ANNO VI NUMERO 56 LUCERA FEBBRAIO 2014 La voce del PASTORE il Cielo in una stanza ✠ Domenico CoRnACCHiA è il titolo di una celebre canzone del cantautore Gino Paoli. Non mi è venuta altra immagine più suggestiva della recente Visita Pastorale nelle Comunità della Cattedrale, di San Francesco e di San Vincenzo in Troia. Sì ho visto il sole, non in una sola stanza, ma in tutte le strette vie del centro storico dell’antica e suggestiva Città di Troia. Per le arterie, appena appena pedonali, ci si incammina nel cuore della Città, sentendone i battiti, i sussulti di gioia e di dolore! È stato molto suggestivo, percorrere quelle stradine senza marciapiede, sulle basole, consumate, più dai pedoni, che dai carri e dalle automobili! Ho visitato Chiese, case, negozi, aziende! Ho ascoltato persone sole, affannate, sconfortate, bisognose semplicemente di essere accolte! In ogni casa e con tutti, abbiamo sempre pregato il Signore, la Madonna, i Santi Patroni, per ringraziare, supplicare o, intercedere. Ho immaginato che davvero, il Signore, il Pastore Buono fosse andato lì per chiamare le pecorelle, per sostenerle, per rianimarle! Oh, come avrei voluto dare di più, usare più attenzione, sostare più lungamente ovunque! Tuttavia, il programma, ben curato dappertutto, imponeva un ritmo di marcia, naturalmente accelerato! Due luoghi e due momenti, mi hanno particolarmente toccato il cuore di uomo e di pastore. Il primo, l’incontro con gli ospiti dell’Associazione ITACA, del Servizio di Igiene Mentale, alloggiati presso la Sezione della ASL. Un vero e proprio luogo in cui si mescolano sofferenti e volontari, gioia e dolore, speranza e timore! Sergio, uno di loro mi ha fatto omaggio di un bellissimo disegno raffigurante Maria, la Madre della Consolazione! Io, che forse ero andato più per curiosità che per PAG C’è un futuro per la nostra soCietà? “G enerare futuro” è lo slogan con cui la Conferenza Episcopale Italiana ha annunciato la 36’ Giornata della vita da celebrarsi il 2 febbraio 2014. Una “giornata” che intende sensibilizzare primariamente, se non esclusivamente, la coscienza dei credenti e non credenti su un valore che non ha prezzo: la vita umana! Quest’anno, l’effetto “Papa Bergoglio”, sembra avere prodotto una risonanza mediatica più ampia del solito. Il Papa, al cui magistero fa espresso riferimento anche il documento dei Vescovi, già dall’inizio del suo ministero petrino ha ripetutamente messo in guardia tutti su un punto fondamentale: una società che non si prende cura della vita, da quella nascente a quella che giunge al tramonto, non può avere un futuro, è una società destinata a morire. La società italiana, in questi ultimi tempi, è caratterizzata da un duplice atteggiamento: di paura verso la vita nascente e di fastidio e di disimpegno verso la quella che non corrisponde ai canoni dell’efficienza e della bellezza. Il primo atteggiamento si concretizza con la paura di mettere al mondo bambini, il secondo con il rifiuto di prendersi cura delle persone anziane e non autosufficienti. Le giovani famiglie sono spaventate principalmente per il futuro economico dei loro figli e non si sentono sostenute e aiutate dallo Stato. Di conseguenza si genera una società di vecchi che faticherà sempre più a soddisfare le esigenze di tutti e in particolare dei più deboli. L’altro grande problema per la famiglia è la presenza di anziani o di infermi non autosufficienti. La società italiana, nel recente passato aveva raggiunto un buon livello di Welfare sollevando le famiglie dal prendersi cura dei disabili e degli anziani. Esistevano strutture o persone che con il loro intervento davano la possibilità alla famiglia di conti- amore, posso dire di aver ricevuto una indelebile lezione di vita e di luce. Tra l’altro, ho accettato l’invito a pranzo da loro! Il più bel condimento, in quel convivio, sono state le lacrime della mamma di Raffaello (ingegnere meccanico), uno dei giovani ospiti, la quale ha detto: “Non chiedo al Signore il perché, ma che mi aiuti a portare la sofferenza di mio figlio, ora non più in grado di una vita autosufficiente”! L’altro incontro è stato con gli Ospiti dell’Associazione “Meravigliosi doni”, 2 PAG L’ordine equestre Corresponsabili della gioia 3 nuare serenamente il proprio lavoro senza soffrire sensi di colpa per l’abbandono di questi membri più deboli e bisognosi di cure continue. Oggi anche questo settore è andato in crisi e la tentazione di trovare altre soluzioni che non siano quelle dell’amore e del sacrificio, diventa sempre più pressante sui singoli e sulla società. Si parla sempre più spesso dell’inutilità di una vita troppo malata e di vecchi che sono solamente di peso per la società. L’ “eutanasia” ossia la morte dolce, viene sempre più spesso proposta o invocata da più parti della società. Il prossimo Sinodo straordinario, convocato da papa Francesco per l’ottobre 2014, tratterà anche di questi aspetti molto rilevanti della famiglia. L’indagine sulla famiglia condotta a livello diocesano e inviata che finalmente hanno avuto una sede confortevole, bella, luminosa, sita su Via Roma, l’arteria che dà a meridione, verso il Tavoliere! Dopo la benedizione, l’abbiamo definita “La casa dell’Amore”! Fu la casa di un sacerdote, Don Banino Prencipe, che l’ha donata alla Diocesi per una finalità caritativa! Bello! Carissimi, spalanchiamo le nostre porte alla Luce! Essa illumini la nostra casa, ma soprattutto la nostra vita e, di riflesso, quella di molti altri! PAG 4 Un reliquiario a pisside alla Conferenza Episcopale Italiana per apportare il nostro contributo al Sinodo, ha rilevato aspetti interessanti e