarda anche la medicina
[10]. E’ la trasformazione del continuum
salute/malattia in una contaminazione di
stati differenti dell’arte di vivere, modi
diversi di soggiornare nel mondo, in cui
possiamo intervenire per aiutare le persone
ad affrontare i cambiamenti necessari per
scongiurare o ritardare la malattia vera e
propria, o le complicanze.
Un terreno di confine poco presidiato
dagli infermieri, ma nel quale le cure
infermieristiche potrebbero assumere il
significato di terapia, dove il farmaco è
insegnare alle persone a prendersi cura
di se stesse e per queste “prescrizioni”
non abbiamo bisogno di nuova legislazio-
19
ARTICOLO ORIGINALE
N. 2 Giugno 2014
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approcci educativi saranno congruenti
con lo stato fisiologico e psichico, sarà
verificata la capacità di gestire i farmaci,
saranno colte come opportunità educative
gli episodi di assistenza sanitaria, sarà
ri/conosciuto il ruolo dei care giver e dei
familiari, considerando l’eventuale compromissione della loro salute [13-14 ].
Il significato delle cure ha come filo
conduttore la conservazione dell’autonomia (attraverso la prevenzione delle
ipo/iperglicemie, del rischio di cadute,
della malnutrizione…) e la qualità di vita,
che si alimenta coltivando progettualità
e indipendenza, ma anche gestendo il
dolore e rimuovendo gli ostacoli che limitano l’accesso alle cure. Conseguentemente le azioni professionali saranno improntate alla vigilanza, agendo sulla porzione
di evitabilità con funzione proattiva, valutazione del rischio e monitoraggio, anche
delle risorse familiari.
Ma lo sguardo delle cure infermieristiche deve anche saper riconoscere e affrontare gli stereotipi, attraversare quelle barriere che costruiamo ogni qualvolta non
si ascoltano le storie di vita, non si riconoscono i valori di ciò che si è vissuto, si
pensa che la dipendenza fisica sia anche
dipendenza decisionale o che ciò che
accade è sempre dovuto all’inevitabilità
della vecchiaia, compresa la capacità di
imparare, che invece non si arresta alla
soglia dell’età [15]. O considerare le cure
alle persone anziane di tipo sostitutivo,
eludendo la complessità delle competenze
necessarie [16]. Uno sguardo di cura che
dovrebbe essere lungimirante, aperto, per
proporsi come punto di incrocio di promozioni di competenze che rappresentino la
pluralità dei bisogni e delle diverse fragilità
delle persone diabetiche anziane, non
principalmente mediche sanitarie [17].
Dare valore e disseminare una cultura
di cura non punitiva (si è forse colpevoli
di invecchiare, nonostante il diabete?) ma
progettuale di una presa in carico di
anziani sempre più anziani, identificando
e restituendo dignità ai differenti contesti
in cui le persone anziane diabetiche vivono
e che possono definire la natura e l’unicità
di cure infermieristiche anche creative,
sperimentando percorsi che sono tutti da
scrivere, se non vogliamo cadere nel mito
di contenitori precostituiti.
Dovremmo però assumerci la responsabilità di operare con equilibrio emotivo
ed etico, con rispetto e con saggezza,
imparando ad ascoltare ciò che dicono le
persone, anche se non sempre riescono
ad esprimersi e a considerare l’essere
anziani-vecchi come un tempo parte e
non termine della vita.
E allora, forse, sarà possibile accettare
la sfida di proporsi come scienza delle cure
nella misura in cui studieremo e sperimenteremo l’efficacia di una cura attivante e
migliorante la risposta della persona, che
non mira a guarirla o curarla da alterazioni
o lesioni (per questo già collaboriamo con
altre professioni) ma a renderla massimamente indipendente in rapporto al suo
stato, anche convivendo con la malattia
e affrontando meglio la morte.
N. 2 Giugno 2014
1) M.F. Colliere Aiutare a vivere Sorbona Milano 1992
2) Leininger M Culture care theory: a major contribution to advancetranscultural nursing knowledge
and practices. J Transcult nurse 2002; 13:189-92. 4
3) Hudacek SS Dimensions of caring: a qualitative analysis of nurses stories. J Nurs Educ 2008;
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4) Burhans LM, Alligood MR. Quality nursing care in the words of nurses. J Adv 2010, 66:1689-97
5) C. Viafora, R.Zanotti, E. Furlan L’etica della cura Franco Angeli 2007
6) F. Canzan, L.Saiani, L. Mortari, E. Ambrosi Quando i pazienti parlano di cura: uno studio qualitativo
fenomenologico
7) R. Costanza La questione infermieristica: prendersi cura o curare? L’infermieristica è o non è una
scienza? Casa Editrice Ambrosiana 2012
8) R. Zanotti Filosofia e teoria nella moderna concettualità del nursing professionale Piccin 2010
U. Galimberti La casa di psiche Feltrinelli 2006
9) P Benner L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere. Milano Mc Graw- Hill 2001
10) P.Vineis, R.Satolli I due dogmi. Feltrinelli –Milano 2009
11) PASSI d’Argento http://www.epicentro.iss.it/passi-argento/
12) Sinclair A, Morley JE, Rodriguez-Mañas L, Paolisso G, Bayer T, Zeyfang A, Bourdel-Marchasson I,
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Cukierman-Yaffe T, Gadsby R, Schernthaner G, Lorig K.
