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ANNO VI
NUMERO 56
LUCERA
FEBBRAIO
2014
La voce
del PASTORE
il Cielo in una
stanza
✠ Domenico CoRnACCHiA
è il titolo di una celebre canzone del
cantautore Gino Paoli. Non mi è venuta
altra immagine più suggestiva della
recente Visita Pastorale nelle Comunità
della Cattedrale, di San Francesco e di
San Vincenzo in Troia. Sì ho visto il sole,
non in una sola stanza, ma in tutte le
strette vie del centro storico dell’antica
e suggestiva Città di Troia. Per le arterie, appena appena pedonali, ci si
incammina nel cuore della Città, sentendone i battiti, i sussulti di gioia e di
dolore! È stato molto suggestivo, percorrere quelle stradine senza marciapiede, sulle basole, consumate, più dai
pedoni, che dai carri e dalle automobili! Ho visitato Chiese, case, negozi,
aziende! Ho ascoltato persone sole,
affannate, sconfortate, bisognose semplicemente di essere accolte! In ogni
casa e con tutti, abbiamo sempre pregato il Signore, la Madonna, i Santi
Patroni, per ringraziare, supplicare o,
intercedere.
Ho immaginato che davvero, il Signore,
il Pastore Buono fosse andato lì per
chiamare le pecorelle, per sostenerle,
per rianimarle! Oh, come avrei voluto
dare di più, usare più attenzione, sostare più lungamente ovunque! Tuttavia, il
programma, ben curato dappertutto,
imponeva un ritmo di marcia, naturalmente accelerato! Due luoghi e due
momenti, mi hanno particolarmente
toccato il cuore di uomo e di pastore. Il
primo, l’incontro con gli ospiti dell’Associazione ITACA, del Servizio di Igiene
Mentale, alloggiati presso la Sezione
della ASL.
Un vero e proprio luogo in cui si mescolano sofferenti e volontari, gioia e dolore, speranza e timore! Sergio, uno di
loro mi ha fatto omaggio di un bellissimo disegno raffigurante Maria, la
Madre della Consolazione! Io, che forse
ero andato più per curiosità che per
PAG
C’è un futuro per la
nostra soCietà?
“G enerare futuro” è lo slogan con cui
la Conferenza Episcopale Italiana ha
annunciato la 36’ Giornata della vita da
celebrarsi il 2 febbraio 2014.
Una “giornata” che intende sensibilizzare primariamente, se non esclusivamente, la coscienza dei credenti e non
credenti su un valore che non ha prezzo: la vita umana!
Quest’anno, l’effetto “Papa Bergoglio”,
sembra avere prodotto una risonanza
mediatica più ampia del solito. Il Papa,
al cui magistero fa espresso riferimento
anche il documento dei Vescovi, già
dall’inizio del suo ministero petrino ha
ripetutamente messo in guardia tutti su
un punto fondamentale: una società
che non si prende cura della vita, da
quella nascente a quella che giunge al
tramonto, non può avere un futuro, è
una società destinata a morire.
La società italiana, in questi ultimi tempi, è caratterizzata da un duplice atteggiamento: di paura verso la vita nascente e di fastidio e di disimpegno verso la
quella che non corrisponde ai canoni
dell’efficienza e della bellezza. Il primo
atteggiamento si concretizza con la
paura di mettere al mondo bambini, il
secondo con il rifiuto di prendersi cura
delle persone anziane e non autosufficienti. Le giovani famiglie sono spaventate principalmente per il futuro economico dei loro figli e non si sentono
sostenute e aiutate dallo Stato. Di conseguenza si genera una società di vecchi che faticherà sempre più a soddisfare le esigenze di tutti e in particolare
dei più deboli.
L’altro grande problema per la famiglia
è la presenza di anziani o di infermi non
autosufficienti. La società italiana, nel
recente passato aveva raggiunto un
buon livello di Welfare sollevando le
famiglie dal prendersi cura dei disabili e
degli anziani. Esistevano strutture o
persone che con il loro intervento davano la possibilità alla famiglia di conti-
amore, posso dire di aver ricevuto una
indelebile lezione di vita e di luce. Tra
l’altro, ho accettato l’invito a pranzo da
loro! Il più bel condimento, in quel convivio, sono state le lacrime della mamma di Raffaello (ingegnere meccanico),
uno dei giovani ospiti, la quale ha detto: “Non chiedo al Signore il perché,
ma che mi aiuti a portare la sofferenza
di mio figlio, ora non più in grado di una
vita autosufficiente”!
L’altro incontro è stato con gli Ospiti
dell’Associazione “Meravigliosi doni”,
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PAG
L’ordine
equestre
Corresponsabili
della gioia
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nuare serenamente il proprio lavoro
senza soffrire sensi di colpa per l’abbandono di questi membri più deboli
e bisognosi di cure continue. Oggi
anche questo settore è andato in crisi
e la tentazione di trovare altre soluzioni che non siano quelle dell’amore e
del sacrificio, diventa sempre più
pressante sui singoli e sulla società. Si
parla sempre più spesso dell’inutilità
di una vita troppo malata e di vecchi
che sono solamente di peso per la
società. L’ “eutanasia” ossia la morte
dolce, viene sempre più spesso proposta o invocata da più parti della
società. Il prossimo Sinodo straordinario, convocato da papa Francesco
per l’ottobre 2014, tratterà anche di
questi aspetti molto rilevanti della
famiglia. L’indagine sulla famiglia
condotta a livello diocesano e inviata
che finalmente hanno avuto una sede
confortevole, bella, luminosa, sita su Via
Roma, l’arteria che dà a meridione, verso il Tavoliere! Dopo la benedizione,
l’abbiamo definita “La casa dell’Amore”! Fu la casa di un sacerdote, Don
Banino Prencipe, che l’ha donata alla
Diocesi per una finalità caritativa! Bello!
Carissimi, spalanchiamo le nostre porte
alla Luce!
Essa illumini la nostra casa, ma soprattutto la nostra vita e, di riflesso, quella di
molti altri!
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Un reliquiario
a pisside
alla Conferenza Episcopale Italiana per
apportare il nostro contributo al Sinodo, ha rilevato aspetti interessanti e
per certi versi sconvolgenti.
Prendiamo atto e segnaliamo la totale
ignoranza della dottrina della Chiesa in
materia di procreazione responsabile.