per certi versi sconvolgenti. Prendiamo atto e segnaliamo la totale ignoranza della dottrina della Chiesa in materia di procreazione responsabile. Essa è conosciuta unicamente per la proibizione dei mezzi anticoncezionali ed è vissuta come un’interferenza in un ambito del tutto personale e intimo. Si ha paura di accollarsi responsabilità che impegnano per tutta la vita e che richiedono uno stile di vita diverso da quello adottato dai non credenti. Dall’inchiesta, tuttavia, emergono anche proposte positive che possono essere di stimolo a non trattare questo tema unicamente nella giornata della vita. Le principali riguardano la divulgazione dei metodi naturali per una paternità e maternità responsabile; l’annuncio più efficace della maternità e paternità come dono incommensurabile di Dio; una educazione più capillare alla generosità e alla fiducia nella Provvidenza di Dio che si prende cura degli uccelli del cielo e dei gigli del campo e che non dimenticherà i suoi figli; una legislazione più attenta alle esigenze della vita e della famiglia con particolare riferimento a quelle con figli piccoli o disabili. Se i cristiani, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, si impegneranno su questi valori si può ancora sperare di “generare futuro”. Giovanni Pinto INSERTO speciale A.M.A. Ali di Speranza pagina 2 febbraio 2014 anno VI n. 56 FORMAZIONEeCultura la presenza dell’ordine equestre del santo sepolCro di GerusaleMMe a luCera P robabilmente non è chiara a tutti la fisionomia, la storia e la rilevanza dell’Ordine Equestre del S. Sepolcro di Gerusalemme (O.E.S.S.G.), così che spesso si sentono attribuirgli nomi strani, formulare domande e interrogativi giustificati e a volte anche impropri, discettare (spesso denigrando) sulla sua presenza, abbastanza corposa e vistosa, alle celebrazioni religiose e liturgiche. É bello quindi fare un po’ di chiarezza e di (sintetica) informazione. L’Ordine Equestre è la naturale discendenza di quello fondato quasi sicuramente da Goffredo di Buglione nel 1099 quando, su invio del Papa Urbano II, si svolse la prima Crociata per liberare dalle mani degli infedeli le memorie storiche di Gerusalemme e di tutta la Terra Santa. Da allora l’Ordine, con alterne vicende comprensibili a causa del cambiamento dei tempi e delle situazioni, ha sempre avuto un ruolo preminente, privilegiato nella Chiesa, quale testimone della custodia e della venerazione dei Luoghi Santi, in cui si sono svolti gli eventi della Redenzione dell’Uomo. Lì il Signore è stato preannunciato, si è incarnato, è nato dalla Vergine Maria, è vissuto, ha esposto il Vangelo, è morto sulla Croce, è Risorto, si è manifestato agli Apostoli ed ai Discepoli, ricevendo con Maria lo Spirito Santo, la Vergine Maria è stata Assunta in Cielo, primizia dei redenti. Il Cristiano non può prescindere dunque dalla Terra Santa, non averla presente nella sua vocazione religiosa, non fare riferimento continuo ad Essa. Perciò la Chiesa, nel corso dei secoli, e principalmente in questi ultimi tempi, ha consegnato all’Ordine Equestre lo speciale compito di “rappresentare” dovunque nel mondo questa realtà, terrena e soprannaturale. “Testimoniare” cioè, con la sua presenza, la Incarnazione del Cristo; e principalmente l’esistenza del sepolcro del Signore, vuoto non perché il Suo Corpo si è consunto o sia stato trafugato, ma perché Cristo è davvero risorto: e in ciò si sostanzia la fede, altrimenti vana. Nei primi secoli il compito dei Cavalieri era quello di custodire i Luoghi Santi (e principalmente la Basilica del S. Sepolcro), anche a costo della vita! La storia dice che furono in tanti a perderla per questo glorioso fine. Poi fu quello di garantire ai pellegrini la sicurezza del pellegrinaggio e la loro accoglienza in quella Terra impervia e spesso ostile. A far tempo dal 1846, con la revisione degli statuti del beato Pio IX, all’Ordine fu consegnato il ruolo di difesa e conservazione dei Luoghi Santi non più con le armi da guerra, ma con quelle della fede della speranza e principalmente della carità. Tutti i successivi Pontefici hanno riconosciuto all’Ordine un ruolo sempre più importante e ne hanno definito gli scopi; introducendo anche le dame, quali eredi delle canonichesse della Basilica del S. Sepolcro, custodi anch’Esse dei Luoghi di Gesù, novelle S. Marta dedite alla cura ed alla preghiera. All’Ordine fu assegnato il ruolo i santi del mese A cura di Donato CoPPoLeLLA santi sette fondatori dell’ordine dei servi della Beata Vergine Maria 17 febbraio I santi sette fondatori: Bonfilio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine di cui si dissero Servi di Maria, sotto la Regola di sant’Agostino. Nati a Firenze, si dedicarono come gruppo penitenziale ai poveri e ai malati. Si ritirarono sul Monte Senario per una vita di povertà e di preghiera e fondarono l’Ordine dei Servi di Maria, approvato da papa Benedetto XI nel 1304. Nel 1888 Leone XIII canonizzò i primi Padri. essenziale di testimonianza della fede con la vita specchiata e con le opere nella comunità a favore delle opere cristiane in Terra Santa. Tanto che è imprescindibile per un cavaliere e per una dama formarsi continuamente alla luce del Vangelo e testimoniare con la sua presenza la verità storica della fede cristiana fondata sulla vera Incarnazione del Cristo in Terra di Israele, sulla Sua Morte e sulla Sua Resurrezione. E tanta rilevanza ha dato la Santa Sede all’Ordine da essere l’unico da Essa riconosciuto, di sub-collazione (cioè di non diretta costituzione pontificia), acquisendo così - anche in questo caso unico - la personalità giuridica vaticana per mano