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(EDWPOP), and the International Task Force of Experts in Diabetes. J Am Med Dir Assoc. 2012
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15) Thongsai S, Youjaiyen M . The long-term impact of education on diabetes for older people: a
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16) S. Squaglia, M. Matarese Studio qualitative sui fattori che influenzano la scelta degli infermieri
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17) Lepore V, Cecchetto G, Di Giulio P, Saiani S et al. Età anziana - molto-anziana e “aspettativa di
vita”? Ass Inf Ric 2007, 26, 4
ARTICOLO ORIGINALE
BIBLIOGRAFIA
21
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Poster e Comunicazioni Orali
presentati al Congresso
Autore riferimento
Valentina Aurini
Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto
del Tronto- Ascoli-Piceno
Cauli Manuela
Azienda Ospedaliero – Universitaria
Monserrato Cagliari
Guarnieri Maurizio
Dipartimento nefro-urologico Asl Taranto
N. 2 Giugno 2014
Rosso Elena
Ambulatorio Diabetologico Ospedale
S. Antonio San Daniele del Friuli
26
Sorgi Claudio
Centro di Diabetologia Area Vasta
5 Ospedali di San Benedetto del
Tronto- Ascoli (AP)
Titolo
Tipo di presentazione
Laboratorio Motivazionale
Poster
L’infermiere: agente di
cambiamento nell’intervento
educativo al paziente anziano
con malattia diabetica
Poster
La nefropatia diabetica nella
popolazione anziana della ASL
Taranto
Poster
Percorso diagnostico terapeutico
del piede diabetico
Poster
Scuola di diabete
Poster
Toffoletti Valentina
Azienda Ospedaliero-Universitaria
S. Maria della Misericordia Udine
Tipo di presentazione
La tecnologia a supporto della
cura del diabete nella persona :
anziana: la nostra esperienza
Poster
Lipodistrofia: complicanza da
monitorare
Poster
Il distretto e l’assistenza
domiciliare integrata.
L’innovazione del progetto
Dreaming, il contributo delle
nuove tecnologie di home care.
“Progetto europeo Dreaming”
Loc. Sistiana 227
Duino-Aurisina TS
Poster
Attivazione di progetti educativi
per gruppi selezionati di pazienti
secondo buona prassi clinico
assistenziale (standard JCI)”
Comunicazione
Orale
L’anziano diabetico
istituzionalizzato: partire dalla
formazione degli operatori per
migliorare l’assistenza
Comunicazione
Orale
Tra il dire e il fare: ”SETTIMANA
AUTOGESTITA PER PAZIENTI
DIABETICI DI TIPO 1 e 2
Comunicazione
Orale
Diciamolo tutti allo stesso modo:
educare alla salute con un
linguaggio condiviso per migliorare
la risposta di salute e la compliance
del paziente
Comunicazione
Orale
Dipartimento di Endocrinologia e Malattie
del metabolismo
Tommasi Elisabetta
ASS1 Triestina S.S. Centro Diabetologico
Cainero Paola e Roberto Marson
Medicina 1B, Azienda Ospedaliera
Universitaria di Udine
Daris Nevia
Centri Diabetologici Distrettuali
A.S.S. N°1 Triestine
Pasquini Valentina e A. Micheletti
USL Umbria 1 ospedale Gubbio-Gualdo
Rapino Vincenzo
Ente Ospedaliero “Ospedali Galliera” Genova
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Speese Katia
Ambulatorio Diabetologico Ospedale
Santa Maria del Carmine di Rovereto (Tn)
Titolo
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Autore riferimento
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Comunicazioni
Orali e Poster
Laboratorio motivazionale
Valentina Aurini
Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto- Ascoli Piceno
Altri autori:
Claudio Sorgi, Centro di Diabetologia Area Vasta 5 Ospedali di
San Benedetto del Tronto - Ascoli Piceno
Cinzia Poli, UNIVPM sezione Ascoli Piceno
Il contatto giornaliero con i pazienti e l’ascolto
delle loro problematiche ci hanno spinto a dar
vita al “LABORATORIO MOTIVAZIONALE”.
Una delle criticità riscontrate infatti riguarda
il “vorrei ma non riesco, il tempo, il lavoro, la
famiglia… lo so ma quando mi trovo li…”.
La conoscenza non basta ad innescare il processo di cambiamento, superare l’ostacolo tra il
volere ed il fare è qualcosa di complesso, insormontabile.
Il LABORATORIO MOTIVAZIONALE fornisce
strumenti operativi per attuare un programma di
cambiamento e accompagnare i pazienti attraverso
la pianificazione, azione e controlli nel tempo.
E’ strutturato in quattro incontri settimanali
di due ore e contatti di follow up.
La METODOLOGIA è quella del counseling di
gruppo, con dieci/quindici partecipanti. Attraverso
questa tecnica, ognuno progetta un percorso di
cambiamento personalizzato procedendo a
“piccoli passi” dall’individuazione di obiettivi più
ampi, passando alla scomposizione in strategie
più specifiche e infine in azioni concrete.
Vengono svolte esercitazioni in sede e a casa.
I partecipanti sono guidati con l’ausilio di
slide, schede per lavorare, riflettere e condividere
con il gruppo.
A fine percorso si stipula un “Contratto di
cambiamento” redatto da ogni partecipante e che
sarà personale, scelto, concreto e realizzabile.
L’adesione al contratto viene monitorata attraverso contatti in call center e incontri di rinforzo.
Ad ognuno viene assegnato un tutor all’interno
del gruppo al quale potrà rivolgersi per qualsiasi
necessità.
E’ RIVOLTO alle persone diabetiche e non che
hanno frequentato la “SCUOLA DI DIABETE” o
che hanno partecipato al gruppo “COS’E’ IL
DIABETE” e ritenuti idonei.
LA FINALITÀ è fornire strumenti per attuare
il cambiamento attraverso la programmazione, il
monitoraggio e la verifica.
In principio vi è la supervisione di un operatore
ma il fine è fornire strumenti operativi e motivazionali che rendano il paziente autonomo nella
programmazione e mantenimento del cambiamento.