Essa è conosciuta unicamente per la
proibizione dei mezzi anticoncezionali
ed è vissuta come un’interferenza in un
ambito del tutto personale e intimo. Si
ha paura di accollarsi responsabilità
che impegnano per tutta la vita e che
richiedono uno stile di vita diverso da
quello adottato dai non credenti.
Dall’inchiesta, tuttavia, emergono
anche proposte positive che possono
essere di stimolo a non trattare questo
tema unicamente nella giornata della
vita. Le principali riguardano la divulgazione dei metodi naturali per una
paternità e maternità responsabile;
l’annuncio più efficace della maternità
e paternità come dono incommensurabile di Dio; una educazione più capillare alla generosità e alla fiducia nella
Provvidenza di Dio che si prende cura
degli uccelli del cielo e dei gigli del
campo e che non dimenticherà i suoi
figli; una legislazione più attenta alle
esigenze della vita e della famiglia con
particolare riferimento a quelle con figli
piccoli o disabili. Se i cristiani, insieme
a tutti gli uomini di buona volontà, si
impegneranno su questi valori si può
ancora sperare di “generare futuro”.
Giovanni Pinto
INSERTO
speciale
A.M.A.
Ali di Speranza
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febbraio 2014 anno VI n. 56
FORMAZIONEeCultura
la presenza dell’ordine equestre
del santo sepolCro di GerusaleMMe a luCera
P robabilmente non è chiara a tutti la
fisionomia, la storia e la rilevanza dell’Ordine Equestre del S. Sepolcro di
Gerusalemme (O.E.S.S.G.), così che
spesso si sentono attribuirgli nomi strani, formulare domande e interrogativi
giustificati e a volte anche impropri,
discettare (spesso denigrando) sulla sua
presenza, abbastanza corposa e vistosa, alle celebrazioni religiose e liturgiche. É bello quindi fare un po’ di chiarezza e di (sintetica) informazione.
L’Ordine Equestre è la naturale discendenza di quello fondato quasi sicuramente da Goffredo di Buglione nel
1099 quando, su invio del Papa Urbano
II, si svolse la prima Crociata per liberare dalle mani degli infedeli le memorie
storiche di Gerusalemme e di tutta la
Terra Santa.
Da allora l’Ordine, con alterne vicende
comprensibili a causa del cambiamento
dei tempi e delle situazioni, ha sempre
avuto un ruolo preminente, privilegiato
nella Chiesa, quale testimone della
custodia e della venerazione dei Luoghi
Santi, in cui si sono svolti gli eventi della Redenzione dell’Uomo. Lì il Signore è
stato preannunciato, si è incarnato, è
nato dalla Vergine Maria, è vissuto, ha
esposto il Vangelo, è morto sulla Croce, è Risorto, si è manifestato agli Apostoli ed ai Discepoli, ricevendo con
Maria lo Spirito Santo, la Vergine Maria
è stata Assunta in Cielo, primizia dei
redenti.
Il Cristiano non può prescindere dunque dalla Terra Santa, non averla presente nella sua vocazione religiosa, non
fare riferimento continuo ad Essa.
Perciò la Chiesa, nel corso dei secoli, e
principalmente in questi ultimi tempi,
ha consegnato all’Ordine Equestre lo
speciale compito di “rappresentare”
dovunque nel mondo questa realtà,
terrena e soprannaturale. “Testimoniare” cioè, con la sua presenza, la
Incarnazione del Cristo; e principalmente l’esistenza del sepolcro del
Signore, vuoto non perché il Suo
Corpo si è consunto o sia stato trafugato, ma perché Cristo è davvero
risorto: e in ciò si sostanzia la fede,
altrimenti vana.
Nei primi secoli il compito dei Cavalieri era quello di custodire i Luoghi
Santi (e principalmente la Basilica del
S. Sepolcro), anche a costo della vita!
La storia dice che furono in tanti a
perderla per questo glorioso fine. Poi
fu quello di garantire ai pellegrini la
sicurezza del pellegrinaggio e la loro
accoglienza in quella Terra impervia
e spesso ostile.
A far tempo dal 1846, con la revisione degli statuti del beato Pio IX,
all’Ordine fu consegnato il ruolo di
difesa e conservazione dei Luoghi
Santi non più con le armi da guerra,
ma con quelle della fede della speranza e principalmente della carità.
Tutti i successivi Pontefici hanno riconosciuto all’Ordine un ruolo sempre
più importante e ne hanno definito
gli scopi; introducendo anche le
dame, quali eredi delle canonichesse
della Basilica del S. Sepolcro, custodi
anch’Esse dei Luoghi di Gesù, novelle S. Marta dedite alla cura ed alla
preghiera.
All’Ordine fu assegnato il ruolo
i santi del mese
A cura di Donato CoPPoLeLLA
santi sette fondatori
dell’ordine dei servi della Beata
Vergine Maria 17 febbraio
I santi sette fondatori: Bonfilio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine di cui si dissero Servi di
Maria, sotto la Regola di sant’Agostino. Nati a Firenze, si dedicarono come gruppo penitenziale ai poveri e ai malati. Si ritirarono sul Monte Senario per una vita di povertà e di preghiera e
fondarono l’Ordine dei Servi di Maria, approvato da papa Benedetto XI nel 1304. Nel 1888 Leone XIII canonizzò i primi Padri.
essenziale di testimonianza della fede
con la vita specchiata e con le opere
nella comunità a favore delle opere
cristiane in Terra Santa. Tanto che è
imprescindibile per un cavaliere e per
una dama formarsi continuamente
alla luce del Vangelo e testimoniare
con la sua presenza la verità storica
della fede cristiana fondata sulla vera
Incarnazione del Cristo in Terra di
Israele, sulla Sua Morte e sulla Sua
Resurrezione.
E tanta rilevanza ha dato la Santa
Sede all’Ordine da essere l’unico da
Essa riconosciuto, di sub-collazione
(cioè di non diretta costituzione pontificia), acquisendo così - anche in questo caso unico - la personalità giuridica vaticana per mano di Pio XII, perfezionata dal beato Giovanni Paolo II.
Ordine con personalità giuridica vaticana quindi (non una semplice associazione o opera pia o congregazione
o simile aggregazione), conserva privilegi e prerogative, che - lungi dall’essere vuoto appannaggio dei singoli adepti - appartengono all’Istituzione in quanto tale, deputata al ricordo ed alla testimonianza continua della Terra Santa.