di Pio XII, perfezionata dal beato Giovanni Paolo II. Ordine con personalità giuridica vaticana quindi (non una semplice associazione o opera pia o congregazione o simile aggregazione), conserva privilegi e prerogative, che - lungi dall’essere vuoto appannaggio dei singoli adepti - appartengono all’Istituzione in quanto tale, deputata al ricordo ed alla testimonianza continua della Terra Santa. Da qui la presenza - laddove l’Ordine sia vivo e vitale e perfettamente inserito nella, ed in sintonia con la, ecclesialità della Diocesi di appartenenza continua e, in certo qual modo, riservata, in ciascuna delle maggiori celebrazioni religiose e liturgiche. A Parigi, per esempio, l’organizzazione e lo svolgimento della processione dell’Assunta, patrona della Città (come della nostra Lucera) e dell’inte- ra Francia, è appannaggio esclusivo del nostro Ordine, che ne organizza e svolge il pio esercizio per tutta l’Ile de Paris, sulla Senna e nel centro storico della Città. Dal punto di vista civile l’Ordine, di natura vaticana, è l’unico in Italia, insieme solo a quello Sovrano Militare di Malta, ad essere riconosciuto per legge dallo Stato, godendo dei privilegi e prerogative di utilizzo del titolo e delle precedenze, che seguono solo quelle riservate all’Ordine della Repubblica. Sin dal giorno della sua costituzione in Lucera, la Delegazione gode della stima, della fiducia e delle attenzioni del Vescovo, che concede all’Ordine (e non ai singoli componenti) il privilegio, l’onore, ma anche l’onere, di essere presenti alle maggiori celebrazioni liturgiche e religiose, e di accompagnare e precedere il clero diocesano quale scorta d’onore ma anche ed essenzialmente quale testimone dei Luoghi Santi in cui si è realizzata, e per davvero, la redenzione dell’uomo. La Delegazione ogni hanno organizza percorsi formativi per i suoi aderenti ma aperti a tutti coloro che vogliono parteciparvi. Ogni primo venerdì di mese si riuniscono per pregare l’Eucaristia ed adorare il SS. Sacramento. Organizzano almeno un pellegrinaggio in Terra Santa all'anno ed in altri Santuari, nonché manifestazioni per la raccolta di fondi per sostenere le opere del Patriarcato Latino a Gerusalemme. san pier daMiani vescovo e dottore della Chiesa 21 febbraio Nacque a Ravenna nel 1007. Ultimati gli studi si diede all’insegnamento, ma l’abbandonò ed entrò nella Comunità degli Eremiti a Fonte Avellana dove divenne priore e redattore della regola del suo ordine religioso anche in altre Regioni d’Italia. Fu riformatore e moralizzatore della Chiesa del suo tempo, autore di scritti liturgici, teologici e morali. Creato cardinale e Vescovo di Ostia da Stefano IX, morì il 21 febbraio 1072 a Faenza e subito fu venerato come santo e dal 1823 anche come Dottore della Chiesa. La delegazione lucerina SPECIALE n. 20 A.M.A. Ali di Speranza ANNO VI NUMERO 56 LUCERA FEBBRAIO 2014 Un’opportUnità per riappropriarSi della propria vita aspetti formativi per la elaborazione del lutto Sapientia crucis est sapientia lucis ✠ Domenico CORNACCHIA C arissimi amici ed amiche, carissimi don Pasquale Caso, don Carlo Orsogna, questa sera viene innalzata una pietra miliare nella nostra realtà diocesana, con il taglio del nastro di partenza della sezione dell’Associazione di Auto Mutuo Aiuto. Tale Associazione è nata in Bergamo nel 1997, diffondendosi poi in altre Regioni d’Italia. Lo scopo di tale Associazione, assai nobile e delicato è quello di leggere sapientemente e, delicato è quello di leggere sapientemente e, cristianamente, il significato, il valore della sofferenza e del dolore. Si dice che il dolore, non lo comprende chi non lo prova! A volte è proprio così. Tuttavia, attraverso la fede, l’empatia più sincera, si può comprendere un sentimento altrui, come fosse nostro, anche se, non è nostro! Nella Scrittura, ad esempio, nel Profeta Isaia (40,1) ci sono molti richiami alla consolazione, all’aiuto disinteressato e sincero! Il Profeta, interpretando i sentimenti del Signore, dice: «Consolate, consolate, il mio popolo, ditegli che la sua salvezza è vicina» L’Apostolo Paolo esplicitamente parla ai Galati della necessità di portare gli uni i pesi degli altri, adempiendo così la legge di Cristo (Gal 6,2). Papa Francesco, più volte ci rimanda alla triste realtà della globalizzazione dell’indifferenza, alla cultura della scarto, mentre il Vangelo ci spinge a farci cirenei gli uni degli altri! L’Associazione dell’Auto Mutuo Aiuto ci deve rendere più sensibili e quindi più ben disposti a comprendere la sapienza del dolore, della croce! “Sapientia crucis est sapientia Lucis” (Papa Giovanni XXIII). Il gruppo A.M.A. non dev’essere chiuso, per piangersi addosso! Esso deve aiutarci ad aiutare! Quanto più noi aiutiamo, saremo aiutati, ad uscire fuori! Il passaggio per la porta stretta della sofferenza, specie quella non meritata ed innocente, ci deve far entrare in un mondo molto più ampio, sereno e fruttifero! “Se il chicco di frumento non marcisce e non muore, non porta frutto” (Gv 12,24)! Mi auguro che questo gruppo sia aperto, cresca nell’ascolto, nell’empatia, nell’amicizia tra i suoi membri, esercitandosi sempre più nel rispetto reciproco e, abbia della sofferenza, non una visione semplicemente luttuosa o punitiva, bensì un vero e proprio concime interiore che produca copiosi frutti di vita e di speranza! L U C E R A (Auto Mutuo Aiuto) C osa sono i gruppi A.M.A.? Il termine auto-mutuo-aiuto, dall’inglese mutual Help, ha il significato di: condividere l’esperienza e ricavarne vantaggio reciproco. In Italia lo sviluppo dei gruppi Auto Mutuo Aiuto è stato ed è molto più lento, solo in questi