La gestione di una relazione terapeutica, richiede sempre di più al personale sanitario la
consapevolezza delle dinamiche psicologiche ad
esse sottese.
La soddisfazione del paziente si dimostra
come un fattore terapeutico in grado di influenzare
notevolmente sia la compliance che gli obiettivi
stessi del trattamento. Interventi educativi quando
condotti da team di educatori e talora completati
da momenti di rinforzo, sono in grado di offrire
un’opportunità per migliorare l’outcome dei pazienti. Una relazione di tipo collaborativo che
coinvolge il paziente, rafforza la motivazione e
l’adesione al trattamento, ma richiede tempo
adeguato e competenze. La diversità dei programmi attuati non permette di ottenere dati consistenti
su quale sia il metodo di intervento più adeguato
e su quale sia il reale miglioramento del compenso
metabolico, della qualità di vita e di altri parametri
psicologici che diventano pertanto centrali nella
cura del Diabete Mellito e richiedono interventi
in grado di incidere sulla capacità di affrontare
la malattia, l’adattamento ad essa, il mantenimento
di relazioni positive in ambito familiare e sociale.
In questo l’infermiere si ritrova in una posizione di favore perché a differenza di altre specialità mediche, che privilegiano gli aspetti tecnicostrumentali, conserva nel suo operare, una grande
attenzione all’aspetto relazionale. La persona
conquista una dimensione di centralità primaria
ed un ruolo attivo, questo implica un’insieme di
diritti, ma anche dei doveri sia per l’operatore
che per il paziente. Qualunque intervento deve
prevedere l’estensione di un manuale di protocollo,
indispensabile per tracciare i percorsi procedurali
che si focalizzano su quando, come e quanto deve
essere realizzato con la consapevolezza che una
relazione collaborativa richiede tempo da dedicare
al rapporto con il paziente per discutere a fondo
i vari passaggi del processo assistenziale e questo
spesso mal si associa con la riduzione dei tempi
assistenziali imposti dal management sanitario.
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Manuela Cauli
Azienda Ospedaliero –Universitaria Monserrato Cagliari
Servizio Diabetologia, Endocrinologia e Malattie Metaboliche
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L’infermiere: agente di cambiamento
nell’intervento educativo al paziente
anziano con malattia diabetica
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Comunicazioni
Orali e Poster
La nefropatia diabetica nella popolazione
anziana della Asl Taranto
Maurizio Guarnieri
Dipartimento Nefro-Urologico Asl Taranto
Altri Autori:
Arcangelo Di Maggio, Cosimo Lodeserto Dipartimento Nefro-Urologico Asl Taranto
Oggi la nefropatia diabetica è una delle maggiori responsabili dell’uremia.
Su 600.000 abitanti della nostra ASL, il 20.2%
ha superato i 65 anni (dati fine 2011). Circa 27500
ultra-65enni sono affetti da diabete e di questi il
33.2% (oltre 9000) anche da nefropatia. Si stima
che questi ultimi siano così distribuiti: il 7.1%
nello stadio 1, con microalbuminuria e filtrazione
glomerulare (FG) normale o aumentata; negli stadi
in cui compare insufficienza renale, cioè stadi 2
(FG 90-60 ml/min), 3 (FG 60-30 ml/min), 4 (FG
30-15 ml/min) e 5 (FG < 15 ml/min), abbiamo
rispettivamente il 32.3%, 40.2%, 16.8% e 3.1% di
pazienti.
Macroalbuminuria, ipertensione, dislipidemia
divengono più frequenti avanzando di età e di
stadio, e la loro associazione al diabete e alla
nefropatia provoca elevate morbilità e mortalità
cardiovascolari, in particolare per ischemie del
cuore, del cervello e degli arti.
Pertanto, in caso di insufficienza renale avanzata (stadi 3-5), il piano assistenziale assume
un’elevata complessità per l’aggiungersi di ulteriori
problematiche, come le controindicazioni a far-
maci antidiabetici, le variazioni del fabbisogno di
insulina, la necessità di ridurre l’apporto di proteine, lo sforzo di procrastinare la dialisi, la scelta
del trattamento dialitico (emodialisi o dialisi
peritoneale), la qualità dei vasi in caso di costruzione della fistola arterovenosa, il controllo glicemico nei pazienti trapiantati trattati con farmaci
immunosoppressori.
Perciò gli aspetti organizzativi di un modello
assistenziale a lungo termine in questi pazienti
prevedono:
• prevenzione
• diagnosi precoce
• educazione e supporto al self-management
• controllo dei fattori di rischio
• monitoraggio delle condizioni cliniche
• trattamento delle complicanze
• cure palliative o di fine vita.
In conclusione, i numerosi pazienti anziani
con diabete e nefropatia richiedono un supporto
multi-professionale, sempre più intensivo man
mano che le patologie e le complicanze progrediscono, e necessitano di continuità assistenziale
ed elevate capacità di comunicazione.
Felicetti Daniela, Pupin Nella, Rosso Elena, Zamparo Fabiola,
Ambulatorio Diabetologico Ospedale S. Antonio San Daniele del Friuli
Il piede diabetico è la conseguenza delle complicanze croniche del diabete a livello degli arti
inferiori. Il 15% dei diabetici nell’arco della loro
vita sviluppano un’ulcera del piede, nel 85% dei
casi esita in amputazione.
Per dare risposta alle necessità di un numero
sempre crescente di pazienti, dal 2010 è stato
istituito presso l’ambulatorio diabetologico un
percorso dedicato al paziente con lesioni ulcerative. Doveva essere un percorso attuabile nel
nostro contesto, semplice e condivisibile con
personale infermieristico formato. Questo è stato
possibile anche grazie all’arrivo di un medico
consulente esperto. Il percorso inizia con l’invio
del paziente al centro (MMG, Reparti, PS) a cui
viene fissato appuntamento in base gravità.