Da qui la presenza - laddove l’Ordine
sia vivo e vitale e perfettamente inserito nella, ed in sintonia con la, ecclesialità della Diocesi di appartenenza continua e, in certo qual modo, riservata, in ciascuna delle maggiori celebrazioni religiose e liturgiche.
A Parigi, per esempio, l’organizzazione e lo svolgimento della processione
dell’Assunta, patrona della Città
(come della nostra Lucera) e dell’inte-
ra Francia, è appannaggio esclusivo
del nostro Ordine, che ne organizza e
svolge il pio esercizio per tutta l’Ile de
Paris, sulla Senna e nel centro storico
della Città.
Dal punto di vista civile l’Ordine, di
natura vaticana, è l’unico in Italia,
insieme solo a quello Sovrano Militare
di Malta, ad essere riconosciuto per
legge dallo Stato, godendo dei privilegi e prerogative di utilizzo del titolo
e delle precedenze, che seguono solo
quelle riservate all’Ordine della
Repubblica.
Sin dal giorno della sua costituzione in
Lucera, la Delegazione gode della stima, della fiducia e delle attenzioni del
Vescovo, che concede all’Ordine (e
non ai singoli componenti) il privilegio, l’onore, ma anche l’onere, di
essere presenti alle maggiori celebrazioni liturgiche e religiose, e di
accompagnare e precedere il clero
diocesano quale scorta d’onore ma
anche ed essenzialmente quale testimone dei Luoghi Santi in cui si è realizzata, e per davvero, la redenzione
dell’uomo.
La Delegazione ogni hanno organizza
percorsi formativi per i suoi aderenti
ma aperti a tutti coloro che vogliono
parteciparvi. Ogni primo venerdì di
mese si riuniscono per pregare l’Eucaristia ed adorare il SS. Sacramento.
Organizzano almeno un pellegrinaggio in Terra Santa all'anno ed in altri
Santuari, nonché manifestazioni per la
raccolta di fondi per sostenere le opere del Patriarcato Latino a Gerusalemme.
san pier daMiani
vescovo e dottore della
Chiesa 21 febbraio
Nacque a Ravenna nel 1007. Ultimati gli studi si
diede all’insegnamento, ma l’abbandonò ed
entrò nella Comunità degli Eremiti a Fonte
Avellana dove divenne priore e redattore della
regola del suo ordine religioso anche in altre
Regioni d’Italia. Fu riformatore e moralizzatore
della Chiesa del suo tempo, autore di scritti
liturgici, teologici e morali. Creato cardinale e
Vescovo di Ostia da Stefano IX, morì il 21 febbraio 1072 a Faenza e subito fu venerato come
santo e dal 1823 anche come Dottore della
Chiesa.
La delegazione lucerina
SPECIALE n.
20
A.M.A.
Ali di Speranza
ANNO VI
NUMERO 56
LUCERA
FEBBRAIO
2014
Un’opportUnità per
riappropriarSi della propria vita
aspetti formativi per la elaborazione del lutto
Sapientia crucis
est sapientia lucis
✠ Domenico CORNACCHIA
C arissimi amici ed amiche, carissimi don
Pasquale Caso, don Carlo Orsogna, questa
sera viene innalzata una pietra miliare nella
nostra realtà diocesana, con il taglio del
nastro di partenza della sezione dell’Associazione di Auto Mutuo Aiuto.
Tale Associazione è nata in Bergamo nel
1997, diffondendosi poi in altre Regioni
d’Italia.
Lo scopo di tale Associazione, assai nobile e
delicato è quello di leggere sapientemente
e, delicato è quello di leggere sapientemente e, cristianamente, il significato, il valore
della sofferenza e del dolore.
Si dice che il dolore, non lo comprende chi
non lo prova! A volte è proprio così. Tuttavia,
attraverso la fede, l’empatia più sincera, si
può comprendere un sentimento altrui,
come fosse nostro, anche se, non è nostro!
Nella Scrittura, ad esempio, nel Profeta Isaia
(40,1) ci sono molti richiami alla consolazione, all’aiuto disinteressato e sincero! Il Profeta, interpretando i sentimenti del Signore,
dice: «Consolate, consolate, il mio popolo,
ditegli che la sua salvezza è vicina»
L’Apostolo Paolo esplicitamente parla ai
Galati della necessità di portare gli uni i pesi
degli altri, adempiendo così la legge di Cristo (Gal 6,2).
Papa Francesco, più volte ci rimanda alla triste realtà della globalizzazione dell’indifferenza, alla cultura della scarto, mentre il Vangelo ci spinge a farci cirenei gli uni degli altri!
L’Associazione dell’Auto Mutuo Aiuto ci
deve rendere più sensibili e quindi più ben
disposti a comprendere la sapienza del dolore, della croce!
“Sapientia crucis est sapientia Lucis” (Papa
Giovanni XXIII).
Il gruppo A.M.A. non dev’essere chiuso, per
piangersi addosso!
Esso deve aiutarci ad aiutare! Quanto più noi
aiutiamo, saremo aiutati, ad uscire fuori!
Il passaggio per la porta stretta della sofferenza, specie quella non meritata ed innocente, ci deve far entrare in un mondo molto
più ampio, sereno e fruttifero!
“Se il chicco di frumento non marcisce e non
muore, non porta frutto” (Gv 12,24)!
Mi auguro che questo gruppo sia aperto,
cresca nell’ascolto, nell’empatia, nell’amicizia tra i suoi membri, esercitandosi sempre
più nel rispetto reciproco e, abbia della sofferenza, non una visione semplicemente luttuosa o punitiva, bensì un vero e proprio
concime interiore che produca copiosi frutti
di vita e di speranza!
L U C E R A
(Auto Mutuo Aiuto)
C osa sono i gruppi A.M.A.? Il termine
auto-mutuo-aiuto, dall’inglese mutual
Help, ha il significato di: condividere
l’esperienza e ricavarne vantaggio reciproco.
In Italia lo sviluppo dei gruppi Auto
Mutuo Aiuto è stato ed è molto più lento, solo in questi ultimi anni stanno
cominciando a diffondersi; il primo
gruppo A. M. A. che si è diffuso in Italia
è quello degli Alcolisti Anonimi, verso la
fine degli anni ’70.
Oggi tali gruppi si stanno espandendo
e riguardano vari ambiti: disagio psichico, disturbi alimentari, attacchi di panico, donne vittime di violenza, tossicodipendenza, lutto e tanti altri ancora.