ultimi anni stanno cominciando a diffondersi; il primo gruppo A. M. A. che si è diffuso in Italia è quello degli Alcolisti Anonimi, verso la fine degli anni ’70. Oggi tali gruppi si stanno espandendo e riguardano vari ambiti: disagio psichico, disturbi alimentari, attacchi di panico, donne vittime di violenza, tossicodipendenza, lutto e tanti altri ancora. I gruppi A. M. A. sono formati da persone che condividono lo stesso problema ed insieme si sostengono reciprocamente. Chi sceglie di far parte di un gruppo A. M. A. trova un luogo dove affrontare le proprie difficoltà, dove portare il proprio vissuto con la consapevolezza che sarà ascoltato e che ognuno all’interno del gruppo si attiverà per ottenere dal dialogo un vantaggio per sé e per gli altri. Il legame che unisce i partecipanti al gruppo è basato sulla solidarietà, sull’empatia proprio perché condividendo lo stesso problema, ciascuno riesce “a mettersi nei panni” dell’altro. Inoltre il legame si basa sulla fiducia, perché c’è la consapevolezza che tutto ciò che viene detto durante gli incontri non verrà divulgato all’esterno. All’interno del gruppo c’è uno scambio di idee su uno stesso problema, ma ogni opinione sarà degna di attenzione e avrà la stessa valenza, perché ognuno avrà la possibilità di ristrutturare il proprio pensiero partendo dall’esperienza fatta da un’altra persona; questo ovviamente ci dice che è fondamentale che tra i membri del gruppo ci sia rispetto. Mi preme sottolineare quello che non è il nostro obiettivo, sicuramente non abbiamo la presunzione di voler eliminare il dolore per la scomparsa della persona cara, né vogliamo cancellarne il ricordo, perché niente e nessuno potrebbe mai eliminare la connotazione emotiva di un’esperienza di perdita, qualunque essa sia. Vogliamo invece aiutare i partecipanti al gruppo ad esprimere liberamente il proprio dolore, le emozioni di rabbia, paura e il senso di colpa. Non è semplice scendere nella caverna del proprio dolore e spesso si preferisce ignorarlo pensando che sia solo lo scorrere del tempo ad alleviare le ferite, o ancora ci si butta a capofitto in altre attività illudendosi che deviando l’attenzione su altri aspetti della vita, il dolore possa scomparire. Ci sono quelli che invece decidono di bloccare anche la loro di vita, con l’isolamento, la chiusura relazionale, l’apatia, il ritiro sociale. Noi invece vorremmo offrire a queste persone un’opportunità per riappropriarsi della propria vita, facilitando innanzitutto le relazioni e quindi favorendo l’apertura, inoltre individuare insieme delle modalità costruttive per gestire i momenti di sofferenza e di solitudine. Il nome che abbiamo scelto per il nostro gruppo A. M. A. è “Ali di speranza” ed il logo è quello delle ala che simboleggiano la delicatezza, la leggerezza e che stanno ad indicare proprio l’atteggiamento con il quale noi vorremmo avvicinarci a queste persone ed aiutarle a spiccare il volo verso nuovi orizzonti, quindi non più chiusura ed isolamento ma apertura a nuovi stili di vita, a nuovi obiettivi e a nuove amicizie. Vorrei aggiungere solo due parole su come verranno svolti gli incontri: i gruppi in genere vanno da un minimo di 3-4 persone ad un massimo di 12- 15, gli incontri si svolgeranno a cadenza quindicinale e si svolgono in cerchio per favorire la comunicazione e per ribadire la parità dei partecipanti. Il nostro gruppo è costituito da soli volontari opportunamente formati e prevede la presenza di un facilitatore che è sempre un componente del gruppo, ma ha una specifica formazione e ha il compito di facilitare la comunicazione e tutelare il gruppo. La partecipazione al gruppo è libera e gratuita. Francesca AbAte pagina 2 febbraio 2014 anno VI n. 56 Inserto speciale ali di SperanZa per la dioCeSi la dichiarazione di apertura del Gruppo a.M.a. D io, che è carità, volendo renderci partecipi del suo immenso amore, ha mandato il suo Figlio a soccorrere gli uomini affaticati e oppressi da ogni genere di afflizione. Egli ci ha circondato di così grande amore, da considerare fatto a se stesso ciò che viene fatto al più piccolo dei suoi fratelli e ha proclamato benedetti del Padre suo ed eredi della vita eterna gli operatori di consolazione. Oggi 13 Gennaio 2014 presso l’Auditorium del Seminario Diocesano di Lucera, alla presenza di Sua Ecc.za Mons. Domenico Cornacchia Vescovo di Lucera – Troia, dichiaro aperto il centro di Ascolto Elaborazione Lutto “Ali di Speranza”, gruppo Auto Mutuo Aiuto, in collaborazione con l’Ufficio Pastorale Diocesano della Salute e con la Cappellania Cimiteriale di Lucera. Ringrazio per la loro disponibilità i volontari del centro di ascolto nelle persone: don Carlo Orsogna, Francesca Abate, Savina Battaglino, Luigia Maria Bruno, Maria Rosaria De Troia, Stefania Di Muro, Nicoletta Pontone, Domenico Merlicco (membro esterno). Invoco il nome del Signore affinché effonda l’abbondanza delle sue Benedizioni su questi suoi figli che si offrono per il soccorso dei fratelli; riempiendoli del suo Spirito, perché nelle varie necessità della vita adempiano con tutto il cuore il loro volenteroso proposito e manifestino la sollecitudine della Chiesa. Pasquale CAsO aSSenZa di Una perSona Cara scritto la vigilia di natale 1943 bONeHOFFeR C ara Renate, caro Eberhard, sono le 9.30 di sera; ho passato un paio di ore belle, in pace, pensando con molta gratitudine al fatto che voi oggi potete stare insieme... Mi è dispiaciuto un po di non avervi potuto regalare questa volta niente di carino; ma i miei pensieri e i miei auguri vi sono stati vicini con una cordialità, se possibile, maggiore che mai. Vorrei dirvi qualcosa