L’infermiera durante la visita controlla la
situazione pregressa del piede sulla cartella (paziente noto) o compila la cartella se è un primo
ingresso quindi, dopo l’anamnesi riferita alla
lesione ispeziona entrambi i piedi annotando su
cartella predisposta l’eventuale alterazione della
sensibilità e dei polsi. Contestualmente educa
paziente e care giver alla cura dei piedi, conse-
gnando un opuscolo informativo predisposto.
Valuta quindi la lesione: profondità, localizzazione,
infezione, dolore riportando il tutto sulla scheda.
Se la lesione non presenta infezione, sottominamento, ecc, si procede al curettage e medicazione
secondo protocollo. Il medico diabetologo interviene per decidere eventuale antibiotico terapia,
esami ematici, rx; il consulente esterno per ogni
eventuale dubbio terapeutico e/o per la bonifica
chirurgica preceduta o meno da rivascolarizzazione.
In due anni abbiamo seguito in ambulatorio
189 pazienti, di età media 72a, per il 77% maschi,
di cui il 4% aveva già subito un’amputazione
maggiore. Il 28% dei pazienti è stato rivascolarizzato prima della bonifica chirurgica, il 20% ha
subito un’amputazione minore, 2% maggiore. La
durata media del follow up è stata di 38 settimane,
periodo nel quale mediamente ognuno ha avuto
76 accessi (fra ospedale e domicilio). L’entità
dell’impegno nella gestione del piede diabetico
richiede personale competente, motivato, dedicato,
e un follow up attento, che consentono di ottenere
buoni risultati anche in piccole realtà.
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Rosso Elena,
Ambulatorio Diabetologico Ospedale S. Antonio San Daniele del Friuli,
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Percorso diagnostico terapeutico
del piede diabetico
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N. 2 Giugno 2014
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Comunicazioni
Orali e Poster
Scuola di Diabete
Premiato come miglior Poster presentato al Congresso
Claudio Sorgi,
Centro di Diabetologia Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto-Ascoli Piceno,
Valentina Aurini, Nena Giostra, Roberta Corimbi, Raffaella Eusebi, Patrizia Amadio, Giacomo Vespasiani,
Marianna Galetta, Stefania Romandini
(Area Vasta 5 Ospedali di San Benedetto del Tronto-Ascoli Piceno),
Cinzia Poli, Donatella Agasucci, Marzia Sturba
(UNIVPM Infermieristica sezione Ascoli Piceno)
L’idea della scuola, nasce dalla necessità di
portare sul territorio la lotta al diabete, malattia
che ha un peso socio economico crescente nei
confronti della collettività. Il progetto mira a
raggiungere un ampio segmento di popolazione,
agisce capillarmente sul territorio, sconfina oltre
le mura dell’ospedale.
Inoltre è costruito sull’esperienza con prevalenza della parte pratica attraverso un ruolo attivo
dei partecipanti. Gli obiettivi sono quelli di far
acquisire conoscenze, migliorare la consapevolezza e favorire il cambiamento.
La Scuola è strutturata per agire sui tre gradi
della prevenzione e cioè sui fattori di rischio,
sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione delle
complicanze.
Il percorso didattico è strutturato in un percorso modulare, suddiviso in 9 incontri a cadenza
settimanale rivolto a tutta la popolazione (diabetici
e non) per educare all’adozione di stili di vita
salutari e far conoscere meglio la malattia. Ogni
incontro è riservato a un argomento e prevede
una parte teorica gestita da un docente (<40%) e
una parte pratica (stage di cucina, di educazione
fisica, spesa guidata, ballo, cura dei piedi, ecc)
gestita da un esercitatore.
Il reclutamento avviene attraverso i Centri di
Diabetologia, il sito dedicato, Facebook e attraverso
I canali promozionali tradizionali (stampa, radio,
ecc.). Attraverso il sito web è possibile scaricare
i filmati degli incontri e il materiale didattico.
Sono stati predisposti strumenti quantitativi
e qualitativi di verifica: test di valutazione
dell’apprendimanto e dell’adesione ai comportamenti, contratti di motivazione al cambiamento,
follow-up attraverso percorsi motivazionali dedicati. La Scuola di Diabete, avviata un anno fa è
alla 7a edizione.
Al momento si stanno elaborando I primi dati,
ancora in piccoli numeri, che evidenziano una
riduzione dei livelli di HbA1c, per quanto riguarda
I diabetici e di peso per i non diabetici, oltre
all’adozione continuativa di abitudini di vita
salutari.
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Comunicazioni
Orali e Poster
La tecnologia a supporto della cura
del diabete nella persona anziana:
la nostra esperienza
Katja Speese
Ambulatorio Diabetologico
Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto (Tn)
Introduzione
Nel momento in cui si cura una malattia cronica occorre integrare la formazione medica
“classica” ad altre competenze atte a migliorare
la qualità di vita del paziente ed agevolare il lavoro
del team diabetologico. Troppo spesso le attività
ambulatoriali devono fare i conti con tempi e
risorse insufficienti per il carico dei pazienti in
gestione. Le conseguenze sono evidenti: da un
lato le condizioni di salute e la qualità della vita
dei pazienti peggiorano nel tempo, dall’altro i
costi sanitari e sociali aumentano. Una soluzione
a questo problema, in un mondo che sta cambiando grazie alla tecnologia, non poteva mancare il
tentativo di utilizzare la telehealth come risorsa
per migliorare la qualità di vita del paziente e
favorire l’autogestione quotidiana e consapevole
della sua malattia, nonché supportare il lavoro
del team diabetologico.