I gruppi A. M. A. sono formati da persone che condividono lo stesso problema
ed insieme si sostengono reciprocamente.
Chi sceglie di far parte di un gruppo A.
M. A. trova un luogo dove affrontare le
proprie difficoltà, dove portare il proprio vissuto con la consapevolezza che
sarà ascoltato e che ognuno all’interno
del gruppo si attiverà per ottenere dal
dialogo un vantaggio per sé e per gli
altri.
Il legame che unisce i partecipanti al
gruppo è basato sulla solidarietà, sull’empatia proprio perché condividendo
lo stesso problema, ciascuno riesce “a
mettersi nei panni” dell’altro. Inoltre il
legame si basa sulla fiducia, perché c’è
la consapevolezza che tutto ciò che viene detto durante gli incontri non verrà
divulgato all’esterno. All’interno del
gruppo c’è uno scambio di idee su uno
stesso problema, ma ogni opinione sarà
degna di attenzione e avrà la stessa
valenza, perché ognuno avrà la possibilità di ristrutturare il proprio pensiero
partendo dall’esperienza fatta da un’altra persona; questo ovviamente ci dice
che è fondamentale che tra i membri
del gruppo ci sia rispetto.
Mi preme sottolineare quello che non è
il nostro obiettivo, sicuramente non
abbiamo la presunzione di voler eliminare il dolore per la scomparsa della
persona cara, né vogliamo cancellarne il
ricordo, perché niente e nessuno
potrebbe mai eliminare la connotazione emotiva di un’esperienza di perdita,
qualunque essa sia.
Vogliamo invece aiutare i partecipanti al
gruppo ad esprimere liberamente il
proprio dolore, le emozioni di rabbia,
paura e il senso di colpa.
Non è semplice scendere nella caverna
del proprio dolore e spesso si preferisce
ignorarlo pensando che sia solo lo scorrere del tempo ad alleviare le ferite, o
ancora ci si butta a capofitto in altre attività illudendosi che deviando l’attenzione su altri aspetti della vita, il dolore
possa scomparire. Ci sono quelli che
invece decidono di bloccare anche la
loro di vita, con l’isolamento, la chiusura
relazionale, l’apatia, il ritiro sociale.
Noi invece vorremmo offrire a queste
persone un’opportunità per riappropriarsi della propria vita, facilitando
innanzitutto le relazioni e quindi favorendo l’apertura, inoltre individuare
insieme delle modalità costruttive per
gestire i momenti di sofferenza e di solitudine.
Il nome che abbiamo scelto per il nostro
gruppo A. M. A. è “Ali di speranza” ed
il logo è quello delle ala che simboleggiano la delicatezza, la leggerezza
e che stanno ad indicare proprio l’atteggiamento con il quale noi vorremmo avvicinarci a queste persone ed
aiutarle a spiccare il volo verso nuovi
orizzonti, quindi non più chiusura ed
isolamento ma apertura a nuovi stili di
vita, a nuovi obiettivi e a nuove amicizie.
Vorrei aggiungere solo due parole su
come verranno svolti gli incontri: i
gruppi in genere vanno da un minimo
di 3-4 persone ad un massimo di 12-
15, gli incontri si svolgeranno a cadenza quindicinale e si svolgono in cerchio per favorire la comunicazione e
per ribadire la parità dei partecipanti.
Il nostro gruppo è costituito da soli
volontari opportunamente formati e
prevede la presenza di un facilitatore
che è sempre un componente del
gruppo, ma ha una specifica formazione e ha il compito di facilitare la comunicazione e tutelare il gruppo. La partecipazione al gruppo è libera e gratuita.
Francesca AbAte
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febbraio 2014 anno VI n. 56 Inserto speciale
ali di SperanZa per la dioCeSi
la dichiarazione di apertura del Gruppo a.M.a.
D io, che è carità, volendo renderci partecipi del suo immenso amore, ha mandato il suo Figlio a soccorrere gli uomini
affaticati e oppressi da ogni genere di
afflizione.
Egli ci ha circondato di così grande amore, da considerare fatto a se stesso ciò
che viene fatto al più piccolo dei suoi fratelli e ha proclamato benedetti del Padre
suo ed eredi della vita eterna gli operatori di consolazione.
Oggi 13 Gennaio 2014 presso l’Auditorium del Seminario Diocesano di Lucera,
alla presenza di Sua Ecc.za Mons. Domenico Cornacchia Vescovo di Lucera – Troia, dichiaro aperto il centro di Ascolto
Elaborazione Lutto “Ali di Speranza”,
gruppo Auto Mutuo Aiuto, in collaborazione con l’Ufficio Pastorale Diocesano
della Salute e con la Cappellania Cimiteriale di Lucera.
Ringrazio per la loro disponibilità i
volontari del centro di ascolto nelle persone: don Carlo Orsogna, Francesca
Abate, Savina Battaglino, Luigia Maria
Bruno, Maria Rosaria De Troia, Stefania
Di Muro, Nicoletta Pontone, Domenico
Merlicco (membro esterno).
Invoco il nome del Signore affinché
effonda l’abbondanza delle sue Benedizioni su questi suoi figli che si offrono
per il soccorso dei fratelli; riempiendoli
del suo Spirito, perché nelle varie necessità della vita adempiano con tutto il
cuore il loro volenteroso proposito e
manifestino la sollecitudine della Chiesa.
Pasquale CAsO
aSSenZa di Una perSona Cara
scritto la vigilia di natale 1943
bONeHOFFeR
C ara Renate, caro Eberhard,
sono le 9.30 di sera; ho passato un paio
di ore belle, in pace, pensando con molta gratitudine al fatto che voi oggi potete stare insieme...