per il periodo di separazione che vi sta davanti. Non c'è proprio bisogno di dire quanto dura tale separazione ci risulti. Ma essendo io separato da tutte le persone cui sono legato ormai da nove mesi, ho fatto alcune esperien- ze di cui vorrei parlarvi... Anzitutto: per noi non c'è nulla che possa rimpiazzare l'assenza di una persona cara, né è cosa questa che dobbiamo tentare di fare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e davanti al quale bisogna tener duro; a prima vista sembra molto difficile, mentre è anche una grande consolazione; perché, restando effettivamente aperto il vuoto, si resta anche reciprocamente legati da esso. Si sba- glia quando si dice che Dio riempie il vuoto; non lo riempie affatto, anzi lo mantiene appunto aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l'autentica comunione tra di noi - sia pure nel dolore. Inoltre: quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa. Portiamo allora dentro di noi la bellezza del passato non come spina, ma come un dono prezioso. Bisogna guardarsi dal frugare nel passato, dal consegnarsi ad esso, così come un dono prezioso non lo si rimira continuamente, ma solo in momenti particolari, e per il resto lo si possiede come un tesoro nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora dal passato si irradiano una gioia e una forza durature. Nulla di ciò che è passato va perduto; Dio torna assieme a noi a cercare anche il passato che ci appartiene. Quando perciò ci coglie la nostalgia per qualcosa che è passato - il che accade in tempi assolutamente imprevedibili dobbiamo essere consapevoli che è solo uno dei momenti che Dio tiene ancora in serbo per noi. Dobbiamo rivisitare il passato non da soli, ma in compagnia di Dio. la testimonianza del cappellano dell'ospedale di lucera I nanzitutto rivolgo una saluto fraterno e un grazie a tutti voi per essere presente qui questa sera. Poi rivolgo un saluto filiale e un ringraziamento a Sua Ecc.za il vescovo che ha avuto fiducia in me affidandomi l’impegno di cappellano dell’ospedale di Lucera e di responsabile della Pastorale della Salute per tutta la Diocesi. Questi due impegni mi hanno aiutato molto a progredire nella mia formazione e spiritualità sacerdotale e quindi a prestare un servizio migliore agli ammalati e ai sofferenti di ogni genere. Un pensiero di gratitudine voglio rivolgerlo anche al mio carissimo confratello don Pasquale Caso che è animatore di un’attività pastorale specifica per alleviare la sofferenza di chi viene colpito dalla tristissima esperienza di un lutto. Egli mi ha chiesto di collaborare con lui alla costituzione di un gruppo, definito con il termine «auto mutuo aiuto», con lo scopo di elaborare e approfondire il senso del lutto, onde evitare le dannose conseguenze per la vita di chi ne fa esperienza. Si è lavorato per ben tre anni, insieme a delle persone volontarie e, grazie anche all’aiuto e all’incorag- giamento costante del Vescovo, abbiamo costituito il gruppo. Abbiamo proposto, in via sperimentale, ai parroci della città di Lucera di celebrare una Santa Messa mensile in suffragio dei defunti appartenenti ad ogni parrocchia. Tutti i parroci ci hanno accolti con entusiasmo, tanto che continueremo questa attività spirituale in ogni parrocchia della città, con la fiducia poterla stendere in tutta la Diocesi, costituendo il gruppo in tutte le parrocchie della diocesi. Il gruppo Diocesano costituito inizia oggi ufficialmente la sua attività con la denominazione “Ali di Speranza” e affidato alla protezione di san Giuseppe Moscati. Concludo ritenendo che il dolore può trasformarsi in cammino di fede o che spinge le persone che sono afflitte a non isolarsi e a chiudersi nel proprio dolore, ma a rendersi disponibili ad aiutare gli altri che vivono le stesse esperienze di dolore. Questa è la meta che crediamo di poter raggiungere con il nostro lavoro e con il vostro aiuto. Carlo ORsOgNA MUore Un SaCerdote della dioCeSi di napoli D on Fabrizio era nato a Napoli, l’8 settembre 1982. Migliaia, forse tremila persone, si sono riunite a Ponticelli (NA), per dargli l’ultimo saluto nella Basilica della Madonna della Neve, dove era vice parroco. Don Fabrizio De Michino, giovane sacerdote di Ponticelli, ha lasciato questa terra per il suo ultimo viaggio verso la vita eterna. Una sofferenza grande quella di don Fabrizio negli ultimi mesi, vissuta sempre con grande fede e con grande forza d’animo. Sempre un sorriso, sempre una parola di conforto per i parenti e gli amici che gli sono stati vicini fino all’ultimo respiro. Una persona speciale. “Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festività della Madre di Dio, ci piace pensare – scrivono i suoi parrocchiani – che proprio la Madonna accompagni don Fabrizio nel suo ultimo viaggio verso la dimora eterna. La comunità parrocchiale della Madonna della Neve, di cui don Fabrizio era vice-parroco, e tutto il quartiere di Ponticelli si sono stretti con grande amore e coraggio, oltre che con fede, intorno ai familiari ed ai sacerdoti, colpiti da un dolore troppo forte”. La sua lettera prima di raggiungere Gesù nel Paradiso scritta a Papa Francesco. Santo Padre, nelle mie quotidiane preghiere che rivolgo a Dio, non smetto di pregare per Lei e per il ministero che il Signore stesso Le ha affidato, affinché possa darle sempre forza e gioia per continuare ad annunciare la bella notizia del Vangelo. Mi chiamo Fabrizio De Michino e sono un giovane sacerdote della Diocesi di Napoli. Ho 31 anni e da cinque sacerdote. Svolgo il mio servizio sia presso il Seminario Arcivescovile di Napoli come educatore del gruppo dei diaconi, che