Metodo
Ad un sottogruppo selezionato di pazienti
anziani è stato proposto l’utilizzo di
un’applicazione Android per la raccolta e la gestione su tablet dei dati legati al diabete.
L’applicazione è stata studiata appositamente per
l’utilizzo da parte di persone anziane poco esposte
alla tecnologia.
Risultati
Nella fase di arruolamento dei pazienti abbiamo riscontrato una notevole perplessità all’utilizzo
della tecnologia in sostituzione del più familiare
diario cartaceo. Pur con una sola persona, i risultati
sono molto promettenti: l’andamento glicemico
si è stabilizzato, il paziente è tranquillo,soddisfatto
e le sue richieste di contatto si sono ridotte
drasticamente.
Conclusioni
Con questa sperimentazione è stato possibile
dimostrare che anche un anziano, dopo aver
abbattuto la resistenza al cambiamento ed alla
novità, con una corretta Educazione Terapeutica
ed uno strumento costruito “ad hoc” è in grado
di tenere un diario digitale con cui gestirsi efficacemente, a casa, pur rimanendo sempre sotto
controllo. Lo studio è ancora in corso e attualmente
si stanno arruolando nuovi pazienti al fine di
validare i risultati ottenuti.
34
Valentina Toffoletti,
Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Maria della Misericordia
Dipartimento di Endocrinologia e Malattie del metabolismo, Udine.
Altri autori:
Zuliani Valentina Udine, Sartori Cristina, Pagnacco (UD), Vidotti Francesca , Udine,
Boscariol Clara Basiliano (UD), Pellarini Lina, Tarcento (UD), Cannella Simonetta, Remanzacco (UD),
Rutigliano Angela, Remanzacco (UD), Brovedani Rita, Moimacco (UD)
Introduzione
Risultati
Nei pazienti diabetici insulinotrattati con un
dato laboratoristico dell’emoglobina glicata non
ottimale e con variabilità glicemica, la soluzione
che dovrebbe portare al miglioramento, spesso
viene ricercata nella modifica del dosaggio della
terapia o in un’alternativa a quella specifica terapia
e/o nell’alimentazione.
Scarsa è l’attenzione dell’operatore sanitario
nei confronti della lipodistrofia e, anche laddove
ci sia maggiore sensibilità all’argomento, non
esiste un percorso educazionale strutturato che
monitorizzi sistematicamente nel tempo la presenza, l’eventuale risoluzione, il miglioramento
o il peggioramento di questo problema.
Il campione osservato consta di 150 soggetti
ed è costituito per il 52% da femmine; l’età media
è 59,9 anni, l’ HbA1c media è 8%. Zone di lipodistrofia sono state evidenziate nel 65,3% dell’intero
campione di pazienti, il 60% dei quali presenta
episodi frequenti di ipoglicemia.
L’HbA1c è più elevata nei pazienti con lipodistrofia, non ci sono differenze tra i due gruppi
riguardo al cambio e lunghezza dell’ago e alla
rotazione dei siti. La lipodistrofia è presente
maggiormente (>80%) nei pazienti con più lunga
durata di malattia.
Nel presente studio sono stati arruolati, in un
arco di tempo di due mesi.,in modo casuale, i
pazienti insulinotrattati afferenti alla nostra SOS
di diabetologia per il controllo programmato.
E’ stato compilato un questionario sulla osservazione delle lipodistrofie e, le medesime sono
state correlate agli anni di diabete, all’ipoglicemia,
all’emoglobina glicata, alla rotazione dei siti, al
cambio dell’ago e alla lunghezza.
Conclusioni
L’elevata frequenza di lipodistrofie , soprattutto nei pazienti con maggior numero di anni di
malattia, suggerisce una maggiore attenzione a
questo problema anche nei soggetti apparentemente più esperti. Tutti i pazienti devono essere
sottoposti ad un controllo sistematico dei siti di
iniezione ad ogni visita e, quando necessario
indirizzati ad uno specifico percorso educativo
verificato.
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Metodi
O P E R AT O R I S A N I TA R I D I D I A B E T O L O G I A I TA L I A N I
Lipodistrofia: complicanza
da monitorare
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Comunicazioni
Orali e Poster
Il distretto e l’assistenza domiciliare integrata.
L’innovazione del progetto DREAMING,
il contributo delle nuove tecnologie di Home
Care. “Progetto europeo Dreaming”
Tommasi Elisabetta
ASS1 Triestina S.S. Centro Diabetologico
Loc. Sistiana 227 Duino-Aurisina Ts
Altri autori:
Dr. R. Candido, Inf. E. Tommasi, Dr. Da Col
Nel passato la persona affetta da mutipatologia doveva ricevere a domicilio la visita di Mmg,
cardiologo, diabetologo, infermiere,… o magari
far trasportare la stessa a visita c/o l’ambulatorio
con l’utilizzo di ambulanza e con la possibilità
a volte di non avere a disposizione tutti i dati
necessari alla visita o avere dati di difficile interpretazione (per quel che concerne il diabete, per
esempio mancanza di esami o glucometro o diario
delle glicemie, dati non leggibili o non interpretabili…).
Grazie al telemonitoraggio si è potuto seguire
la persona con diabete più da più vicino, con
vantaggio sia per il paziente che in qualsiasi
momento poteva avere un punto di riferimento
ed era in grado di gestire la situazione; sia per i
familiari che avevano un punto d’appoggio per
un consiglio; sia per gli operatori sanitari che
potevano spesse volte evitare degli accessi in
Pronto Soccorso o ricoveri impropri potendo
mettersi in contatto direttamente con il paziente
e potendo rilevare le problematiche
nell’immediatezza.