Mi è dispiaciuto un po di non avervi
potuto regalare questa volta niente di
carino; ma i miei pensieri e i miei auguri
vi sono stati vicini con una cordialità, se
possibile, maggiore che mai. Vorrei dirvi
qualcosa per il periodo di separazione
che vi sta davanti. Non c'è proprio bisogno di dire quanto dura tale separazione ci risulti. Ma essendo io separato da
tutte le persone cui sono legato ormai
da nove mesi, ho fatto alcune esperien-
ze di cui vorrei parlarvi... Anzitutto: per
noi non c'è nulla che possa rimpiazzare
l'assenza di una persona cara, né è cosa
questa che dobbiamo tentare di fare; è
un fatto che bisogna semplicemente
sopportare e davanti al quale bisogna
tener duro; a prima vista sembra molto
difficile, mentre è anche una grande
consolazione; perché, restando effettivamente aperto il vuoto, si resta anche
reciprocamente legati da esso. Si sba-
glia quando si dice che Dio riempie il
vuoto; non lo riempie affatto, anzi lo
mantiene appunto aperto e ci aiuta in
questo modo a conservare l'autentica
comunione tra di noi - sia pure nel dolore. Inoltre: quanto più belli e densi sono
i ricordi, tanto più pesante è la separazione. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa. Portiamo allora dentro di noi la bellezza del passato non come spina, ma
come un dono prezioso. Bisogna guardarsi dal frugare nel passato, dal consegnarsi ad esso, così come un dono prezioso non lo si rimira continuamente, ma
solo in momenti particolari, e per il resto
lo si possiede come un tesoro nascosto
della cui esistenza si è sicuri; allora dal
passato si irradiano una gioia e una forza
durature. Nulla di ciò che è passato va
perduto; Dio torna assieme a noi a cercare anche il passato che ci appartiene.
Quando perciò ci coglie la nostalgia per
qualcosa che è passato - il che accade in
tempi assolutamente imprevedibili dobbiamo essere consapevoli che è
solo uno dei momenti che Dio tiene
ancora in serbo per noi. Dobbiamo rivisitare il passato non da soli, ma in compagnia di Dio.
la testimonianza del cappellano
dell'ospedale di lucera
I nanzitutto rivolgo una saluto fraterno
e un grazie a tutti voi per essere presente qui questa sera. Poi rivolgo un saluto
filiale e un ringraziamento a Sua Ecc.za
il vescovo che ha avuto fiducia in me
affidandomi l’impegno di cappellano
dell’ospedale di Lucera e di responsabile della Pastorale della Salute per tutta
la Diocesi. Questi due impegni mi hanno aiutato molto a progredire nella mia
formazione e spiritualità sacerdotale e
quindi a prestare un servizio migliore
agli ammalati e ai sofferenti di ogni
genere.
Un pensiero di gratitudine voglio rivolgerlo anche al mio carissimo confratello
don Pasquale Caso che è animatore di
un’attività pastorale specifica per alleviare la sofferenza di chi viene colpito
dalla tristissima esperienza di un lutto.
Egli mi ha chiesto di collaborare con lui
alla costituzione di un gruppo, definito
con il termine «auto mutuo aiuto», con
lo scopo di elaborare e approfondire il
senso del lutto, onde evitare le dannose
conseguenze per la vita di chi ne fa
esperienza. Si è lavorato per ben tre
anni, insieme a delle persone volontarie
e, grazie anche all’aiuto e all’incorag-
giamento costante del Vescovo, abbiamo costituito il gruppo.
Abbiamo proposto, in via sperimentale, ai parroci della città di Lucera di
celebrare una Santa Messa mensile in
suffragio dei defunti appartenenti ad
ogni parrocchia.
Tutti i parroci ci hanno accolti con entusiasmo, tanto che continueremo questa attività spirituale in ogni parrocchia
della città, con la fiducia poterla stendere in tutta la Diocesi, costituendo il
gruppo in tutte le parrocchie della diocesi. Il gruppo Diocesano costituito inizia oggi ufficialmente la sua attività con
la denominazione “Ali di Speranza” e
affidato alla protezione di san Giuseppe Moscati.
Concludo ritenendo che il dolore può
trasformarsi in cammino di fede o che
spinge le persone che sono afflitte a
non isolarsi e a chiudersi nel proprio
dolore, ma a rendersi disponibili ad
aiutare gli altri che vivono le stesse
esperienze di dolore.
Questa è la meta che crediamo di
poter raggiungere con il nostro lavoro
e con il vostro aiuto.
Carlo ORsOgNA
MUore Un SaCerdote
della dioCeSi di napoli
D on Fabrizio era nato a Napoli, l’8 settembre 1982. Migliaia, forse tremila persone, si sono riunite a Ponticelli (NA),
per dargli l’ultimo saluto nella Basilica
della Madonna della Neve, dove era
vice parroco.
Don Fabrizio De Michino, giovane sacerdote di Ponticelli, ha lasciato questa terra per il suo ultimo viaggio verso la vita
eterna. Una sofferenza grande quella di
don Fabrizio negli ultimi mesi, vissuta
sempre con grande fede e con grande
forza d’animo.
Sempre un sorriso, sempre una parola di
conforto per i parenti e gli amici che gli
sono stati vicini fino all’ultimo respiro.
Una persona speciale.
“Nel giorno in cui la Chiesa celebra la
festività della Madre di Dio, ci piace
pensare – scrivono i suoi parrocchiani –
che proprio la Madonna accompagni
don Fabrizio nel suo ultimo viaggio verso la dimora eterna.
La comunità parrocchiale della Madonna della Neve, di cui don Fabrizio era
vice-parroco, e tutto il quartiere di Ponticelli si sono stretti con grande amore e
coraggio, oltre che con fede, intorno ai
familiari ed ai sacerdoti, colpiti da un
dolore troppo forte”.
La sua lettera prima di raggiungere
Gesù nel Paradiso scritta a Papa Francesco.
Santo Padre,
nelle mie quotidiane preghiere che
rivolgo a Dio, non smetto di pregare per
Lei e per il ministero che il Signore stesso Le ha affidato, affinché possa darle
sempre forza e gioia per continuare ad
annunciare la bella notizia del Vangelo.
Mi chiamo Fabrizio De Michino e sono
un giovane sacerdote della Diocesi di
Napoli. Ho 31 anni e da cinque sacerdote. Svolgo il mio servizio sia presso il
Seminario Arcivescovile di Napoli come
educatore del gruppo dei diaconi, che
in una parrocchia a Ponticelli, che si trova alla periferia est di Napoli. La Parrocchia, ricordando il miracolo avvenuto sul
colle Esquilino, è intitolata alla Madonna
della Neve e nel 2014 celebrerà il primo
centenario dell’Incoronazione della statua lignea del 1500, molto cara a tutti gli
abitanti.