in una parrocchia a Ponticelli, che si trova alla periferia est di Napoli. La Parrocchia, ricordando il miracolo avvenuto sul colle Esquilino, è intitolata alla Madonna della Neve e nel 2014 celebrerà il primo centenario dell’Incoronazione della statua lignea del 1500, molto cara a tutti gli abitanti. Ponticelli è un quartiere degradato con molta criminalità e povertà, ma ogni giorno scopro davvero la bellezza di vedere quello che il Signore opera in queste persone che si fidano di Dio e della Madonna. Anch’io da quando sono in questa parrocchia ho potuto ampliare sempre più il mio amore fiducioso verso la Madre Celeste, sperimentando anche nelle difficoltà la sua vicinanza e protezione. Purtroppo sono tre anni che mi trovo a lottare contro una malattia rara: un tumore proprio all’interno del cuore e da qualche mese anche nuove metastasi al fegato e alla milza. In questi anni non facili, però, non ho mai perso la gioia di essere annunciatore del Vangelo. Anche nella stanchezza percepisco davvero questa forza che non viene da me ma da Dio che mi permette di svolgere con semplicità il mio ministero. C’è un versetto biblico che mi sta accompagnando e che mi infonde fiducia nella forza del Signore, ed è quello di Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). In questo tempo molto vicina è la presenza del mio Vescovo, il Card. Crescenzio Sepe, che mi sostiene costantemente, anche se a volte mi dice di riposarmi un po’ per non affaticarmi troppo. Ringraziando Dio anche i miei familiari e i miei amici sacerdoti mi aiutano e sostengono soprattutto quando faccio le varie terapie, condividendo con me i vari momenti d’inevitabile sofferenza. Anche i medici mi assistono tantissimo e fanno di tutto per trovare le giuste terapie da somministrarmi. Santo Padre, sarò stato un po’ lungo in questo mio scritto, ma volevo solamente dirLe che offro al Signore tutto questo per il bene della Chiesa e per Lei in modo particolare, perché il Signore La benedica sempre e La accompagni in questo ministero di servizio e amore. Le chiedo, nelle Sue preghiere di aggiungere anche me: quello che chiedo ogni giorno al Signore è di fare la Sua volontà, sempre e comunque. Spesso, è vero, non chiedo a Dio la mia guarigione, ma chiedo la forza e la gioia di continuare ad essere vero testimone del suo amore e sacerdote secondo il suo cuore. Certo delle Sue paterne preghiere, La saluto devotamente. anno VI n. 56 febbraio 2014 pagina 3 CRONACHEedesperienze CoraGGio, alzati e riVèstiti di luCe CorresponsaBili della Gioia la vita consacrata segno della ricerca di dio O gni anno la Chiesa universale dedica alla vita consacrata il giorno liturgico in cui si ricorda la presentazione di Gesù al tempio: quest’anno, la Comunità vocazionale, ha desiderato fortemente che tutti i consacrati che prestano il loro ministero e soprattutto la loro testimonianza nella Chiesa diocesana potessero vivere questa giornata loro dedicata tutti assieme, nella gioia, per benedire il Signore. Lo scorso 2 febbraio, mentre al mattino la Parrocchia della Mediatrice in Troia ha concluso la Visita pastorale, nel pomeriggio ha ospitato l’evento che ha visto presenti molti consacrati. Celebrazione Eucaristica e adorazione, presieduti dal fai della tua Vita qualCosa CHe Vale L a sfida che Raoul Follereau aveva lanciato al mondo il secolo scorso è oggi più che in passato attuale e si sente la responsabilità di continuare a costruire una civiltà basata sulla giustizia e sulla pace affinché ogni uomo possa vivere in pienezza la sua dignità. È con questa consapevolezza che si è vissuta la 61ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, il 26 gennaio 2014. La frase tematica della giornata è “Fai della tua vita qualcosa che vale”. Il nostro Gruppo AIFO di Lucera e la Diocesi di Lucera-Troia, quest'anno celebra il 42° di attività ininterrotta, a favore degli "ultimi" i malati di Lebbra (1972-2014). In questi anni tanto è stato fatto: è stata individuata una cura in molti casi risolutiva, milioni di persone sono guarite, grazie all'informazione ed alla sensibilizzazione si sta abbassando il pregiudizio che da millenni accompagna questa malattia. Tutto ciò e il frutto di un impegno fatto di consapevolezza e di tanti gesti di solidarietà concreta. I fondi che verranno raccolti saranno destinati al finanziamento del progetto dell'AIFO in Guinea Bissau. "Amare vuol dire condividere la stessa speranza" (Follereau). Arturo MonACo Vescovo, per ricordare a tutti coloro che hanno fatto di povertà, castità e obbedienza lo statuto di vita e il programma di crescita nello spirito la loro chiamata ad essere, per questo mondo che è assetato di Dio ed è in cerca di Lui, bagliori concreti della sua luminosa presenza. Il consacrato non ha altro scopo nella vita: quello di dire quanto è grande l’alleanza nuziale tra Dio e la propria vita, tra il Creatore e la creatura, tra il Signore ed ogni vivente. Tutto ciò verrà fortemente ribadito nel prossimo 2015, anno che il Papa ha indetto come anno della vita consacrata. Michele Di GioiA N ei mesi di novembre e dicembre scorsi, si sono svolte le assemblee elettive in tutte le associazioni parrocchiali per il rinnovo triennale dei consigli parrocchiali e la designazione dei delegati che prenderanno parte alla XV assemblea diocesana, anch’essa elettiva, indetta per il 16 febbraio 2014 dal titolo “Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia”. la CroCe le CroCi i Crocifissi delle Confraternite di lucera I l 18 gennaio scorso, nella basilicasantuario di San Francesco, si è tenuta la presentazione del catalogo fotografico ''La Croce le croci - I Crocifissi delle Confraternite di Lucera", pubblicato a cura di Arturo Monaco, priore dell'Arciconfraternita della Santa Croce di Lucera. Il lavoro raccoglie i contenuti storici, artistici, teologici e iconografici della mostra sui crocifissi delle dodici confraternite di Lucera svoltasi nell'oratorio della B.V. Addolorata, nel mese di settembre 2013, un contributo teologico di mons. Antonio Pitta e un contributo storico sulle confraternite di Lucera del dott. Massimiliano Monaco. La cerimonia di presentazione si è svolta alla presenza di mons. Domenico Cornacchia, di mons. Luigi Tommasone, di p. Eugenio Galignano, del curatore e del dott. Giovanni Aquilino. Un ringraziamento è stato rivolto ai rap- presentanti delle associazioni confraternali di Lucera che hanno permesso la riuscita dell'iniziativa religiosa e culturale. Al termine della manifestazione il priore Monaco ha donato ai relatori e ai collaboratori del lavoro una medaglia in argento coniata dall'orafo lucerino Gianni Impagnatiello in occasione del decennale del consiglio di amministrazione dell'arciconfraternita, mentre un'artistica croce in argento e ottone è stata donata alla basilica per le funzioni religiose. Un confratello Costituiti Gli orGanisMi teCniCi della dioCesi di luCera-troia I l vescovo Domenico Cornacchia il 23 dicembre scorso ha costituito, a norma del Codice di Diritto Canonico il Collegio dei Consultori formato dai Presbiteri: Salvatore Ceglia, Modesto De Girolamo, Ciro Fanelli, Paolo Paolella, Luigi Tommasone e Pio Zuppa i quali rimarranno in carica cinque anni. Inoltre sono stati costituiti il Consiglio di Amministrazione e il Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero. Il Collegio di Amministrazione dell’IDSC è formato dai Presbiteri Gaetano Squeo e Luigi Pompa eletti dal Clero Diocesano e dall’avv. Ettore Preziuso, dal geom. Raf- La Voce del DIRETTORE T ra le diverse letture che mi appassionano mi sono imbattuto in un breve racconto anonimo di grande efficacia che vorrei riportare: «Questa è la storia di quattro persone chiamate Ognuno, Qualcuno, Ciascuno, Nessuno. C'era un lavoro urgente da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno avrebbe potuto farlo, ma Nessuno lo fece. Finì che ciascuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ognu- Verso la XV assemblea diocesana di a. C. faelle Checchia e dal geom. Luciano Ortello questi designati dal Vescovo pro-tempore; al sac. Gaetano Squeo la presidenza del Consiglio di Amministrazione e all’avv. Ettore Preziuso la vice Presidenza. Il Collegio dei Revisori dei Conti dell’IDSC è formato dal sac. Pasquale Caso designato dal Consiglio Presbiterale; dal dott. Nicola Maielli e dal sac. Ciro Miele questi designati dal Vescovo pro-tempore; la nomina di presidente del suddetto organismo al dott. Nicola Maielli. I suddetti organismi hanno avuto inizio il 1° gennaio scorso e hanno la durata di cinque anni. d. c. ognuno... nessuno no avrebbe potuto fare» (Anonimo). È la storia di sempre, quella malattia che potremmo declinare con lo scaricabarile, l'inerzia, l'indifferenza, il ricorso all'alibi per sottrarsi a un impegno personale, destinato a creare un beneficio anche per gli altri. E ancora noncuranza, trascuratezza, negligenza, disinteresse... Ecco i virus che corrompono la democrazia, sporcano le nostre città e non solo, inquinano l'ambiente, debilitano la sensibilità etica. È pro- Nell’assemblea si realizza pienamente la caratteristica democratica dell’Ac, in quanto è proprio in essa che giovanissimi, giovani e adulti (e anche i ragazzi, attraverso i loro educatori) hanno l’opportunità di confrontarsi per stabilire gli orientamenti dell’associazione locale e di esercitare il proprio diritto di voto per eleggere coloro che saranno chiamati ad assumere in prima persona le responsabilità nella conduzione della vita dell’associazione. Avere un momento in cui tutti i soci sono riuniti, da una parte fa sentire il calore dell’essere vera famiglia, sviluppando sempre di più relazioni fraterne, dall’altra accresce la voglia di compiere insieme scelte che a volte richiedono coraggio e impegno. L’assemblea diventa quindi luogo di ampia condivisione e di ascolto, dove generazioni diverse interagiscono, confrontando ideali e aspettative, prio vero «il dovere è quello che ci aspettiamo dagli altri» (Oscar Wilde). Spesso siamo più esigenti verso i nostri diritti mentre vomitiamo insulti di fronte alla più piccola contrarietà e difficoltà. Il nostro egoismo ottuso scardina il tessuto della convivenza. Prima di diventare un vuoto e inerte Nessuno ritroviamo la responsabilità dell'essere tutti un Ognuno con un compito. Leonardo CAtALAno sogni e delusioni, amarezze e gioie. In tal modo l’associazione cura e rafforza uno stile relazionale autentico ed efficace, ponendo al centro di ogni percorso e di ogni proposta l’amore per la persona e per il suo vissuto. Dare il giusto ruolo e valore all’assemblea dei soci – in un tempo in cui sembra che prevalga la logica dell’io rispetto a quella del noi – significa continuare a credere nell’importanza del confronto, della partecipazione, della corresponsabilità, valori fondamentali che hanno sempre inciso nella vita dell’Azione Cattolica, dei soci e anche della Chiesa e del territorio locale. Raffaele CHeCCHiA pagina 4 febbraio 2014 anno VI n. 56 QUARTApaGina un reliquiario a pisside L a Diocesi di Lucera-Troia possiede un patrimonio di beni culturali ecclesiastici alquanto interessante. Mensilmente si presenterà e illustrerà un manufatto prezioso dei beni culturali. Questo permetterà di far conoscere a tutti alcuni dei manufatti