Lo studio ha mostrato che il 10% delle persone
adulte affette da diabete mellito di tipo 2 considerano la loro posizione finanziaria come un
problema che ostacola il rispetto di una dieta
nutrizionale sana. Nel momento in cui i pazienti
sono stati guidati nella scelta di metodi economici
per seguire una dieta sana tramite telemedicina,
la maggioranza dei partecipanti è riuscita a migliorare le proprie abitudini alimentari.
Il processo di educazione al paziente nel
setting ospedaliero per acuti è un tema di difficile
soluzione. Gli ostacoli principali possono essere
rappresentati da un lato dall’acuzie della patologia
e dall’altro dalla numerosità delle attività che gli
infermieri devono garantire in un breve intervallo
di tempo.
Per rendere efficace questa attività, comunque
erogata dal team assistenziale a vario livello,
vanno identificati degli strumenti che consentono
la condivisione dei contenuti e l’applicazione del
processo. Deve inoltre essere facilitata la tracciabilità dell’attività educativa, anche a vantaggio
del paziente e/o dei familiari.
L’educazione terapeutica ha un ruolo fondamentale nel garantire che il paziente possa affrontare il processo di dimissione in sicurezza, nella
maggior parte dei casi coinvolge solo il paziente
benché un caregiver sia spesso responsabile
dell’assistenza nel post-dimissione.
Una bassa adherence al trattamento terapeutico può essere migliorata durante la fase della
degenza. L’educazione al paziente ed un miglioramento della comunicazione hanno un positivo
impatto anche sulla qualità percepita.
Negli ospedali dove la gestione dei pazienti
con diabete rappresenta una priorità, il programma
educativo è strutturato, i ruoli sono espliciti e la
qualità dell’assistenza viene monitorata.
L’educazione terapeutica alla persona degente è
legata ad una dimissione precoce ed al miglioramento dei risultati legati alla compliance del
paziente alla dimissione (Nettles, 2005). È necessario identificare il metodo educativo più appropriato in relazione agli obiettivi educativi e al
setting (Valverde et al. 2012).
Il progetto educativo individuato propone la
standardizzazione dei contenuti educativi, il
lavoro di contestualizzazione condotto presso le
strutture operative e l’adozione di un metodo
condiviso (teach-back).
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Paola Cainero
Infermiera Medicina 1B
Roberto Marson
Responsabile Dipartimentale dell’Assistenza DPT di Medicina Interna
Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine
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Attivazione di progetti educativi per
gruppi selezionati di pazienti secondo
buona prassi clinico assistenziale
(standard JCI)”
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Comunicazioni
Orali e Poster
L’anziano diabetico istituzionalizzato:
partire dalla formazione degli operatori
per migliorare l’assistenza
N. Daris, R. Candido, R. Alberti,G.Koricanac, E. Presti, K. Tercelj, E.Tommasi,
G. Jagodnik, S. Perini, A. Toso, M.Casson, E. Del Forno, S. Cum, A. Petrucco, E. Manca, E. Caroli
ISTITUTO: Centri Diabetologici Distrettuali, A.S.S. n° 1 Triestina
Introduzione
Metodo
La cura dei soggetti anziani diabetici istituzionalizzati necessita di una valutazione multidimensionale che può fornire informazioni fondamentali per l’inquadramento dell’assistito
geriatrico la cui gestione deve essere affidata a
personale adeguatamente formato.
Da una indagine condotta nel 2012
nell’ambito di un progetto regionale riguardante
la gestione e la cura della persona anziana con
diabete istituzionalizzata erano emerse nelle
Strutture Protette di Trieste e Provincia alcune
carenze gestionali e la necessità di formazione
del personale.
A tale scopo nel 2013 si è messo a punto un
progetto formativo rivolto al personale delle
Strutture Protette di Trieste e Provincia .
Sono stati condivisi dei protocolli operativi
di assistenza, raccolti i bisogni formativi e programmati degli eventi formativi calendarizzati
ed itineranti allo scopo di sviluppare le conoscenze e competenze su come affrontare
l’assistenza alle persone affette da diabete e
meglio gestire -in modo integrato ed interdisciplinare - gli aspetti complessi sociali e clinici
costituiti da pluripatologie, politerapie e fattori
di rischio.
Attraverso la formazione saranno implementate le conoscenze necessarie a garantire le buone
pratiche assistenziali rispetto a:
• mantenere il massimo livello di qualità di vita
e di benessere, evitando di sottoporre gli ospiti
periodica di esami di laboratorio inclusa
l’emoglobina glicata)
Conclusioni
Ne deriva che la formazione ad hoc del personale dedicato all’assistenza agli anziani è di
fondamentale importanza e su questo aspetto
verterà la programmazione degli eventi di aggiornamento.
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anziani ad interventi assistenziali non appropriati e superflui;
• fornire un supporto di riferimento ed opportunità agli operatori delle strutture residenziali
per la gestione di eventuali criticità (ipoglicemia,
iperglicemie) evitando ricoveri ospedalieri non
necessari;
• assicurare il rispetto di un piano nutrizionale
e dietetico bilanciato al fine di prevenire uno
stato di malnutrizione; assicurare la sorveglianza sui fattori di rischio e la prevenzione delle
complicanze diabetologiche e cardiovascolari
Dalla analisi delle realtà esistenti e dalla rilevazione dei bisogni formativi è emersa universalmente l’esigenza di una formazione del personale
addetto all’assistenza e la carenza su alcuni aspetti
gestionali della malattia diabetica (mancanza di
un protocollo di gestione delle ipoglicemie, mancanza del glucagone in struttura, mancanza di
un protocollo di gestione ed esecuzione
dell’autocontrollo glicemico, gestione non adeguata della terapia insulinica e mancata esecuzione
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Risultati
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Comunicazioni
Orali e Poster
Tra il dire e il fare: settimana autogestita
per pazienti diabetici di Tipo 1 e Tipo 2
A. Micheletti,
Usl Umbria 1 Ospedale Gubbio-Gualdo
V. Pasquini,
Usl Umbria 1 Ospedale Gubbio-Gualdo Tadino
SCOPO
Valutare su un gruppo di persone con diabete
di tipo 1 e 2 gli effetti di un’ educazione terapeutica
strutturata.