Ponticelli è un quartiere degradato con
molta criminalità e povertà, ma ogni
giorno scopro davvero la bellezza di
vedere quello che il Signore opera in
queste persone che si fidano di Dio e
della Madonna. Anch’io da quando
sono in questa parrocchia ho potuto
ampliare sempre più il mio amore fiducioso verso la Madre Celeste, sperimentando anche nelle difficoltà la sua vicinanza e protezione.
Purtroppo sono tre anni che mi trovo a
lottare contro una malattia rara: un
tumore proprio all’interno del cuore e
da qualche mese anche nuove metastasi
al fegato e alla milza.
In questi anni non facili, però, non ho
mai perso la gioia di essere annunciatore del Vangelo.
Anche nella stanchezza percepisco davvero questa forza che non viene da me
ma da Dio che mi permette di svolgere
con semplicità il mio ministero. C’è un
versetto biblico che mi sta accompagnando e che mi infonde fiducia nella
forza del Signore, ed è quello di Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo,
toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò
un cuore di carne” (Ez 36, 26).
In questo tempo molto vicina è la presenza del mio Vescovo, il Card. Crescenzio Sepe, che mi sostiene costantemente, anche se a volte mi dice di riposarmi
un po’ per non affaticarmi troppo.
Ringraziando Dio anche i miei familiari e
i miei amici sacerdoti mi aiutano e
sostengono soprattutto quando faccio
le varie terapie, condividendo con me i
vari momenti d’inevitabile sofferenza.
Anche i medici mi assistono tantissimo e
fanno di tutto per trovare le giuste terapie da somministrarmi.
Santo Padre,
sarò stato un po’ lungo in questo mio
scritto, ma volevo solamente dirLe che
offro al Signore tutto questo per il bene
della Chiesa e per Lei in modo particolare, perché il Signore La benedica sempre e La accompagni in questo ministero di servizio e amore.
Le chiedo, nelle Sue preghiere di
aggiungere anche me: quello che chiedo ogni giorno al Signore è di fare la
Sua volontà, sempre e comunque. Spesso, è vero, non chiedo a Dio la mia guarigione, ma chiedo la forza e la gioia di
continuare ad essere vero testimone del
suo amore e sacerdote secondo il suo
cuore.
Certo delle Sue paterne preghiere, La
saluto devotamente.
anno VI n. 56 febbraio 2014
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3
CRONACHEedesperienze
CoraGGio, alzati e riVèstiti di luCe
CorresponsaBili
della Gioia
la vita consacrata segno della ricerca di dio
O gni anno la Chiesa universale dedica
alla vita consacrata il giorno liturgico in
cui si ricorda la presentazione di Gesù al
tempio: quest’anno, la Comunità vocazionale, ha desiderato fortemente che
tutti i consacrati che prestano il loro ministero e soprattutto la loro testimonianza
nella Chiesa diocesana potessero vivere
questa giornata loro dedicata tutti assieme, nella gioia, per benedire il Signore.
Lo scorso 2 febbraio, mentre al mattino
la Parrocchia della Mediatrice in Troia ha
concluso la Visita pastorale, nel pomeriggio ha ospitato l’evento che ha visto
presenti molti consacrati. Celebrazione
Eucaristica e adorazione, presieduti dal
fai della tua Vita
qualCosa CHe Vale
L a sfida che Raoul Follereau aveva
lanciato al mondo il secolo scorso è
oggi più che in passato attuale e si sente la responsabilità di continuare a
costruire una civiltà basata sulla giustizia e sulla pace affinché ogni uomo
possa vivere in pienezza la sua dignità.
È con questa consapevolezza che si è
vissuta la 61ª Giornata mondiale dei
malati di lebbra, il 26 gennaio 2014.
La frase tematica della giornata è “Fai
della tua vita qualcosa che vale”.
Il nostro Gruppo AIFO di Lucera e la
Diocesi di Lucera-Troia, quest'anno
celebra il 42° di attività ininterrotta, a
favore degli "ultimi" i malati di Lebbra
(1972-2014).
In questi anni tanto è stato fatto: è stata individuata una cura in molti casi
risolutiva, milioni di persone sono guarite, grazie all'informazione ed alla sensibilizzazione si sta abbassando il pregiudizio che da millenni accompagna
questa malattia. Tutto ciò e il frutto di
un impegno fatto di consapevolezza e
di tanti gesti di solidarietà concreta.
I fondi che verranno raccolti saranno
destinati al finanziamento del progetto
dell'AIFO in Guinea Bissau.
"Amare vuol dire condividere la stessa
speranza" (Follereau).
Arturo MonACo
Vescovo, per ricordare a tutti coloro che
hanno fatto di povertà, castità e obbedienza lo statuto di vita e il programma
di crescita nello spirito la loro chiamata
ad essere, per questo mondo che è
assetato di Dio ed è in cerca di Lui,
bagliori concreti della sua luminosa presenza. Il consacrato non ha altro scopo
nella vita: quello di dire quanto è grande l’alleanza nuziale tra Dio e la propria
vita, tra il Creatore e la creatura, tra il
Signore ed ogni vivente. Tutto ciò verrà
fortemente ribadito nel prossimo 2015,
anno che il Papa ha indetto come anno
della vita consacrata.
Michele Di GioiA
N ei mesi di novembre e dicembre
scorsi, si sono svolte le assemblee elettive in tutte le associazioni parrocchiali
per il rinnovo triennale dei consigli parrocchiali e la designazione dei delegati che prenderanno parte alla XV
assemblea diocesana, anch’essa elettiva, indetta per il 16 febbraio 2014 dal
titolo “Persone nuove in Cristo Gesù.
Corresponsabili della gioia”.
la CroCe le CroCi
i Crocifissi delle
Confraternite di lucera
I l 18 gennaio scorso, nella basilicasantuario di San Francesco, si è tenuta
la presentazione del catalogo fotografico ''La Croce le croci - I Crocifissi delle
Confraternite di Lucera", pubblicato a
cura di Arturo Monaco, priore dell'Arciconfraternita della Santa Croce di Lucera. Il lavoro raccoglie i contenuti storici,
artistici, teologici e iconografici della
mostra sui crocifissi delle dodici confraternite di Lucera svoltasi nell'oratorio
della B.V. Addolorata, nel mese di settembre 2013, un contributo teologico
di mons. Antonio Pitta e un contributo
storico sulle confraternite di Lucera del
dott. Massimiliano Monaco.
La cerimonia di presentazione si è svolta alla presenza di mons. Domenico
Cornacchia, di mons. Luigi Tommasone, di p. Eugenio Galignano, del curatore e del dott. Giovanni Aquilino.