più interessanti che dicono la fede e della cultura dei “nostri” padri. Il primo dei beni che viene presentato, di proprietà del Capitolo della Cattedrale di Lucera, è il più antico fra quelli oggi conservati nel Museo Diocesano: si tratta di un reliquiario a pisside, di per sé attraente per l’insolita forma, per l’uso dei materiali preziosi e per il suo evidente legame alla cultura araba. Purtroppo, la presenza araba nella città di Lucera in età sveva - non a caso denominata “Luceria Saracenorum” ha comportato la distruzione, di tutti i monumenti, le chiese e i raffinati manufatti artistici, che insieme testimoniavano la storia plurisecolare della diocesi di Lucera. Si riporta qui di seguito la parziale descrizione che Giovanni Boraccesi ha fatto del manufatto, in occasione del fondamentale studio sugli argenti liturgici voluto dal Capitolo Cattedrale di Lucera: «Il reliquiario a pisside in rame e diaspro sanguigno, (…), non è datato, ma dalla letteratura locale e dalla critica specialistica la sua fattura è collocata nel XIII secolo. Il reliquiario imposta su un piede circolare ornato da un’incisione di creature mostruose alate, che rappresenterebbero metaforicamente le forze del male; il fusto, anch’esso circolare, è interrotto da un nodo tondeggiante. La parte superiore, a forma cilindrica, è costituita da una pietra preziosa, il diaspro sanguigno: le chiazze rosse presenti sul diaspro rappresentano il sangue di Gesù Cristo. Il coperchio esagonale è ornato da una serie di archi traforati, di chiaro gusto arabo, impreziositi da piccole sfere di perle e coralli; un giro di perle è disposto pure sul bordo del coperchio. Le perle, “le lacrime degli dei”, simboleg- l’Amore per la Bellezza giano, così come il corallo, il martirio. Il reliquiario fu probabilmente commissionato ad un artista arabo-siculo» (Cf. Giovanni Boraccesi, Gli argenti della Cattedrale e del Museo Diocesano di Lucera, Grenzi Editore, 2003). Luigi toMMASone superiorità della preghiera pubblica su quella privata S pesso in chiesa al momento più sacro, cerco indarno con gli occhi l’im mensa folla che presti sì profonda attenzione alle omelie. È un fatto veramente doloroso! Quando parla un uomo, che non è un servo di Dio come voi, tutti sono pieni d’interesse e di zelo. Ma quando il Cristo sta per manifestarsi durante i Santi Misteri, la chiesa è vuota e deserta… Ma quale è la scusa della maggior parte? “Posso prega- i detti di Francesco re – dicono – anche a casa, ma non mi è possibile ascoltarvi omelie e prediche”. T’inganni! […] Così si esprimono anche gli Apostoli: “Noi persevereremo nella preghiera e nel servizio della Parola”. Così pure san Paolo eleva preghiere all’inizio delle Epistole, affinché la preghiera, come la luce di una lampada, preceda illuminando la parola. Se ti abituerai a pregare con fervore, non avrai bisogno delle prediche di coloro che sono servi come te, poiché Dio stesso, senza alcun intermediario, illuminerà la tua mente. Se la preghiera di uno solo ha tanta potenza, molto maggiore ne ha quella fatta assieme alla moltitudine dei fedeli. Maggiore ne è l’energia e la sicurezza che non quando si prega in casa o privatamente. Come lo sappiamo? Ascolta quel che dice san Paolo: “Colui che ci salvò e ci salva da una così tremenda morte, speriamo che ancora ci salverà se anche voi collaborerete con la preghiera in nostro favore, affinché un gran numero di persone ringrazi Dio per noi a causa della grazia concessaci”. Così anche Pietro riuscì a fuggire dal carcere: “Si elevava a Dio una preghiera continua da parte della Chiesa per lui”. Se la preghiera della Chiesa aiutò Pietro e liberò dalla prigione quella colonna, come puoi tu disprezzare la sua potenza, dimmelo, e come potrai giustificare il tuo atteggiamento? Ascolta anche il Signore stesso che afferma che si lascia piegare dalla moltitudine che lo invoca con amore. Infatti, giustificandosi di fronte ai lamenti di Giona per la pianta di zucca, dice: “Tu ti sei affezionato alla zucca, per la quale non ti affaticasti né l’hai curata. Ed io non risparmierò Ninive, città così grande, in cui abitano più di dodici miriadi d’uomini?”. Non a caso Egli fa presente il gran numero di persone, ma perché tu sappia che la preghiera, in cui si uniscono molte voci, ha una grande efficacia. E voglio dimostrarlo anche con esempi della storia profana. [...] San Giovanni Crisostomo, “Sull’incomprensibilità di Dio”, Omelia III, 353-474. Mensile di informazione della diocesi di Lucera-Troia Editore Diocesi di Lucera-Troia adorare Vorrei che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore? Andiamo da Dio solo per chiedere, per ringraziare, o andiamo da Lui anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia. Omelia alla Messa in San Paolo Fuori le Mura, 14 aprile 2013 ambiente Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frut- to ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti. Udienza generale, 5 giugno 2013 Cibo Quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario, ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri. Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme. Udienza generale, 5 giugno 2013 Direttore responsabile Matteo Francavilla Direttore editoriale Leonardo Catalano Redazione Donato Coppolella Rocco Coppolella Michele Di Gioia Enza Gagliardi Riccardo Zingaro Sede piazza Duomo, 13 - 71036 Lucera - Foggia Tel/Fax 0881 520882 e-mail: [email protected] Stampa Ennio Cappetta & C. srl - Foggia Anno VI, numero 56, febbraio 2014 Autorizzazione del Tribunale di Lucera n. 139 del 27 gennaio 2009.
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