INTRODUZIONE
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Il diabete si può considerare il prototipo della
malattia cronica per eccellenza: curabile ma allo
stesso tempo non guaribile.
Tale patologia richiede di apprendere un
nuovo stile di vita che influenza la malattia stessa
ed interferisce con la vita familiare, lavorativa,
sociale ed affettiva.
Qualsiasi tipo di intervento, il farmaco più
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sofisticato e costoso, in realtà servono molto poco
se il paziente non aderisce ad un concetto di stile
di vita (sana alimentazione e costante attività
fisica ).
E’ proprio per questo che nasce L’ EDUCAZIONE TERAPEUTICA STRUTTURATA :
• un processo educativo che si propone di
aiutare la persona affetta da una malattia cronica
ed i suoi famigliari, ad acquisire e mantenere nel
tempo la capacità di gestire in maniera ottimale
la propria vita insieme alla malattia.
Il PAZIENTE DEVE DIVENTARE ARTEFICE DEL
PROPRIO DESTINO, assumendosi in prima persona
la responsabilità del proprio stato di salute.
La giornata tipica era così strutturata:
– ore 7.30 controllo glicemico a digiuno ore 8.00
colazione
– ore 8.30 camminata (percorso breve circa 3 km,
percorso lungo circa 5 km)
– ore 10.30 controllo glicemico 2 ore dopo colazione
– ore 11.00 EDUCAZIONE SANITARIA
– ore 12.30 controllo glicemico pre-prandiale
– ore 13.00 pranzo
– ore 15.00 controllo glicemico post-prandiale
– ore 15.30 EDUCAZIONE SANITARIA
– ore 17.30 ginnastica in acqua
– ore 19.00 controllo glicemico 2 ore dopo pranzo
– ore 20.00 cena
– ore 22.00 controllo glicemico a 2 ore dopo cena.
RISULTATI
• RIPRODUCIBILITA’ DELL’ESPERIENZA NELLA
VITA QUOTIDIANA
• CONCETTO DI AUTOCONTROLLO GLICEMICO
• PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE
• PREVENZIONE E GESTIONE DELLE CRISI IPOIPERGLlCEMICHE
BMI
EMOGLOBINA
GLlCOSILATA
CIRCONFERENZA
VITA
PRESSIONE
ARTERIOSA
PRIMA
DOPO 3 MESI
30.09 Kg/m2
8.23%
29.2 kg/m2
7.6%
99.6 cm
91.8 cm
140/85 mmHg
124/72 mmHg
CONCLUSIONI
In questa settimana c’è stato un miglioramento
dei seguenti parametri glico-metabolici: una riduzione della glicemia a digiuno pre e post - prandiale, una riduzione significativa della circonferenza vita, del peso corporeo ed una diminuzione
della pressione arteriosa.
I pazienti hanno imparato ad autosomministrarsi l’insulina in maniera corretta ( giusta sede,
giusta dose) cercando di effettuare la tecnica della
rotazione dei siti all’ interno della stessa sede per
evitare l’insorgenza delle LIPODISTROFIE.
Hanno imparato a gestire ed effettuare in
maniera corretta l’autocontrollo glicemico rispettando i giusti orari e la giusta sede;
Hanno compreso l’importanza della prevenzione per ridurre le complicanze a breve ed a
lungo termine;
Hanno acquisito la consapevolezza di un
corretto stile di vita:
• come mangiare in maniera equilibrata, quan-
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– 40 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1
e 2 di età media compresa tra 30-80 anni ed i
loro familiari
– TEAM DIABETOLOGICO:
– 2 MEDICI
– 2 INFERMIERI
– 1 DIETISTA
– 1 PODOLOGO
– 2 INSEGNANTI DI FITNESS
– 1 PSICOLOGA
– 1 CUOCO METABOLICO
• PREVENZIONE E CURA DEL PIEDE DIABETICO
• CORRETTA AUTOGESTIONE DELL’ATTIVITA’
FISICA E DI UNA SANA ALIMENTAZIONE
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MATERIALI E METODI
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Comunicazioni
Orali e Poster
tità, dosi, nutrienti e giuste proporzioni, alimenti
da evitare e quelli ad elevato indice glicemico ed
effettuare il CONTEGGIO DEI CARBOIDRATI.
Hanno imparato l’importanza di una corretta
e costante attività fisica e le corrette norme di
comportamento per prevenire le complicanze
del piede diabetico ed a gestire le crisi ipoglicemiche.
Questa settimana autogestita ci ha fatto capire
che il metodo migliore per aiutare a gestire al
meglio la malattia cronica è sapere ascoltare il
paziente, capire i suoi bisogni, i suoi dubbi, le
sue incertezze e le piccole o grandi difficoltà della
vita quotidiana e le ricadute di queste sulla sfera
familiare, sociale ed affettiva.
Da questa esperienza abbiamo riscontrato
che la motivazione è l’elemento fondamentale
nella gestione di una patologia cronica; occorre
quindi applicare un approccio OLISTICO ponendo
al centro della cura il paziente che deve diventare
il primo attore della sua patologia.