Un ringraziamento è stato rivolto ai rap-
presentanti delle associazioni confraternali di Lucera che hanno permesso
la riuscita dell'iniziativa religiosa e culturale. Al termine della manifestazione il
priore Monaco ha donato ai relatori e ai
collaboratori del lavoro una medaglia
in argento coniata dall'orafo lucerino
Gianni Impagnatiello in occasione del
decennale del consiglio di amministrazione dell'arciconfraternita, mentre
un'artistica croce in argento e ottone è
stata donata alla basilica per le funzioni
religiose.
Un confratello
Costituiti Gli orGanisMi teCniCi della
dioCesi di luCera-troia
I l vescovo Domenico Cornacchia il 23
dicembre scorso ha costituito, a norma
del Codice di Diritto Canonico il Collegio dei Consultori formato dai Presbiteri: Salvatore Ceglia, Modesto De Girolamo, Ciro Fanelli, Paolo Paolella, Luigi
Tommasone e Pio Zuppa i quali rimarranno in carica cinque anni. Inoltre sono
stati costituiti il Consiglio di Amministrazione e il Collegio dei Revisori dei
Conti dell’Istituto Diocesano per il
Sostentamento del Clero. Il Collegio di
Amministrazione dell’IDSC è formato
dai Presbiteri Gaetano Squeo e Luigi
Pompa eletti dal Clero Diocesano e
dall’avv. Ettore Preziuso, dal geom. Raf-
La Voce del DIRETTORE
T ra le diverse letture che mi appassionano mi sono imbattuto in un breve racconto anonimo di grande efficacia che vorrei riportare: «Questa è
la storia di quattro persone chiamate
Ognuno, Qualcuno, Ciascuno, Nessuno.
C'era un lavoro urgente da fare e
Ognuno era sicuro che Qualcuno lo
avrebbe fatto. Ciascuno avrebbe
potuto farlo, ma Nessuno lo fece.
Finì che ciascuno incolpò Qualcuno
perché Nessuno fece ciò che Ognu-
Verso la XV
assemblea
diocesana di a. C.
faelle Checchia e dal geom. Luciano
Ortello questi designati dal Vescovo
pro-tempore; al sac. Gaetano Squeo la
presidenza del Consiglio di Amministrazione e all’avv. Ettore Preziuso la
vice Presidenza. Il Collegio dei Revisori
dei Conti dell’IDSC è formato dal sac.
Pasquale Caso designato dal Consiglio
Presbiterale; dal dott. Nicola Maielli e
dal sac. Ciro Miele questi designati dal
Vescovo pro-tempore; la nomina di
presidente del suddetto organismo al
dott. Nicola Maielli. I suddetti organismi hanno avuto inizio il 1° gennaio
scorso e hanno la durata di cinque anni.
d. c.
ognuno... nessuno
no avrebbe potuto fare» (Anonimo).
È la storia di sempre, quella malattia
che potremmo declinare con lo scaricabarile, l'inerzia, l'indifferenza, il
ricorso all'alibi per sottrarsi a un
impegno personale, destinato a
creare un beneficio anche per gli
altri. E ancora noncuranza, trascuratezza, negligenza, disinteresse...
Ecco i virus che corrompono la
democrazia, sporcano le nostre città
e non solo, inquinano l'ambiente,
debilitano la sensibilità etica. È pro-
Nell’assemblea si realizza pienamente
la caratteristica democratica dell’Ac, in
quanto è proprio in essa che giovanissimi, giovani e adulti (e anche i ragazzi,
attraverso i loro educatori) hanno l’opportunità di confrontarsi per stabilire
gli orientamenti dell’associazione locale e di esercitare il proprio diritto di
voto per eleggere coloro che saranno
chiamati ad assumere in prima persona
le responsabilità nella conduzione della vita dell’associazione.
Avere un momento in cui tutti i soci
sono riuniti, da una parte fa sentire il
calore dell’essere vera famiglia, sviluppando sempre di più relazioni fraterne,
dall’altra accresce la voglia di compiere insieme scelte che a volte richiedono coraggio e impegno.
L’assemblea diventa quindi luogo di
ampia condivisione e di ascolto, dove
generazioni diverse interagiscono,
confrontando ideali e aspettative,
prio vero «il dovere è quello che ci
aspettiamo dagli altri» (Oscar Wilde).
Spesso siamo più esigenti verso i
nostri diritti mentre vomitiamo insulti
di fronte alla più piccola contrarietà e
difficoltà.
Il nostro egoismo ottuso scardina il
tessuto della convivenza.
Prima di diventare un vuoto e inerte
Nessuno ritroviamo la responsabilità
dell'essere tutti un Ognuno con un
compito.
Leonardo CAtALAno
sogni e delusioni, amarezze e gioie. In
tal modo l’associazione cura e rafforza
uno stile relazionale autentico ed efficace, ponendo al centro di ogni percorso e di ogni proposta l’amore per la
persona e per il suo vissuto.
Dare il giusto ruolo e valore all’assemblea dei soci – in un tempo in cui sembra che prevalga la logica dell’io
rispetto a quella del noi – significa continuare a credere nell’importanza del
confronto, della partecipazione, della
corresponsabilità, valori fondamentali
che hanno sempre inciso nella vita dell’Azione Cattolica, dei soci e anche
della Chiesa e del territorio locale.
Raffaele CHeCCHiA
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febbraio 2014 anno VI n. 56
QUARTApaGina
un reliquiario a pisside
L a Diocesi di Lucera-Troia possiede
un patrimonio di beni culturali ecclesiastici alquanto interessante. Mensilmente si presenterà e illustrerà un manufatto prezioso dei beni culturali. Questo
permetterà di far conoscere a tutti alcuni dei manufatti più interessanti che
dicono la fede e della cultura dei
“nostri” padri.
Il primo dei beni che viene presentato,
di proprietà del Capitolo della Cattedrale di Lucera, è il più antico fra quelli
oggi conservati nel Museo Diocesano:
si tratta di un reliquiario a pisside, di
per sé attraente per l’insolita forma, per
l’uso dei materiali preziosi e per il suo
evidente legame alla cultura araba.
Purtroppo, la presenza araba nella città
di Lucera in età sveva - non a caso
denominata “Luceria Saracenorum” ha comportato la distruzione, di tutti i
monumenti, le chiese e i raffinati manufatti artistici, che insieme testimoniavano la storia plurisecolare della diocesi
di Lucera.