Vivere la patologia cronica in gruppo aiuta a
far emergere e tirar fuori le proprie debolezze
senza vergogna o paura di essere giudicati; il
gruppo riesce a trascinare anche il più debole
grazie ad un approccio di auto-mutuo aiuto.
Autori: V. Rapino, G. Robella, C. Damonte, A. Folegnani, C. Damasio, F. Marceca, M. Marotta,
O. Parodi, A. Polledri, M. G. Tagliafico.
Struttura di appartenenza: Ente Ospedaliero “Ospedali Galliera” Genova
Nel 2012 presso l’Ente Ospedaliero Ospedali
Galliera un gruppo di Coordinatori delle professioni sanitarie ha indagato come veniva effettuata
l’educazione sanitaria al paziente e caregiver
durante il ricovero ed alla dimissione.
Lo studio ha preso in considerazione 53 reparti
e servizi indagando sulla tipologia dell’educazione
sanitaria effettuata e il sistema utilizzato (trasmissione orale, scritta, registrazione dell’avvenuta
trasmissione.
Si è rilevato che delle 53 strutture contattate
in 40 di queste veniva svolta educazione sanitaria;
sono state individuate 84 tipologie di tematiche
promosse, di cui 34 trasmesse in modo combinato
orale e scritta e 50 solo orale.
Per 54 di esse non esisteva alcuna registrazione
scritta, 19 in forma cartacea, 11 in forma informatizzata.
Sono stati scelti alcuni argomenti di carattere
trasversale per produrre una documentazione
uniforme e condivisa fruibile da tutto il personale
dell’Ente.
Si è scelto quindi di creare un apposito link
all’interno del sito web dell’ospedale, che conduce
ad una pagina denominata “SOS INFERMIERI E
TECNICI” all’interno della quale è possibile visionare tutta la documentazione prodotta in formato
PDF.
Una tipologia trattata riguarda l’educazione
sanitaria al paziente diabetico.
Dopo una disamina degli atteggiamenti e
metodologie preesistenti nelle varie strutture
sono state prodotte, seguendo le “Raccomandazioni di trattamento assistenziale in campo
diabetologico -Position Statement OSDI 20112012” e con la collaborazione di Medici diabetologi,
Dietiste, Ostetriche, 7 schede con gli argomenti
di maggiore rilevanza.
Tutta la documentazione proposta è stata
validata dalla Direzione Sanitaria e l’elaborazione
grafica è stata eseguita dalla S.C. Qualità.
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Premiato come migliore comunicazione orale
presentata al Congresso
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Diciamolo tutti allo stesso modo:
educare alla salute con un linguaggio
condiviso per migliorare la risposta di salute
e la compliance del paziente
Alcune di queste schede sono fruibili anche
in Romeno e Russo.
Attualmente la direzione dell’ospedale sta
cercando di far tradurre e validare tutta la documentazione in altre lingue.
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Al momento della stampa della rivista altri eventi sono in fase di definizione.
Rivolgersi al Presidente della Sezione Regionale per eventuali ulteriori informazioni
19 giugno 2014 - Noicattaro (BA) - Una Hotel Regina - Il diabete di tipo 1 e le sue complicanze.
Impariamo a riconoscerle. Sponsor Roche Diagnostics
28 giugno 2014 - Vinci-Sovigliana (FI) - Hotel Da Vinci - La multi-professionalità nella gestione
del piede diabetico: dalla prevenzione alla cura. Sponsor Bayer Diabetes Care
13 settembre 2014 - Cavenago di Brianza (MB) - Devero Hotel - L’infermiere in prima linea
nella gestione della persona in terapia insulinica con microinfusore. Multisponsor
27 settembre 2014 - Vicenza - Hotel Magnolia - Oltre l’episodio glicemico: focus su aspetti
clinici e assistenziali. Sponsor Lifescan
16 dicembre 2013 - 16 dicembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Iniezioni di insulina in
sicurezza. Sponsor Artsana
15 gennaio - 31 dicembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Dalla cura di sé alla cura del
paziente diabetico: comunicazione ed educazione terapeutica. Sponsor Sanofi
N. 2 Giugno 2014
15 novembre 2013 - 15 novembre 2014 - Corso Online - Corso FAD. Il paziente con diabete:
strategie di cura. Sponsor Roche
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N. 2 Giugno 2014
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Presidente
Giovanni Lo Grasso
[email protected]
Vice Presidente
Marcella Lai
[email protected]
Past President
Roberta Chiandetti
[email protected]
Segretaria
Elisa Levis
[email protected]
Consiglieri
Gemma Annicelli
Lia Cucco
Raffaella Fiorentino
Vilma Magliano
Alberto Pambianco
Silvana Pastori
Clara Rebora
Katja Speese
Silvia Tiozzo
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
Tesoriere
Michele Galantino
[email protected]
Abruzzo-Molise
Roberto Berardinucci
Calabria
Francesca Corazziere
[email protected]
[email protected]
Campania
Nunziata Di Palma
[email protected]
E. Romagna
Simonetta Fantini
[email protected]
Friuli V.G.
Valentina Toffoletti
[email protected]
Lazio
Paola Saltarelli
[email protected]
Liguria
Maura Mazzoni
[email protected]
Lombardia
Mariarosa Cattaneo
[email protected]
Marche
Manuela Montoni
[email protected]
Puglia
Maria Grazia Accogli
[email protected]
Sardegna
Simonetta Mamusa
[email protected]
Sicilia
Salvatore Strano
[email protected]
Toscana
Marilena Carnevale
[email protected]
Trentino A.A.
Patrizia Contrini
[email protected]
Umbria
Raffaella Lupatelli
[email protected]
Veneto
Fabio Favaretto
[email protected]