Si riporta qui di seguito la parziale
descrizione che Giovanni Boraccesi ha
fatto del manufatto, in occasione del
fondamentale studio sugli argenti liturgici voluto dal Capitolo Cattedrale di
Lucera:
«Il reliquiario a pisside in rame e diaspro sanguigno, (…), non è datato, ma
dalla letteratura locale e dalla critica
specialistica la sua fattura è collocata
nel XIII secolo.
Il reliquiario imposta su un piede circolare ornato da un’incisione di creature
mostruose alate, che rappresenterebbero metaforicamente le forze del
male; il fusto, anch’esso circolare, è
interrotto da un nodo tondeggiante. La
parte superiore, a forma cilindrica, è
costituita da una pietra preziosa, il diaspro sanguigno: le chiazze rosse presenti sul diaspro rappresentano il sangue di Gesù Cristo.
Il coperchio esagonale è ornato da una
serie di archi traforati, di chiaro gusto
arabo, impreziositi da piccole sfere di
perle e coralli; un giro di perle è disposto pure sul bordo del coperchio. Le
perle, “le lacrime degli dei”, simboleg-
l’Amore
per la
Bellezza
giano, così come il corallo, il martirio. Il
reliquiario fu probabilmente commissionato ad un artista arabo-siculo» (Cf.
Giovanni Boraccesi, Gli argenti della
Cattedrale e del Museo Diocesano di
Lucera, Grenzi Editore, 2003).
Luigi toMMASone
superiorità della preghiera
pubblica su quella privata
S pesso in chiesa al momento più
sacro, cerco indarno con gli occhi l’im
mensa folla che presti sì profonda
attenzione alle omelie. È un fatto veramente doloroso! Quando parla un
uomo, che non è un servo di Dio come
voi, tutti sono pieni d’interesse e di
zelo. Ma quando il Cristo sta per manifestarsi durante i Santi Misteri, la chiesa
è vuota e deserta… Ma quale è la scusa della maggior parte? “Posso prega-
i detti
di
Francesco
re – dicono – anche a casa, ma non mi
è possibile ascoltarvi omelie e prediche”. T’inganni! […] Così si esprimono
anche gli Apostoli: “Noi persevereremo nella preghiera e nel servizio della
Parola”. Così pure san Paolo eleva preghiere all’inizio delle Epistole, affinché
la preghiera, come la luce di una lampada, preceda illuminando la parola.
Se ti abituerai a pregare con fervore,
non avrai bisogno delle prediche di
coloro che sono servi come te, poiché
Dio stesso, senza alcun intermediario,
illuminerà la tua mente. Se la preghiera
di uno solo ha tanta potenza, molto
maggiore ne ha quella fatta assieme
alla moltitudine dei fedeli. Maggiore ne
è l’energia e la sicurezza che non quando si prega in casa o privatamente.
Come lo sappiamo? Ascolta quel che
dice san Paolo: “Colui che ci salvò e ci
salva da una così tremenda morte, speriamo che ancora ci salverà se anche
voi collaborerete con la preghiera in
nostro favore, affinché un gran numero
di persone ringrazi Dio per noi a causa
della grazia concessaci”. Così anche
Pietro riuscì a fuggire dal carcere: “Si
elevava a Dio una preghiera continua
da parte della Chiesa per lui”.
Se la preghiera della Chiesa aiutò Pietro e liberò dalla prigione quella colonna, come puoi tu disprezzare la sua
potenza, dimmelo, e come potrai giustificare il tuo atteggiamento? Ascolta
anche il Signore stesso che afferma che
si lascia piegare dalla moltitudine che
lo invoca con amore. Infatti, giustificandosi di fronte ai lamenti di Giona per la
pianta di zucca, dice: “Tu ti sei affezionato alla zucca, per la quale non ti affaticasti né l’hai curata.
Ed io non risparmierò Ninive, città così
grande, in cui abitano più di dodici
miriadi d’uomini?”.
Non a caso Egli fa presente il gran
numero di persone, ma perché tu sappia che la preghiera, in cui si uniscono
molte voci, ha una grande efficacia. E
voglio dimostrarlo anche con esempi
della storia profana. [...]
San Giovanni Crisostomo,
“Sull’incomprensibilità di Dio”, Omelia III, 353-474.
Mensile di informazione
della diocesi di Lucera-Troia
Editore
Diocesi di Lucera-Troia
adorare
Vorrei che ci ponessimo tutti una
domanda: Tu, io, adoriamo il Signore?
Andiamo da Dio solo per chiedere, per
ringraziare, o andiamo da Lui anche per
adorarlo? Che cosa vuol dire allora adorare Dio?
Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che
la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno
di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene
conto, ha un ben preciso ordine delle
cose ritenute più o meno importanti.
Adorare il Signore vuol dire dare a
Lui il posto che deve avere; adorare il
Signore vuol dire affermare, credere,
non però semplicemente a parole,
che Lui solo guida veramente la
nostra vita; adorare il Signore vuol
dire che siamo convinti davanti a Lui
che è il solo Dio, il Dio della nostra
vita, il Dio della nostra storia.
Omelia alla Messa in San Paolo Fuori
le Mura, 14 aprile 2013
ambiente
Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente
coltivando e custodendo il creato?
Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frut-
to ed esso sia condiviso: quanta
attenzione, passione e dedizione!
Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi;
è parte del suo progetto; vuol dire far
crescere il mondo con responsabilità,
trasformarlo perché sia un giardino,
un luogo abitabile per tutti.
Udienza generale, 5 giugno 2013
Cibo
Quando il cibo viene condiviso in
modo equo, con solidarietà, nessuno
è privo del necessario, ogni comunità
può andare incontro ai bisogni dei più
poveri. Ecologia umana ed ecologia
ambientale camminano insieme.
Udienza generale, 5 giugno 2013
Direttore responsabile
Matteo Francavilla
Direttore editoriale
Leonardo Catalano
Redazione
Donato Coppolella
Rocco Coppolella
Michele Di Gioia
Enza Gagliardi
Riccardo Zingaro
Sede
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Tel/Fax 0881 520882
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Stampa
Ennio Cappetta & C. srl - Foggia
Anno VI, numero 56, febbraio 2014
Autorizzazione del Tribunale di Lucera
n. 139 del 27 gennaio 2009.